ARTEMISIA N° 31 - Anno VIII° - Gennaio / Marzo - 2019
... in questo numero ... L’ECLISSI DI LUNA LA GRANDE MADRE E LA VERGINE MARIA IL MITO DEI DRAGHI I BRIGANTI IL GIORNO DELLA MEMORIA LE FOIBE LA PERSECUZIONE PAGANA IL CARNEVALE VOYNICH SABBAT ed ESBAT wiccan ... e molto altro ...
Approfondimento * * MATERA CAPITALE DELLA CULTURA Speciale * ALMANACCO WICCA* 2019
Anno VIII° N°31 Gennaio Marzo 2019
IN QUESTO NUMERO... Apriamo il 2019 con un numero di Artemisia ricco di argomenti. Analizzeremo il 2019 dal punto di vista Numerologico, parleremo dell’Eclissi di Luna. Dedicheremo un bell’articolo alla Capitale della Cultura 2019, Matera, orgoglio d’Italia. Approfondiremo alcuni fatti di storia, come la Persecuzione Pagana, il Brigantaggio, l’Olocausto e le Foibe. Andremo alla scoperta del Voynich (il misterioso manoscritto), dei miti sui Draghi e dei Druidi. Parleremo del Carnevale, della Dea Madre e di una ipotetica seconda Sfinge nella piana di Giza. Ovviamente parleremo degli Esbat e dei Sabbat wiccan e di come vivere l’inverno con piacere. Questi sono solo alcuni dei tanti argomenti che presentiamo in questo Numero, che vi accompagnerà in questi tre mesi. Con questo numero Artemisia inizierà ad essere pubblicata anche su “Readazione”, un’App editoriale Mobile per iOS e Android, consultabile sempre gratuitamente (basta scaricare da GooglePlay l’applicazione). Voglio con l’occasione ringraziare tutti coloro che scrivono e collaborano con Artemisia: Leron (il nostro presidente), Luthien, Federica, Vanessa, Arved, Rossella, Francesco, Giulia, Sabrina, Claudia, Tommaso, Lorenzo, Valeria, Sibilla e la Coven del Quadrifoglio. Grazie a tutti voi per il vostro affetto e vi auguro una buona lettura!
Informiamo tutti che è possibile contribuire alla stesura di Artemisia. I lettori potranno inviare articoli scrivendo alla E-mail:
italus.info@gmail.com
Tommaso Dorèl Direttore di Artemisia
Un particolare ringraziamento va al grafico impaginatore Francesco (VoxGraphic), a Sibilla e Claudia redattori della rivista, a Tommaso Dorel direttore della Rivista e a Leron presidente dell’Associazione Italus, un Grazie anche a tutti coloro che hanno contribuito a questo numero di Artemisia.
SOMMARIO • ITALUS COMUNICA---------pag.3 Speciale Speciale - Almanacco Wicca 2019 -------------------------------------pag.15 • FORUM --------------------pag.16 Numerologia del 2019 --------pag.16 L’Eclissi lunare -----------------pag.18 Hygge e l’inverno --------------pag.20 Una seconda sfinge a Giza? ---pag.21 10 siti archeologici sommersi -pag.22 Le onde dei telefoni cellulari sono dannosi?-------------------------pag.23 Errori nell’Iliade ---------------pag.24 I druidi, una sapienza perduta ----------------------------------------- pag.25 Approfondimento Matera, Capitale culturale ---pag.27 • DOSSIER ------------------pag.31 La Grande Madre e la Vergine Maria -------------------------------------pag.31 Le radici del mito dei draghi ---pag.33 Briganti, la tragedia del sud ---pag.35 Genocidi, giorno della memoria -----------------------------------------pag.39 Foibe, il giorno del ricordo -----pag.41 La persecuzione pagana ------pag.44 Il Carnevale -------------------pag.49 Il Carnevale Veneziano --------pag.51 Il Carnevale di Viareggio ------pag.53
• SOPHIA --------------------pag.55 Se non ci fosse stato il cristianesimo quale religione si sarebbe affermata? -------------------------------------pag.55 Egitto, simboli e miti ----------pag.56 Voynich, il manoscritto più misterioso mai conosciuto ------------------pag.59 • WICCA ---------------------pag.63 Esbat della Luna del Lupo -----pag.63 Esbat della Luna del Ghiaccio --pag.64 Esbat della Luna del Seme ----pag.65 Preparativi per Imbolc --------pag.67 Sabbat di Imbolc / Februa -----pag.68 Preparativi per l’Equinozio ----pag.69 Sabbat dell’Equinozio di Primavera --------------------------------------pag.70 • Consigli per la Lettura -----pag.71
Artemisia è una rivista interattiva e ci tiene ad esserlo, noi non pontifichiamo ma comunichiamo, per cui ognuno di voi si senta libero di scriverci. Saremo lieti, per quanto possibile, di esaudire le vostre richieste e pubblicare i vostri lavori. Siamo cnsapevoli che alcuni articoli sono tratti da internet, ma è responsabilità dei singoli autori, da parte nostra c’è la voglia di comuncare e informare nel modo più corretto e indipendente.
ITALUS COMUNICA Buon Anno e sereno 2019! Con questo nuovo anno la ITALUS Associazione si avvia a compiere 8 Anni! Concludiamo un 2018 molto bello per le attività Associative. Abbiamo organizzato molti eventi, molti incontri, anche nell’anno appena concluso abbiamo organizzato l’Italus Weekend, che riproponiamo a maggio 2019. Abbiamo svolto dei Workshop per i non udenti, ed è stata un’esperienza bellissima. Potremmo fare un lungo elenco di quello che abbiamo fatto, ma sarebbe noioso, perché sono davvero tante le cose che in un anno facciamo. Ci soffermiamo solo a sottolineare la nostra gratitudine nei vostri confronti, voi che ci seguite. Riceviamo tanti apprezzamenti da parte vostra, questo è il motore che alimenta la Italus Associazione. Per noi la Italus è un hobby, ci piace incontrare nuova gente, ci piace confrontarci alla pari con voi, ci piace comunicare/trasmettere ciò che noi in privato abbiamo approfondito, tramite corsi e studi, e notare il vostro positivo riscontro ci rende soddisfatti, anche quando magari tutto questo ci costa un po’ di fatica. Ciò che a Noi importa è comunque il vostro affetto, GRAZIE! Noi continueremo sulla nostra strada, così come abbiamo fatto in questi 7 anni. Per accompagnarvi in questo nuovo anno vi ricordiamo il nostro Almanacco Wicca 2019. Ricordatevi infine di prenotare, entro il 20 Marzo 2019, l’adesione all’annuale Italus Weekend 2019, esperienza da fare almeno una volta. Ancora Grazie, a tutti un sereno 2019 e una buona lettura di Artemisia. www.italus.info italus.info@gmail.com
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Qui di seguito alcune foto degli eventi svolti dalla Italus da Settembre a Dicembre 2018.
ITALUS COMUNICA
ITALUS 2018
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ITALUS COMUNICA
ITALUS E I SUOI PROGETTI ITALUS ASSOCIAZIONE CULTURALE WICCA Italus è un’Associazione Culturale Wicca, senza scopo di lucro, apolitica, fondata sul volontariato, che opera nel campo delle spiritualità Wicca, della Cultura, del Benessere, dell’Ambiente e della Solidarietà e che, tramite attività rivolte ai soci e alla collettività, intende favorire la crescita culturale, etica e spirituale degli individui. Maggiori Info: Sito Ufficiale: https://www.italus.info Facebook: https://www.facebook.com/italus.associazione/?ref=hl Twitter: https://twitter.com/ITALUS_forum
CENTRO STUDI DELL’ASSOCIAZIONE ITALUS (C.S.I.) Il Centro Studi dell’Associazione Italus riunisce tutte le persone interessate, professionisti e semplici appassionati, che hanno un serio interesse per: • lo studio dei diversi aspetti delle culture del mondo; • la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale italiano (paesaggio e beni culturali); • lo studio, la pratica e la tutela della spiritualità comune wicca e in generale neopagana; • lo studio delle scienze naturali come supporto alla medicina occidentale; • uno sviluppo sociale, economico e tecnologico in armonia con la natura; • l’organizzazione di progetti d’interesse sociale. Maggiori Info: http://www.italus.info/centro-studi2.html
ARTEMISIA Rivista Artemisia è una rivista d’informazione, legata alla vita dell’Associazione Italus, ma con un occhio attento sul mondo che ci circonda, sulla cultura e sulla spiritualità Neopagana. Artemisia è una pubblicazione trimestrale on-line, gratuita, dunque non cartacea. Come organo di espressione dell’Associazione Italus, si propone come novità tra le pubblicazioni tipiche delle associazioni culturali. Maggiori info: http://www.artemisia1.blogspot.it
ITALUS EDIZIONI Italus Edizioni è un servizio editoriale (non è una vera e propria casa editrice) qualificato proposto dall’Associazione Italus a chi voglia avere la possibilità di veder stampati i propri libri in modo economico. Pubblichiamo libri, realizzati in vari formati, spaziando in ambiti disparati: saggistica e varia (storia, arte, fotografia, religione, filosofia, ecc.), narrativa, poesia, ecc. In formato cartaceo o anche digitale (e-book)! Maggiori info: http://www.italusedizioni.blogspot.it/
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Maggiori info: http://spiritualbenessere.blogspot.it/
PAGAN SERVICES (Servizi Pagani) Pagan Services è una serie di servizi offerti dall’Associazione Italus per la comunità Neopagana Italiana. Pagan Services offre a chi lo desidera, Cerimonie di Handfasting, Rituali di Benvenuto, Handparting e Cerimonia di Commemorazione. Maggiori info: http://paganservices.blogspot.it/
ITALUS COMUNICA
SPIRITUAL WELL-BEING (benessere spirituale) Spiritual Well-Being è un progetto che propone incontri, corsi e pratiche tutte concentrate al benessere spirituale/energetico. Come Associazione siamo certi e convinti che l’uomo può vivere serenamente, che il segreto sta in noi e dobbiamo solo scoprirlo, siamo convinti che si può vivere felicemente, senza sofferenze. Cercheremo di dimostrarvelo, invitandovi a partecipare ai nostri incontri e di provare in prima persona.
ACCADEMIA WICCA ITALIANA (a.w.i.) Una vera e propria Scuola on-line, un percorso dalla durata di 3 Anni. Il nome Accademia infatti è stato adottato non per caso. Essendo la Wicca una spiritualità influenzata da varie correnti filosofiche ed esoteriche, è inevitabile quindi uno studio anche delle filosofie (quelle più influenti nella wicca) e della storia (sia della wicca ma anche della decadenza del paganesimo antico oltre che della stregoneria). Ecco quindi che come un’accademia “classica” si darà modo di studiare materie che arricchiscono culturalmente il “neofita” (affronteremo anche nozioni di alchimia per esempio). Come tutte le scuole, anche l’A.W.I. ha un programma teorico e pratico e prevede una serie di valutazioni, con promozioni o bocciature se non anche le espulsioni. Maggiori Info: http://accademiawiccaitaliana.blogspot.com/ ARTEMIDEA ArtemIdea è un e-commerce della Italus Associazione. Per poter garantire buoni servizi gratuiti o a prezzi molto economici abbiamo ritenuto opportuno creare un e-commerce per auto-finanziarci e far fronte alle varie spese associative.…. ARTEM IDEA può considerarsi un bazar, dove al suo interno si può trovare un po’ di tutto; - Bijoux, - Idee Regalo, - Arte Visiva, - Oggettistica, - Accessori, - Artigianato di vario tipo, con una sezione riservata alla - WICCA. Maggiori info: http://artemideashop.blogspot.it/ MEMORIE STORICHE Memorie Storiche ha come intento la promozione culturale e stimolare la conoscenza, la valorizzazione e la salvaguardia del patrimonio culturale italiano. Concepiamo il viaggio (la visita) come occasione di arricchimento e di crescita personale, suscitando la curiosità delle persone per i nostri beni culturali in generale (musei, aree archeologiche, ecc.). È una iniziativa del Centro Studi dell’Associazione Italus. Al progetto collabora anche l’Associazione Artès. Maggiori Info: http://www.memoriestoriche1.blogspot.it
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ITALUS COMUNICA
PERCORSI ITALIANI Percorsi Italiani è un progetto ideato dal Centro Studi Italus, nasce dalla consapevolezza di vivere in una nazione particolarmente ricca di bellezze paesaggistiche, montane e marine, di tesori artistici e architettonici, di cultura e di storia. Grazie a chi collabora in questo progetto potremo creare video e guide totalmente gratuite! Maggiori Info: http://www.percorsitaliani.blogspot.it
SOPHIA Sophia è un progetto del Centro Studi della Italus Associazione. “Sophia” parla di Filosofia ma non la tratterà nel “modo classico”, ma in un “modo alternativo”. Il passato ci serve come spunto, ma è nel presente che vogliamo proiettarci! “Sophia” non vuole insegnare la filosofia, non vuole raccontare la biografia degli autori, ma vuole formulare nuove idee, nuovi pensieri, con persone comuni e pensanti, il tutto prendendo spunto dal pensiero passato proiettandolo però in un’ottica moderna. Maggiori Info su: http://www.progettosophia.blogspot.it
I RACCONTI DEI NONNI I Racconti dei Nonni è un progetto della Italus Associazione. Il progetto intende raccogliere: fiabe, filastrocche, poesie, o anche storie di vita, che i nostri Nonni ci raccontavano quando eravamo piccoli. Vogliamo tutelare una memoria ormai labile, crediamo che perderla sarebbe un grande errore. Maggiori Info: http://italusassociazione.blogspot.it/p/i-racconti-dei-nonni.html
CLIO Clio è un progetto ideato dal Centro Studi Italus, l’intento è quello di commemorare i più importanti personaggi che hanno contribuito alla nascita del Neopaganesimo e, più in generale, influenzato l’Esoterismo moderno. Maggiori Info: http://www.clioprogetto.blogspot.it
GIORNATA DELLA MEMORIA PAGANA La Giornata della Memoria Pagana è un progetto dell’ Associazione Italus, che vuole ricordare tutte le vittime innocenti, uccisi o torturati, solo perché fedeli ad antichi culti pre-cristiani o a ideali diversi da quelli dominanti nei secoli scorsi. Esso si ispira al più conosciuto evento del Giorno Pagano Europeo della Memoria. Maggiori Info: http://www.memoriapagana1.blogspot.it
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L’Evento si svolgerà ogni anno nella città di Roma, nel fine settimana successivo al Solstizio d’Estate. Maggiori Info: http://www.solstizioestate.blogspot.it
L’ITALIA NEL CERCHIO L’Italia nel Cerchio è un progetto ideato dal Centro Studi Italus, nasce con l’intento di promuovere la conoscenza di alcuni fra i più significativi siti archeologici d’epoca pre-romana presenti nella penisola. Si tratta d’insediamenti umani, di solito posti in altura, contornati da basse mura di pietre a secco dal tracciato più o meno circolare o ellissoidale, ancora non sufficientemente studiati, pur essendo da sempre conosciuti dalle popolazioni locali.
ITALUS COMUNICA
SOLSTIZIO D’ESTATE Solstizio d’Estate, con questo progetto l’Associazione, con la collaborazione della Coven Wica Italica del Quadrifoglio, vuole condividere con chi lo vuole, i festeggiamenti del Solstizio d’Estate.
Maggiori Info: http://www.italianelcerchio.blogspot.it
SAKROS Sakros è un progetto ideato dall’Associazione Italus, ambizioso ma non impossibile, l’idea è quello di creare una costruzione, un luogo, un sito, in cui ogni neopagano potrà riunirsi e celebrare le proprie divinità, i propri riti, la propria spiritualità. Maggiori Info: http://www.progettosakros.blogspot.it
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ITALUS COMUNICA
ITALUS ASSOCIAZIONE CULTURALE WICCA Programma gennaio 2019 / giugno 2019 Le date e maggiori informazioni saranno pubblicate all’interno del Sito Internet dell’Associazione e nelle Pagine Facebook e Twitter
www.italus.info
Per maggiori informazioni a riguardo scriveteci alla E-mail: italus.info@gmail.com oppure Telefonate al: 350 0457148 *** *** ***
10 Febbraio - SCIAMANESIMO E LA RUOTA DELLA MEDICINA
Essere in armonia con la Natura e diventare una cosa sola con la Vita accedendo ad altre realtà. Argomenti del Workshop: - Cos’è lo Sciamanesimo e i suoi Valori; - Differenza tra praticare lo Sciamanesimo ed essere Sciamani; - Gli Strumenti dello Sciamanesimo; - Il Viaggio Sciamanico e i Mondi Spirituali. - Gli Spiriti Guida. - La Ruota di Medicina e lavorare con le Direzioni (nord/terra/corpo – sud/fuoco/spirito – ovest/acqua/ emozione – est/aria/intelletto) e i Cicli della Natura; - Il Sogno (il suo potere, come interpretarli e lavorare con essi); - L’Arte come Ponte (l’arte come guarigione sciamanica, l’arte come viaggio); - Lavorare con i Sensi e i Riti Sciamanici.
* 24 Febbraio - IX° GIORNATA DELLA MEMORIA PAGANA in programmazione *
Marzo - IL POTERE DEI SIGILLI, DEI MUDRA, DEI MANTRA E DEI SIMBOLI NELLA TRADIZIONE MAGICO/ESOTERICA Il Linguaggio segreto dei Simboli e il loro Potere.
Argomenti del Workshop: - I Simboli e l’Uomo; - Il Talismano e l’Amuleto; - I Sigilli; - I Mudra. - Il Potere del Simbolo, della Parola e dei Mantra; - I Simboli nella Tradizione Esoterica/Massonica; - La Magia dei Simboli; - La Radionica e i suoi “schemi”.
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in programmazione * *
24 - 25 - 26 Maggio - ITALUS WEEKEND 2019 http://italusassociazione.blogspot.it/p/italus-weekend.html * *
Giugno - RITO WICCAN DEL SOLSTIZIO D’ESTATE in programmazione *
In Primavera si svolgeranno delle visite guidate. Come sempre vi saranno altri eventi, come le Serate Esoteriche.
ITALUS COMUNICA
* Marzo - RITO WICCAN DELL’EQUINOZIO DI PRIMAVERA
Artemisia è consultabile gratuitamente su: * Issuu * piattaforma di pubblicazione digitale www.isuu.com/artemisia1
* Readazione * App Mobile, per iOS e Android www.readazione.it
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ITALUS COMUNICA
ITALUS WEEKEND 2019 della Italus Associazione Culturale Wicca 24 - 25 - 26 Maggio 2019 L’Italus Weekend 2019 sarà svolto nei giorni del 24, 25 e 26 Maggio 2019, presso Terni, in campagna sulle rive del fiume Nera, Umbria. Un Weekend dedicato al benessere spirituale, immersi nella natura. *Come nostra consuetudine durante il Weekend faremo il viaggio sciamanico e poi visiteremo il Parco Archeologico della città romana di Carsulae, ma ci dedicheremo anche al benessere fisico e spirituale. *PROGRAMMA* *VENERDÌ 24 MAGGIO 2019 ore 12:00 – Inizio Weekend e Arrivo nel Casale; ore 13:30 – Pranzo; ore 16:00 – Presentazione della Italus Associazione e delle Attività; ore 16:30 – Rituale di Purificazione e Armonizzazione con i 4 Elementi, durante il quale ci sarà un’offerta al Genius Loci del Luogo; ore 17:15 – Silvo Terapia, contatto con gli alberi e radicamento, in riva al fiume Nera; ore 18:00 – Viaggio Sciamanico (seguendo la tradizione sciamanica si svolgerà un viaggio sciamanico per incontrare il proprio Spirito Guida); ore 20:30 – Cena; ore 22:00 – Serata dedicata all’Astrologia (conosceremo meglio questa “disciplina”). *SABATO 25 MAGGIO 2019 ore 8:30 – Cinque Wiccan (esercizi fisici/spirituali); ore 9:00 – Colazione; ore 10:30 – Workshop sui Talismani (cosa sono, a cosa servono e come crearli); ore 13:30 – Pranzo; ore 15:30 – Escursione al Parco Archeologico della città romana di Carsulae; ore 20:30 – Cena; ore 22:30 – Meditazione Creativa. *DOMENICA 26 MAGGIO 2019 ore 8:30 – Cinque Wiccan (esercizi fisici/spirituali); ore 9:00 – Colazione; ore 10:30 – Rituale di ringraziamento al Genius Loci del Luogo; ore 11:30 – Silvo Terapia, contatto con gli alberi e radicamento, in riva al fiume Nera; ore 12:30 – Fine del Weekend e rientro. *gli orari sono orientativi, soggetti a modifiche.
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*PER PRENOTARE* Il Giorno Ultimo per confermare la partecipazione è il 20 Marzo 2019, entro questa data bisognerà versare l’Acconto di €uro 60,00 . L’acconto (di euro 60,00) sarà restituito solo se l’Italus Weekend venisse annullato. *L’acconto potrà essere versato durante gli eventi della Italus o privatamente scrivendo ad italus.info@ gmail.com o telefonando al 349 7059383, per richiedere info. *PER MAGGIORI INFO* E-mail: italusinfo@gmail.com Tel.: 349 7059383
ITALUS COMUNICA
*COSTI* La quota complessiva del Weekend è di €uro 150, che andrà a coprire: colazione, pranzo, cena, pernottamento e tutte le attività elencate.
Pagina Internet: http://italusassociazione.blogspot.it/p/italus-weekend.html *** *** *** ALCUNE FOTO DELLA STRUTTURA CHE OSPITERA’ L’ITALUS WEEKEND 2019
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ITALUS COMUNICA SITO INTERNET (ufficiale): http://www.italus.info
FACEBOOK: https://www.facebook.com/italus.associazione/?ref=hl
E-MAIL (ufficiale): italus.info@gmail.com
YOUTUBE: http://www.youtube.com/user/ITALUSassociazione/videos
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TWITTER:: https://twitter.com/ITALUS_forum
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ARTEMISIA
Anno VIII°, N° 31 Qui di seguito riportiamo gli indirizzi di posta elettronica dell’Associazione Italus, strumenti di contatto tra l’Associazione e il pubblico tesserato e non.
Gennaio / Marzo 2019 *** *** *** *** *** *** DIRETTORE:
Sito internet dell’Associazione Italus: www.italus.info http://www.italus.info
Blog della Rivista Artemisia: http://www.artemisia1.blogspot.it
Tommaso Dorel REDATTORI:
Sabrina Lombardini (Sibilla) Tommaso Dore Leron (Francis Voice) Claudia G.
ITALUS COMUNICA
CONTATTI
GRAFICO - Art Director:
E-mail per informazioni generiche sull’Associazione italus.info@gmail.com
Fracesco - VoxGraphic (http://www.voxgraphic.it)
*** *** *** E-mail del Presidente dell’Associazione e del Consiglio Direttivo dell’Associazione italus.info@gmail.com
E-mail della rivista on-line Artemisia, per collaborare e inviare articoli; per comunicare con la rivista o inoltrare suggerimenti italus.info@gmail.com
E-mail per il Centro Studi Italus italus.info@gmail.com
Questa rivista non rappresenta un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001, essendo strumento informativo interno all’Associazione Italus. Il copyright degli articoli appartiene ai rispettivi autori.
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Almanacco Wicca 2019
SPECIALE ALMANACCO WICCA 2019 dodici pietre dell’anno, abbiamo infatti selezionato una pietra per ogni mese, ma tratteremo anche delle fasi lunari, dell’eclissi di luna e dei giorni della settimana. I Pleniluni (le lune piene), oltre a parlare dell’Esbat e dare qualche consiglio per ritualizzare, vengono descritti in chiave astrologica, infatti sarà spiegata, per ogni luna piena, anche l’energia creata dai transiti dei pianeti nei vari segno zodiacali. Ovviamente saranno descritti gli otto Sabbat, dando consigli su come ritualizzare. Un Almanacco ricco di informazioni, non vi resta che scoprirlo! Edito dalla ITALUS EDIZIONI Autori: Coven wiccan del Quadrifoglio In un mondo dove l’uomo ha perso i suoi ritmi, immerso in una vita frenetica, abbiamo deciso di creare questo Almanacco per accompagnarvi nella vita di tutti i giorni, regalandovi spunti per creare i vostri momenti di relax, per ricercare un’armonia con la Natura e i suoi cicli. Abbiamo pensato di creare un Almanacco che fosse raccoglitore/contenitore del vostro intero anno.
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Mese per mese l’Almanacco Wicca 2019 vi guiderà nelle fasi lunari e nelle festività wiccan (i Sabbat e gli Esbat). Ogni mese si aprirà con una piccola introduzione sul nome del mese corrente, sul segno zodiacale, sulle Lunazioni e quindi sui rituali ad essi connessi (gli Esbat). Ogni mese avrà un approfondimento su una pianta (con consigli su come utilizzarla al meglio), mentre nelle ultime pagine troverete degli approfondimenti sulle
PREZZO 15 € *Maggiori Info:
www.italusedizioni.blogspot.com
http://italusedizioni.blogspot. com/2018/11/almanacco-wicca-2019.html
FORUM
FORUM NUMEROLOGIA DEL 2019
Addizionando le cifre che compongono il 2019 abbiamo come somma il numero 3. Il TRE è il simbolo della pianta che mette i rami (triforcazione). La Perfezione divina, amata per la sua disparità. L’inizio della Genesi nel pensiero cosmico. È il triplice “compiuto” che racchiude sia il concetto di unione che quello di espansione. Corrisponde a Giove, che rappresenta l’autorità, il senso del dovere portando al massimo, la coscienza, la giustizia e una brillante riuscita nelle imprese più audaci.
Essendo emblema della Triade è altamente positivo e sacro: Vita, Verbum, Lux. Numerologicamente è il massimo del raggiungimento materiale e spirituale. Definito “numero perfetto” in quanto permette di tracciare il Triangolo, caro ai pitagorici, rappresenta la sintesi spirituale. Nella Triade egizia è il compimento della manifestazione divina nell’uomo. La Tri-unità di tutte le cose, il mistero fondamentale dell’Iniziazione intellettuale. Rappresenta l’aspetto più intellegibile all’uomo dell’Unità. Numero assolutamente positivo.
Da qui si presuppone che l’Anno 2019 sarà un anno molto positivo, non vi saranno grandi crisi geopolitiche (nemmeno guerre di grande rilevanza). Sarà sicuramente un anno che confermerà il cambiamento che ha iniziato a muovere i suoi passi nel 2017, per cui confermerà e assterà in un certo senso questo cambiamento. Non dimentichiamoci che in Europa sarà eletto e quindi rinnovato il parlamento quest’anno. Ad oggi la Numerologia non ci ha deluso, per cui siam convinti che sarà un anno equilibrato e positivo… potremmo quasi dire sereno.
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GLI EVENTI PIÙ RILEVANTI DEL 2019: 1º Gennaio - la Romania assume la presidenza di turno dell’Unione europea; 21 Gennaio - Eclissi di Luna, totale, visibile dall’Italia; 26 Maggio - Elezioni europee 2019; 1º Luglio - la Finlandia assume la presidenza di turno dell’Unione europea; 16 Luglio - Eclissi di Luna, parziale, visibile dall’Italia; 31 Ottobre - Fine mandato di Jean-Claude Juncker da Presidente della Commissione europea; Fine mandato di Mario Draghi da presidente della BCE; 30 Novembre – fine mandato di Donald Tusk da Presidente del Consiglio europeo; 26 Dicembre – Eclissi Solare, visibile dal sud dell’Asia.
EVENTI SPORTIVI: Dal 14 al 30 giugno: II Giochi europei a Minsk, Bielorussia; Dal 3 al 14 luglio: XXX Universiade a Napoli; Dal 31 agosto al 15 settembre: FIBA World Cup in Cina. ECLISSI DI LUNA VISIBILI DALL’ITALIA Eclissi lunare totale – 21 gennaio 2019 – dalle ore 3:.37 am / 08:48 am Eclissi lunare parziale – 16 luglio 2019 – dalle ore 20:44 pm / 02:18 am SOLSTIZI ED EQUINOZI L’Equinozio di Primavera cade il 20 Marzo, alle ore 22:58 pm Il Solstizio d’Estate cade il 21 di Giugno, alle ore 16:54 pm L’Equinozio d’Autunno cade il 23 di Settembre, alle ore 08:50 am
Il Solstizio d’Inverno cade il 22 di Dicembre, alle ore 05:19 am ORA LEGALE Domenica 31 Marzo ORA SOLARE Domenica 27 Ottobre FELICE 2019 !!!
Leron
Un’eclissi lunare è un fenomeno ottico durante il quale l’ombra della Terra oscura del tutto o parzialmente la Luna, questo si verifica quando la Luna si allinea perfettamente o parzialmente con la Terra, nascondendosi in un certo senso alla luce del Sole. Un fenomeno che capita in media due volte l’anno ma non visibile da tutta la Terra. Nel 2019 se ne verificheranno due visibili dall’Italia, una il 21 gennaio, che sarà totale, quindi il disco della Luna sarà oscurata totalmente dall’ombra della Terra, l’altra eclissi invece si verificherà il 16 luglio ma sarà parziale. Eclissi lunare totale avverrà lunedì 21 gennaio 2019, dalle ore 3:.37 am / 08:48 am. Dal punto di vista occultistico/ folkloristico l’eclissi lunare rappresenta un presagio infausto di dubbia natura, perchè secondo le superstizioni popolari: “la dove dovrebbe esserci un faro nella notte, candido come il latte, ora troviamo l’oscurità o la luna tinta di sangue”. Secondo alcuni studiosi di eso-
terismo indica anche “un’interruzione improvvisa” del normale flusso degli eventi, e sebbene l’azione esercitata dall’astro lunare sia comunque presente per la sua presenza fisica nel cielo, questa viene depauperata dall’azione “ombra” della terra. Dal punto di vista prettamente esoterico è facile notare come luna e sole che rappresentano simbolicamente:, intuzione/emozione e l’intelletto, si trovino i posizione assolutamente opposte, esasperando quindi anche l’opposizione di significati che essi riguardano, un periodo in cui il monto delle idee si scontra con l’emozioni, portando a una divisione interiore tale da causare conflitti e “oscurare” ogni idea o emozione. QUALCHE CURIOSITÀ Durante l’eclissi, molti indù credono che sia meglio astenersi dal mangiare e bere. La credenza persiste ancora oggi e in molti seguono la pratica, evitando cibo e bevande per tutta la durata del fenomeno.
FORUM
L’ ECLISSI LUNARE
Secondo la credenza induista, l’eclissi lunare (“chandra grahan”) è il momento dell’anno in cui un semplice taglio può lasciare una cicatrice per tutta la vita poiché fa persistere il sanguinamento per un periodo di tempo più lungo. Dal momento che l’eclissi lunare è vista soprattutto come un periodo buio, la cultura induista prevede che fare un bagno serva a lavare via tutta la negatività per assicurarsi di superare gli effetti avversi del fenomeno. Sempre nella cultura induista, alle donne in gravidanza è solitamente richiesto di stare all’interno delle abitazioni e di essere più caute durante un’eclissi lunare poiché i suoi effetti negativi potrebbero abbattersi sul bambino. In Africa, esiste un mito secondo cui l’eclissi lunare è il momento in cui il sole e la luna sono impegnati in una battaglia l’uno contro l’altra. Questa credenza esiste tra la gente del Togo e del Benin e significa che il periodo segna un momento in cui le persone si impegnano a mettere fine a tutte le faide.
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FORUM
Secondo gli Inca, l’eclissi lunare è vista come un attacco al satellite da parte di un giaguaro. Si crede che dopo aver attaccato la luna e averla divorata, il felino discenda sulla terra per scatenare la sua ira contro gli uomini. L’unico modo per fermarlo era provocare molto rumore e far abbaiare e latrare i cani colpendoli incessantemente per scacciare l’eclissi lunare.
CONSIGLI PER L’ECLISSI Godetevi questo magico fenomeno astrologico, questa danza del nostro amato satellite, quasi un abbraccio mistico con la Terra… non abbiatene timore ma godetevelo!
Francesco V.
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HYGGE E L’INVERNO
Eccoci qua, nel pieno dell’inverno, quando le energie sono al minimo e c’è bisogno di ricaricarsi e coccolarsi! Cosa possiamo fare di Hygge in questo periodo? (puoi vedere l’articolo di Artemisia passato per scoprire cos’è l’Hygge, se ancora non lo sai!) Passare del tempo con gli amici/ parenti! Sicuramente l’inverno ci porta a stare piÚ tempo chiusi in casa, un po’ per pigrizia, un po’ perchÊ fa troppo freddo! Però dovremmo cercare di non isolarci, ma trovare un modo per condividere quel tempo con qualcun altro. Quindi invitate gli amici per un the, per giocare insieme, per fare due chiacchiere! Rilassatevi quando siete soli in casa. Quando è pomeriggio ma è già diventato buio, fatevi una bella bevanda calda (cioccolato, thè o la vostra tisana preferita), mettete della musica rilassante e godetevi il vostro momento per coccolarvi.
Abbiamo appena iniziato un nuovo anno! Niente di meglio che iniziare a scrivere un diario nuovo. Se non avete voglia di fare la lista dei “buoni propositiâ€? perchĂŠ vi mettono piĂš ansia che altro, ci sono altre possibilitĂ . Potete per esempio dedicarvi al “diario della gratitudineâ€?* o magari iniziare a scrivere i sogni che fate durante la notte. L’abbiamo giĂ detto che d’inverno fa buio prima, vero? đ&#x;˜‰ Allora non c’è niente di meglio che scaldare l’atmosfera. Accendendo delle candele (sempre con attenzione), ce ne sono tantissime, di tutte le forme e di tutti gli odori! Scegliete la vostra preferita e illuminate casa di un calore rassicurante. Certo, se avete un camino è anche meglio! Potete decidere di sfruttare al massimo la luce del sole, facendo una bella passeggiata la mattina. Chi ha un animale peloso sarĂ un pochino costretto a farlo, ma pensate sempre che la luce del giorno
stimola il nostro cervello a produrre la melatonina, ci aiuta con le energie, con il buonumore e a riposare meglio. Sentite il tepore del sole sul viso quando passeggiate! Allora, siete pronti a godervi l’inverno? DIARIO DELLA GRATITUDINE. Potete decidere se farlo la mattina oppure la sera. Per qualche minuto ogni giorno, prendete l’abitudine di scrivere poche righe. La mattina potete iniziare per esempio per cosa siete grati o che cosa potrebbe rendere speciale la vostra giornata. La sera potete scrivere tutte le cose belle che vi sono successe.
Luthien
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UNA SECONDA SFINGE A GIZA?
Il ritrovamento di nuove prove storiche mostra come fino all’XI secolo d.C., sul plateau di Giza, esistesse una seconda sfinge in seguito smantellata. Nel 1858, François Auguste Mariette fu incaricato dal duca di Luynes di verificare la dichiarazione di Plinio il Vecchio che la sfinge era stata costruita, e non era monolitica. Aprì una trincea nei pressi della piramide di Khufu (IV Dinastia, 2589-2566 a.C.) e in un santuario di Iside (risalente al I secolo a.C.), trovò la cosiddetta “Stele dell’Inventario” in cui si afferma che “durante il regno di Khufu, egli ordinò la costruzione di un monumento della lunghezza della sfinge”. Questo porterebbe logicamente a concludere che la sfinge fosse già lì, e che la teoria accreditata, cioè che la struttura sia contemporanea di Khefre (IV dinastia, 2520-2494 a.C.), non è corretta. Non c’è da stupirsi quindi che la maggioranza degli egittologi provi ad attirare l’attenzione lontano dalla Stele dell’Inventario, perché pone troppi quesiti. Esiste però un testo del faraone Amenhotep II (ca. 1448-1420 a.C.), in cui la
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sfinge è menzionata come “più antica delle piramidi”. Si ritrova poi la famosa Stele dei Sogni di Tuthmosis IV (XVIII Dinastia, 1420-1411 a.C.), in cui alcuni egittologi (troppo frettolosamente) credono di aver visto il nome di Khefre. Tuttavia, ciò che è interessante è la rappresentazione di due sfingi. Nella Stele dell’Inventario, è menzionato un fulmine che colpì il tetto di una seconda sfinge,segnando l’inizio della fine di questa seconda struttura. Secondo l’archeologo Michael Poe, la seconda sfinge si trovava faccia a faccia con l’ancora esi-
stente sfinge. Era situata sull’altra sponda del Nilo, e fu distrutta da una violenta piena del fiume Nilo all’incirca nel 1000 d.C. Questa tesi è confermata da altri testi, come quelli del grande studioso e geografo arabo Al-Idrisi (10991166 d.C.) nelle sue due enciclopedie geografiche. Il famoso storico Musabbihi scrive di una “sfinge minore rispetto alle altre” dall’altra parte del Nilo, fatta di mattoni e pietre. In definitiva, questi racconti presentano prove concrete che, in origine, vi fossero due sfingi: una, la sfinge che esiste ancora, e una seconda sfinge sul lato opposto del Nilo, fatta di mattoni, prima danneggiata e in tempi relativamente moderni, nell’XI secolo, usata come una cava, poi completamente smantellata. Perché non si è più scritto nulla su questa seconda sfinge? Cosa c’è da nasconde? Forse il motivo è più complesso: queste Sfingi nascondono un accesso a qualcosa che sta sotto l’altopiano di giza? Valeria Dosa
Fino a quando i relitti di antiche navi sommerse ci sembravano testimonianze affascinanti e avventurose, figurarsi quando si riscopre sotto il mare un’intera città, con i suoi palazzi e le sue strade. Ecco una top ten dei dieci siti sommersi più interessanti del mondo. 1 Alessandria, Egitto – Su Alessandria molti conoscono una leggenda pochi anni fa ritornata alla luce della storia, quella del suo famoso Pharos, i suoi resti si trovano sia in terra che sotto il mare. 2 Pavlopetri, grecia - Al largo della costa meridionale greca, è uno dei più importanti siti subacquei del mondo, nonché la città sommersa più antica, popolata fino a 5 mila anni fa. Un tempo la città micenea fu un nodo commerciale pulsante di vita. 3 Ventotene, Italia - Nell piccola isola, lo scorso giugno, sono state ritrovate relitti di cinque navi romane, tutte ricolme di tesori e pregevoli manufatti antichi.
ne che i risultati potranno fornire informazioni sulla più antica civiltà precolombiana della regione. Per ora è stata effettuata soltanto una mappatura a computer, ma i lavori promettono bene… 6 Assuan, Egitto - grazie alle moderne tecnologie, ancora oggi, interessanti tesori stanno emergendo dalle acque Assuan sotto l’occhio vigile del capo dello SCA, zahi Hawass.
4 Campi Flegrei, Italia - A ovest di Napoli si estende una vasta area di origine vulcanica larga ben 13 km. Probabilmente si tratta del sito sommerso più attivo e frequentato del mondo, vantando oltre 20 punti di immersione con un parco archeologico sommerso.
7 Mare del Nord - Oggi il Mare del Nord è un tratto d’acqua di 600 miglia che separa la gran bretagna dai Paesi bassi, la germania e la Scandinavia, 60 mila anni fa era però un’enorme tavola ghiacciata Ecco perché qualche mese fa è stato possibile, per una squadra svedese, trovare il teschio di un neandertaliano insieme ad altri scheletri antichissimi nelle reti da pesca. Nuove indagini stanno producendo incredibili scoperte.
5 Havana, Cuba – Nella piccola isola dell’America Centrale numerosi esperti stanno studiando le megalitiche rovine nel Canale dello Yucatan, e qualcuno sostie-
8 Stretto di Solent, gran bretagna - Nascosta lungo una scogliera sottomarina a bouldner, al largo dell’Isola di wight, giace una struttura vecchia di 8 mila
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10 SITI ARCHEOLOGICI SOMMERSI
anni, che ha letteralmente stregato garry Momber, direttore della Società per l’Archeologia Marina dell’Hampshire e dell’Isola di wight. 9 Capo greco, Cipro - Al largo della costa orientale di Cipro, 1800 anni fa affondò una nave romana che trasportava ben 130 anfore della divina bevanda. Ma l’aspetto più interessante del ritrovamento sono gli oggetti contenuti nelle navi: testimonianze preziose sulla vita quotidiana che i marinai conducevano durante l’Impero Romano. 10 Maljevik, Montenegro - Il sogno di ogni esploratore che si rispetti: il sedicenne Michael le Quesne assaporava un’immersione nei pressi della città montenegrina di bar, nello scorso novembre, quando notò qualcosa di strano tra le onde dell’Adriatico. Ciò che poteva essere un semplice scoglio si rivelò una porzione di antiche colonne scanalate, probabilmente appartenute a un porto greco-Romano. Lorenzo Lucanto
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LE ONDE DEI TELEFONI CELLULARI SONO DANNOSI ?
Giunge ad un epilogo il dibattito sui rischi per la salute derivanti dall’uso dei telefoni cellulari. Il Prof. girish kumar, del dipartimento IIT di bombay, ha recentemente presentato un rapporto dettagliato al Dipartimento delle Telecomunicazioni indiano in cui mette in guardia contro l’uso eccessivo dei cellulari in quanto espone gli utenti ad un aumento del rischio di cancro, tumore al cervello e di molti altri problemi per la salute. Per i bambini la cosa è ancor più accentuata. l’uso dei cellulari per più di 30 minuti al giorno, per 10 anni, aumenta il rischio di cancro al cervello e neuroma acustico ma la radiazione dei cellulari provocherebbe anche danni irreversibili alla fertilità maschile. le
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frequenze utilizzate dai cellulari possono causare danni al DNA e favorire la formazione di radicali liberi all’interno delle cellule. Dagli studi del Prof. kumar si apprende anche che le frequenze dei cellulari interferiscono con il corretto funzionamento di alcuni dispositivi salvavita e possono scatenare la risposta allo stress in cellule umane e animali. A ciò si aggiunge, con un uso prolungato, la debilitazione del sistema immunitario e stimolazione di risposte allergiche e infiammatorie. l’utilizzo prolungato può anche danneggiare il sistema visivo in molti modi e portare ad un temporaneo riscaldamento del cervello nella zona irradiata come anche causare disturbi del sonno. In questo quadro la cautela
nell’utilizzo di questi dispositivi può solo aiutarci a vivere una vita migliore e con minori rischi per la nostra salute.
Vanessa Utri
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ERRORI NELL’ ILIADE
I protagonisti Greci dell’Iliade, gli Achei, sono ispirati ai Micenei, un popolo guerriero che intorno al II millenio si stanziò nel Peloponneso e negli anni della cosiddetta guerra di Troia, che diede vita a una vera e propria civiltà. Se è vero però che gran parte dei fatti narrati nel poema sembrano riferirsi a quella cultura (i Micenei si comportavano in guerra come tanti piccoli Achille), esistono alcuni passaggi dove i conti non tornano. Spesso Omero sembra infatti confondere le carte e sovrapporre all’epoca in cui sarebbero ambientati i fatti (XII-XI secolo a.C.) anche elementi del proprio tempo (per la maggior parte degli studiosi la prima metà dell’VIII secolo a. C.). Un esempio? Nei combattimenti i Micenei usavano i carri. Eppure i carri
“omerici” hanno qualcosa di strano. Non funzionano come accadeva presso i Micenei da arma di sfondamento: sono usati piuttosto come dei “taxi”. Entravano in campo, scaricavano il guerriero in prima linea, poi passavano a riprenderlo a combattimento finito. Questo significa che il poeta conosceva l’esistenza dei carri da guerra, ma non il loro effettivo uso. Anche per questo più spesso faceva combattere i suoi eroi a piedi. Anche qui però c’è qualche incongruenza. Gli scontri corpo a corpo erano démodé anche ai tempi di Omero. E in un passo dell’Iliade il poeta si lascia scappare la descrizione di un modo di combattere dei suoi tempi che ricorda molto da vicino la tecnica “elmo accanto a elmo, uomo accanto a uomo” della falange oplitica dell’VIII-VII secolo a. C. Si tratta, in questo caso, di un’antica formazione di com-
battimento composta da fanteria pesante schierata su più file, i cui soldati erano armati di lance o picche, scudi e spada. I Micenei non combattevano così: per gli storici questo dettaglio fu fondamentale per definire la data di composizione del poema (almeno nella sua forma scritta). Lo scivolone storico più stridente riguarda però i defunti. I Micenei infatti seppellivano i propri morti perché erano convinti che il rito funebre propiziasse il viaggio del defunto verso il regno dei morti. Nell’Iliade però non si parla mai di questo rito. Omero parla piuttosto di cremazione. Accadde così anche a Patroclo, amico intimo di Achille, morto in duello contro Ettore.
Rossella Vito
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I DRUIDI, UNA SAPIENZA PERDUTA
Parlare di Corporazione Druidica Nazionale, di concorsi letterari in poesia bardica o di scuole druidiche, così come di comunità druidiche, può apparire a primo acchito anacronistico e bizzarro, per chi dei druidi ha una conoscenza non approfondita o comunque mediata esclusivamente dalle vaghe nozioni scolastiche. Forse più nota al pubblico è la fortuna letteraria che il druidismo ha avuto nella narrativa fantasy moderna, a partire dall’immaginifica saga di Shannara del prolifico scrittore americano Terry Brooks. Eppure difficile trovare in altre antiche civiltà una figura così pregna di mistero e fascino come quella tipicamente celtica del druido. Benché l’etimologia del termine rimanga per molti versi incerta e discussa - sebbene molti la colleghino alla radice della parola ‘quercia’ o la traducano con ‘molto saggio’, non senza evidenti significati acclusi - il Druido rappresenta indubbiamente un elemento sociale derivato dalla lontana e fondamentale dimensione dello sciamanesimo presente in ogni antica civiltà umana. Le sue funzioni dunque non possono prescindere da quelle di colui (o
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colei) che già alla fine del Paleolitico tracciava figure magiche e simboliche sulle pareti delle rocce e negli anfratti più inaccessibili delle grotte, con l’intento di gettare un ponte ideale tra la sfera fisica umana, caduca e mutevole, e quella metafisica e misteriosa del sovrannaturale e del divino. Non a caso la primissima forma d’arte, quella appunto figurativa delle pitture rupestri, nasce proprio in concomitanza dell’attività magico-religiosa dello sciamano, il quale, tentando di propiziare gli dei per la buona riuscita della caccia o per la semplice sopravvivenza di uno o più individui, si collocava inequivocabilmente come cardine sociale all’interno dei clan, capace di offrire aiuto psicologico e spirituale in un mondo selvaggio, impietoso e cruento. A tal proposito, secoli e secoli dopo, l’influenza esercitata dall’uomo interprete delle volontà divine e delle manifestazioni naturali, si riverserà in quella del druido celtico, il quale senza soluzione di continuità perpetrerà tale funzione arrogandosi di diritto la capacità di preservare le più arcane conoscenze e di tramandarle ai più meritevoli. Per questo motivo la società celtica, che non
contemplava alcuna gerarchia sociale o rete politica, fatta eccezione per l’attendente del re, terrà in alta considerazione i druidi, tanto che neppure al sovrano sarà concesso prendere un’importante decisione senza il loro assenso. Le notizie che abbiamo sui druidi, in verità, differiscono a seconda degli autori e delle epoche, ma fortunatamente più che contraddirsi esse si completano; è possibile che all’inizio essi formassero un’unica classe ma poi la loro organizzazione si sviluppò, divenne più complessa e perciò si articolò in classi diverse. Una di queste riuniva in Gallia i cosiddetti Vates, specializzati in sociologia, in storia e in scienze naturali; ai margini della collettività druidica c’erano i Bardes, sorta di poeti-cantastorie ufficiali della società celtica e nello stesso tempo, cronisti. Infatti, in un’epoca in cui non esistevano i giornali, gli avvenimenti erano divulgati da interminabili e accattivanti cantilene che il popolo ascoltava con passione. In Irlanda, a fianco dei druidi, compaiono i Filid, che svolgevano in qualche modo le funzioni scientifiche e poetiche ed erano - quanto a dignità
il nome. L’anno cominciava il 1° maggio, cioè con la stagione dei giorni più lunghi. In bretone giugno è detto ‘mezza estate’. L’inverno cominciava il 1° novembre, in bretone inizio dei ‘mesi neri’, così come mostra il nome di ottobre ‘sotto-autunno’. I druidi erano anche custodi degli alberi, la cui simbologia era altamente considerata. Com’è ben noto, la quercia era particolarmente sacra, poiché vi si raccoglieva il vischio, ossia la preziosa pianta nata sull’albero sacro, senza contatto con la terra, per cui dalle proprietà divine. D’altronde i boschi, più ancora dei laghi e dei fiumi, erano luoghi pregni di presenza divina. Il bosco era a tal punto parte integrante della cultura dei Celti che per loro non era possibile dissociarlo dagli sforzi per abbattere il nemico. Con molta probabilità, infatti, gli alberi condensavano un indispensabile mezzo di contatto genuinamente tangibile tra la terra e l’oltremondo divino, tanto da costituire un punto di riferimento imprescindibile per sondare il futuro e preparare i vaticinii. Com’è immaginabile, per i Romani abbattere i santuari forestali dei Celti divenne un’azione cinicamente strategica quanto
sconfiggerne le truppe sul campo di battaglia. La visione della vita che i Celti acquisivano per mezzo dell’insegnamento druidico, l’assenza di paura per la morte e dell’aldilà, non si spiegherebbero senza una credenza radicata nell’immortalità dell’anima e nella possibilità per l’uomo di conoscere le forme di esistenza più diverse. Infatti il loro amore per la vita in tutte le sue manifestazioni, la loro apertura verso tutte le esperienze, rivela in loro il senso dell’unità del cosmo, più di duemila anni prima che la scienza moderna, con tutte le sue tecniche, avesse solo cominciato a supporla. Come gli sciamani nelle società preistoriche, quindi, i druidi rappresentavano il cardine dell’unità dell’impero spirituale celtico, i promulgatori dell’armonia e della sapienza, i signori degli elementi (acqua, fuoco, vento, terra). Fu proprio per questo che i conquistatori romani arrivarono a sopprimerne la casta e a proibire severamente le loro riunioni e il culto, in modo da colpire al cuore la società celtica, decretandone così il suo prematuro declino.
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- uguali ai druidi, nonché disposti secondo una rigida gerarchia. Gli antichi avevano sentito parlare di loro fin dal IV sec. a.C. e anch’essi avevano un profondo rispetto per le loro conoscenze e la loro effettiva saggezza. Tuttavia, non si ha alcun testo che riassuma l’insegnamento dei druidi o che illustri qualche originale verso di poesia bardica, ma sappiamo che, senza essere esoterica o segreta, tale eredità culturale era riservata agli allievi delle loro scuole, specializzate in seminari agresti (similmente ai peripatetici della tradizione greca), lontani dall’agitazione del mondo e frequentati preferibilmente dai figli dell’aristocrazia. I druidi, pertanto, erano essenzialmente dei sacerdoti che presiedevano alle cerimonie del culto e soprattutto celebravano i sacrifici. La loro era considerata una sorta di magia naturale capace di interpretare la realtà e ristabilirne gli eterni equilibri. Scandivano il tempo secondo avitici rituali. L’intera concezione del tempo, per i Celti, era regolata sulle fasi della luna, patrona della fecondità della terra e delle donne, basata su quattro grandi eventi stagionali, di cui l’Irlanda ha conservato
Giulia Orsini
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Matera capitale della cultura
Approfondimento DA VERGOGNA A CAPITALE DELLA CULTURA, MATERA
Una storia da imitare! Per il viaggiatore che visita Matera per la prima volta, risulta difficile pensare che la storia di Matera comprenda un periodo tremendo che l’ha portata addirittura ad essere definita la “vergogna d’Italia”. A vederla ora infatti non lo si direbbe, hotel, B&B, oggi Capitale della Cultura 2019, eppure questa piccola città ha un passato triste dal quale non si è distaccata, ma anzi lo ha trasformato in valore e ne ha fatto una risorsa. C’è stato un periodo durante il quale Matera era totalmente isolata dal resto del mondo, un periodo che l’ha segnata profondamente e ne ha delineato uno
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sviluppo lento ed eccessivamente tardivo. Mentre i Paesi dietro l’angolo muovevano i primi passi verso una cultura innovativa, Matera restava indietro, ignara di tutti gli sviluppi che gli uomini erano riusciti a conquistare. Matera era sporca, era isolata, era abbandonata, era rassegnata. I suoi abitanti avevano ormai dimenticato l’importanza di vivere, ma sgomitavano tra sporcizia e miseria. Oggi i Sassi di Matera sono un patrimonio mondiale UNESCO, fino a neanche un secolo fa erano l’esatto opposto, come ci racconta Carlo Levi in “Cristo si è fermato a Eboli”. Matera sembrava invasa - e uccisa - da una peste
terribile. Nelle abitazioni, animali e persone si contendevano i centimetri di spazio, i bambini morivano per la febbre mentre quelli che erano leggermente più fortunati passavano tutto il giorno fuori per non soffocare, ignorando addirittura le mosche che si posavano su una pelle ormai sottile, spenta, disidratata. Un periodo assassino che l’ha messa in ginocchio, attirando però l’attenzione di intellettuali e imprenditori, affascinati da quella che verrà poi definita la Filosofia della Miseria. Matera, infatti, viene scelta per promuovere un piano di sviluppo economico, una specie di terapia d’urto per far rialzare un popolo
La storia di Matera viene raccontata e proiettata a Casa Noha, uno dei beni del Fondo Ambiente Italiano nonché casa un tempo di proprietà di due famiglie che -piuttosto che ricavare del denaro- hanno preferito regalare un pezzo di storia a chi sta cercando di sussurrarla al mondo. Il documentario si chiama “I Sassi Invisibili” e vi consiglio di iniziare la vostra visita proprio da qui, perché poi sarà ancora più toccante passeggiare nel centro storico, arrampicandosi tra vicoli e scorci improvvisi. Quando si visita Matera la sen-
sazione che si avverte è quella di aver messo in stand-by il mondo, perché quell’incastro magico di strade e case ha il potere di farti sentire in colpa nel momento in cui tiri fuori lo smartphone per scattare una foto, perché è come se anche il più piccolo oggetto materiale fosse fuori luogo. Matera ti fa riflettere, è inevitabile. Il passo da vergogna d’Italia a Capitale della Cultura 2019 è qualcosa da prendere in esempio, una storia che insegna. L’ingegno non ha limiti se la speranza e la perseveranza non muoiono. STORIA Matera è una delle città più antiche del mondo. Dal Neolitico ad oggi, infatti, per circa 7000 anni la vicenda umana si è svolta, senza alcuna interruzione, in uno stesso luogo. L’antica città è sorta in un’area rupestre a ridosso di una grande spaccatura carsica, chiamata gravina di Matera e si è sviluppata in uno stretto rapporto con la roccia. Sull’altipiano murgico che sovrasta la gravina di Matera si trovano i villaggi preistorici di
Matera capitale della cultura
che -mentre le persone iniziavano ad usare gli aeroplani- si affidava ancora a tecniche preistoriche, senza usare eufemismi. Inutile dire che le difficoltà furono enormi e gli ostacoli immensi, eppure le case cinematografiche riconobbero ai Sassi una gloria tardiva e meritata (fu infatti furono girati molti film, come: Viva l’ Italia – Roberto Rossellini 1961; Il Vangelo secondo Matteo – Pier Paolo Pasolini 1964; Cristo di è fermato a Eboli – Francesco Rosi 1979; The Passion of Christ – Mel Gibson 2004; Oro Nero – Geo Coretti 2008 ecc..)
Murgia Timone, il più conosciuto e facilmente raggiungibile, e di Murgecchia. In quei tempi anche le caverne furono utilizzate come abitazione. Con l’avanzare della civiltà, utilizzando blocchi di tufo della Murgia Materana (aventi la stesse forme ancora oggi in uso), è sorta la città costruita “fuori terra”. Ricordiamo che Matera nel VI sec. a.C. era l’entroterra delle grandi città della Magna Grecia (Taranto, Metaponto, Crotone, ecc.). Il primitivo luogo della città costruita, chiamato Civita, si trova al centro dei rioni Sassi. Sulla sua sommità oggi svetta la cattedrale del XIII sec. In periodo romano la Civitas fu munita di mura, al disotto delle quali c’erano spazi aperti con numerose grotte e sopratutto grandi massi rocciosi per i quali i due antichi rioni furono denominati Sassi. In questi spazi nel periodo romano si insediarono “Casali Rurali” che nel tempo, specie nel corso del Medioevo, ampliandosi e saldandosi alla Civitas, costituirono il “Sasso Caveoso” e il “Sasso Barisano”. Insieme alla città costruita ha sempre convissuto una città scavata, ma con diverse utilizzazioni nei secoli della parte scavata, a seconda sopratutto delle varie vicende storiche ed economiche. Un periodo in cui la grotta rupestre ha ripreso una grande funzionalità è stato quello che inizia dal VII sec. d.C. con la presenza massiccia delle comunità monastiche benedettine e greco bizantine.Queste ultime, in particolare, portavano dai luoghi di provenienza (la Cappadocia, l’Anatolia, l’Armenia, ecc.) una cultura del vivere nella grotta che si fuse con una popolazione già esperta nella escavazione del tufo. Sono così sorte le cappelle, le
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Matera capitale della cultura 29
chiese, le basiliche rupestri insieme a conventi, laure, asceteri scavati nella roccia. Sostanzialmente, però, gli abitanti dei Sassi, finchè le condizioni economiche lo hanno consentito, hanno costruito “fuori terra”, utilizzando le grotte come depositi, cantine e stalle. Nel 1663 Matera, dalla terra d’Otranto di cui faceva parte, fu inserita nella Provincia di Basilicata divenendone capoluogo fino al 1806, epoca in cui il capoluogo fu trasferito a Potenza. Questo è stato il periodo migliore della città. Lo confermano un numero notevole di costruzioni civili e religiose tra le quali le chiese barocche ed i numerosi monasteri oggi sede di istituzioni pubbliche e culturali. Dal primo decennio del 1800 fino al 1952, la città ha vissuto un lungo periodo di decadenza sia per le ricorrenti crisi dell’economia agricola sia per la perdita del ruolo politico amministrativo. Il degrado è stato tanto grave da costringere i più poveri ad utilizzare le grotte anche come abitazione attrezzandole per ricoverare sia le persone che gli animali. La pressione demografica unita alla miseria ben presto
trasformò ogni stanza in abitazione ed ogni Grotta-Stalla in CasaGrotta-Stalla. Questo misero modo di vivere è sopravvissuto fino al 1952 quando, con la prima delle leggi speciali sui Sassi voluta da Alcide De Gasperi, è iniziato il trasferimento di oltre 15.000 persone nei nuovi rioni della città moderna costruita secondo uno specifico ed organico piano regolatore redatto dall’architetto Luigi Piccinato. Matera allora contava circa 30.000 abitanti ed il trasferimento della metà della popolazione è avvenuta tra il 1953 e il 1968. Il trasferimento è stato realizzato a cura dello Stato che, assegnando la nuova abitazione nei nuovi rioni, è diventato proprietario delle antiche abitazioni. Infatti i Sassi per circa il 70% sono oggi proprietà del demanio dello Stato, inseriti dal 1993 nel patrimonio mondiale dell’umanità tutelato dall’UNESCO. In occasione della nomina di Matera come Capitale della Cultura 2019, i Sassi sono stati oggetto di una complessa azione di restauro e di recupero delle loro strutture in modo da valorizzare
le grandi risorse ambientali, storiche, artistiche e monumentali in esso contenute.
Oggi Matera può benissimo essere nominata Orgoglio d’Italia.
Nel corrente anno 2019, le Capitali Europei della Cultura sono Matera (Italia) e Plovdiv (Bulgaria); nel 2020 saranno Fiume (Croazia) e Galway (Irlanda).
Matera capitale della cultura
CHE COS’È LA CAPITALE DELLA CULTURA? Concepito come un mezzo per avvicinare i vari cittadini europei, l’iniziativa “città europea della cultura” venne lanciata il 13 giugno 1985 dal Consiglio dei ministri su iniziativa di Melina Merkouri, che ricopriva l’incarico di Ministro della Cultura nel governo greco. Non a caso la prima città europea della cultura fu proprio Atene, nel 1985. Da allora l’iniziativa ha avuto sempre più successo e un crescente impatto culturale e socio-economico per i numerosi visitatori che ha attratto nelle città scelte. La “Capitale Europea della Cultura” è una città designata dall’Unione europea, che per il periodo di un anno ha la possibilità di mettere in mostra la sua vita e il suo sviluppo culturale. Diverse città europee hanno sfruttato questo periodo per trasformare completamente la loro base culturale e, facendo ciò, la loro visibilità internazionale.
Visitate Matera ma non come turisti ma come ospiti!
Leron
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DOSSIER LA GRANDE MADRE E LA VERGINE MARIA
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La Dea Madre rappresentò il principio generatore dell’universo, in grado di controllare la vita e la morte. La rigenerazione avveniva tramite attributi tipici del femminile: la capacità di generare, accudire e nutrire, non solo la vita umana, ma anche quella dell’intero pianeta e del cosmo. Da un attento studio delle culture preistoriche euro-asiatiche, si evince che la potenza e la forza procreatrice dell’universo, era incarnata dall’immagine di una donna e, il suo potere di generare e proteggere, era simboleggiato da attributi femminili. Per moltissimo tempo, infatti, dal 30000 al 3000 a.C., l’umanità ha basato la propria religiosità, sul concetto di “Dea Madre” e su un “Dio Cornuto” (ma di quest’ultimo parleremo in altro articolo). Secondo alcuni gli studi un altro archetipo primordiale, legato alla Dea Madre, è quello dell’Uroboro, l’immagine del serpente circolare che si morde la coda. Tale archetipo contiene in se la tipica dualità simbolica, costituita da elementi positivi e negativi, e rappresenta il “Grande Cerchio”, in cui coesistono elementi femminili e maschili. L’Uroboro rappresenta, quindi, l’archetipo primordiale indifferenziato che, manifestatosi nella coscienza, è arrivato, attraver-
so l’elaborazione degli elementi simbolici in esso contenuti, alla prefigurazione della Grande Madre. Quest’ultima è costituita da elementi antitetici, la madre buona e quella terribile, e può agire in modo opposto: positivo, quando offre protezione, nutrimento e calore; negativo, quando si rifiuta, attraverso la privazione, di elargire il suo nutrimento. L’archetipo del femminile è, dunque, intriso di dualità, ed è composto da due caratteri fondamentali che Neumann chiama: carattere “elementare” e carattere “trasformatore”. Il primo, tipico del materno, ha un aspetto stabile, conservatore; il secondo, invece, è in contrasto col principio di conservazione della vita, col legame madre-figlio, e ha un dinamismo interno, in cui riproduce l’attività che si svolge nel grande cerchio uroborico. Dal 3000 a.C. ad oggi, si è imposta nell’immaginario collettivo, la figura del Dio Maschio, che ha assorbito in se qualità del tutto femminili, come quella del dare la vita, mentre alla dea, è stato dato il ruolo di madre, o sposa o sorella del Dio. Tutto ciò coincise con i vari processi economici e socio-politici che, in diversi momenti della sto-
ria, hanno investito l’umanità, cambiandone la struttura. Vittime della vita che cambia, la Dea, e di riflesso la donna, hanno perso l’originario potere, scalzate dal controllo dei mezzi di produzione operato dagli uomini, dal mestiere delle armi, dal diritto di proprietà. La cultura patriarcale si è imposta su quella matrilineare. La Vergine Maria cristiana è stata anch’essa influenzata dal culto di alcune divinità femminili di epoca classica. Nella Vergine Maria converge tutto ciò che è buono e positivo. In ciò sta l’enorme differenza tra questa figura e quella della Dea onnipotente. Un culto ben diverso da quello praticato per la Dea Unica, poiché Maria, ha conservato davvero poco dell’antica simbologia del principio del femminile. Anzi la religione cristiana la vede come la “Causa salutis” dell’umanità, come colei che ha riscattato gli uomini dalla triste condizione in cui l’antenata Eva l’aveva relegata. Maria è la luce e la vita, Eva, tenebra e morte; Maria con la sua obbedienza consapevole e volontaria, si donò interamente al suo Dio. Mediante l’obbedienza, dunque, Maria riparò alla rovina del genere umano provocata dalla disobbedienza di Eva. Maria si propone come la “Dea” onnipotente amorosa, priva di
DOSSIER ogni dualità originaria tra bene e male. Vergine buona e rassicurante, mantiene comunque il suo ruolo di protettrice e nutrice. Quando l’effige della Vergine Maria è sovrastante o incoronata dalla falce lunare, è evidente che richiama l’iconografia di Diana/ Artemide e, come questa, rappresenta la verginità e l’immacolato spirito; quando ha in grembo il Cristo, richiama la figura di Iside, in qualità di madre feconda; quando è incoronata da stelle, richiama l’iconografia di Ishtar, divinità dell’amore, della pietà, della vegetazione e della maternità. Le Madonne Nere, invece, rimandano all’iconografia usata da molti pagani per rappresentare la Grande Madre e, in generale, è tutto il culto Mariano a richia-
mare di per sé quello della Madre Terra (simbolo eccelso di fertilità, o di mediazione tra la sfera umana e quella divina, ecc.). Spesso i più importanti santuari dedicati a Maria sorgono in luoghi che un tempo furono dedicati a divinità femminili o al culto delle acque1. D’altronde è nel Concilio di Efeso (431 d.C.) che si diede importanza al culto di Maria, madre di Gesù, e si diffuse l’uso dell’espressione «Madre di Dio» a lei applicato, quando la Chiesa capì che avrebbe dovuto sterminare tutti i Greci che in nome di Artemide efesina erano disposti a morire, se non sostituiva la Grande Madre Efesina Artemide con la Grande Madre Maria. Ma sarà nel secondo Concilio di Costantinopoli (svoltosi nel 553 d.C.) che verrà proclamata la “verginità
perpetua di Maria”. Possiamo affermare che l’archetipo della Grande Madre, nel tempo ha perso molte delle sue caratteristiche originarie, ma molte ne ha conservate. L’immagine di un principio femminile generatore, nutritore e preservatore della vita.
Francesco V.
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LE RADICI DEL MITO DEI DRAGHI
Che abbia le squame o le piume, le zampe o le ali, i barbigli o le zanne, il drago è l’animale fantastico più raffigurato. Non c’è regione del pianeta che non conosca leggende legate alla sua figura. Come mai? Da dove hanno origine i miti che ne parlano? E, soprattutto, si tratta sempre di pura fantasia? In effetti c’è oggi anche chi ne dubita. «Mentre per animali sicuramente esistiti in Italia, come la lince o il castoro, mancano quasi del tutto testimonianze storiche, per il drago la letteratura è abbondante, segno che qualcosa di concreto probabilmente c’era»,
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dice Fulco Pratesi, fondatore del WWF Italia e cultore della materia. A parte i bestiari medievali, bellissimi ma frutto più di elucubrazioni filosofiche che di considerazioni scientifiche, sono soprattutto i trattati di scienze naturali del ’500 e del ’600 a riportare le testimonianze più impressionanti. Ulisse Aldrovandi, medico e naturalista bolognese, descrive con dovizia di particolari un drago ucciso nei dintorni di Bologna nel 1572: senza ali e con due sole zampe, era lungo appena un metro. Sempre Aldrovandi riferisce
che in Svizzera, nel 1499, «fu catturato un lunghissimo drago munito di orecchie», e che in Francia fu catturato e portato al re Francesco I «un drago alato». Una guida alle montagne svizzere, del 1723, sconsigliava di attraversare certi passi perché vi erano stati avvistati draghi. Un anziano di Lienz, per esempio, si era imbattuto sull’Alpe Commoor in un orrendo drago nero con striature gialle. Nel 1689 lo storico sloveno Valvasor, accorso a vedere un “drago” ritrovato dopo un violento acquazzone, scrive: «Era lungo appena una spanna e aveva l’aspetto di una lucertola. In de-
Anche in culture molto lontane dalla nostra, come quella assira, la figura del drago è presente. Qui compare inseguito dall’eroe Merodach. E non mancano i draghi di mare, anche se è difficile pensare che col loro mezzo metro di lunghezza siano collegabili ai draghi acquatici. Di certo è intervenuta anche la fantasia, trasformando antichi e sconosciuti scheletri di dinosauro in “ossa di drago”. L’inconscio ha poi fatto il resto: visto in origine come una creatura benefica, simbolo di fertilità, il drago ha poi acquistato immeritatamente una cattiva reputazione, diventando l’immagine del male che il cristiano deve estirpare. Così San Siro sconfigge il dragone che campeggia sullo stemma di Genova. San Leucio riduce in catene il drago di Atessa (Chieti). E per quello di Terravecchia, in Calabria, si scomoda nientemeno che la vergine Maria. Draghi morti insieme alle pestilenze di cui erano il simbolo. Un altro ammazza draghi fu Uberto Visconti che, secondo la leggenda, eliminò il biscione raffigurato nello stemma di Milano mentre divora un bimbo. Proviamo a ricostruire un ritratto di drago, come se fosse effettivamente esistito. In genere i draghi vengono descritti di: grandi dimensioni (fino a trenta metri), barba sotto mento e collo, tre ordini di denti, sibilo terribile. Che queste bestie possano non avere zampe è stato
categoricamente smentito dal naturalista svizzero Konrad Gesner nel 1551: «Tutti i draghi hanno zampe». A differenza degli altri rettili, però, il drago è un animale a sangue caldo. Non si spiegherebbe altrimenti la sua capacità di adattarsi ai climi più diversi e di mantenersi in attività giorno e notte, in tutti i periodi dell’anno. Il corpo è ricoperto da scaglie cornee lunghe una ventina di centimetri, più morbide su ventre e collo. Le loro sfumature di colore sono dovute al diverso contenuto di minerali, ma predominano il verde, il rosso, il blu, il nero e il dorato. Nel 1449, per esempio, l’intera città di Canterbury fu testimone dell’epico scontro tra un drago rosso e uno nero. Curiosamente, la muscolatura draghesca non consente la corsa. In compenso tutti i draghi, a parte quelli orientali, hanno le ali. Ma per sostenere una bestia di quella mole le ali dovrebbero essere larghe 200 metri, anche supponendo che le ossa siano cave e quindi leggere come quelle degli uccelli. Peter Dickinson ha “scientificamente” trattato in un libro le caratteristiche fisiologiche dei draghi, ha ipotizzato che le ali servano in realtà solo per manovrare, e che il drago si sollevi come un dirigibile, “gonfiandosi” con un gas più leggero dell’aria, l’idrogeno, liberato da una reazione chimica nel suo stomaco. Quando poi questo gas infiammabile venisse esalato, potrebbe essere incendiato usando i denti come pietre focaie: ecco spiegate anche le fiammate. L’idea non è così peregrina: dopotutto le mucche producono metano, un gas altamente infiammabile. I draghi più piccoli sono chia-
mati anche basilischi. Hanno corpo affusolato, zampe tozze e una cresta sulla testa. Nonostante siano lunghi appena un metro, il fiato di questi draghetti è terribilmente distruttivo: incendia i campi e avvelena i ruscelli. Ma l’arma più letale del basilisco è lo sguardo: una sua occhiata uccide all’istante. Attenzione anche a infilzarlo. Il sangue del basilisco, come di molti draghi, è così corrosivo da sciogliere spade e armature. E scioglie anche la carcassa del drago, spiega Dickinson per giustificare la mancanza di ritrovamenti fossili.
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finitiva era un verme». La piena doveva aver trascinato a valle un proteo, una sorta di salamandra cieca e dalla pelle rosea che vive in caverna.
Secondo la leggenda, la riproduzione come avviene? Dopo l’accoppiamento, la femmina depone un singolo uovo, grande pressappoco quanto uno di struzzo. Alla nascita il piccolo può essere scambiato per un lucertolone, ma a nove mesi le sue dimensioni sono già quelle di un grosso cane. Sempre secondo la leggenda, i draghi vivono a lungo, 500 o anche 1000 anni.
Sabrina L.
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BRIGANTI, LA TRAGEDIA DEL SUD
Nel 1861, alla vigilia della proclamazione del Regno d’Italia, il Meridione è in rivolta. “Ci vogliono, e pare non bastino, sessanta Battaglioni per tenere il Regno” scriverà il patriota e politico Massimo D’Azeglio. Per quanto già nel 1860 Napoli abbia aperto in modo entusiatico le porte a Garibaldi e ai Mille, in molte regioni le popolazioni si oppongono ai Piemontesi e si formano bande di briganti. Per alcuni essi furono combattenti della libertà e del perduto onore del Regno del Sud; per altri, invece, semplici fuorilegge. Il punto di partenza è addirittura antecedente all’assedio di Gaeta. Sul finire del 1860 l’esercito
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borbonico combatte ancora, ingenti reparti hanno passato indenni i confini pontifici e nello Stato maggiore napoletano circola il progetto di armare formazioni di civili e truppe regolari, in Abruzzo e nel Sannio. Pietro Ulloa, ministro della polizia borbonica, emana in questo periodo una serie di istruzioni dirette alla Brigata di Volontari di Itri, una banda che viene autorizzata ad approvvigionarsi, esigere tasse e tributi e a opporsi agli “invasori” del Regno. Nel settembre del 1860 la colonna guidata dall’ufficiale prussiano Theodor Friedrich Klitsche de la Grange, composta da uomini della milizia urbana e della poli-
zia siciliana, si dirige in Abruzzo per impedire il ricongiungimento fra le truppe di Garibaldi e i Piemontesi. A Isernia, liberata dai garibaldini, il 26 settembre 1860 scoppia una violenta sommossa che dà il via alla cosiddetta “controrivoluzione del Molise”. Lo scontro è brutale e già presenta i caratteri della guerra civile. “Una donna - si legge in una cronaca dell’epoca - appena scorse a terra cadavere il suo avversario, non abbrividì di denudarlo e praticarvi sopra la più oscena mutilazione”. I disordini sono guidati dal Duca Giovanni Maria D’Alessandro, legittimista (erano chiamati così quelli schierati a
colonna di militari borbonici e assale la 34esima Compagnia dei Bersaglieri che si asserraglia prima nel paesino di Santa Maria e poi ripiega in difficoltà su Borrano. Contadini e soldati continuano ad avanzare. Per risolvere la situazione il generale piemontese Ferdinando Pinelli, che comanda la brigata Bologna e la colonna mobile dell’Umbria, deve mandare in soccorso verso il Teramano tre compagnie di bersaglieri e una sezione di artiglieria da campagna. Il 6 gennaio 1861 una “banda di reazionari” guidata da gendarmi in divisa borbonica assale i reparti dei bersaglieri impegnati nell’assedio di Civitella: più di trenta civili vengono uccisi dalla fucileria piemontese. Nuovi rinforzi giungono da Ancona fino a raggiungere 3mila uomini e 146 ufficiali. Il 18 dello stesso mese arriva la notizia della caduta di Gaeta e della partenza di Francesco II con la sua corte alla volta di Roma. Il Regno d’Italia viene proclamato il 17 marzo 1861, subito dopo la capitolazione della fortezza di Messina, ma Civitella si arrenderà solo il 20 marzo, virtualmente in guerra con il neonato governo italiano. Re Francesco II di Borbone prima di salpare per l’esilio dice ai suoi soldati: “Io sono obbligato a sciogliere provvisoriamente i corpi, di cui voi fate parte. Io ho ferma fiducia che tra poco voi sarete riuniti, forse per combattere ancora e accrescere la gloria delle truppe napoletane”. In esilio a Roma sotto la protezione di Papa Pio IX, il Re conserva i dicasteri e sostiene la guerra insurrezionale anche se ufficialmente di fronte ai governi stranieri “scagiona se stesso dall’accusa di eccitatore di insurrezioni nei già suoi domini” e giustifica le imprese dei brigan-
ti come “manifestazioni naturali e legittime contro il nuovo regime oppressivo”. A piazza Farnese e a piazza Montanara si procede, sotto l’occhio volutamente poco vigile dei papalini, agli arruolamenti che ingrossano le bande. Al movimento non aderiscono solo orde di avventurieri o criminali come vorrebbe la propaganda del Governo piemontese. Tra loro ci sono ex militari, ufficiali e sostenitori della causa borbonica e moltissimi renitenti alla leva. “lo stato della pubblica quiete aggravavasi pel ritorno alle case rispettive di circa trentamila borbonici che erano rifugiati nello stato pontificio”, scrive nel 1862 emilio Cardinali in I briganti e la Corte pontificia e aggiunge “è un fatto pur troppo doloroso che que’ soldati non provvisti acconciamente dal governo e non retti mercé una legge vigorosa che li tenesse in armi convenevolmente, accrebbero le fila de’ briganti”. Agli ex ufficiali del Sud viene offerto di entrare nelle nuove forze armate – non sempre a pari grado e spesso in un’atmosfera di palese discriminazione. Molti militari borbonici, oltre a rifiutare per senso d’onore di entrare nel nuovo esercito d’Italia, resteranno ostili ai Savoia partecipando a cospirazioni o confluendo, sia pure in parte, nel brigantaggio. le bande armate cresceranno con il passare dei mesi; alcune arriveranno a contare oltre mille uomini armati di archibugi e schioppi ma anche di armi più moderne e persino di cannoni e reparti a cavallo. le zone più “infestate” sono quelle di Caserta, Avellino e Gaeta. Il 3 maggio 1861 trecento briganti provenienti da Terracina, insieme con altri quattrocento sbarcati sulla costa, assaltano la
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favore dei Borboni) della prima ora. l’incendio divampa in tutta la regione, tanto che il governatore sabaudo Nicola De luca è costretto a segnalare allarmato i disordini scoppiati “nei Comuni di Civitanova, Carovilli, Pietrabbondante, Pescolanciano e Chiauci”. Vengono riconquistate dai legittimisti Pontecorvo, Sora, Venafro e Teano ma i sogni di rivincita dei borbonici si infrangono poche settimane dopo. Nella battaglia del Macerone combattuta il 20 ottobre 1860 dal generale napoletano Scotti Douglas, i legittimisti vengono sconfitti da enrico Cialdini che marcia verso sud e si avvia all’assedio di Gaeta. Il sentore di una forte opposizione da parte delle popolazioni meridionali inizia, però, a serpeggiare. In una nota dell’epoca inviata al Foreign Office inglese dall’Ambasciatore borbonico Cherubino Fortunato si legge: “le popolazioni delle Due Sicilie devono veramente rallegrarsi del nuovo regno al quale vogliono sottometterle contro le loro tradizioni e i loro interessi? Non è stato occupato militarmente tutto il regno? Non si fucilano sommariamente numerosi sudditi fedeli al loro re col pretesto che sono briganti? Non ci si affanna a imprigionare a centinaia gli individui che si pronunziano in una maniera qualsiasi contro l’annessione o in favore del loro sovrano legittimo?”. Nonostante le rimostranze della diplomazia napoletana, le truppe di Torino avanzano. A Civitella del Tronto la guarnigione resta fedele a Francesco II e ha inizio l’assedio, dove si ha già una commistione tra elementi civili e militari nella lotta ai piemontesi. Il 20 dicembre 1860 un insolito movimento di contadini armati sulle montagne si aggrega a una
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cittadina di Fondi, sbaragliano la piccola guarnigione posta a presidio, saccheggiano il paese e uccidono il sindaco. Pochi giorni dopo duecento soldati borbonici “sbandati” si scontrano con la Guardia Nazionale di Capua. Il nuovo governo inizia a prendere energici provvedimenti. Viene rinforzata la Guardia Nazionale, mentre distaccamenti e colonne mobili partono per il Sud. la guerriglia farà più morti di tutte le guerre risorgimentali messe insieme. Tra esecuzioni sommarie e scontri con le truppe sabaude ora italiane, tra il 1861 e il 1865 vengono uccisi almeno 5200 ribelli. Vengono giudicati dai tribunali militari e passati per le armi anche i fiancheggiatori, parenti e amici dei briganti e tanti uomini e donne incolpevoli, famiglie intere, abitanti di piccoli centri che, travolti dalle rappresaglie, cesseranno di esistere come Pontelandolfo e Casalduni nel Beneventano. Qui, dopo che un reparto di 37 soldati dell’esercito è stato trucidato dai briganti, scatta una delle più feroci rappresaglie. Il Generale Piola Caselli comunica al Maggiore Carlo Melegari le disposizioni del luogotenente del Re Vittorio emanuele II, il Generale Cialdini il quale ordina “che di quei due paesi non rimanga più pietra su pietra”; e così sarà. Il 14 agosto 1861 oltre mille uomini entrano nei due comuni e li incendiano. Molti contadini finiscono bruciati vivi, poi si passa allo stupro, alla rapina e alle uccisioni indiscriminate. lo stesso Cialdini nel suo diario ammette apertamente: “Casalduni e Pontelandolfo sono in cenere. Gli assassini sono morti o raminghi. Nessuna perdita per parte nostra. Il Colonnello Negri resta per dare la caccia ai briganti sulle montagne.
la massa degli abitanti non aveva atteso la truppa, i pochi ostinati, forse cinquanta fra ambedue i paesi, perirono fra le fiamme o sotto le baionette”. In realtà i morti saranno probabilmente più di un migliaio di persone. la campagna contro i briganti prosegue sanguinosa e brutale. la repressione, però, fornirà altre braccia al brigantaggio perfino quelle più aggraziate delle brigantesse dette anche “drude” come Michelina di Cesare, Marianna Olivierio, Filomena Pennacchio e Maria Capitano che entreranno nella mitologia dell’epoca. Anche loro alla macchia, anche loro impegnate “pistola alla mano” in questa guerriglia combattuta senza esclusione di colpi e così diversa da quelle risorgimentali. “Io sono ributtato di questa
guerra atroce e bassa”, scrive il bersagliere Gaetano Negri, “dove non si procede che per tradimenti e per intrighi, dove spogliamo il carattere di soldati per assumere quello di birri”. Agguati, imboscate, rapine per finanziare le bande ma anche assalti ai paesi che verranno riconquistati con la fanteria. “Quei cafoni erano costretti dalle baionette a scendere per le vie”, racconta l’ufficiale Angiolo De Witt, italiano, impegnato nel Matese, “ivi giunti vi trovarono delle mezze squadre di soldati che facevano una scarica a bruciapelo su di loro. Questa scena di terrore durò un’intera giornata”. Dall’altra parte i briganti assaltano i convogli, i reparti isolati e uccidono tutti. Se i piemontesi fucilano al minimo sospetto, i briganti non fanno prigionieri
conduce in queste regioni è sempre più feroce. Il Governo italiano utilizza reparti dell’esercito regolare, cavalleria, bersaglieri, ma anche i carabinieri e soprattutto la Guardia nazionale, tanto che nel 1863 si conteranno quasi 100mila uomini impegnati nella Campagna militare. Nel frattempo la corte di Francesco II arruola ufficiali borbonici ma anche stranieri venuti in aiuto degli ex regnanti. Spesso questi aristocratici sono soldati di professione che cercano di dare un assetto militare e nobiltà alla rivolta come José Borjes e Rafael Tristany, spagnoli, il belga Alfred de Trazegnies de Namour, i francesi Theodule de Christen e Olivier Marie Augustin de langlais, il tedesco ludwig Richard Zimmermann. Intanto sul campo parecchi briganti diventano famosi tra la gente comune, come il bandito Pilone, Cipriano Della Gala, Cozzito e Chiavone. Una cosa inaccettabile per il nuovo Stato. Così la lotta al brigantaggio diventa ancor più repressiva. Il generale Pallavicino, che ha preso il posto di Cialdini, con un forte contingente di truppe regolari intensifica le azioni contro le bande. Si uccide, si fucila spesso indiscriminatamente. “l’omicidio non è più un delitto ma un atto degno di ricompensa” si legge su un giornale di Torino nel 1863 che critica i tribunali militari e i loro ormai palesi eccessi. Ma, nonostante la reazione rabbiosa del governo, i briganti continuano a insanguinare il Sud. È in questa fase che si cerca di presentare all’opinione pubblica un’immagine dei ribelli che ne giustifichi l’uccisione indiscriminata. I briganti vengono fotografati armati fino ai denti e poi passati per le armi oppure immortalati con uno scatto, legati agli alberi, già cadaveri. la foto diven-
ta la prova delle uccisioni da mostrare al resto della popolazione, da far circolare a monito per chi quei malavitosi aveva supportato e sostenuto. Se i cantastorie narrano, romanzandole, le gesta epiche dei briganti, i fotografi di paese ne documentano la tragica fine. Intanto il sogno di riconquistare il Regno per Francesco II si dissolve lentamente negli oltre cinque anni di brigantaggio e nei suoi strascichi combattuti fino al 1870; gli uomini e le donne delle bande vengono uno alla volta catturati o uccisi.
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salvo i rapiti per trarne riscatto, le bande colpiscono e fuggono coperte dall’omertà. Hanno l’appoggio del clero, portano sulle giacche fregi borbonici ma anche il ritratto del Papa o la frase “face et spera” perché la loro è anche una guerra di religione tanto che, a volte, persino i preti prendono le armi o finiscono al muro fucilati. Hanno l’aiuto dei nobili locali ma anche dei più poveri e indigenti, specie con l’acuirsi delle rappresaglie e ancor più dopo la famigerata legge Pica emanata nel 1863 “mezzo eccezionale e temporaneo di difesa” per il Governo, che però secondo gli stessi contemporanei “nasconde sotto il velo di mentite sembianze, uno stato d’assedio immorale allorché pensiamo che esso fu dettato oggi da italiani su terra italiana”. Come ebbe a dire il bandito Carmine Crocco questo provvedimento fu “causa dell’aiuto spontaneo delle popolazioni locali ai rivoltosi insieme all’odio contro i regi funzionari e i Piemontesi”, la guerriglia si combatte lungo l’appennino meridionale, uno scenario ancora selvaggio e intricato che favorisce i ribelli. “Ai tempi dell’occupazione francese, come al di d’oggi, quei boschi erano il teatro naturale del brigantaggio”, scrive Giuseppe Massari nella sua Relazione della commissione d’inchiesta della Camera dei deputati sul Brigantaggio nel 1863. “Sono tanti i ricoveri dati dalla natura ai briganti, i quali ivi stabiliscono i loro depositi di viveri, ivi conservano il prodotto delle loro rapine, e hanno talvolta perfino le ambulanze per i feriti e gli ammalati”. Abruzzo, Puglia, Terra di lavoro (regione storicogeografica che comprendeva territori di Campania, lazio e Molise), Basilicata, Calabria, la guerra che si
Furono semplici fuorilegge o veri combattenti rivoluzionari? Domanda a cui volutamente non si vuole dare una risposta unisona.
Francesco V.
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GENOCIDI, GIORNO DELLA MEMORIA
Il 27 gennaio ricorre l’annuale Giorno della Memoria, una ricorrenza internazionale celebrata ogni anno come giornata in commemorazione delle vittime dell’Olocausto. Fu designata dalla risoluzione 60/7 delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, fu stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella grande offensiva oltre la Vistola in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz e la sua apertura mise alla luce tutti gli orrori perpetrati ai danni degli ebrei. Con il termine Olocausto, parola coniata da Raphael Lemkin, venne utilizzata a partire dalla seconda metà del XX secolo, per indicare lo sterminio nazista verso tutte le categorie ritenute “indesiderabili”, e che causò circa 15 milioni di morti in pochi anni, tra cui 5-6 milioni di ebrei, di
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ogni sesso ed età. Una storia raccontata non solo nei libri ma anche e soprattutto riportata visivamente nei documentari e numerosi e toccanti film che di questa si sono occupati. Vite e storie narrate del museo sulla Shoah di Berlino. Passeggiando per le sale oscure si può vedere e ma non capire perché un popolo è stato sterminato per un’ideale di purità ariana, non solo per motivi di razza ma anche nascostamente e subdolamente economici e commerciali. Un popolo che annoverava sia commercianti, che scienziati, che artisti, che persone qualunque che avevano un fede, quella ebrarica e che per questa erano stati uccisi. Erano diventati numeri, quelli marchiati sulle loro braccia e che dovevano ricordare e capire perché, se chiamati (in tedesco) e non rispondevano, venivano picchiati. Un popolo a cui è stata tolta la propria dignità. E’ la dignità che
viene annullata dai genocidi. La dignità che divide l’umo dalla bestia. Ricordare è necessario per non ricadere nello stresso dramma. Qualche dato sulle vittime dell’Olocausto: Ebrei (42%) = 6 milioni Polacchi, Ucraini e Bielorussi (22%) = 4 milioni Prigionieri di guerra sovietici (20%) = 3 milioni Politici (10%) = 2 milioni (inclusi 150.000 massoni; 7.000 miliziani anti-franchisti spagnoli; ecc.) Yugoslavi (3%): 350.000 serbi; 25.000 sloveni Rom (2%) = 300.000 Disabili (1%) = 270.000 Atri (1%): 5.000 omosessuali; 1.900 testimoni di Geova; altri piccoli gruppi di afro-europei; ecc. L’Europa è nata, per evitare che
Ma se l’Europa non è più agitata da guerre e genocidi dalla fine dell’infamante Seconda Guerra Mondiale, si può dire lo stesso di altrove, in altre aree geografiche? Abbiamo scelto di parlare su queste pagine anche di alteri genocidi, spesso invisibili perchè lontani, nonostante i mezzi di comunicazione e i giornalisti ce ne abbiano riportato l’eco. Ecco gli altri GENOCIDI DEL XX SECOLO - GENOCIDIO DEL POPOLO ARMENO I “Giovani Turchi” (ufficiali nazionalisti dell’Impero ottomano) ordinarono tra il 1915 e il 1923 vasti massacri contro la popolazione armena cristiana. Le successive deportazioni di massa porteranno il numero delle vittime a un milione e mezzo circa. - GENOCIDIO DEI POPOLI DELLA CINA Nell’anno 1900, la rivolta dei “Boxer” causò oltre 30 mila morti, in gran parte cristiani. E sono almeno 48 milioni i cinesi caduti sotto il regime di Mao tra il “Grande salto in avanti”, le purghe, la rivoluzione culturale e i campi di lavoro forzato, dal 1949 al 1975. - GENOCIDIO DEI POPOLI DELLA RUSSIA Non meno di 20 milioni i russi eliminati durante gli anni
del terrore comunista di Stalin (1924/1953). Esecuzioni di controrivoluzionari e di prigionieri, vittime del gulag o della fame. - GENOCIDIO DEL POPOLO EBRAICO Con l’avvento del nazismo di Hitler in Germania (1933/1945) viene avviato lo sterminio del popolo ebraico in Europa; le vittime di questo immane olocausto sono calcolate in oltre 6 milioni di persone, la gran parte di loro morta nei campi di sterminio. - GENOCIDIO DEI POPOLI DELL’INDONESIA Nel periodo 1965/67, quasi un milione di comunisti indonesiani sono stati deliberatamente eliminati dalle forze governative indonesiane, mentre tra il 1974 e il 1999 sono stati eliminate da gruppi paramilitari filo-indonesiani 250 mila persone della popolazione di Timor-Est. - GENOCIDIO DEL POPOLO CAMBOGIANO Un milione di cambogiani sono morti in soli quattro anni, tra il 1975 e il 1979, sotto il regime di terrore instaurato dai Khmer rossi di Pol Pot.
le vittime del vicino Burundi. - GENOCIDIO DEI POPOLI DELL’AMERICA LATINA Dalla Rivoluzione messicana, ai “desaparecidos” delle dittature militari degli ultimi decenni del XX secolo, sono oltre un milione le vittime innocenti della violenza di Stato dei regimi sudamericani. Inoltre solo in Amazzonia si calcola che quasi 800 mila indios sono morti in un secolo, per le angherie e i soprusi subiti.
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nei suoi territori nascessero altre guerre simili. Ed in effetti dopo la fine della seconda guerra mondiale nel ’43, l’Europa da allora vive un lungo periodo di pace.
- GENOCIDIO DEL POPOLO IRACHENO Un organismo dell’ONU ha stimato nel 1998 in un milione di morti, tra cui 560 mila bambini, gli iracheni morti a causa dell’embargo internazionale e della politica di Saddam Hussein. - PULIZIE ETNICHE Non si hanno a tutt’oggi cifre sicure sulle vittime dei genocidi e delle “pulizie etniche” compiute nella ex-Yugoslavia, in Liberia, Sierra Leone, Angola, Congo, Libano, Corea del Nord, Sri Lanka, Haiti, Tibet … e l’elenco purtroppo si allunga ogni anno di più!
- GENOCIDIO DEL POPOLO SUDANESE Si stima che un milione e novecentomila cristiani e animisti siano morti a causa del blocco imposto dal governo di Khartum all’arrivo degli aiuti umanitari destinati al Sudan meridionale. - GENOCIDIO DEI POPOLI DEL RWANDA E DEL BURUNDI Dal 94 ad oggi, 800 mila civili ruandesi sono stati massacrati nel conflitto scoppiato tra hutu e tutsi; un’analoga cifra è stimata per
Vanessa Utri
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FOIBE, IL GIORNO DEL RICORDO a partire dal 1940, allorché la Slovenia era stata incorporata nell’Italia divenendone una provincia autonoma.
Nell`aprile del 1945 in tutta Italia si festeggia la fine della guerra. Ma nel Friuli Venezia Giulia, proprio in quei giorni, ha inizio un periodo di orrori che durerà a lungo e culminerà con la fuga di circa 350.000 persone, in seguito alle persecuzioni degli jugoslavi di Tito. Le vittime dei massacri furono fascisti, collaborazionisti del governo italiano, spie, ma anche membri del CLN (Comitato di liberazione nazionale) e partigiani. L’eccidio fu, di fatto, una pulizia etnica tesa ad annullare l’identità italiana sul territorio jugoslavo. Migliaia furono le vittime di Tito gettate nelle foibe. Queste ultime, il cui nome deriva dal latino fovĕa (“fossa”), sono voragini rocciose di origine carsica assai numerose nell’Istria, dove se ne contano oltre 1500. Solo nel 2005, gli italiani furono chiamati per la prima volta a celebrare, il 10 febbraio, il «Giorno del Ricordo», in memoria dei quasi ventimila italiani torturati, assassinati e gettati nelle foibe.
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UN PO’ DI STORIA Nel 1943, dopo tre anni di guerra, le cose si erano messe male per l’Italia. Il regime fascista di Mussolini aveva decretato il proprio fallimento con la storica riunione del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943. Ne erano seguiti lo scioglimento del Partito fascista, la resa dell’8 settembre, lo sfaldamento delle nostre Forze Armate. Nei Balcani, e particolarmente in Croazia e Slovenia, le due regioni balcaniche confinanti con l’Italia, il crollo dell’esercito italiano aveva fatalmente coinvolto le due capitali, Zagabria (Croazia) e Lubiana (Slovenia). Qui avevano avuto il sopravvento le forze politiche comuniste guidate da Josip Broz, nome di battaglia «Tito», che avevano finalmente sconfitto i famigerati “ustascia” (i fascisti croati agli ordini del dittatore Ante Pavelic che si erano macchiati di crimini), e i non meno odiati “domobranzi”, che non erano fascisti, ma semplicemente ragazzi di leva sloveni, chiamati alle armi da Lubiana
La prima ondata di violenza esplose proprio dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che, nell’intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza, imponendo un’italianizzazione forzata e reprimendo e osteggiando le popolazioni slave locali. Con il crollo del regime - siamo ancora alla fine del 1943 - i fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, prima torturati e poi gettati nelle foibe. Morirono, si stima, circa un migliaio di persone. Le prime vittime di una lunga scia di sangue. Tito e i suoi uomini, fedelissimi di Mosca, iniziarono la loro battaglia di (ri)conquista di Slovenia e Croazia - di fatto annesse al Terzo Reich - senza fare mistero di volersi impadronire non solo della Dalmazia e della penisola d’Istria (dove c’erano borghi e città con comunità italiane sin dai tempi della Repubblica di Venezia), ma di tutto il Veneto, fino all’Isonzo. Nella primavera del 1945 l’esercito jugoslavo occupò l’Istria (fino ad allora territorio italiano, e dal ‘43 della Repubblica Sociale Italiana) e puntò verso Trieste, per riconquistare i territori che, alla fine della prima guerra mondiale, erano stati negati alla Jugoslavia. Non aveva fatto i conti, però, con le truppe alleate che avanza-
DOSSIER vano dal Sud della nostra penisola, dopo avere superato la Linea Gotica. La prima formazione alleata a liberare Venezia e poi Trieste fu la Divisione Neozelandese del generale Freyberg, l’eroe della battaglia di Cassino, appartenente all’Ottava Armata britannica. Fu una vera e propria gara di velocità. Gli jugoslavi si impadronirono di Fiume e di tutta l’Istria interna, dando subito inizio a feroci esecuzioni contro gli italiani. Ma non riuscirono ad assicurarsi la preda più ambita: la città, il porto e le fabbriche di Trieste. Infatti, la Divisione Neozelandese del generale Freyberg entrò nei sobborghi occidentali di Trieste nel tardo pomeriggio del 1° maggio 1945, mentre la città era ancora formalmente in mano ai tedeschi che, asserragliati nella fortezza di San Giusto, si arresero il 2, impedendo in tal modo a Tito di sostenere di aver «preso» Trieste. La rabbia degli uomini di Tito si scatenò allora contro persone inermi in una saga di sangue degna degli orrori rivoluzionari della Russia del periodo 1917-1919.
I NUMERI Tra il maggio e il giugno del 1945 migliaia di italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra. Altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Secondo alcune fonti le vittime di quei pochi mesi furono tra le quattromila e le seimila, per altre diecimila. Fin dal dicembre 1945 il premier italiano Alcide De Gasperi presentò agli Alleati «una lista di nomi di 2.500 deportati dalle truppe jugoslave nella Venezia Giulia» ed indicò «in almeno 7.500 il numero degli scomparsi». In realtà, il numero degli infoibati e dei massacrati nei lager di Tito fu ben superiore a quello temuto da De Gasperi. Le uccisioni di italiani - nel periodo tra il 1943 e il 1947 - furono almeno 20mila; gli esuli italiani costretti a lasciare le loro case almeno 250mila. A Fiume, l’orrore fu tale che la città si spopolò. Interi nuclei familiari raggiunsero l’Italia ben prima che si concludessero le vicende della Conferenza della
pace di Parigi (1947), alla quale - come dichiarò Churchill - erano legate le sorti dell’Istria e della Venezia Giulia. Fu una fuga di massa. Entro la fine del 1946, 20.000 persone avevano lasciato la città, abbandonando case, averi, terreni. Il dramma delle terre italiane dell’Est si concluse con la firma del trattato di pace di Parigi il 10 febbraio 1947. Alla conferenza di Parigi venne deciso che per il confine si sarebbe seguita la linea francese: l’Italia consegnò alla Jugoslavia numerose città e borghi a maggioranza italiana rinunciando per sempre a Zara, alla Dalmazia, alle isole del Quarnaro, a Fiume, all’Istria e a parte della provincia di Gorizia. Il trattato di pace di Parigi di fatto regalò alla Jugoslavia il diritto di confiscare tutti i beni dei cittadini italiani, con l’accordo che sarebbero poi stati indennizzati dal governo di Roma. Questo causò due ingiustizie. Prima di tutto l’esodo forzato delle popolazioni italiane istriane e giuliane che fuggivano a decine di migliaia, abbandonando le
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loro case e ammassando sui carri trainati dai cavalli le poche masserizie che potevano portare con sé. E, in seguito, il mancato risarcimento. La stragrande maggioranza degli esuli emigrò in varie parti del mondo cercando una nuova patria: chi in Sud America, chi in Australia, chi in Canada, chi negli Stati Uniti. MORIRE NELLE FOIBE I primi a finire in foiba nel 1945 furono carabinieri, poliziotti e guardie di finanza, nonché i pochi militari fascisti della RSI e i
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collaborazionisti che non erano riusciti a scappare per tempo (in mancanza di questi, si prendevano le mogli, i figli o i genitori). Le uccisioni erano crudeli. I condannati venivano legati l’un l’altro con un lungo fil di ferro stretto ai polsi, e schierati sugli argini delle foibe. Quindi si apriva il fuoco trapassando, a raffiche di mitra, non tutto il gruppo, ma soltanto i primi tre o quattro della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano con sé gli altri sventurati, condannati così a sopravvivere per giorni sui fon-
dali delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni, tra sofferenze inimmaginabili. Soltanto nella zona triestina, tremila persone furono gettati nella foiba di Basovizza e nelle altre foibe del Carso.
Rossella Vito
Intorno al III° secolo d.C., a causa di una crisi socio-economica nell’Impero Romanao e all’affermarsi del Cristianesimo e di altre religioni di tendenza enoteistiche, iniziò il lento declino delle religioni pagane, declino inizialmente circoscritto all’interno dell’Impero Romano. Fu Galerio il primo imperatore romano a emanare un editto di tolleranza per tutte le religioni, ma sarà Costantino a agevolare l’ascesa del Cristianesimo e il declino del paganesimo. Nel 313 l’imperatore Costantino emanò l’Editto di Milano. L’Editto di Milano stabiliva, giustamente, la libertà di culto per tutte le religioni e pose fine alle persecuzioni contro i cristiani. L’errore fu che da questo momento la posizione del Cristianesimo come religione di stato si andò a consolidarsi sempre di più, a scapito delle religioni pagane. Nel III secolo l’impero era in profonda crisi, e all’imperatore Costantino serviva l’oro per sistemare le casse dell’impero. Essendo il Paganesimo una religione molto ricca, all’interno dei templi erano infatti custodite enormi quantità di oro, offerte sacre fatte dai fedeli, tutti questi beni erano indispensabili per l’imperatore Costantino. In questa situazione a Costantino era diventata molto utile per la salvezza economica dell’Impero la diffusione del Cristianesimo, per via del loro “comandamento della carità” e di un approccio alla vita terrena più remissivo. Ben presto il Cristianesimo si pose in rivalità con le esistenti
religioni pagane, specie quando l’imperatore Costantino si convertì alla nuova religione. Intorno al 320 un nuovo editto, sempre emanato da Costantino, proibì i sacrifici e le pratiche divinatorie private. Con Costantino convertito al Cristianesimo anche i suoi figli ne furono influenzati, è il caso di Costanzo II. Nel 341 fu emanato un editto che proibiva i sacrifici pagani, anche in pubblico, e stabiliva che tutti i templi pagani dovevano essere chiusi. Ma la reazione fu di totale disaccordo, tanto che Costanzo II e suo fratello Costante emanarono nuovi leggi che preservavano i templi e stabiliva multe contro i vandalismi rivolti a tombe e monumenti, ponendoli quest’ultimi sotto la custodia dei sacerdoti pagani. Nel 356 venne emanato un editto che puniva con la morte i trasgressori delle precedenti legislazioni. In seguito ai privilegi concessi al Cristianesimo si assistette, spesso da gruppi di fanatici, a vari episodi di distruzione di sculture di divinità e luoghi di culto pagani, con la scusante della credenza che questi luoghi o sculture fossero le dimore di demoni. Il 27 febbraio 380 i tre imperatori Graziano, Valetiniano II e Teodosio I promulgarono l’editto di Tessalonica. Con questo editto la religione Cristiana divenne ufficialmente religione di stato. Nel 381 fu proibita nuovamente la partecipazione a tutti i riti pagani, stabilendo che coloro che da cristiani si fossero convertiti ala religione pagana perdessero il diritto di fare testamento legale. Nel 382 fu emanato un emendamento il qua-
le sanciva la conservazione degli oggetti pagani di valore artistico. Nel 383 il giorno di riposo, il dies solis, fu rinominato dies dominicus divenendo obbligatorio (nacque la domenica). In seguito a questi emendamenti vi furono varie rivolte, da parte dei pagani. Come reazione Teodosio irrigidì ulteriormente la sua politica religiosa e tra il 391 e il 392, furono emanate i decreti teodosiani, che attuavano in pieno l’editto di Tessalonica. Vennero interdetti gli accessi ai templi pagani e ribadita la proibizione di qualsiasi forma di culto, inasprendo ulteriormente le pene amministrative per i cristiani che si convertissero al paganesimo. L’inasprimento della legislazione “anti-pagana”, alimentò l’atteggiamento ostile e barbarico dei cristiani, molti templi pagani furono distrutti e provocarono varie rivolte da parte della comunità pagana. A partire dal 391 Teodosio I proibì il mantenimento di qualunque culto pagano e il sacro fuoco nel tempio di Vesta (che da secoli ardeva ininterrotto) venne spento, decretando la fine dell’ordine delle Vestali. L’ultima gran sacerdotessa di Vesta fu Celia Concordia (384). I successori di Teodosio I, Arcadio in oriente e Onorio in occidente, ribadirono la proibizione di tutti i culti pagani. Un decreto del 408 sanciva che i templi erano edifici pubblici e come tali andavano conservati, eliminandone gli elementi del culto pagano. Nel 415 ad Alessandria d’Egitto, il vescovo Cirillo di Alessandria (oggi Santo per la chiesa cristiana) fu respon-
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LA PERSECUZIONE PAGANA
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DOSSIER sabile del martirio della filosofa Ipazia. Le fonti ci narrano che fu presa da una banda di fanatici cristiani (guidati dal vescovo Cirillo) e trascinata in una chiesa dove fu fatta a pezzi e poi bruciata. Nel 435 Teodosio II ordinò la distruzione di tutti i templi pagani rurali sopravvissuti. Durante il V secolo l’atteggiamento verso i templi cambiò, quelli che non furono distrutti vennero trasformati in chiese. La motivazione ufficiale fu la volontà di esorcizzare quei luoghi, in realtà il motivo era prettamente economico, era meno dispendioso riutilizzare un tempio che costruire una chiesa ex novo. Inoltre riadattando i templi per il nuovo culto si sperava di attenuare la forte ostilità esistente tra i due gruppi religiosi dei pagani e dei cristiani. Nella sua diffusione, il
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Cristianesimo lentamente riuscì a distruggere la paganità dell’occidente, privandone i miti del loro significato esoterico/allegorico, schiacciandone le ideologie, abbattendo i suoi luoghi di culto, le accademie e le filosofie, eliminando fisicamente sacerdoti, filosofi ed intellettuali. La repressione venne attuata anche (specialmente) con la conversione di simboli, figure, divinità pagane in elementi accomunati alla figura di Satana, e quando questi simboli erano molto sentiti dalla popolazione diventavano simboli legati alla vita del Cristo (un esempio è la croce, simbolo per eccellenza solare). Tra il IX e il X secolo molti altri luoghi pagani, legati alla sacralità del territorio, furono recuperati e riutilizzati dagli eremiti per costruirvi eremi e monasteri.
A partire dal II millennio il termine “pagano” venne usato per identificare gli appartenenti a religioni non cristiane, spesso con una valenza dispregiativa, sinonimo di arretratezza e ignoranza. Più tardi venne adottato il termine “eretico” per identificare quegli uomini con idee o filosofie diverse o contrastante alla teologia Cristiana. Nel 1184 Papa Lucio III, durante il Concilio di Verona (presieduto anche dall’imperatore Federico Barbarossa), con la stipula “Ad abolendam diversa rum haeresum pravitatem” costituì l’Inquisizione. L’Inquisizione (o Santa Inquisizione) fu quell’istituzione ecclesiastica atta ad indagare, a reprimere il movimento cataro e controllare i diversi movimenti spirituali e pauperistici e
Per Stregoneria si indica un insieme di pratiche magiche e rituali, spesso di derivazione pagana. La figura della strega ha radici pre-cristiane, ed è presente in quasi tutte le culture, una figura a metà strada tra lo sciamano e l’uomo dotato di poteri occulti. La strega (stregone al maschile) è quindi esperta in varie discipline o comunque ne è a conoscenza di esse, tra le discipline più note vi sono l’uso medico delle erbe, dei cristalli, delle pietre e la conoscenza delle “arte” divinatorie. L’alone demoniaco gli fu attribuito quando l’Inquisizione iniziò a dargli la “caccia”. Lo stesso Paracelso affermava di aver imparato di più da una strega che dai filosofi e dai medici del suo tempo. La Caccia alle Streghe fu avvalorata anche dal passo 22,12 del libro dell’Esodo, venne tradotto in: “Non lascerai vivere chi pratica magia”; in realtà l’espressione originale in ebraico intendeva: “... qualcuno che opera nell’oscurità e blatera”. Da specificare che con il termine “strega” o “eretico” venivano accusati tutti coloro che si distaccavano dal credo dell’ortodossia cristiana (spesso infatti non erano persone dediti ai culti magici/esoterici, ma persone che si ribellavano ad alcuni dogmi imposti). L’imperatore tedesco Frederik II, nel 1224 emanò una legge con il quale ordinava che tutti i col-
pevoli di eresia venissero condannati al rogo. Nel 1252 Papa Innocenzo IV emanò la bolla “Ad extirpanda” con cui autorizzò l’uso della tortura, il successore Giovanni XXII estese i poteri dell’Inquisizione anche nella lotta contro la stregoneria. La prima strega della quale abbiamo notizie storiche certe, si chiamava Angele e venne condannata al rogo, a Tolone (Francia) nel 1274. Su richiesta dei sovrani di Spagna, Ferdinando e Isabella, Papa Sisto IV nel 1478 estese l’Inquisizione nelle terre di Spagna, con l’iniziale intento di debellare l’islam e successivamente (con la scoperta dell’America e l’inizio del colonialismo) fu estesa alle colonie dell’America centromeridionale e nel vice-regno di Sicilia, questa oggi viene conosciuta come l’Inquisizione Spagnola. In Italia la prima condanna di stregoneria, di cui si hanno notizie, risale al 20 marzo 1428 giorno in cui venne messa al rogo Matteuccia Di Francesco, essa fu condannata dal tribunale laico della sua città di Todi (Umbria, Perugia). La “Caccia alle Streghe” si concentrò soprattutto tra la fine del 1400 e la prima metà del 1600 e conobbe due ondate: la prima che andò dal 1480 al 1520 e la seconda dal 1560 al 1650. Molte delle presunte streghe vennero torturate e bruciate vive, le motivazioni ufficiali erano varie, spesso erano mosse da accuse per ragioni futili. Spesso venivano accusate di stregoneria le balie, bastava che il bambino nascesse morto per riversare la delusione e il dolore emotivo verso colei che aveva assistito al parto. Macabramente furono accusati, torturati e in alcuni casi giustiziati anche
bambini, di 17 anni, accusati di essere posseduti o di aver partecipato ai Sabba delle streghe. Durante le torture in cambio della riduzione dei tormenti, si invitava la strega o stregone di fare il nome di presunti complici, spesso si invitava di accusare qualche benestante del luogo, allo scopo di poter istituire il processo successivo, che consisteva alla confisca dei beni.
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all’occorrenza punire, mediante apposito tribunale, i sostenitori di teorie o filosofie considerati contrarie o pericolose per l’ortodossia cattolica. L’intento ufficiale era quello di riportare gli eretici nella via della “vera fede”. Questo degenerò in una serie di condanne spesso ingiuste e infondate, dando vita alla (delirante) “Caccia alle Streghe”.
In Europa l’ultima strega condannata a morte fu Anna Göldi, uccisa nel 1782 a Glarona, in Svizzera. Solo nel 2008 il parlamento Cantonale ha riabilitato la sua figura. Durante l’Ottocento la maggior parte degli Stati europei soppressero i tribunali dell’Inquisizione, pur mantenendo leggi che continuavano a condannare questa “pratica”. L’unico stato che ha mantenuto l’Inquisizione fu lo Stato Pontificio. Nel 1908 Papa Pio X cambiò il nome al Tribunale dell’Inquisizione, denominandolo Sacra Congregazione del Santo Offizio. Nel Concilio Vaticano II durante il pontificato di Paolo VI, nel 1965, il Santo Offizio assunse il nome di Congregazione per la Dottrina della Fede (in latino Congregatio pro Doctrina Fidei), fin ad oggi ancora attivo. Ma si sa il pregiudizio tarda a morire! Nel 1944 Helen Duncan fu imprigionata per nove mesi credendola colpevole di aver usato la stregoneria per affondare la nave in cui era morto il proprio marito. Solamente il 2 febbraio del 1998 lo Stato chiese scusa. Nel 1951 in Gran Bretagna furono abrogate le ultime leggi contro
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DOSSIER la Stregoneria, questo permise a Gerald Gardner di pubblicare “Witchcraft Today” (stregoneria oggi), sancendo la diffusione della Wicca e quindi in un certo senso anche dello stesso Neopaganesimo. Nel 1985, una donna a San Diego perse il lavoro perché accusata di essere una strega. Nel 1999, negli Stati Uniti si istituì un gruppo di cristiani conservatori, su iniziativa di Bob Barr, in risposta al crescente fenomeno degli incontri per celebrare riti wiccan nelle basi militari. Il gruppo invitò i cittadini americani a una revisione dei diritti di libertà religiosa alla luce della morale cristiana. Barr sosteneva
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(e sostiene) che il Neopaganesimo fosse un prodotto di eccessiva libertà e che per sopprimerlo bisognasse irrigidire e limitarne tale concetto. Il 12 marzo 2000, nel corso di una celebrazione in Vaticano, per l’occasione del Giubileo, il Papa Giovanni Paolo II chiese «scusa», in mondovisione, per le colpe passate della Chiesa. Durante l’omelia chiese perdono per “… l’uso della violenza che alcuni di essi hanno fatto … per gli atteggiamenti di diffidenza e di ostilità assunti nei confronti dei seguaci di altre religioni”, sottolineando che si chiede perdono per aver adottato “… i mezzi dubbi per i
fini giusti …” (era un fine giusto quello di bruciare le streghe?). Un perdono chiesto a Dio (non alle vittime). Un perdono chiesto per i figli della Chiesa (la comunità battezzata) e non per la Chiesa-istituzione. Purtroppo nessun nome di colpevole fu pronunciato e tutto si mantenne generico. Ci si riferì semplicisticamente al regime nazista come “pagano” tacendo sulle prese di posizione a suo favore dei vescovi tedeschi. I peccati a cui si riferiva il perdono vennero collocati a quelli commessi nel secondo millennio, forse perché i pagani massacrati precedentemente non meritavano scuse?
Oggi, in Occidente il paganesimo si è ripreso e inizia a diffondersi velocemente, in Asia e in Africa è invece ancora in atto, da parte dei cristiani (ma anche islamici), un tentativo di sradicare il paganesimo.
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Resta comunque coraggiosa e lodevole la scelta della Chiesa Cattolica di chiedere scusa, anche perché nessuna religione ha finora chiesto scusa per errori commessi, considerando che religioni come l’Islam risultano ancora oggi molto ostili nei confronti dei culti pagani. Per il musulmano il proselitismo verso il paganesimo è un obbligo morale, meno invece verso i fedeli delle religioni monoteiste. Secondo l’Islam i fedeli alle religioni monoteiste posseggono già una “rivelazione” tramite l’uso delle Sacre Scritture, pur essendo corrotte e incomplete dalla manipolazione umana, mentre invece il pagano è un’idolatra, una blasfemo. Ancora oggi nella maggior parte dei paesi islamici vi è il divieto di fare proselitismo per i non musulmani, in alcune località i luoghi di culto non islamici sono obbligati a pagare la jizya (una tassa per essere tutelati e protetti dallo stato, preservandoli da eventuali attacchi violenti). Tutt’oggi il tasso di violenza nei confronti degli islamici che si convertono ad altri credi è molto alto. Solo nel 2011 in Arabia Saudita (paese islamico per antonomasia) i processi terminati con pena di morte contro la stregoneria sono stati circa 73, tra cui molte donne, come Amina Bent Abdellhalim Nassar decapitata in modo cruento, secondo Amnesty sarebbero 140 le persone che aspettano il boia per accuse simili.
IL GIORNO PAGANO DELLA MEMORIA Nel 2006 è stato ideato il “Giorno Pagano della Memoria”. L’idea della celebrazione di un Giorno Pagano Europeo della Memoria è nata nel 2006, per stabilire un momento ufficiale in cui ricordare le radici del passato pagano a cui tutti i pagani odierni, chi più e chi meno, si riallacciano e ricordare anche le cause e gli avvenimenti della frattura tra noi e quelle radici. E’ proprio quel distacco infatti che spinge i pagani di oggi a definirsi in questo modo, nobilitando una parola nata come insulto. Come giornata della celebrazione è stato scelto, con un sondaggio tra pagani di diversa provenienza, il 24 febbraio: in questa data, nel 391 e.v., Teodosio emanò un editto di condanna delle pratiche pagane, in seguito al quale il fuoco di Vesta che doveva bruciare eternamente a Roma fu spento. Data la sacralità del fuoco in tutte le religioni cosiddette pagane, è stato scelto questo evento come simbolo dell’inizio dei tentativi di eliminazione delle religioni pagane. Maggiori Info: giornopaganomemoria.it
Noi ITALUS Associazione Culturale Wicca abbiamo fin da subito aderito a questo progetto, ormai ogni anno noi celebriamo il nostro “Giorno della Memoria Pagana”, che quest’anno celebreremo il 24 Febbraio 2019. Il nostro blog: memoriapagana1.blogspot.it
Leron
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IL CARNEVALE
Il carnevale è una festa la cui tradizione si perde nella notte dei tempi. La sua storia nasce dall’ultimo banchetto che si era soliti allestire prima del periodo di Quaresima Il carnevale è senza dubbio la festa più pazza e variopinta dell’anno, dove tutto è permesso e dove il gioco, lo scherzo e la finzione diventano, per un po’, una regola. Si tratta di una delle ricorrenze più diffuse e popolari del mondo, basti pensare all’immensa notorietà di cui godono eventi come il Carnevale di Rio o quello di Venezia che non mancano di attirare milioni di turisti. Ma cos’è il Carnevale? Da dove nasce la sua tradizione? Il termine “carnevale” deriva dalla locuzione latina carnem levare – ovvero, letteralmente,
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“privarsi della carne” – che si riferiva all’ultimo banchetto che tradizionalmente si teneva l’ultimo giorno prima di entrare nel periodo di Quaresima e quindi nel “martedì grasso” che precedeva il “mercoledì delle ceneri”. Il martedì grasso è da sempre l’occasione per gustare i dolci tipici del carnevale, come le chiacchere chiamate anche frappe o bugie, le frittelle o castagnole e tutte le golosità che cominciano a comparire sempre prima nelle pasticcerie e negli store. Si tratta, dunque, di una festa tipica dei Paesi a tradizione cattolica anche se, come spesso accade, la sua saga è stata “rielaborata” a partire da pratiche ben più antiche. Per esempio nell’Antico Egitto erano soliti tenersi periodi di festa in onore della dea Iside durate i quali si registrava la presenza di gruppi mascherati; una
consuetudine simile a quelle delle feste in onore del dio Dioniso in Grecia e dei “saturnali” romani, che avevano in comune, oltre che l’uso del travestimento, il fatto di rappresentare un temporaneo “rovesciamento dell’ordine precostituito”, da cui la pratica dello scherzo ed anche della dissolutezza.
IL CARNEVALE: ORIGINE E DIFFUSIONE Fu su questo substrato – peraltro comune anche ad altre civiltà assai diverse da quelle europee – che l’Europa cattolica rielaborò la festa del carnevale dandogli un significato all’interno del calendario cristiano. Le prime testimonianze dell’uso del termine nel significato con cui oggi
Da segnalare anche la tradizione del carnevale Ambrosiano, la cui particolare durata – finisce infatti con il “sabato grasso” quattro giorni dopo rispetto al tradizionale martedì – sembra risalire ad un pellegrinaggio del vescovo Sant’Ambrogio che aveva annunciato il suo ritorno “In tempo per celebrare con i milanesi le ceneri”. A causa del suo ritardo, la popolazione posticipò il rito alla domenica successiva per attendere il suo Pastore, “modificando” la consuetudine carnevalesca.
IL CARNEVALE IN ITALIA Inutile dire che i festeggiamenti del carnevale, soprattutto in Italia, sono molteplici e affondano le loro radici nei secoli: Viareggio, Cento, Satriano, Acireale, Fano, Putignano, Verona, Striano sono solo alcune delle tradizionali rassegne carnevalesche oggi considerate fra le più importanti del mondo, ognuna con i suoi peculiari ed inimitabili riti. Il Carnevale di Venezia, di gran lunga il più popolare nel mondo, è quello che possiede le origini più antiche: un documento originale datato 1094 fa menzione di un
“pubblico spettacolo” nel periodo pre-quaresimale per le strade della città e la festa venne formalmente istituita dal Doge nel 1296. Dopo 800 anni di storia, il carnevale fu vietato da Napoleone nel 1797 dopo la sua occupazione armata della città perché giudicato “sovversivo” e fu “riportato alla luce” solo nel 1979. Ad Ivrea, invece, il carnevale si celebra dal 1808 ed è caratterizzato dalla originalissima “Battaglia delle Arance” che vede impegnate 9 squadre che rappresentano le diverse “contrade” della città, in stile Palio di Siena.
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lo conosciamo, risalgono al XIII secolo sia nella zona di Firenze che in quella di Roma. Ben presto divenne tradizione in quasi tutta la nostra penisola e si espanse in tutto il mondo cristiano del tempo. Essendo legato all’inizio della Quaresima e quindi alla data della Pasqua, la collocazione precisa del carnevale nel calendario varia di anno in anno: nel 2014 il martedì grasso cade il 4 marzo. Potete consultare il calendario completo di carnevale qui.
I giorni di Carnevale 2019: 28 febbraio - Giovedì Grasso 3 marzo - Carnevale 5 marzo - Martedì Grasso
Francesco V.
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IL CARNEVALE VENEZIANO
Il Carnevale veneziano è uno dei più antichi e affascinanti d’Europa. Non sappiamo con esattezza quando i veneziani abbiano cominciato ad indossare maschere, anche se sappiamo che nel corso del XVIII° secolo il travestimento e i giochi in incognito con utilizzo di maschere erano parte integrante della vita quotidiana veneziana. A quell’epoca il Carnevale iniziava ufficialmente il 26 dicembre e raggiungeva il suo apice il martedì grasso, prima del mercoledì delle ceneri.. Quindi durante l’antica Repubblica, il Carnevale sembrava durare tutto l’anno, o per lo meno così appariva la città ai visitatori. La moda veneziana di indossare delle maschere comportava una serie di vantaggi e libertà, che dovevano far sembrare Venezia un vero e proprio paradiso ai molti visitatori stranieri.
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Inoltre anche i cittadini ordinari che indossavano i tradizionali costumi di carnevale si sentivano esattamente allo stesso livello dei ricchi patrizi. Ricchi e poveri festeggiavano insieme in città e anche l’astuto Senato, che riconosceva in questo una perfetta valvola di sfogo per tutti i tumulti sociali, decretò che nessuno di coloro che indossava una maschera era inferiore ad un altro. Persino i giocatori d’azzardo utilizzavano la maschera per rimanere in incognito e pure le donne, protette dalla maschera si sentivano libere di organizzare i loro incontri segreti. La maschera quindi divenne condizione necessaria per sfuggire dalla vita di tutti i giorni e inventare una nuova personalità, permettendo di agire in totale libertà.
Durante il Carnevale la Piazza S. Marco diveniva il centro dei festeggiamenti, ma anche i campi minori e le strade principali erano invase da persone che danzavano, cantavano e facevano scherzi. La Piazza S. Marco, definita da molti come “il salotto più bello del mondo, si trasformava in un’immenso salone da ballo e in prossimità della piazza apparivano nella nebbia fantastici palcoscenici galleggianti. L’ultimo giorno, il martedì grasso, il Carnevale raggiungeva il suo apice e una processione di maschere attraversava il Canal Grande, centinaia di lanterne si riflettevano nell’acqua dei canali e Venezia stessa si trasformava in un unico grande teatro. Con la caduta della Repubblica alla fine del XVIII° secolo, l’utilizzo della maschera ebbe un re-
Nel 1979, un gruppo di giovani veneziani amanti del teatro e della cultura hanno pensato di far rinascere l’antico Carnevale. Adesso i visitatori che ogni anno affollano Venezia l’ultimo week-end prima dell’inizio della Quaresima sono più di 500.000. L’identità delle persone si fa di nuovo confusa e riemerge inevitabilmente la difficoltà di distinguere fra realtà e illusione e fra passato e presente. Il più antico documento riguardante l’utilizzo delle maschere a Venezia è datato 2 maggio 1268: in questo documento veniva proibito agli uomini in maschera di praticare il gioco delle “ova”. Dai primi del ‘300 cominciarono ad essere promulgate nuove leggi che mettevano dei “paletti” all’inarrestabile decadimento morale dei Veneziani del tempo. La legificazione limitativa del Carnevale inizia con un decreto del 22 febbraio 1339 che proibisce alle maschere di girare di notte per la città. Un decreto che può far capire quanto libertini erano i Veneziani del tempo è quello del 24 gennaio 1458: questo proibisce agli uomini di introdursi, mascherati da donne, nei monasteri per compiervi multas inhonestates. Sempre nello stesso “settore”, è interessante il decreto del 3 febbraio 1603, atto a ripristinare la moralità nei conventi: vengono proibite quindi le maschere nei parlatori delle monache, in quanto era usanza andare ai parlatori delle monache, sedercisi sopra e parlare con le monache... Più volte sono stati promulga-
ti decreti per impedire alle maschere di portare con sè armi o strumenti atti a ferire, così come vengono promulgati decreti al fine di impedire alle maschere di entrare nelle chiese, ed estendono lo stesso obbligo a tutti i cittadini che si introducono nelle sacrestie con abiti indecenti. Un anno importante è il 1608, e precisamente nella data del 13 agosto, nel quale viene emanato un Decreto del Consiglio dei Dieci, dal quale risulta che ormai la maschera è usata per molti periodi dell’anno, tanto da creare seri problemi alla Repubblica. Per evitare le pessime conseguenze di questo malcostume, viene fatto obbligo a qualsiasi cittadino, nobile o forestiero, di non usare la maschera se non nei giorni del Carnevale e nei banchetti ufficiali. Le pene inflitte, in caso di trasgressione del decreto, sono pesanti: per gli uomini la pena era di 2 anni in carcere, di servire per 18 mesi la Repubblica vogando legato ai piedi in una Galera, nonché di pagare 500 lire alla cassa del Consiglio dei Dieci. Per quanto riguarda le donne meretrici che venivano trovate in maschera, queste venivano frustate da S. Marco a Rialto, poste in berlina tra le due colonne in Piazza S. Marco e venivano bandite per quattro anni dal territorio della Repubblica Veneta: oltre a ciò dovevano pagare 500 lire alla cassa del Consiglio dei Dieci . Dopo cinquant’anni dal decreto del 1608, il 15 gennaio viene pubblicato un proclama del Consiglio dei Dieci, dove si ribadiva il divieto alle maschere di portare armi e veniva altresì proibito di andare mascherati all’interno di luoghi sacri e veniva espres-
samente proibito di mascherarsi con abiti religiosi. In quello stesso decreto veniva proibito l’uso dei tamburi prima di mezzogiorno ed anche venivano proibiti i balletti di qualsiasi tipo, al di fuori del periodo di Carnevale. Vista l’usanza di molti nobili Veneziani che andavano a giocare d’azzardo mascherati per non essere riconosciuti dai creditori, nel 1703 vengono proibite per tutto l’anno le maschere nelle case da gioco.
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pentino declino, fino a scomparire completamente.
Con due differenti decreti (negli anni 1699 e 1718) viene proibito l’utilizzo della maschera durante la Quaresima e durante le festività religiose che capitavano durante i giorni del Carnevale. Nel 1776, una nuova legge, atta a proteggere l’ormai dimenticato “onore di famiglia”, proibiva alle donne di recarsi a teatro senza maschera, con la bauta, tabarro e volto. Dopo la caduta della Repubblica, il Governo Austriaco non concedette più l’uso delle maschere, se non per feste private o per quelle elitarie (es.: la Cavalchina della Fenice). Il governo italico si dimostra più aperto ma questa volta sono i Veneziani ad essere diffidenti: ormai Venezia non era più la città del Carnevale ma solo una piccola provincia dell’Impero, quindi senza più libertà. Durante il secondo governo austriaco fu permesso di nuovo di utilizzare le maschere durante il Carnevale.
Francesco V.
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IL CARNEVALE DI VIAREGGIO
Nel febbraio del 1873, ai tavoli del caffè del Casinò, tra i giovani bene della Viareggio d’allora sbocciò l’idea di una sfilata di carrozze per festeggiare il carnevale, all’aperto, in piazza, fra la gente. Martedì grasso del febbraio 1873 - è maturato il Carnevale di Viareggio così come oggi è conosciuto: evento spettacolare tra i più belli e grandiosi del mondo. Sul finire del secolo, comparvero, in mezzo alla festa di popolo che fu subito grande, i carri trionfali, veri e propri monumenti, costruiti in legno, scagliola e juta, modellati da scultori e messi insieme da carpentieri e fabbri che, in Darsena, sugli scali dei cantieri navali, sapevano creare imbarcazioni destinate a sfidare con suc-
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cesso le acque insidiose e i venti capricciosi degli oceani; da allora i carri così costruiti di anno in anno, hanno navigato in un mare di gente attonita e divertita. La prima guerra mondiale sembrò distruggere, insieme alla belle époque in Europa, anche il Carnevale a Viareggio, che invece rifiorì, più splendido e più grandioso, nel 1921, quando i carri mascherati sfilarono sui due meravigliosi viali, paralleli fra loro e alla spiaggia; i viali a mare, la mitica passeggiata, che in estate erano il ritrovo della mondanità nazionale e internazionale, furono, con le quinte delle Alpi Apuane, il palcoscenico naturale e grandioso, di incomparabile bellezza, ove si pavoneggiavano, ogni anno più ricche di animazione e brio, le
costruzioni carnevalesche. Nel 1921 si cantò la prima canzone ufficiale, la ‘’Coppa di Champagne”, attuale inno del carnevale. Anche le maschere si animarono a suon di musica, perché per la prima volta, la banda trovò posto a bordo di un carro intitolato “Tonin di Burio”, che rap-presentava una festa nuziale nell’aia di una casa colonica. Due anni dopo il “Pierrot”, nostalgica e romantica figura del carnevale, fu la prima maschera a muovere la testa e gli occhi. Nel 1925, per iniziativa di alcuni costruttori, fu introdotta la cartapesta, per realizzare i carri, che da allora ha consentito costruzioni colossali ma leggerissime, cioè mascheroni capaci di
turne, con sfilate di carri spettacolari, feste rionali, veglioni in maschera e rassegne di ogni genere. Il 2001 ha segnato una data memorabile della storia del Carnevale di Viareggio con l’inaugurazione della Cittadella del Carnevale, un complesso polifunzionale di grande pregio architettonico che ospita i moderni laboratori per la costruzione dei carri, la scuola della cartapesta, mentre nella grande arena, si svolge durante l’estate la rassegna “Sotto le stelle alla Cittadella”: intrat-tenimenti, spettacoli, concerti ed iniziative culturali. La Cittadella presto ospiterà anche il museo del Carnevale, un percorso multimediale proteso a valorizzare e diffondere la memoria storica e culturale del
Carnevale di Viareggio e del Carnevale di tutto il mondo Il Carnevale di Viareggio momento ideale di incontro tra popoli e culture diverse, grazie all’imponente eco mass-mediatica è l’occasione per globalizzare questa festa che celebra oltre alla tradizione, anche valori universali di solidarietà e pace.
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librarsi nell’aria sfidando la legge di gravità. Con tale innovazione si può dire che la storia del Carnevale di Viareggio diviene leggenda, grazie ai costruttori che, per le loro capacità creative, furono denominati, dalla stampa nazionale ed internazionale, “maghi della cartapesta”. Nel 1930 Uberto Bonetti, il pittore che ha illustrato la magia del carnevale con manifesti ufficiali, ideò Burlamacco, la maschera oggi famosa, che nel manifesto del 1931, sullo sfondo dei moli, protesi sul mare, appare in compagnia di Ondina. Oggi Burlamacco trova posto tra le maschere italiane a Roma presso il museo del Folklore e della tradizione ed è esposta a Parigi presso il Musée de l’Homme. Dopo la seconda guerra mondiale, il Carnevale rinasce nel 1946 e, da allora, Re Carnevale ha temprato il suo scettro, passando indenne - giugno del 1960 - attraverso uno spaventoso rogo degli hangars dove si costruivano i carri. Fin dall’inizio (1954) la Tv nazionale prima, e l’Eurovisione (1958) poi, hanno consacrato la grande manifestazione trasportando ovunque, via etere Viareggio e il Carnevale. Da sempre, ogni anno, una lunga schiera di ospiti illustri, di politici, di personaggi dello sport e dello spettacolo, è venuta a Viareggio per ammirare la propria effige in cartapesta, così come ad ogni corso mascherato di ogni edizione del Carnevale, centinaia di migliaia di persone hanno decretato il successo di questa grande manifestazione. Il Carnevale di Viareggio, Carnevale d’Italia e d’Europa, ogni anno, celebra lo splendore di un mese intero di feste diurne e not-
Valeria Dosa
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SOPHIA SE NON CI FOSSE STATO IL CRISTIANESIMO QUALE RELIGIONE SI SAREBBE AFFERMATA? infatti, non coinvolgeva tutti gli abitanti della repubblica e dell’impero: escludeva le donne e veniva praticato da ristrette, anche se molto influenti, élites composte per lo più dai militari dell’esercito e, in parte, da “burocrati” del regno o amministratori locali.
Oggi la religione prevalente in Occidente è il cristianesimo. E la ragione ha una spiegazione storica: questa fu l’unica religione ammessa nell’Impero romano per volere dell’imperatore Teodosio I nel 380. Se non ci fosse stata questa imposizione (o se il cristianesimo non fosse mai nato) con buone probabilità oggi saremmo pagani e con una maggioranza di culti dediti al dio Mitra. Quasi 2mila anni fa, infatti il mitraismo era il culto più diffuso tra i soldati e i funzionari romani. E fu proprio questa religione
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di origine ellenistica il principale concorrente del cristianesimo. A fondare il culto si dice sia stato lo stesso Mitra, una divinità di origine persiana che a partire dal III secolo a. C. impose la sua religione in tutto il Mediterraneo. Il suo messaggio aveva, come il cristianesimo, una componente escatologica: annunciava la resurrezione dei morti e la presenza di un Giudizio universale. A differenza del cristianesimo però era un culto misterico di tipo esoterico e non era per nulla inclusivo. Nonostante la religione facesse professione di universalismo,
Nei luoghi di culto Mitra era spesso raffigurato nell’atto di uccidere un toro (simbolo della vittoria del Bene sul Male), ma i riti sono in gran parte ignoti e non diedero luogo alla diffusione di un corpo di scritture rivelate: le poche informazioni che abbiamo provengono da scrittori cristiani o pagani che non aderirono direttamente al culto. Anche per questo con il diffondersi del cristianesmo, il mitraismo venne rapidamente marginalizzato. E dopo il bando di Teodosio sparì in breve tempo, senza lasciare tracce significative.
Lorenzo Lucanto
Il simbolo contiene prevalentemente un carattere esoterico, lo stesso possiamo affermare per i miti e proprio su questo connubio riteniamo importante fare un’osservazione su quella che potrebbe essere stata la nascita dei miti e dei simboli ricorrenti in molte religioni e tradizioni; un esempio attinente a tale esposizione è la religione Egizia. Gli studi effettuati fino ad oggi sulla preistoria suggeriscono che i primi uomini non si dedicassero all’osservazione del cielo in modo regolare, non erano neanche soliti registrare e trasmettere il frutto delle loro osservazioni; nonostante ciò una particolarità venne comunque notata e registrata, il movimento precessionale ed il modo in cui esso si sviluppa: è molto probabile che la religione dei primi egiziani si fondasse su questa specifica conoscenza e che tale conoscenza ebbe un enorme peso sul suo sviluppo. Partendo dal presupposto che le antiche culture basassero le certezze dei loro miti sui risultati osservabili della precessione, le continue differenze nel cielo dovevano riflettere le composizioni religiose scritte durante tre millenni di storia Faraonica in Egitto. Quali miti scaturirono da queste osservazioni? E furono proprio questi miti che vennero preservati nella tradizione orale? Lo studio del movimento dei cieli era una parte necessaria dell’educazione dei sacerdoti dai primi tempi della storia, in quanto le stelle annunciavano l’arrivo dell’alba, ovvero l’apparire del
Dio Sole. Ogni importante momento del corso del Sole era accompagnato da un rituale, e certe date erano ricordate e festeggiate con riti speciali. Una delle cariche più importanti che potesse ricoprire un sacerdote egiziano era quella di “osservatore delle ore” (imy-wnwt), egli stabiliva il periodo esatto del tempo prima dell’alba e trascorreva la notte a preparare i cibi e le cerimonie; l’alba avrebbe purificato il sacerdote, il sostituto del re, questo era un momento di grande solennità e doveva svolgersi nel preciso istante in cui il Sole compariva all’orizzonte. Appurato quindi che il fenomeno precessionale era un fenomeno normale, gli antichi pensatori dovettero cercare in qualche modo di misurarlo e comprenderne il preciso funzionamento; i miti non erano altro, quindi, che delle informazioni sui movimenti celesti e sugli eventi ciclici, un rimando orale di secoli di osservazioni prima che il tutto venisse conservato per iscritto. Questa potrebbe essere una delle spiegazioni dell’intrigato mondo mitologico egizio e delle inquietanti raffigurazioni animali presenti nell’iconografia sacra. D’altra parte sarebbe impensabile supporre che l’osservazione dei cieli si praticasse solo dopo la costruzione dei templi solo per il fatto che questi ultimi erano preposti a tale scopo; indubbiamente questa tecnica venne affinata sin dagli inizi dell’umanità, tramandando sotto forma di simboli (Dei) il frutto di quanto visto ed appurato; soltanto in seguito la pratica si trasferì nei templi e sol-
tanto dopo la scoperta della scrittura essa venne posta come testo sacro dalle varie popolazioni, egiziana compresa.
SOPHIA
EGITTO, SIMBOLI E MITI
Quando gli Egizi ricordavano il loro passato, erano soliti sottolineare che più era antica la scrittura, più questa assumeva carattere di sacralità; i primi veri approcci con la scrittura egizia avvennero dopo il 1799, anno della scoperta della Stele di Rosetta, ma dobbiamo aspettare il 1822 perché, grazie al lavoro di Thomas Young e Jean Francois Champollion, sia possibile decifrare i misteriosi geroglifici. Le teorie formulate sulla base delle prove esistenti in merito alla religione Egizia sono molteplici; alcuni autori sostengono che i primi osservatori del Cielo fossero innanzitutto osservatori dell’orizzonte, altri autori credono invece che i primi egiziani osservassero i transiti. Nonostante i progressi fatti fino ad oggi, le origini dei miti egizi rimangono sconosciute e queste origini giacciono probabilmente sepolte o nascoste nell’età comunemente definita preistorica, cioè proprio in quel periodo nel quale la memoria era un elemento importante che avrebbe potuto perpetuare le tradizioni mediante il racconto e la ripetizione orale. Nell’enigmatica e confusa religione degli abitanti delle rive del Nilo, ci sono due eventi di primaria importanza: la morte e la rinascita di Osiride ed il sacrificio fatto da suo figlio dell’importantissimo occhio di Horus.
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SOPHIA Nonostante il sacrificio dell’occhio possa sembrare una tradizione esclusivamente egiziana, la storia ha vaghe eco in tutti i miti del mondo. Alla luce di quanto scritto inizialmente, la tradizione collegata a Osiride e Horus, si è originata, nei millenni, prima della scrittura e tale origine è da ricercarsi nell’osservazione del movimento nei cieli; è ovvio che la registrazione di un determinato gruppo di stelle ed il trauma di non averne più la visione nel corso dei millenni a causa della precessione, potrebbe essere un fattore scatenante l’origine dei miti, trauma iniziale e duraturo nel tempo potrebbe essere la scomparsa di Orione. Se il mito riflette le conseguenze della precessione, il collegamento tra le antiche convinzioni circa la risurrezione e i cambiamenti occorsi nel cielo si vanno rafforzando. I Testi delle Piramidi dell’Antico Regno e altre scritture funerarie, come il Libro dei Morti, il Libro delle Caverne e la Litania del Re, dovrebbero essere esaminati prestando attenzione al fatto che gli antichi guardavano al cielo per cercare i loro Dei, e che questo fosse un evento infinitamente più importante per la formazione della loro religione che qualunque cosa potesse accadere
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sulla terra. La religione egiziana dei tempi storici può essere considerata incentrata sul mito del Sole; ma nell’Era Predinastica il più importante oggetto di venerazione a Eliopoli, più tardi luogo centrale per il culto del DioSole Ra, era quello delle stelle. Rileggendo con maggior attenzione il mito di Osiride, ci accorgeremmo che questa storia sembra riportata come una verità tramandata, assodata, accettata per questione di fede, senza andare alla ricerca delle sue misteriose origini; il mito esisteva ed era normale che fosse così, in tal senso esso è riflesso di una verità molto più antica, influenzata nel tempo dai cambiamenti culturali e strutturali, ma pur sempre riporto di una verità. Alcuni ritrovamenti fatti a Helwan e riguardanti l’antico simbolo di Djed, e del volto di Iside (la controparte femminile di Osiride), sono la prova evidente di come, anche durante il periodo arcaico (dalla I alla II dinastia), il culto di Osiride fosse già esistente. Passiamo quindi ad esaminare più da vicino il mito di Osiride: Osiride è il legislatore d’Egitto, Iside è sua moglie/sorella e Seth il fratello cattivo. Seth uccide Osiride e butta il suo corpo chiuso in
un sarcofago dentro il Nilo. Iside riesce a recuperare il sarcofago e nasconderlo; ma Seth lo trova e taglia il suo corpo in 14 pezzi e li disperde per il territorio d’Egitto. Iside piangente vaga per tutto il territorio alla ricerca dei pezzi del corpo di suo marito e quindi, con l’aiuto di Nefiti, sua sorella, di Anubi, il Dio dalla testa di sciacallo, e di Thoth, Dio della conoscenza e della parola, mette insieme i pezzi del corpo smembrato avvolgendolo in bendaggi di limo e pronunciando sacre parole e riti magici. Quindi Iside avvolge il corpo di Osiride con le sue ali e riesce a farlo rivivere il tempo sufficiente a concepire Horus. A questo punto è bene ricordare che l’episodio dello smembramento non figura nella tradizione più primitiva; i 14 pezzi in cui il corpo di Osiride viene diviso potrebbero rappresentare i 14 giorni di crescita della luna, oppure i 14 giorni della sua riduzione progressiva. I testi matematici successivi mostrano questa frazione, che è basata essenzialmente sulla aritmetica Egiziana, e si pensa che ogni parte rappresentasse una frazione del tutto. Osiride è ora diventato legislatore dei morti, non potendo mai più occupare il suo trono precedente. Comunque, nelle scritture
dre il suo occhio, gli diede eterna vita e Osiride poté dirsi “ben equipaggiato”. Nel papiro Chester Beatty, dal regno di Ramesses V, datato 1160-1154 a.C. (circa mille anni dopo i Testi delle Piramidi), troviamo un racconto del conflitto tra Horus e Seth. Qui si dice che la contesa tra i due continuò per otto anni. Anche in questo caso, dunque, si potrebbe supporre che la battaglia abbia avuto qualcosa a che fare con accadimenti osservati nel cielo, con il lento ma verificabile moto della precessione; quindi, se la storia degli Dei è collegata agli eventi celesti, qualcosa deve essersi verificato nei cieli sopra l’Egitto e protratto per un periodo di circa 8 anni. Ma può essere prospettata un’altra soluzione. I miti egizi indicano anche che ad un certo punto l’occhio di Horus fu perso, certi testi riferiscono di una ricerca simile a quella per il corpo di Osiride; ma l’occhio venne ritrovato, ed è allora che Horus lo portò a suo padre, Osiride. Nella risurrezione di Osiride gli egiziani volevano leggere la speranza di una vita eterna per sé stessi dopo la morte. Il defunto assume il titolo di Osiride, se la famiglia o gli amici faranno per lui ciò che è stato fatto per Osiride, ad esempio mediante la dazione di offerte (in luogo del sacrificio dell’occhio) affinché il defunto viva per sempre.
SOPHIA
e nei disegni sui muri dei templi Tolemaici, il ritrovamento del corpo è salutato al pianto di “Evviva, è risorto”. Infatti, i testi più antichi che abbiamo, i Testi delle Piramidi, parlano del legislatore morto dicendo “sorgente come Osiride”. Lui è risorto, ma la sua natura è mutata ed il suo posto sulla terra è ora occupato da suo figlio. Iside si isola per tutta la durata della gravidanza ed il bambino Horus viene partorito in un luogo segreto. Questi cresce fino all’età adulta ed in un evento descritto come “il giorno della battaglia” Horus combatte contro l’assassino di suo padre. Questa battaglia è dettagliatamente raccontata dagli scribi come un evento avvolto nel mistero. Nel Libro dei Morti, specialmente nella linea 17, importante perché ci dà un racconto dettagliato della battaglia, le glosse aggiunte dagli scribi successivi chiedono “Cosa è successo quindi?” e “Chi è lui?”. Le glosse e le interpretazioni delle innumerevoli generazioni di sacerdoti sono state accettate come un modo per ricercare la verità. Horus perde il suo occhio nella battaglia e Seth perde i testicoli, Horus e Seth ingaggiano una susseguente contesa per il periodo di otto anni, durante i quali gli altri Dei sono stati profondamente incerti nel tentativo di decidere chi dei due avesse ragione di occupare il posto vacante di Osiride. La battaglia tra Horus e Seth è detto sia stata determinata dalla disputa su chi dovesse succedere sul trono di Osiride e suggerisce l’esistenza di una storia su Osiride antica almeno quanto il culto di Horus. L’antico testo riporta che Horus prese l’occhio che aveva sacrificato per Osiride e glielo portò nell’aldilà. Dando a suo pa-
Arved
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SOPHIA
VOYNICH IL MANOSCRITTO PIÙ MISTERIOSO MAI CONOSCIUTO
Voynich è il manoscritto considerato il più misterioso al mondo ed ha preso il nome del suo scopritore, un certo Wilfrid Michael Voynich. Costui era un antiquario polacco, in cerca di libri antichi e rari. Viaggiava in tutti i continenti, siamo nei primi del Novecento. Wilfrid quando arrivò in Italia si recò a Frascati, precisamente a Mondragone. I Gesuiti avevano portato una mole immensa di libri, da Roma, prima che entrassero in possesso del Regno d’Italia, dopo lo scontro di Porta Pia. Tuttavia, i Gesuiti versavano in gravi difficoltà economiche e si videro costretti, loro malgrado, a venderne una parte. L’antiquario, affascinato dai libri antichi, vi si recò in visita. Tra tanti e tanti libri, uno lo rapì letteralmente, ne fu così colpito che lo pagò a caro prezzo portandoselo in America e, essendo sprovvisto di un nome, gli diede il suo: Voynich. Il manoscritto proveniva da Pra-
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ga e nel 1665 giunse a Roma. All’interno Wilfrid trovò una lettera al momento dell’acquisto. La missiva era di Johannes Marcus Marci (1595-1667), medico reale di Rodolfo di Boemia (appassionato di esoterismo) e rettore dell’Università di Praga. Marci aveva spedito il manoscritto al padre, Athanasius Kircher, gesuita e studioso, nella speranza che fosse in grado di tradurlo. Nella lettera datata “Praga, 19 agosto 1665”, scriveva che aveva ereditato il manoscritto da un suo amico, un alchimista di nome Georg Baresch. Nella lettera si faceva riferimento ad una copia del libro, spedita a Roma e a delle pagine mancanti dall’originale. La copia non è mai stata trovata, né le pagine mancanti. Kircher dopo aver cercato di tradurre il libro, senza successo, lo depositò nella biblioteca del collegio ove Wilfrid lo scovò. Alla morte di Wilfrid Voynich, la sua segretaria lo diede in dono alla biblioteca Beinecke dell’Uni-
versità di Yale, nel Connecticut. Oggi, il manoscritto è ancora lì, sotto il codice Ms 408, conservato in attesa di essere tradotto. LE ORIGINI DI VOYNICH Secondo molti studiosi, questo manoscritto è la copia rinascimentale di un testo originale scritto e risalente al Medio Evo. La datazione al radiocarbonio ha accertato che il libro dovrebbe risalire ad un periodo rinascimentale compreso tra il 1404 e il 1438, quindi tardo Medio Evo. Il fatto che sia una copia è dato dall’assenza di correzioni o incertezze nella stesura. L’idioma con cui è scritto resta tutt’ora sconosciuto e non è riconducibile a nessun sistema linguistico noto, secondo i crittologi potrebbe essere un codice. Sembra comunque che non si tratti di un falso, di una invenzione, ma di una vera e propria lingua sconosciuta caratterizzata da una
DESCRIZIONE DEL MANOSCRITTO Le sue dimensioni sono di circa 16 centimetri di larghezza, 22 centimetri di altezza e 4 centimetri di spessore. Poco più che un tascabile. È scritto su pergamena di capretto. Non vi è un indice, ma alcune pagine sono andate perdute e forse anche il nome, se c’era, di chi lo ha scritto. I numeri delle pagine sono assenti, se restaurato, l’ordine attuale delle pagine potrebbe differire da quello della prima pubblicazione. I caratteri sono 25-30, il testo è organizzato in paragrafi non troppo lunghi, separati da dettagliate illustrazioni. L’autore potrebbe essere stato un esoterista, esperto in fisiologia, botanica, astronomia, astrologia. Sono presenti conoscenze segrete
e molto avanzate per i tempi a cui si fa riferimento. C’è una rappresentazione di una cellula vivente e i bracci della Via Lattea, concetti ignoti a quei tempi. Sono inoltre raffigurate, oltre a piante e pianeti, anche castelli, dragoni, figure nude. Tutto il materiale iconografico è accomunato da un inchiostro verde, marrone, giallo, blu e rosso. CONTENUTI DEL MANOSCRITTO In base alle illustrazioni presenti, gli studiosi ritengono che il piccolo manoscritto, di 204 pagine, quindi 102 fogli (si sospetta che manchino altri 14 fogli), sia diviso in “sezioni”: I Sezione (fogli 1-66). Botanica. Ci sono 113 disegni di piante non note. II Sezione (fogli 67-73). Astronomia-astrologia. Sono rappresentati 25 diagrammi che sembrano ricordare le stelle. Riconoscibili alcuni segni zodiaca-
li. III Sezione (fogli 75-86). Biologia. Sono presenti raffigurazioni curiose di decine di figure femminili nude, immerse fino al ginocchio, in strane vasche intercomunicanti contenenti un liquido verde-scuro. Dopo questa sezione, vi è un foglio ripiegato 6 volte, su cui sono raffigurati 9 medaglioni con immagini di stelle o figure assomiglianti a cellule, raggiere di petali e fasci di tubi. IV Sezione (fogli 87-102). Farmacologia. Vi sono raffigurate immagini di ampolle e fiale simili ai contenitori presenti nelle antiche farmacie. Vi sono anche disegnate piccole piante e radici, presumibilmente erbe medicinali. Ultima Sezione. Inizia dal foglio numero 103 e prosegue fino alla fine, senza immagini, eccetto delle stelline sul lato sinistro delle righe. Forse una sorta di indice? Non è da escludere che potesse avere scopi scientifici o magici. È evidente che ci sono conoscenze, alla base, molto avanti
SOPHIA
bassa entropia, ovvero il linguaggio contiene poche informazioni essenziali.
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SOPHIA per l’epoca, da dove provenivano? Perché sono espresse in una lingua sconosciuta? STUDI RECENTI E TENTATIVI DI DECODIFICA Il manoscritto di Voynich contiene quindi sia immagini di piante non riconducibili a nessun vegetale noto oggi, sia una scrittura misteriosissima, sconosciuta e indecifrata che lo rende il documento più difficile da interpretare. Molti studiosi si sono cimentati nella sua decodifica. Stephen Bax, della University of Bedfordshire, è riuscito a mettere insieme un mini alfabeto Voynich, abbinando alcuni dei simboli presenti, a dei suoni, suggerendo che le origini del linguaggio usato per il codice sia l’Asia occidentale. Bax è riuscito a identificare alcune immagini di stelle e pian-
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te con i loro nomi, consultando manoscritti medievali su erbe, scritti in arabo e altre lingue. Poi ha tentato di decodificarli. Le similitudini con il latino, il greco e l’arabo portano a pensare che sia un trattato sulla natura, originario delle regioni caucasiche. Una delle parole individuate è quella scritta vicino alla rappresentazione di sette stelle che ricordano le Sette Sorelle o Pleiadi (costellazione del Toro). Un nome presente in molte lingue, di matrice indoeuropea, come il termine latino “taurus”. Bax ha potuto leggere, in questa chiave, i caratteri del manoscritto che formerebbero la parola “toro”, in quella lingua sconosciuta. Allo stesso modo ha identificato la parola Chirone, trovata accanto all’immagine del centauro, metà uomo e metà cavallo, e i nomi di alcune piante, tra cui l’elleboro. Alcuni studiosi pensano si tratti di un linguaggio artificiale, perché sono stati notati alcuni sche-
mi ripetuti più volte nel libriccino. Si è ricorsi anche al complesso utilizzo di intelligenza artificiale. A tentare questa strada è stato un docente di informatica e un suo studente della University of Alberta, del Canada. Il primo passaggio è quello di identificare la lingua della manoscritto. All’I.A. sono state fornite 400 versioni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, scritte in altrettanti idiomi, affinché si possano trovare delle corrispondenze con la lingua del manoscritto. Ciò ha portato dei risultati, si è riusciti ad individuare nell’ebraico la lingua di derivazione, e non l’arabo come si era ipotizzato in precedenza. Si è poi tentato di sottoporre il manoscritto a studiosi di ebraico, utilizzando conoscenze umane ma purtroppo non si è arrivati a nulla di rilevante. Recentemente è stato anche tentato di applicare un programma
“botanica” e sono riusciti ad individuare parole come: “contadino, luce, aria, fuoco”. L’algoritmo potrebbe aver individuato circa l’80% del testo come ebraico. Il 20% sono più idiomi (forse arabo, aramaico…) In realtà non vi è ancora idea dei segreti costuditi in esso. Probabile che sia stato identificato il linguaggio e lo schema di codifica del testo. Ora si attende che uno studioso esperto in ebraico e in alfagrammi possa aiutare a far luce sul contenuto. Non si ha la certezza che il libro sia scritto in una lingua in codice o artificiale o sia addirittura privo di significato. Nonostante le varie strade tentate, il mistero resta. Perché nessuno ha mai trovato tracce di questa lingua misteriosa, prima di scoprire il manoscritto? C’è forse una civiltà sconosciuta dietro ciò?
Bibliografia: Il manoscritto di Voynich. Il codice più misterioso ed esoterico al mondo, Bompiani Editore, 2018
SOPHIA
informatico sviluppato appositamente da ricercatori partendo dal presupposto che la lingua utilizzata nel manoscritto fosse priva di vocali o che le parole venissero scritte mettendo le lettere di ciascuna parola in ordine alfabetico, ad esempio “manoscritto” diventerebbe “acimnoorstt”. Inserendo le prime dieci pagine del manoscritto, il programma ha rilavato che l’80% delle parole decodificate sembra siano scritte in ebraico, un ebraico medievale e non attuale. Il programma riesce a decifrare fino a 380 lingue differenti. Una volta individuata la lingua, anche se solo in apparenza, si è passati alla decodifica del codice, ricorrendo al traduttore automatico, Google Translate. La traduzione è approssimata e le parole non vengono singolarmente tradotte. Si è, comunque, arrivati così alla traduzione della prima frase del libretto che risulta così: “Ha fatto raccomandazioni al sacerdote, all’uomo di casa, a me e alla gente.” I ricercatori hanno tentato di tradurre la sezione riferita alla
Federica Baldi
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WICCA ESBAT DELLA LUNA PIENA DEL LUPO - Gennaio Il Nuovo Anno inizia con un’Eclissi di Luna totale, che coincide ovviamente con la Luna Piena. La Luna sarà Piena lunedì 21 Gennaio 2019 alle ore 06:17 am, mentre l’Eclissi si verificherà dalle ore 3:.37 am alle 08:48 am. Questa Luna Piena viene denominata “del Lupo”, il nome si riferisce agli animali che in questo periodo dell’anno, più che negli altri, sono alla ricerca di cibo, visto che per via dell’Inverno il cibo e le provviste iniziano a scarseggiare. Viene denominata del lupo proprio perché in questo periodo la selvaggina scarseggia e il lupo, anticamente, si avvicinava, spinto dalla fame, vicino ai centri abitati. Il nome di questa lunazione è “del Sonno”, in quanto alcuni animali riposano in letargo. Questa è la X° Lunazione del 2018, iniziata col Novilunio del 6 gennaio 2019. Pur essendo conclusosi il 2018 la numerazione delle lunazioni segue quella dell’anno appena finito, perché per antica tradizione agraria le lunazioni vengono numerate dal primo Novilunio dopo l’Equinozio di Primavera. La terra di Gennaio è spoglia, gli
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Questo è un Esbat di inizi, l’energia ed il potere scorrono pigramente. Si ritiene sempre opportuno in questo periodo conservare l’energia lavorando in gruppo con scopi comuni, ed aiutare chi all’interno del proprio “gruppo” (familiare o di amicizie) si trovi in difficoltà.
La natura in questo mese affronta il momento più freddo e più duro del ciclo annuale. Con il Solstizio il Sole ha segnato il punto di svolta del suo ritorno, ma il tempo dalla piena espressione della sua forza e del suo calore è ancora lontano. È un Esbat di preparazione per accogliere la rinascita di Primavera che si avvia con il Sabbat di Imbolc o Februa (1 febbraio). Piccolo consiglio è quello di meditare, quindi dedicarsi ad un viaggio interiore, perché solo conoscendosi si può migliorare la propria vita. SIMBOLI DELL’ESBAT DELLA LUNA DEL LUPO: Piante: maggiorana, cardo selvatico, noci, pigne Colori: bianco brillante, blu-
violetto, nero Fiori: bucaneve Profumi: muschio, mimosa Pietre: granato, onice, giaietto, crisopazio Alberi: betulla Animali: lupo, volpe, coyote
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animali sono per lo più in letargo e la vegetazione appare avvolta in un sonno profondo, rivestita per buona parte del tempo, da una patina di ghiaccio che dà l’idea d’una grande immobilità. In realtà in natura, come nell’uomo, questo è un tempo dove le energie non sono realmente sopite, ma piuttosto rivolte all’interno, in una concentrazione che manifesterà i suoi frutti in seguito, con l’avvento della primavera.
Siate come il Lupo, persone capaci di vivere sia in gruppo che in solitaria, persone che non perdono la propria identità e individualità, il Lupo ha molto da insegnare a noi umani….
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ESBAT DELLA LUNA PIENA DEL GHIACCIO - Febbraio La Luna sarà Piena martedì 19 Febbraio 2019 alle ore 16:53 pm. Questa Luna Piena è detta “del Ghiaccio”, il nome si riferisce agli ultimi freddi, alle ultime gelate, primo dell’arrivo della bella stagione. Nell’aria infatti, al di là del freddo si incomincia a presagire che i giorni bui stanno per lasciarci! Il nome di questa lunazione è “del Sogno”, si riferisce al fatto che in questo periodo tutta la campagna sembra addormentata, morta, caduta in un profondo le-
targo. La terra è spoglia, gli animali sono per lo più in letargo e la vegetazione appare avvolta in un sonno profondo, rivestita per buona parte del tempo, da una patina di ghiaccio che dà l’idea d’una grande immobilità. Siamo nella XI° Lunazione “del 2018”, iniziata con la Luna Nuova del 4 febbraio 2019. Questo Esbat è un momento di guarigione, di ricarica interiore. Invita all’analisi della propria individualità per potersi migliorare in futuro. “L’analisi introspettiva” va ef-
fettuata con grande attenzione ed onestà, poiché sarà fondamentale per prepararsi all’Esbat successivo e all’arrivo della Primavera. Pur essendo ancora inverno, ormai le giornate si stanno allungando, anche se persiste il freddo. In natura iniziano ad apparire i primi segni della nuova vita. Specie nelle regioni dove l’inverno e più mite si possono scorgere in questo periodo le prime gemme. La natura si prepara alla rinascita, anche noi in questo periodo, approfittando dell’Esbat della Luna del Ghiaccio, dobbia-
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mo prepararci a chiudere con il vecchio e rinnovarci, pronti per affrontare un nuovo ciclo stagionale. Questo periodo e questo Esbat è molto adatto alla purificazione; infatti i riti legati a questo Esbat sono di carattere purificatorio e protettivo. SIMBOLI DELL’ESBAT DELLA LUNA DEL GHIACCIO: Piante: salvia Colore: blu chiaro, violetto Fiori: primule Profumi: glicine Pietre: ametista, diaspro, cristallo di rocca Alberi: sorbo, alloro, cedro Animali: lontra
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ESBAT DELLA LUNA PIENA DEL SEME - Marzo Quest’anno il primo giorno di Primavera cade con la Luna Piena, infatti la primavera inizia il 20 marzo ma giovedì 21 abbiamo il Plenilunio, alle ore 02:43 am. Questa è la Luna Piena denominata del Seme, il plenilunio della XII° è ultima Lunazione del 2018 (lunazione iniziata con il novilunio del 6 marzo), denominata “dell’occhio che si chiude”, il nome allude al “ciclo del periodo invernale” che va a chiudersi.
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Essendo l’ultima lunazione riveste di notevole importanza, poiché segna il passaggio che porta dalla letargia invernale al completo risveglio primaverile. Chiude così il ciclo oscuro e ci si approssima a quello luminoso. Per la sua forza energetica e quindi propizia a meditazioni, viaggi sciamanici e per attività di preparazioni per nuovi inizi. Questa Luna Piena prende il nome di “Luna del Seme”. Il nome, Luna del Seme, è assimilato alla preparazione dei cam-
pi che vengono coltivati, tramite la semina, per essere produttivi nei mesi successivi. È un Esbat che segna il periodo di cambiamenti e di nuove opportunità, così come i semi che danno nuove piante. È quindi una Luna dedicata ai nuovi inizi e ai cambiamenti. Con il Sabbat dell’Equinozio di Primavera (Ostara o Ver Sacrum) del 20 marzo abbiamo accolto l’arrivo della nuova Stagione, per cui accogliamo il risveglio della natura.
WICCA La giovane Dea Terra si prepara a dismettere il suo sobrio abito invernale, per ricoprirsi di fiori e colori. Anche la luce del sole continua a crescere, durante l’equinozio ha raggiunto il punto di parità perfetta con il buio. In questa fase di equilibrio equinoziale le due polarità, fuori e dentro di noi, si attraggono e si cercano l’un l’altro, e possiamo vederlo nella natura che risponde al richiamo: gli uccelli nidificano, gli animali di terra si accoppiano, le prime farfalle fecondano i fiori ed anche i primi uccelli migratori fanno ritorno. Questo è un Esbat ideale e un’ulteriore possibilità per sgomberare la nostra mente, dai pro-
blemi e dalla pesantezza dei mesi passati, in modo da accogliere nel modo migliore la parte luminosa dell’anno. Quindi approfittiamo per meditare e cercare di liberarci del vecchio, perché conoscere se stessi vuol dire essere più sereni e aperti a nuovi inizi. SIMBOLI DELL’ESBAT DELLA LUNA DEL SEME: Piante: ginestra, muschio Colori: verdino, rosso-viola Fiori: narciso selvatico, violetta Profumi: caprifoglio, fiore di melo Pietre: acquamarina, eliotropia Alberi: ontano, corniolo Animali: puma, porcospino
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PREPARATIVI PER IMBOLC
Imbolc o Februa è un sabbat maggiore, esso è la festa della luce, che i cristiani hanno trasformato nella loro festa della candelora. Piccoli consigli per vivere in pieno questo Sabbat: Cercate di rifornirvi di candele perché questa festa è propizio per benedirle e purificarle, poiché per tradizione se vengono fatte in questo sabbat hanno più valore sacrale. Adornate la casa con fiori bianchi, rami di edere e candele bianche.
TALISMANO DI PROTEZIONE: Procuratevi alcuni rametti di edera e legateli tra loro con del filo di lana bianco, formando una sorta di fiocco. Attaccate alla lana qualche campanellino e delle conchiglie forate, oppure monetine, sempre forate, color argento. Tenete il Talismano nella vostra stanza da letto.
Buon preparativi …
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Questo è considerato un Sabbat Maggiore, tradizionalmente si celebra il 1 Febbraio, da noi Coven del Quadrifoglio viene denominato Februa ma è conosciuto come Imbolc. Questo Sabbat è la “festa della luce”, che i cristiani hanno poi trasformato nella loro festa della Candelora (celebrata il 2 febbraio). Anticamente i celti vedevano questo periodo come “uno sparti acque” tra la fine del periodo freddo/oscuro e l’inizio della bella stagione (del periodo di luce). Nel calendario romano febbraio coincideva invece con un periodo di riti di purificazione, rituali tenuti in onore del dio etrusco Februus e della dea romana Febris, successivamente anche in onore a Giunone (Iuno Februata) dea della fertilità (februata nel senso di purificata e pronta a essere di nuovo madre). Da qui l’epiteto “februa” “februare”, che significa “purificare”. Questi rituali di purificazione avevano il loro culmine intorno al 14 febbraio. Per purificare la città era usanza che le donne girassero per le strade portando delle fiaccole accese, festa antesignana della Candelora Cristiana che venne introdotta nel VII secolo. Questa periodo è la parte centrale del periodo oscuro dell’anno, ci troviamo quindi a metà strada tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. Il sole riprende forza. Per questo è considerata una festa di luce, perché ormai l’inverno è al terminare e cede il posto alla bella stagione. È il momento giusto per sbarazzarsi delle cose vecchie, per iniziare il nuovo.
In questo giorno celebriamo il lento risveglio della Natura e l’arrivo della Luce (la Dea che si riprende dopo aver generato, manifestandosi come fanciulla). Questo è anche il primo Sabbat del nuovo anno civile, quindi è idoneo per rituale di purificazione. Siccome è una festa di purificazione è tradizione che in questo giorno, si purificano le candele che andremo ad utilizzare durante l’anno. Si crede che le candele purificate e benedette durante questo Sabbat
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SABBAT DI IMBOLC / FEBRUA
siano quelle con maggiore carica di energie, quindi prendete più candele che potete e beneditele per poi usarle durante le varie festività. COME ADDOBBARE L’ALTARE: Si usa addobbarlo con candele. Il colore è il marrone.
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PREPARATIVI PER L’EQUINOZIO
Nell’Equinozio di Primavera il giorno e la notte hanno la stessa durata. La natura si risveglia dal lungo sonno invernale, quasi dappertutto è già spuntata l’erba e i prati cominciano a ricoprirsi di fiori. Gli uccelli preparano i nidi e la maggior parte degli animali sente il richiamo della stagione degli amori. Come prepararsi ad accogliere la primavera in noi: Una ciotola piena di uova decorate, fiori di campo, primule in vasetto, pupazzetti di cuccioli, uccelli, pulcini o coniglietti.
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TALISMANO DI PRIMAVERA: Cercate un grosso uovo: l’ideale sarebbe un uovo di oca, se non proprio di struzzo. Fate un buchetto sul fondo in modo da far uscire il contenuto, poi con un coltellino molto affilato praticate un’incisione netta, cercando di non rompere il guscio. Dovrete ottenere due metà. Posatele in una ciotola contenente della sabbia e riempitele di terra fertile da giardino. Mettete delicatamente sulla terra alcuni semi di grano, fieno o miglio (o altri a vostra scelta) pensando a ciò che desiderate e che esso possa realizzarsi, innaffiate il tutto delicatamente. Presto il vostro uovo fiorirà, portando ve lo auguro armonia e gioia di vivere.
Buon preparativi …
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L’Equinozio di Primavera avrà luogo Mercoledì 20 Marzo 2019 alle ore 22:58 pm.
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SABBAT DELL’ EQUINOZIO DI PRIMAVERA Dai più è conosciuto col nome di Ostara, da noi Coven del Quadrifoglio è denominata Ver Sacrum. Il nome Ostara deriva dalla Dea germanica Eostre, patrona della fertilità. Da noi è denominato Ver Sacrum. Il Ver Sacrum (primavera sacra) anticamente era una pratica rituale Italica che veniva svolta come buon auspicio per varie occasioni; sia in caso di mancanza di nascite ma anche per fondare nuove città o colonie o per favorire le emigrazioni delle popolazioni verso le nuove terre. Il Ver Sacrum era prettamente un rito di nuovo inizio e di buon auspicio (ideale quindi per l’Equinozio di Primavera). A livello spirituale in questo Sabbat si concepisce il Dio, cresciuto nel fiore della sua giovinezza, e la Dea, rigogliosa come la Terra, che si avviano verso il massimo della loro vitalità. Tutto infatti si risveglia, le piante fioriscono, gli animali ritrovano nuova energia, e luce e oscurità si trovano in equilibrio. Si celebra la vita, l’allungarsi delle giornate e l’arrivo di nuove gemme sulle piante. Per i neopagani questo Sabbat rappresenta la gioia di rivivere dopo il freddo e il buio dell’inverno. Questo Sabbat segna un nuovo inizio e, come tutti gli inizi, è propizio perché rappresenta il momento giusto per sbarazzarsi delle cose vec-
chie per iniziare il nuovo. E’ un giorno di Equilibrio Energetico, dove le polarità del Dio e della Dea, del maschile e del femminile o anche della morte e della vita, sono in perfetto equilibrio. COME ADDOBBARE L’ALTARE: L’Altare si usa addobbarlo con uova (simboli di fertilità e rinascita), fiori di campo e primule. Il colore è il verde chiaro.
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Consigli per la Lettura GALDI RIVELATO Il libro costituisce la prima biografia sul fotografo napoletano Vincenzo Galdi (1871-1961), basata sull’esclusiva testimonianza orale dell’unico nipote vivente che lo ha ben conosciuto. Nonostante il lungo oblio, recentemente Galdi è stato rivalutato per le sue splendide foto di nudo maschile, anche se ai suoi tempi era ancor più noto per quelle di nudo femminile (che altri famosi fotografi del genere operanti in Italia, come Plüschow e specialmente von Gloeden, non praticavano molto). Si ritiene che i clienti di Galdi fossero sopratutto artisti, sia italiani che stranieri, che utilizzavano le sue fotografie al posto dei modelli in carne ed ossa; ma le pratiche del processo Plüschow del 1907, pubblicate su internet da Enrico Oliari (www.oliari.com), potrebbero aprire altri retroscena. Tuttavia Galdi non sembra fosse rimasto coinvolto in alcun processo se non in quello per la “scandalosa” fontana delle Najadi (o dell’Esedra), in piazza della Repubblica a Roma, e per il resto della sua vita si dedicò al commercio di opere d’arte. Autore: Tommaso Dore Edito dalla Italus Edizioni ISBN: 978 88 943006 2 8 PREZZO 12 €
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