Roma, 11 Maggio 2017
ASTA 32 CERAMICHE E PORCELLANE DAL XIII AL XVIII SECOLO
ASTA 32
Roma, 11 Maggio 2017 Palazzo Caetani Lovatelli
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ASTA 32
CERAMICHE E PORCELLANE DAL XIV AL AL XVIII SECOLO
Roma, Palazzo Caetani Lovatelli, Piazza Lovatelli, 1 11 Maggio 2017 Esposizione
Asta
5 Maggio 17:00 - 19:00 CET 6-10 Maggio 10:00 - 19:00 CET 11 Maggio 18:00 CET
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STAFF
TEAM
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DIREZIONE Giuseppe Bertolami Amministratore Unico DIPARTIMENTI ARTE ANTICA Giuseppe Bertolami Responsabile del Dipartimento g.bertolami@bertolamifinearts.com
Antonio Iommelli Specialist a.iommelli@bertolamifinearts.com
CERAMICHE E PORCELLANE ANTICHE Giuliana Gardelli Responsabile del Dipartimento g.gardelli@bertolamifinearts.com ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA Raffaele Cecora Responsabile del Dipartimento r.cecora@bertolamifinearts.com
Manuela D’Aguanno Specialist m.daguanno@bertolamifinearts.com
ARTI DECORATIVE DEL ‘900 E DESIGN Carla Cerutti Responsabile del Dipartimento c.cerutti@bertolamifinearts.com GIOIELLI, ARGENTI E OROLOGI Fabio Romano Moroni Responsabile del Dipartimento f.moroni@bertolamifinearts.com
Sandro Lellini Responsabile del Settore Gemmologico s.lellini@bertolamifinearts.com
ARCHEOLOGIA Andrea Pancotti Responsabile del Dipartimento a.pancotti@bertolamifinearts.com
Francesca Balducchi Specialist f.balducchi@bertolamifinearts.com
NuMISMATICA Andrea Pancotti Responsabile del Dipartimento a.pancotti@bertolamifinearts.com PRIVATE SALES Giuseppe Bertolami Direttore
Fiorenzo Catalli Specialist
Giuliano Catalli Responsabile per la Sede di Londra g.catalli@bertolamifinearts.com
Maria Chiara Zaccaria Specialist m.zaccaria@bertolamifinearts.com
Celeste Guerrieri Specialist c.guerrieri@bertolamifinearts.com
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TEAM
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AMMINISTRAZIONE Fabrizio Fazioli f.fazioli@bertolamifinearts.com
Simone Durante s.durante@bertolamifinearts.com
LOGISTICA Giusi Spiezia g.spiezia@bertolamifinearts.com CuSTOMER CARE Giorgia Giammei g.giammei@bertolamifinearts.com uFFICIO STAMPA E ATTIVITà CuLTuRALI Scarlett Matassi s.matassi@bertolamifinearts.com MARKETING Eleonora Renucci e.renucci@bertolamifinearts.com
LIVE BIDDING
GRAFICA & WEB DESIGNER Filippo Marini Recchia f.marini@bertolamifinearts.com FOTOGRAFIA E VIDEO Lorenzo Vanzetti l.vanzetti@bertolamifinearts.com
Augusto Selvatici a.selvatici@bertolamifinearts.com
IMPAGINAZIONE Augusto Selvatici a.selvatici@bertolamifinearts.com
Bertolami Fine Arts s.r.l. Palazzo Caetani Lovatelli Piazza Lovatelli, 1 - 00186 Roma / tel. +39 06.32609795 / 06.3218464 / fax +39 06.3230610 Bertolami Fine Arts Ltd 63 Compton Street apartment 2 - EC1V 0BN London / ph. +44 7741 757468 ACR Auctions GmbH Sendlinger Straße 24 - 80331 Munich www.bertolamifinearts.com - info@bertolamifinearts.com
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Informazioni sull’asta 32 - I lotti verranno aggiudicati definitivamente in sala durante l’asta che si svolgerà il 11 maggio 2017 alle ore 18:00. - Tutti i lotti saranno visibili il 5 maggio 2017 dalle ore 17:00 alle ore 19:00 e dal 6 al 10 maggio 2017 dalle ore 10:00 alle ore 19:00 presso Bertolami Fine Arts in Piazza Lovatelli 1, 00186 Roma. - Le offerte potranno essere effettuate attraverso il nostro sito (www.bertolamifinearts.com), o i portali LiveAuctioneers (www. liveauctioneers.com), Invaluable (www.invaluable.com), via fax, via email, telefonicamente o direttamente presso la sede di Bertolami Fine Arts. Le offerte potranno essere effettuate attraverso il nostro sito sino alle ore 16:00 del 11 maggio 2017. - BFA può accettare offerte pre-asta sui lotti posti in vendita anche sotto l'importo di riserva. Ove un lotto non riceva offerte superiori o pari alla riserva, Bertolami Fine Arts, sottopone all’approvazione del venditore la maggiore offerta pervenuta nella fase pre-asta, vale a dire entro le ore 16:00 del 11 maggio 2017. La decisione del venditore viene comunicata all’offerente entro quindici giorni dalla data dell’asta. - A parità di offerta sul medesimo lotto ed in assenza di nuove offerte in sala, quest’ultimo verrà assegnato all’offerta con data anteriore. - In caso di una sola offerta su un lotto, l’importo di aggiudicazione sarà quello dell’importo di base. Esempio: importo base € 1.000,00. Importo unica offerta € 1.500,00. Il lotto viene aggiudicato al cliente che ha effettuato l’unica offerta per € 1.000,00. - In caso di offerte multiple sul medesimo lotto, l’offerta vincente sino a quel momento verrà calcolata mediante un incremento prestabilito (vedi tabella di seguito) da aggiungere alla offerta immediatamente inferiore rispetto a quella più alta ricevuta. Esempio: prezzo base € 1.000,00. Cliente (A) offerta € 1.270,00. Cliente (B) € 1.800,00. In tal caso l’offerta vincente sarà quella del cliente (B) per l’importo di € 1.370,00 (ossia con l’incremento prestabilito come da tabella per lo scaglione corrispondente pari ad € 100,00 oltre l’offerta immediatamente inferiore di € 1.270,00). - L’elenco delle aggiudicazioni verrà pubblicato da Bertolami Fine Arts sul proprio sito, www.bertolamifinearts.com, ai soli fini informativi entro cinque giorni dalla chiusura dell’asta. - Il pagamento dei lotti aggiudicati potrà avvenire come segue: • assegno bancario o circolare non trasferibile intestato a Bertolami Fine Arts s.r.l., con aggiunta all’importo della fattura di € 10 per gli assegni esteri. • Carta di credito (Visa e MasterCard) con aggiunta all’importo della fattura del 2% • Paypal con aggiunta all’importo della fattura del 3,5% • bonifico bancario a favore di Bertolami Fine Arts s.r.l., con aggiunta all’importo della fattura di € 10 (bonifici extra-Europei) da effettuarsi su: - Monte dei Paschi di Siena - Ag. 88 codice IBAN: IT90C0103003232000001449733 - SWIFT/BIC: PASCITM1A30 - Credito Valtellinese Agenzia 17 Roma, codice IBAN: IT20Y0521603217000000000667 - SWIFT/BIC: BPCVIT2S - Banca CARIM, codice IBAN IT53K0628503206CC1058099203 - BIC(Swift) CRRNIT2R - C/c in $: Banca Pop. Di Spoleto - Filiale 03209 Roma IBAN: IT39L0570403209000078300112 - BIC: BPSPIT3S - C/c in CHF: Banca Pop. Di Spoleto - Filiale 03209 Roma - IBAN: IT16M0570403209000078300113 - BIC: BPSPIT3S
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IL TRECENTO la maiolica arcaica
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1 BOCCALE
Boccale ad alto corpo ovoide affusolato, su piede a campana rovesciata, alto collo bocca trilobata. Maiolica arcaica dipinta in tricromia: corpo a decorazione fogliata, propria della miniatura, a graticcio verde contornato da manganese su fondo bianco; piede in marrone. H.cm.27,5; Ø appoggio cm.9,5. Cond.: ottime nel corpo; ansa ricostruita. ORVIETO; sec.XIV,inizi. € 2.000 / 2.500 Il bellissimo boccale, integro nel corpo affusolato, presenta una bellissima e rarissima decorazione ceramica, perfettamente desunta dalla coeva miniatura, con i rameggi a graticcio verde e contorni in marrone, che lascia ampie zone del bianco di fondo, per ottenere un interessante effetto visivo. Da notare che pochi sono gli esemplari noti od editi quasi integri e nessuno con uguale decorazione. Si può confrontare, per la forma e per l'attribuzione della manifattura, a un boccale orvietano da butti di Palazzetto Faina, fra Due e Trecento (Aa.Vv. 1985, n. 37). 1
2 BOCCALE
3 CIOTOLA
Boccale a corpo carenato,piede a disco.
Ciotola a parete diritta su piede.
Maiolica arcaica dipinta in monocromia marrone di manganese: nel frontale “Insegna dei Templari”; in un lato,triangolo nudo.
Maiolica arcaica a ramina e manganese con lettera gotica “N”che termina in alto a cuore fra decori tomor . Nell'esterno giro serpeggiante in manganese.
H cm. 19, Øb. cm.8, Ø appoggio cm.10; triangolo nudo: h.cm.6, base cm.12.
Ø cm.10; h.cm.4,5.
Cond: integro dalla base no a pochi millimetri dall'orlo; manca il manico.
Cond.: discrete; incollaggi e integrazioni; nel fondo,il numero 31 a stampo moderno.
RIMINI; secc.XIII – XIV.
ROMA; sec.XIV.
€ 10.000 / 12.000
€ 200 / 300
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La struttura presenta corpo argilloso di sottile spessore, da rosato a giallino chiaro, molto compatto, lavorato a tornio lento, copertura. stannifera bianco-avorio molto magra, ma coprente, fuorché in un anco, dove stranamente rimane nuda una parte a forma di un triangolo isoscele, il cui vertice quasi arriva alla carenatura e la base raggiunge il collo vetrinato del piede. Presenta un'unica decorazione: una croce, che si collega ad una tipologia chiamata “patriarcale” od “ortodossa”, di origine greco orientale, con i bracci attraversati da un profondo segno perpendicolare, ma qui eccezionalmente non di chiusura, come di norma. Al di sotto, una traversa richiama la tradizione bizantina e russa, per cui Cristo salì da solo nella croce appoggiandosi a un paletto. L'asta continua verso il basso no a raggiungere un ovale, che ingloba la carenatura, lo attraversa, e, incrociandosi al centro con il diametro, forma quattro angoli retti. Ne deriva una croce dai molteplici messaggi: simboleggia il mondo diviso in quattro parti e sta ad indicare i quattro elementi fondamentali: acqua, aria, terra e fuoco. Nel contempo l'artigiano-pittore ha voluto, con mezzi semplici ma efficaci, lasciarci un più profondo signi cato: la Croce di Cristo domina su tutta la terra ed i Cavalieri Crociati sono i suoi eredi, dispensatori della Verità divina, ma anche soccorritori dei pellegrini e di quanti si rivolgono alla loro misericordia. Il triangolo, lasciato volutamente nudo, è un misterioso unicum, assolutamente inedito. Ha voluto indicarci forse la congiunzione dell'umano e del divino mediante Cristo che domina il mondo? Oppure l'elemento maschile e quello femminile alla base della vita? Od ancora l'incontro della Ecclesia dei fedeli con la Trinità divina? Certamente un profondo spirito religioso ed intellettuale sprigiona da questa incredibile maiolica. Il boccale faceva parte dell'arredo dell'antica chiesa di San Michelino in foro, nel centro di Rimini, distrutta dal terremoto del 1786. Qui si erano insediati i Templari già prima del 1257, ma alla soppressione dell'Ordine, nel 1312 la chiesa e tutti beni passarono all'Ordine dei Giovanniti, che richiesero dal signore di Rimini, Malatestino dall'occhio, tutti i beni templari di cui si era impossessato. Fra questi anche il boccale che trova un'unica corrispondenza in una lontana chiesa dedicata anch'essa a San Michelino, in Inghilterra, nella cittadina di Garway nello Herefordshire, dove ancora esiste quanto rimane della piccola Chiesa dei Templari. Dai recenti lavori nella struttura è stata scoperta nel presbiterio una grande lastra in pietra incisa con la Croce patriarcale, non usuale, ma proprio nella particolare versione di Rimini, la cui asta sovrasta e attraversa un piccolo cerchio suddiviso in quattro parti a croce. Il boccale continuò a vivere, erede di una devozione sacrale, probabilmente no al terremoto del 1786, quando la cupola di San Michelino cadde rovinosamente. Ritrovato miracolosamente quasi intatto, sappiamo essere passato da allora in proprietà privata, sorte che toccò anche alla chiesa, nel 1806. L'insegna templare del boccale è stata no ad ora assolutamente sconosciuta.
4 CIOTOLA
Ciotolina carenata con due manici,su piede. Maiolica arcaica dipinta in ramina e manganese con “Pigna”; all'esterno registro ondulato in verde fra righe manganese. Ø cm.9; H.cm.5,5. Cond.: discrete; incollaggi e integrazioni; nel fondo,il numero 95 a stampo moderno. ROMA; sec.XIV. € 200 / 300
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5 CIOTOLE
Due ciotole carenate, parete diritta (A), appena svasata (B), manico ad orecchio da carenatura a sott'orlo,bordo ingrossato,piede a disco. Maiolica arcaica dipinta in bicromia ramina e manganese; interno: A- “Giglio araldico”; B“Scudetto araldico” entro graticciato; esterno A, B- fascia a catenella entro registri. A,B- Ø cm.9,5; h.cm.5. Condi: buone; incollaggi e minimi ripristini. ORVIETO; sec.XIV. € 400 / 500
5a
Le due ciotoline carenate rientrano nella produzione trecentesca italiana, con ampia divulgazione; servivano come lavadita nelle tavole dell'epoca, come si evince in molte raffigurazioni, mancando i tovaglioli e le posate individuali. Per il Nord, citiamo per la bellezza iconogra ca gli affreschi di Pietro da Rimini nel Refettorio del convento di Pomposa con la tavola imbandita, e nel centro Italia, l'affresco di Giotto in Assisi, basilica superiore, con “Morte del cavaliere di Celano” (1291-1305) (Gardelli 1997, p.105 ss.). Le due ciotoline, o tazzette, rientrano nella maiolica elitaria, per gli stemmi araldici: il Giglio dei Farnese, qui nella sua versione più elegante (A) e l'altra con stemma, di notevole cura, ma non ancora identi cato (B), entrambe relative al territorio laziale. La ciotola gigliata trova ampi confronti nel catalogo della Mostra del 1993 a Palazzo Brugiotti in Viterbo, dove tuttavia nel Museo della Ceramica della Tuscia è esposta una sola ciotola farnesiana e non di questa qualità (Luzi et alii 1993, passim; Luzi et alii 2005,p.76,S115). 6
6 CATINO
Catino a stretta tesa, parete convergente tronco-conica,base piatta.
5b
Maiolica arcaica dipinta in manganese e verde a rilievo: in tesa, ramo lanceolato a rincorrersi; in parete,semplici decori ripetuti; nel fondo grande “Aquila araldica” ad ali spiegate contornata da riempitivi miniaturistici; esterno nudo. Ø cm.33,5; h.cm.9. Cond.: discrete; piccoli ripristini. Bibl.: Aa.Vv.1990, p.209,scheda 11. VITERBO,sec.XIV,terzo decennio. € 5.000 / 6000
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Il bellissimo grande catino presenta lo stemma della famiglia De Vico di Viterbo, ottenuto in verde a rilievo, comunemente chiamato “zaffera verde”, di grande effetto visivo, proprio di una commissione importante. Esposto nella mostra “Zaffera et similia nella maiolica italiana”, ed edito nel Catalogo (1990) , rappresenta uno degli esiti più affascinanti della tipologia nella prima metà della secolo quattordicesimo, a dimostrazione della notevole perizia tecnica e pittorica raggiunta dai maiolicari italiani.
7 BOCCALE
8 CIOTOLA
Boccale a corpo ovoidale, collo svasato, bocca trilobata, piede con appoggio a disco, ansa a nastro bi da.
Ciotola a parete quasi diritta con segni del tornio,alto piede con ampio appoggio piatto.
Maiolica arcaica dipinta nel corpo con “Serie di coltelli” in verde-azzurrino e bruno; collo del piede con larga fascia in marrone.
Maiolica arcaica dipinta in bicromia verde ramina a rilievo e manganese; interno: serto fogliato nell'ingiro, ore quadripartito nel centro; esterno: nudo.
H.cm.15.
Ø cm.18 h.cm.7; Ø appoggio cm.11.
Cond.: ottime; piccoli ripristini.
Cond.: incollaggi e integrazione. Bibl.: Aa.Vv.1990,p.188, g.3.
ACQUAPENDENTE; sec.XIV. € 300 / 400
VITERBO; secc.XIV – XV.. € 600 / 800 8
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La ciotola, come il catinetto precedente , utilizza il verde ottenuto dal rame, come il blu di zaffera, vale a dire in grosso spessore, per raggiungere effetto di rilievo: spesso questo tipo di decorazione è denominato “zaffera verde”. Ha un bell'effetto visivo, raggiungendo un valore elitario.
9 CATINETTO
Catinetto a tesa con bordo ingrossato, ingiro alto ed ampio cavetto. Maiolica arcaica dipinta in verde a rilievo e bruno di manganese; recto: tesa con registro a triangolini in verde uniti a linea marrone; ingiro con decoro simile; in cavetto rameggio con foglie e ori in verde molto rilevato; verso: nudo. Ø cm.17; h.cm.4.
La produzione medievale di Acquapendene, non lontano da Viterbo, ebbe grande rilevanza, anche in virtù della sua strategica posizione lungo la Via Francigena. Per molto tempo quasi dimenticata, è oggi riconosciuta, grazie alle ricerche sul campo da parte del locale Archeoclub, coadiuvato dalle esplorazioni archivistiche, seguite da cicli di conferenze assai importanti, ottenendo un ampio spazio nella letteratura ceramologica, con un blog sulla rete molto apprezzato e consultato. Il boccale con i coltelli, oltre al fascino un po' enigmatico del dipinto, dispiega una cromia molto particolare, dove il verde-azzurro appare peculiare di questa produzione aquesiana fra Duecento e Trecento; si confronta con molte maioliche esposte nel locale Museo (Chiovelli 1995,TAVV. XXVI).
Cond.: ottime. VITERBO; secc.XIV - XV. € 1.500 / 2.000 Il catinetto, di bella fattura e di ottima conservazione, presenta una decorazione ottenuta con la ramina data a grosso spessore, a formare il rilievo, nella tipologia della zaffera blu, ma ottenuto con un colore più accessibile al ceramista, chiamato anche zaffera verde. La decorazione centrale, con il rameggio che si dispiega sapientemente nel tondo centrale, presenta un ductus naturalistico ancora m i n i a t u r i s t i c o m a g i à a n t i c i p a to r e d e l Rinascimento.
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10 CIOTOLE
Due ciotole carenate, breve parete con leggera rastrematura,piede a disco. Maiolica arcaica dipinta in bicromia ramina e manganese; interno: A- Stemma Brettoni (poi Gatti) entro graticciato; B- scudetto araldico non identi cato, in leggera cromia azzurra; esterno: A - fascia a catenella in verde; B - due linee in manganese. A- Ø cm.11,5; h.cm.4,5. Cond.: buone; incollaggi e minimi ripristini. B- Ø cm.12; h.cm.6,5. Cond.: incollaggi,mancanza di una piccola parte al bordo. A- ORVIETO, sec. XIV; B- ROMA, sec. XIVXV. 10a
€ 400 / 500 Per l'uso delle ciotoline nella tavola medievale, si veda quanto descritto nella scheda n. 5. Entrambe erano per una tavola elitaria; infatti la famiglia Brettoni della ciotola A, ebbe tanta importanza nella vita sociale e politica viterbese che si conoscono molte maioliche, anche di diversa forma con il medesimo stemma. Si cita il bel boccale nel Museo della Ceramica della Tuscia, con lo scudetto ripetuto più volte sulla super cie (Luzi et alii 2005, p. 25 S.22), ma si trovano ceramiche della famiglia anche in altri repertori. Nella ciotola B lo stemma in azzurro non è stato ancora identi cato, ma riteniamo la famiglia di ambito romano, per un diverso approccio pittorico; si noti la qualità dei decori accessori di delicata fattura, attorno allo stemma centrale nell'ingiro e nel bordo.
10b
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IL QUATTROCENTO la prima metĂ la maiolica fra Medioevo e Rinascimento
11 BROCCHETTA
Brocchetta a corpo ovoide ribassato, stretto collo con bocca allargata trilobata, appoggio a disco. Maiolica arcaica dipinta a ramina e manganese: nella pancia “Busto femminile” fra foglie di quercia; nel collo registri ad ovuli. H.cm.19; Ø appoggio cm.8. Cond.: buone; piccoli ripristini, e integrazioni nel manico. VITERBO; sec.XV,prima metà. € 5.000/6.000
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12 CATINO
Catino ad ampia parete convergente, bocca ingrossata, piccolo cavetto, due manici a largo nastro bi do,appoggio piano. Maiolica arcaica dipinta in bicromia verde e manganese: parete, dall'alto, registri a linee, fascia perlinata e più larga fascia a semplici decori ripetuti; in cavetto “Pesce” in marrone e verde ramina fra riempitivi a foglie. Ø cm. 29; h. cm. 10,5; Ø appoggio cm. 14,3. Cond.: discrete; integrazioni e ripristini. VITERBO; sec.XV,primo quarto. € 1.000/1.600
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La brocchetta, omaggio alla femminilità, quasi un gamelio, trova confronti con maioliche dal territorio viterbese, già degli inizi del '400 ma ancora in maiolica arcaica con verde a rilievo, tipo “zaffera verde”, anche se già un po' più diluita. Per la forma si confronta con esemplari in “zaffera blu” nel Museo della Ceramica della Tuscia a Viterbo (Luzi et alii 2005, pp.63-65).
Il notevole catino presenta al centro un decorazione di grande interesse per il suo simbolismo. Si tratta di un pesce assai particolare: dipinto in marrone, ne è stata evidenziata in verde la spina. Non è un semplice decoro, ma è il voluto richiamo all'emblema ospitaliero, in forma di “gruccia”, che anche lungo la Via Francigena dava ristoro e cure ai bisognosi e ai pellegrini. Al pesce, già riconoscibile simbolo cristologico, si è aggiunta la stampella dell'infermo, presente su Chiese e fattorie, lungo i tracciati del Pellegrinaggio. Esso è anche simbolo dello Spedale di Santa Maria Nuova di Firenze, ma in generale è segno di assistenza a malati in comunità civiche e pellegrini; alle cure siche era unita la vocazione religiosa, nell'occuparsi di corpi e anime, come Cristo che ha risanato lo storpio.Troviamo un simile riferimento simbolico in un boccale nel Museo della Ceramica dellaTuscia a Viterbo (Luzi et alii 2005, p.58; anche in Mazza 1983, g.183).
13 BOCCALE
14 BOCCALE
Boccale a corpo globulare, bocca diritta a cui s'innesta un becco ampio e schiacciato, attaccato al collo e al corpo; ansa a largo nastro; appoggio a disco.
Boccale a corpo ovoide, bocca trilobata, appoggio a disco.
Maiolica arcaica con scritta dipinta in blu a lettere gotiche: Farinu; al di sopra una piccola croce e ai lati rombi crociati.
Maiolica dipinta in bicromia blu e giallo: nel frontale, “Stemma” araldico, entro cerchio chiuso in alto da un emblema (?). H.cm.12; Ø appoggio cm.6. Cond.: ottime.
H.cm.20; Ø appoggio cm.10,5. Cond.: discrete; incollaggi e integrazioni.
SIENA; sec.XV,metà. € 300 / 400
VITERBO; sec.XV,metà. € 300 / 400
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Il boccale in questa struttura è chiamato anche “panata”, come si legge nello statuto di Viterbo del 1251 (Romagnoli 2015, n.74). Sorse come evoluzione della pignatta medievale per inzuppare e fare rinvenire il pane raffermo, ma con la possibilità di fare fuoruscire l'acqua in eccesso. Tuttavia, riteniamo che il boccale in esame, dove appare il termine riconducibile alla parola “farina”, con al di sopra un simbolo cristologico, avendo all'interno del becco un foro troppo ampio per uscita di acqua, potrebbe anche indicarne un uso religioso. Infatti poteva servire nei conventi, come contenitore di farina per farne uscire in quantità utile a comporre le ostie per la celebrazione eucaristica. Comunque sia, l'oggetto, la cui forma si attesta prevalentemente nel territorio laziale e viterbese, si rivela di grande interesse.
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Il piccolo ma grazioso boccale presenta una particolare “rosa”, quasi a forma di stella, chiaramente di tipologia araldica. Si trova in simile forma nello stemma dei Monaldeschi della Cervara, che avevano vari Castelli nel territorio fra Toscana e Lazio. Il cerchio che la racchiude allude alle corna del cervo, araldica principale della famiglia. E' profuso sia in pietra nei loro castelli, sia in maioliche prodotte per l'uso dei vari rami della famiglia nell'alto Lazio e nella bassa Toscana; fra queste, citiamo un boccale più grande, ma con stemma uguale al presente, inTravaglini 2010ca., g.38.
IL QUATTROCENTO la seconda metĂ la maiolica del Primo Rinascimento
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15 ALBARELLO
Albarello da spezieria a corpo quasi cilindrico, alto collo rastremato, bocca ingrossata, appoggio a disco. Maiolica arcaica dipinta solo con manganese: “Emblema” di farmacia, o mercantile su corpo del tutto bianco. H.cm.12; Ø appoggio cm.6,5. Cond.: discrete; piccola integrazione. VITERBO; sec.XV,terzo quarto. € 200 / 250 L'albarellino presenta un interessante emblema, che potrebbe essere appartenuto ad una spezieria, ma potrebbe anche avere avuto carattere mercantile. Non si esclude un uso per medicinali all'interno di una abbazia, come sembrerebbe signi care la lettera da cui sorge la croce con quattro grossi punti. L'albarello con emblema in un solo colore, ottenuto vistosamente col manganese sul bianco spento della maiolica arcaica, trova confronti con albarelli di medesimo ductus nel Museo della Ceramica della Tuscia a Viterbo, ma con stemma sempre diverso (Luzi et alii 2005, pp.127 – 128).
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16 BOCCALE
Boccale a corpo ovoide allungato, con bocca trilobata,piede estro esso a disco. Maiolica dipinta in blu di due toni e giallo: nel frontale, un “trincetto conciapelli” in azzurro, entro ovale formato da due cerchi; all'intorno decoro fogliato miniaturistico. H.cm.17; Ø appoggio cm.8. Cond.: buone; piccoli ripristini.
17 PIATTO
Piatto a larga tesa, parete de uente, ampio cavetto e appoggio incavato.
17
Maiolica dipinta in policromia: nel recto, giro con linea ondulata in blu e al di sotto larga fascia a decoro miniaturistico su tre registri in giallo di due toni ; ingiro simile al bordo; in cavetto “Stemma Visconti”con il biscione ondeggiante e linguato; verso a “calza”blu e marrone. Ø cm.26; h.cm.3; Ø appoggio cm.8.
MONTELUPO; secc.XV - XVI.
Cond.: buone; alcuni incollaggi.
€ 800 / 1.000
Provenienza: Rimini,Collezione Cleto Cucci. FAENZA; sec.XV, ne. € 2.000 / 3.000
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Un intrigante trincetto, in antico chiamato “da coramaro”, simbolo appunto della comunità dei conciapelli, adorna il frontale di questo boccale dalla forma assai elegante, dove un minuto decoro fogliato attorno allo stemma rientra nella tipologia toscana, molto vicina alla decorazione m o n t e l u p i n a , d e t t a i n “a z z u r r o prevalente” (Berti 1997, passim).
Il piatto rientra nella produzione faentina ancora del Quattrocento, e rappresenta uno dei prodotti più belli, non solo per essere di commissione importante, come dimostrato dall'araldica, ma soprattutto, per gusto cromatico, precisione del tratto a sottilissimo pennello, che forma un decoro di rara bellezza. Trova confronti con una serie di piatti della stessa bottega, dove si alternano motivi a embricazioni, geometrici, alla palmetta persiana, ed altri, sempre di grande ductus pittorico, nella produzione dei gamelii, piatti d'amore (Gardelli 1986, nn. 71 – 77). L'araldica è riferita ai Visconti, duchi di Milano, qui in versione sempli cata dal ceramista, senza il fanciullo che esce dalla bocca. I Visconti furono assai presenti in Romagna, su cui ebbero sempre mire espansionistiche, tramite anche i rapporti che tennero con i Manfredi già dal tempo di Astorre I, che con la sua famosa “Compagnia della Stella” era al servizio di Bernabò Visconti. Cercarono, anche attraversi matrimoni, di inserirsi nelle turbolente faccende di Romagna: ricordiamo che Leta Manfredi sposò Guido Visconti di Modrone, presente nel 1450 all'insediamento a Milano di Francesco Sforza, la cui famiglia era di origine romagnola, esattamente da Cotignola, nei pressi di Faenza.
18 ALBARELLO
Albarello cilindrico rastremato con spalla carenata e quasi piatta, breve collo e bocca appena estro essa. Maiolica dipinta in blu di “zaffera”,giallo,verde. Decorazione: larga fascia centrale avvolgente con fogliato disposto orizzontalmente, entro linee; in basso fasce geometriche. H.cm.24; Øb.cm.9; Øp.cm.10. Cond.: ottime (colature in cottura). Prov.: Napoli, collezione Giovene de Girasole; collezione ITALIKA,inv.n.M224. Bibl.: Catalogo Asta Giovene de Girasole, Firenze, Sala Galardelli, 27/2/1925, n.184. Catalogo Asta Christie's, Roma 26,27 /4/1988, n.441.Gardelli,1999,n.147. FIRENZE (o MONTELUPO); sec. XV, metà e terzo quarto. 18
€ 7.500 / 8.000 L'albarello presenta una forma perfettamente derivata dai segmenti di canna di bambù, dove venivano immesse le spezie per essere portate dall'Oriente ad Occidente. La decorazione a tappeto avvolgente è ottenuta in cromia molto interessante; infatti oltre al giallo ottenuto dalla ferraccia e al verde- ramina che intenerisce il centro delle foglie, l'albarello presenta il blu molto intenso proprio della zaffera a metà strada fra il diluito ed il rilievo, con alcune colature di colore sullo smalto. La decorazione inusuale, ma di grande impatto visivo, rende la maiolica assai rara e preziosa.
19 PIATTO
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Piatto a scodella,stretta tesa,appoggio a cercine. Maiolica leggermente azzurrata dipinta in monocromia blu: recto, decoro alla damaschina, nei modi della italo-moresca; verso: tesa a serpentine, quadrati crociati con circoli,motivi separatori; nell'ingiro serie di nestrelle,al centro la lettera P tagliata. Ø cm.21,5; h.cm.4,5. Cond.: molto buone. Prov.: Palermo, collezione Antonello Governale; collezione ITALIKA, inv. n. M160. Bibl.:“CeramicAntica”,II-N.3 (Marzo 1992),p.1.Gardelli,1999,n.156. MONTELUPO,Pietro di Filippo di Dimitri; sec.XV,seconda metà. € 3.000 / 4.000
Il bellissimo piatto è decorato ad horror vacui con nissima decorazione ispirata agli arabeschi di cultura orientale, denominata “italo-moresca”, e negli antichi documenti alla damaschina. Si tratta di una decorazione dove lo spazio è totalmente avvolto, come in un tappeto, da una partitura geometrica riempita a minuti elementi di fantasia, dove la monocromia blu esalta sul bianco di fondo. Il genere decorativo, di grande suggestione, si presenta in una versione rara. Interessante è la P tagliata nel verso, che per molti aspetti si confronta con la famosa SP che caratterizza molte ceramiche uscite dalla fornace di Cafaggiolo, la cui attività ebbe inizio intorno al 1498 con i fratelli Piero e Stefano di Filippo di Dimitri Schiavone. Tuttavia il piattello è da ritenersi precedente alla produzione del centro mediceo per le sue peculiarità decorative, anche se va indubbiamente riferita a Piero di Filippo, di cui abbiamo notizie d'archivio sulla sua attività in Montelupo almeno dal 1469 e durata probabilmente no al suo arrivo a Cafaggiolo intorno al 1492. Per la grazia del decoro, di grande perizia, la maiolica è da attribuire a Pietro di Filippo di Dimitri “Schiavone” di Zagabria, ed eseguito fra il 1480 e il 1490.
20 PIASTRELLE
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Fregio di piastrelle parietali. Porzione di fregio formato da 14 rettangoli orizzontali da unire a due per due per formare il disegno; 2 fasce di rettangoli verticali di chiusura per due lati.Maiolica dipinta in blu e “lustro”oro brunito; in un rettangolo tocchi di verde,forse per gocciolatura da altra maiolica in cottura. Recto: decorazione a rilievo il cui disegno si ottiene unendo due piastrelle: ai lati “rosetta”; al centro, entro due cerchi cordonati fascia con “galloni”; all'interno “ombrellino”a spicchi; in una, piccolo segno cruciforme in alto, forse rma del ceramista.Verso: nudo; nella piastrella con segno cruciforme, “Emblema”, dipinto in nero, a forma di triangolo con i lati obliqui ed il vertice formati da “tre gigli”; nei rettangoli verticali: treccia policroma. Emblemi: ombrellino, privilegio vescovile e cardinalizio, insegna delle basiliche di Roma; giglio, dei Guel ; tre gigli, dal 1376 emblema della dinastia di Francia in omaggio alla Santissima Trinità. Ogni gruppo di due piastrelle: cm. 26,5 x 31; rettangoli verticali: cad.cm.9 x 4,5. Cond.: discrete; in alcune tracce di attacco nella muratura. Esposizioni: Roma, Biblioteca Casanatense, Salone monumentale, “Nymphilexis. Manoscritti Stampati, Monete Medaglie Ceramiche”, Mostra 7 aprile – 30 maggio 2005. Bibl.: Gardelli 2005,pp.302 - 303. VALENCIA (Manises o Gandia); sec.XV, ne - XVI,inizi. € 18.000 / 20.000 La serie di mattonelle faceva parte di un fregio parietale, per il forte aggetto della decorazione, e la completa mancanza di segni di calpestio. Presenta una tipologia spagnola molto nota, per la decorazione detta a “gallones”, e per la tecnica del “lustro” oro-brunito in rilievo. La decorazione “a galloni” deriva dal ricamo su stoffa con li d'oro intrecciati, e fu caratteristica della ceramica dorata di Valenza dal tardo '400 al '600 inoltrato. L'ombrellino al centro fa riferimento al parasole usato per difendere il viatico e la pisside del Santissimo Sacramento. Chiamato “ombrellone, conopeo, padiglione, sinnicchio”, fu privilegio dei vescovi e dei cardinali, ma anche insegna distintiva delle Basiliche romane. L'ombrello aperto unito alle chiavi decussate “emblema ponti cio” si trova nelle poche mattonelle rimaste che, insieme ad altre con lo stemma Borgia, componevano i pavimenti che il papa Alessandro VI fece costruire in Castel Sant'Angelo, e di cui rimangono alcuni lacerti. Assegniamo questo fregio al periodo del papa spagnolo, quando giunsero in Italia mattonelle appositamente eseguite in Spagna, secondo una precisa documentazione. In una lettera del 18 Aprile 1494 il Papa ringrazia il glio Juan per l'invio di rajoletas de Manises; alcuni mesi dopo, in una lettera dell'Agosto inviata al padre, Juan, duca di Gandìa, afferma di avere fatto fare delle mattonelle a Manises, ed altre a Gandìa con ri essi migliori di quelle di Manises, e che le avrebbe portate personalmente a Roma. E' noto che anche famiglie importanti del tempo, come gli Orsini, commissionarono a Valencia maioliche con il proprio stemma (Luzi 2006, g.2). Per individuare la ubicazione delle piastrelle, occorre considerare l'emblema dei Tre gigli nel verso di una piastrella. Dal 1376 il re di Francia, Carlo il Saggio, l'aveva riferito alla dinastia francese per onorare la Santissima Trinità. Nel 1495 Alessandro VI diede
l'approvazione per la fondazione della Chiesa dei Francesi a Trinità dei Monti, con una cappella dedicata alla Santissima Trinità. Nel 1502 Luigi XII di Francia promosse la costruzione della Chiesa, terminata nel 1519. E' dunque possibile che il fregio sia stato ordinato o dal papa o dal re di Francia a Manises, dove si producevano le migliori maioliche lustrate, in occasione della costruzione della Chiesa e della cappella, anche se non conosciamo l'ubicazione esatta del fregio. In tal modo, da un lato si spiega la presenza dell'ombrello basilicale (e non ponti cio), dall'altro il simbolo trinitario dei gigli francesi, il tutto secondo quel gusto valenzano per l'oro che ha caratterizzato il ponti cato di Alessandro VI Borgia, in uenzando notevolmente l'ambiente artistico dell'epoca (Bosi 1976, p. 180; Pinedo- Vizcaino 1979, pp. 87 – 89; Mazzucato 1985, passim; Cairo 2001, nn. 283, 425; Garin Llombart 2002, p.126; Mazzucato 2002, p.172.).
21 PIATTO
Che fai tu, Ecco, mentr'io ti chiamo? – Amo
Piatto a stretta tesa, ingiro de uente ed ampio cavetto. Maiolica dipinta in policromia: tesa a nastro spezzato a rincorrersi con roselline stilizzate; ingiro a embricazioni; al centro, “Ritratto di Angelo Poliziano”, di pro lo con capo coronato d'alloro; di lato a sinistra,la parola AMA.
Ami tu dua o pur un solo ? – Un solo E io te sola e non altri amo – Altri amo Dunque non ami tu un solo? – Un solo Questo è un dirmi: io non t'amo – Io non t'amo Quel che tu ami ami 'l tu solo? – Solo Chi t'ha levata dal mio amore? – Amore Che fa quello a chi porti amore? – Ah more!
Ø cm.35; h.cm.6,5. Cond.: discrete; alcuni incollaggi e ripristini. Provenienza: Rimini,Collezione Cleto Cucci. Bibl.: Maioliche rinascimentali italiane, Asta Semenzato,5 novembre 1986,lotto n.72.
[Stanza del Poliziano in ne dell'Orfeo nell'Edizione orentina delle Stanze e dell'Orfeo del 1513]
Il rispetto o strambotto fu scritto da Angelo Poliziano nel 1479 durante un soggiorno del poeta a Venezia. Rievoca il mito, narrato da Ovidio, della ninfa Eco, costretta dalla gelosa Giunone a ripetere sempre le ultime parole. Innamoratasi, ma non corrisposta, del bellissimo Narciso, annegato poi alla fonte mentre si specchiava, dal dolore divenne pura voce. Questa in sintesi è la leggendaria storia che trae origini già dal mondo ellenico. Lo strambotto, anche musicato, ebbe immensa fortuna, tanto che il pittore del piatto ci ha lasciato solo l'enigmatica parola “AMA” accanto al ritratto, perché proprio da questa si riconoscesse subito il nome del poeta. Angelo Ambrogini (1454 - 1494), detto Poliziano, dalla patria d'origine, Montepulciano, non lontano da Montelupo, per la familiarità con la famiglia Medici, e per la protezione di Lorenzo, si dedicò interamente alla poesia e alla letteratura. Di lui abbiamo un ritratto eseguito dal Ghirlandaio nella cappella Sassetti, in Santa Trinita a Firenze e le fattezze corrispondono largamente a quelle del piatto. Proveniente dall'antica collezione Cucci in Rimini, ho solo di recente ritrovato il bellissimo piatto, venduto all'Asta Semenzato nel 1986. E' stato sicuramente un omaggio straordinario da parte di una manifattura toscana verso il poeta, forse nell'immediatezza della sua morte e costituisce un “unicum” nella storia della maiolica italiana.
MONTELUPO; sec.XV, ne € 4.000 / 5.000
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Angelo Poliziano e Piero de' Medici; Domenico Ghirlandaio, Cappella Sassetti, Santa Trinita, Firenze
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IL CINQUECENTO la maiolica del Rinascimento
23 STATUETTA
Donna con cestino di frutta che accompagna un bimbo. Statuetta in maiolica policroma. H.cm.23; largh.mx.cm.20. Cond.: molto buone; piccola sbeccatura alla base. MARCHE,Francesco e Marco della Robbia; 1520 - 30. € 6.000 / 7.000
La gura femminile pare indicare al bimbo, che conduce per mano, Gesù Bambino nella mangiatoia, appartenendo quindi alla tipologia di una gura per il Presepe. La modulazione cromatica, basata essenzialmente sull'azzurro, il giallo di due toni e su un lucente bianco, la tipologia della maiolica, di grande lucentezza e corposità, collocano la statuetta nell'entourage dei della Robbia, in particolare dei gli di Andrea, Marco (1468 - 1532ca) e Francesco (1477 – 1528ca), i quali, attratti dalla religiosità del Savonarola, presero i voti, divenendo frate Mattia e frate Ambrogio. Non dimenticarono mai tuttavia l'arte della maiolica, per cui anche quando fra’ Ambrogio si trasferì nelle Marche, e precisamente a Potenza Picena (MC) forse per interessamento del cardinale Francesco Armellini Medici, chiamandovi anche il fratello fra’ Mattia, le Marche ricevettero sia nel pubblico che nel privato straordinarie opere robbiane, alcune ancora oggi presenti. Tuttavia, già nel 1904 l'Anselmi, a cui dobbiamo le prime ed importanti ricerche documentarie sui della Robbia nella Marche, scriveva: “Nessuna meraviglia, quindi che in nite opere in terra-cotta invetriata, o meno, all'uso robbiano, si siano rinvenute e si rinvengono ancora nelle nostre Marche, quantunque la maggior parte siano oggi scomparse, per gurare invece nelle pubbliche e private collezioni.” (Anselmi 1904, pp. 158). Difficile attribuire all'uno o all'altro, in mancanza di precisi documenti, le opere invetriate di piccolo formato proprie della produzione devozionale dei due fratelli. L'ascendenza robbiana si rivela anche nel grazioso cestino con le mele cotogne, che tante volte compaiono nelle cornici robbiane di grande formato.
22 PIATTO
Piatto a larga tesa, cavetto stretto e fondo, con appoggio appena incavato. Maiolica dipinta in bianco, verde e giallo: nel recto, tesa a festone fogliato che delimita decorazione “bianco su bianco”; margherita al centro da cui partono i petali a raggera; verso: anepigrafo. Ø cm.21; h.cm.4,7. Cond.: ottime. Prov.: collezione ITALIKA,inv.n.M273. Bibl.Gardelli 1999,pp.214-215,n.99.Catalogo Asta Porro & C.n.26,16/5/2006,lotto18. URBINO, bottega di Giovanni Antonio di Pietro o di Francesco della Carduccia; sec.XV - XVI. € 10.000 / 12.000
24 STATUETTA
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Maria tiene sulle ginocchia Cristo morto. Statuetta in maiolica policroma; nel retro incavo Il bellissimo ed elegante piattello conduce all'ambito urbinate fra la ne del secolo quindicesimo e agli inizi del sedicesimo, in un ornato delicatissimo che fu de nito dal durantino Piccolpasso “a soprabianchi”, dichiarandolo inoltre “uso urbinato”. Recenti ritrovamenti di ceramiche durante i lavori nella volta del “Salone del Trono” del palazzo ducale dei Montefeltro in Urbino hanno permesso di ricostruire un piatto con decoro “bianco su bianco” con simile corolla di margherita (Giannatiempo Lopez 1997, n.24). Anche il festoncino di tipologia robbiana si trova identico in vari reperti dalla città che si datano, dalle monete e dal contesto generale, fra la ne del '400 ed i primi decenni del '500 (Gardelli 1985, 2.14, p.667). Riteniamo pertanto che il piattello sia opera della bottega di Giovanni Antonio di Pietro detto Malacarne, autore nel 1491 del pavimento Barozzi nel Vescovado di Padova, dove appaiono simili stilemi decorativi (Gardelli 1993, II).
forse per inserimento di un'asta con aureola in metallo. H. cm. 22,5; largh. mx. cm. 31. Cond.: ottime MARCHE, Francesco e Marco della Robbia; 1520 - 30. € 6.000 / 7.000
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La modulazione cromatica, basata essenzialmente sull'azzurro, il giallo di due toni e su un lucente bianco, dona, in questa bellissima “Pietà”, una dolcezza di modellato, specie nel volto della Vergine, che ne fanno un piccolo capolavoro. La tipologia della maiolica, di grande lucentezza e corposità, colloca la statuetta nell'entourage dei della Robbia, in particolare dei gli di Andrea, Marco (1468 - 1532ca) e Francesco (1477 – 1528ca), i quali, attratti dalla religiosità del Savonarola, presero i voti, divenendo frate Mattia e frate Ambrogio. Non dimenticarono mai l'arte della maiolica, per cui, anche quando fra' Ambrogio si trasferì nelle Marche, precisamente a Potenza Picena (MC) forse per interessamento del cardinale Francesco Armellini Medici, vi chiamò anche il fratello fra' Mattia; le Marche ricevettero allora, sia nel pubblico che nel privato, straordinarie opere robbiane, alcune ancora oggi presenti. Tuttavia, già nel 1904 l'Anselmi, a cui dobbiamo le prime ed importanti ricerche documentarie sui della Robbia nella Marche, scriveva: “Nessuna meraviglia, quindi che in nite opere in terra-cotta invetriata, o meno, all'uso robbiano, si siano rinvenute e si rinvengono ancora nelle nostre Marche, quantunque la maggior parte siano oggi scomparse, per gurare invece nelle pubbliche e private collezioni.” (Anselmi 1904, pp. 158). Difficile attribuire all'uno o all'altro, in mancanza di precisi documenti, le opere invetriate di piccolo formato proprie della produzione devozionale dei due fratelli; tuttavia la presenta statuetta, di sicuro ductus robbiano, molto si avvicina al “Croci sso” di Marco (fra' Mattia) in Arcevia del 1520 (Gentilini 1992, p. 378) e andrà aggiunta al suo catalogo.
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Il piattello si situa agli inizi di questa tipologia, in un decoro elitario di grande bellezza, ancora memore della raffinata eleganza dei motivi rinascimentali quattrocenteschi.
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25 MADONNA COL FIGLIO
Rilievo su lastra racchiusa da cornice ad arco a tutto sesto. Maiolica dipinta in policromia: busto di “Madonna che sorregge il Figlio in piedi”, in bianco di maiolica con tracce di doratura nei ricami ai bordi della veste, a rilievo su lastra in blu; cornice in policromia, in due lati formati da mazzi di foglie e frutti: mele cotogne, pigne, prugne, limoni, pere, nespole e a sinistra due orellini; i due lati si uniscono in alto, legati da un nastro intrecciato. Cm.69 x 59; <cm.8,5>. Cond.: buone; nella lastra di fondo un incollaggio. TL. C.S.R.Bari, 2002, Prot. N. 126TL/02: 1510 - 1530. FIRENZE,Andrea della Robbia,1510-1530. € 60.000 / 70.000 La Vergine e Gesù, nimbati, appaiono sull'azzurro intenso del fondo, realizzati nel candido bianco di una ricca e corposa maiolica. L'unica nota di colore è data dall'oro del tralcio fogliato che delicatamente illeggiadrisce parti della veste, del manto ed anche del velo che scende dal capo della Vergine, ad imitazione di un ricamo. La Madre dal volto un po' pensieroso, come presago già del destino futuro,
sorregge con le mani sulla sinistra il Bimbo, dal volto sereno e con la manina benedicente. Tutto l'atteggiamento si trova in molti rilievi mariani della bottega della Robbia, ad iniziare da Luca, per proseguire in particolare dal nipote Andrea, suo diretto discepolo e continuatore. La tipologia incontrò ampia fortuna, per la delicatezza e la dolcezza dei gesti e per lo splendore del bianco latteo, tanto da divenire un classico robbiano. Molti sono i confronti già con le opere di Luca (1400ca 1482), ma il nipote Andrea si discosta dallo zio per un particolare interessante no ad ora non rilevato: preferisce rappresentare il Bimbo tenuto dalla Madre a sinistra anziché a destra, come sempre aveva fatto Luca. Appare quindi, al di là della diretta liazione di tecnica e di stile, una peculiarità di Andrea, come rinnovatore di un incipiente classicismo di maniera. La datazione proposta dall'esame alla termoluminescenza (1510-1530) si colloca proprio nell'ambito temporale di Andrea (1453- 1525). Nel territorio fra Romagna e Marche grande è stato l'amore per l'arte robbiana, sia in ambito liturgico, che per la religiosità privata; si veda la bella statua di Santa Maria d'Antico (RN) (Gardelli 2000), la pala di Gradara nella Cappella della Rocca, no alle robbiane delle Balze, alle foci del Tevere. In ambito toscano, oltre al gruppo della collezione Luzzetti (1480ca), è sufficiente citare la bella pala detta “Degli architetti” del 1475, al Bargello, a rilevo, entro cornice centinata a mazzetti di ori (Gentilini 1992,1, pp. 186,187).
26 PIATTO
Piatto a piccola tesa ricurva, breve ingiro, cavetto e appoggio appena incavato. Maiolica dipinta in policromia: recto istoriato, “San Bartolomeo entro paesaggio”; verso: anepigrafo. Ø cm.21,5,h.cm.3,5. Cond.: ottime. Prov.: collezione ITALIKA: inv.n.M285. Bibl.: Gardelli 1999, pp. 218-219, n. 101. Catalogo Asta Porro & C. n. 26, 16/5/2006, lotto19. URBINO, Nicola di Gabriele Sbraghe; 1521 – 1528. € 25.000 / 30.000 Il bellissimo piattello con S. Bartolomeo trae ispirazione da un disegno di Raffaello per la serie degli “Apostoli”, incisa prima da Marco Dente e poi dal Raimondi (Bartsch XIV, 64-7). Ripreso in controparte, il Santo è visto nell'atto di presentare il simbolo del suo martirio, la spada, che tiene con la mano sinistra. L'ampio mantello avvolge il corpo, come nella stampa, dalla quale deriva anche il modo di rendere i capelli a ciocche scompigliate, come mosse dal vento. E' un particolare che alcuni artisti del primo istoriato traggono direttamente da Raffaello. Della stessa serie è una maiolica con “San Girolamo” attribuito a Nicola (Cioci 2001, g.3) e il piatto al Museo Civico di Pesaro con “San Giuda Taddeo”. Per la datazione, si veda la “Santa Cecilia” del 1528 al Bargello e il tondo pure datato al 1528, al VAM (Rackham 1940, n. 619). Tuttavia il piattello, ottenuto per puro disegno colorato, con un'unica gura che campisce lo spazio in un paesaggio dominato essenzialmente dall'azzurro e dal giallo dorato e dal nero, con grande nezza di tratto, lo avviciniamo maggiormente alla famosa coppa dell'Ermitage, con gura di Re, datata 1521 (Cioci 2001, g.1; Ivanova 2003, n.29). 26
27 PIATTO
Piatto a larga tesa de uente ed ampio cavetto. Maiolica dipinta in policromia: nel recto istoriato, Teseo, Ippolito e Fedra; verso, anepigrafo. Ø cm.27; tesa cm.6. Cond.: ottime; nel verso qualche ritiro di smalto in cottura. URBINO, bottega di Guido Durantino; 1535-40. € 48.000 / 50.000 La storia mitologica si svolge in un paesaggio fuori dal palazzo reale, di cui s'intravvede sulla destra parte di un portico sostenuto da colonna curatissima che termina con rosetta; all'interno appare una bella nestra con timpano. Al centro Fedra, bellissima moglie di Teseo, corre nel prato verso il marito inquadrato di spalle che brandisce una spada. Dietro, su un paesaggio marino, Ippolito, glio di Teseo, accusato ingiustamente dalla matrigna di averle usato violenza, fugge su un cocchio, andando incontro ad un triste destino. Infatti, racconta il mito, Poseidone, spinto dall'ira di Teseo, farà cadere e morire in mare Ippolito; per intervento della commossa Artemide, verrà poi risuscitato, rinnovando così l'eterno ciclo della vita. Da lontano il paesaggio urbano, ricco e vario, con tonalità più iscurite, quasi si nasconde nello slancio del bianco cavallo di Ippolito. Il mito è narrato da Ovidio nel libro XV delle Metamorfosi, unendo i sentimenti della passione d'amore, della menzogna e dell'ira crudele, propria dell'animo umano, alla commossa pietà del divino. Il mito piacque molto nel Rinascimento e fu rappresentato nelle varie edizioni delle Metamor fosi, n da quella veneziana con vignette del 1522. Una versione attribuita a Faenza, nella bottega Manara, appare ancora legata ai rigidi stilemi xilogra ci (Gentilini - Ravanelli Guidotti 1989, n. 52; Ravanelli Guidotti 1996, n. 19), mentre nel piatto in esame una maturità di disegno e di pittura mostra tutto il cammino stilistico compiuto in Urbino, su stimolo della grande pittura di Raffaello. La vivace e ricca cromia, l'impaginazione complessa della storia, la bellezza e la precisione della pittura, l'atteggiamento dei due personaggi in primo piano, colti nell'attimo del movimento, sono tutti elementi che portano l'attribuzione di questo straordinario piatto all'ambito della bottega tenuta in Urbino da Guido Fontana, chiamato il Durantino, dalla patria di provenienza, al quale si debbono i migliori servizi dipinti, come il Duprat, e il Montmorency, rmati e datati al 1535 (Mallet 1987, passim; Gardelli 1999, n. 106).
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Boccale a pancia sferica, bocca trilobata, manico a nastro,appoggio a disco. Maiolica dipinta in policromia con “Busto femminile”entro tondo a scaletta e, in entrambi i lati, larga fascia ri nita in marrone con decoro miniaturistico in blu; nel manico, righe oblique in blu e marrone. H.cm.17; Ø appoggio cm.9,5. Cond.buone; piccoli ripristini. MONTELUPO; sec.XVI,metà. € 800 / 1.000 Il boccale si situa nell'ultima fase della decorazione in blu prevalente, con una versione del decoro alla “porcellana” propria della produzione montelupina. L'omaggio alla gura femminile è evidente nell'impatto visivo della gura che, adorna di collane, sorride guardando verso l'alto con bella ed alta acconciatura e ricco abbigliamento ad ampie maniche.
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28 CAVETTO
Cavetto di piatto su piede ad anello. Maiolica istoriata dipinta in policromia: recto con “Perseo e Andromeda”; nel verso in azzurro la scritta, De andromeda / e p[er]seo; sigla del pittore. Ø cm.13. Condizioni del frammento: buone; un incollaggio. URBINO, bottega di Guido Merlini, pittore Francesco durantino; 1543 – 1546.
30 ALBARELLO
Albarello a corpo pseudoilindrico con rastrematura centrale, spalla de uente, bocca ingrossata, piede a disco. Maiolica dipinta in blu di due toni e giallo: al centro, entro cartiglio fra righe blu e terminante a svolazzi arricciati in giallo, scritta farmaceutica in blu con aloni azzurrini: Dia Margarita. H. cm. 15; Ø appoggio cm.7,5. Cond.: ottime.
€ 1.300 / 1500 Il frammento istoriato mostra l'eroe Perseo mentre brandisce la spada e si accinge ad uccidere un mostro marino, per liberare Andromeda che è legata alle sue spalle. L'evento si svolge in un bellissimo paesaggio con ricca cromia. La gura di Perseo trova confronti stilistici in un istoriato con “Procne e Filomena”, ora all'Ermitage, dove la gura di Tereo ha simile scomposto atteggiamento (Ivanova 2003, n. 54). La sigla si confronta con una simile nel retro di un piatto nella collezione Italika, datato 1546 e attribuito alla bottega di Guido Merlini (Gardelli 1999, n. 108). Pur mutilo, il frammento è importante sia per la qualità alta della pittura, sia per la sigla, no ad ora non nota, attribuibile a Francesco durantino, come si evince anche dalla gra a che si confronta con altre in opere a lui attribuite.
CASTELDURANTE, prima metà del '500. € 300 / 400
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L'albarello, pur di piccolo formato, riceve una elegantissima scritta farmaceutica in caratteri gotici, con aloni azzurrini che le conferiscono tono elitario. Trova confronti per forma, misura e caratteri della scrittura con albarelli da spezieria prodotti a Casteldurante alla prima metà del Cinquecento, adorni di simile cartiglio svolazzante con i risvolti a minuti decori in giallo. In molti corredi, di cui si conoscono esemplari, emblemi diversi connotavano varie spezierie, a dimostrazione della notevole fortuna di questo tipo di prodotto che veniva personalizzato di volta in volta a richiesta della committenza col proprio simbolo. Il presente trova precisi confronti con due albarelli ora nella Collezione Formica di Rimini (Fiocco-Gherardi 1997, nn. 4,5; Colapinto et alii 2002, p.37).
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31 GRUPPO PLASTICO
Visione di San Bernardo , gruppo plastico con apparizione della Madonna in una grotta. Maiolica bianca tendente al rosato; nel verso, evidenti segni della spatola e gocce di smalto. H.mx.cm.27,5; largh.mx.cm.32; prof.cm.17. Cond.: ottime. Provenienza: Firenze, antica collezione Riccardi. Esposizioni: Roma 2010, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, La forma del Rinascimento – Donatello, Andrea Bregno, Michelangelo e la scultura a Roma nel Quattrocento. Bibl.: Gentilini 1992, p. 443. Gardelli, Catalogo Mostra 2010,pp.352 - 353. ANDREA CONTUCCI, detto il SANSOVINO; 1502-1505. € 180.000 / 200.000 L'articolato gruppo plastico, in perfette condizioni di conservazione, presenta a destra San Bernardo che, mentre legge un libro appoggiato alla roccia, avverte nell'aria il soffio leggero che annuncia l'arrivo dal cielo della Madonna sostenuta da due Angeli. Egli è colto nell'attimo in cui si volge, già in estasi, verso di Lei. Sotto, come un “leggio naturale”, il Demonio dal corpo rattrappito, schiacciato da un peso umano e divino, ha sul viso una smor a di dolore. E' rappresentato come nell'immaginario medievale: un essere immondo, con ventre pronunciato, ali di pipistrello, zampe ferine, braccia stirate al massimo verso l'alto. Ricopre il tutto una bella maiolica bianca, leggermente tendente al rosato, che, seguendo il Vasari, riteniamo suddipinta e cotta nella bottega della Robbia (forse di Giovanni); la super cie presenta qua e là leggerissimi aloni di verde, come se nel pennello fosse rimasto un po' di “ramina”, il ché aggiunge un notevole fascino alla scultura. Il complesso gurativo si situa all'interno della temperie culturale che negli ultimi decenni del '400 e nei primi anni del '500 seppe inserire il modellato della terracotta maiolicata fra le sculture di alto livello, e non solo per mano della famiglia della Robbia. Nel gruppo in esame la coperta smaltata,
per la sua capacità di smussare angoli troppo vivi, sa proporre quell'aura di sfumato che dalla bottega del Verrocchio si insinuava fra gli allievi, no alla eccellenza nei disegni e nella pittura di Leonardo, precedente imprescindibile per le novità artistiche del Rinascimento. Una medesima atmosfera culturale, unita ad indubbie capacità espressive, portano ad attribuire la maiolica alla mano di un artista che, a cavallo fra '400 e '500, alla perizia nella scultura marmorea, seppe unire ottime capacità nel modellare la creta: Andrea Cantucci detto il Sansovino dalla patria di origine, Monte San Savino nell'aretino (1467 / 1470 – 1529) (Vasari, s. v.; Fortunio 1583). In tutto il territorio si ammirano ancora sculture in terracotta smaltata da lui eseguite (Bruschi – Centrodi - Romanelli 1986). L'opera in maiolica esula dai modelli ripetitivi di bottega, risultando un pezzo unico. Giudicata, per esame da una vecchia foto presso il Kunsthistorisches Institute di Firenze una “…piccola vivace plastica…” (Gentilini 1992, p. 443), ad un esame diretto la “Visione di San Bernardo” appare invece un prodotto artistico di grande livello, irripetibile.
32 ALZATA
Alzata ad ampio corpo con parete leggermente arrotondata a coppa, bordo diritto su piede estro esso. Maiolica dipinta in policromia e ad oro: recto istoriato, “Ratto di Ganimede”; verso, anepigrafo. Ø cm.25; h.cm.16,5. Cond.: ottime. DERUTA, Giacomo Mancini, detto il Frate, sec.XVI,metà. € 25.000 / 30.000 La coppa è una delle rare opere dipinte con scena mitologica dal pittore derutese Giacomo Mancini, detto il Frate. Presenta il mito del rapimento del bellissimo giovine, Ganimede, mentre era a caccia con gli amici ed i cani, per portarlo nell'Olimpo dove diverrà il coppiere degli Dei. Tuttavia Giove, come di solito, si trasforma e qui appare come aquila, la quale, pur con affilati artigli, solleva il corpo senza ferirlo. Ganimede è visto nel momento in cui lascia il bianco cavallo dalla ricca bardatura, il quale si impenna e non sa che fare. La scena è ambientata en plein aire, durante una battuta di caccia. In primo piano un cacciatore appare meravigliato e non sa reagire all'evento, anzi tenta di scappare seguito dal cane. Lontana è la città che sfuma nell'azzurro. Il mito è molto antico; ne tratta Virgilio nell'Eneide e Stazio nella Tebaide; in ambito rinascimentale molte sono state le xilogra e sul mito e molte ne sono state le interpretazioni loso che. Seguendo Marsilio Ficino, esso è stato visto come distrazione dalla vita attiva (la caccia) per la scelta di una più ri essiva. Comunque sia, il mito è stato molto amato e rappresentato. Qui rivela una ascendenza dalla xilogra a attribuita al maestro IB, identi cato in G.B. Palumba, incisore veneto attivo nei primi decenni del'500. Il pittore umbro utilizza una particolare anatomia dei volti, con i tratti distesi, ed una cromia basata in modo notevole sul giallo, che qui contrasta con il luminoso bianco de cavallo e con il nero dell'aquila. Giacomo ama l'ambientazione in paesaggi fuori città, come si può notare anche nel bel piatto con “Santa Cecilia” all'Ermitage, rmato con la F (Ivanova 2003, n. 25). Alcune sue opere sono datate dal 1541 al 1545 (Fiocco- Gherardi 1984, passim) ed allo stesso torno di tempo datiamo questo bel piatto, dove il pittore ha aggiunto alla sua personale cromia anche la doratura del lustro a terzo fuoco, sì da creare ricercate iridescenze.
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34 PIATTELLO
33 VASO BIANSATO
Grande vaso biansato dalla forma complessa: corpo pseudocilindrico, bocca ingrossata; al di sopra e al di sotto, stretto collo che termina a campana. Maiolica decorata in blu e a lustro oro; nella parte superiore, embricazioni entro scomparti puntinati; nella parte inferiore, ampie baccellature oblique; da sotto il bordo a metà pancia dipinto su trapezio a fondo bianco “Mani che si stringono”, in azzurro, sotto corona e sopra elementi riempitivi H.cm.24,5; Øb.cm.11,5; Øp.11,5. Cond.: ottime. DERUTA; sec.XVI,prima metà. € 10.000 / 12.000
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La bella e rara maiolica, dalla forma assai complessa e di grande attrattiva, si presenta in veste di gamelio, dono tangibile del danzato all'amata, ma nel contempo è indice dell'avvenuto patto nuziale fra due famiglie di alta nobiltà, come si evince dalla corona sopra le mani dei giovini sposi, che si stringono a suggellare l'avvenuto connubio. Per la bellezza e sontuosità de lustro, esprime anche in maniera tangibile la ricchezza delle famiglie, ora imparentate, che si potevano permettere un prodotto tanto elitario, quale si produceva con grande perizia a Deruta, già nella prima metà del Cinquecento. Trova confronti, fra alt ri, in un gamelio con cuore coronato ammeggiante al Museo Statale di Arezzo (Aa.Vv. 1982, n.33).
Piattello a larga tesa, piccolo cavetto, appoggio appena incavato. Maiolica dipinta in policromia: recto istoriato, “Matrimonio fra Alessandro e Rossane”; stemma nobiliare con “SAPIENS DOMINABITUR ASTRIS; verso: due cerchi gialli. Ø cm.19; h.cm.25. Cond.: discrete; frattura ricomposta. Prov.: collezione ITALIKA; inv.n.M181. Bibl.: Gardelli 1999, pp. 320-322, n. 141. Catalogo Asta Porro & C. n. 26, 16/5/2006, lotto23 CASTELDURANTE, Andrea da Negroponte; sec. XVI, metà (1551). € 20.000 / 25.000
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Il piattello fa parte di un servizio famoso denominato “Ser vizio Sapiens”, di cui si conservano numerosi esemplari, fra cui alcuni datati 1551 (Gardelli 1999, p. 322, nota 1). Tutti sono caratterizzati da uno splendido stemma nobiliare inquartato, con un bellissimo e complesso lambrecchino e un cartiglio con la scritta SAPIENS DOMINABITUR ASTRIS, dalla quale prende nome il pittore denominato appunto “Pittore del Servizio Sapiens”. Gli stilemi di questo artista sono riconoscibili in altre opere, fra le quali una crespina al Museo Civico di Arezzo, rmata Andrea da Negroponte (Fuchs 1993, n.217). L'iconogra a è desunta da una stampa del Caraglio con le “Nozze di Alessandro e Rossane” da disegno di Raffaello, con solo i due personaggi, in un paesaggio campito dallo splendido stemma che riprende una frase dagli “Emblemata” di Andrea Alciati del 1531. Il piattello dalla struttura compositiva equilibrata narra l'evento storico all'interno di una stanza caratterizzata dalla tenda mossa come una vela rigon a.
35 PIATTO
Piatto a larga tesa de uente e profondo cavetto. Maiolica in monocromia blu: tesa con oretto “alla porcellana”; ingiro “a occhi stilizzati”; in cavetto “strumenti musicali”; nel verso, decoro a stelle nell'ingiro e in cavetto; a tondi barrati e monticelli nella tesa. Ø cm.19,5,h.cm 4,5. Cond.: discrete; incollaggi e piccole integrazioni. FAENZA,sec.XVI,metà. € 300 / 400
35
Il piatto rientra nella produzione ceramica faentina del '500 in prevalente monocromia blu ad imitazione della porcellana orientale che giungeva in abbondanza nei porti della Romagna. (Gardelli 1983; Ravanelli Guidotti 1998, pagg.265ss.). Ebbe ampia divulgazione in tutta la regione (Gardelli 1981, F.91-94).
36 CIOTOLA
Ciotola con appoggio incavato. Maiolica decorata all'interno in blu entro cerchi in giallo a “Geometrico orito”; all'esterno segni in blu e nel cavetto la sigla “VR”, monogramma, di Virgiliotto Calamelli.
37 PIATTO
Piatto a larga tesa de uente, piccolo cavetto, appoggio a basso cercine.
Ø cm.11,8; h.cm.5,5.
Maiolica avorio, suddipinta in bianco a leggero rilievo: recto, a decoro “bianco su bianco”; tesa con quattro grandi archi a disegni oreali, intervallati da partizioni geometriche; al centro in rettangolo, la scritta DIANA; verso a calza (tesa) e quadrettato (cavetto) in “bianco su bianco”.
Cond.: discrete; incollaggi con alcune integrazioni.Visibile in cavetto piccola particella di argilla per attacco in cottura con altra maiolica. FAENZA, bottega di Virgiliotto Calamelli, sec. XVI,metà e terzo quarto. € 450 / 500
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Ø cm.21; h.cm.3,5. Cond.: ottime. Prov.: collezione ITALIKA,inv.n.M272.
La ciotola rientra nella produzione ceramica faentina del '500 in prevalente monocromia blu ad imitazione della porcellana orientale che giungeva in abbondanza nei porti della Romagna. (Gardelli 1983; Ravanelli Guidotti 1998, pagg.265ss.). Ebbe ampia divulgazione in tutta la regione (Gardelli 1981, F.91-94).
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Bibl.: Gardelli,,1999, n. 205. Artcurial, Catalogo Asta 15/03/2005, n.59. Piccini 2016, p.26.Gardelli 2016,pp.10-16. ALTO-LAZIO (Viterbo o Acquapendente); sec.XVI,metà. € 8.500 / 9.000
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Il piatto presenta un biscotto molto rosso, che qua e là traspare dalla copertura stannifera di base, ottenuto utilizzando uno stampo con leggerissimo rilievo che offre una nissima super cie per una delicata pittura. Il pennello ha evidenziato il decoro con un solo colore, il bianchetto, che sulla base maiolicata, tendente all'avorio con piccole punte rosate emergenti dal biscotto, crea un grande ore quadripetalo con gli archi a loro volta ripieni di tralci oreali, collegati da gruppi di nissime righine parallele, spartiti da una fascia verticale. Il cavetto, in registro attorniato da tralci oreali, riporta il nome DIANA ed insieme alla pittura assai curata anche nel verso, indica che il piatto faceva parte di una precisa commissione, nella tipologia dei gameli, dedicati alle spose. Rarissima è la classe ceramica a cui appartiene il piatto che si confronta con reperti dal territorio altolaziale, in particolare di Acquapendente (VT).
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38 COPPA
Larga coppa a bordo rialzato su piede sagomato. Maiolica dipinta in policromia. Recto: “Battaglia”; in uno scudo, 1540; verso: “calza”in blu,bianco e giallo di due toni. Ø cm.25; h.cm.6. Cond.: buone; integrazione nel bordo a sinistra. FAENZA, Pittore nella bottega di Baldassarre Manara; 1540. € 18.000 / 20.000 Straordinaria pittura su maiolica riproducente una movimentata “Battaglia di ignudi” entro paesaggio scandito al centro da un albero, che bilancia tutta la composizione. Le gure maschili, in numero di dieci fra combattenti e morti, sono nude ed insieme a tre cavalli formano un incredibile viluppo d'uomini e animali. Domina la scena al centro lo slancio del cavallo di un fantastico colore azzurro, che richiama la fantasiosa cromia nelle tre tavolette di Paolo Uccello, con la “Battaglia di San Romano”, già a Firenze, in Palazzo Medici. E' proprio una di queste, e precisamente quella ora al Louvre, che è alla base della storia descritta nella maiolica. E' il momento dell'arrivo provvidenziale a risolvere la battaglia a favore dei Firenze, di Micheletto Attendolo di Cotignola, cugino del più famoso condottiero Muzio, padre di Francesco Attendolo Sforza, poi duca di Milano. L'episodio, avvenuto il 1 giugno1432, diventato subito famosissimo, tanto da eternarsi nel dipinto di Paolo Uccello, aveva coinvolto un capitano di ventura originario di una località non lontano da Faenza, Cotignola, per cui ebbe un impatto fortissimo in Romagna. Ebbene nella gura centrale si individua il Micheletto della tavoletta di Paolo Uccello, pittore qui ricordato anche nella surreale cromia azzurra del cavallo al centro della composizione, dove il bianco della luce, che ne colpisce la testa, trapassa dolcemente nell'azzurro intenso del corpo. Il maiolicaro dimostra una cultura artistica assai vasta ed articolata. Il primo combattente a destra con il corpo in una estrema tensione è memore diretto di un ignudo di Leonardo per la battaglia di Anghiari, mentre il secondo a sinistra di spalle richiama con evidenza un soldato della battaglia di Cascina di Michelangelo, opere entrambe che allora si potevano agevolmente consultare nei cartoni con i disegni in Firenze. La conoscenza diretta della “Battaglia di Cascina” di Michelangelo, si rivela anche nella seconda gura a sinist ra di un'incredibile torsione ed altrettanto forte è quella del secondo soldato a destra, anch'esso memore del cartone michelangiolesco.
Il pittore sa proporre anche proprie capacità inventive: osservando il prato in basso si nota una testa mozza in una rosa di sangue di incredibile nezza, staccata dal corpo atterrato a sinistra ma sono i ciottoli del prato che intrigano e che per l'spetto quasi spugnoso, ricordano quelli verrocchieschi in “Tobiolo e l'Angelo” del 1475 ca. Se si ruota la coppa, i sassi si trasformano in volti sconvolti; è la medesima terribilità dei visi atterrati che si nota nella “Battaglia con cavallo recalcitrante” di Giulio Romano, incisa da Marco Dente. Per l'individuazione della bottega che ha eseguito questa straordinaria opera, ci aiutano molti riferimenti: la scritta nell'armatura a terra, dipinta quasi sotto la pancia del cavallo in impressionante realismo, presenta la lettera “M” maiuscola che accompagna i numeri 540, quindi il dipinto reca una data alla metà del secolo sedicesimo. La capacità di impaginare una storia così movimentata, in una peculiare cromia disegnativa, trova confronti in tanta parte della produzione della bottega faentina di Baldassarre Manara, maiolicaro documentato in un arco di tempo fra il 1526 e il 1546. In quasi tutte le sue pitture su maiolica, il tappeto erboso presenta lo stesso ductus, soprattutto nei ciottoli antropomor delle gurazioni en plein air; fra gli altri, si veda il piatto rmato con “Scena di Battaglia” al Victoria & Albert Museum di Londra di grande drammaticità (Ravanelli Guidotti 1996, n. 27). Poche in verità sono le maioliche con scene di battaglia uscite dalla sua bottega, dove operavano vari pittori; la presente coppa evidenzia infatti sia la mano del maestro sia quella di altri collaboratori, come avveniva spesso nelle botteghe importanti del tempo (Grigioni 1932). Accanto a particolari propri del maestro, come lo scudo in ovale allungato, qui, come nella coppa con “Orazio Coclite”, del Museo Capodimonte (Ravanelli Guidotti 1996, n.26) si notano invece stilemi di mano meno esperta, ma l'impaginato, la cromia particolarissima, dove predominano i verdi e gli azzurri in varie sfumature, la rappresentazione del tumulto nelle battaglie, i visi dal pro lo delicato dei protagonisti, tutto conduce a Faenza ed all'entourage di Baldassarre Manara, gulo faentino.
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39 VASO A BOCCIA
Vaso a boccia con corpo sferoidale rastremato in alto e in basso, base piatta, bocca stretta su piccolo colletto verticale a bordo diritto. Maiolica dipinta in ricca policromia a tappeto avvolgente, con “Fiori e fogliame” su fondo blu legati da lamenti leggermente graffiti; ai due lati opposti due grandi medaglioni a cartoccio con “San Giovanni Battista”, e “ Volto maschile”. H.cm.30; Ø mx.cm.28. Cond.: molto buone; piccola felure nella parte alta. VENEZIA, bottega di maestro Domenico di Betti;1560ca. € 20.000 / 25.000 La decorazione avvolgente a splendido tappeto orito è peculiare dalla bottega di maestro Domenico di Betti in Venezia, attivo a metà e terzo quarto del '500, dove lavoravano molte maestranze, provenienti da centri diversi, fra i quali numerosa era la colonia durantina; del resto Mastro Domenico aveva sposato la glia di Giacomo da Pesaro, alla cui morte aveva rilevato la orente bottega. La decorazione accessoria appare peculiare di Domenico, ed è immediatamente percepibile. Si tratta di quelle decorazioni che Cipriano Piccolpasso nel suo viaggio in laguna, a metà circa del secolo sedicesimo, de nì “…queste sonno pitture venetiane, cose molto vaghe…” (Piccolpasso 1976, p.207). Foglie e ori, soprattutto margherite, sono legati da sottilissimi lamenti graffiti che fanno risaltare il bianco della maiolica di fondo fra lo splendido blu cobalto, ottenendo un bellissimo effetto, mai altrove raggiunto. Diversa è la struttura pittorica dei medaglioni che quasi sempre appaiono ai due lati opposti, entro cornici a cartoccio. Nel vaso in esame, il medaglione principale reca l'immagine di Santo inginocchiato, con in mano il Croci sso, vestito solo di un perizoma e con accenno di mantello alle spalle. Dipinto quasi in monocromia a leggere pennellate
con buona resa anatomica, ha stilemi vicini al pittore che ha eseguito, su boccia simile della collezione Italika, San Giovanni Battista, visto di tre quarti, attribuito a Baldantonio di Pietro da Lamoli, pittore importante che usava chiamarsi il Solingo Durantino (Gardelli 1999,n. 13). La pittura appare raffinata, con stesura a velature appena chiaroscurate a costruire l'anatomia, in moduli stilistici aggraziati. Dalla parte opposta appare “Busto di uomo con berretto”, dai tratti somatici assai più pronunciati, di un anonimo pittore che si riscontra spesso nelle maioliche uscite dalla bottega di Domenico di Betti (Gardelli 1999, n.15). Nonostante ricca sia la bibliogra a della bottega veneziana di Domenico, non è ancora facile distinguere le mani dei diversi pittori, uniti tutti dal fascino indiscusso della pittura a tappeto orito, avvolgente i medaglioni. Una delle più belle raccolte di questa tipologia di vasi in Italia si trova nel Museo regionale di Messina, dove è presente la boccia datata 1562 (Ascenti 2013, Fig.1). Al Museo delle ceramiche di Faenza, nella donazione Cora, è presente un piatto datato 1568 che riporta anche l'indicazione del luogo dove si trovava la bo t te ga : “ … a l po n / te s e l o d e l ta i a p i ra A pre/so.asanpolo” (Bojani et alii, 1985, n. 805).
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41 SALIERA
Saliera a cubo, in due piani, uniti ai vertici da cariatidi con le ali che si toccano al centro e con quattro lati di sostegno, di cui due opposti a traforo, e gli altri due pieni, recanti medesimo “Stemma nobiliare”con a destra la lettera G e a sinistra la lettera V; in alto incavo per il sale; piedini d'appoggio evidenti. Maiolica compendiaria bianca con Stemma in policromia. H.cm.11,5; Ø cm.11,5. Cond.: buone; qualche sbeccatura nei punti sporgenti. Nell'interno, un cartiglio tondo incollato reca la scritta: Questa / antichità / via Camerana 8 / Torino. Provenienza:Torino,collezione Questa. TORINO, Francesco Gnagni, detto Francesco Durantino; 1575–1578. € 4.000 / 5.000
40 FIASCO
Fiasco (o “boccia”) con corpo ovoide, alto collo con bocca estro essa,stretto appoggio a disco. Maiolica dipinta in policromia, nel frontale entro tondo, con cornice a mensola, gura di “Sant'Andrea”; nel postergale, registri di fantasia. H.cm.31; Øb.cm.10,5. Cond.: ottime. Prov.: ITALIKA,inv.n.M16. Bibl.: Gardelli,1999,n.241. PALERMO, bottega di Cono e Paolo Lazzaro; sec.XVI,primo decennio.
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€ 3.000 / 3.500 Il asco (o bombola) faceva parte di una serie di vasi da spezieria, usciti dalla bottega di Cono e Paolo Lazzaro per le strette somiglianze con uno datato 1608, che presenta Santo Antonio abate, inequivocabilmente prodotto a Palermo per la scritta da sciogliersi in Senatus Populusque Palermitanus (Gardelli 1999, n. 239). Medesimo è infatti l'atteggiamento che ritroviamo nel Sant'Andrea, dalle belle mani affusolate e dal viso disegnato a piccoli tratti, certamente opera di un valente artista. Stessi stilemi si trovano in una serie di vasi da farmacia nel Museo di Palazzo Abatellis
a Palermo, di cui uno rmato “laczre” della ne del '500, ed altri con date dal 1600 al 1605 (Governale 1986 passim; Daidone 2005, nn.1-9). Nel 1607 la bottega fu costretta a chiudere. La decorazione accessoria è diversa per tutti ed è indice della grande fantasia e della capacità disegnativa della bottega Lazzaro nel primo decennio del Seicento. Siamo davanti ad una pittoricità tutta particolare, i cui stilemi si sciolgono dall'imitazione dei modelli continentali e raggiungono una nuova personale ed inconfondibile carica artistica.
La particolare saliera presenta lo Stemma con un leone molto arruffato che, sulla scorta delle lettere ai lati, si individua come appartenente all'araldica dell'antica famiglia nobiliare di Torino, dei Guiscardi, signori di Vische e di altri territori nel torinese, a cui sembra alludere la seconda lettera, la V. Questa tuttavia potrebbe anche indicare il secondo cognome, di cui si fregiava la famiglia, che era Viscardi, oppure l'origine da Vercelli. Il leone era appannaggio di molte altre famiglie, comunque sempre del territorio torinese, da dove proviene la saliera. Il compendiario potrebbe fare pensare ad una produzione faentina, ma è bene ricordare che anche in Urbino si producevano i “bianchi”, legati ad una privativa ducale concessa ai maiolicari dal duca Guidubaldo II della Rovere nel 1552 (Gardelli 1999, p. 297). Inoltre la presenza a Torino di Orazio Fontana nel 1562 - 1564 chiamato da Emanuele Filiberto di Savoia per impiantare una fabbrica di eccellenza, attesta l'input per una produzione elitaria, rinnovata poco dopo da un altro durantino, Francesco Gnagni (o Nanni), che il Piccolpasso, intorno al 1578 / 1579, assicura lavorare a Torino, lì chiamato dal Duca (Campori 1871, pp. 79 – 88; Pesante 2012, passim). Unica testimonianza no ad ora dell'attività del Durantino è una canestrella traforata al modo della presente saliera, datata 1577 e con la scritta “fata in Torino adi 12 di settembre 1577”, ora nel Museo Civico, per lascito d'Azeglio. La saliera stemmata dalla forma complessa, in un tardo manierismo già anticipatore dell'imminente barocco, appare una rilevante testimonianza della produzione di grande livello artistico nellaTorino del Cinquecento.
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43 PIATTO
Piatto a tesa e basso cavetto. Maiolica dipinta in blu e giallo, in stile “Geometrico orito”evoluto. Ø cm.17; h.2,5. Cond.: Incollaggi e piccole integrazioni.Visibile in cavetto piccola particella di argilla per attacco in cottura con altra maiolica. Cfr.: Gardelli 1983; Ravanelli Guidotti 1998, pagg.402 ss.. FAENZA,sec.XVI,2a metà. € 300 / 400
43 42
44 PIATTO
Piatto a larga tesa e basso cavetto. 42 VERSATOI
Due versatoi a corpo ovoide, alto collo estro esso, bocca ingrossata, su stretto piede ad alto collo, e appoggio a disco; manico a largo nastro da collo a metà pancia. Maiolica dipinta in policromia: decoro avvolgente con fascia robbiana ai lati del manico, decorato in giallo con Emblema della farmacia; a metà pancia cartiglio con scritta farmaceutica; nel restante corpo decoro miniaturistico in blu. Scritte: in una, S DI SVCCO DI LIMONE; nell'altra S DI SUGO DI ACETOSA H.cm.24,5 ; Øb.cm.12. Cond.: ottime. CASTELDURANTE; sec. XVI, ultimi decenni. € 8.000 / 10.000
I due versatoi, di grande bellezza e di notevole impatto visivo, trovano corrispondenze con la produzione del tardo Cinquecento a Casteldurante (Urbania) nelle botteghe sia dei Superchina che dei Picchi; la decorazione mantiene inserti di ricordi robbiani e dell'antica miniatura, secondo una modulazione stilistica che si ritrova nel territorio fra Marche ed Umbria. Tuttavia la forma sia del corpo che del manico a larga fascia rientra nella produzione più prettamente durantina. L'emblema della spezieria di consueto veniva inserita nel manico, ma spesso, come in questo caso, è di difficile attribuzione (Fiocco – Gherardi 1997, n.21). Infatti molte erano le commissioni che giungevano alle manifatture locali, anche da luoghi molto lontani, come dimostrano le ordinazioni cinquecentesche alle manifatture di Urbino e di Casteldurante per farmacie palermitane (Gardelli 2014).
Maiolica in cromia blu a contorni in giallo, con decoro a “graticcio losangato”; nel verso righe casuali e al centro rma del pittore,“R (P?)”.
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Ø cm.17. Cond.: discrete; incollaggi e piccole integrazioni. FAENZA,sec.XVI,2a metà. € 200 / 300 Interessante è la sigla con cui si rma il pittore, ancora da individuare all'interno delle numerose maestranze maiolicare. Una “P” potrebbe indicare la bottega dei Pirotti, la “Cà Pirota”. La decorazione è una evoluzione della “porcellana” in forme geometrizzanti corsive e più veloci, ma sempre in prevalente cromia blu, con contorni e qualche sfumatura sotto tono in giallo. Fu una produzione assai abbondante su ciotole e piattelli, ma anche in forme più grandi, come albarelli e boccali. E' anche chiamata “geometrico orito” (Gardelli 1983; Ravanelli Guidotti 1998, pagg.402 ss.).
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45 ALBARELLO
Albarello a corpo rastremato al centro, spalla de uente,bocca ingrossata. Maiolica dipinta in policromia: nel collo, serpentine e monticelli, nel frontale, “Pro lo maschile” fra fasce ad ovuli; al di sotto in cartiglio, R[…]ROSMARINO; nel postergale, rameggi a volute.
46 PIATTO
Piatto a larga tesa de uente, ampio e fondo cavetto con ingiro arrotondato, appoggio a largo cercine poco rilevato.
H.cm.16; Ø b.cm.8. Cond.: buone; piccola abrasione nello smalto alla base. CASTELLI, bottega Pompei; sec. XVI, ultimi decenni. € 2.000 / 2.500 L'albarello, di dimensioni contenute, appartiene alla tipologia ceramica denominata “Orsini Colonna”, resa nota dalla mostra di Pescara del 1989, che assegnò de nitivamente al centro di Castelli una produzione assai particolare di maioliche da farmacia, no ad allora assegnata a Faenza (Aa. Vv. 1989). Nel presente albarello, il
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frontale presenta in cromia molto ricca una gura maschile, barbuta, con i capelli biondi ad onde, ciuffo sulla fronte, colletto ricamato, che balza entro paesaggio; essa si apparenta a tante altre della medesima serie, ispirata ad incisioni di origine tedesca e luterana (Gardelli 1989, p. 430). Il postergale è illeggiadrito da volute blu su bianco di fondo; in basso, vari decori di fantasia segnano l'inizio del cartiglio con l'indicazione del contenuto farmaceutico.
Maiolica totalmente dipinta in turchino, e nel recto ad oro e con bianco solo nello Stemma; nella tesa,fascia di ori a quattro petali dai bordi seghettati, legati da un particolare nastro romboidale di grande fascino e bellezza; nel cavetto “Stemma Farnese” sormontato da un cappello cardinalizio, riferito al cardinale Alessandro Farnese. Ø cm.24. Cond.: buone; tracce di lature nel bordo. Castelli,sec.XVI,seconda metà. € 10.000 /12.000
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Il piatto appartiene ad un grande produzione cinquecentesca realizzata per i Farnese, di cui molti esemplari sono sparsi oggi in varie collezioni pubbliche e private (Aa.Vv. 1993, passim). Fu commissionata dal cardinale Alessandro Farnese, probabilmente già dal 1574, come si legge in alcune maioliche, e no al 1589, data della sua morte. Nel Museo di Capodimonte esiste una grande raccolta, formata da 72 maioliche, nucleo qui pervenuto nel 1957 fra gli oggetti rari e preziosi (sale 13,14) dalla “Galleria delle cose rare”, che era stata creata da Ranuccio Farnese (1630 -1694) in Parma, nel Palazzo della Pilotta.Tutti gli esemplari fanno parte della stessa tipologia, de nita delle “turchine” con stemma centrale Farnese; presenta diverse varianti soprattutto nella fascia che decora la tesa. Nel piatto in esame essa trova confronti in uno della raccolta Principe Giovanni del Drago in Bolsena (Aa.Vv. 1993, n. 55), in un esemplare edito da Rackham nel 1940 (n. 1220) ed anche in Castelli 1989 (n.532). Durante i lavori di restauro nel Palazzo ducale di Urbino negli anni 1983-1985, dalla sottoscritta sono stati trovati lacerti di una crespina turchina giunta in Urbino per la duchessa Vittoria Farnese, moglie di Guidubado II della Rovere (Gardelli 1985, scheda 2.20 e in Aa.Vv. 1993, scheda 59).
IL SEICENTO la ceramica fra Manierismo e Barocco
47 PIATTO
Piatto a stretta tesa, ampia parete, piccolo cavetto. Maiolica dipinta in monocromia giallo-oro con qualche tocco di azzurro, decorata a tutto campo con “raffaellesca”; in cavetto, “Amorino incedente”in paesaggio. Ø cm.45. Cond.: discrete; latura e piccoli incollaggi a destra. ANVERSA, bottega di Guido Andriesz, dei Savini da Casteldurante; sec. XVII, primo quarto. € 6.000 / 8.000
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Il piatto di notevoli dimensioni è di grande bellezza ed interesse. Esso si colloca nella produzione di una bottega aperta nelle Fiandre da un esponente della famiglia dei Savini di Casteldurante, di nome Guido, emigrato nel 1508 nei Paesi Bassi per impiantarvi una fabbrica.Testimonianza della sua fortuna è un documento del 1526 con cui Guido invia da Anversa denaro al padre rimasto in patria (Leonardi 1982, p. 166). Sappiamo che in seguito prenderà il cognome di Andriesz e morirà nel 1570, lasciando la bottega ai gli (Nicaise 1934, passim). Il piatto rivela contatti ancora molto stretti con la produzione urbinate e durantina fra la ne del '500 ed i primi del Seicento, improntata alla diffusione dello stile “alla raffaellesca”, derivata dalle pitture dell'Urbinate nelle stanze del Vaticano, a loro volta legate alle “grottesche” della domus aurea romana (Gardelli 1991, passim). Peculiari della bottega Andriesz sono la cromia di un giallo delicato e la predilezione per una decorazione curatissima con una simbologia quasi criptogra ca, tutta da scoprire. Infatti il piatto ad una attenta osservazione rivela di appartenere alla tipologia dei “gamelii”, o piatti nuziali. In alto nella parete una bella cornucopia, simbolo di felicità e augurio di fertilità, lega un uomo ed una donna, mentre tutto intorno festoni, nastri, cornucopie si alternano a fogliame, in orescenze e mitiche gurette danzanti. Al centro “Amore alato” incede recando un contenitore cilindrico, forse per conservare le pergamene con i patti nuziali. Il piatto trova rispondenze in altre maioliche in diversi musei europei (Londra, VAM; Sèvres) ma anche in patria non mancano esempi; si vedano due belle maioliche nel museo di Kortrijk, dove le decorazioni pittoriche sono del tutto simili (Pauwels – Van Hoonacker, 1981,nn. 224 – 225).
48 PIATTO
Piatto a larga tesa ed ampio cavetto. Maiolica dipinta in policromia con sopratocchi ad oro: recto, tesa a “Tralcio orito abitato”; cavetto con “Scena di genere”; verso,anepigrafo. Ø cm.25. Cond.: ottime. CAST ELLI, Car lo Antonio Gr ue; 1673 - 1675. € 12.000 / 15.000
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Il piatto, dalla struttura serrata, presenta una tesa con tralcio orito in ampie e ricche volute, abitato da uccelli e fanciulli ignudi e al centro una scena di genere, con venditore di strada che tiene la gerla sulla spalla; acquirenti reggono aschi, o pagano la moneta dalla scarsella. La cromia molto delicata, basata sull'azzurro, sul verde e sul giallo, è arricchita dai sopratocchi in oro di grande qualità. La gurazione ricorre nel repertorio culturale di Carlo Antonio Grue nel suo periodo giovanile, quando era ancora in collaborazione con il padre Francesco. Si veda un piatto, a Milano in collezione privata, con uguale gurazione centrale, ma con tesa meno ricca, assegnato all'attività giovanile di Carlo Antonio (Arbace 2002, g.53). Si avvertono corrispondenze anche in un piatto con “Viandanti in sosta” del medesimo repertorio, vicino ai moduli stilistici di Jacopo da Bassano, e incisioni del Sadeler (Paparella Treccia 1995, Fig.5c). Il piatto va dunque assegnato agli anni '70 del Seicento ed alla mano di Carlo Antonio Grue in Castelli.
49 BACILE E VERSATOIO
Grande bacile a forma di arcella e versatoio. Arcella: corpo con strette costolature in rilievo, che si allargano a ventaglio da una piccola base ripiegata; bordi ingrossati, appoggio ad anello estro esso rilevato, con piccoli rilievi nella stretta fascia. Versatoio: parte inferiore a rigon amenti ovoidi sotto la carenatura, da cui si alza il corpo con cordonature rilevate; manico ad anello ad “S” con borchietta centrale, e all'opposto, ampio versatore elevato; stretto collo del piede con alta base estro essa a cupoletta. Maiolica di grande leggerezza, azzurrina dipinta in policromia e ad oro. Arcella: nel vertice interno di base ripiegato, mazzetto di ori; ai lati due piccole parti concave dipinte a conchiglia; nelle costolature interne rameggi oriti policromi alternati a rameggi rocaille in oro, separati da strisce puntinate in azzurro; all'esterno decori vari in bianchetto. Versatoio: maiolica azzurrina decorata come nel bacile ad alternanza di rameggi oriti policromi e rocaille in oro. Arcella: cm. 30 x 31; Ø piede cm. 12,5. Versatoio: h.cm.18. Cond.: molto buone; nel bacile incrinatura e piccola sbeccatura. PAVIA; sec.XVII. € 12.000/15.000 Bellissimo e molto raro ensemble, no ad ora non presente in questa qualità nelle raccolte museali e nella letteratura, realizzato in una manifattura di grande eccellenza per capacità tecnica, per decorazione, per gusto cromatico, per uso abbondante dell'oro, con un fantastico ed affascinante effetto visivo. Questa tipologia, un tempo attribuita a fabbriche di Angarano, oggi, in base a ritrovamenti archeologici e a ricerche d'archivio, si assegna a Pavia (Pellizzoni – Forni, Milano 1997).
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50 OVALE IN TERRACOTTA
Ovale in terracotta ad altorilievo con la “Sacra Famiglia”, inserita nell'Ottocento in cornice lignea ottagonale nera con fascia color oro, che attornia una larga fascia in pastiglia nera ad imitazione di una muratura, con scritta color oro a leggero rilievo: “Tomaso Amantini 1600 anno fece”. Recto: Madonna con in braccio il bambino, a sinistra S. Anna e a destra San Giuseppe; in alto tre angioletti in diversa posa; nel verso la scritta in leggero graffito prima di cottura: “Tomasso Amantini / d'Vrbania F 1600 / ne largila. [la data è stata graffita posteriormente]. Terracotta: cm.16 x 14; h. cm. 3; cornice: cm. 31,5 x 29,5. Cond: ottime; nel verso minima mancanza nel biscotto. URBANIA, scultore,Tomasso Amantini; sec. XVII,metà e terzo quarto. € 12.000 / 15.000
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50
Rarissima opera in terracotta rmata dallo scultore Tomasso Amantini (Urbania, 1625 – 1675), il quale, tenuta per alcuni anni vaseria in patria, emigrò a Roma dove lavorò presso Ercole Ferrara in scultura, particolarmente di stucco, come di moda al suo tempo. Tornato in Urbania, ha lasciato in chiese marchigiane molte opere importanti, quasi tutte in stucco.Tuttavia, data la precedente esperienza come vasaio, ha lavorato anche in terracotta, seppure in minor numero di esemplari. E' quindi assai interessante l'ovale con la “Sacra famiglia”, che possiamo ipotizzare, con qualche attendibilità, essere stata mostrata nel 1675 in Urbino ai confratelli della Compagnia del SS. Croci sso detta "della Grotta", che desideravano un bassorilievo in terracotta con una “Natività”; ma l'artista non poté portarlo a compimento, essendo morto poco dopo. Anche se la “Sacra Famiglia” si discosta, seppure non troppo, dalla “Natività”, secondo la tradizione antica, il presente può considerarsi come esempio mostrato per questa ordinazione. La tradizione della terracotta nel territorio urbinate è di antica data, e la scultura, dell'Amantini, tanto desiderata, sarebbe stata unita ad altre opere importanti in terracotta, che ancora oggi si ammirano nell'oratorio della Grotta. Citiamo il “Compianto” a gure intere della bottega riminese di Benedetto Coda fra '400 e '500 (Pasini 2015, pp. 34-37). L'importanza dell'ovale dell'Amantini oltre che per la bellezza e la perfezione scultorea, è data anche dalla rma autografa nel retro. Probabilmente nell'Ottocento, persa la memoria esatta della data di nascita dell'artista, sempre noto ed ammirato come scultore, qualcuno pensò di salvare l'opera immettendola in una cornice, segnando il nome dell'autore, ma graffiando nel retro la data “1600” per indicare complessivamente il secolo in cui operò.
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51 PIATTO
Piatto a tesa con decorazione a doppio tralcio tomorfo; in cavetto, entro nuvolette, “Cristo in croce”. Maiolica dipinta in blu su bianco avorio di fondo; due frecce a puntini in rosso a rilievo (bolo armeno) indicano il sangue che sgorga dalle mani e un doppio otto di sangue dal costato. In alto entro rettangolo,INRI. Ø cm.22,7.
Rarissimo piatto olandese a simbologia religiosa con la “Croci ssione di Cristo”, isolata in una atmosfera rarefatta, giocata sul blu a larghe pennellate, con incredibili perlinature a bolo in rilievo per indicare il sangue. Si conoscono pochissimi esemplari del Nord Olanda con la Passio Christi, ma senza il particolare delle scie di sangue e sempre con accanto le due Marie, come i due esemplari nel museo di Kortijk (PauwelsVan Hoonacker 1981, nn.498, 596).
Cond.: ottime; ritiro di smalto in cottura nel verso. Provenienza: Parigi, Le Louvre des Antiquaires, Geraldine Antiquitès,1997. DELFT; secc.XVII - XVIII. € 3.000 - 4.000
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53 ALBARELLO
Albarello a spalla arrotondata sporgente, bocca ingrossata,corpo rastremato verso il basso. Maiolica dipinta in bicromia blu e giallo su super cie bianco latteo: nel frontale,“Uccellino con nel becco un ramoscello” che poggia su cartiglio arricciato con scritta AVE GRAZIA; al di sotto, AQUA DE MELE. Nel postergale nella spalla in blu lettera “T”attraversata da due bastoni incrociati (?); al centro la data 1672. H.cm.16; Ø b.cm.9. Cond.: discrete; qualche incollaggio. TORRE DEI PASSERI, bottega di Paolo Fraticelli (?),1672. € 2.500 / 3.000
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54 PIATTO
Piatto a tesa convergente con orlo sagomato, ed ampio cavetto.
Il bellissimo albarello, dalla forma propria del periodo barocco, presenta una decorazione in cromia assai delicata con un uccellino che tiene nel becco un ramoscello e poggia le zampette su cartiglio con scritta religiosa, sopra quella farmaceutica. Nel postergale, sul bianco che avvolge la super cie spicca in blu la lettera “T” con due bastoni (penne ?) che, insieme all'uccellino potrebbero indicare il luogo della manifattura, la città abruzzese di “Torre dei Passeri”, dove emigrarono da Castelli alcuni ceramisti. La data 1672 potrebbe riferirsi alla manifattura di Paolo Fraticelli, presente a Torre già nel 1665, secondo recenti ricerche archeologiche e documentarie (Troiano 2004, nota 17; Troiano - Verrocchio 2002, passim).
Maiolica azzurrina dipinta in blu cobalto con “Fanciullo che suona il corno” entro nuvolette; tralcio tomorfo in tesa. Ø cm.20. 52 GRANDE PIATTO
Grande piatto a stretta tesa in aggetto su ampia parete baccellata con cavetto a umbone. Maiolica dipinta a tutto campo in policromia: “San Nicola salva i bambini dalla salamoia”, entro paesaggio con vedute urbane e a destra grande arco su pilastri; a sinistra un angelo indica l'evento prodigioso del santo Vescovo; una decorazione oreale completa il quadro. Ø cm.44; h.cm.5. Cond.: ottime. DERUTA, Maestro del San Nicola; sec. XVII, metà. € 8.000 – 10.000
Cond.: ottime.
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Piatto di grande fascino per la splendida forma baccellata, la misura considerevole, e soprattutto per il dipinto dalla narrazione complessa, con un forte impatto visivo. Da notare il pastorale del vescovo desinente a ore e la grande capacità dell'artista di impaginare una storia in una forma baccellata a rilievo, senza impedirne l'esatta lettura. Alcuni stilemi, come nella tesa il cielo dipinto in azzurro con larghe pennellate, i pilastri, la cromia delicata, il gusto di impaginare a tutto campo un evento, si trovano in maioliche di Deruta del '600, realizzate tuttavia da maestri diversi, ma operanti forse in u n a me d e si ma ma n i f a t t u ra no n anc o ra individuata. Si confronta con maioliche nel Museo regionale di Deruta, edite nel Catalogo della mostra di Spoleto del 1980, pagg. 119, 129; si veda anche Fiocco – Gherardi 1988, n.106.
SAVONA O ALBISSOLA; secc. XVII, ne – XVIII,inizi. € 500 – 600 Il piatto reca una piacevole decorazione ottenuta a linea di contorno e sapienti pennellate in blu sul bianco azzurrato del fondo, dove il putto disteso nel cielo su nuvole a suonare un curioso corno fra volo di uccellini, occupa tutta la scena; nella tesa in basso un ricco decoro a fogliame simboleggia la terra. Il verso, con appoggio a largo cercine, è dipinto in maiolica azzurrata. Pur senza marca, si inserisce nel lone della ceramica bianco-blu ligure, in particolare di Savona, nel periodo di ne '600, quando i putti distesi decorano gran parte della produzione ligure (Farris- Storme 1982, passim; Cameirana 1989, n.12).
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55 ALBARELLO
Albarello cilindrico rastremato con carenature, spalla de uente,bocca espansa. Maiolica dipinta in policromia: nel frontale, fra registri a nastro, entro cornice a mensola “Busto femminile”; nel postergale trofei tardi alla romana e tavoletta iscritta: SPQP / 1616. H.cm.22; Øb.cm.10,5. Cond.: ottime. Prov.: collezione ITALIKA,inv.n.M38. Bibl.: Gardelli,1999,n.244. PALERMO,Andrea Pantaleo; 1616. € 1.200 / 1.600
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L'albarello presenta decorazione con trofei di tradizione durantina ma in forma “alla romana attardata”, ed appartiene ad un pittore operante già nella famosa bottega palermitana dei Lazzaro, poi alla chiusura di questa presso la manifattura Oliva – Lazzaro, retta dal più giovane della famiglia,, Paolo. Qui è certa la presenza di Andrea Pantaleo, al quale va attribuita questa maiolica per i tratti caratteristici della sua pittura: la gra a dei volti con ampie zone a larghe pennellate, i pro li a naso prominente e bocca a taglio obliquo; suo è anche il modo di utilizzare pennellate parallele per ottenere sul bianco di fondo la veste dei personaggi. Tutti questi elementi pittorici e disegnativi trovano precisi riscontri in ceramiche da lui rmate dal 1611 al 1617 (Governale 1986, n. 145; Daidone, nn. 10 - 15). La sua attività all'interno della bottega sarebbe dunque presente no al 1617, e forse anche un poco oltre (Agnellini 1992, p. 128).
56 ALBARELLO
Albarello cilindrico rastremato con carenature, spalla de uente bocca espansa. Maiolica dipinta in policromia: nel frontale, fra registri a nastro, entro cornice a mensola “Busto maschile”; nel postergale trofei tardi alla romana e tavoletta iscritta: SPQP.
57 FIASCO
Fiasco (o “boccia”) con corpo ovoide su stretto piede estro esso con anello, breve collo e bocca espansa arrotondata.
H.cm.22; Øb.cm.10.
Maiolica dipinta in policromia con decorazione avvolgente; nella spalla cartiglio con scritta; nel frontale, entro scudetto con cornice a ricci, trigramma cristologico; nel postergale serie concatenata e molto stilizzata a occhio di penna di pavone; in alto righe blu e in basso fascia punteggiata.
Cond.: ottime. Prov.: collezione ITALIKA,inv.n.M30. Bibl.: Gardelli,1999,n.245. PALERMO,Andrea Pantaleo,1611-1617. € 1.200 / 1.800
Scritte: in cartiglio CITONATA; in scudetto IHS. H.cm.32; Øb.cm.10,5.
L'albarello presenta decorazione con trofei di tradizione durantina ma in forma “alla romana attardata”, ed appartiene ad un pittore già operante nella famosa bottega palermitana dei Lazzaro, passato poi a quella Oliva-Lazzaro, al seguito del giovane Paolo dei Lazzaro. Infatti è certa la presenza di Andrea Pantaleo, al quale va attribuita questa maiolica per i tratti caratteristici della sua pittura: la gra a dei volti con ampie zone a larghe pennellate, i pro li a naso prominente e bocca a taglio obliquo; suo è anche il modo di utilizzare pennellate parallele per ottenere sul bianco di fondo la veste dei personaggi.Tutti questi elementi pittorici e disegnativi trovano precisi riscontri nelle ceramiche da lui rmate dal 1611 al 1617 (Governale 1986, n. 145; Daidone 2005, nn. 10 - 15 ).
Cond.: ottime. Prov.: Palermo, collezione Antonello Governale; collezione ITALIKA: inv.n.M08. Bibl.: Catalogo Asta Seidita, Palermo Palazzo Tagliavia, 17/12/ 1980, g.331. Gardelli, 1999, n.250. TRAPANI,sec.XVII,seconda metà. 56
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€ 4.500 / 5.000
57
Il asco è un interessante esempio della produzione trapanese, dove il decoro avvolge tutto il corpo con notevole vivacità, in moduli di tipo classicheggiante, che richiamano, rinnovandoli in maniera moderna, l'antica penna di pavone. Essa viene delimitata nel collo del piede da un garbato registro a volute che ricorda una pagina miniata. Particolare è anche la forma con pancia sferoidale che si innesta sulla cordonatura di uno stretto ed alto piede, denominata in ambito locale “burnia a piro” (Governale 1990, n.70, pro lo n.40). La decorazione, che accoglie nel frontale il simbolo cristologico entro tondo complesso, quasi in forma araldica, esaspera lo stilema classico a penna di pavone, riducendolo a piccoli ventaglietti che si rincorrono a fasce con bell'effetto visivo.
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IL SETTECENTO la ceramica mitteleuropea
59 BOCCALE
Boccale a corpo sferico, alto collo svasato con bocca trilobata,appoggio a disco. Maiolica dipinta in cromia marrone: nel frontale “Stemma” coronato con le lettere P P; al di sotto la data 1735. H.cm.18,5; Ø appoggio cm.7,5. Cond.: buone
58 VERSATOIO
TORRE DEI PASSERI, bottega di Lorenzo Pompei; 1735.
Alto versatoio modanato, bocca con orlature, costolature nel corpo, manico a bastoncino con rigon o centrale,alto piede a tromba.
€ 1.000 / 1.200
Maiolica decorata su smalto latteo in monocromia verde; al centro mazzo orito con margheritine e foglie lanceolate; nell'orlatura sotto bocca e nel piede a tromba,registro a rametti fogliati correnti. H.cm.21,5. Cond.: ottime. Bibl.: Gardelli 2016, pp.80 - 81. NAPOLI,Saverio Grue sec.XVIII,seconda metà. € 1.200 / 1.500
58
80
Il versatoio, mutuato da prototipi metallici, trova riscontri di forma e di decoro in maioliche del tardo Settecento, generalmente attribuite a Gesualdo Fuina, od anche alla bottega De Martinis (V. de Pompeis, 2001, pp. 154, 157).Tuttavia, ad una ricerca accurata, questa bella maiolica è da attribuire alla mano di Saverio Grue (1731- 1799ca). Infatti il grande mazzo di margherite dalle lunghe ed avvolgenti foglie lanceolate, in cui l'artista utilizza un verde tenero particolarissimo, trova precisi riscontri in un albarello della Collezione Tondolo, dove pianticelle orite fanno da bellissima cornice all'immagine di un personaggio con grande parrucca a boccoli. L'albarello, esposto nella Mostra di Teramo nel 2004, si trova inserito pienamente nel catalogo di Saverio Grue (Proterra 2004, n. 155). Lo stesso verde, tanto peculiare di Saverio, si trova spesso associato ad un giallo dorato, colori entrambi addolciti in delicate sfumature, come nel vaso biansato del Museo Aboca, in Borgo San Sepolcro (Proterra 2004, n. 149). Interessante è annotare come già Concezio Rosa nel 1857, confermato un secolo più tardi dalle ricerche di Guido Donatone (Donatone 1988, pp.73-74) riteneva il Fuina discepolo ed erede della pittura di eleganza straordinaria di Saverio Grue, dopo il 1756, prima che l'artista si dedicasse alla porcellana nella Fabbrica reale di Napoli. La cultura mitteleuropea espressa dal versatoio è indice del nuovo corso della pittura ceramica settecentesca, che Saverio annotò ed apprese nei suoi viaggi all'estero.
59
A Torre dei Passeri si trasferì da Castelli Lorenzo della famiglia Pompei, per avere sposato Cecilia de Florentis del luogo; qui nel 1690 aprì una manifattura ceramica, che attraverso varie generazioni ha lavorato almeno no al 1780, con una produzione di buon livello; di recente riscoperta, oggi gode di bibliogra a interessante. Lo stemma è un po' di fantasia, modellato vagamente sullo Stemma Medici, sormontata da una corona; è questo uno stilema particolare che si trova anche in altre maioliche, talora anche da solo, quasi a divenire un emblema di manifattura (Franceschillis – de Pompeis 1974, g.21; Aa.Vv., 1994 -1996, g.59,60).
60 VASSOIO
Vassoio a forma ovale con piccola parete ad orlo sagomato. Maiolica dipinta in policromia con “Mazzetti oreali sparsi e insetto”; nell'orlo, linea verde intervallata da decori di tipologia barocchetto in rosso. Nell'orlo esterno in nero lettere “VP”, rma in monogramma della manifattura “Veuve Perrin” in Marsiglia. Si confronta con maioliche della collezione del Museée Cantini, a Marsiglia (Aa Vv, 1991, p. 102-105). Cm. 32 x 23. Cond.: molto buone; incollaggio. MARSIGLIA, Manifattura Veuve Perrin; 1760 - 70. € 600 / 800
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63 ALBARELLO
Albarello cilindrico rastremato al centro. 61 PIATTO
Maiolica dipinta in monocromia blu a “Tappeto a girali fogliati”avvolgente.
Piatto a tesa convergente,ed ampio cavetto.
H.cm.17,5; Ø b.cm.10.
Maiolica decorata in tricromia, con “Mazzo oreale” in cavetto e a righe verticali in tesa. Da notare nei ori pennellate a rilievo.
Cond.: ottime. TORRE DEI PASSERI, bottega Pompei; sec.XVIII.
Ø cm.22,5. Cond.: ottime.
€ 1.000 / 1.500 STRASBURGO, manifattura di Hannong (?); 1770 ca.
L'albarello appartiene, come il precedente, alla produzione della bottega Pompei aperta nel Settecento a Torre dei Passeri, con l'arrivo da Castelli di un membro della famosa famiglia castellana, discendenti da Orazio. Lorenzo, trasferitosi intorno al 1690 a Torre in seguito al matrimonio con la torrese Cecilia de Florentis. Incontrò subito fortuna, distinguendosi per una produzione assai varia, policroma, ma anche in blu, soprattutto negli albarelli, con decoro a piccoli fogliette, versione tarda ma non priva di grazia, dell'antica “alla porcellana”. Si confronta con maioliche p r o ve n i e n t i d a l l a f o r n a c e Po m pe i a To r r e (Franceschilli – de Pompeis 1991, Tav.29; C. e E de Pompeis 1991, gg.88,89). Un albarello in simile versione decorativa si trova anche nella collezione Doria Pamphilj (Roseo 1995, g.26).
€ 200 / 300
63
61
64 STATUA
Madonna col Bambino. Statua in terracotta colorata; nella parte posteriore, nel mantello, rettangolo in riserva con la scritta : 1783 / Nus […]; al di sotto in cartiglio più recente :“R [restauro?] 1849”.
62 ALBARELLO
Albarello cilindrico rastremato al centro. Maiolica dipinta in bicromia: fra collo e spalla fascia a “S” in giallo, nel corpo, “tappeto a girali fogliati” avvolgente, in blu su fondo bianco. In basso scritta farmaceutica: A Q DE SIDRO.
H.cm.48.
H.cm.13,5; Ø b.cm.9,5.Cond.: ottime.
BOLOGNA o CENTO, scultore Cesare Tiazzi,1783.
TORRE DEI PASSERI, bottega Pompei; sec.XVIII.
€ 1.200 / 1.500
Cond.: molto buone; il Bimbo manca di parte di un braccino.
€ 1.000 / 1.500 L'albarello appartiene alla produzione della bottega Pompei aperta nel Settecento a Torre dei Passeri, con l'arrivo da Castelli di un membro della famosa famiglia castellana, discendenti da Orazio. Lorenzo, trasferitosi intorno al 1690 a Torre in seguito al matrimonio con la torrese Cecilia de Florentis, incontrò subito fortuna, distinguendosi per una produzione assai varia, policroma, ma anche in blu, soprattutto negli albarelli, con decoro a piccoli fogliette, versione tarda m non priva di grazia, dell'antica “alla porcellana”. Si confronta con maioliche provenienti dalla fornace Pompei a Torre (Franceschilli – de Pompeis 1991,Tav.29; C. e E de Pompeis 1991, gg.88,89). Un albarello in simile versione decorativa si trova anche nella collezione Doria Pamphilj (Roseo 1995, g.26).
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62
La Madonna stante guarda davanti a sé, con atteggiamento ero ma nel contempo sorridente, mostrando Gesù Bambino. Ha il capo coperto da un drappo bianco, che scende alle spalle e si avvolge sul davanti; l'abito è rosso con sopra un ampio mantello blu, che appare trattenuto dalla Madre nel sorreggere il Bimbo. Nella parte posteriore, il manto colorato in blu scende a terra all'infuori di una riserva in biscotto, dove l'artista ha indicato la data 1783 ed una scritta oggi di difficile lettura. Subito al di sotto, in un rettangolo ottenuto sul biscotto, quasi un secolo dopo, per indicare un restauro, appare una R e la data 1849. Il Bambino nudo, dai lineamenti simili alla Madre, si sporge verso il pubblico, quasi per sfuggire all'abbraccio. La statua, assai rara, si colloca nella produzione di terrecotte devozionali realizzate nel Settecento a Bologna e vari centri dell'Emilia; è recente la riscoperta di un artista nativo di Cento (BO), molto dotato, ma dimenticato nel tempo, in quanto realizzava statuaria per proprio diletto, donandola agli amici, e quindi non presente sul mercato. La mostra del 2012 alla Pinacoteca civica “Il Guercino” di Cento ha fatto conoscere Tesare Tiazzi (1743 -1809), di antica e nobile famiglia centese, plasticatore attento all'arte del suo tempo, vicino ai modi del suo compaesano Guercino. La statua trova confronti diretti con la Madonna della bella “Pietà” in terracotta del Tiazzi, ora nella Pinacoteca di Cento, con la quale ha in comune la cromia, le vesti, i caratteri del viso esprimente una in nita dolcezza, donando alla statua un grande fascino (Aa.Vv. 2012, g. 6)
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65 MOSAICO PAVIMENTALE
Mosaico pavimentale formato da mattonelle quadrate in terracotta maiolicata. Biscotto appena rosato con super cie schiarita; argilla dura e compatta ma con qualche presenza di vuoti da calcinelli. Maiolica di notevole spessore e ottima qualità, di colore bianco-grigio, dipinta in policromia a tinte leggermente smorzate: violetto di manganese chiaro e scuro, verde-oliva, giallo chiaro e scuro, azzurro-cilestrino. Verso: nudo con super cie schiarita; ogni piastrella presenta una numerazione coeva a settori a pennello nero; al di sopra una moderna progressiva è tracciata in bianco; presenza di scolature e gocce di maiolica bianca. Dimensioni: mattonelle quadrate, in numero di 1298,lato di cm.21,5 ; <cm.2,2>. Dimensioni attuali del mosaico: rettangolo di m.11,85 x 5,30; super cie coperta mq.62,50. Cond: ottime. TL. Bari, Centro studi di Radioattività e Radioecologia, prot. n. 112CSRR/94, del 20/01/1994: 1747 – 1757 Bibl.: Gardelli 1994,pp.26 – 31. NAPOLI, manifattura locale su modello vanvitelliano; Berardino Gentili, pittore della gurazione istoriata; decoratori anonimi di bottega; sec.XVIII,quinto-sesto decennio. € 250.000 / 300.000 La gurazione mosaicale si dispiega in un grande rettangolo, che presenta un largo bordo scandito a sua volta da rettangoli e quadrati dipinti, orlati a l l ' e s te r n o d a u n a p i c c o l a f a s c i a “a marmorizzazione" verde, mancante nei lati corti. All'interno, in monocromo di manganese sul bianco leggermente iscurito, sopra e sotto l'emblema istoriato, appare un vaso dalla forma complessa, adorno di nastro trattenuto da tre mascheroncini, in tipologia classica, quale si amava riprodurre anche nella porcellana alla Pompadour, a Sèvres nel Settecento. Lo attornia una meravigliosa e leggiadra cornice a ricci in volute tomorfe. Al centro 1'"emblema", raffigurato in un ottagono irregolare, è inserito a sua volta in un rettangolo orlato dal fregio in manganese, scandito da rettangoli e quadrati dipinti, simile al bordo. La "mostra istoriata" ha una orlatura a perlinatura e ovoli di gusto classico e rinascimentale, ma ripreso anche dallo stile neoclassico, dipinta in giallo oro. Al centro in verde- oliva, giallo-oro con sopratocchi, e
azzurro-chiaro tendente al cilestrino è riprodotta la scena biblica di "Susanna al bagno e i vecchioni". La super cie maiolicata non presentando tracce d'usura conseguenti ad un calpestio, suggerisce che il mosaico fosse destinato ad una grande vasca da giardino, quali erano di moda negli immensi parchi delle ville settecentesche. Lo si deduce anche dalla gura stessa di Susanna che, vestita, mette solo un piede in bagno in una vasca. La scena avviene in un giardino en plein air; a destra s'intravvede una costruzione, ed a sinistra la fontana con giochi d'acqua che escono in quattro zampilli. E' importante rilevare che proprio quattro mattonelle, a due a due sopra e sotto l'emblema centrale, sono in legno; segno che esse mancavano, proprio per fare fuoriuscire l'acqua attraverso i condotti. La colorazione di fondo della maiolica non è l'assoluto bianco stannifero, bensì presenta un leggero iscurimento, creato appositamente per spegnere i ri essi troppo forti del sole che sull'acqua sarebbero stati violenti, in modo da rendere più piacevole la sosta e il riposo presso la vasca. Stabilito l'utilizzo del mosaico, che del resto si rifà ai grandi modelli classici delle fontane romane mosaicate, rileviamo che l'impianto decorativo generale presuppone una speci ca progettazione di un architetto, esperto ed aggiornato sui modelli classici, sia dell'antichità che del Rinascimento; traspare infatti da tutto l'impianto compositivo un razionalismo elegantissimo, quale solo il Settecento poteva offrire nel clima culturale dell'Illuminismo. Il motivo a treccia puntinata, che sa creare effetto di rilievo, fa parte del patrimonio mediterraneo antico e percorre tutta la romanità. Portato nella Spagna moresca, è uno dei motivi conduttori della maiolica spagnola del Rinascimento, particolarmente ripreso dalla ceramica catalana del Sei e Settecento no agli inizi dell'Ottocento. Per citare alcuni esempi, proprio di decorazioni murali e pavimentali maiolicati, ricordiamo le pareti del Monastero di Pedralbes a Barcellona degli inizi del '600, o i grandi pannelli con gure di Santi ora al Museo di Barcellona già del Settecento (Batllori 1949, passim). Il motivo decorativo più particolare e insolito è quello inserito fra le fasce a treccia; esso compare molto spesso nella maiolica catalana per incorniciare scene di genere o di carattere religioso. Citiamo lo splendido pannello con cavalieri, col medesimo motivo a doppie volute con rosette da Badalona (Barcellona) del primo Seicento o l'incorniciatura di una parete maiolicata di una casa privata sempre in Catalogna, già del Settecento (Batllori p.14, Lámina II, e p. 71) . Il fregio monocromo in manganese che corre lungo il bordo del rettangolo centrale è un motivo nato a Parigi presso gli ebanisti e i bronzisti legati alla corte; in varie forme e combinazioni migra ben presto e lo si trova in tutta Europa no agli inizi
dell'Ottocento; le rosette e le perlinature fanno parte del repertorio decorativo classico. Per trovare la manifattura che ha eseguito questo capolavoro ceramico, occorre ricordare quanto sopra descritto. Appare chiaro che sono intervenute molte maestranze, guidate da un designer assai esperto ed aggiornato su modelli mitteleuropei per l'ideazione generale dell'opera. Ci sembra che la produzione delle mattonelle, per il tipo di argilla, per la misura stessa, per la maiolica e la tonalità della cromia, possa rientrare in una fabbrica napoletana del Settecento, datazione confermata dall'analisi alla termoluminescenza, 1747 – 1757. Rimane da individuare l'architetto che ha ideato e disegnato la struttura del pavimento, e soprattutto chi ha dipinto l'istoriato centrale. Infatti almeno due sono le mani pittoriche: una ha eseguito il dipinto, l'altra, più anonima, la decorazione. La stampa con la storia biblica di “Susanna al bagno” incisa da Annibale Carracci (1593/95), e nel Seicento replicata da Jean Mariette, fu senza dubbio alla base di tante gurazioni ceramiche, in particolare nelle manifatture di Castelli, città che apparteneva allo stato partenopeo (Gardelli 2012, p.26). A differenza del resto della decorazione l'emblema presenta una cromia più ricca ed accesa nel giallo, con interventi in verde e azzurro. Il viso di Susanna e tutto l'atteggiamento del corpo ricordano i moduli stilistici della bottega dei Gentili. Si confronta in particolare con gli stilemi di Berardino Gentili (1727 – 1813), quali appaiono nella gura femminile presente in un mattonella al Museo Capitolare di Atri, con “Gesù e la Samaritana” della donazione Bindi (Cat. 1976, n. 48). Alla base di tutta la gurazione pavimentale vi è un disegno di gusto vanvitelliano, quale appare in opere dell'architetto Luigi Vanvitelli (17001773), presente a Napoli dal 1751, chiamato, per la sua chiara fama, da Carlo di Borbone, per la costruzione della reggia di Caserta. Non si dimentichi lo stretto rapporto che i Borboni avevano con la Spagna ed anche molti aspetti iberici compaiono nell'opera dell'architetto. Un disegno in particolare che riguardava i giardini (poi non realizzati) richiamano moduli che si ritrovano nel pavimento. La datazione fornita dall'esame alla termoluminescenza, 1747- 1757 bene si adatta all'epoca vanvitellana a Napoli, dove non mancavano manifatture in grado di eseguire il complesso pavimentale (Donatone 1991, passim).
66 MADONNA
Madonna del rosario col Figlio. Maiolica ad alto rilievo su grande lastra, entro cornice lignea nera e dorata a doppio corpo. La Vergine sorregge con un braccio il Bambino, e con l'altro il rosario; è seduta su rocce ed in alto la guardano cherubini fra nuvolette; a sinistra,in alto, nuvolette, quasi un'aureola, la proteggono; in basso a destra,pianticella orita. Maiolica dipinta in policromia su bianco di fondo: Vergine con mantello blu che copre anche il capo, veste gialla con piccoli decori a tappeto, corona del rosario marrone chiaro; Bambino con perizoma blu; nuvolette verde scuro, rocce composite verde chiaro con segni più scuri,pianticella policroma. Cm.35 x 52; cornice 64 x 80; <cm.10-15> . Cond.: ottime. SESTO FIORENTINO, primo periodo, Carlo Ginori (1737 – 1757), maiolica da modello di Girolamo Ticciati; sec.XVIII,metà. € 10.000 / 12.000
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La bella “Madonna col Bambino”, entro cornice dorata coeva, balza dal fondo in atteggiamento materno, ma pensoso; è rivolto all'osservatore, a cui mostra il Figlio che a braccia allargate pare benedire. Ella è seria, consapevole del futuro destino, come annunciano i ori a lato: al giglio, simbolo della purezza, visto in tre momenti della sua breve vita, si associa la rosa canina a cinque petali, che è presaga delle cinque ferite di Cristo nella Passio. Il modello in cera, presente nel Museo di Doccia, pur non rmato, è attribuito a Girolamo Ticciati (1676 – 1744), scultore assai famoso in Toscana con opere marmoree in varie chiese del territorio. Come altri artisti dell'epoca, eseguì per la Ginori vari modelli in cera, per essere poi eseguiti dai ceramisti. Nel caso in esame, sono state portate dal maiolicaro minime varianti e aggiunte: corona del rosario, forse su commissione, pianticella simbolica, angioletti, elementi rocciosi, ma nel complesso il modello è stato rispettato. L'insieme, di grande suggestione, si assegna agli inizi della manifattura di Carlo Ginori, aperta nella località di Doccia a Sesto Fiorentino nel 1737. 66
67 TARGA
69 TARGA
Madonna dei sette dolori.
Madonna di San Luca.
Targa plasticata da stampo, in terracotta ingobbiata,dipinta in policromia sotto vetrina; al centro entro rettangolo la “Vergine addolorata”, tra tta da sette spade fra nuvolette; cornice modanata a rilievo,dipinta a spruzzo. H.cm.25 x 29
Targa plasticata da stampo, in terracotta ingobbiata,dipinta in policromia sotto vetrina; al centro entro rettangolo, la “Madonna con il Bimbo seduto sulle ginocchia”; cornice modanata rettangolare a doppio rilievo,dipinta a spruzzo.
Cond.: ottime.
Cm.25 x 31. Cond: ottime.
IMOLA; sec.XVIII,seconda metà. IMOLA; sec.XVIII,seconda metà.
€ 1.000 / 1.200
€ 1.000 / 1.200
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La targa fa parte di una ampia produzione di targhe religiose, realizzate a stampo nelle manifatture romagnole, in particolare di Imola, utilizzate per motivi devozionali secondo una tradizione assai sentita in tutti gli strati sociali della popolazione. La Madonna della presente targa non era diffusissima, ma traeva ispirazione da incisioni liturgiche con “Regina martirum”, a loro volta derivate da dipinti di Carlo Dolci, orentino (1616-1686), il più famoso pittore di immagini mariane del tempo. Non si conoscono molti esemplari editi (Guidotti et alii, 1976, n.49; Guidotti 1982, p. 47; Cecchetti 2000, n. 59.).
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La Madonna è venerata nel Santuario di San Luca sul colle della Guardia, che sovrasta Bologna. Secondo una leggenda un pellegrino reduce da un viaggio a Santa So a di Costantinopoli, avrebbe ricevuto dai sacerdoti un'icona sacra dipinta da San Luca evangelista, da portare sul colle della Guardia. Il santuario fu costruito nel 1433 e conserva la tavola che presenta la Madonna come “Odighitria”, colei che indica con la mano il Figlio che tiene in braccio, come unica via per la salvezza. L'immagine è da sempre di grande venerazione. La targa va collocata ancora in ambito settecentesco.
70 TARGA
68 TARGA
Madonna del Buon Consiglio.
Madonna del Buon Consiglio.
Targa plasticata da stampo, in terracotta ingobbiata,dipinta in policromia sotto vetrina.
Targa plasticata da stampo, in terracotta ingobbiata,dipinta in policromia sotto vetrina; al centro entro ottangolo, la “Madre del Buon Consiglio” con in braccio il Bimbo si appoggia a cartella a rilievo con le lettere “M.B.C”; cornice ottagonale modanata con uente a cassetta, dipinta a spruzzo.
Entro cornice rettangolare centinata, la “Madre del Buon Consiglio” tiene in braccio il Bimbo; nel cartiglio inserito sotto la base, la scritta: B.V.DEL BUON / CONSIGLIO. Cm. 24 x 32. Cond.: rotture nella parte alta, ssate con antiche grappe in l di ferro.
Cm.24 x 28. Cond.: ottime.
IMOLA; secc.XVIII, ne - XIX,inizi. € 800 / 1.000
IMOLA; sec.XVIII,seconda metà. € 1000 / 1.200 La Madonna della presente targa deriva dall'immagine in affresco della “Beata Vergine del Buon Consiglio”, venerata nel santuario di Genazzano, presso Roma. Secondo la tradizione, l'affresco, staccatosi da una chiesa di Scutari assediata dai turchi in Albania, sarebbe giunta in volo il 25 aprile del 1467 a Genazzano e si sarebbe posata sopra una chiesa in costruzione, voluta dalla beata Petruccia di Ienco, terziaria agostiniana. Per la grande devozione popolare, i frati agostiniani eremitani costruirono quasi subito una cappella in suo onore, inglobata oggi nel Santuario secentesco (Panepuccia 2008, passim).
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La Madonna della presente targa deriva dall'immagine in affresco della “Beata Vergine del Buon Consiglio”, venerata nel santuario di Genazzano, presso Roma. Secondo la tradizione, l'affresco, staccatosi da una chiesa di Scutari assediata dai turchi, in Albania, sarebbe giunta in volo il 25 aprile del 1467 a Genazzano e si sarebbe posata sopra una chiesa in costruzione, voluta dalla beata Petruccia di Ienco, terziaria agostiniana. Per la grande devozione popolare, i frati agostiniani eremitani, costruirono quasi subito una cappella in suo onore, inglobata oggi nel Santuario secentesco (Panepuccia 2008, passim). 68
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Madonna del Piratello. Targa plasticata da stampo, in terracotta ingobbiata,dipinta in policromia sotto vetrina. Entro cornice rettangolare centinata, la “Beata Vergine del Piratello col Figlio”, in rilievo con corone, presenta un cartiglio rettangolare inserito sotto la base con la scritta: B.V.DEL PIRATELLO / 1866. H.cm.24 x 32. Cond.: buone. IMOLA; 1866. € 1.000 / 1200
La tradizione tramanda la storia del pellegrino, che il Giovedì Santo del 1483, nell'andare a Loreto, fermatosi nei pressi di Imola sotto un albero di pero, vide appesa un'immagine della Vergine, che gli apparve chiedendo di essere lì venerata. Caterina Sforza e Girolamo Riario, signori di Imola, subito si adoperarono per una migliore sistemazione del luogo e Caterina nel 1489 ottenne dal Papa il permesso di costruire il santuario. Il quadro della Vergine, quattrocentesco, è dipinto su pietra e presenta il Bambino in braccio alla Madre sulla sinistra, anziché sulla destra come nella maggioranza delle gurazioni mariane. Ricevette la corona in oro nel 1714, per decreto del Capitolo Vaticano.
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IL SETTECENTO La porcellana europea
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72 INSIEME DA TAVOLA
Insieme da tavola,composto da: vassoio a parete sagomata, bordo ingrossato, interno con ingiro ribassato e base di appoggio larga e leggermente elevata su piede a largo cercine (Ø cm.21; h. cm.3); tazza da cioccolata svasata a tromba, manico a due nastri incrociati, coperchio con presa a rosellina (Ø cm.7); piattino con fondo cavetto per inserimento tazza (Ø cm.12; h. cm.3); una tazzina ad alto corpo, (h. cm. 6,2) e piattino per appoggio (Ø cm. 11,7); una tazzina più piccola (h. cm. 5,5 ) con piattino d'appoggio recante al centro uno Stemma (Ø cm.12). Porcellana decorata a larghe fasce a rocaille in oro a leggero rilievo,linee zigrinate nei bordi. Cond.: ottime. VINCENNES o SÈVRES, Reale Fabbrica di Porcellane; marca in blu, con lettera “K” nel vassoio; 1750 - 1756. € 15.000 / 18.000
Il complesso faceva parte di un ricco servizio da tavola, commissionato da una famiglia di alta nobiltà, come si individua dallo stemma di Marchesato, purtroppo non ancora individuato. La lettera “K” nella marca indica il decoratore che o pe ra v a a l l ' i n te r n o d e l l a m a n i f a t t u ra , probabilmente ancora a Vincennes, nei sobborghi di Parigi, prima che Luigi XV la trasferisse a Sèvres, con il titolo di Manifattura Reale, nel 1756.
73 PIATTO
Piatto a parete leggermente de uente con piccolo cavetto, decorato a stampo in rilievo e dipinto in oro e in policromia. Porcellana decorata nell'orlo a fascia dentellata in oro, parete con ori in rilievo, che si alternano a uno, a due, a tre in spazi delimitati da linee; in alcuni, mazzetti oreali dipinti in ricca policromia; in cavetto, entro cerchi ad oro, mazzo oreale. Ø cm.14; h.cm.3. Cond.: buone; incollaggio e sbeccatura nel bordo. VINCENNES, Reale Fabbrica di Porcellane; marca in blu, con al centro lettera “B”; 1750 1760. € 300 / 500 73
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75 LATTIERA
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74 TAZZE
Coppia di tazze a corpo pseudo cilindrico, manici ad orecchio, con decori a stampo in leggero rilievo; poggiano su piattini ad alta parete de uente con orlo sagomato e base a cercine, con decori in leggero rilievo a stampi di varia foggia. Porcellana con fascia ad oro dentellata nei bordi.
Lattiera a pancia ribassata con ampio versatore, manico ad orecchio, appoggio su tre piedini. Porcellana decorata in oro a rilievo: nell'orlo fascia dentellata; nel manico decori vari di fantasia e mazzetto oreale in oro ad altorilievo, anche sopra ad ogni piedino variamente decorato. H.cm.12,7. Cond.: ottime.
Tazze: Øb.cm.7,7; piattini: Ø 15,5; h.cm 3,5.
SÈVRES, Reale Fabbrica di Porcellane; marca in blu coronata; 1770 – 1775.
Cond.: ottime.
€ 2.000 / 2.500
VINCENNES, Reale Fabbrica di Porcellane; marca in blu; 1740 - 1750.
La lattierina trova precisi confronti di forma con un portacrema di Sèvres, ora nel VAM (Londra), datato 1775 (Atterbury 1982, p. 106).
€ 600 / 800
78 PIATTINO 76
Piattino ad alto corpo espanso con appoggio a cercine. Porcellana decorata in monocromia rossoruggine con “Paesaggio”; bordo con fascia dorata. Ø cm.12,7; h.cm.3. Cond.: ottime. 76 TAZZE
MEISSEN, marca in blu e numero 3; 1763 1774.
Coppia di tazze da cioccolata leggermente rastremate con manici a nastri che formano un anello tondo con particolare attacco divergente per la presa col dito; poggiano su piattini ad alta parete divergente. Porcellana decorata in policromia: all'interno dei piattini nelle parti alte, fascia in rosso a linee legate, da cui fuoriescono bouquet di ori e boccioli naturalistici; all'interno bouquet di ori; nelle tazze nell'esterno sotto la fascia a linee, mazzetti di ori sparsi; nei bordi, piccola fascia dentellata in oro.
€ 250 / 300
78
Tazze: h. cm. 6,5; Øb. cm. 6,5; piattini: h.cm.3,4; Ø cm.12,5. Cond.: ottime. MARSIGLIA, manifattura di J. G. Robert; marca “R”in nero; 1773 – 1793. 79
€ 1.500 / 1.800
79 TAZZE 77 TAZZINE
77
Due tazzine da caffè o da thè a corpo rotondeggiante con manico a nastri intrecciati con attacchi particolari;appoggio a cercine. Porcellana decorata in policromia dalle tinte vivaci e con verdi più delicati. Parete esterna: in alto e in basso, fascia ad onde dipinta a reticolo abitato; al di sotto rameggi oriti con peonie e margherite; nell'interno, al centro della tazzina più piccola,una peonia. H.cm.5; Øb.cm.6; h.cm 6; Øb.cm.8.
Tre Tazze a corpo cilindrico con manico spigoloso; poggiano su alti piattini a parete divergente. Porcellana dipinta in blu, verde e oro; nelle tazze, bordo in oro ed al di sotto ampia fascia a foglie e ori stilizzati; trifogli e foglie stilizzate nel corpo e mazzetto all'interno; nei piattini registro fogliato stilizzato e ori sparsi; tutti i bordi ad oro. Tazze: h. cm. 6,5; Øb. cm.6,5; piattini Ø cm. 14; h.cm.3,2.
Cond.: ottime.
Cond.: ottime; in una tazza leggera latura nel bordo.
MEISSEN,marca in blu;1763 - 1774.
DERBY,marca in rosso; secc.XVIII – XIX.
€ 600 / 800
€ 800 / 1000
81 PIATTINO, TAZZINA
Piattino a parete arrotondata, appoggio a cercine rilevato; tazzina a corpo cilindrico arrotondato in basso e manico ad orecchio; appoggia al piattino. Porcellana dipinta in monocromia blu: nei bordi interni fascia a disegno geometrico puntinato orlato da linee in oro e al di sotto, fascia a piccoli trifogli; all'interno del piatto e all'esterno della tazzina varie immagini riferite a decori cinesi, ad imitazione delle porcellane orientali. Finiture in oro nei bordi, negli interni e nell'appoggio. Piatto: Ø cm. 12; h. cm. 3; tazzina: Øb. cm. 5,7; h.cm.6. Cond.: molto buone. CAUGHLEY,marca in blu;1772-1799.
81
€ 600 / 800
80 PIATTO
Grande piatto a larga tesa, ampio cavetto, appoggio a cercine rilevato. Porcellana dipinta nel recto in bianco, azzurroblu e oro con tocchi di rosso porpora;bianco nel verso. Recto: tesa in azzurro con volute in oro; in cavetto largo cerchio a rocaille che tocca anche l'ingiro in oro; al centro grande lettera “A” coronata,in oro e parti in porpora Verso: due punti nel cercine; marca in verde della “Imperiale Manifattura di San Pietroburgo” in verde e il numero 93 (Graesse 1919,p.260 n.16). Ø cm.25; h.cm.3. Cond.: ottime. S A N P I E T RO B U RG O, M a n i f a t t u r a Imperiale; sec.XIX,primo quarto. € 8.000 / 9.000
80
Il bellissimo piatto faceva parte di un servizio realizzato nella prima metà del sec. XIX, nella Manifattura Imperiale attiva a San Pietroburgo dal 1744; la lettera “A” è probabilmente riferita ad Alessandro I, che regnò dal 1801 al 1825, in considerazione della corona imperiale che la sovrasta. La decorazione rivela da un lato la continuità con la struttura iconogra ca del Settecento, dall'altro il rinnovo delle linee pittoriche nell'allargamento della voluta sinuosa, che lascia una certa rigidezza dell'antica rocaille per una composizione più ampia e corposa, in un classicismo rinnovato e moderno. Il numero 93 indica che il servizio era composto da numerosissimi elementi, come necessitava ad una corte importante come quella degli zar, oppure faceva parte di un dono ad un casato di rilievo. La lettera “A coronata” entro tondo era usata talvolta anche come marca simbolica della stessa manifattura imperiale (Graesse 1909, p.260 n. 15).
82 PORTAERBE
Portaerbe per tisane a corpo arrotondato in basso, manico ad orecchio; coperchio a cupoletta estro essa con pomello a melina, appoggio a cercine rilevato. Porcellana dipinta in policromia: nel corpo della tazzina, da un lato, pavone su prato avvolto da rameggi, dall'altro, farfalla; nel coperchio animaletti fra rameggi.
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Nel fondo la scritta in oro “Paris” e il marchio della manifattura di Sceaux nei dintorni di Parigi. Øb.cm.5,7; h.cm.5 / 7,2. Cond.: ottime. Parigi – Sceaux; secc.XVIII - XIX. € 300 / 400
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Tutte le aste sono precedute da un’esposizione al fine di permettere un esame approfondito circa lo stato di conservazione, la provenienza, il tipo e la qualità degli oggetti. Dopo l’aggiudicazione, né BFA né i venditori potranno esser responsabili per i vizi relativi allo stato di conservazione, per l’errata attribuzione, per la provenienza, per il peso e per la mancanza di qualità degli oggetti. Né BFA né il personale incaricato da BFA potranno rilasciare una qualsiasi garanzia in tal senso, salvi i casi previsti dalla legge. Ai fini e per gli effetti dell’art. 1488, comma 2, del codice civile, BFA precisa che la presente vendita costituisce
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contratto aleatorio ed è esclusa, quindi, ogni garanzia per l’evizione. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’aggiudicatario dovesse subire l’evizione, totale o parziale, del bene oggetto della presente vendita, lo stesso non potrà pretendere da BFA né il risarcimento dei danni subiti, né la restituzione del prezzo pagato e il rimborso delle spese. Resta ferma, ai sensi dell’art. 1487, comma 2, del codice civile, la garanzia per l’evizione derivante da fatto proprio di BFA. BFA, inoltre, non è responsabile nei confronti dell’aggiudicatario per qualunque lucro cessante ovvero per qualsiasi altra perdita o danno indiretto o consequenziale derivante sia da inadempimento contrattuale che da responsabilità extracontrattuale e pre-contrattuale di BFA. BFA si impegna a fornire all’aggiudicatario il bene che quest’ultimo si è obbligato ad acquistare, fatti salvi gli impedimenti dovuti a causa di forza maggiore, od altra causa che esuli da proprio ragionevole controllo (quale, ad esempio, scioperi, furti, incendi od altri disastri naturali, ritardi ed annullamenti di viaggi di trasporto) ovvero altre cause dovute alla volontà di terzi e non dipendenti da BFA (quali, ad esempio, divieti alla vendita, all’esportazione od all’importazione posti da Autorità Statali Italiane o Straniere). BFA rifonderà le somme ricevute dall’aggiudicatario per l’acquisto del bene ad esclusione di quelle relative alle spese per il trasporto del bene, se avvenuto od in corso, per l’assicurazione dello stesso e le tasse doganali e/o di importazione. 9. Le stime relative al possibile prezzo di vendita di ciascun lotto sono stampate sotto la descrizione dei lotti riportata nel catalogo e non includono i diritti d’asta dovuti all’aggiudicatario. Tali stime sono puramente indicative. Le descrizioni dei lotti nel catalogo potranno essere soggette a revisione, mediante comunicazioni al pubblico durante l’asta. BFA può accettare offerte pre-asta sui lotti posti in vendita anche sotto l'importo di riserva. Ove un lotto non riceva offerte superiori o pari alla riserva, Bertolami Fine Arts, sottopone all’approvazione del venditore la maggiore offerta pervenuta nella fase pre-asta. La decisione del venditore viene comunicata all’offerente entro quindici giorni dalla data dell’asta. 10. Il pagamento totale del prezzo di aggiudicazione e dei diritti d’asta dovrà essere effettuato per intero, in Euro, entro dieci giorni dall’ aggiudicazione. In difetto BFA, fatto comunque salvo il risarcimento dei maggiori danni, potrà: a) procedere per l’esecuzione coattiva dell’obbligo di acquisto; b) alienare il lotto a trattativa privata oppure in un’asta successiva in danno dell’aggiudicatario, trattenendo comunque, a titolo di penale, eventuali acconti ricevuti. L’oggetto verrà custodito da BFA a rischio e spese dell’aggiudicatario fino a quando non sarà venduto come sopra oppure restituito al venditore su richiesta del medesimo. In ogni caso, fino alla data di restituzione o di vendita, l’aggiudicatario sarà tenuto a corrispondere a BFA una penale pari a 1%/mese sull’importo della fattura; gli interessi così calcolati saranno applicati sulle somme dovute a decorrere dal trentesimo giorno seguente la data dell’ aggiudicazione. La consegna del lotto aggiudicato potrà avvenire esclusivamente dal momento della verifica dell’avvenuto pagamento dello stesso. 11. La spedizione per i beni venduti ad acquirenti italiani viene effettuata con corriere espresso assicurato. La spedizione per i beni venduti ad acquirenti esteri di importo superiore ad € 200,00 viene di regola effettuata con corriere espresso assicurato a spese ed a rischio del destinatario, salvo diversi accordi presi direttamente con l’acquirente. Se espressamente richiesto dal cliente, BFA potrà effettuare spedizioni tramite posta raccomandata assicurata e tracciabile. La spedizione per le fatture di importo inferiore ad € 200,00 viene di regola effettuata tramite posta raccomandata assicurata. 12. Nonostante ogni disposizione contraria qui contenuta, BFA si riserva il diritto di concordare con gli aggiudicatari forme speciali di pagamento, di depositare in magazzini privati/pubblici o vendere privatamente i lotti aggiudicati, di risolvere controversie o contestazioni effettuate da aggiudicatari o contro gli stessi e in generale di intraprendere qualsiasi iniziativa ritenuta opportuna al fine di riscuotere somme dovute dall’aggiudicatario o anche, a seconda delle circostanze, di annullare la vendita ai sensi degli articoli 13 e 15 e restituire il prezzo all’aggiudicatario. 13. Gli aggiudicatari sono tenuti all’osservanza di tutte le disposizioni legislative o regolamentari in vigore relativamente agli oggetti dichiarati di interesse storico o artistico particolarmente importante. L’esportazione di oggetti di rilevante interesse storico ed artistico da parte di aggiudicatari residenti e non residenti in Italia è regolata da specifiche normative doganali, valutarie e tributarie. I tempi di attesa di un permesso di libera circolazione sono di circa 60 giorni dal giorno delle richieste all’Ufficio Esportazione competente. La richiesta del permesso è inoltrata all’Ufficio Esportazione solo previo pagamento del lotto e su esplicita autorizzazione dell’aggiudicatario. BFA non assume alcuna responsabilità nei confronti degli aggiudicatari in ordine ad eventuali restrizioni all’esportazione dei lotti aggiudicati, né in ordine ad eventuali autorizzazioni o attestati che l’aggiudicatario dovrà ottenere in base alla legge italiana. L’aggiudicatario, in caso di esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato italiano, non potrà pretendere da BFA o dal venditore alcun rimborso di eventuali interessi sul prezzo e sulle commissioni d’asta già corrisposte.
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14. Gli aggiudicatari (cittadini italiani o residenti in Italia) sono tenuti a fornire alla BFA un valido documento d’identità ed il proprio Codice Fiscale. 15. La casa d’asta offre una garanzia incondizionata e senza riserva di tempo sull’autenticità degli oggetti. Le indicazioni e descrizioni contenute nel catalogo sono opinioni soggettive e sono espresse in buona fede. 16. BFA in osservanza all’articolo 49, comma 1, del D.Lgs. n. 231/2007, non può accettare pagamenti in contanti per un importo pari o superiore ai 2.900,00 (duemilanovecento/00) euro. 17. I lotti contenenti più oggetti non illustrati sono venduti come visti e piaciuti e non sono soggetti a resa da parte dell’acquirente. 18. Le presenti condizioni di vendita sono accettate automaticamente da quanti concorrono all’asta e sono a disposizione di qualsiasi interessato che ne faccia richiesta. 19. Ai sensi dell’art.13 del D.Lgs. n. 196 del 30.6.2003 (Codice Privacy) si informa il partecipante all’asta che i suoi dati personali saranno trattati per (I) finalità funzionali all’adempimento di obblighi fiscali, contabili e di legge e finalità di gestione contratti e clientela e (II) finalità connesse all’attività commerciale. I dati saranno trattati, anche attraverso la creazione e la gestione di un archivio centrale, con supporti cartacei, informatici e telematici a cui ha accesso personale specializzato e autorizzato. Il conferimento dei dati personali essenziali per gli adempimenti di legge e/o all’instaurazione e/o prosecuzione del rapporto contrattuale è obbligatorio, nel senso che in mancanza sarà impossibile instaurare e/o dar corso a tale rapporto. Il conferimento degli altri dati personali è facoltativo e in genere funzionale a fornire un migliore servizio alla clientela; un eventuale rifiuto a tale conferimento non avrà conseguenze negative a carico del partecipante. I dati personali che riguardano il cliente potranno essere oggetto di Comunicazione a società controllanti, controllate e/o collegate per le stesse finalità di cui sopra o a soggetti esterni di servizi specializzati in: I) gestione di software, hardware, sistemi telematici e informativi; II) attività di elaborazione e archiviazione dati; (III) attività di stampa, trasmissione, imbustamento, trasporto e smistamento delle comunicazioni alla clientela; (IV) servizi di finanziamento, recupero crediti e rilevamento rischi finanziari. Il partecipante potrà sempre esercitare i diritti previsti dall’articolo 7 del Codice Privacy. Il Titolare del trattamento è Bertolami Fine Arts S.r.l., con sede legale in Roma, Piazza Lovatelli, 1. Il responsabile è il signor Giuseppe Bertolami. Il partecipante, con l’invio telematico della conferma del proprio ordine d’acquisto, prende atto della suesposta informativa ed acconsente al trattamento dei dati personali forniti. 20. Ogni controversia relativa alla applicazione, esecuzione, interpretazione e violazione del presente contratto d’acquisto è sottoposta alla giurisdizione italiana. Per qualsiasi controversia tra le parti in merito al presente contratto sarà di esclusiva competenza del Foro di Roma. IVA Regime IVA (Regime del margine) Tutte le vendite effettuate da Bertolami Fine Arts s.r.l. sono operate in virtù di rapporti di commissione stipulati con privati o con soggetti IVA, che operano nel regime del margine, regolato dall’art. 40bis dl n. 41/95 e successive modifiche.
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La prego di acquistare per mio conto, i seguenti lotti ai limiti indicati, secondo le condizioni di vendita. Please, buy the following items on my behalf at your auction sale up to the limits indicated and subject to the conditions of sale. Nome - Cognome/First name - Last name .................................................................................................................................................................... Indirizzo/Address ..........................................................................................................................................................CAP/ZIP Code .......................... Città/City ..............................................Nazione/State ................................................Tel. ..................................................Cell. .................................. CF - P.IVA..................................................................................................Banca/Bank ........................................................................................................ Documento d’identità/Identity card ................................................................................................................................................................................ Email ............................................................................................................Data/Date ..........................Firma/Signature .............................................. Asta Auction
Lotto Lot
Descrizione Description
Offerta massima Maximum bid
Telefono Phone
Desidero pagare nel modo seguente:/If successful, i wish to pay by:
☐ Bonifico bancario/Bank transfer ☐ Carta di credito (Visa - Mastercard)/Credit card (Visa - Mastercard) Numero della carta/Card no.
................................................................................................................
Data di scadenza/Expiration date
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Titolare/Holder
................................................................................................................
Codice di sicurezza/Security code
...... / ......
☐ Paypal Bertolami Fine Arts s.r.l. Palazzo Caetani Lovatelli Piazza Lovatelli, 1 - 00186 Roma / tel. +39 06.32609795 / 06.3218464 / fax +39 06.3230610 Bertolami Fine Arts Ltd 63 Compton Street apartment 2 - EC1V 0BN London / ph. +44 7741 757468 ACR Auctions GmbH Sendlinger Straße 24 - 80331 Munich www.bertolamifinearts.com - info@bertolamifinearts.com
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Roma, 11 Maggio 2017
ASTA 32 CERAMICHE E PORCELLANE DAL XIII AL XVIII SECOLO
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Roma, 11 Maggio 2017 Palazzo Caetani Lovatelli