guida [breve]
francesco sirano
santa maria capua vetere
l’anfiteatro campano / il museo dei gladiatori / il mitreo / il museo archeologico dell’antica capua
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DI SALERNO AVELLINO BENEVENTO E CASERTA
coordinamento editoriale maria sapio art director enrica d’aguanno impaginazione francesca aletto coordinamento tecnico stefania milano in copertina anfiteatro campano stele con silvano
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DI SALERNO AVELLINO BENEVENTO E CASERTA
referenze fotografiche Ortensio Fabozzi Archivio fotorafico della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta © per le immagini: Ministero per i Beni e le Attività Culturali
stampa e allestimento officine grafiche francesco giannini e figli spa, napoli
ringraziamenti l’autore ringrazia tutto il personale dell’Ufficio per i Beni Archeologici di Santa Maria Capua Vetere che lo affianca con abnegazione nel lavoro quotidiano
arte’m è un marchio registrato prismi editrice politecnica napoli srl
sistemazione area verde e giardini dell’Anfiteatro e del Museo Amministrazione Comunale di Santa Maria Capua Vetere illuminazione Enel Sole
finito di stampare nel giugno 2013
certificazioni qualità ISO 9001: 2008 etica SA 8000: 2008 www.arte-m.net stampato in italia printed in italy © copyright 2013 by soprintendenza per i beni archeologici di salerno, avellino, benevento e caserta prismi editrice politecnica napoli srl tutti i diritti riservati all rights reserved
nota bibliografica la bibliografia scientifica sull’antica Capua nelle varie fasi storiche è sterminata. Assai più ristretta quella divulgativa. A chi volesse approfondire gli argomenti qui trattati in estrema sintesi si consiglia la lettura, oltre che delle pagine dedicate a Capua nella guida archeologica di S. De Caro, La terra nera degli antichi Campani, arte’m, Napoli 2012, dei contributi pubblicati nei volumi, tutti con ampia bibliografia: Terra di lavoro. I luoghi della storia, a cura di Luigi Mascilli Migliorini, Elio Sellino Editore, Avellino 2009; Lungo l’Appia. Scritti su Capua antica e dintorni, a cura di Maria Luisa Chirico, Rosanna Cioffi, Stefania Quilici Gigli, Giuseppe Pignatelli, Giannini Editore, Napoli 2009; Curti tra storia e archeologia, a cura di Lidia Falcone, Edizioni Frammenti, Caserta 2011
sommario
>6 capua antica >20 l’anfiteatro campano >22 il museo dei gladiatori >24 il museo archeologico dell’antica capua >31 mostra laboratorio “dei ritratti”
santa maria capua vetere. l’area archeologica 6
via galatina
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via d’angiò
via anfiteatro tro fitea
1. accesso all’area archeologica biglietteria / didattica / laboratori teatrali / sale studio e lettura / wi-fi libero / libreria / caffetteria / ristorazione biologica / 2. anfiteatro campano 3. museo dei gladiatori
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via d’angiò
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via pietro morel
via pietro morelli
4. mitreo 5. museo archeologico dell’antica capua 6. piscina
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capua antica
L’antica Capua, attuale Santa Maria Capua Vetere, fu per molti secoli la capitale della Campania. La sua imbattibile cavalleria fu molto apprezzata nell’antichità e i Romani stessi ne trassero grandi lezioni di tattica militare. Famosa per le ricchezze dei suoi cittadini e per lo stile di vita particolarmente elegante delle sue classi dirigenti, secondo solo a Sibari, Capua antica è ricordata soprattutto per gli ozi che seppe offrire al rude Annibale nel corso della seconda guerra punica e per la sconvolgente, tragica e sanguinosa rivolta di schiavi gladiatori capeggiata da Spartaco nel 73 a.C. Ma Capua non è solo un insie-
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me di siti archeologici, è soprattutto un eccezionale esempio di integrazione tra civiltà dell’abitare in città e sfruttamento del territorio. L’ager Campanus fu ritenuto nel mondo antico la terra di gran lunga più fertile di tutte, al punto che poteva offrire sino a quattro raccolti l’anno. La storia di Capua si svolse sul territorio compreso tra l’attuale Santa Maria Capua Vetere, sede della città etrusca e romana, e il centro storico di Capua, fiorente dal medioevo alla piena età moderna, edificata nel IX secolo sul sito del porto sul fiume Volturno (Casilinum). Le tradizioni mitologiche locali, riportate da autori greci e latini, facevano risalire la fondazione all’eroe Kapys, dal quale sarebbe derivato il nome alla città. Nipote di Enea, Kapys, secondo Silio Italico, sarebbe stato allattato da una cerva dal manto tutto bianco vissuta per più di mille anni nel santuario di Diana Tifatina. Velleio Patercolo riferisce due date per la fondazione della
l’anfiteatro campano
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città: una intorno all’800 a.C., l’altra 260 anni prima della conquista da parte dei Romani che porterebbe, a seconda di quale punto di riferimento si preferisca (la “resa - deditio” del 343 a.C. o la sconfitta del 211 a.C.), al 600 a.C. o al 471 a.C. Il ruolo egemone di Capua era saldamente fondato su un consistente peso economico, politico, culturale e religioso. Le scoperte archeologiche hanno dimostrato la stabile occupazione della regione dal tardo periodo neolitico con villaggi dislocati nella piana, alcuni dei quali non erano lontani dal corso del fiume Volturno (insediamento presso il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali di Capua). La straordinaria fertilità del suolo e l’abbondanza di acqua costituirono un potente fattore di attrazione, che favorì la continuità nella permanenza delle popolazioni locali, malgrado le catastrofiche distruzioni provocate dalle eruzioni del Vesuvio, molti secoli prima di quella ben nota che mise fine alla storia di Ercolano e Pompei nel 79 d.C. Nel X secolo a.C. giunsero dall’attuale Lazio (settentrionale e interno) alcuni gruppi migranti di cultura proto etrusca. Non sembra che tali gruppi si stabilissero in massa negli insediamenti già esistenti ma che piuttosto – con modalità simili a quelle osservate anche a Pontecagnano, secondo centro proto etrusco della
Campania – preferissero la riva sinistra del Volturno e abitati collocati a distanza di sicurezza dal fiume (Santa Maria Capua Vetere località Cappuccini) sulle pendici del monte Tifata (Sant’Angelo in Formis), quest’ultimo destinato ad ospitare sin dall’età arcaica due dei più importanti santuari capuani: Diana Tifatina (attuale basilica di Sant’Angelo in Formis) e Giove Tifatino (sulla sommità del monte). Nell’arco di poche generazioni si produssero due importanti fenomeni storici: l’abbandono dei primitivi villaggi con la concentrazione della popolazione nell’area dell’attuale Santa Maria Capua Vetere e la nascita di un aspetto culturale autonomo, una sorta di ibridizzazione, un amalgama aperto alle innovazioni apportate alle tradizioni etrusche di origine dagli usi e dai costumi delle popolazioni locali (la cosiddetta ‘cultura delle tombe a fossa’) introdotti con ogni probabilità attraverso matrimoni misti. Capua conservò per molti secoli tanto il carattere culturale proiettato verso l’esterno, aperto e innovativo, quanto forti legami con il mondo etrusco. A tali legami si associarono, sin dalla prima metà dell’VIII secolo a.C., dapprima contatti poi stabili relazioni con le popolazioni di provenienza egea e di cultura sia greca, sia orientale che avevano frequentato il golfo di Napoli stabilendosi nell’isola di Ischia
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Corredo funebre dalla tomba 1, località Nuovo Mattatoio Museo Archeologico dell’Antica Capua
(Pithekoussai) e sulla costa campana a Cuma. In particolare il rapporto con Cuma fu sempre strettissimo e attraversò persino le contraddizioni interne al corpo civico di ciascuno dei due centri, che ebbero interessi agricoli e commerciali simbiotici (uno collocato nel mezzo della piana, l’altro sulla costa e in prossimità di numerosi approdi marittimi). Non a caso al momento della stabilizzazione del controllo militare da parte di Roma il magistrato preposto agli interessi dei cittadini romani in Campania fu denominato praefectus Capuam Cumas. Le necropoli dell’età del Ferro occuparono l’area occidentale rispetto all’in-
sediamento, con il passare dei secoli le aree cimiteriali furono progressivamente ampliate sino a circondare, tra VI e V secolo a.C., l’intero perimetro urbano. L’organizzazione dell’abitato, esteso su una superficie di circa 200 ettari, con case e isolati separati da strade (la cui maglia deve ancora essere definita con precisione) sembra contemporaneo alla prima diffusione di documenti scritti a partire dalla fine del VII secolo a.C. Agli inizi del VI secolo a.C. furono monumentalizzati anche i santuari, il più importante dei quali forse dedicato ad Uni (la Giunone dei Romani) si trovava subito fuori dalla porta est della città (cosiddetto Fondo Patturelli). Oltre che nell’agricoltura, Capua eccelse nelle principali attività artigianali dalla bronzistica alla ceramica, alle terrecotte, all’architettura,
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ai tessuti. Nel VI secolo a.C. la città diffondeva la sua sfera d’influenza ben aldilà della Campania propriamente detta, dove guidava autorevolmente la lega delle Dodici Città etrusche, ma si irraggiava sino alle città del Lazio, dell’Etruria verso nord e della Magna Grecia verso sud. Capua ebbe certamente una forma di governo che assicurava non solo il controllo capillare di un vasto territorio, come dimostrato agli inizi del V secolo a.C. dall’eccezionale testimonianza epigrafica della Tabula Capuana, ma consentiva dinamiche politiche e sociali alle quali presero parte gruppi gentilizi raccolti intorno a principes. Un’idea della capacità di incamerare ricchezze e della cultura figurativa di tale aristocrazia è fornita dal corredo tombale rinvenuto nel XIX secolo nella famosa tomba detta del carro Dutuit (oggi disperso tra musei europei, americani e il Museo Campano di Capua). I gruppi gentilizi basavano la propria capacità di controllo del potere anche attraverso l’eccellenza della pratica militare, in particolare dell’arte di combattere a cavallo appresa sin dall’adolescenza, come mostrato dalle statuette che decoravano tra VI e V secolo a.C. alcune preziose urne cinerarie di bronzo con giovani atleti che compiono esercizi di destrezza. Almeno sino alla
fine del VI secolo a.C., questi gruppi di potere indirizzarono la cosa pubblica e la politica esterna secondo interessi non sempre unanimi, come illustrato dalle vicende connesse alla tirannide di Aristodemo di Cuma e alle alleanze del suo antagonista Ippomedonte che aveva trovato rifugio e potenti amici proprio a Capua. L’assetto istituzionale e culturale attraversò nel corso del V secolo a.C. un periodo di grande travaglio al termine del quale la società campana assunse una nuova fisionomia anche dal punto di vista etnolinguistico. Gli studiosi ritengono di riconoscere un’eco di tale crisi in alcune notizie riferite dalle fonti letterarie quali la fondazione della città nel 471 a.C., l’oscillazione del nome stesso tra Capua e Volturnum, la formazione del popolo campano nel 438 a.C. e la conquista da parte dei Sanniti nel 423 a.C. Importanti trasformazioni riguardarono anche l’assetto urbano come è stato appurato archeologicamente sul lato est della città dove un quartiere artigianale (Alveo Marotta) fu sostituito dalle mura di difesa e alcuni isolati residenziali (località Siepone) furono abbandonati. La città continuò ad essere ricca e potente ma, nel corso del IV secolo a.C., la classe dirigente etrusca fu sostituita da personaggi parlanti l’osco, rappresentanti di famiglie di origine
locale e di immigrati dal Sannio. I sommi magistrati furono i meddices e la città retta da un senato con sede in un edificio noto come domus Albana (casa Bianca). La fine del IV secolo a.C. segnò l’ingresso nella sfera di influenza di Roma alla quale nel 343 a.C. i Campani con i loro alleati Sidicini fecero ricorso per ricevere protezione contro i Sanniti. La perdita dell’ager Falernus, una delle terre più fertili del territorio campano, fu parzialmente compensata dalla concessione selettiva della cittadinanza romana ad alcuni maggiorenti. Quando nel 313 a.C. fu realizzata la prima grandiosa impresa di ingegneria romana, la via Appia, alla cui realizzazione diedero un concreto contributo i cavalieri capuani, il percorso della regina viarum fu deviato in modo da potere entrare in città, adattandosi al tessuto urbano già consolidato di Capua. L’Appia, che nel trascorrere dei decenni fu affiancata da monumenti funerari sempre più sontuosi ed imponenti (tra i quali si ricordano le cosiddette Carceri Vecchie e la Conocchia) , incontrava lungo il suo tragitto il foro e fuoriusciva verso sud all’incirca in corrispondenza del santuario (fondo Patturelli) la cui antichissima divinità femminile tra il IV e il III secolo a.C. sembra possa identificarsi con una Diana italica, ovvero una Fortuna o
Curti, Mausoleo detto La Conocchia
Venere Iovia. Già nel III secolo a.C. la città ebbe una seconda piazza pubblica detta Seplasia, luogo nel quale si vendevano profumi di una qualità tale da identificare nell’intero impero romano con il termine Seplasarius il profumiere per eccellenza. Quella che Livio definisce città tra le più grandi e ricche d’Italia (urbs ma-
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Iscrizione “iovilia” con citazione del meddix Minio Annio e delle feste pomperie Falerne, dal santuario Fondo Patturelli Museo Archeologico dell’Antica Capua
Antefissa con testa femminile con elmo dal santuario Fondo Patturelli Museo Archeologico dell’Antica Capua
xima opulentissimaque Italiae) nel 216 a.C. tentò di riassumere un ruolo autonomo nella politica italica schierandosi dalla parte dei Cartaginesi guidati da Annibale, il quale fece di Capua la sua base operativa per alcuni anni. Dopo la partenza del condottiero punico, nel 211 a.C. la città fu conquistata dai Romani, la classe dirigente fu decimata e la comunità privata di ogni autonomia politica ed
amministrativa. Capua municipio romano “privo di senato e delle istituzioni rappresentative della plebe”, secondo la celebre definizione di Tito Livio, ebbe se possibile una fioritura economica ancora maggiore che nei secoli precedenti. Una classe di imprenditori manifatturieri, in parte liberi cittadini, in parte schiavi che avevano acquistato la libertà (i liberti), prosperò nelle produzioni e nei
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Matrona in trono con bimbi in fasce dal santuario Fondo Patturelli Museo Archeologico dell’Antica Capua
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Santa Maria Capua Vetere, corso Aldo Moro casa di Confuleio Sabbione, iscrizione sul mosaico
traffici commerciali di ogni tipo. Conosciamo in Oriente e in Grecia iscrizioni di Capuani che esercitarono la mercatura e nomi di artigiani campani inseriti nelle più prestigiose officine per la produzione di terrecotte dell’intero mondo ellenistico. Le attività agricole e manifatturiere si basavano largamente sulla manodopera servile di cui Capua era uno dei maggiori mercati. Le ingenti ricchezze accumulate furono reinvestite a Capua in opere
pubbliche e private caratterizzate da soluzioni spaziali e tecniche innovative che dotarono la città, a partire dalla fine del II secolo a.C., di un teatro e di un anfiteatro, di un grande edificio poggiante su una galleria a tre bracci che chiudeva il lato nord del foro (il criptoportico), di santuari scenograficamente articolati a terrazze (Diana Tifatina) e di una nuova cinta muraria in opera incerta. Di questo stesso periodo è anche la casa di Publio Confuleio Sabbione che si era arricchito rifornendo di mantelli le legioni romane e che commissionò all’architetto Tito Safinio Pollione una casa a più piani
Mitreo, sala di culto
sorretta da volte con pareti affrescate, celebrando l’impresa con un’iscrizione sul pavimento in cementizio di uno degli ambienti sotterranei. La città fu coinvolta nei principali rivolgimenti che interessarono Roma tra II e I secolo a.C.: dalla riforma dei Gracchi alle lotte tra Mario e Silla, dalle guerre civili al primo e secondo triumvirato, sino alla pace instaurata da Ottaviano Augusto all’indomani della vittoria di Azio. A Capua sotto la guida di Spartaco, nel 73 a.C., scoppiò la grande rivolta dei
gladiatori che giunse a minacciare le mura stesse di Roma come solo Annibale aveva fatto. L’anfiteatro nel quale si esibì il celebre gladiatore fu il primo nel mondo antico ad essere realizzato in piano con le gradinate sorrette da muri a cuneo in opera cementizia. Ciascuna delle principali tappe storiche della tarda repubblica romana e dell’inizio dell’età imperiale ebbe una conseguenza a Capua, con l’insediamento di una colonia di cittadini o di veterani dell’esercito romano sino ad assumere con Augusto il nome di colonia Iulia Felix Concordia. La città imperiale vide più volte rinnovati i
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Mitreo, affresco sulla parete di fondo Mitra uccide il toro
monumenti e gli spazi pubblici, in primis il teatro e il Capitolium che si arricchirono nel tempo di numerose terme, di varie ramificazioni di acquedotto (una sezione del quale visibile in corrispondenza del cosiddetto Castellum Aquae), di basiliche ed enormi depositi di merci (gli horrea, in uno dei quali è stata trovata anche un’officina per la lavorazione di oggetti di bronzo), di templi e di edifici per il mercato (macellum). Spiccano tra tutti l’anfiteatro, il mitreo, l’arco di Adriano (a tre fornici con paramento in laterizio molto restaurato, in origine rivestito con marmi e statue). Nel II secolo d.C. furono costruiti: un
grande edificio ottagonale con una fontana al centro, un porticato curvilineo, una grande piscina per il nuoto (oggi nel parco urbano comunale). Il mitreo (II-III secolo d.C.) era dedicato al culto di Mitra, divinità persiana connessa al sole, al quale erano ammessi solo gli iniziati, prevalentemente militari e funzionari dello Stato. È una galleria sotterranea, con volta dipinta come un cielo stellato e pareti affrescate con figure simboliche e scene di iniziazione. Durante i riti gli adepti consumavano un banchetto in comune distesi su banconi di muratura costruiti sui lati. Sul fondo Mitra in una grotta sgozza il toro bianco alla presenza dei demoni mitriaci Kautes, Kautopates, di animali simbolici (un cane, un serpente e uno scorpione) e
delle personificazioni del Sole, della Luna, di Oceano e della Terra. Sulla parete opposta Selene (la Luna). La case dei cittadini più importanti erano decorate in modo sontuoso con fontane, pavimenti in marmi colorati, mosaici, pitture alle pareti ed arredate con statue come esemplificato dalla domus di via degli Orti della quale è in vista la parte padronale con ambienti riscaldati su pavimento sospeso, triclinio estivo affacciato su un giardino porticato, su un lato del quale trionfa un vero e proprio ninfeo (a sei nicchie) e una parte di un grande colonnato per le passeggiate. Nel IV secolo d.C. a Capua era il praetorium del governatore della Campania e Costantino donò alla precoce e fiorente comunità cristiana una basilica Apostolorum (variamente riconosciuta dagli studiosi in alcuni resti nell’attuale basilica della Madonna delle Grazie, ovvero al di sotto della chiesa di San Pietro). Due nuclei di cimiteri paleocristiani si svilupparono nel suburbio ovest (Sant’Agostino) ed est (San Prisco, in corrispondenza del martyrion del santo). Nel 378 d.C. lo scrittore Ausonio annoverava Capua tra le prime otto città dell’Impero, terza d’Italia dopo Roma e Milano. Nonostante i gravissimi danni provocati dai Vandali di Genserico nel 456 d.C., Capua restò sotto i Longobardi
Cofanetto d’osso con monete d’oro di Teodosio, Arcadio e Onorio, da una casa di Capua antica Museo Archeologico dell’Antica Capua
una delle principali città della Campania e ancora nel 787 i vescovi di Benevento ricevettero il futuro Carlo Magno per rendergli omaggio proprio a Capua. L’incursione saracena dell’841 fu determinante per spingere i Capuani a spostare la sede della loro città in un luogo più facilmente difendibile. Il sito prescelto fu il porto fluviale di Casilinum, dove dall’856 iniziò una nuova pagina della plurisecolare storia di Capua. La città romana si frantumò in tre borghi raccolti intorno alle tre principali chiese: Sant’Erasmo, San Pietro e Santa Maria separati da ampi spazi oramai diventati campagna e sede di orti. Fu proprio l’ultimo dei citati borghi che diede nome alla ripresa dell’occupazione in chiave urbana dei luoghi a partire dal XVIII secolo, con il progressivo sviluppo dell’attuale Santa Maria Capua Vetere.
l’anfiteatro campano
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1 biglietteria / accoglienza 2 edificio a otto lati con fontana monumentale al centro (ninfeo, II secolo d.C.)
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resti dei muri della cavea del primo anfiteatro, dove si esibì Spartaco, spianati nel corso della sistemazione della piazza davanti all’Anfiteatro Campano
4 grande porticato doppio con colonnato all’interno. Ripercorreva l’intero lato est della piazza (I-II secolo d.C.) 5
accessi principali all’arena, alle due estremità dell’asse maggiore (porte Iovia e Libitina, utilizzate rispettivamente per i vincitori e per i vinti)
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piano dell’arena, più basso rispetto alle gradinate per motivi di sicurezza. Attraverso le botole salivano dai sotterranei le bestie per gli spettacoli e gli allestimenti delle grandiose evocazioni mitologiche (le silvae)
7 I sotterranei (carceres) avevano un sistema di smaltimento delle acque, stalli per le bestie e macchine elevatrici 8
Grande cisterna a due navate con copertura a volta. Raccoglieva l’acqua piovana e dell’acquedotto e costituiva il deposito per i giochi d’acqua nell’arena e le aspersiones con profumi sulle gradinate
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La facciata esterna si elevava su quattro ordini di arcate in calcare del Tifata. Teste di divinità erano al centro di ciascun arco e nei fornici erano installate statue. Le decorazioni risalgono al II secolo d.C.
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Museo del Gladiatore. Sono esposti il plastico dell’anfiteatro e i rilievi che decoravano le transenne delle gradinate. Diorama con ricostruzione di un combattimento tra gladiatori
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Grande piscina (natatio; 68x30 metri), con due absidi alle estremità e sedili all’interno, per le esercitazioni atletiche. Per la visita: usciti dal sito, l’accesso è al Parco Urbano alle spalle dell’anfiteatro
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Anfiteatro Campano, ingresso all’area archeologica, Vittoria
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l’anfiteatro campano L’anfiteatro fu inserito in una complessiva riorganizzazione dell’area subito fuori dalle mura Ovest della città. Dopo la demolizione dell’arena di Spartaco, alla fine del I secolo d.C. (con restauri di Adriano e Antonino Pio) fu costruito un grandioso nuovo anfiteatro in grado di ospitare sino a 60.000 spettatori. Il modello di riferimento fu il Colosseo di Roma, rispetto al quale l’edificio di Capua è di poco inferiore.
Alto in origine 44 metri, la struttura fu realizzata interamente con calcare del monte Tifata. La facciata presentava quattro piani, i primi tre con arcate sovrapposte, il blocco centrale di ciascun arco era decorato con una testa di divinità, forse utilizzate anche come riferimento per raggiungere i vari settori della cavea. Gli spettatori si accomodavano secondo il rango sociale in ciascuno dei tre settori nei quali erano suddivise le gradinate (meniani). Per garantire la sicurezza degli spettatori l’arena era separata dalle gradinate da un alto muro e poggiava su un sistema di sotterranei divisi nel senso della lunghezza in nove corridoi paralleli. Qui si trovavano i macchinari scenici, gli addetti e i protagonisti degli spettacoli. Due cisterne poste sui lati est ed ovest rifornivano d’acqua per le esigenze di funzionamento e per giochi d’acqua tra i quali le famose aspersiones del pubblico con profumi.
Anfiteatro Campano lato est, facciata originaria con teste di divinità negli archi Anfiteatro Campano, sotterranei
| il museo dei gladiatori
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il museo dei gladiatori Come si svolgevano le giornate di festa durante le quali avvenivano i combattimenti dei gladiatori? Come erano vestiti e quali armi indossavano gli eroi dell’arena? Questa ed altre domande ricevono risposta in questo spazio articolato in due ambienti principali. La prima sala è dedicata al mondo dei gladiatori e alla presentazione di alcune testimonianze della storia del sito da luogo di sepoltura a
quartiere per gli spettacoli. La seconda illustra la splendida decorazione che rivestiva le gradinate dell’anfiteatro. Balaustre e transenne raffigurano con arte sapiente gli animali esotici che venivano uccisi nel corso delle cacce spettacolarizzate (venationes), miti greci e romani, forse gli stessi messi in scena in occasione dei ludi, sia raffigurazioni realistiche commemorative della costruzione e dell’inaugurazione dell’anfiteatro. Decorazioni in marmo dall’Anfiteatro
sala V
sala VII
sala V
sala VIII
sala III
sala IX
sala II
sala X
sala I
la preistoria
II-III l’età del ferro IV-V l’età arcaica VI
i santuari e l’architettura monumentale
il museo archeologico dell’antica capua
I
sala VI
VII-IX
da città etrusca a capitale sannita tra V e IV secolo a.C.
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il santuario al Fondo Patturelli
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il museo dell’antica capua
Il Museo con il laboratorio di restauro, i depositi e gli uffici di direzione si trovano nell’edificio dell’ex Incremento Ippico, parte di una caserma di cavalleria costruita alla metà del 1800. L’insediamento militare aveva inglobato al suo interno la torre di Sant’Erasmo (attuale ingresso) dove nel 1278 nacque Roberto d’Angiò e dove fu ospitato il papa Bonifacio VIII. La torre si era a sua volta insediata sui resti del Capitolium dell’antica Capua che occupava l’area centrale del lato sud del foro. Le nove sale di esposizione, installate nella rimessa delle carrozze, sono distribuite su due navate separate da archi.
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I materiali sono ordinati cronologicamente e per luoghi di rinvenimento: la Preistoria (I), l’età del Ferro (II-III), l’età arcaica con il consolidarsi delle aristocrazie cittadine e della città (IV-V), i santuari e l’affermarsi dell’architettura monumentale (VI), la grande Capua dei Campani da città etrusca a capitale sannita tra V e IV secolo a.C. (VII, VIII, IX), il santuario di Uni (Giunone)/ Diana Iovia al Fondo Patturelli (X). Interessanti le urne per contenere le ceneri dei defunti e gli utensili che dimostrano strettissimi rapporti con l’Etruria, i vasi di età geometrica importati dalla Grecia. Eccezionali gli splendidi oggetti d’argento di stile orientale (coppa, conocchia e orecchini della tomba 722), le fibule da parata (tomba 375) con statuette raffiguranti bovini circondati da figure umane in atteggiamento di lutto, forse un sacrificio in onore di una defunta di particolare prestigio sociale, i raffinatissimi vasi di bronzo importati dalla Laconia (Grecia
| il museo dell’antica capua
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del sud) e dalla Magna Grecia, i vasi dipinti a figure nere e a figure rosse prodotti ad Atene con miti e scene di rituali religiosi. Gli invincibili guerrieri campani con armi e cinturoni sannitici sono riprodotti sia su ceramiche di officine locali, sia sulle pareti dipinte delle tombe. Da non perdere le famose statue di tufo raffiguranti aristocratiche signore campane in trono con bambini tra le braccia dal santuario del fondo Patturelli.
Cratere utilizzato come urna cineraria e calderone in bronzo, dalla tomba 1426, Fornaci Fibula da parata, dalla tomba 375, Fornaci Stamnos a figure rosse da Atene dalla tomba 882, Fornaci alle pagine 28 - 29 Fante con armatura di tipo sannitico dalla tomba 16, San Prisco Anfora campana a figure rosse con sacrificio in onore di un guerriero
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mostra laboratorio “dei ritratti” Nelle sale dall’XI alla XX, destinate al periodo romano, è stato allestito un laboratorio archeologico innovativo che coinvolge il visitatore nella costruzione della futura esposizione seguendo il filo rosso segnato da otto straordinari capolavori della scultura dall’età ellenistica all’età imperiale: dallo scavo archeologico al magazzino, dalla biblioteca allo studio per il posizionamento delle statue, dal luogo di ritrovamento al significato nella cultura romana, sino agli effetti sulla sensibilità moderna. Suggestioni di luci, stimoli olfattivi e impressioni narrative rendono l’esperienza unica, curiosa e coinvolgente. Visite su prenotazione.
Trittolemo, dall’ex cinema Politeama, e il laboratorio “Dei Ritratti” Coppa medio geometrica importata dalla Grecia, dalla tomba 248, Fornaci
L’antica Capua, attuale Santa Maria Capua Vetere, fu per molti secoli la capitale della Campania. Famosa per le ricchezze dei suoi cittadini e per lo stile di vita particolarmente elegante delle sue classi dirigenti, secondo solo a Sibari, Capua antica è ricordata soprattutto per gli ozi che seppe offrire al rude Annibale nel corso della seconda guerra punica e per la sconvolgente, tragica e sanguinosa rivolta di schiavi gladiatori capeggiata da Spartaco nel 73 a.C.
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ISBN 978-88-569-0378-2
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788856 903782