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EDITORIALE

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THE DARK SIDE OF THE VENDING

È passato esattamente un anno dal primo lockdown del marzo 2020, quando nessuno aveva la più pallida idea di cosa sarebbe successo in seguito. Al tempo si faceva la fila davanti ai supermercati senza protestare, con mascherine chirurgiche usa e getta riciclate più giorni, perché dopo una lunga fila in farmacia ne portavi a casa un lotto da cinque a 12,50 euro, ma solo se eri fortunato e le trovavi.

Nonostante una vera chiusura tombale, la gente gridava dai balconi: “ce la faremo!” e i cartelli #andratuttobene spuntavano un po’ ovunque. Purtroppo, a pensarci 365 giorni dopo, viene solo da sorridere, perché è evidente che non ce l’abbiamo fatta e, anzi, si parla di un nuovo lockdown generalizzato sino a dopo Pasqua.

Il settore del vending ha preso una mazzata terribile. Più di mezzo miliardo di euro di fatturato è rimasto sul terreno: una perdita che avrà conseguenze inevitabili su occupazione e continuità aziendale di diverse realtà in tutta la filiera.

In questo scenario, è necessaria una seria riflessione sulle modalità di ripartenza del vending. Tra qualche mese, si ha la legittima speranza che la campagna vaccinale faccia crollare i nuovi casi di Covid-19 e che, pian piano, si ritorni alla normalità. In Israele, paese che più ha investito sulla vaccinazione di massa, stanno riaprendo i bar e i ristoranti e già si intravede la luce in fondo al tunnel.

Un nuovo inizio può essere una grande opportunità, perché questo settore non sa più come uscire dal vicolo cieco fatto di ristorni sempre più alti e marginalità azzerata in cui si è infilato da anni. Poter azzerare tutto e ripartire potrebbe essere una grande fortuna.

Per farlo, però, ci vuole una coscienza collettiva di filiera. Bisogna infatti che la maggior parte degli operatori siano convinti che l’abbandono degli orrori del passato sia l’unica soluzione, come appare logico a chiunque analizzi la situazione. Basta ristorni, prezzi adeguati e un servizio degno di questo nome, dovranno essere i pilastri della ripartenza.

Il problema sono gli sciacalli che si aggirano tra le macerie. Quelli che ancora non hanno capito cos’è successo e vivono alla giornata, cercando di portare a casa qualche moneta a qualunque costo. La crisi ha messo a nudo anche il lato oscuro del vending, costituito da imprenditori impreparati che sono sopravvissuti grazie ad espedienti e che, quando è arrivata la crisi, hanno addirittura abbassato standard e richieste, pur di andare avanti qualche settimana in più.

Questi tristi personaggi, grandi e piccoli, rischiano di affossare gli sforzi della parte sana del vending, che certamente intende ripartire lasciandosi alle spalle anche le cattive abitudini pre-covid.

La vera guerra per la sopravvivenza è questa e bisogna vincerla a tutti i costi. Un nuovo inizio può essere una grande opportunità, per farlo, però, ci vuole una coscienza collettiva di filiera.

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