Artetremila- Arte e Cultura : Notiziario dell’Associazione Culturale “Artetremila”
Artetremila-Arte e cultura Notiziario dell’Associazione Culturale “ ARTETREMILA” N°2- Anno 2012 http://www.artetremila.it
L’associazione culturale Artetremila è impegnata, con il proprio circuito, su più fronti; centinai di artisti e operatori culturali usufruiscono degli spazi messi a disposizione dal sodalizio per diffondere la propria creatività. Molto successo stanno avendo i canali web-TV; uno dedicato agli autori e l’altro, storico, dedicato all’arte e la cultura in generale. Centinai di e-mail arrivano ogni giorno in redazione per richieste di pubblicazione e diffusione della propria arte sia sui portali che attraverso i canali web-TV. La redazione non può soddisfare tutte le richieste perché ciò richiederebbe molto personale; i nostri operatori sono pochi e tutti volontari. Forse non tutti sanno che è possibile chiedere alla redazione la registrazione ai portali di riferimento. In questo modo riceverai i dati di accesso provvisori e potrai pubblicare i tuoi post. Puoi anche iscriverti ai gruppi facebook di Artetremila e condividere la tua creatività con artisti di tutto il mondo che hanno scelto il nostro sodalizio per farsi conoscere.
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ARTETREMILA- Arte e cultura Periodico dell’Associazione Culturale Artetremila Proprietà letteraria riservata. © Copyright 2012 Associazione Artetremila Libro pubblicato a cura dell’associazione Artetremila Foto di copertina: Il ratto di Europa 1560 1562 Di Tiziano Vecellio Boston, Isabella Stewart Garden Museum Stampato in Italia da melostampo.it Tipografia Zanzibar Soc. Coop. p.a. ONLUS – Ancona I diritti di riproduzione e traduzione sono riservati. Nessuna parte di questo periodico può essere utilizzata, riprodotta o diffusa con qualsiasi mezzo senza autorizzazione scritta
Hanno collaborato a questo numero con articoli e immagini: Annamaria Giannini, Enrica Merlo, Emma Bricola, Francesco Pisano, Farida Suleymanova Grazia Longo, Giulio Buonanno, Maria Leone, Orazio Claveri Mauro Drago, Maria leoni, Marilena Cicciu Matteo Fiorillo, Michela Zanarella, Rita Piccioni, Shahcs Sha, Contatti:
La nostra associazione si autofinanzia con il contributo dei soci fondatori per tutte le attività culturali promosse, compreso il notiziario “Artetremila” che è gratuito. Solo il contributo di tutti voi e di qualche sponsor, che si faccia avanti, potrà permetterci di stampare copie sufficienti per soddisfare più utenti; in ogni caso sarà sempre pubblicata la copia elettronica da poter scaricare e consultare online.
Sito ufficiale: http://www.artetremila.it Portali: artetremila.altervista.org - autori.altervista.org Canali WEB TV: www.livestream.com/artetremila www./livestream.com/autori redazione artetremila: infoartetremila@libero.it redazione autori:autori@artetremila.it
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DALL’ARCHIVIO ARTETREMILA: La Biennale D’Arte di Pomezia La prima edizione fu organizzata da Artetremila nel 2004 e questa è la cartolina commemorativa della manifestazione.
Alcune immagini:
Non è raro che associazioni locali, dirette da presidenti imprudenti e desiderosi di protagonismo, si appropriano di idee del nostro sodalizio ma solo gli spudorati arrivano ad affermare di essere ideatori e fondatori di una nostra manifestazione. La “Biennale d’arte Contemporanea di Pomezia” con o senza la voce ”Contemporanea” è e resterà una pietra miliare del nostro sodalizio insieme al “Raduno Artistico Città di Pomezia”, manifestazioni che hanno segnato insieme ad altre importanti eventi, come la “Biennale del Mare” , “ Il Trofeo del Mare” è il prestigioso “ Premio Internazionale Artetremila” la nostra storia. Artetremila risponderà con polso fermo contro la sfrontatezza di chiunque, privo di idee, continuerà ad affermare il falso. L’associazione Pleiadi di Pomezia e il suo presidente possono continuare ad allestire mostre copiando idee e progetti ma, prima di appropriarsi di meriti altrui, dovranno guardare in faccia i centinai di testimoni; pittori, scultori, poeti, fotografi, critici e autorità politiche che hanno partecipato alle biennali organizzate da Artetremila e dire loro: ‹‹Eravate tutti fantasmi››.
Notizie: Artetremila sta realizzando, in occasione del ventitreesimo anno della nostra lunga storia, una pubblicazione con una raccolta di immagini; momenti salienti delle manifestazioni. Pubblicazione prevista per gennaio 2013. Gli artisti che desiderano partecipare con l’inserimento di un’opera e breve profilo artistico, possono contattare la redazione: infoarteremila@libero.it
In basso La pittrice Ingrid Lazzarini mentre riceve il premio: “Trofeo del Mare” abbinato alla manifestazione: II Edizione Biennale 2006 .
Concorsi: XII Edizione Fotografa la tua estate 2012 . Concorso valido l’assegnazione del “ Premio Internazionale Artetremila” per la fotografia. Per partecipare bisogna richiedere l’iscrizione al portale Artetremila, iscrizione gratuita. Effettuata l’iscrizione inviare un’immagine: formato jpg di buona qualità a infoartetremila@libero.it con oggetto “ XII Edizione Fotografa la tua estate” entro il 30 settembre 2012. 3
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Camille CLAUDEL La vita di Camille Claudel è una storia tragica, d'amore e d'odio, di genio e di follia, d'inferno e paradiso, di vita e di morte. Un'altra triste, sconvolgente storia di donna, tra le tante, passate e spesso dimenticate, presenti e sovente, ignorate. Alla fine del secolo scorso, Camille, è una ragazza di appena diciassette anni, che, per quanto potesse essere scandaloso ed inconcepibile, (nell'asfittico mondo imbevuto dal perbenismo maschilista dell’ottocento), decide di diventare scultrice, a tutti i costi, e si lancia, con impeto e coraggio, nell'avventura, andando incontro, come donna e come artista, a un destino a dir poco, crudele.
Camille Claudel 1864-1943
Incontra Auguste Rodin, già famoso e affermato scultore, che la prenderà con sé, prima come allieva, e poi, come amante. Seguiranno quindici anni di appassionata e tempestosa relazione, dalla quale Camille uscirà sconvolta e vinta, nel corpo e nell’anima. Rodin non lasciò mai la sua compagna ufficiale, tenne di “scorta” Camille, tanto più giovane di lui, e la costrinse perfino ad abortire. Camille fu ingannata e sfruttata miseramente dall'amante, artista dal tocco potente, ma fino ad allora, imprigionato nei manierismi accademici, che non sarebbe mai stato così grande senza il fuoco della passione che Camille sapeva imprimere all’arte e alla vita e che lasciò come impronta di sé, in molte opere del maestro. Vittima del narcisismo artistico e dell’amore sadico del “grande” Rodin, alla fine Camille, ferita, sedotta e abbandonata, in gravi ristrettezze economiche, arriva a patire la fame e finisce per perdere la ragione, sviluppando un delirio paranoide: ella teme di essere depredata di tutte le sue opere e finisce per distruggerne una buona parte. Viene così rinchiusa per quasi trent’anni, nell'ospedale psichiatrico di Avignone, dove morirà, anelando invano di uscirne e implorando inutilmente la sua famiglia di riaccoglierla in casa. Quasi dimenticata per quarant’anni, venne rivalutata dai critici e conosciuta dal pubblico, solo grazie a un libro (Une femme di Anne Delbée, Presses de la Renaissance, 1982) e a un film (Camille Claudel, regia di Bruno Nuytten, con Isabelle Adjani e Gerard Depardieu, del 1988).
"La valse" di Camille Claudel (1891 – 1905) 4
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Quest'opera (L'età di mezzo, bronzo, 1899 – 1913), rappresenta molto intensamente, il sentimento di Camille per Rodin, che per lei fu tutto (e lui tutto di lei prese …) Nel primo progetto dell’opera, questo gruppo di tre figure (vecchiaia, età di mezzo e giovinezza) appariva piuttosto fisso e immobile, ma nella sconvolgente versione del 1898, quella definitiva, acquista un dinamismo straordinario che finisce per esprimere una drammaticità così lacerante da divenire sonora: un angoscioso urlo di dolore. La giovane donna inginocchiata, conosciuta come L'implorante (1894), diventa l’immagine stessa di Camille alla rottura con Rodin, integrata in una composizione più articolata che ne accresce la drammaticità. Ora “L’Implorante” resta isolata, le sue mani non riescono più a raggiungere quelle dell'uomo, come accadeva nel primo progetto. Il contrasto tra le vivide figure, lisce, nude, e le pieghe tormentate dei drappeggi, fanno di quest’opera un'allegoria visionaria del tempo, dell’abbandono e della morte, nel senso più ampio, di perdita irreparabile. E’ un’opera che rivela fino in fondo l’anima e il tormento dell’artista e della donna ferita, oltraggiata, colpita nelle pieghe dell’anima più recondite, in quello che per lei era respiro e vita.Un urlo di dolore sovrumano si libra nell’aria e grida al mistero della vita e della morte, al di là delle false certezze. Che indicibile emozione … “Ecco l’anima, in un urlo di metallo che penetra la carne”.
"La valse" di Camille Claudel, è un’altra opera visionaria, inquietante, che vibra, e fa vibrare, d'angosciosa emozione. Due corpi tesi, avvinti, fusi in uno spasimo che ha una dimensionalità di sconvolgente bellezza e ha in sé qualcosa di tragicamente sospeso. Un’angosciante espressione artistica di un attimo assoluto, e perciò, nella vita, fragile e insostenibile. Attimo, effimero ed eterno. Al di là di quest’attimo, s'intravede il baratro mortale dell'estremo, della passione incoercibile e distruttiva. Ed è la stessa passione che infiamma quelle anime, quei corpi fusi, percorsi da un fremito musicale e terribile, che letteralmente esplode dalla scultura, e lacera lo sguardo di chi guarda, catturandolo, in un movimento appunto, sospeso, irripetibile ed immortale.. Lei, travolta dal turbine, in una vertigine esistenziale, che è pur sempre una danza, senza sostegno, sorretta dalle braccia possenti di lui. Lei, totalmente perduta, in lui, lei, in balia della sua stretta, dolorosa e sublime, che l'accende e la divora. La povera, piccola, grande Camille, era proprio sperduta senza di lui, che l’ha amata, sfruttata e abbandonata, senza che ella potesse raggiungere mai la consapevolezza della propria grandezza e del proprio coraggio, negati, ancora una volta, da realtà culturali e barriere sociali, che hanno quasi sempre consegnano il genio, il coraggio e l’amore delle donne, alla crudeltà, la mistificazione, lo sfruttamento e la follia. Donne uccise quasi sempre due volte, dall'inganno prima, e dall’oblio, dopo. Grazia LONGO
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Così scrive Paul Claudel, il celebre poeta e diplomatico, a proposito della sorella Camille. Camille Claudel era nata l’8 dicembre 1864, alle ore 5.00 a Villeneuve-sur-Fère, un piccolo villaggio nella regione della Champagne. Il padre, Louis Prosper, era il Direttore dell’Ufficio delle Imposte; la madre, Louise Cerveaux, una donna infelice, di rigidi principi morali e molto legata alle convenzioni, incapace di manifestazioni di affettività. In particolare non accettò mai Camille, che fin da bambina manifestò aspirazioni ed attitudini inconcepibili per sua madre. Dopo Camille, che era la seconda figlia (il primo figlio morì 15 giorni dopo la nascita), nacquero Louise, che rimase sempre accanto alla madre e diventerà una tranquilla moglie e madre e, a distanza di due anni, Paul, con il quale Camille ebbe sempre un legame intimo e complesso. Camille, bambina ed adolescente, era fantasiosa, volitiva, orgogliosa e scoprì molto presto la sua vocazione per la scultura. Già a 13 anni comincia a modellare le sue prime figure in argilla. Non seguendo un iter di apprendimento regolare si rivolge istintivamente a soggetti viventi, saltando i lunghi esercizi di copia di nature morte imposti dalle Accademie; la scultura coinvolge lei e l’intera famiglia: non avendo ricevuto lezioni affronta audacemente i soggetti mobili e, a turno, tutti sono costretti a posare per lei. Da ragazza Camille legge molto, attingendo alla biblioteca del padre e, per i suoi tempi, accumula, con la sregolata attività dell’adolescenza e dell’isolamento, una cultura eccezionale.
Nel 1879, quando Camille aveva 15 anni, il padre chiese un giudizio sulle opere che la figlia creava già da qualche anno allo scultore Alfred Boucher, che fu talmente impressionato dal talento della ragazza da proporsi come suo insegnante. Camille lottò per convincere il padre a trasferirsi a Parigi, fulcro della vita culturale ed artistica, molto più promettente rispetto alla provincia francese, dove non poteva esserci nessun avvenire per un artista. Il padre, che non si oppose mai alle sue aspirazioni, finì per assecondarla e nel 1881 n particolar modo i modo Camille. Rodin riconobbe subito lo straordinario talento di Camille, che aveva ventiquattro anni meno di lui e nel 1883 la volle nel suo atelier, con le mansioni di modella e di sbozzatrice. Camille lottò per convincere il padre a trasferirsi a Parigi, fulcro della vita culturale ed artistica, molto più promettente rispetto alla provincia francese, dove non poteva esserci nessun avvenire per un artista. Il padre, che non si oppose mai alle sue aspirazioni, finì per assecondarla e nel 1881 i Claudel si trasferirono a Parigi dove Camille seguì le lezioni di modellato di Alfred Boucher all’Académie Colarossi ed affittò un atelier con tre amiche inglesi. Aveva solo 19 anni, una bellezza prepotente ed un fascino assoluto che riuscì a sconvolgere la vita di Rodin che aveva 43 anni ed un legame stabile con Rose Beuret, donna rozza e semianalfabeta che gli aveva dato un figlio, ma che non aveva sposato. Camille era una delle più promettenti allieve del Maestro e riuscì a conquistare un posto speciale nella vita di Rodin, diventando la sua amante e vivendo con lui anni di passione e di lavoro comune, aiutandosi ed ispirandosi a vicenda nel creare alcuni fra i più grandi capolavori scultorei di tutti i tempi. La comunanza di motivi e di linguaggio di Auguste e Camille è evidente, lavorano insieme in un continuo scambio di esperienze, al punto che diventa difficile distinguere il ruolo di ciascuno dei due nella realizzazione di determinate opere per le quali si potrebbe forse arrivare a parlare di “sculture a quattro mani”. Nell’atelier tutto si decideva insieme e Rodin lasciava spesso che Camille modellasse mani e piedi delle sue opere. 6
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Rodin affittò per loro due una dimora in rovina, una villa con un giardino selvatico dove avevano già abitato George Sand ed Alfred de Musset al tempo della loro storia d’amore. La famiglia Claudel finse d’ignorare per lungo tempo che Camille amava Rodin e che conviveva con lui; una situazione, per quei tempi, scandalosa per una ragazza di “buona famiglia”. Intanto Rodin diventò sempre più celebre tanto che nel 1887 ottenne la Legion d’onore, la massima onorificenza francese. Camille, nel frattempo, scolpì i suoi capolavori ed insieme a Rodin frequentò i grandi pittori Impressionisti. Per qualche tempo la sua fu una storia d’amore felice. Durante la relazione Camille rimase incinta, ma interruppe la gravidanza. Quanto questo aborto influenzò emotivamente la loro storia non si sa. Fatto sta che, quando Camille aveva quasi trent’anni, la relazione con Rodin cominciò a franare. Molte sono state le ipotesi sulle cause di questa crisi, ma non esiste documentazione che racconti perché Camille e Rodin si lasciarono. Camille credeva in una possibile, definitiva unione con Rodin, forse anche per liberarsi completamente da quei sotterfugi ed ipocrisie che aveva dovuto subire nel corso degli anni per l’illegalità di quell’amore, ma Rodin, pur amandola e sostenendola nella sua vocazione, nel 1892 rifiutò di sposarla. I legami artistici e sentimentali tra loro due si allentarono, ma non s’interruppero definitivamente, tanto che lui l’aiutò in varie occasioni. Ma la rottura fu inevitabile. Camille e Auguste si rividero all’inaugurazione di una mostra, tornarono di quando in quando a scriversi ma non entrarono più l’uno nello studio dell’altra e viceversa. Nel 1893 Camille ruppe definitivamente i rapporti con Rodin, affittò uno studioabitazione e realizzò per conto suo alcune sculture assai importanti. Con la rottura con Rodin il forte temperamento di Camille cedette. Aveva voluto seguire la sua vocazione d’artista, aveva amato fuori dagli schemi prestabiliti ed ora, a trent’anni, tutto crollava. Aveva sfidato convenzioni e pregiudizi ma si ritrovava sola, delusa, non abbastanza stimata e considerata, come avrebbe voluto essere in rapporto al suo genio.
Dopo Rodin, Camille incontrò il giovane compositore Claude Debussy. Non si sa se il loro fu un rapporto d’amore o d’amicizia, comunque Debussy, ancora sconosciuto, restò profondamente impressionato dalla scultrice. Dopo due anni non si frequentarono più. Probabilmente perché Camille non riusciva ad abbandonarsi al rapporto sentendosi, in fondo, ancora legata a Rodin. Camille viveva sola in una piccola casa, numerose erano le difficoltà finanziarie. Essere scultori comportava spese ingenti per i materiali e Camille non riusciva a sostenerle, si trovava in difficoltà economiche e doveva ricorrere all’aiuto del padre e del fratello. Un profondo rancore verso Rodin le invase il cuore e la mente. Cominciò a soffrire di ossessioni. Pensava che Rodin volesse impossessarsi delle sue opere e ne distrusse alcune; immaginava anche che Rodin la facesse spiare dai suoi assistenti per rubarle le idee e che volesse ucciderla. Non era vero, ma tutto ciò era chiaramente il segnale di una grave forma di depressione con manie di persecuzione. Ormai costretta a vivere in ristrettezze economiche, andava sempre più isolandosi e compì vere e proprie stravaganze. Si chiuse nel suo atelier, si isolò e visse in povertà tra gatti, ragnatele e marmi. Completò le sue opere e le distrusse a colpi di martello. Vere e proprie “esecuzioni”, come lei stessa le definì. Nel 1911 lo stato di salute di Camille si aggravò; viveva in isolamento quasi totale, in condizioni d’indigenza, nel disordine e nell’abbandono. Alle difficoltà e alle ossessioni si aggiungono gli odi familiari, a Villeneuve è persona non gradita, sua madre la subissa di rimproveri e la condanna, la sorella Louise è poco incline all’indulgenza, il fratello Paul è lontano dall’Europa e, dopo la conversione, si trova a condannarla come peccatrice. Solo il vecchio padre, di nascosto, le manda del denaro. Il 3 marzo 1913 il padre morì. Uomo colto ed illuminato, aveva sempre cercato di aiutarla, appoggiando ed approvando la sua aspirazione alla scultura. La follia di Camille fu l’argomento di una riunione di famiglia, cui parteciparono anche il marito 7
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della sorella, magistrato, ed il fratello Paul che, in quanto diplomatico di carriera, riteneva Camille troppo ingombrante anche per lui che pure le voleva bene e decisero di condannarla ad essere cancellata dalla vita sociale. Il 10 marzo 1913, per volontà dei familiari e soprattutto della madre che firmò la carta per farla interdire, venne internata nell’Ospedale psichiatrico di Ville-Evrard e poi, allo scoppio della prima guerra mondiale, fu trasferita a Montdevergues, vicino ad Avignone. Nei primi anni d’internamento la madre fece vietare ogni visita alla figlia: “Tenetevela, ve ne supplico… ha tutti i vizi, non voglio rivederla, ci ha fatto troppo male”. Così scriveva la madre al Direttore del Manicomio senza riuscire a perdonarle le sue scelte anticonformiste. Camille sembra dimenticata da tutti: la madre e la sorella non le faranno mai visita, il fratello Paul solo due volte in trent’anni d’internamento. Le sue condizioni sono alterne, passa da fasi in cui è preda, secondo i rapporti medici, di manie di persecuzione, a momenti di maggiore serenità. In manicomio non era violenta né aggressiva; col passare degli anni diventò sempre più tranquilla e chiedeva insistentemente di tornare a casa. Nel 1917 morì Auguste Rodin, all’età di 77 anni. Nel 1925 gli stessi medici proposero un tentativo di riavvicinamento alla famiglia, consigliando di farla rientrare a casa. Ma questa soluzione non fu mai presa in considerazione dai familiari. Camille, come testimonia una sua lettera, rifiutò anche le sollecitazioni che le venivano rivolte di riprendere la scultura. Resterà rinchiusa, sentendosi una prigioniera ed alternando lucidità e follia. Nel 1942 le condizioni fisiche ed intellettuali di Camille registrarono un progressivo indebolimento e il 19 ottobre 1943, all’età di 79 anni e dopo trent’anni d’internamento, morì.
Nessuno, nemmeno il fratello, partecipò al suo funerale. Successivamente l’Ufficio Cimiteri comunicò alla famiglia Claudel che il terreno dove era stata sepolta Camille Claudel era stato requisito per “necessità di servizio” e che la sua tomba, sormontata da una croce recante le cifre “1943 - n. 392”, non esisteva più. Così la ricordò suo fratello Paul, riassumendo l’amara vicenda della sua vita: “Mia sorella Camille aveva una bellezza straordinaria ed inoltre un’energia, un’immaginazione, una volontà del tutto eccezionali. E tutti questi doni superbi non sono serviti a nulla; dopo una vita estremamente dolorosa, è pervenuta al fallimento completo.”
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Che cos'è la filosofia? Di Francesco PISANO
Filosofo, filosofia, filosofare. Parole strane, senza dubbio. Parole speciali su cui vige una specie di tacito accordo: tutti le usano, tutti le capiscono, e tuttavia nessuno sa dare una definizione esatta di cosa mai significhino. Quando qualcosa ci va male, la prendiamo “con filosofia”. Al bar spesso dispensiamo ai nostri amici pillole della nostra “filosofia di vita”. Se qualcuno, parlando, usa tanti bei paroloni gonfi senza riuscire a comunicare niente, sta “filosofando”. E quell’altro che sta sempre con la testa fra le nuvole, quel sognatore in concreto, è un perfetto “filosofo”. La filosofia, a giudicare da questi esempi, sembra un fritto misto di antica saggezza, retorica ingannatrice e fantasia. Il filosofo è un pacifico e simpatico vecchio dalla lunga barba bianca che trova posto solo nei libri di scuola. Nel migliore dei casi, una buona fonte per delle citazioni ad effetto. Nel peggiore, un inconcludente, uno sbadato perso nel suo mondo. Si tratta di un atteggiamento millenario: il povero Talete viene preso in giro perchè, perso nei suoi pensieri, cade in un fosso. Il Socrate di Aristofane è poi un vero e proprio furfante, un cialtrone che passa il suo tempo ad argomentare sul nulla. In questi ultimi anni, tuttavia, le cose sembrano peggiorare. La nostra società non solo non sa cos'è la filosofia, ma la disprezza indistintamente, come qualcosa di annebbiato, di lontano e tuttavia piuttosto fastidioso. Qualcosa di obsoleto. Il filosofo non è il mago-scienziato della Grecia Antica, guardato con timore: è diventato un non meglio identificato imbecille che passa il suo tempo a parlare di aria fritta, aiutato da una cultura trita e ritrita, e da qualche parola difficile (che fa sempre la sua figura). Personalmente, credo sia colpa della pessima didattica che si fa della materia, soprattutto nel nostro paese. Del resto, di questi tempi un popolo che sappia fare del "pensiero critico" non fa comodo a nessun governante. Ci sono sempre stati e ci saranno sempre uomini che credono di avere tutte le risposte: uno crede in Dio, un altro nella Scienza. Ma ci sono sempre stati e sempre ci saranno uomini ignoranti, che non sanno, più o meno consapevoli.
Tra questi, ad alcuni non importa di non sapere. Si vive lo stesso, del resto. Altri, però, hanno la sfortuna di voler sapere, di avere questo tarlo che li assilla. Questi sono i filosofi. Ovviamente questa definizione non è precisa: chiunque voglia "sapere" non è un filosofo. "Che ore sono?" Non è una domanda "filosofica". Cos'è, allora, che rende una domanda "filosofica"? Due cose, principalmente: il modo e l'obiettivo. Il modo di porre una domanda è il modo di porsi rispetto all'informazione che si cerca e alla stessa ricerca. Nel caso della filosofia, potremmo definire questo modo "razionale e argomentativo": il filosofo cerca, per quanto gli è possibile, di eseguire una ricerca su un problema e di proporre la sua risposta argomentando secondo le regole della logica, senza lasciarsi prendere da sentimenti, passioni, ispirazioni. La ricerca filosofica è quindi una ricerca che usa alcuni strumenti dell'uomo (il pensiero logico, il linguaggio "diretto") e non altri (l'ispirazione poetica, il linguaggio metaforico). Si capisce quindi che la filosofia è l'esatto contrario della retorica: il filosofo è schietto, si pone una domanda e ricerca una risposta mantenendosi sincero con se stesso e con gli altri. Egli dice: le cose stanno così, e posso dirvi il perchè. Certo, non sono mancati filosofi-scrittori, filosofipoeti, filosofi-registi e altri che hanno esposto le loro convinzioni sulle cose del mondo in forma artistica. Tuttavia, la loro è un'esposizione: la ricerca che c'è dietro è sempre razionale ed argomentata, ed è nel momento della ricerca che essi sono davvero filosofi. Filosofo, dunque, è chiunque si ponga certe domande con schiettezza e cerchi di trovare delle risposte, per poi esporle agli altri, pronto ad argomentare ciò che dice. Il filosofo non è uno bravo a parlare, non è uno che snocciola nozioni a memoria: egli sente di dover risolvere dei problemi e procede a farlo in un certo modo. Ma quali problemi? Qual'è l'obiettivo della domanda filosofica? Lo scopo è discutere i presupposti. Ogni giorno, ogni ora lavoriamo con tanti concetti particolari: Giusto, Bello, Buono, Stato, Identità, Dio, Conoscenza, Memoria, Spazio, Tempo, Scienza, e così via. Diciamo: "Questo è buono, questo è bello, ricordo questo, conosco questo, io, tu".
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Ci riferiamo ad una serie di casi particolari. Queste parole sono comunque necessarie per la nostra vita, esprimono concetti comuni a tutti, di cui si ha un'idea diffusa. Ma volendo definire tali concetti? Volendo pensarli fuori dal caso particolare? Volendo soprattutto trovare una definizione che metta d'accordo tutti? Ecco che le cose si fanno più difficili. Siamo tanti nel mondo: credenti e atei, di destra e di sinistra, dogmatici e progressisti, scienziati e mistici. Siamo fondamentalmente in disaccordo. Ma siamo anche impauriti. Ci poniamo delle domande su questo nostro mondo che non sa spiegarsi. Ci poniamo delle domande perchè abbiamo paura del caos, abbiamo paura del dolore, abbiamo paura della morte. E' stato detto che la filosofia nasce dal τραῦμα, dal "trauma", dalla paura di fronte all'ignoto. La parola greca è stata talvolta interpretata come "meraviglia, stupore di fronte alla grandezza del mondo", ma sono convinto che il primo impulso "filosofico" sia il terrore. Terrore che nasce sostanzialmente quando ci si rende conto che la vita è piena di presupposti, di cose che diamo per scontato e che, nei fatti, si rivelano come castelli di carta. Compito della filosofia è quello di cercare di costruire buone fondamenta, discutendo, confutando e ricostruendo tutto ciò che è scontato, tutta quella enorme schiera di convinzioni che chiamiamo "senso comune", che si rivela ad occhio attento come condizionata storicamente, mai definitiva ne, nei fatti, efficace. Possiamo ora dare una definizione di filosofia: filosofia è ricerca razionale e argomentata di un comune accordo, di una comune definizione di concetti di uso più o meno comune, necessari per la vita degli uomini. Va considerato che si tratta di una definizione rapida che lascia in gioco molti problemi. Ma non è proprio questo il fascino della filosofia? In questo momento io che scrivo sto facendo filosofia, sto proponendo una definizione argomentata di un concetto di uso comune, su cui si può essere più o meno d'accordo. Sto usando un linguaggio. Sto comunicando. Sto inserendo le mie convinzioni, giuste o sbagliate che siano, nel discorso. Il discorso stesso forse apre più problemi di quanti ne risolve, e io che scrivo sono costretto in alcuni limiti, linguistici, conoscitivi e di altra natura: ecco perchè la filosofia è speciale. Essa non può fare a meno di interrogarsi su sé stessa e sulle sue fondamenta, presupponendo dunque un "approccio filosofico" a sé stessa.
Si trova in un affascinante vicolo cieco, in un continuo mordersi la coda, perchè non può dare nulla per scontato. Ecco un altro motivo per il quale la filosofia non è assolutamente bella retorica: essa cerca di superare il linguaggio, di trascenderlo: questa fatica di Sisifo è ciò che rende complesso e aspro il linguaggio della filosofia e che contemporaneamente richiama alla semplicità: il filosofo ha il dovere di esporre i suoi concetti senza inutile gonfiore (cercando il contenuto lontano dalla forma). Il gonfiore retorico (tutta forma e niente contenuto) è esattamente antifilosofico. Il mondo è pieno di problemi, lo è sempre stato e sempre lo sarà. Alcuni sono risolti dalla Scienza. Alcuni dall'Arte. Alcuni dalla Religione. Altri, non meno importanti, dalla Filosofia (ora, finalmente, con la lettera maiuscola). Se cercate un esempio vicino a voi, andate nel più vicino ospedale, andate ad osservare una donna che si chiede se siagiusto abortire, un malato terminale che si chiede quale sia stato ilsenso della sua vita mentre accanto a lui si dibatte se siagiusto concedergli l'eutanasia. Andate in un vicino laboratorio e chiedete al fisico che si trova lì se si sente colpevole della costruzione della bomba atomica. O chiedete la stessa cosa al politico che intasca tangenti. Cercate di capire con quale criterio quel giudice stia condannando un uomo in tribunale. Cercate di spiegare ad un bambino perché le persone muoiono. Il mondo è sempre pieno di problemi. Alcuni sono creati dalla Scienza. Alcuni dall'Arte. Alcuni dalla Religione. Altri, non meno importanti, dalla Filosofia. Chiunque voglia dirsi filosofo deve saper prendere questo fardello, deve accettare l'ignoranza e l'incertezza, deve accettare di non poter mai arrivare ad una conclusione vera e propria. Solo acquisendo questa coscienza, il filosofo può alzarsi con orgoglio dallo stato di prostrazione in cui si trova di questi tempi, iniziare a camminare con orgoglio guardando il cielo, e cadere, con orgoglio, nella fossa: forse, se è fortunato, può addirittura trovarci il buon Talete.
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Una selezione di poesie degli autori Artetremila http://autori.altervista.org L’amore se non cresce muore. Di Grazia LONGO Non voglio che tu sia mio, non voglio esser tua, amore mio, non voglio appagare il tuo desiderio, né il mio, perché averti, avermi, appagare il nostro desiderio, sarebbe già fine, nel sempre.
Sogni ed amori. Di Orazio CLAVERI Ogni sogno svanisce, come tutti gli amori, cancellati dalla vita di ognuno di noi, segni sulla sabbia, erosi, dall’onda del mare.
Opera di Shahcs Shah
Destini. Di Maria LEONE La mia anima é pesante e si trascina sulla strada delle ceneri del destino i suoi passi sollevano la polvere del passato che si posa sull'orizzonte del futuro.
Opera di Bhaskar Lahiri
Prendo la sua mano e l'accompagno in silenzio verso la linea di divisione della mia vita incediamo tra sbuffi di nuvole grigie che si alzano verso la terra delle promesse.
Opera di Giulio Bonà
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Dimmi marinaio. Di Annamaria GIANNINI Dimmi marinaio degli occhi ricci chiedere la stella al Grande Carro cuciti cielo e mare da un ricamo il vento a sillabare di ogni onda il verso, il moto, la canzone inquieta. Dimmi dello sciogliersi di spuma sulla chiglia ardita e sopra i sogni di un orizzonte figli e della luna assaggiata mentre mischia luce e sale sul dorso degli scogli da evitare. Giornate amare e albe in disincanto da scrivere sul bordo del diario quando il tramonto cola sulla sera rossa di sangue è spina nostalgia_ terra sfumava e tu spiegavi vela.
Dimmi marinaio se hai seguito suadenti canti col viso di sirena o se la voce sempre accarezzata è quella della donna ferma al molo tesa all'orizzonte a pregar ritorno.
Quelle che vanno via. Di Mauro DRAGO Lasceranno questa riva, ed io… sarò con loro...! Affannati… voleranno tra cieli, dove non dimora ragione… Ridendo delle cose, che restano… e quelle che vanno via. Li dove la sofferenza, tramuta, e genera forza…! Dove al cessar dei temporali, le stelle danzano e ridanno luce…!
Chissà se hanno un nome quei gabbiani confusi tra i bianchi alberi di tela lo stesso azzurro insieme da viaggiare gli stessi porti amici dove entrare le stesse rime per cantare il mare.
Opera di Marilena Cicciu Sognando di Rita PICCIONI Sognando di zoccoli , fuggenti tra la schiuma e criniere da leggeri venti scompigliate. L’alba mi punge le tempie, coi silenzi amati del mattino. Dilato lo sguardo sugli specchi, a me dattorno. L orizzonte è un disegno a matita. tutto è nuovo ma molto rimane immutato.
Opera di Farida Suleymanova 12
Artetremila- Arte e Cultura : Notiziario dell’Associazione Culturale “Artetremila”
Il fazzoletto di Matteo FIORILLO Andammo furtivi con lampade di vetro ad illuminare i nostri sogni. Violammo la notte, ogni suo pregiudizio nel silenzio nessuno ci vide. Un pezzetto di cielo rubammo grande quanto un fazzoletto
Se avessi la pazienza di un ragno di Emma BRICOLA Se avessi la pazienza di un ragno, costruirei la tela senza fretta e userei i miei fili di seta per appendere le gocce di rugiada. Se avessi il coraggio di un ragno non avrei paura della pioggia e mi cullerei nelle carezze del vento. Se avessi la sagacia di un ragno saprei aggiustare le fibre spezzate ogni giorno, ogni momento. E non conoscerei disillusioni non piangerei sulle sconfitte, non sperimenterei frustrazione. Se avessi la pazienza di un ragno...
Consigli per la lettura da: autori.altervista.org
Opera di Maria Leoni Quest’epoca disarma di Michela ZANARELLA Quest’epoca disarma i germogli del domani, risucchia i colori di semplici umanità, preme i giorni al deserto. In un ronzio di croci non mancano nervose abbondanze di miseria, il rapido maturare di precipizi all’anima. Per rimuovere il fremito del crollo, agli uomini è concesso attingere alle vene di Dio, agli uomini è concesso sfamarsi al tremore di un sangue stretto in recinti di grazia eterna. A WISLAWA Poesia di Enrica MERLO. Dietro di te c’e’ il mare Wisy ma non ti voltare scrivi sul taccuino i suoi colori dipingi coi tuoi versi il suo canto sfrigolami il cuore con infanti stornelli invola la tristezza pizzica il vento posati sulle rose. 13
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