tardelogica

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Gabriel Tarde

La logica sociale dei sentimenti A cura di Massimo Cerulo

ARMANDO EDITORE


Indice

Introduzione di Massimo Cerulo

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La logica sociale dei sentimenti di Gabriel Tarde

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Nota bio-bibliografica

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Introduzione di Massimo Cerulo


Gabriel Tarde rientra a pieno titolo nel novero dei classici della sociologia. Studioso eclettico, dotato di sconfinata cultura, prese parte al dibattito scientifico che, nella seconda metà dell’Ottocento, si concentrò sul rapporto tra società e individuo e provò a individuare regole e dinamiche che regolassero quest’ultima relazione1. A essere precisi, Tarde è uno scienziato sociale. Formatosi in studi giuridici, diventa prima giudice e poi sostituto procuratore, collabora attivamente col Ministero della Giustizia francese fino a diventare, negli ultimi anni della sua vita, professore di filosofia al Collège de France. Nonostante nella sua epoca venisse considerato prestigioso studioso e precursore di studi sociologici, pochi anni dopo la sua morte, con l’avvento di Durkheim e l’affermarsi della sua “Scuola”, Tarde viene pressoché “dimenticato” dall’ambito scientifico con l’accusa di essere troppo votato allo psicologismo e allo spiritualismo2. Nonostante l’inizio della sua carriera professionale sia d’impronta giuridica, subito dopo i trent’anni – intorno al 1875 – inizia a scrivere di criminologia, psicologia sociale e sociologia, manifestando chiaramente la sua tendenza allo studio della società in senso lato più che un prolungato interesse verso l’ambito del “diritto”. Quando alla fine degli anni Settanta pubblica il volume Contes et poèmes, si comprende come la svolta verso le scienze umani e sociali sia in atto. Da allora si occupa, simulta9


Presentazione Sarebbe assolutamente falso ridurre la sociologia di Tarde a uno psicologismo o persino a un’interpsicologia. Tarde rimprovera a Durkheim proprio di porre come dato ciò che va spiegato, “la somiglianza di milioni di uomini”. All’alternativa: dati impersonali o Idee di grandi uomini – egli sostituisce le piccole idee dei piccoli uomini, le piccole invenzioni e le interferenze tra correnti imitative. Tarde instaura così la microsociologia, che non si stabilisce necessariamente tra due individui, ma si trova già fondata in un solo e stesso individuo (per esempio, l’esitazione come “opposizione sociale infinitesimale”, o l’invenzione come “adattamento sociale infinitesimale”)6.

Infine, Jean Milet − che nel 1970 pubblica uno degli studi più completi sulla vita e sul pensiero di Tarde7, − lo ha considerato, contemporaneamente, il principale esponente delle sociologie psicologiche8 e uno dei più grandi pensatori della sua epoca (giurista, criminologo, filosofo, economista, storico)9. Potremmo continuare ancora, tante sono state le letture e le riletture di Tarde10, tuttavia non è certo questa la sede per analizzarle più ampiamente. Una cosa invece è certa. Le contraddizioni e l’eclettismo del pensiero tardiano, oltre a produrre numerose sue interpretazioni, confermano soprattutto la grande portata di originalità e di innovazione degli strumenti concettuali che Tarde ha messo a disposizione delle scienze umane e sociali. Pertanto, non ci sono parole migliori per presentare il nostro autore di quelle che gli dedica Henri Bergson: La storia della filosofia ci insegna a distinguere due tipi di pensatori. Ci sono quelli che scelgono la loro 10


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sociologica inerente al rapporto tra individuo e società. Proviamo, sinteticamente, a elencare le ragioni che rendono tale lavoro così interessante e attuale. Innanzitutto, già dal titolo si coglie una stimolante ambiguità scientifica. Affiancare il termine “logica” a qualcosa che di logico, in teoria, non avrebbe nulla, come i “sentimenti”, rappresenta una innovazione. A maggior ragione se si pensa che tale saggio appare nel 1893. Logica è sinonimo di razionalità mentre sentimento va a braccetto con emozione, passione, affetto. E a tal proposito, bisogna tenere ben presente che fino ad allora gli studi scientifici – filosofici, soprattutto – sulle emozioni e i sentimenti vedevano questi ultimi come assolutamente distinti dalla ragione (“cancri della ragione”, scriveva Kant), pregni di irrazionalità, distruttori di equilibrio e status quo, tempeste portatrici di follia e perversione. Tranne che per Rousseau e per i romantici (che iniziano un processo di riscoperta e rivalorizzazione degli stati emozional-sentimentali), per il resto, l’inconciliabile avversione emozione-ragione era manifesta5. Insomma, emozioni e sentimenti non erano visti certo come ancelle della logica, bensì come di lei avversari e tenaci sabotatori. Tarde – e questo è il primo merito del saggio proposto – rovescia la prospettiva. Egli prova a dimostrare come anche nella creazione, gestione e manifestazione degli stati emozional-sentimentali ci sia una logica. Un canale in cui indirizzarli, un oggetto verso cui dirigerli, un sentiero in cui contenerli. In altri termini, c’è una logica anche nella trasmissione e manifestazione di un sentimento. Quest’ultimo non nasce per caso, né si manifesta senza che ci sia un disegno sociale (e quindi logico, nell’ottica tardiana) che anticipi la sua comparsa. È questa una ipotesi ante litteram di quella teoria che, nella 11


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seconda metà del ’900, sarà tematizzata come “costruzione sociale delle emozioni”6. Quest’ultima – che identifica un filone di studi sociologici sugli stati emozionalsentimentali sorto qualche decennio fa negli Stati Uniti7 – considera le emozioni come elementi esistenti nell’organismo umano ma che prendono forma esclusivamente grazie alle relazioni sociali. Esse sono qualcosa che si forma contemporaneamente alla loro interpretazione e alla coscienza che ne ha il soggetto situato in un determinato e specifico contesto sociale. La costruzione sociale delle emozioni è un tutt’uno col manifestarsi dell’emozione stessa e, come tale, è in continuo mutamento8. Tarde si schiera – inconsapevolmente, è chiaro – in questa corrente. Potremmo dire che ne genera i prodromi. Meglio, ne rappresenta l’iniziatore, colui che per primo vede ciò che sarà, l’anticipatore di un filone di studi che fiorirà – istituzionalmente e accademicamente – quasi 70 anni dopo. Ecco perché il saggio che qui presentiamo è così attuale e riveste, io credo, una notevole importanza scientifica: è il primo testo di sociologia delle emozioni (prima ancora di Simmel, “il” sociologo delle relazioni emozionali) e, nello stesso tempo, è una sorta di atto costitutivo di quel filone di studi che verrà detto “costruzionismo sociale delle emozioni”. Nella parte iniziale del saggio Tarde chiarisce la sua prospettiva teorica. Egli si schiera a favore dei teorici sociali, di quelli che non hanno a che fare con numeri e statistiche, scegliendo un tema a cui “l’economista non presta attenzione”: gli stati sentimentali, le azioni che partono e prendono impulso direttamente dal cuore, che “svolgono un ruolo determinante all’interno della vita umana”. Questi ultimi tengono insieme la vita sociale. 12


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Per Tarde infatti – e qui è evidente la distinzione con la visione durkheimiana di morale come collante sociale – una società stabile è prima di tutto un “intreccio di sentimenti” armonizzati tra loro. Da buon sociologo anche Tarde si preoccupa di rispondere alla domanda fondante tale branca delle scienze sociali: cosa tiene insieme la società? Ed egli mostra di non nutrire dubbi, di distanziarsi “in anticipo” dalla visione (che negli anni seguenti diventerà dominante in Francia e non solo) durkheimiana di società sui generis e di privilegiare, a mio parere senza dubbi né tentennamenti, il ruolo svolto dall’individuo. Non è la società che vincola e gestisce le relazioni individuali, bensì sono i cuori degli individui che permettono la relazione sociale e, quindi, creano società. I sentimenti di cui parla Tarde, infatti, nascono nel cuore di ogni soggetto. Solo in seguito si intrecciano a quelli provati dagli altri individui e possono mutare forma o manifestazione. Ma la genesi è data dal singolo soggetto che entra in contatto con un suo simile attraverso la messa in comune di uno stato emozional-sentimentale. Perché intrecciare significa unire, conoscere, comprendere9 e, in seguito, armonizzare tale incontro, attraverso le virtù del singolo che deve, in quanto essere sociale, far sì che tale intreccio duri al fine della sopravvivenza della società. Ossia che, nei limiti del possibile, da tale intreccio scaturiscano sentimenti positivi che rendano possibile e affabile la vita in comune. Ecco perché nascono i gruppi sociali, all’interno dei quali molti soggetti imitano lo stato emozional-sentimentale provato e condiviso dal/i primo/i individuo/i. Ma Tarde sa bene che la vita sociale non è intrecciata – non può esserlo – soltanto di sentimenti positivi. Vi è un miscuglio di simpatia e antipatia, amore e odio, 13


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gioia e tristezza10. E questo in ogni società, a prescindere dall’epoca storica. Il ruolo dei singoli individui sta proprio nel riuscire a creare e mantenere quell’equilibrio sentimentale che permette a ogni società di vivere armoniosamente e secondo una forma pressoché stabile. In termini tardiani, è fondamentale che gli opposti sentimenti generantesi all’interno di una società (o di più società in rapporto fra loro), trovino un accordo teleologico (e non solo logico), al fine di garantire la sopravvivenza della società stessa11. Se tale armonia non viene raggiunta, l’equilibrio si infrange e la società è costretta a rinnovarsi: tramite nuove elezioni o consultazioni elettorali (nelle società democratiche) con tutti i rischi che tali processi nascondono, oppure attraverso guerre e conflitti quando non c’è armonia nei rapporti tra società o nazioni differenti. Un altro punto fondamentale del testo – e che, questa volta, avvicina Tarde al Durkheim de Le forme elementari della vita religiosa – riguarda il rapporto tra stati emozional-sentimentali e religione. Tarde riconosce un legame indissolubile tra i due. Una liason esistente “da sempre” e che, nel corso dei secoli, ha permesso a società anche diversissime tra loro di sopravvivere in pace (per Tarde la religione svolge il duplice ruolo di «assimilazione imitativa tra uomini della stessa civiltà e di differenziazione tra uomini di civiltà diverse»). Mi spiego meglio. Secondo Tarde, attraverso i riti religiosi le emozioni e i sentimenti vengono addomesticati, resi malleabili e gestibili, trasformati in collante sociale per “tenere insieme” i membri di una società (sia coloro che in quella società nascono, sia gli stranieri, ossia gli individui migranti). Secondo Tarde, soltanto le religioni «han14


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no compreso la necessità di addomesticare, dirigere e disciplinare i sentimenti naturali». Queste ultime hanno da sempre incanalato le emozioni e i sentimenti naturali in abitudini comuni, riti collettivi, al fine di omologare gli individui a una manifestazione “controllata” necessaria al mantenimento dell’equilibrio sociale. In termini tardiani, attraverso i riti religiosi, gli stati emozional-sentimentali provati da pochi individui si diffondono agli altri. Meglio, dagli altri vengono imitati. Provare insieme – o convincersi di farlo – un’emozione o un sentimento crea forza, trasmette autostima e genera quella coesione sociale (per Tarde la religione è una “forma di cemento” fra gli uomini) sulla quale Durkheim sarà maestro di analisi, ma da una prospettiva differente. Ecco ritornare il discorso anticipato in precedenza. Attraverso tale analisi del rapporto tra religione e sentimenti, Tarde teorizza chiaramente come gli stati emozional-sentimentali siano, in larga misura, costruzioni sociali. Sorta di manufatti culturali che dipendono direttamente dal contesto storico-sociale in cui essi prendono forma. Se è vero che alcuni individui provano qualcosa nella loro interiorità che manifestano secondo forme e modalità dipendenti dalla loro volontà, è altrettanto vero che la maggior parte dei soggetti presenti in quella società tenderà a imitare tali comportamenti: essi si convinceranno di provare le stesse emozioni e gli stessi sentimenti, costruiranno rappresentazioni sociali basate su quella che Tarde chiama legge dell’imitazione e attueranno comportamenti direttamente dipendenti dall’intensità dell’emozione-sentimento costruito in comune (fra gli esempi citati dallo studioso francese mi basti ricordare quello del razzismo, quest’ultimo inteso come un misto di sentimenti di odio e disprezzo che non ha nulla di na15


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turale bensì è costruito dal contesto e dall’epoca storicosociali)12. Secondo Tarde, quindi, la religione influisce in maniera intensa sugli stati emozional-sentimentali provati dagli individui appartenenti a una determinata società in un preciso contesto storico. Prender parte a un rito religioso, praticare un credo significa anche abbracciare i sentimenti che quella religione provvede a diffondere. Il cristianesimo – nell’esempio proposto da Tarde – ha favorito la diffusione di sentimenti di simpatia e affetto tra i credenti e i praticanti. In altri termini, la religione crea emozioni e sentimenti. Positivi e negativi, sia chiaro, ma il punto principale è che essa si pone come forza generatrice di stati emozional-sentimentali. Non soltanto di quella “coscienza o effervescenza collettiva” teorizzata da Durkheim – e che resta sospesa nel vuoto, indistinta, priva di una chiara caratterizzazione in termini di emozioni, sentimenti, affetti o passioni – bensì di stati dell’animo che nell’analisi di Tarde iniziano ad avere un nome (simpatia, antipatia, affettuosità, gioia, invidia, ecc.) e si pongono come grimaldello dell’azione sociale. Si badi bene quindi: non è la società che, attraverso il rito religioso, “crea” gli individui, ma sono quest’ultimi che, attraverso i loro stati emozional-sentimentali provati individualmente, partecipano al rito mettendo in comune questi ultimi e, da questa esperienza, ne costruiscono di ulteriori. Attraverso una pratica che, nell’ottica di Tarde, ha molto di logico e razionale: a differenza di Durkheim, non siamo di fronte a individui che nel corso del rito religioso vengono colti da “elettricità che li porta a esaltazione”13, né gli stati emozional-sentimentali vengono teorizzati come una “valanga che aumenta avanzando”14. Quando gli individui partecipano al rito e mettono in 16


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comune i propri stati dell’animo lo fanno con razional coscienza che ciò sia necessario per la sopravvivenza della società. In altri termini, in Tarde il rapporto religioneindividuo è biunivoco: se da una parte è l’individuo che agisce “costruendo” e mettendo in pratica il rito insieme ad altri suoi simili, dall’altra è da tale condivisione che nascono nuovi stati emozional-sentimentali, in un processo di costruzione sociale (generato da un’azione individuale) che non ha mai fine (ove mai ciò avvenisse ci troveremmo di fronte al vuoto solipsistico e a una società priva di relazioni, in quanto verrebbe meno il necessario e fondante carattere di socialità caratteristico degli stati emozional-sentimentali). In Tarde l’individuo scende a patti con la propria interiorità, non considera le emozioni – come per Durkehim – necessariamente collettive e quindi nocive quando chiuse nell’alveo dall’agire individuale15. Per Tarde ciò che ognuno custodisce nella propria interiorità è un tesoro privato e pubblico nello stesso tempo. È una risorsa individuale e sociale. Un motore che, se ben utilizzato, permette agli individui (e quindi alle società in cui essi vivono e agiscono) di progredire e crescere nel corso del tempo. Perché, in fondo, la vita sociale altro non è che «un lungo passaggio, oscuro e tortuoso, dalla diversità elementare alla fisionomia personale, un misterioso lambicco con spirali senza nome, dove quello si sublima in questo, dove lentamente si distillano un’infinità di elementi piegati, sminuzzati, spogliati delle loro caratteristiche differenziali, questo principio essenziale così etereo, la singolarità profonda delle persone, il loro modo di essere, di pensare, di sentire, che non è un fatto unico ed istantaneo»16. Per concludere, vi è da sottolineare la breve analisi del rapporto tra sentimenti e modernità che Tarde svolge 17


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verso la fine del saggio. Ancora prima di Simmel – che nel testo del 1903 Die Großstädte und das Geistesleben17 affronterà il tema con nota profondità di interpretazione –, Tarde intuisce l’ambivalenza che la vita moderna apporta alla manifestazione degli stati emozional-sentimentali. La libertà dai legami famigliari e di vicinato e il cosmopolitismo che si respirano nelle città di fine Ottocento si traducono, da una parte, in un’ampia possibilità di scelta dei soggetti da frequentare e verso cui dirigere emozioni e sentimenti (una relazione si intraprende per scelta e non per obbligo, come invece avveniva in ambiente rurale e nelle epoche passate); dall’altra, però, tali stati dell’animo non sono più radicati e fortissimi come nei tempi passati ma risultano fuggevoli e poco profondi (vi è un “un reale rimaneggiamento del cuore umano”), in quanto sottoposti al moderno bisogno sociale di soddisfacimento continuo di nuove relazioni. La civilizzazione – scrive Tarde – sovreccita il cittadino e lo rende bisognoso e ardente di soddisfare i propri stati emozional-sentimentali attraverso relazioni sempre nuove. E tale riflessione suona di una stupefacente attualità se pensiamo alle caratteristiche delle relazioni “di cuore” in cui tutti, pur da prospettive differenti, ci troviamo oggi invischiati18. Gabriel Tarde è a mio parere uno dei più profondi teorici apparsi nel campo delle scienze sociali. Attentissimo osservatore di peculiarità individuali e storicosociali, ha teorizzato leggi e nuove modalità sociologiche di analisi della realtà sociale. Nello specifico, credo che, attraverso un’attenta lettura del testo qui proposto, possa emergere una delle tesi che si situano alla base della teoria sociale dello studioso francese: l’agire emoziona18


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le e quello razionale non sono altro che due facce della stessa medaglia: ossia quell’agire sociale che dalla mente e dal cuore di ogni individuo trae, simultaneamente, il proprio ossigeno esistenziale.

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