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musica | le note di mattia vlad morleo
le note di mattia vlad morleo per “drawing the holocaust”
Colonna sonora dell’omonimo documentario del regista Massimo Vincenzi in onda il 27 gennaio su Rai Storia in occasione della Giornata della Memoria”
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Arriverà su tutte le piattaforme digitali il 28 gennaio 2022 Drawing The Holocaust – Original motion Picture Soundtrack (Believe music Italy), la colonna sonora composta dal giovanissimo mattia Vlad morleo per il documentario Drawing the Holocaust – Disegni dall’Olocausto, in onda in prima serata giovedì 27 gennaio 2022 su Rai Storia - canale 54 in occasione della Giornata della memoria. Un evento speciale che vede insieme il regista massimo Vincenzi e un astro nascente della musica per film, mattia Vlad morleo che, a soli 21 anni, dà una forma musicale al racconto della Shoa per immagini di Drawing The Holocaust e lo fa attraverso la particolare sensibilità di chi, per ovvi passaggi generazionali, non ha potuto avere un dialogo diretto con i superstiti. L’opera del regista massimo Vincenzi – in onda proprio nella Giornata della memoria –racconta la tragica quotidianità dei campi di concentramento attraverso i disegni dei prigionieri: una rappresentazione drammatica in cui emerge tuttavia anche la forza della speranza. Per molti di loro, infatti, l’arte è stata essa stessa fonte di sopravvivenza, di evasione, di mantenimento dell’Io. «Appartengo alla Generazione Z, - racconta il musicista - sono quindi fra i nati tra il 1996 ed il 2010. molti giovani non sanno neppure perché si celebra la Giornata della memoria, c’è un vuoto, una mancanza di conoscenza proprio su quei temi che a mio parere andrebbero invece soprattutto trasmessi. Penso quindi che ognuno di noi abbia un compito. Sensibilizzare con racconti, immagini, video, film e musica è l’unico mezzo che abbiamo per far in modo di arginare il silenzio e quindi la possibilità di ritrovarci nuovamente in tali condizioni un giorno. Il mio contributo è quello di sensibilizzare attraverso la musica che compongo e che nasce dal manifestare sentimenti ed emozioni che coltivo nella mia interiorità e che sento il bisogno di trasmettere nella
speranza di scuotere la sensibilità di ciascuno. La storia ci appartiene e per quanto dolorosa non possiamo eluderla ma anzi abbiamo il compito, attraverso i mezzi ed i talenti che possediamo, di creare opportunità di conoscenza per non sbagliare di nuovo.» Nato a Fasano in provincia di Brindisi, mattia Vlad morleo è musicista e compositore di musica classica moderna ed elettronica ed è tra i più prolifici della sua generazione. Ha imparato a suonare il pianoforte ad 8 anni con suo padre e si è formato al Conservatorio N. Piccinni di Bari. Ha esordito in RAI all’età di 17 anni con la scrittura della colonna sonora del docufilm Fossoli – Anticamera per l’Inferno dello stesso regista massimo Vincenzi. Nel 2019 ha scritto la colonna sonora del film Santa Subito di Alessandro Piva, vincitore del Festival del Cinema di Roma, presentato nel 2021 su Sky Arte e alla Camera dei Deputati. Seguendo le indicazioni e la visione del regista massimo Vincenzi, con il pianoforte e un ensemble d’archi, il compositore ha composto una narrazione musicale che scorre inseguendo le immagini e avvolgendo lo spettatore nella storia del documentario. Se il pianoforte racconta perfettamente le fragilità umane, i brani a cui si aggiungono anche gli archi sono lo specchio della tragicità della realtà vissuta nei campi di Theresienstadt, mauthausen, Dachau, BergenBelsen, Buchenwald ed Auschwitz. Gli strumenti musicali – al servizio di mattia – si alternano quindi creando una soundtrack capace di andare oltre il semplice ascolto passivo, collaborando alla creazione della narrazione in un flusso profondamente empatico. Drawing The Holocaust – Original motion Picture Soundtrack è però l’occasione per il compositore di raccontare in musica una storia indimenticabile, che inconsapevolmente avvicina nuove e vecchie generazioni tra ombre del passato e ammonimenti per il futuro.
il Bosco si colemi a tuturano e il campo di prigionia pg85
Giovanni Maria Scupola
Il campo di prigionia nei della Masseria Paticchi “ pressi fu attivo fino all’armistizio del ‘43”
Il Bosco Colemi, nei pressi di Tuturano nel brindisino, fu scelto come sede per l’accampamento delle truppe italiane - una vasta tendopoli capace di accogliere fino due-tremila soldati per volta - in attesa di imbarcarsi per la Grecia o l’Albania, inseguendo il sogno di un Impero d’Oltremare. Riposti nel cassetto i sogni di grandezza, subito dopo l’armistizio, in zona fu dispiegata la Divisione Fanteria Piceno che, già assegnata alla difesa costiera della Puglia, fu la prima a passare sotto il comando dell’Esercito Cobelligerante Italiano del Regno del Sud, con il compito anche di proteggere il re Vittorio Emanuele III in fuga da Roma. La scelta dell’accampamento a Colemi fu prettamente strategica: il bosco, situato non troppo lontano da Brindisi, forniva sufficiente riparo non solo contro le intemperie ma, soprattutto, rendeva invisibile l’accampamento, agli aerei britannici che, nottetempo e fino alle prime luci dell’alba, bombardavano dal cielo le nostre terre; inoltre era vicinissimo a Tuturano, ricco borgo agricolo a quell’epoca, dove era possibile e facile approvvigionare le truppe di quanto necessario per il sostentamento. Continuando la ricerca sul web trovo, associato a Tuturano ed anche a Colemi, la sigla PG85 dove PG rappresenta l’acronimo di “Prigionieri di Guerra” , mentre il n°85 contraddistingueva territorialmente il campo di prigionia. Infatti poco lontano da Colemi, esattamente presso la masseria Paticchi, negli anni della guerra e fino all’armistizio dell’8 settembre 1943, era attivo un campo militare dove vivevano reclusi alcune migliaia di prigionieri di guerra, soprattutto inglesi, catturati durante le battaglie in Grecia o Nord Africa e condotti via mare a Brindisi. Per inciso, va ricordato che subito dopo l’armistizio, il 10 settembre 1943, ci fu la venuta del Re a Brindisi che, in quanto sede del Governo, fu anche Capitale d’Italia o, come sostengono gli storici minimalisti e coloro i quali proprio non digeriscono che Brindisi possa essere stata, sia pure per breve periodo ed in un’epoca particolare, Capitale d’Italia: Capitale del Regno del Sud, in contrapposizione alla Repubblica di Salò. A scanso di equivoci va detto che questo campo militare non aveva nulla a che spartire con i famigerati campi di concentramento, ma era uno di quei posti dove venivano custoditi e, in periodo di sovraffollamento, letteralmente stipati, i soldati nemici ed in cui, grazie anche al rispetto della Convenzione di Ginevra, erano comunque garantiti i diritti fondamentali. All’interno di uno dei locali vi sono ancora stesi dei vecchi fili spinati arrugginiti che fanno accapponare la pelle, ricordando quello che fu nei primi anni quaranta la destinazione dei fabbricati. Delle baracche in legno dove erano ospitati i sottufficiali non vi è alcuna traccia mentre, sappiamo che i soldati semplici nemici, che erano la stragrande maggioranza, erano ospitati in una distesa di tende, probabilmente nella zona, all’epoca recintata e protetta dal filo spinato, fra la masseria e Fiume
Grande, che scorre a circa duecento metri ad est del corpo di fabbrica principale: il fiume fungeva, a quanto pare, oltre che da fossato naturale anche, assai più umilmente, da latrina da campo. L’esistenza e l’ubicazione, di questo grande campo di prigionia, fa comprendere, insieme al bosco Colemi che, con le sue alte e fitte fronde, nascondeva il contingente italiano, perché, a differenza della vicina Brindisi, Tuturano, pur essendo importante dal punto di vista militare, fu sempre risparmiata dai bombardamenti nemici. Non c’è traccia di alcuna esecuzione sommaria, anche se le leggi di guerra lo permettevano in caso di disobbedienza o tentativo di fuga, salvo il caso della punizione corporale di alcuni prigionieri, che furono legati mani e piedi per aver tentato la fuga, in un periodo, però, in cui a causa di una epidemia di meningite che aveva colpito non solo il campo di prigionia – causando una mezza dozzina di vittime – ma anche Tuturano, la zona fu sottoposta a ferrea quarantena, per evitare che la malattia si diffondesse all’esterno.