ARTRIBUNE MAGAZINE
centro/00826/06.2015 18.06.2015
COVID-19 ISSUE
RESETInterrompere l’incubo della ripetizione per coltivare il terreno dell’impossibile RESET
MAGGIO L AGOSTO 2020
ISSN 2280-8817
#55
ANNO X
MASSIMILIANO TONELLI [ direttore ]
A
Tanti giovani stavano già tornando (da Londra verso Milano, soprattutto) ma questo processo potrebbe accelerare, mettendo a disposizione dell’Italia un capitale umano strabiliante, che ormai era pressoché perduto.
EDITORIALE
l netto delle chiavi di lettura pessimistiche per i prossimi mesi, il mondo della creatività dovrebbe paradossalmente gioire. Sembra un eccesso, ma è proprio così. Lo scenario di brevissimo periodo è atroce, lo scenario di medio periodo è clamorosamente interessante e lo è in particolar modo per l’Italia. E lo è in particolar modo per il settore della cultura. Ma cosa mai può esserci di così entusiasmante in una situazione tanto orrenda? È in arrivo una crisi economica mai sperimentata prima, abbiamo scoperto che l’azzeramento del turismo non è un bene ma al contrario una sciagura per musei e spazi culturali, e inoltre non sappiamo quando tutto questo finirà, al punto che non siamo nelle condizioni di pianificare il domani in maniera efficace. E però, abbiamo detto, ci sono delle opportunità mai viste prima per l’Italia. Perché? Da dove provengono queste chance insperate? Da chi sono personificate? La novità sono specificamente i movimenti demografici determinati da questa imponderabile crisi. O almeno i movimenti che siamo presumibilmente e ragionevolmente in grado di prevedere. Succederà – è molto probabile – che una quota della fuga di cervelli che il Paese aveva subito nell’ultimo ventennio rientrerà. Non va dimenticato che l’Italia ha investito per formare una intera generazione che, per tutta risposta (e non senza giustificazioni), aveva deciso di andarsene. Soprattutto nel Regno Unito. Questa diaspora potrebbe in parte ricomporsi in virtù del combinato disposto della crisi (che colpisce sia lì sia qui) e della Brexit. Tanti giovani stavano già tornando (da Londra verso Milano, soprattutto) ma questo processo potrebbe accelerare, mettendo a disposizione dell’Italia un capitale umano strabiliante, che ormai era pressoché perduto. Ma le buone notizie non terminano qui. Tutto questo si innesta su un humus nuovissimo, che beneficia di un’alfabetizzazione informatica e digitale insperata, caduta come manna dal cielo. L’intero Paese ha accorciato le distanze col resto dei partner occidentali nel giro di due mesi e mezzo, forzosamente. Viceversa sarebbero stati necessari forse dieci anni. Non tutte le quarantene vengono per nuocere. Già, però poi i piccoli vantaggi in una situazione di grave disagio vanno valorizzati e sfruttati in maniera oculatissima. Il rischio enorme, adesso, è sciupare questa cornice di oggettivo vantaggio che vede un presumibile ritorno in massa della migliore classe creativa in un contesto fertile per quest’ultima, per le sue idee, per le sue proposte, per il suo business e per le sue innovazioni. Questa classe creativa tuttavia deve trovarsi la strada spianata, deve vedere rapidissimamente rimossi gli sciocchi ostacoli che si frappongono tra le idee e la loro concretizzazione. Altrimenti, ben presto chi è dovuto tornare si convincerà di nuovo che qui non ci sono margini per fare bene e si deciderà di ripartire. Questa volta definitivamente.
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SORPRESA: NOTIZIE MOLTO MOLTO POSITIVE PER L’ITALIA
#55
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#55 DIRETTORE Massimiliano Tonelli DIREZIONE Marco Enrico Giacomelli [vice] Santa Nastro [caporedattrice] Arianna Testino [Grandi Mostre] REDAZIONE Irene Fanizza Claudia Giraud Desirée Maida Helga Marsala Roberta Pisa Giulia Ronchi Valentina Silvestrini Valentina Tanni Alex Urso Alessandro Ottenga [project manager] PUBBLICITÀ & MARKETING Cristiana Margiacchi / 393 6586637 Rosa Pittau / 339 2882259 adv@artribune.com Arianna Rosica a.rosica@artribune.com EXTRASETTORE downloadPubblicità s.r.l. via Boscovich 17 - Milano via Sardegna 69 - Roma 02 71091866 | 06 42011918 info@downloadadv.it REDAZIONE via Ottavio Gasparri 13/17 - Roma redazione@artribune.com PROGETTO GRAFICO Alessandro Naldi STAMPA CSQ - Centro Stampa Quotidiani via dell’Industria 52 - Erbusco (BS) DIRETTORE RESPONSABILE Marco Enrico Giacomelli EDITORE Artribune s.r.l. Via Ottavio Gasparri 13/17 - Roma Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 184/2011 del 17 giugno 2011 Chiuso in redazione il 22 giugno 2020
MAGGIO L AGOSTO 2020
Stories & Columns
Questo numero stato fatto da:
2 L Massimiliano Tonelli
Sorpresa: notizie molto molto positive per l’Italia
Stefano Arienti Tatiana Arzamasova Gianluca Ascione Patrizia Asproni Sammy Baloji Giovanna Barni Mariolina Bassetti Freddy Battino Ilaria Bonacossa Ezio Bosso † Franco Broccardi Silvia Burini Christian Caliandro Mirko Canesi Paola Capata Paolo Cenciarelli Andrea Chiesi Carolyn Christov-Bakargiev Cristian Confalonieri Emanuele Coccia Umberto Croppi Filippo De Filippi Pamela Diamante Umberto Di Marino Luigi Fassi Fabio Fassone Serena Fineschi Alberto Fiz Fiorella Fontana Eva Frapiccini Dionigi Mattia Gagliardi Regina José Galindo Mario Gerosa Raffaele Giannitelli Antonella Gioli Ale Giorgini José Graci Edoardo Graziadei Francesca Grilli Memmo Grilli InvisibleStudio Giovanni Iovane David LaChapelle Antonio Lampis Francesca Liberatore Lucrezia Longobardi Filippo Lotti Silvia Mangosio
12 L Emanuele Coccia
Social media come letteratura espansa
24 L Alessandro Melis
Italia: superpotenza culturale con i piedi d’argilla
36 L Pier Luigi Sacco
Scenario vs processo nella città resiliente
48 L Mario Gerosa & Gianpiero Moioli
Arte, realtà virtuale e didattica a distanza
Photorooms 6 L Ale Giorgini
Intervallo Windows Edition
18 L Paolo Cenciarelli
#stayathome(less)
30 L Flavia Piola
Gli Alienati al tempo del Coronavirus
42 L Carlotta Stracchi Villa
Quarantine Portraits
Endings 54 L STUDIO VISIT Treti Galaxie Giulio Saverio Rossi
60 L SURVEY AA.VV.
Covid-19 e artworld in 60 voci
72 L SHORT NOVEL Alex Urso Gianluca Ascione
78 L IN FONDO IN FONDO Marco Senaldi Dimmi come spendi...
Gianfranco Maraniello Masbedo Maria Grazia Mattei Elena Mazzi Giovanna Melandri Alessandro Melis Simone Menegoi Massimo Minini Rebecca Moccia Gianpiero Moioli Fabrizio Montanari Stefano Monti William Myers Dario Nepoti Franco Noero Roberto Paci Dalò Cristiana Perrella Pietro Petraroia Cesare Pietroiusti Flavia Piola Marcella Pralormo Ludovico Pratesi Alessandro Rabottini Bruno Racine Stefano Raimondi Nicola Ricciardi Sergio Risaliti Chiara Ronchini Giulio Saverio Rossi Lia Rumma Pier Luigi Sacco Marco Senaldi Philippe Starck Carlotta Stracchi Villa Marco Strappato Tatanka Journal Eugenio Tibaldi Vicente Todolí Massimiliano Tonelli Treti Galaxie Patrick Tuttofuoco Alex Urso Maria Chiara Valacchi Laura Valente Valentina Vetturi Luca Vianello Patricia Viel Guido Wannenes Massimiliano Zane
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LA COPERTINA
FRANCA SCHEGGI DALL’ACQUA 1941 – 21 marzo 2020
E IL CARATTERE TIPOGRAFICO TATANKA JOURNAL
in collaborazione con NICOLÒ ORIANI
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ALBERTO ARBASINO 22 gennaio 1930 – 22 marzo 2020
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LUCIA BOSÉ 18 gennaio 1931 – 23 marzo 2020
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RESETInterrompere l’incubo della ripetizione per coltivare il terreno dell’impossibile RESET
RESET Torniamo dopo due mesi a coltivare le strade, quantomai immerse nella periferia di un tempo sospeso. Con la retorica della ripartenza a qualsiasi costo sparisce ogni contraddizione che ci ha attraversato in questi lunghissimi mesi: l’orizzonte del possibile si restringe. Unica, assoluta e certa volontà quella di riprendere da dove ci si era lasciati. L’uroboro della civiltà occidentale si contorce e aggroviglia, ponendo le basi per un nuovo mondo, copia esatta di quello di prima: l’incubo della ripetizione senza differenza. In lontananza si vedono le tempeste del cambiamento climatico e delle diseguaglianze economiche che si agitano, rafforzandosi con il passare del tempo. Rotta segnata sulle coordinate del progresso senza direzione a cui andiamo incontro guidati da capitani coraggiosi e scaltri, in balia delle correnti della crescita perenne e del profitto. Non basterà, questa volta, l’ottimismo verso il futuro o la narrazione fantastica di qualche profeta dell’economia per evitare le burrasche che ci attendono. La necessità sarebbe piuttosto quella di creare un nuovo immaginario, non una ripartenza. Disegnare nuove rotte sociali, pretendere una virata, un nuovo disegno sulla cartografia della nostra benemerita società, cancellando ogni nostalgia per la vecchia normalità assassina. Reset: per viaggiare verso nuovi territori dell’animo.
VITTORIO GREGOTTI 10 agosto 1927 – 15 marzo 2020
CALOGERO RIZZUTO 20 gennaio 1955 – 23 marzo 2020
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ANTONIO DALLA VALLE 1939 – 27 marzo 2020
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SERGIO ROSSI 1935 – 3 aprile 2020
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LUCIO DEL PEZZO 13 dicembre 1933 – 13 aprile 2020
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MARKUS RAETZ 6 giugno 1941 – 14 aprile 2020
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LUIS SEPÚLVEDA 4 ottobre 1949 – 16 aprile 2020
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IAN WILSON 1949 – 16 aprile 2020
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DAVID LEVERETT 1938 – 20 aprile 2020
Tatanka Journal è una rivista indipendente che dal 2018 racconta l’attualità attraverso le immagini, la grafica e le illustrazioni, coinvolgendo artisti nazionali e internazionali. Nel 2020 inizia la collaborazione con Artribune, insediandosi sulla superficie della rivista per creare un progetto editoriale parallelo, in grado di innescare delle riflessioni che nell’arco del nuovo anno indagheranno il contemporaneo. TATANKA è un progetto di SARA CERADINI, FRANCESCO FADANI, JACOPO UNDARI
[GIAMPAOLO PROVENZANO]
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GERMANO CELANT 11 settembre 1940 – 29 aprile 2020
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GIACOMO VERDE 1956 – 2 maggio 2020
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MICHEL PICCOLI 27 dicembre 1925 – 12 maggio 2020
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NANDA VIGO 14 novembre 1936 – 16 maggio 2020
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SUSAN ROTHENBERG 20 gennaio 1945 – 18 maggio 2020
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EMILIA PALOMBA 1929 – maggio 2020
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CHRISTO YAVACHEV 13 giugno 1935 – 31 maggio 2020
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tatankajournal.com tatankajournal@gmail.com tatanka_journal
PAOLO FABBRI 17 aprile 1939 – 2 giugno 2020
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ALDO COLUTTO BAGOTTO 1949 – 11 giugno 2020
Germano Celant
Rotella 1962-1973
Catalogo ragionato Volume secondo, Tomo III
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Bermondsey, Londra Astoria, Queens, New York | Berlino
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ALE GIORGINI [ illustratore ] #55
ntervallo è un progetto personale nato nell’estate del 2017: un racconto di viaggio attraverso “fotografie illustrate”, una serie di cartoline digitali che, nel 2017 e nel 2019, hanno raccontato in totale tre mesi di viaggio attraverso l’Italia e l’Europa, una pausa dal lavoro e dalla routine quotidiana per due viaggi alla scoperta di città d’arte, spiagge assolate e autostrade infinite. Il nome Intervallo è un omaggio al celebre programma Rai che negli Anni Settanta mandava in rotazione cartoline dei luoghi più belli d’Italia poco prima delle edizioni serali del telegiornale. Il 2020 avrebbe dovuto vedere la terza edizione del progetto, un viaggio di 45 giorni che avrebbe nuovamente ripercorso lo Stivale da nord a sud. L’emergenza sanitaria e le successive restrizioni ne hanno imposto la cancellazione. Ma la creatività non è costretta alla quarantena. E viaggiare, pur non spostandosi, era ancora possibile. Attraverso una call pubblica su Instagram, ho invitato i miei follower a inviarmi la foto della vista dalla propria finestra, sulla quale avrei disegnato esattamente come fatto nelle edizioni precedenti di Intervallo. Questa volta il soggetto della foto non era scelto da me e il risultato della foto illustrata è diventato ogni volta un dialogo silenzioso fra il sottoscritto e le persone obbligate al lockdown, per le quali la vista dalla finestra poteva diventare una via di fuga dalla complicata normalità nella quale ci siamo trovati costretti. In una manciata di giorni ho ricevuto più di 1.300 scatti fotografici provenienti da tutto il mondo: oltre a praticamente tutto il territorio italiano, il progetto ha varcato i confini arrivando a New York, Bora Bora, Tokyo, Mosca, Teheran, Il Cairo, Perth, Mumbai, Copenaghen, Tijuana, Buenos Aires, Bogotà e molti altri luoghi che ho potuto visitare virtualmente insieme ai tanti che hanno seguito il progetto sui miei canali social. Un viaggio che è entrato nelle case delle persone, generato dagli sguardi di chi ha partecipato e solo in ultima istanza finalizzato da me con le matite digitali. Un progetto che può essere quindi definito corale e che, ancor più di quello artistico, sarà quello che ricorderò per l’aspetto umano: molte delle email con cui mi venivano inviate le foto contenevano anche i racconti del luogo fotografato, spesso molto personali, anche legati al difficile momento che stavamo vivendo. Il progetto si è concluso l’ultimo giorno del mese di maggio, dopo 78 fotografie illustrate che hanno letteralmente attraversato tutto il mondo.
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Intervallo Windows Edition I
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/alegiorgini
BIO Ale Giorgini ha iniziato a disegnare da bambino e non ha più smesso. Dopo un percorso da autodidatta, oggi lavora come illustratore e designer, collaborando con brand come Armani, Adidas, Jeep, Puma, Martini, Disney, Warner Bros, Opinel, Lavazza, Kinder Ferrero, Fidenza Village, Foot Locker, Emirates e ha pubblicato le sue illustrazioni su The Hollywood Reporter, Boston Globe, L’Express, Chicago Magazine, The Official Ferrari Magazine, Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera. Ha partecipato a mostre ed eventi in tutto il mondo: Tokyo, New York, Zurigo, Vienna, Parigi, San Francisco, Los Angeles, Melbourne, Annecy, Manchester, anche se appena può ama passeggiare per Vicenza, la sua città. Ha vinto il Good Design Award del Chicago Museum of Design (2017), è stato selezionato dalla Society of Illustrators di New York (2015, 2017) e candidato al Premio Boscarato al TCBF (2016). Dal 2013 al 2018 è stato presidente e direttore artistico di Illustri Festival.
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Erbil, Kurdistan Iracheno
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Giaglione, Torino
Tokyo
Torino
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Dois Irmaos
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Hong Kong | Milano Piacenza Roma | Stockton Heath
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Rotterdam
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Andrea Chiesi, Natura Vincit 1, 2019, dettaglio inchiostro e pennarelli su carta, cm 100x70 Photo Raffaele Cimino
STORIES L SCIENZA & FILOSOFIA
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SOCIAL MEDIA COME LETTERATURA ESPANSA EMANUELE COCCIA [ filosofo ]
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STORIES L SCIENZA & FILOSOFIA
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STORIES L SCIENZA & FILOSOFIA
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a un giorno all’altro la città è diventata fuorilegge: impossibile attraversarla se non a orari precisi, con scopi precisi (comprare cibo soprattutto) e per brevissimi lassi di tempi. Da un giorno all’altro vedere persone, abbracciarle, parlarci, baciarle, amarle è diventato fuorilegge.
L’ACCIDENTE EPIDEMIOLOGICO
Murate in casa, noi, nuove anacorete dello spirito – donne e uomini di un secolo che ha fatto dell’epiteto “social” la propria marca distintiva – abbiamo dovuto inventare una nuova vita. Murate in casa, abbiamo trasformato quei corridoi virtuali che sono i social media – Facebook, Instagram, Zoom, che nella vita precedente servivano soprattutto a rendere meno distinti spazi e tempi reali – in enormi soggiorni in cui liberare la nostra vita sentimentale e intellettuale. Improvvisamente strumenti secondari di comunicazione, dedicati soprattutto all’intrattenimento privato, sono diventati i teatri di tutta la nostra vita politica e culturale: i musei, le gallerie, le tv, le sale di concerto, i negozi, le università, le discoteche, tutto si è trasferito in questo spazio, e proprio per questo tutto ha assunto la stessa, identica forma. Per un accidente epidemiologico, l’unità profonda che lega qualsiasi manifestazione culturale, politica e affettiva in una data società è diventata fatto visibile. La distanza fisica, retorica e architettonica che separava un concerto da una lezione, una conversazione privata da una dichiarazione pubblica è scomparsa. Le forme simboliche ed emotive
hanno potuto coincidere e mostrare che sono tutte espressione di una medesima realtà. È
stato assieme bello e strano: pochissime sanno vivere, muoversi, parlare, amare in questi spazi, pochissime sopportano la contiguità e l’interpenetrazione tra fenomeni e manifestazioni di solito rigorosamente ed ermeticamente separati.
TUTTO DIPENDERÀ DA...
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D’altra parte, la realtà stessa di quanto abbiamo chiamato con profondo snobismo culturale “social media” ha finalmente mostrato la sua natura e la sua insospettata potenza. Ed è su questo punto che vorrei insistere: il futuro delle nostre città e soprattutto il futuro della nostra cultura dipenderà da se e come riusciremo ad appropriarci di questi spazi,
Oggi la nostra mente ha riassegnato i valori di significato e sensibilità a un semplice starnuto, il quale assume carattere di innesco per una emozione sostanzialmente diversa: la paura di essere contagiato. Ci vorrà molto tempo, unitamente a un lavoro di consapevolezza, per sviluppare un’intelligenza emozionale che possa gestire questo nuovo panorama emotivo. In poche parole, nell’immediato futuro è ipotizzabile che si aggiungerà un nuovo elemento, di carattere viscerale tra l’altro, al processo cognitivo di valutazione se frequentare o meno un luogo pubblico. FABIO FASSONE o meglio di queste macchine. Tutto dipenderà dalla nostra capacità di cogliere, prolungare, radicalizzare l’identità tra tutto quello che la cultura del passato ha voluto separare fisicamente, retoricamente e socialmente. Tutto dipenderà dalla nostra capacità di non trascurare questi spazi e non farli diventare quello che spesso diventano con una rapidità impressionante: enormi pattumiere culturali a cielo aperto che accolgono quello che la cultura, la politica, la società non riesce più ad accogliere nei canali tradizionali, nei palazzi, nelle piazze, nelle aule. Tutto dipenderà dalla capacità di comprendere davvero cosa sono questi enormi corridoi. La loro nascita, in realtà, è il risultato di una trasformazione radicale della natura e dello scopo della tecnologia e delle macchine che ci circondano: sia-
mo passati da una tecnologia il cui scopo era la realizzazione di compiti fisici a macchine il cui compito è l’estensione, la moltiplicazione e l’esplosione dello psichismo umano. Questa
evoluzione è stata male interpretata a causa dell’egemonia della metafora e del vocabolario cognitivo
CORPO E MEDICINA IN 5 DATE
VACCINI
Il medico inglese Edward Jenner inietta una piccola quantità di vaiolo bovino in un bambino di 8 anni, immunizzandolo alla versione umana della malattia.
1895
1928
PENICILLINA
La scoperta che dà il via alla storia degli antibiotici si deve ad Alexander Fleming, ma i primi studi sull’azione battericida di alcune muffe sono condotti da Vincenzo Tiberio a fine Ottocento.
DNA
1954
TRAPIANTI
Joseph Murray è il primo a compiere un vero e proprio trapianto di organi da vivente, eseguito tra due gemelli omozigoti.
mettevano di far vivere una forza orientata verso un obiettivo, esercitato soggettivamente, che era propria dei corpi viventi al di fuori di noi, le nuove macchine fanno esistere l’anima al di fuori di noi, fanno della vita psichica un tratto che può abitare non solo l’anatomia umana, ma può insediarsi in qualsiasi oggetto e soprattutto può prendere vita in qualsiasi momento. È a causa di questa moltiplicazione delle macchine “psicomorfe” che le immagini sono ovunque: l’immagine è la presenza puntuale della psiche. Lo sviluppo di queste nuove tecnologie ha risposto a una profonda esigenza antropologica, morale e politica: l’invenzione dei computer, e soprattutto dei telefoni cellulari, e delle tecnologie che ne fanno una piattaforma di costruzione collettiva e di condivisione dell’intimità, non è una coincidenza frutto di poche scoperte contingenti, ma una costruzione consapevole che si sviluppa a partire da una Kunstwollen, una volontà artistica e antropologica molto precisa. Tutte queste macchine sono infatti forme simboliche che rispondono a esigenze morali: la costruzione del soggetto.
STORIES L SCIENZA & FILOSOFIA
Noti anche come Raggi Röntgen, dal nome del suo scopritore, il fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen.
Isolato dal biochimico svizzero Friedrich Miescher nel 1869, viene strutturato nel celebre modello a doppia elica da James Watson e Francis Crick.
Eppure quello che è successo nell’ultimo centinaio di anni è molto chiaro. La macchina tradizionale si basava sull’imitazione dell’organismo fisico: secondo la tesi di Ernst Kapp, ogni macchina è la proiezione di un organo anatomico al di fuori del corpo umano. Le nuove macchine si basano sull’imitazione della vita psichica, e non importa se si tratta di intelligenza, calcolo, immaginazione, sentimento ecc. La foto-
grafia, il cinema, il computer, ma soprattutto i telefoni cellulari ne sono un esempio. Proiettano la psiche fuori dalla coscienza e dall’anatomia umana. E se le macchine tradizionali per-
RAGGI X
1953
MACCHINE PSICOMORFE
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1796
o cibernetico che ci hanno portato a parlare solo di cervello, intelligenza, pensiero: un’antropologia estremamente rozza che vorrebbe dividere la psiche in diverse sfere, l’intelligenza dal resto della facoltà soggettiva, e mettere la sede dell’intelligenza nel cervello ci fa vedere computer e telefonini come delle estensioni del nostro cervello e non, molto più profondamente, come forme espanse della nostra vita psichica.
L’ARTE E L’IO NEL NOVECENTO
È dalla scoperta di Schiller che la soggettività non può essere colta né come pura realtà di conoscenza (quindi come fatto puramente cognitivo) né come puro fatto di morale (come atto arbitrario della volontà), ma esiste nella sfera intermedia, quella del gioco e dell’arte, dove conoscenza e volontà, scienza e morale si indeterminano l’una nell’altra, che l’arte è diventata non solo lo spazio della costruzione del bello decorativo (o della costruzione di un comune non-normativo, come era in Kant) ma il laboratorio privato della costruzione del soggetto. Per quasi un secolo, abbiamo chiesto incessantemente alla letteratura e alle arti visive e plastiche di costruire e rendere visibile la struttura del nostro io: sono stati i romanzi e le opere d’arte a farci capire la strana forma che la nostra vita psichica e sentimentale sembrava aver assunto. In tutto il Novecento l’io è stato il luogo e il mezzo attraverso cui ciascuno di noi poteva fare esperienza, in modo epifanico – cioè istantaneo, incontrollabile e non programmabile –, della propria appartenenza a un flusso psichico più
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antico dei propri ricordi coscienti e più ampio della propria personalità. L’Ulysses di Joyce e Mrs Dalloway di Woolf, la Recherche di Proust e l’action painting di Pollock non erano che esercizi per rendere possibile all’io di strutturarsi in questo modo.
SOCIAL MEDIA COME ROMANZO COLLETTIVO
Da molto meno di due decenni, il compito che era stato per secoli affidato alle arti, quello di dar forma al nostro io, è stato assunto da altre forme simboliche, assieme più ibride, sporche ma anche più universali e radicali di quelle che il sistema delle arti era stato capace di classificare. I social media sono que-
STORIES L SCIENZA & FILOSOFIA
sto: una forma di romanzo collettivo a cielo aperto, in cui tutti sono al tempo stesso autori, per-
Sono volate parole grosse non solo tra virologi ed epidemiologi, durante la recente pandemia, ma anche tra filosofi. A scagliare la prima pietra (negazionista) è stato Giorgio Agamben, e da lì apriti cielo! Questi sono i tre e-book che vi consigliamo sul tema.
sonaggi e lettori di come la propria vita si intreccia a quella degli altri. È una forma aumentata ed estesa di letteratura. Una forma aumentata perché la frattura propria alla letteratura che divideva i personaggi da una parte, e autori e spettatori dall’altra, è saltata. Per questo realtà e finzione non si oppongono più come facevano nel sistema delle arti tradizionali. Qualche anno fa Josephine Ludmer aveva descritto lo stato attuale della letteratura notando come la finzione non era più “un genere o un fenomeno specifico, ma copriva piuttosto la realtà fino a confondersi con essa”. Non si tratta solo del problema per cui la “finzione si confonde con la realtà”: in realtà “il nuovo regime cambia lo statuto della finzione e la nozione stessa di letteratura”, perché “la letteratura assorbe la mimesis del passato per fabbricare il presente e la realtà”. La realtà stessa è fabbricata letterariamente, artisticamente. È questo statuto che Ludmer chiama letteratura post-autonoma: piuttosto che produrre arte – ovvero una sfera di realtà sottratta all’uso e alla vita –, diventa “fabbrica di realtà”. I nuovi media hanno permesso alla letteratura – non più limitata alla parola – di trasformarsi in questo spazio. La trasformazione della letteratura e dell’arte, che è cessata di essere una pratica limitata, elitaria, in atto di esistenza collettiva.
L’EPOCA DELL’AUTO-FICTION
La città diventa una comunità che usa l’arte per immaginare e produrre la propria stessa realtà e la propria stessa vita. D’altra parte, è diventato necessario fingere, immaginare la propria realtà personale e affettiva per poterla vivere. È per questo che la distinzione tra autore e personaggio è venuta meno: perché è solo essendo personaggio di finzione
che si acquista uno statuto di autore e non viceversa. Ed esser autore significa (su Facebo-
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COVID-19 E FILOSOFIA IN 3 LIBRI
ok o su Instagram) avere accesso alla propria realtà solo attraverso una finzione letteraria. È una forma aumentata di letteratura perché il medium su cui si esercita non è quello puramente verbale, ma su una serie di supporti che cercano di riprodurre il più possibile l’esperienza. È estesa perché riguarda davvero un numero impressionante di utenti rispetto alle arti tradizionali. Si tratta in fondo della realizzazione del compito che le avanguardie storiche avevano dato alle arti, di coincidere con la vita. Da questo punto di vista, Facebook o YouTube incarnano un vero e proprio paradosso: quello di una realtà che ha bisogno di essere interpretata , messa in scena, che deve diventare finzione per essere più reale di quanto non sia, e quello di una finzione che non serve a portare l’immaginazione in un altrove, in mondi sconosciuti, in vite diverse, ma
LEONARDO CAFFO Dopo il Covid-19. Punti per una discussione Nottetempo, Milano
Se il domani lo posso immaginare? Il domani lo posso e lo devo immaginare, e progettarlo finché quel giorno non arriva, ma se io penso che il domani sia un oggi reiterato, fatto di non realtà, chiusi in casa, io non sto immaginando un domani. La responsabilità di chi amministra, ma anche mia, è quella di continuare a immaginare un domani, che sia peggiore o migliore forse addirittura non importa, ma che sia un progetto che punti a modificare l’inattività attuale, e che soprattutto porti all’espressione della natura umana, e non alla rassegnazione a una ‘nuova normalità’, che è un concetto aberrante, perché la normalità non esiste, esiste la natura delle cose! Ed è nella natura dell’uomo vivere socialmente. EZIO BOSSO
DARIO NEPOTI
LA COSCIENZA EN PLEIN AIR
Questa trasformazione è più radicale di quello che si può immaginare. Perché se la vita diventa oggetto di costruzione estetica, tutto quello che costituisce la nostra esperienza diventa manipolabile, e manipolabile attraverso la sua semplice immagine. Non c’è più differenza tra un oggetto e la sua rappresentazione. È soprattutto per questo che la scrittura di questa nuova letteratura deve occupare tutti i media, confonderli proprio come tutte le cose del mondo confondono la propria identità visiva, tattile, olfattiva e razionale. E non c’è nemmeno separazione spaziale, di ritirarsi fuori dal mondo per rendere possibile la coscienza.
MARCO SENALDI L’astuzia del Coronavirus. Una riflessione filosofica intorno alla pandemia Piemme, Milano € 2,99
SLAVOJ ŽIŽEK Virus. Catastrofe e solidarietà Ponte alle Grazie, Milano € 4,99
fora della coscienza non è più l’oscurità: la coscienza è il plein-air. È immagine nell’immagine. L’esperienza ha luogo ora sempre fuori coscienza. Il medium psichico e quello cosmico sono la stessa cosa. Non siamo più dentro di noi nella coscienza che fuori, nel corpo o addirittura fuori corpo. È come se ci fossimo accorti della capacità dell’esperienza di vivere fuori di noi. Di riverberarsi al di fuori, non solo attraverso la scrittura, la parola o il cinema.
NOI SCENEGGIATORI E PERSONAGGI
Attraverso queste macchine psico-mimetiche stiamo costruendo assieme una specie di nuova “anima del mondo”, una psiche collettiva, di cui ognuno è soggetto solo nella misura in cui è un contenuto, un personaggio. D’altra parte, la coscienza è solo un veicolo, qualcosa che permette di trasmettere altrove un’emozione, una conoscenza, una percezione. La coscienza è contagiosa e diventa virale. Attraverso queste macchine però stiamo cambiando soprattutto la natura del mondo. Perché il mondo stesso diventa ora, per noi, un fatto psichico. Il mondo non è più composto da fatti o eventi, è composto da una psiche diffusa, da una coscienza in cui siamo tutti immersi. La psiche è diventata mondo e il mondo è un fatto psichico prima di essere materiale. Non è solo cognitivo, ma psichico, demonico, ed è per questo che l’io sembra moltiplicarsi in maniera così virale. Non si tratta solo di narcisismo. D’altra parte, la psiche collettiva non è più qualcosa di trascendentale e astorico (non sono più “archetipi”) ma una serie di realtà malleabili e proprio per questo poetiche ed estetiche: l’adesione è legata a una decisione di gusto ed è possibile manipolarle all’infinito.
STORIES L SCIENZA & FILOSOFIA
Per avere coscienza di qualcosa non è necessario separare l’immagine di qualcosa dal mondo, è necessario al contrario estroflettere la coscienza nel mondo. La meta-
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Le arti e l’architettura devono riprendere coraggio assumendo un ruolo attivo – anche se non sarà richiesto loro – e di responsabilità, essendo il plasma dell’umano che senza sosta opera sulle semantiche e sulle sintassi, costruendo e configurando. Abbiamo bisogno di un nuovo nomos politico, avventurandoci nella possibilità di pensare una politica algoritmica capace di reggere il confronto con l’infosfera e che ne possa guidare i tempi di sviluppo e i modi di fusione con il reale.
che deve permettere a chi immagina di coincidere il più possibile con ciò che è. La vita diventa una serie di auto-fiction che servono a diventare ciò che si è. Il soggetto è il custode di questo paradosso: quello di essere da un lato il drammaturgo di una vita reale, il cui teatro coincide con il mondo che è sotto gli occhi di tutti, e dall’altro l’interprete della propria vita, ma che è anche scritto e composto da e per gli altri.
Il futuro che ci aspetta è proprio nella capacità di renderci conto di questa trasformazione psichica del mondo ed esteriorizzazione mondana delle nostre anime individuali e collettive. E, soprattutto, nella forma
che daremo a questa anima-mondo collettiva di cui siamo e saremo tutti assieme sceneggiatori e personaggi. Saremo tutte e tutti Chiara Ferragni e Sofia Viscardi ma dovremo imparare a declinare attraverso il loro volto vite ed esperienze che loro e noi stesse riusciamo appena a immaginare.
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PAOLO CENCIARELLI [ artista ]
MAGGIO L AGOSTO 2020
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#stayathome(less) utti questi uomini, qualunque siano le loro gesta e le loro opere, non hanno veramente alcuna vita, vale a dire la loro vita non è un’esistenza, non ha una forma, essi non sono eroi o artisti o pensatori come altri possono essere giudici, medici, calzolai o maestri, ma la loro vita è un moto eterno, una mareggiata penosa, è disgraziatamente e non dolorosamente straziata, paurosa o insensata, quando non si voglia trovarne il significato proprio in quei rari avvenimenti e fatti, pensieri e opere che balzano luminosi sopra il caos di una vita simile. (Hermann Hesse, Il lupo della steppa)
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L Le immagini sono state scattate durante i momenti lavorativi degli operatori di Croce Rossa Italiana del comitato XV, Roma Nord, Cassia, una delle zone di Roma con più contagi e diffusione del Covid-19. La pandemia causata dal Covid-19 ha comportato restrizioni importanti, lockdown e decrescita economica istantanea subita quanto percepita all’interno, ognuno, delle proprie mura. Nei giorni in cui ci si ritrovava costretti al luogo della solitudine, del farci i conti e di fare di conto, le strade non hanno perso i loro abituali occupanti, gli homeless, i vaganti con fissa dimora in buchi, sterpaglie, baracche. Nella zona nord-est di Roma, durante le prime settimane di lockdown, si è registrato il picco più alto di contagi, anche andare a fare una coda presso un supermercato era diventato problematico. In una zona di nuovi bar chiusi, marciapiedi da sempre popolati non hanno più offerto economia alle persone senza fissa dimora, il virus ha ucciso le forme della vita, quelle quotidiane; un nuovo problema mai sconfitto: la fame. Croce Rossa Italiana ha creato la sua mappa, per portare aiuto in quei buchi dove si trovano queste persone, schivando e capendo eventuali contagi, illuminando le strade vuote di notte, stringendo mani senza l’utilizzo del tatto. In queste immagini non ho interesse nel mercificare i soggetti e il mio punto di vista, non c’è nulla di più detestabile della fotografia che rapisce, attratta dall’esotico, soprattutto in questo periodo di bulimia d’informazioni sulle conseguenze date dal Covid-19. Questa serie vuole essere un atto di restituzione che si accompagna per mano alla responsabilità prima della fotografia: la memoria. /paolo.cenciarelli
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BIO Paolo Cenciarelli è un artista visivo italiano. Nato nel 1984, dopo essersi laureato in Disegno Industriale presso l’Università di Roma La Sapienza, vira la sua strada verso la fotografia per indagare, con un linguaggio visivo empatico, movimenti e realtà underground. Il suo approccio alla fotografia è tradotto in assignment commerciali ed editoriali; espone costantemente la sua ricerca in mostre personali, collettive e festival. Professore in Design e Comunicazione Visiva dell’ateneo di Architettura de La Sapienza, ha pubblicato nel 2019 per la casa editrice Drago di Paulo Lucas Von Vacano Vangelo MMXVIII, un libro fotografico distribuito in tutto il mondo, lanciato durante la sua prima personale Furia, curata da Giacomo Guidi presso il Contemporary Cluster di Roma. Nei primi mesi del 2020 espone alla Triennale di Milano Tracce sul Marciapiede, progetto curato da Roberto D’agostino.
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Andrea Chiesi, Eschatos D4, 2019, dettaglio inchiostro e pennarelli su carta, cm 35x50 Photo Raffaele Cimino
STORIES L ECONOMIA DELLA CULTURA
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ITALIA: SUPERPOTENZA CULTURALE CON I PIEDI D’ARGILLA PIER LUIGI SACCO [ economista ]
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STORIES L ECONOMIA DELLA CULTURA
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I STORIES L ECONOMIA DELLA CULTURA
settori culturali e creativi sono stati tra quelli più duramente colpiti dalla crisi pandemica ancora in atto e la ragione sta anche nel fatto che, a differenza di altri settori produttivi, l’estrema
frammentazione che li caratterizza e in particolare il peso percentualmente elevato delle micro-imprese e dei profili professionali individuali rende difficile sia individuare e
raggiungere gli operatori che immaginare azioni di sostegno organiche ed efficaci nel breve termine. A questo si aggiunge uno storico ritardo nel far evolvere il sistema statistico di classificazione delle attività produttive (i famosi codici Ateco) in modo da cogliere in modo preciso e adeguato le specificità dei settori culturali e creativi, che oggi sono letteralmente sparpagliati in una miriade di caselle diverse, che spesso condividono con attività di natura molto differente, rendendo ancora più difficile una percezione unitaria e coerente di questi settori e delle loro complesse interdipendenze strutturali. Un ulteriore problema che aggrava la situazione dei settori culturali e creativi in questo momento di crisi è l’incapacità da parte di tanti, troppi attori chiave del sistema decisionale delle nostre politiche pubbliche di farsi un’idea sensata del ruolo e dell’importanza della produzione culturale nel funzionamento dei nostri sistemi sociali ed economici, con il risultato di coglierne e interpretare le criticità in modo troppo semplificato e riduttivo, come risulta anche da qualche infelice battuta recente di protagonisti di spicco della nostra vita politica, che si aggiunge purtroppo a una lista talmente lunga e nutrita da perdersi nei recessi della memoria.
RISORSE E MICRO-IMPRESE
La conseguenza di ciò è che alcune iniziative di sostegno pubblico sono state intraprese, ma hanno interessato alcuni settori e non altri, e soprattutto hanno particolarmente trascurato proprio la parte più debole del sistema, quella delle micro-imprese e dei profili professionali individuali, che si trovano così ad affrontare questa crisi pressoché senza rete, con il tristemente prevedibile esito di impoverire in modo importante il tessuto produttivo della cultura e della creatività nel nostro Paese. Non si dovrebbe poi commettere l’errore di pensare che queste micro-imprese e professionisti siano in realtà una frangia marginale del sistema: nel mon-
do della cultura, è tutt’altro che improbabile che essi possano giocare in molti casi un ruolo importante nei rispettivi settori per le loro
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competenze, per la loro storia, per le loro reti di collaborazione (che nei processi creativi hanno quasi
Va cambiato paradigma: non finanziare (poco) le organizzazioni culturali e farle spendere meno possibile (con esternalizzazioni al massimo ribasso), ma investire in modelli di governance e gestione in grado di massimizzare gli impatti verso la sostenibilità in termini di rigenerazione urbana e territoriale, coinvolgimento e coesione delle comunità, creazione di lavoro qualificato, sviluppo di filiere territoriali cooperative, promozione del made in Italy, stimolo di innovazione e creatività e, non ultimo, arricchimento di conoscenza e ricerca. GIOVANNA BARNI
I MUSEI STATALI: ANDAMENTO E SCENARI
54,8
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IMPATTO DEL COVID 19
MiBACT 2019
52,8%
25,9%
Monumenti e aree archeologiche
Musei TOP3
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milioni di visitatori nel 2019
21,3%
STIMA DELLA PERDITA DURANTE IL LOCKDOWN
-19 milioni
di visitatori
di euro
+8,1%
di visitatori sul 2019
+12,8%
di introiti lordi
MUSEI E AREE ARCHEOLOGICHE MILIONI DI VISITATORI
COLOSSEO Stima per i mesi di marzo, aprile, maggio. Variazioni sul 2019
7,6 4,4
GALLERIA DEGLI UFFIZI
3,9
POMPEI 1,7
GALLERIA DELL’ACCADEMIA CASTEL SANT’ANGELO MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI
1,2 0,7
(fonte ISTAT)
sempre un ruolo fondamentale). Pensare di salvare questi settori concentrandosi soltanto sulle realtà e sulle istituzioni di maggiore dimensione rappresenterebbe quindi un errore grave, che pagheremmo molto caro soprattutto alla luce dell’importanza che si continua ad attribuire, almeno a parole, alla cultura e alla creatività nel processo di ricostruzione economica e sociale della fase post-pandemica. L’esplosione di questa crisi diventa così un momento spartiacque, perché si trasforma inevitabilmente in un vero e proprio momento della verità circa la reale disponibilità del sistema-Paese a prendere o meno la cultura sul serio. D’altra parte, quello stesso sistema-Paese deve ora affrontare una sfida formidabile: quella di utilizzare l’ingentissima
quantità di risorse che sarà erogata nei mesi a venire dai vari meccanismi di sostegno messi a disposizione dall’Europa, primo tra tutti il
Recovery Fund, ma non dimentichiamoci delle risorse che sono già disponibili by default, come quelle della politica di coesione che proprio nel 2021 inizia il suo nuovo ciclo e che, come è noto, finiscono a volte per essere spese poco e male proprio dalle Regioni che potrebbero beneficiarne di più e che ne sono più dotate, in primis quelle del Mezzogiorno.
ORIZZONTI EUROPEI
La gestione dell’emergenza presenta due facce, che sono di fatto complementari e non facilmente distinguibili l’una dall’altra: la creazione di reti di sicurezza per evitare la disgregazione di fatto del tessuto produttivo della cultura e della creatività, e le strategie di rilancio e sviluppo strutturale per questi settori, che si inseriranno a loro volta nel quadro di quelle per l’intero sistema-Paese.
In primo luogo, abbiamo bisogno di una governance intelligente dei processi di innovazione a base culturale e creativa. Il futuro del-
la cultura non dipende soltanto dal consolidamento e dall’espansione della base di pubblico pagante per le mostre, gli spettacoli e lo streaming digitale, ma anche, e per certi versi soprattutto, dalla capacità di riconoscere e facilitare la crescente interrelazione tra la cultura e le più importanti sfide sociali del nostro tempo: dalla salute alla coesione sociale all’ambiente. È questo l’indirizzo chiaramente espresso dalla Nuova Agenda Europea della Cultura, il fondamentale documento alla base del nuovo ciclo di politica culturale europeo, pubblicato nel 2018, che fa già sentire i suoi effetti nei primi indirizzi del ciclo di programmazione 2021-27, ad esempio nella struttura e nei temi del programma quadro Horizon Europe. La cultura può contribuire a un nuovo sistema di welfare, come già suggerito dal rapporto pubblicato del dicembre dello scorso anno dal WHO e come documentato ormai da una miriade di esperienze e sperimentazioni in corso in tutto il mondo. La cultura è fondamentale nell’affrontare i grandi temi della coesione sociale, come quello della costruzione di una società inclusiva e multiculturale – e non a caso Horizon Europe dedica alle problematiche legate alla dimensione sociale delle migrazioni una parte importante del Cluster 2, significativamente denominato Cultura, creatività e inclusione sociale. La cultura potrà fare molto anche per le sfide legate al cambiamento ambientale, che richiedono in primis un cambiamento negli atteggiamenti e nelle modalità di uso delle risorse, ad esempio nello sviluppo e nell’adozione di veri modelli di economia circolare.
STORIES L ECONOMIA DELLA CULTURA
-78 milioni
Circuiti Musei
STIMA SENZA LOCKDOWN
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Tutte queste nuove prospettive, che nel linguaggio della Nuova Agenda Europea della Cultura vengono definite come crossover culturali, ovvero come sintesi generative tra elementi diversi, non diversamente da quanto accade nella determinazione del corredo genetico del nuovo individuo a partire da quello dei genitori, aprono evidentemente la strada a nuove forme di sostenibilità della cultura, a nuove figure professionali e a sviluppi che siamo in grado di anticipare oggi soltanto in parte. Ma per dare vita davvero a un sistema di welfare culturale o a una nuova socialità culturale inclusiva c’è bisogno di andare oltre la logica delle mille piccole sperimentazioni dal basso (che pure hanno e avranno un ruolo fondamentale), per iniziare a integrare questi temi in una vera agenda politica nazionale. È per questo che il primo tema che emerge nello scenario post-pandemico è quello di dare vita a un
centro di competenze che possa supportare questa trasformazione offrendo ai decisori politici e ai policy maker gli elementi di cui hanno bisogno per prendere decisioni efficaci e informate, analogamente a quanto fa oggi NESTA
nel Regno Unito. Come è noto, NESTA ha anche una filiale italiana, che però è molto più centrata sulla dimensione sociale che su quella culturale. Un centro di competenze di questo tipo sarebbe soprattutto indispensabile proprio nella fase di progettazione e di implementazione delle azioni che saranno finanziate dal Recovery Fund e dagli altri strumenti con finalità complementari, per evitare quel drammatico esito visto già tante volte, ad esempio nell’impiego dei fondi delle politiche di coesione, PON in primis: la trasformazione del bacino delle risorse in una torta da fare a fettine e da distribuire secondo logiche purtroppo ben note, con un impatto di medio-lungo termine prossimo allo zero. Se accadesse anche stavolta in una situazione come quella che ci troveremo ad affrontare, sarebbe davvero il de profundis non soltanto per la cultura ma per il Paese: non ci sarà una seconda possibilità.
UNA NETFLIX RAI PER LA CULTURA
Un secondo tema che si prospetta nello scenario post-pandemico è quello dell’innovazione a base digitale. La digitalizzazione della produzione e dell’accesso culturale è una tendenza ormai già in atto da anni, ma è indubitabile che la pandemia ne abbia accelerato vertiginosamente lo sviluppo. Quello che sta emergendo dalle sperimentazioni in corso, spesso messe in piedi in modo pronto e coraggioso dalle istituzioni più intraprendenti e soprattutto in grado di intraprendere, potendo contare su una base adeguata di risorse umane e finanziarie, è che la dimensione digitale non va considerata come antagonista a quella fisica, ma come fortemente complementare. Con l’avvento di standard di connessione e trasmissione dati sempre più potenti e ubiquitari,
Occorre stimolare processi riorganizzativi, d’investimento, fiscali e regolamentari che accompagnino (e non che strangolino sul nascere) la ritessitura dei processi produttivi culturali e creativi, ovunque e comunque ciò sia possibile nel breve-medio periodo. Il modello cooperativistico e alcune buone pratiche del Terzo Settore possono probabilmente ispirare nuovi regimi di funzionamento produttivo anche per altre categorie di imprese. PIETRO PETRAROIA è inevitabile che i modelli di esperienza di tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana saranno caratterizzati da una crescente integrazione e ibridazione fisico-digitale. La visita al museo, per fare un esempio ovvio e quasi banale, diventerà sempre di più un’esperienza di navigazione nella quale i percorsi della visita e la visione degli oggetti si accompagneranno a un costante riferimento a informazioni, suggestioni e stimoli sensoriali provenienti dalla sfera digitale, che in parte saranno parte del dispositivo museale stesso, ma in parte altrettanto se non più significativa proverranno da altre fonti e da altri dispositivi che il visitatore potrà liberamente richiamare e interrogare.
Ciò che è accaduto, e sta ancora accadendo durante questa fase della crisi, è che le persone stanno familiarizzando con questa dimensione digitale dell’accesso, da un lato aprendo
nuove possibilità di esplorazione e sviluppo per le istituzioni culturali che hanno oggi di fronte interlocutori con interessi, aspettative e sensibilità già un po’ diversi da quelli di qualche mese fa, e dall’altro avendo la possibilità di raggiungere nuovi interlocutori che per varie ragioni erano restii o poco interessati a un coinvolgimento nello spazio fisico, ma che dopo questa modalità alternativa di accesso potrebbero essere disposti ad attraversare finalmente quella soglia invisibile che nella loro percezione soggettiva rendeva lo spazio fisico della cultura respingente se non ostile. Questa è ovviamente una grande opportunità per un Paese come l’Italia, che potrebbe posizionarsi a livello internazionale come leader di innovazione di questa nuova sintesi tra dimensione fisica e digitale della produzione e dell’accesso culturale, ma che richiede la soluzione di due problemi importanti: l’effettiva disponibilità di una connettività digitale di
by FRANCO BROCCARDI
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Estendere le agevolazioni dell’Art Bonus all’acquisto di opere di artisti contemporanei
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Aliquota agevolata del 10% alle operazioni del primo mercato
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Uniformare l’IVA sulle importazioni a quella applicata nei Paesi concorrenti
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Voluntary disclosure per l’emersione fiscale
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Uniformare le norme applicate alle gallerie con quelle in vigore per le case d’asta
È nell’interesse pubblico, che può coincidere anche con l’interesse privato, creare un sistema museale nazionale in cui ogni museo, piccolo o grande che sia, presenti standard qualitativi comuni e fornisca ai visitatori servizi innovativi, coinvolgenti e stimolanti. Nuove competenze. Nuovi strumenti. Nuove esperienze. È forse l’ora di una legge Ronchey 2.0. STEFANO MONTI
ne che si esprime nel sostegno all’innovazione socio-tecnologica a base culturale anche nelle sue forme più radicali e sperimentali,
nell’inclusione e nell’alfabetizzazione digitale (non diversamente da quanto ha fatto, ancora una volta, la RAI degli Anni Cinquanta-Sessanta per l’alfabetizzazione tout court), nella valorizzazione e nella creazione di opportunità e visibilità per gli operatori più piccoli e interessanti e per i territori e le comunità più marginali.
OLTRE LA COMPETIZIONE INTERNA
Il terzo grande tema è quello dell’internazionalizzazione. In Italia si continua a pensare alla cultura e alla creatività come a una sorta di “condimento” per rendere più attraente e seducente il made in Italy manifatturiero. All’Italia manca quasi interamente una visione coerente di diplomazia culturale, e questo si riflette purtroppo nell’incisività ancora troppo debole della rete dei nostri istituti Italiani di Cultura, che funzionano, con poche eccezioni per quanto significative, più come centri di aggregazione per gli italiani espatriati che come veri poli di dialogo interculturale. Da questo punto di vista, il confronto con alcune delle reti globali di altri Paesi europei come il Goethe o il British Council è purtroppo impietoso, e per un Paese come il nostro che ambisce a un ruolo di “superpotenza culturale” questa è davvero una debolezza che non ci possiamo permettere, soprattutto se non vogliamo che la distanza dalla realtà induca gli osservatori esterni ad accogliere queste nostre dichiarazioni con una divertita condiscendenza. Non commettiamo l’errore di pensare a questa crisi solo come un’emergenza da risolvere. Questo
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Imponibile sulle cessioni di opere d’arte tra privati ma distinguendo la speculazione dal collezionismo
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6 PROPOSTE PER LE ARTI VISIVE
qualità su tutto il territorio nazionale, e in particolare nelle aree interne dove oggi è spesso praticamente inesistente, e la creazione di una piattaforma digitale di natura pubblica che permetta da un lato di razionalizzare lo sforzo di innovazione (un po’ come ha fatto la RAI dei tempi d’oro nella fase eroica dello sviluppo dei media radiotelevisivi italiani) e dall’altro di dare spazio alle realtà più piccole e dinamiche che da sole non avrebbero possibilità reale di essere davvero presenti e visibili nell’ecosistema digitale contando soltanto sulle proprie forze. Per quanto la suggestione di una “Netflix della cultura” abbia un suo appeal immediato, bisogna riflettere in particolare sul fatto che ciò che davvero occorre non è una piattaforma pubblica che faccia concorrenza a quelle private nella vendita di contenuti culturali in streaming a pagamento, quanto piuttosto di un pubblico che sappia coprire quella dimensione pubblica che il privato non ha alcun interesse a coprire: una dimensio-
è il momento di affrontare alla radice le contraddizioni che affliggono la cultura in Italia da decenni, e con tutta probabilità non avremo un’altra occasione come questa per qualche generazione a venire. Soprattutto, non
avremo una seconda possibilità. Non facciamoci trovare impreparati, e soprattutto disuniti. In momenti come questi, i settori culturali sanno essere i peggiori nemici di se stessi, facendo prevalere le logiche della competizione interna e quelle dell’auto-rappresentazione su quelle degli evidenti interessi comuni. Non è più il tempo. Noi che invitiamo sempre gli altri a uscire dalla propria comfort zone, per una volta diamo l’esempio: prendiamone atto e agiamo di conseguenza.
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FLAVIA PIOLA [ fotografa ]
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Gli Alienati al tempo del Coronavirus oma, 27 aprile 2020. Siamo nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (S.P.D.C.) dell’Ospedale San Filippo Neri. In un periodo in cui l’emergenza sanitaria da Covid-19 stravolge la nostra quotidianità, costringendoci a sperimentare l’isolamento forzato, la nostra condizione si avvicina alla “normalità” quotidiana vissuta dai pazienti dell’SPDC. Disorientati dalla loro malattia, gli “alienati”, come vennero chiamati da Théodore Géricault nei suoi ritratti di inizio Ottocento, faticano ad accettare le nuove misure di sicurezza; il distanziamento sociale, l’igiene e le mascherine sono provvedimenti inconciliabili con le loro patologie. In questo periodo, i ricoveri di persone in stato di agitazione, provenienti da ambienti non protetti, con comportamenti ad alta reattività emotiva, comportano rischi non soltanto per la salute degli infermieri, ma per l’intero reparto. Tamponi e costanti controlli sono la regolarità per scongiurare la comparsa di eventuali contagi. D’altra parte, il rischio di contrarre il virus non è l’unica problematica che i degenti del servizio psichiatrico devono affrontare: nei suoi studi, la psicologa Julianne Holt-Lunstad, della Brigham Young University, associa a un drastico peggioramento della salute, fisica e mentale, la concomitanza di uno stato di solitudine (sensazione soggettiva di essere disconnessi dalla società, di non avere affetti vicini) e di un isolamento sociale (condizione oggettiva di distanziamento). I pazienti dell’SPDC vivono effettivamente la loro quotidianità nell’emarginazione e dunque la quarantena ha avuto maggiori ripercussioni sulle loro vulnerabilità. Trovando conforto solo nel rapporto con i familiari, con gli altri degenti o navigando sui social network, gli operatori sanitari in questa fase hanno così svolto un ruolo decisivo nella sopravvivenza dei soggetti affetti da disturbi psichici. Tuttavia, non sono presenti solo le limitazioni sopra elencate ad aggravare la qualità di vita di queste persone, ma anche gli effetti collaterali degli psicofarmaci influenzano drasticamente la loro capacità di adattamento. Pertanto, il progetto fotografico Gli Alienati al tempo del Coronavirus nasce dal desiderio di dar voce a loro. Lasciati nel silenzio, ulteriormente isolati, argomento “borderline” addirittura oggi, gli alienati trascorrono le giornate non solo combattendo contro un nemico invisibile, ma anche contro l’indifferenza di chi dovrebbe tutelarli.
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/flavia.piola
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BIO #55 MAGGIO L AGOSTO 2020
Flavia Piola è nata a Roma nel 1993. Ha iniziato il suo percorso di studi presso la Facoltà di Farmacia all’Università La Sapienza, interrotto però nel 2016 per dedicarsi a due sue grandi passioni, i viaggi e la fotografia. Ammessa all’Istituto Superiore di Fotografia di San Lorenzo, segue una triennale che la porterà a diplomarsi nel giugno 2019. Durante questi anni ha collaborato con un artista di fama internazionale, organizzando mostre in diverse gallerie e musei d’Italia, come il Maxxi e il Macro di Roma. Avvicinandosi e appassionandosi al mondo del fotogiornalismo, ha svolto uno stage presso AGF, pubblicando foto sia sul giornale cartaceo che su quello online del quotidiano La Repubblica. Molto attiva nel volontariato, dal 2020 ha iniziato a realizzare progetti personali incentrati su problematiche sociali.
Edoardo (in primo piano): "Il periodo Covid altro non è che la Corona tolta a nostro Signore per far vedere ai fedeli cosa sta accadendo in quanto selezione naturale causata dall’opera umana"
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MAGGIO L AGOSTO 2020
#55
Claudia: "È un periodo di condivisione con gli altri, ci aiuterà a capire le persone e insegnerà l’importanza degli abbracci" Gli psicofarmaci
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#55 MAGGIO L AGOSTO 2020 Misure di sicurezza Arrivo di un nuovo paziente
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MAGGIO L AGOSTO 2020
#55
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Unico spazio all’aperto
La loro quotidianità
#55 MAGGIO L AGOSTO 2020 Dimenticati
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Simone: "Ăˆ la salvezza del nostro pianeta e ci ha insegnato l’importanza del contatto umano del quale siamo ora privati"
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Andrea Chiesi, Eschatos D04, 2019, dettaglio inchiostro e pennarelli su carta, cm 50x70 Photo Raffaele Cimino
STORIES L ARCHITETTURA & DESIGN
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SCENARIO vs PROCESSO NELLA CITTÀ RESILIENTE ALESSANDRO MELIS [ architetto ]
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STORIES L ARCHITETTURA & DESIGN
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#55
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a pandemia ha stimolato un dibattito sulla necessità di revisioni di paradigmi (o paradogmi?) che, per quanto riguarda design e architettura, hanno resistito per decenni e, in qualche caso, per secoli.
STORIES L ARCHITETTURA & DESIGN
SCENARIO
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La prima lettura della pandemia è quella della crisi che si ripete ciclicamente (come la Peste, la Spagnola e la Cinese, solo per limitarci alle pandemie). Questa crisi ci spinge verso aggiustamenti del nostro modello di civilizzazione basato su un sistema binario di insediamento urbano e diffuso nella campagna, senza comprometterne il successo. Questo modello è interpretato come la rappresentazione più evidente del progresso della civiltà umana, all’apice di una presunta scala evolutiva. La seconda lettura è quella del sintomo di una crisi che per molti versi è unica nella storia dell’umanità nei passati 10mila anni. In questo caso la pandemia è il risultato di una “tempesta perfetta” in corso dal 2013, dopo che sono state superate le 400 parti per milione di CO2 nell’atmosfera. La spinta all’urba-
nizzazione, a causa della crescita della popolazione mondiale, ha raggiunto un equilibrio critico con il cambiamento climatico, nell’esercitare una pressione irreversibile nei confronti degli ecosistemi. Il salto di specie dei virus,
così come l’aumento esponenziale nella frequenza e nella magnitudine degli uragani, non sono altro che le conseguenze della tempesta. Se consideriamo un arco temporale di 200mila anni – 20 volte più esteso della storia dell’umanità e circa 40 volte più esteso della storia delle città – potremmo rilevare crisi ambientali paragonabili a quella presente. Coerentemente, troveremo risposte più utili ad affrontare il tema delle crisi globali in quelle discipline che hanno già sviluppato ricerche su periodi così lunghi, come l’archeologia, la paleoantropologia e la biologia, piuttosto che nella storia dell’architettura. Questo approccio implica anche la messa in discussione di paradigmi millenari come il modello binario dell’insediamento umano città-campagna o l’attribuzione all’uomo dei ruoli creativi nella società. Diversamente dall’autonomia dell’architettura, la ricerca transdisciplinare mette a nudo, quindi, l’insensatezza di costruire visioni su tendenze che si manifestano in tempi brevissimi e che portano a confondere un sintomo, in questo caso la pandemia, con la causa, cioè la crisi ambientale su scala globale. Se le categorie immutabili dell’architettura, fondate sulle dicotomie deterministiche come artificio-natura, su cui si basa la nostra idea di progettazione, entrano in crisi, evidentemente è la stessa progettazione a diventare obsoleta. Fino ad oggi ha prevalso la prima lettura. Noi architetti ci siamo mossi con la velocità della parte
Una direzione biotecnologica promettente è l’hyper-localization della produzione di cibo, ad esempio attraverso piccole fattorie di insetti. In generale, però, penso che sia l’approccio a essere importante, al di là delle singole soluzioni object-based. WILLIAM MYERS
Popolazione (miliardi) 0.0
1950
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2.0
3.0
4.0
5.0
6.0
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POPOLAZIONE URBANA E RURALE DEL MONDO 1950-2050 URBANA
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RURALE
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2030
2040
2050
fonte: United Nations, Department of Economic and Social Affairs, Population Division (2018a) World Urbanization Prospect 2018
Alcuni di noi si sono affrettati a ipotizzare scenari futuri che si basano sulla necessità, per esempio, del distanziamento sociale. Sono certamente progetti necessari nell’immediato, tuttavia nel dibattito manca la componente strategica della discussione. Ispirate
Abbiamo imparato tutti, con una formidabile brutalità, che se siamo bravi a organizzare la nostra vita quotidiana e a gestire un rapporto di tipo fiduciario, possiamo lavorare anche non andando tutti i giorni in ufficio. Questa è la legacy che ci lascia questa avventura, non certo il fatto che in un borgo ci si ammali meno che in città. PATRICIA VIEL NARRAZIONE
Se fossimo convinti dello scenario più estremo e radicale, rappresentato dalla tempesta perfetta, ci si potrebbe chiedere perché allora prevalga la lettura della pandemia come crisi ciclica. Il più influente storico della scienza, Stephen Jay Gould, in Full House (1996) spiega che l’uomo è “biologicamente” un essere narrante. La vicenda del Covid-19 è stata narrata come la storia di un virus che ha scatenato una pandemia improvvisa, che ha colpito tutti, indistintamente. Invece potrebbe essere la cronaca di un salto di specie di un virus, sollecitato dalla pressione ambientale, che ha raggiunto il cuore dell’Occidente, in modo forse meno drammatico rispetto a quanto è successo negli slum di Kenema, in Sierra Leone, a causa dell’Ebola. La narrazione è importante perché, nel secondo caso, un progettista della Guinea (o di una ONG) potrebbe ipotizzare uno scenario diverso per il futuro delle nostre città, ma altrettanto utile perché costruito, forse, su esperienze in città tormentate da epidemie e malattie endemiche. Si può osservare, infatti, che l’attenzione verso le soluzioni estemporanee e
caratteristiche diverse da quelle del Covid-19. E il prossimo fenomeno di feedback potrebbe anche non essere un virus, ma un batterio, un uragano o una inondazione. Cosa ce ne faremo di una città progettata per difenderci dal Covid-19? Come vivremo in case più grandi quando desertificazioni e isole di calore ci costringeranno a convergere verso un tessuto urbano più compatto? La resilienza futura dipende quindi dalla transdisciplinarietà dell’approccio progettuale e dalla diversificazione e dalla diversità della narrazione che saremo capaci di costruire adesso.
DIVERSITÀ E DIVERSIFICAZIONE
Diversità e diversificazione, in termini transdisciplinari, non sono sovrapponibili e sono entrambe componenti necessarie per garantire la resilienza di un sistema. La diversificazione dei punti di vista, nella storia dell’architettura, non è sempre stata interpretata come un aumento di complessità e di arricchimento della città. Non sarebbe stata comunque una condizione sufficiente per metterci al riparo dalla spinta, da parte di molti autori, a individuare inesistenti tendenze di progresso lineare nell’evoluzione della città. Ogni manuale di storia dell’architettura interpreta la città come un’evoluzione progressiva delle precedenti, in forma “ricapitolativa”. La prima falla è la reificazione, cioè “la nostra tendenza a convertire concetti astratti in entità” (Gould). Così lo storico trasforma le proprie astrazioni in fatti empirici e interpreta l’ontogenesi della città contemporanea come una “ricapitolazione” della filogenesi di quelle precedenti. Sebbene si incontrino punti di vista apparentemente molto differenziati, da Leonardo Benevolo a Manfredo Tafuri, nessuna di queste differenziazioni mette in discussione il paradigma generale della città: la storia dell’architettura che conosciamo è il risultato di una rielaborazione, che ha implicato discussioni tra prospettive diverse all’interno di una limitatissima porzione della
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ai tre mesi di lockdown, abbiamo proposto modifiche permanenti al nostro tessuto urbano di cui potremmo pagare il prezzo nei prossimi anni, a causa della rigidità e della limitatezza dell’approccio. Un’analoga polarizzazione si può osservare nella comunicazione della cultura tra coloro che aspettano che tutto ritorni come prima, compreso il ripristino dei mall della cultura con folle glamour festanti alle inaugurazioni, e coloro che hanno sviluppato una vera e propria ossessione per il “tutto online, subito”, come se il Covid-19 ci avesse improvvisamente svelato l’esistenza di un mondo post-umano. Rischiamo così di trascurare, ancora una volta, la chiave di interpretazione sulla complessità che la lettura transdisciplinare dei fenomeni ambientali ci ha consegnato da tempo. Oltretutto la complessità è anche sincronica: tutto ciò che accade oggi nel mondo occidentale è già successo altrove, in tempi recenti.
l’ossessione per le conseguenze di un sintomo, piuttosto che verso le cause strutturali della crisi, è proporzionale alla poca diversità di punti di vista e alla limitata diversità dei soggetti che raccontano la storia della pandemia. In parole più semplici, l’idea che la crisi da Covid-19 si risolva con soluzioni “alla bisogna” come case più grandi, partizioni in plexiglas o, più seriamente, con migliori infrastrutture ospedaliere, rischia di essere, ancora una volta, la narrazione di chi abita il nord del mondo. Ogni evento ha il suo coefficiente di importanza, che dipende dal potere economico e comunicativo di chi lo descrive. Qui non si tratta di ripetere l’adagio secondo cui la storia è scritta dai vincitori o dai più forti. E neanche di fare la morale contro il colonialismo culturale dell’Occidente. Si tratta invece di sottolineare che. in tempi di crisi globali, una narrazione limitata mette a rischio anche i vincitori. Nel mondo di oggi, anche il nord subirà le conseguenze del saccheggio sistematico delle risorse del sud globale, con un ritardo pari alla velocità dei fenomeni di desertificazione (10 metri al giorno) e di innalzamento dei mari. E ciò si deve alle emissioni di gas-serra, in gran parte prodotte dalle costruzioni (oltre il 30%) e dalla scarsa resilienza delle città progettate (componente del restante 70% riguardante trasporti e industria). La desertificazione trascina con sé l’espansione del West Nile Virus, mentre la tropicalizzazione aumenta la diffusione della febbre Dengue. Il prossimo virus potrebbe avere
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più inerziale della società, ritenendo che il pericolo immediato del Covid-19 fosse la nostra principale preoccupazione, anche per il futuro, senza cogliere l’entità delle trasformazioni, lente per l’umanità ma rapidissime e inesorabili se lette alla luce della paleoantropologia.
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società umana. Ognuna di queste interpretazioni era orientata verso l’astrazione di uno scenario di progresso a cui tendere o da contrastare, sia che si trattasse della incrollabile fiducia per il Moderno, sia che si basasse sulla critica marxista al postfordismo. A questa lettura haeckeliana della città, che pure include le accelerazioni, le crisi e la condensazione in essa delle tracce di città precedenti, corrisponde un paradogma che rende intoccabili alcune manifestazioni dell’architettura degli ultimi duecento anni. Non sorprende quindi che uno dei pochissimi testi iconoclasti dell’urbanistica del dopoguerra sia stato scritto da una donna non architetto. Mi riferisco alla Jane Jacobs di Life and Death of the American Cities, scritto nel 1962, quando ancora il Moderno era oggetto di culto per molti storici e quando si affacciava alla ribalta la sua apparente alternativa, il Post-Moderno, una delle manifestazioni più evidenti della tendenza alla ricapitolazione dell’architetto. E ancora, dieci anni più tardi, la sottovalutazione di alcune forme di radicalism, come le Oasi di HausRucker-Co, dichiarata risposta ai timori sollecitati dal report del Club of Rome, ci offrono un esempio dell’incapacità della critica di leggere in anticipo i segni sottotraccia dei cambiamenti e delle crisi, quando questi si perdono nella miriade di rami evolutivi, anziché allinearsi lungo un’immaginaria scala evolutiva di progresso. Basta osservare Shibam, nello Yemen, o leggere l’ultimo articolo di paleoantropologia del National Geographic, in cui si attribuisce soprattutto alle donne la nascita della creatività, per accorgersi che qualcosa non torna nella nostra idea di storia dell’architettura.
È quindi lecito chiedersi se una storia dell’architettura scritta con il contributo di quelle che consideriamo “minoranze”, ai confini dell’impero, o delle donne, possano mettere in discussione la scacchiera di Huxley,
un’allegoria usata dagli evoluzionisti contemporanei per dimostrare che anche i più agguerriti sostenitori dell’evoluzionismo darwiniano come Thomas Huxley non accettavano la sua verità più eversiva: l’uomo non è al vertice di alcuna scala evolutiva, ma appartiene a un sottoinsieme degli ecosistemi, come ogni altra creatura. Per questo, diversità e diversificazione sono concetti complementari e non sinonimi. I punti di vista diversi forniscono un contributo equivalente e non un’alternativa al pensiero ricorrente o dominante (garantendo così un maggiore potenziale di resilienza).
CONCLUSIONE
Le condizioni di crisi hanno consentito di superare le disquisizioni lessicali sulle quali, in genere, gli architetti amano accapigliarsi, soprattutto quando sono a digiuno di ricerca. Il tema della resilienza, intesa come adattamento positivo alla crisi, non è una moda estemporanea, per chi ha studiato con rigore metodologico la sua rilevanza storica e il suo impatto sulla ricerca. Mentre la sostenibilità mirava a mitigare gli effetti del cambiamento climatico attraverso la riduzione degli impatti, la resilienza è la ricerca sulla modalità di crisi, oltre il punto di non ritorno della stessa. Da una parte, quindi, essa conferma gli obiettivi della sostenibilità, dall’altra impone una sua espansione verso le strategie di adattamento a scenari futuri in continuo cambiamento e in buona parte imprevedibili a causa della complessità dei fenomeni di feedback. Il radi-
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calismo è quindi necessario: non ha più alcun
I 10 AGGLOMERATI URBANI CON PIÙ ABITANTI
GIAPPONE
TOKYO
37.468
INDIA
DEHLI
28.514
CINA
SHANGAI
25.582
BRASILE
SAN PAOLO
23.824
MESSICO
CITTÀ DEL MESSICO
21.111
EGITTO
IL CAIRO
20.076
INDIA
BOMBAY
19.980
CINA
PECHINO
19.618
BANGLADESH
DHAKA
19.578
GIAPPONE
OSAKA
19.281 popolazione: migliaia
fonte: United Nations, Department of Economic and Social Affairs, Population Division
senso progettare in base a uno scenario, perché qualsiasi scenario ipotizzato fino a oggi, e nel corso degli ultimi due secoli, è stato disatteso, al punto tale da trasformare la soluzione in problema. La tanto ammirata Parigi haussman-
niana è oggi una macchina perfetta capace di generare un maestoso effetto “isola di calore”, come le morti causate dall’ondata di calore del 2003 ci hanno ricordato. La città moderna fondata sulla specializzazione e la produzione di massa è il motore del cambiamento climatico. La pianificazione in cui abbiamo creduto immaginava il futuro come una visione statica o, al limite, orientata secondo un diagramma lineare di crescita. La resilienza della città, quindi, sul lungo termine dipende più dall’immediato cambiamento culturale dell’intera società che dalla sua pianificazione futura fatta oggi, ad esempio sotto l’influenza della crisi pandemica. Il fallimento della progettazione deterministica impone, infatti, di spostare la nostra attenzione dalla visualizzazione di uno scenario fissato in un certo momento del nostro futuro a processi progettuali che consentano di riprodurre sistemi urbani capaci di riconfigurarsi e adattarsi a scenari anche imprevedibili. L’idea che si possa progettare il processo, e non lo scenario, non è nuova. Tuttavia il design di processo e sistemico è stato spesso confuso con il richiamo a una teorica trasformazione endogena
La creazione di sistemi armonici condivisi e collettivi può generare sviluppi e sistemi solidali inaspettati. Lo stesso metodo può e deve essere attivato nella produzione di innovazione industriale, attraverso la ricerca di funzioni, attività e oggetti impensabili senza un pensare laterale, un pensare antidisciplinare, creativo e realmente innovativo. RAFFAELE GIANNITELLI
del workflow, e non come una trasposizione in chiave evolutiva del progetto. Spostarci nei borghi interni dovrebbe contribuire a mitigare la desertificazione o la tropicalizzazione del clima, non certo offrire più opportunità di distanziamento sociale rispetto alla promiscuità urbana. La ricaduta nel campo della progettazione è tanto disarmante quanto ovvia. Il successo dei processi progettuali, che mirano alla resilienza della città, sarà proporzionale alla diversità di coloro che partecipano alla loro realizzazione. Questa diversità aumenta il respiro della narrazione che, a sua volta, accresce la proliferazione di opportunità che possono essere cooptate funzionalmente, proprio come fanno gli organismi nel corso dell’evoluzione, quando sottoposti a crisi ambientali. La città che cono-
sciamo, la sua organizzazione e, in una certa misura, la sua mancanza di resilienza sono i prodotti di una società centrata sull’uomo. Il
CRISTIAN CONFALONIERI
POPOLAZIONE URBANA E RURALE IN PROPORZIONE ALLA POPOLAZIONE TOTALE (1950-2050) RURALE
AFRICA
ASIA
AMERICA LATINA E CARAIBI
EUROPA
NORD AMERICA
OCEANIA
100 90 80
80,7%
82,2%
74,5%
70
68,2%
60 50 40
42,5%
49,9%
30 20 10 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050
1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050
1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050
1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050
1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050
0 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030 2040 2050
Proporzione della popolazione totale (in percentuale)
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processo di reificazione che ne consegue è, secondo Stephen Jay Gould, “un retaggio vecchio quanto Platone”. Per rispondere alla crisi attuale, quindi, prima di pensare al progetto occorre investire nei processi e sulla diversità di chi li attua. In questo senso, la maggiore inclusività – ad esempio considerando la prospettiva femminile, col suo potenziale innovativo, dirompente e originale, non solo come alternativa di genere a quella maschile – è più importante del progetto o dello scenario estemporaneo. Dobbiamo ovviamente considerare il rischio che anche il modello a due sessi sia a sua volta un’astrazione di “un singolo aspetto ideale o una media per farne l’essenza di un intero sistema, e a svalutare o ignorare le variazioni tra gli individui che costituiscono l’intera popolazione” (Gould). Poiché le categorie cambiano nel tempo e rispondono alla cultura, per una effettiva resilienza delle città rispetto ai fenomeni imprevedibili dovremmo cominciare a considerare la città organizzata secondo una prospettiva multisessuale e multietnica. E perfino metasessuale e metaetnica. Il passo successivo è la messa in discussione dell’antropocentrismo in chiave ecologica.
URBANA
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Anche da un punto di vista imprenditoriale, si è capito "davvero" che non è sempre necessario spedire persone dall’altra parte del mondo. Non è importante avere 400mila persone a Milano durante il Salone del Mobile: ne avremo la metà ma con una percentuale più alta di addetti ai lavori e persone realmente interessate alla materia. Si tornerà a parlare di contenuti e si sperimenteranno nuovi formati fisici e digitali.
fonte: United Nations, Department of Economic and Social Affairs, Population Division (2018a) World Urbanization Prospect 2018
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CARLOTTA STRACCHI VILLA [ fotoreporter e videomaker ]
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Quarantine Portraits osso farvi un ritratto a distanza?”. È con questa domanda che ho dato il via al progetto Quarantine Portraits – Fotografie contro la paura, in collaborazione con Claudia Boca che ha curato le PR e le Media Relations, ritraendo decine di famiglie italiane nel nostro Paese e in giro per il mondo, dallo schermo di un computer e in collegamento webcam. Una risposta all’unisono (e con un filo di ironia) è quella che ho ricevuto: “Quando vuoi, tanto siamo a casa”. A partire dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo #IoRestoaCasa – con le prime misure restrittive per il contenimento dell’epidemia da Covid-19 in Lombardia e altre 14 province, e con l’estendersi, dopo qualche giorno, delle stesse disposizioni all’intero territorio nazionale – è cresciuta la necessità di raccontare la nuova condizione degli italiani. Quarantine Portraits perché lo scopo è proprio quello di realizzare dei “ritratti di famiglia”, nella loro accezione più classica e solenne, immortalando i componenti del nucleo familiare d’origine o di quello che si è andato a creare negli anni con coinquilini o con amici a quattro zampe o che, ancora, si è scelto di creare o non creare per il periodo di quarantena. Dove? Rigorosamente tra le mura di casa. Chi seduto sul divano, chi su un letto, chi appoggiato a una scrivania… in una posizione (quasi sempre) frontale e con lo sguardo (quasi sempre) dentro l’obiettivo, e io pronta a scattare dall’altra parte del monitor. Il mezzo scelto non poteva che essere lo schermo di un computer, tablet o smartphone, una cornice emblematica dei “ritratti di quarantena” e unica “finestra sul mondo” che ha reso possibile un contatto con l’esterno e soprattutto con l’interno di altre case, per farci sentire meno soli. Ad accompagnare ogni singolo scatto, la relativa didascalia: luogo, nomi dei soggetti ritratti e qualche frase inerente alla situazione pronunciata dagli stessi protagonisti delle foto, durante i convenevoli e il clic. Un format tanto semplice quanto carico di un significato importante: realizzare fotografie contro la paura. L’obiettivo è creare un archivio di immagini e racconti delle famiglie italiane durante la quarantena: un grande e unico ritratto del nostro Paese, un album che rimarrà testimonianza storica di un vissuto.
PHOTO ROOM
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/quarantine_portraits_
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BIO Carlotta Stracchi Villa è nata e cresciuta nell’hinterland milanese. Estroversa e loquace, approda agli studi in Scienze Sociali, attratta dall’essere umano e dalle sue relazioni. Tra le abilità scoperte durante gli anni passati in attività commerciali a contatto con il pubblico, il saper mettere a proprio agio le persone. Altra grande passione che non tarda a palesarsi è la fotografia: a partire dal diploma ottenuto a seguito del corso di fotografia biennale C.F.P. Bauer Milano, conseguito nell’anno 2015/2016 e concluso con la realizzazione del progetto fotografico Centonovantasei Stagioni, dedicato ai luoghi di memoria della madre stessa e pubblicato su Lezioni di Fotografia; allo stage nell’agenzia fotografica Luz, che ad oggi la rappresenta, da ormai un anno, come fotografa professionista. Negli anni si è occupata principalmente di fotografia sociale, reportage, foto di backstage ed eventi tra cui il MI AMI Festival nel 2017. Oggi lavora e collabora nelle vesti di content creator con diversi studi, agenzie e produzioni presenti sul territorio della città di Milano.
#55 MAGGIO L AGOSTO 2020 Dublino, Ambra 25.03.2020 "Qui le persone si dividono tra chi ci crede e chi non ci crede, quasi fosse una fede. Adesso hanno chiuso tutto, ma non ci sono molti controlli e alcuni pub restano aperti. Lo Stato ha stabilito che darĂ 350 euro settimanali a chi perderĂ il lavoro a causa del Covid-19, peccato che qui tanti siano assunti in nero".
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Nizza, Elisa 07.05.2020 "Da artista ti posso dire che avere del tempo libero per poter sperimentare mi ha fatto apprezzare questo periodo. Dal punto di vista lavorativo, invece, avrei dovuto fare diversi workshop nel Nord Italia e un grosso spettacolo a Monaco, ma ovviamente sono state cancellate tutte le date. Da acrobata ho sempre dovuto reinventarmi e avendo ora la fortuna di trovarmi in una dimensione ottimale, con anche lo spazio esterno del giardino per la mia attrezzatura, ho potuto godere di una calma mai vissuta prima".
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Londra, Rebecca e Asia 07.04.2020 "Gli inglesi continuano a uscire, quando andiamo a fare la spesa vediamo per strada sempre tanta gente. Abbiamo il volo di ritorno il 6 maggio. Appena hanno dichiarato il lockdown ci hanno licenziate e qui paghiamo 450 pound a testa per un letto in una tripla. In casa siamo in sei coinquilini e siamo diventati una famiglia!".
Roma, Carlotta e Riccardo 16.04.2020 "Roma non è mai stata così silenziosa. Viviamo nel quartiere San Giovanni e per cercare di fare un po’ di movimento non prendiamo più l’ascensore. L’atmosfera è particolare: i romani di solito sono rumorosi, si sono sempre sentiti schiamazzi e battute squillanti, mentre ora non si sente nulla. Io lavoro come educatrice museale e guida turistica, la crisi noi l’abbiamo sentita subito; Riccardo lavora in Rai Sport e ha un contratto fino a giugno da riconfermare poi in vista degli Europei, che probabilmente verranno annullati".
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Lauria-Basilicata, Debora e Salvatore 23.03.2020 "Salvatore lavora tra Vercelli e Torino così, quando è tornato, ci hanno messo in quarantena. La vicina ci porta la spesa e ogni tanto cucina per noi. Qui hanno tutti paura, per strada fanno molti controlli per prevenire grossi contagi: non abbiamo gli ospedali che avete su".
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Milano, Giorgia e Daniela 17.04.2020 "Io sono tatuatrice e illustratrice mentre Ella è una performer, ci siamo conosciute dieci giorni prima del lockdown, avevo già visto i suoi spettacoli e così ho preso coraggio e le ho chiesto di uscire. Dopo il primo appuntamento ci siamo chiuse in casa una settimana, siamo andate al lago e al ritorno ci siamo trovate in quarantena. Non so quanto tempo avremmo trovato da dedicarci in una situazione normale, per conoscerci così bene, come stiamo facendo ora. Stiamo apprezzando il tempo per noi!".
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Milano, Enrico, Ida, Alice, Sara, Brio e Pepe 29.03.2020 "Ci manca la scuola! Mai avremmo pensato di dirlo. La didattica a distanza funziona, ci aiuta anche a vedere più umanità nei nostri docenti. Ci manca il contatto umano con i compagni, ci mancano anche quei momenti che prima odi, ma poi non puoi farne a meno. La stessa unione la stiamo vivendo ora, perché questo momento lo supereremo proprio così: distanti, ma insieme".
Boston, Gabriele e Cleopatra 19.04.2020 "È sparita la vita sociale, per fortuna ho Netflix e due gatti a farmi compagnia. Io sono un Immigration Lawyer, sono in smart working e si va in ufficio solo per consegnare dei documenti che prima si consegnavano a mano alle Corti e ora per posta. Qui la situazione è grave, ad oggi abbiamo – mi pare – 14mila vittime. Arrivano poche notizie sull’Italia e non sono incoraggianti, si parla della ‘gestione disastrosa’ da parte del Governo... mi chiedo come venga raccontata la situazione americana all’estero e se mai sapremo come siano andate realmente le cose".
#55 MAGGIO L AGOSTO 2020 Parigi, Khalil 04.05.2020 "Da cuoco, la mia vita di solito è molto ‘ritmata’ e l’essere chiusi in casa da un lato è positivo perché non mi capita spesso di riposare, dall’altro mi manca l’adrenalina del mio lavoro. Per la ristorazione ci vorrà tempo, forse si dovrà aspettare fino ad agosto per tornare a pieno regime con il servizio al tavolo e il cameriere che ti coccola. Mio padre si trova a Palermo e fa il venditore di profumi, penso avrà difficoltà nel trovare persone che vogliono darti la mano per sentire l’essenza sulla propria pelle".
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Baggio, Sara, Stefano, Nausicaä e Diana 29.04.2020 "Nau è la più impegnata, tra lezioni di scuola e di ginnastica ritmica su Zoom... certo è che la casa non è una palestra, tra clave e palla ha rotto un po’ di cose, ma il lampadario resiste! Diana è più piccola, le lezioni alle elementari sono in numero ridotto, le mancano gli amici. Sara lavora come educatrice e il suo lavoro è stato stravolto. Per me non è cambiato molto, sono un autista della metro rossa di Milano, non ho mai smesso di lavorare. In condominio abbiamo un campo da tennis abbandonato da qualche decennio e così, con i vicini, abbiamo pensato, di iniziare a giocarci!".
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Andrea Chiesi, Eschatos D01, 2019, dettaglio inchiostro e pennarelli su carta, cm 35x50 Photo Raffaele Cimino
STORIES L TECNOLOGIA & DIDATTICA
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ARTE, REALTÀ VIRTUALE E DIDATTICA A DISTANZA MARIO GEROSA [ giornalista ] GIANPIERO MOIOLI [ architetto ]
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Mai come in questo periodo si sono viste tante gallerie d’arte virtuali. Una premessa è però d’obbligo: qui parliamo di fruizione di musei e gallerie che esistono anche (ma non solo) nella realtà attraverso il computer, non di visite nei musei in cemento e mattoni dove si possono sperimentare esperienze multimediali. Man mano che le mostre e le fiere venivano annullate e i musei chiudevano i battenti, i più previdenti hanno pensato a soluzioni alternative, scegliendo tra le varie declinazioni del virtuale. Ad esempio Art Basel e Frieze, nei giorni delle fiere che non potevano essere allestite fisicamente, hanno creato delle viewing room, ambienti virtuali accessibili dal web, ricchi di immagini e video con le opere delle gallerie mostrate nei dettagli. In questo caso si tratta di condivisione di contenuti multimediali. Su questa linea di pensiero è la proposta lanciata dalla galleria Library Street Collective di Detroit, cui si deve la piattaforma digitale Site, che comprende una serie di grandi immagini fotografiche degli ambienti della sede espositiva (in questo caso l’Historic Savings Bank) ripresi con uno zoom che si avvicina e si allontana dalle opere, per dare un maggiore senso di profondità di campo.
10 BEST PRACTICE VIRTUAL-MUSEALI TOUR GUIDATI Le passeggiate del direttore Museo Egizio
PANORAMI DIGITALI
Un altro importante versante riguarda le visite panoramiche, come quelle dei grandi musei proposte da Google e realizzate con i tour a 360° di Street View. I vari ambienti sono resi con assoluta fedeltà, poiché sono realizzati con speciali apparecchi che riprendono a 360°, creando foto sferiche. Il visitatore può aggirarsi nelle sale in cui non c’è nessuno, soffermandosi di fronte alle opere – zoomabili e in alta risoluzione – a qualsiasi ora del giorno e della notte. I musei proposti sono tantissimi e per muoversi basta usare il mouse. Un esempio importante è la mostra Wonder 360 tenutasi nel 2016 allo Smithsonian di Washington: protagoniste erano nove installazioni site specific, da ammirare anche grazie a una app studiata per ottenere vedute panoramiche di ogni galleria. Come i musei, anche alcune gallerie d’arte hanno scelto per la propria replica virtuale un modello
realizzato con le fotocamere a 360° che consente di effettuare una visita in un ambiente assolutamente realistico. Tra gli strumenti adat-
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TATIANA ARZAMASOVA (AES+F)
ti a questo scopo, Matterport, una piattaforma online in grado di creare un gemello digitale dell’ambiente prescelto. Si realizzano riprese panoramiche e poi si caricano sulla piattaforma, dove vengono elaborate dall’intelligenza artificiale. Negli interni si possono inserire contenuti multimediali, come video, foto o commenti audio, per rendere l’esperienza più appagante. Tra l’altro, con Matterport sono state realizzate le visite virtuali delle tombe dei faraoni nell’ambito del Giza Project dell’Università di Harvard. Interessante anche la piattaforma Fader, che con poche mosse e un budget non elevato permette di realizzare ambienti con uno “storytelling interattivo a 360°”.
RADIO Radio GAMeC GAMeC
MUSICA #Playlists HangarBicocca STREAMING Decameron Triennale GALLERIE Virtual Space Massimo De Carlo
MOSTRE ONLINE Raffaello 1520-1482 Scuderie del Quirinale VIDEO Etruschannel Museo Nazionale Etrusco DIDATTICA MicroLab MAXXI STUDIO VISIT #iorestoastudio Fondazione Pastificio Cerere
SOCIAL NETWORK @uffizigalleries Gallerie degli Uffizi ROMA
VIEWING ROOM
Anche se sono molto avanzate sotto il profilo tecnico – per esempio in alcuni casi si può zoomare su un centimetro quadro di un dipinto – le gallerie virtuali fanno l’effetto di un programma di cucina in televisione, ma non di una vera cena al ristorante. Vanno bene solo per fini didattici. Funzionano solo per l’arte nata e sviluppata in quel tipo di spazio. Questo è l’unico modo per migliorarli: creare arte virtuale che possa vivere solo in quegli spazi.
FIRENZE
el periodo di quarantena si sono moltiplicate le call via Skype e Zoom e si è riscoperta l’utilità del virtuale. Durante il lockdown si è tornato a parlare di mondi virtuali, e anche i più accaniti detrattori hanno dovuto ammettere che quei luoghi del web hanno una funzione importante, che esula dal mero fine ludico.
MILANO BERGAMO
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TORINO
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GALLERIE VIRTUALI DIY
MARIA GRAZIA MATTEI Chi volesse realizzare la propria galleria può cimentarsi con i modelli proposti da Artsteps, che permette di realizzare gratuitamente uno spazio espositivo utilizzando il motore grafico Unity. Si tratta di ambienti piuttosto essenziali che però assolvono al compito, ammesso che si conoscano le basi della modellazione 3D. Nel caso delle gallerie virtuali ci sono poi due scuole di pensiero: qualcu-
no preferisce replicare gli ambienti, magari limitandosi a cambiare le proporzioni di una sala; altri invece creano qualcosa di totalmente diverso – magari nella realtà la galleria è un white cube e nella versione virtuale sembra una base fantascientifica. Questione di gusti. Il vantaggio di queste gallerie è che si possono visitare senza dover scaricare alcun programma, agendo direttamente dal browser. Nei marketplace dei siti di Unity e di Unreal si possono acquistare interni già pronti, caratterizzati da diversi stili, dall’industrial chic allo Space Age, ma anche opere d’arte per allestire gli spazi.
COSE D’ALTRI MONDI
Diverso il caso di spazi espositivi creati all’interno di mondi virtuali come Second Life, Sansar o Sinespace. Qui, al momento, hanno trovato domicilio soprattutto musei che hanno una sede esclusivamente nei mondi virtuali, per proporre opere realizzate con gli strumenti presenti in quei mondi. Non mancano comunque artisti attivi nel mondo vero che presentano le loro opere (realizzate inworld o fuori) anche nei mondi virtuali. Interamente dedicato all’arte è il mondo virtuale Occupy White Walls, noto anche come OWW, dove bisogna creare una galleria e arricchirla di opere, contando sui suggerimenti di Daisy, un’assistente virtuale che propone gli esempi artistici più affini ai propri gusti. Naturalmente poi ci si confronta con gli altri galleristi inworld. Per visitare questi musei o gallerie, ma anche fiere, bisogna scaricare un programma, creare un avatar e avere un po’ di dimestichezza con le frecce del computer per muoversi all’interno del mondo virtuale. La grossa differenza è che qui c’è inte-
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La pandemia ha innescato repentinamente la transazione verso la digital literacy e ha spinto le persone a misurarsi con le tecnologie per necessità, poiché nella rete tutti abbiamo ritrovato il contatto con l’esterno. E il genio, quando è uscito dalla lampada, non riesci a riportarlo dentro. Lo stesso sistema scolastico, probabilmente, troverà che l’integrazione del digitale nel suo modello educativo possa essere un valore aggiunto. Il terreno fertile c’è, le tecnologie ci sono, quello che manca è una visione globale sul tema che traghetti la digitalizzazione verso una concreta linea produttiva.
Punta su un’idea di cross reality, in gergo XR, la piattaforma Vortic VR: supportata dai visori Oculus, permette di muoversi in spazi popolati da oggetti tridimensionali, con un’esperienza quasi tattile. Inoltre Vortic, che ha presentato una serie di opere delle gallerie di David Zwirner e di Victoria Miro, funziona con Vortic Collect, che grazie alla realtà aumentata consente di vedere in tempo reale come un certo oggetto sta nella propria casa. Arte e realtà virtuale anche per The Museum of ThroughView, che con un visore garantisce di ammirare una cinquantina di famosi dipinti in 3D. All World invece è una piattaforma che permette ad artisti e designer di caricare opere e oggetti in realtà aumentata, in modo che poi gli utenti possano vedere come stanno a casa loro. Sensibile all’idea di consentire ai collezionisti di valutare come stanno le opere in un determinato ambiente anche la Lisson Gallery, che ha sviluppato un software per provare più di cento opere in un determinato contesto, grazie alla realtà aumentata.
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All’interno di questo discorso si ritrovano diversi gradi di virtualizzazione degli spazi: da ambienti che vogliono apparire assolutamente verosimili ad altri che mostrano la propria appartenenza al mondo digitale. C’è quindi una sorta di iperrealismo, che si ritrova negli spazi più fotografici, affiancata da una virtualità molto accurata che però nelle texture e nella matericità degli ambienti si sgancia leggermente dal reale. Ci sono quindi spazi espositivi che replicano l’immagine di quelli veri ma che stemperano il sapore fotografico. È il caso delle gallerie virtuali proposte da Hauser and Wirth, il cui ArtLab ha lanciato HWVR, una piattaforma di realtà virtuale per visitare da remoto (con computer, smartphone, visore o Google cardboard) le proprie mostre digitali. Stesso discorso per il Vspace della Galleria Massimo De Carlo, uno spazio virtuale che replica la galleria, realizzato con il motore grafico Unity; per una versione ottimale si può utilizzare Oculus o il computer.
DALLA GALLERIA VIRTUALE ALLA CASA REALE
razione, si può ad esempio compiere la visita con uno o più amici, anch’essi in veste di avatar. La grafica non è perfettamente realistica ma
la definizione è soddisfacente, con la possibilità di dosare l’illuminazione su dipinti e sculture con faretti a spot. Ci sono anche studi per introdurre “umani virtuali”, ovvero avatar, nelle vesti di curatori e visitatori, posti accanto ad alcune opere, per rafforzare l’idea di storytelling in ambienti che potrebbero parere troppo freddi.
LA QUESTIONE DAD
Il rapporto con gli strumenti digitali ha investito anche la didattica. Lo sforzo da parte delle istituzioni universitarie per attuarla online in questa fase di quarantena è stato notevole. Ora è il momento per sfruttare i lati positivi delle nuove tecnologie e organizzare alcuni strumenti fruibili sia dal vivo che da remoto. Per quanto riguarda l’Accademia di Brera, è stata attivata la piattaforma G Suite for Education, che ha permesso di non interrompere le lezioni e le altre atti
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vità. Si tratta di uno spazio online bidimensionale che permette di fare videolezioni e di caricare materiali di vario genere. Un primo, importante passo, ma non è stata ancora raggiunta l’interattività che può essere offerta da strumenti per il web tridimensionale come l’Oculus o il Gear VR. Attualmente è già in commercio un visore 3D portatile che funziona come un cellulare e che permette l’accesso alle realtà virtuali senza bisogno di un computer. Intanto Facebook sta sviluppando un sistema operativo progettato per i visori 3D e un mondo virtuale destinato a diventare un “social VR world”.
STORIES L TECNOLOGIA & DIDATTICA
EDUCATIONAL & VIRTUAL WORLD
Esistono numerose piattaforme per i mondi virtuali adatte allo sviluppo di attività didattiche online: tutte permettono una fruizione diretta di spazi tridimensionali tramite un avatar, personalizzabile sia nelle forme che nelle espressioni e nei movimenti. Diversi mondi virtuali offrono contenuti avanzati per l’e-learning e l’apprendimento online. Questo è il passo successivo da fare. Le migliori piattaforme tridimensionali sono attualmente tre. Second Life è la più popolata e nota. Sansar è più recente: pensata soprattutto per le realtà virtuali, funziona perfettamente con i visori 3D e consente la massima interattività. La qualità grafica degli ambienti e degli oggetti è talmente realistica che a volte ci si dimentica della realtà. Il suo nuovo proprietario, la Wookey Project, sta cominciando a investire molto sugli eventi online; come dichiara sul sito, “we’re bringing together some of the world’s most exciting verticals at the intersection of entertainment, music, AR, VR and mobile”, e conclude: “You dream it, we build it”. Infine, Sinespace pare la piattaforma più promettente, garantendo una maggiore flessibilità nel futuro sia per le possibilità di utilizzo su tutti i dispositivi sia per il gran numero di utenti in contemporanea che può supportare.
È bastato mandare un messaggio di conforto e di vicinanza agli studenti tramite la piattaforma di Ca’ Foscari e fare una proposta di approfondimento dei temi del corso, perché cominciassimo "una vera conversazione", come la intende Florenskij, a distanza fisica e anche per questo libera e paritaria. Non solo utile per loro, gli studenti, ma per noi docenti, tutti spiritualmente più affini. Senza essere "in cattedra", ma davanti a un monitor, in questa linea così diretta – di "prossemica rovesciata" vorrei dire – abbiamo davvero avviato uno scambio, abbiamo ritrovato un nuovo stile di comunicazione. SILVIA BURINI
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TEORIA E PRATICA
Per quanto riguarda materie teoriche come la Storia dell’Arte, dell’Architettura o del Design, potremmo pensare a ricostruzioni di oggetti, architetture e musei virtuali. Immaginiamo cosa significherebbe per gli studenti entrare in un quadro di de Chirico o nella Casa sulla cascata di Frank Lloyd Wright, anche se soltanto virtualmente con un tablet o con l’Oculus. Un discorso diverso va fatto per i laboratori e per le materie pratiche, ma dobbiamo tener conto del fatto che le tecnologie sono sempre più diffuse e accessibili e più semplici da utilizzare. Un’idea di Pittura o Scultura virtuale potrebbero essere realizzabili allestendo laboratori dove lavorare con i diversi materiali unendo le possibilità di arte, artigianato e produzione industriale tramite scansioni e stampe digitali. Per la Scultura si potrebbe lavorare realizzando bozzetti con materiali duttili come creta, legno e gesso. Poi, tramite la scansione tridimensionale, con uno scanner portatile o con un software si potrebbe digitalizzare l’oggetto e inviarlo a un sito per la stampa 3D e realizzarlo in dimensioni e materiali differenti. D’altra parte, per le opere più grandi quasi tutti gli scultori lavorano sull’idea, sul progetto e sul bozzetto, facendo poi realizzare l’opera definitiva agli allievi o a studi specializzati. Pensiamo ad altre materie come Scenografia, Fashion Design o Arredamento di Interni: si può
creare qualsiasi tipo di spazio, dalle ambientazioni storiche, artistiche o architettoniche agli spazi fantascientifici. Possiamo importare
filmati o pagine web oppure creare o importare contenuti tridimensionali e simulare la fisica e gli elementi del mondo reale come l’acqua, il fuoco, la forza di gravità o la sua mancanza.
BEST PRACTICE
Giovanni Iovane, direttore dell’Accademia di Brera, insieme ad alcuni docenti ha intenzione di sviluppare uno spazio tridimensionale online. “L’Accademia di Brera ha avviato prontamente misure riguardanti la didattica a distanza. Nondimeno l’emergenza sanitaria ci ha stimolato nel riconfigurare il futuro della nostra didattica utilizzando piattaforme 3D sia per progetti dei nostri studenti sia per la presentazione del Palazzo di Brera per mostre ed eventi”, racconta. Sinespace, ad esempio, offre l’opportunità di creare spazi interattivi con la fruizione contemporanea fino a 10mila utilizzatori. Ma la cosa più interessante di questo mondo virtuale è la possibilità di accesso praticamente da ogni dispositivo: computer, tablet, smartphone e dispositivi VR. Un corso adatto per una sperimentazione di questo tipo è quello di Architettura Virtuale. Già da diversi anni, infatti, si sta pensando all’architettura virtuale non più soltanto in funzione della progettazione reale ma per spazi concepiti per essere vissuti virtualmente. In questo caso, il nuovo spazio online di Brera permetterebbe una progettazione condivisa e stimolerebbe gli studenti a lavorare in gruppo. Per quanto riguarda la Storia dell’Architettura, si potrebbero
THE DIGITAL ECONOMY AND SOCIETY INDEX (DESI) Svezia Danimarca Paesi Bassi Malta Irlanda Estonia Regno Unito Belgio Lussemburgo Spagna Germania Austria Lituania Francia Slovenia Repubblica Ceca Lettonia Portogallo Croazia Ungheria Slovacchia Polonia Cipro Italia Romania Grecia Bulgaria
Non tutte le esperienze virtuali sono uguali; quelle focalizzate sulla comunicazione interpersonale sono più efficaci. I mondi virtuali condivisi sono più umani. Per questo occorre osservare con maggiore attenzione quelle esperienze museali che privilegiano il rapporto diretto con gli utenti. INVISIBLESTUDIO
E LA PRESENZA UMANA?
Nel caso della Scenotecnica e della Rappresentazione Teatrale, i bozzetti realizzati per le scenografie potrebbero servire per rappresentazioni con attori virtuali. Ancora più sfidante è la realizzazione di sfilate virtuali. Francesca Liberatore, docente e coordinatrice del Biennio di Fashion Design, ha organizzato un’esperienza di creatività condivisa, il progetto Insieme/Together, che ha coinvolto gli studenti di Brera e quelli del Marist College di New York. “La sfilata è un momento sensoriale molto preciso”, spiega Liberatore, “in cui – per comunicare il prodotto messo a punto nei mesi precedenti e l’immagine che coglie e interpreta input sociali contemporanei – si forniscono 15 minuti di esperienza inclusiva magica e alienante, in cui la visione del creativo immerge l’audience in un continuo gioco di visioni, punti di vista, percezioni riguardo a texture e bellezza. Molti sono stati i cambiamenti del settore, dei format, dei bisogni, proprio perché simbolo del continuo mutamento del costume, e probabilmente la contingenza attuale ne genererà un ennesimo. Per le nuove generazioni il digitale è una caratteristica ormai fondamentale ed è giusto che la creazione di mondi virtuali sia sprone alle infinite possibilità e applicazioni della creatività. Per quanto riguarda l’evento sfilata, auspico che questa applicazione sia di stimolo e non di stretta necessità e non conduca soltanto il sistema dall’immobilità del precedente all’incapsulamento del successivo con relativi eventi standardizzati”.
STORIES L TECNOLOGIA & DIDATTICA
EU
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Finlandia
ricostruire alcuni edifici e farli studiare agli studenti, poi sviluppare le applicazioni per aiutarli a capire i metodi progettuali e costruttivi dell’architettura. La stessa cosa può essere fatta per il Design. Nel caso dell’Architettura di Interni, si progetta non solo con rendering e filmati, ma con presentazioni dei progetti percorribili e visualizzabili nelle realtà virtuali. Come sostiene il docente Filippo De Filippi, “l’aspetto virtuale è fondamentale, nella formazione universitaria, fin da prima della crisi creata dal Covid-19. Abbiamo esplorato questo campo, creando laboratori di studio sulla rappresentazione tridimensionale dei progetti architettonici e scenografici, formando studenti in grado di affrontare problematiche che oggi sono necessarie e mettendo l’Accademia di Brera all’avanguardia nella formazione dei nuovi metodi espressivi”. Così il modello tridimensionale può essere “vissuto” prima della sua realizzazione e di conseguenza aumenta il numero di tesi discusse con la presentazione dei progetti con l’Oculus.
VIRTUALE E VERITÀ
L’Accademia di Belle Arti di Brera già dal 2010 ha avviato una sperimentazione di progettazione condivisa online all’interno di un’isola
di Second Life e di diversi spazi su Craft World OpenSim, dando vita al laboratorio di progettazione interattiva Brera Academy Virtual Lab, documentato nell’omonimo libro curato dagli autori di questo articolo. Nella prefazione al volume, Philippe Starck scriveva: “In fin dei conti, ci dicono, e questo mi pare più giusto, che nulla esiste e che noi viviamo tutti una sorta di psicosi collettiva. Non siamo in grado di intravedere che una delle infinite possibilità di ogni gesto derivante dalla matematica quantistica...”. E concludeva: “È possibile che la realtà, dopo aver eseguito un giro completo, non possa che risultare più vera?”. Chi ha provato a usare un visore 3D per le realtà aumentate sa che si può quasi arrivare a perdere il senso della realtà.
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TRETI GALAXIE [ art project ]
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Giulio Saverio Rossi INTERMEZZO, 2020 olio su lino, cm 31x21 Courtesy Il Crepaccio Instagram Show curated by Caroline Corbetta
STUDIO VISIT
Il lavoro è un quadro in cui si vedono delle mani, le mie, e che considero perciò una sorta di autoritratto. Il titolo allude a una pausa cinematografica o teatrale, e al contempo è una pausa dal lavoro: la mano del pittore che si sta riposando. Io che mi affranco dalla mia ricerca e guardo a una pittura diversa e figurativa. Per la realizzazione di questo quadro, il tutto si è svolto in maniera un po’ rocambolesca. Sono riuscito ad andare in studio una sola volta. Lì, con due piccoli pezzi di legno che ho trovato, ho composto un telaio che avesse un senso per l’immagine... sinceramente non sapevo se in quella giornata potessi ancora andarci a livello legale o meno, fatto sta che ho fatto il telaio in quindici minuti che mi sono parsi due ore e poi sono corso verso casa. Il dipinto l’ho realizzato fra le pareti domestiche, l’unico dipinto che abbia realizzato in casa nell’arco degli ultimi quattro anni, e questo ha riscritto le mie modalità e il mio approccio. Il dipinto l’ho vissuto come se fosse una tavoletta di scrittura, quasi più un’icona che un dipinto su lino. Oltre a questo telaio, dallo studio ho afferrato al volo i tre colori primari, e di fatto mi ritrovo a lavorare solo con l’ABC delle possibilità. Ciononostante mi interessa l’idea della restrizione, l’idea di creare una grammatica visiva che non copre mai tutto lo scibile delle possibilità ma si restringe. Una scelta di colori limitati e formati limitati. Ho reinventato il mio studio in casa.
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STUDIO VISIT
NUOVA SCUOLA DELLE NUVOLE E DELLA NEBBIA, 2019 Installation view at SFAI – Sichuan Fine Arts Institute Courtesy dell’artista Lo scorso anno in autunno ho partecipato a una residenza in Cina al Sichuan Fine Arts Institute di Chongqing, un progetto sostenuto da MAD – Murate Art District. L’opera che ho sviluppato si intitola Nuova Scuola delle Nuvole e della Nebbia e si basa sul reenactement di un libro ideato da Goethe all’inizio del XIX secolo. Secondo la sua idea, avrebbe contenuto sia i suoi studi sulle nuvole che i disegni sulla loro forma commissionati a diversi artisti della propria epoca, fra cui Friedrich. Il libro non fu mai realizzato, ma ripartendo dallo stesso concetto ho sviluppato una scuola fittizia assieme a dieci giovani artisti cinesi e un teorico, raccogliendo disegni delle nuvole da diversi punti di vista, fra cui il tetto panoramico di un grattacielo nel centro della megalopoli. La fase finale del progetto consiste in una pubblicazione con l’idea di dare forma a ciò che Goethe aveva iniziato, ma spostando radicalmente il tempo, lo spazio e la cultura del suo realizzarsi.
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STUDIO VISIT
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FLUIDI (AFTER WORTHINGTON) 6, 2020 olio su lino, cm 160x140 Courtesy dell’artista Non esiste per me un’immaginazione pittorica pensata a prescindere dagli aspetti fisici. Così, quando noi diciamo “rosso”, non ci figuriamo mai la frequenza visiva in astratto, ma ci rappresentiamo, ognuno in modo diverso, una certa superficie tinta di rosso, o una consistenza o fluidità di una vernice rossa. Nel mio caso è densa e vischiosa, simile al miele. Chi lavora con la pittura ne immagina anche l’odore. La serie Fluidi riflette proprio sullo scostamento fra modello ideale della frequenza rossa e la sua restituzione come pigmento che, innestando una reazione chimica fra ossido di ferro e violetto di cobalto, altera l’immagine discostandosi dal proprio modello ideale e, al contempo, virando il violetto e il rosso scuro, inizio e fine del nostro spettro visivo, verso il grigio indistinto dell’ossidazione.
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STUDIO VISIT
IDENTIKIT NOME E COGNOME: Giulio Saverio Rossi
ONIROGRAFIA (PARTE 1), 2020 acquerello su carta, cm 9,5x14 Courtesy Giorgio Galotti
ANNO E LUOGO DI NASCITA: 1988, Massa
Questo paesaggio è parte di una geografia che sto sognando in modo ricorrente. Ho letto di recente un articolo, diceva che le persone che solitamente sognavano poco, o che sognavano senza poi riuscire a ricordare i sogni, durante questo periodo di quarantena hanno intensificato sia la loro attività onirica, sia la loro capacità di ricordarli. Ed effettivamente per me è vero, perché sono molti giorni che faccio dei sogni che definirei vividi, quasi scultorei e dettagliati. Li ricordo molto bene. In particolare, ci sono dei luoghi in cui continuo a tornare, uno spazio espositivo in cui vedo dei quadri non miei, di un pittore non storicamente esistito, dei quadri inventati un po’ strani e non molto convincenti, e poi questo luogo che ho disegnato. Si tratta di una geografia vista dall’alto, ho ripreso la modalità di suddividere il paesaggio nei tre colori primari, lasciando emergere le stratificazioni tipiche dell’acquerello. Un ibrido tra una zona montana, una collinare e una a ridosso del mare, e al contempo il mare in un certo punto diventa una sorta di fiume, dove è più basso ci sono anche gli squali, ma non fanno nulla.
ISTITUTO DI FORMAZIONE: Accademia di Belle Arti di Venezia, Accademia Albertina di Belle Arti di Torino
LUOGO DI RESIDENZA: Torino
MEDIUM PREFERITO: pittura ULTIMA MOSTRA PERSONALE: To Shift To, a cura di Caroline Corbetta, Il Crepaccio Instagram Show ULTIMA MOSTRA COLLETTIVA: View / Openwork a focus on painting, a cura di SenzaBagno, Monitor, Roma PROSSIMA MOSTRA IN PROGRAMMA: Atomi, Giorgio Galotti c/o Motelombroso, Milano
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Artribune guarda al futuro con i nuovi servizi digitali
200k
MUSEI DIGITALI
AGGIORNAMENTO DI PIATTAFORME WEB E APP // APERTURA E GESTIONE DI CANALI SOCIAL CAMPAGNE DI COMUNICAZIONE PER I CANALI SOCIAL // PODCAST FORMAZIONE DEL PERSONALE // PROGETTAZIONE DI TOUR VIRTUALI, SIA IN FORMATO VIDEO CHE 3D VIDEO DIRETTE E ATTIVITÀ DI STREAMING // PRODUZIONE DI CONTENUTI VIDEO
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COVID-19 E ARTWORLD IN 60 VOCI
SURVEY
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Siamo appena entrati nella Fase 3, senza aver ancora metabolizzato la Fase 2 e a maggior ragione la Fase 1, quella del lockdown piĂš stringete e delle conferenze stampa quotidiane della Protezione Civile, che snocciolavano cifre impressionati su contagi, ricoverati, deceduti... A decine di operatori del settore abbiamo chiesto di raccontare questo periodo drammatico e di guardare avanti, pubblicando una infinitĂ di articoli sul nostro sito. Qui abbiamo selezionato 60 voci provenienti dal mondo dell'arte italiano: artisti innanzitutto, e poi direttori di fiere e musei e case d'asta, galleristi e curatori e critici.
Ilaria Bonacossa Artissima – Torino
01 Luca Vianello & Silvia Mangosio
Bruno Racine
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Palazzo Grassi / Punta della Dogana – Venezia Il pubblico dell’arte ha già in sé le caratteristiche di un modello di turismo responsabile e sensibile e sarà sempre più importante mettere in atto strategie per fidelizzarlo e per coinvolgerlo anche a lungo termine. Seguo regolarmente la scena artistica italiana e la sua vita politica e culturale, e sono convinto che la società italiana abbia le risorse necessarie per fronteggiare questa crisi, a partire proprio dal senso di comunità che oggi più che mai è un elemento di forza. L’Italia potrebbe indicare soluzioni alla crisi a livello europeo. Venezia è un caso a sé e potrebbe anche diventare un caso studio, a mio parere, nella ricerca di un’equazione, di un equilibrio tra sostenibilità economica, accoglienza e vivibilità per la cittadinanza.
David LaChapelle
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Mucho Mas! – Torino Una delle ipotesi a cui stiamo pensando è quella di provare a riportare la galleria a uno spazio dedicato più all’osservazione e meno al concetto di evento, con un occhio di riguardo agli autori giovani e del territorio in cui siamo inseriti. Un altro obiettivo da non sottovalutare sarà quello di fare rete con gli artisti e altri spazi indipendenti e non, per sviluppare progetti di residenze d’artista e canali che permettano agli artisti di poter continuare a compiere le loro ricerche nonostante le situazioni difficili come quella che abbiamo appena vissuto.
Chiara Ronchini
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Crac Gallery – Terni La crisi sanitaria mi spaventa più di quella economica. Con questo non voglio dire di non percepire la fragilità economica del momento, ma credo che l’arte abbia la capacità di poter giocare qualsiasi ruolo, a piede libero se posso dire, in questa difficile partita. Nel mio caso, sto pensando di adottare nuovi modi di poter inaugurare le prossime mostre. Nulla sarà come prima, ma non importa, sarà diverso e, perché no?, forse migliore. La crisi ha il potere di creare nuove visioni.
03 Patrizia Asproni
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Museo Marino Marini – Firenze
Sto cercando di trovare il significato in tutto questo e spendere il tempo nella preghiera e nella meditazione. Questo è un periodo in cui siamo sempre lì a discutere su come le cose siano cambiate velocemente. Ora il tempo è scaduto. Possiamo usare questo tempo per fare binge-watching o i pigri, oppure possiamo cercare di trovare uno scopo in tutto questo, magari la gioia della vita anche in questo tempo di quiete. Non sappiamo se si tratta di un tempo di calma prima della tempesta. Dobbiamo ricordarci che le cose possono peggiorare.
Il settore dell’arte e della cultura è fondamentale per la ripresa del Paese. Si ha invece l’impressione che non ci sia questa consapevolezza. I fondi destinati alla cultura sono insufficienti e soprattutto non vediamo un progetto a medio-lungo termine. La Germania ha varato un “piano Marshall” per la cultura, con una proiezione non solo emergenziale ma di sviluppo. Vorrei che il nostro Governo avesse fatto lo stesso. La grandezza di un Paese si vede dalle sue scelte strategiche. Se l’Italia non capisce che il patrimonio culturale è il suo capitale, non si potrà parlare di ripresa.
04 Antonella Gioli
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Artista
Memmo Grilli
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Eravamo abituati a grandi numeri come parametro per il successo di un evento, a viaggi non-stop in giro per il mondo, con impatti consistenti anche a livello ambientale. Credo che per un po’ non sarà più così e forse le fiere avranno una dimensione più contenuta, più umana. Forse nei primi giorni si potrebbero limitare gli ingressi ad addetti ai lavori e collezionisti.
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Museia – Università di Pisa
Blindarte Il mercato dell’arte è da sempre considerato tra i più validi beni rifugio, e la storia ce lo insegna, anche nei momenti più difficili. È ormai considerato uno dei mercati più solidi e in crescita, soprattutto per quanto riguarda la sua parte più globalizzata. Nonostante qualche momento di flessione e assestamento, spesso relativo a singoli artisti, l’arte continuerà nel breve e lungo termine la sua costante ascesa, aumentando il proprio valore.
Alberto Fiz
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Curatore e critico d’arte Il rapporto con gli artisti appare non solo distorto sotto il profilo economico, ma anche etico (nessun altro lavoratore verrebbe trattato in questo modo), in base a una situazione che è andata peggiorando negli ultimi anni. Ora, purtroppo, di fronte a un prevedibile ulteriore regresso, è quanto mai opportuno stabilire nuove regole per difendere e salvaguardare la cultura contemporanea. In primo luogo, l’artista, al di sotto di un determinato reddito, dovrebbe avere un salario minimo garantito.
Stiamo costituendo un archivio di documentazione per permettere analisi secondo diverse linee d’indagine. Una documentazione utile per le riflessioni che il fervore di iniziative sta sollecitando in relazione ad aspetti centrali del museo: il rapporto tra fruizione “in presenza” e “in remoto”, la relazione nell’attività educativa, la reale domanda e ricezione. Aspetti importanti per l’elaborazione di un “dopo” emergenza, che non potrà essere un ripristino impossibile – e forse sbagliato – di un “prima”, ma che obbligherà i musei a ripensare e ripensarsi anche alla luce delle esperienze che hanno compiuto.
Eugenio Tibaldi
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Artista Io di proposte non ne ho, né soluzioni intelligenti: per me, tantomeno per il nostro settore o per il mondo. Così ho pensato che forse la Fase 2 si cela proprio lì, nella capacità e nella voglia di mettere a repentaglio ciò che di più caro avevamo costruito per immaginare una costruzione altra, più vicina al momento che viviamo, aperta e tollerante in grado di accettare il fallimento come crescita.
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Stefano Raimondi MAGGIO L AGOSTO 2020
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Artverona – Verona
11 Dionigi Mattia Gagliardi
Il sistema fieristico, almeno nel breve periodo e in attesa di una “nuova” normalità, sarà messo a dura prova, laddove basava il suo successo su una mobilità di pubblico e di partecipazioni internazionali che necessariamente saranno limitate. In questo caso immagino che una possibilità sia quella di creare una sorta di “fiera permanente”. Intendo un evento che lungo tutto l’anno assolva, attraverso servizi digitali ma non solo, la funzione di piattaforma di incontro e dialogo tra i diversi operatori, anticipando a livello commerciale la possibilità di visione, approfondimento e acquisto delle opere. Sicuramente il mercato sta cambiando, il tipo di domanda modifica la struttura dell’offerta, immagino che ci saranno gap ancora più ampi tra grandi, medie e piccole gallerie, un potenziamento degli intermediari, l’utilizzo di canali di vendita alternativi e più collaborazione tra diverse realtà.
Vicente Todolí
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SURVEY
HangarBicocca – Milano La maggior parte degli artisti vive in isolamento dalla società. Per loro la quarantena non è nulla di nuovo. La pandemia può solo portare a una riflessione di carattere estetico o sociale, non credo a una produzione artistica causa-effetto. Avverrà un po’ come nel caso del Decameron di Boccaccio, che nacque come conseguenza dell’epidemia di peste a Firenze, ma non ne parla. L’arte contemporanea di solito anticipa idee, pensieri, non è legata al realismo concreto di un’esperienza.
Regina José Galindo 13 Artista È troppo presto per speculare sopra il destino dell’arte, è troppo presto per speculare sul destino, punto. L’arte e la cultura in questi momenti giocano un ruolo fondamentale nella vita degli individui; data l’offerta di ogni tipo di evento in Rete, sono sicura che le persone che non si avvicinavano all’arte, ora l’hanno fatto. È una specie di oasi nel mezzo del caos e della paranoia a causa della malattia, della fame e della morte. Il corpo attraverso lo schermo continua a essere un corpo.
Mariolina Bassetti
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Christie’s Credo che non ci saranno grandi cambiamenti nel mercato storicizzato di opere di grandi qualità. L’economia dell’arte ci insegna che domanda e offerta trovano sempre un loro equilibrio, anche nei momenti di crisi. Il mercato dei giovani artisti soffrirà probabilmente nei prossimi mesi per poi riprendere in maniera più bilanciata e, forse, più sana.
Fabrizio Montanari
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Economista Occorre presidiare alcuni aspetti strategici quali l’autenticità e l’estetica delle nuove forme di narrazione al fine di realizzare prodotti in grado di ingaggiare lo spettatore, diventando così appetibili per un pubblico che è già abituato a un’offerta digitale molto ampia. Ragionare in questa logica può offrire opportunità anche alle istituzioni culturali di dimensioni medio-piccole che, altrimenti, rischierebbero di essere “schiacciate” dai principali player del settore culturale.
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Numero Cromatico – Roma In queste settimane sono sorte iniziative che chiedono sostegni a favore dei centri culturali, ma non è possibile finanziare in maniera assistenzialista chiunque sgomita, si dichiara artista o pensa di fare produzione culturale. Questo è un tema centrale! Stiamo perdendo un’ulteriore occasione per riformulare le regole, definire un linguaggio chiaro e stabilire parametri scientifici attraverso cui individuare le eccellenze e offrire opportuni programmi di finanziamento.
Massimiliano Zane
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Progettista culturale Il pubblico delle arti sta vivendo un momento di profondo trauma, e questo non può essere minimizzato, anzi, siamo ancora nel mezzo di una profonda esperienza traumatica. Un ritorno a qualsiasi parvenza di normalità (e rilevanza) per i campi delle arti e della cultura richiederà di affrontarlo, il trauma, non scansarlo; integrarlo e non limitarlo o limitarne gli impatti (anche a lungo termine) a una sfortunata “parentesi” lontana nello spazio e nel tempo.
Patrick Tuttofuoco
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Artista Molti di noi sono feriti e lo saranno ancora a lungo, ma credo che nella sofferenza vissuta risieda una forza e un’energia di cambiamento che sarebbe imperdonabile sprecare. Il nostro mondo dovrebbe essere il primo a registrare questa possibilità e a trovare il modo di darle una forma sia estetica che teorica: dobbiamo dimenticare tanto del superfluo che ci sembrava vitale e credere ancora di più nelle idee, al di là della loro capacità di convincere qualsiasi mercato.
Umberto Di Marino
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Galleria Umberto Di Marino – Napoli Mi unisco al coro di chi chiede la costituzione di una forza comune, che pretenda compatta una regolarizzazione istituzionale della galleria come luogo di produzione e promozione culturale, non solo come attività commerciale, da cui dovrebbero derivare benefici concreti: acquisizioni, defiscalizzazioni per i collezionisti, livellamento e migliore stratificazione della tassazione ecc. In alcune città le gallerie hanno rappresentato l’unica strada alla costruzione di una cultura dell’arte, risvegliandole dal torpore, traghettandole nella contemporaneità, precedendo di gran lunga i musei.
Sergio Risaliti
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Museo Novecento – Firenze I musei sono istituzioni fondamentali alla crescita culturale del Paese. I musei pubblici sono un bene pubblico ed esercitano funzioni pubbliche. Creano turismo, ma la loro principale funzione sta nell’essere strumenti di conoscenza e formazione, di sensibilizzazione estetica e sviluppo creativo. Rimettiamo al centro la loro funzione originale e puntiamo con impegno e risorse sui musei minori e civici. E soprattutto facciamo quel passo avanti nella contemporaneità che ancora manca al nostro Paese, troppo sbilanciato sulla conservazione e tutela del patrimonio passato. Ci stiamo perdendo per strada il presente.
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SURVEY
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SURVEY MAGGIO L AGOSTO 2020
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Simone Menegoi
21 Lia Rumma
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Galleria Lia Rumma – Milano/Napoli
Temo un danno grave per il tessuto delle piccole e medie gallerie e, di riflesso, per artisti, curatori, trasportatori, indotto… Si può ipotizzare una polarizzazione degli acquisti verso l’alto e verso il basso: per chi può ancora permettersele, grandi opere che costituiscono anche beni rifugio; per gli altri, opere dal costo molto contenuto, che si tratti di pezzi minori di artisti noti o di opere di artisti emergenti.
Prima di pensare al futuro, ai cambiamenti che ci attendono e alle strategie da adottare, dovremmo riflettere su quali sono le fondamenta su cui stiamo elaborando queste strategie. È necessario, a mio parere, confrontarsi concretamente con il passato e con il presente, interrogare quei valori economici, sanitari, sociali e culturali su cui abbiamo impostato la nostra contemporaneità perché è solo ripensando la realtà di oggi che potremo costruire un futuro valido domani.
Guido Wannenes Wannenes Art Auction
22 Roberto Paci Dalò
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Arte Fiera – Bologna
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Artista Non scommetterei necessariamente su una contrazione del mercato dell’arte, perché ha dimostrato più volte di saper essere anticiclico , anzi percepiamo grande interesse per le nostre aste, grazie a una ricca selezione di opere. La strategia principale credo che dovrà essere proprio questa: la qualità della proposta. Se gli operatori faranno proposte di qualità, il mercato dell’arte saprà sorprenderci ancora una volta.
Masbedo 23 Artisti
Gianfranco Maraniello 24 Curatore e critico d’arte Bisogna capire le specificità di ogni luogo, di quel museo. Non esiste “il Museo”, e questa è la cosa più interessante. Pensare a una ricetta significherebbe assumere una posizione ideologica e andrebbe a pregiudicare le mille soluzioni innovative possibili anche a livello di management. Si è creata una breccia rispetto a qualsiasi retorica dominante. E bisogna navigarci. Oggi c’è l’opportunità di avere dei pensieri lineari, ma anche quella di abbandonarsi a proposte più radicali. Insomma, di operare una revisione dell’idea del museo di arte contemporanea. È ad ogni modo emersa una mappa delle differenze: siamo tutti ritornati ai luoghi dopo decenni di retorica della globalizzazione e di un cosmopolitismo standardizzato del “visitatore viaggiatore”. Oggi ci stiamo confrontando con la stanzialità e con l’immaginario. Il museo deve avere un valore anche per chi non lo frequenta e questo significa uscire da un discorso numerico per produrre valore.
Marcella Pralormo
Franco Noero
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Galleria Franco Noero – Torino Da questa situazione ne usciremo solo cercandoci. Siamo una comunità e possiamo dire anche coesa, certamente connessa. Dobbiamo farlo assieme, appunto. Il cambiamento è un abisso e non si è ancora arrestato. Il sistema dell’arte è già cambiato, o meglio il vortice del cambiamento non si è arrestato. Credo fermamente nel cercarci e lavorare come comunità e lo sto sperimentando con molti miei colleghi.
Fiorella Fontana & Mirko Canesi
SURVEY
Gli artisti hanno bisogno di uno statuto, di leggi e diritti d’autore. Chiediamo la possibilità non utopistica di far parte di un ingranaggio culturale che consideriamo un bene indispensabile per questo Paese. Vogliamo un dialogo costante con le istituzioni e prenderci la libertà di partecipare in modo attivo al nostro tempo. La politica come la vita è l’arte del possibile. Insistiamo sul coraggio e ricordiamoci che il coraggio è un muscolo che si deve allenare.
È in tempo di crisi che possono nascere cose innovative. Da migliorare la parte tecnologica per far sì che gli artisti abbiano più consapevolezza di quanto si possa fare anche con strumenti “semplici” come uno smartphone o un laptop. Seppur comprensibile data la situazione, trovo che una iper-esposizione da parte degli artisti sia controproducente. Non trovo particolarmente interessante “aprire la diretta” su un social qualsiasi pur di esserci. Mi piace quando si riflette per poi creare qualcosa che non potrebbe esistere senza queste tecnologie della connessione e della trasmissione (e anche dell’assenza di pubblico).
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Edicola Radetzky – Milano Ci è sembrato opportuno cogliere l’invito di ritiro dal mondo, tutta la città chiudeva e anche Edicola Radetzky, così inserita nel contesto urbano, ha abbassato le saracinesche. Nessuna comunicazione sui social, nessuna immagine che raccontasse qualcosa da casa, ma solo un momento di riflessione e percezione della solitudine, doveroso e allo stesso tempo prezioso. Le domande e gli spunti sono tanti: le parole avranno cambiato significato? I gesti e il linguaggio del corpo li leggeremo diversamente? Il fruitore avrà cambiato le sue esigenze?
25 Maria Chiara Valacchi 30 Spazio Cabinet – Milano
Pinacoteca Agnelli – Torino I visitatori per fortuna non ci abbandonano, ora sono virtuali, ma penso che passerà del tempo prima che tornino a visitarci: pur essendo affezionati a noi, hanno altre priorità adesso, per questo penso che non si debba avere tutta questa fretta nel riaprire. Nel frattempo, un intervento a sostegno degli artisti mi sembra estremamente necessario, così come interventi per far ripartire il mercato, che mettano ancora più a sistema i diversi soggetti e il lavoro tra digitale e reale.
Non sono stata felice di stare a casa, anche se ne ho goduto i vantaggi, e non sono entusiasta di sapere che ancora una volta dovremo ricostruire il nostro mestiere sulle macerie di un sistema culturale fragile; un mestiere che credo di attuare tornando a ritmi più umani e concentrandomi su pochi progetti. L’online può essere una buona via alternativa, l’unico problema paradossale è che dà voce a tutti e, mai come adesso, ci siamo resi conto che non c’è bisogno di tutti e tutto ciò per essere felici e informati.
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Sammy Baloji MAGGIO L AGOSTO 2020
#55
31 Filippo Lotti
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Artista e curatore
Sotheby’s
La crisi sanitaria influenzerà fortemente l’economia mondiale, la mobilità e specialmente, nel nostro caso, il settore artistico. L’emergere internazionale di produzione artistica contemporanea in Africa ha portato a un dinamico e forte bisogno di identità, politica e autonomia. Io posso solo immaginare che questa prospettiva sarà mantenuta e adattata alle problematiche globali sollevate dal Covid-19.
Questo tempo in più, che tutti ci siamo ritrovati, ha consentito, in particolare ai giovani professionisti quarantenni normalmente assai impegnati e già molto attivi online, di accrescere in modo robusto la fascia dei nostri new buyer. E ciò rappresenta un ampliamento importante e una novità positiva, al di là dei numeri.
Nicola Ricciardi
32 Francesca Grilli
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Artista
OGR – Torino Nell’inverno dello spirito di questi ultimi mesi ci sono stati sprazzi di primavera culturale online: penso ad esempio ai molti contenuti a cui abbiamo potuto accedere liberamente, messi a disposizione dalle istituzioni culturali di tutto il mondo. Ma non ho tuttavia incontrato tecnologie, piattaforme o canali che mi facciano pensare che il futuro più prossimo e immediato dell’arte contemporanea sia quello di abbandonare modelli di produzione e fruizione tradizionali a favore di una conversione digitale tout court.
Treti Galaxie
Dopo una prima paura, sono entrata in una fase di empatia profonda con amici, ma anche colleghi, curatori, addetti ai lavori con cui mi confrontavo per immaginare un futuro. Lo scambio umano e di pensiero, durante questo periodo, è stato grandioso: ho sentito un abbraccio stretto, nel bisogno collettivo di diventare una comunità che si riconosce e si specchia negli occhi degli altri. Se dovessi pensare a un investimento futuro per le arti e per la società a venire, riporrei tutti i miei sogni ed energie su progetti di Public Art.
33 Serena Fineschi
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Artista
SURVEY
Curatori Grazie a quel walkie-talkie chiamato Wi-Fi, abbiamo sentito quotidianamente e con piacere gli artisti con cui negli anni abbiamo lavorato, con cui stavamo lavorando prima della partenza e con cui avevamo in progetto di lavorare. Questo particolare walkie-talkie però alla lunga fa un effetto strano, appiattisce tutto, ogni cosa ha la stessa cornice e smette di avere un retro. Tutte le cose hanno lo stesso peso, dopo un po’ non ci fai più caso ma smetti anche di sentirle. Abbiamo voglia di girare attorno alle opere, di misurare la loro presenza con quella dei nostri corpi, di abbracciarle, forse di farcene cadere qualcuna addosso, chissà. Non sappiamo come cambierà il ruolo del curatore, forse invece di navigare a vista ci ritroveremo a nuotare a vista.
Massimo Minini
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Galleria Massimo Minini – Brescia Con quale animo la gente acquisterà ancora opere d’arte? Come potrà continuare l’entusiasmo di questi ultimi cinquant’anni? L’arte ha funzionato molto perché tutti la spingevano: artisti, galleristi, critici, musei… Adesso il gioco si inverte e penso che l’arte contemporanea sarà guardata con occhio più critico. Ormai diventata adulta, sarà posta a confronto con l’arte del passato: non godrà più di quello speciale statuto in cui è vissuta per definizione. Paragonata finalmente all’arte antica, dovrà allineare i prezzi. Ci saranno lamenti e capitomboli. Serviranno anni per riequilibrare le situazioni. Le gallerie non potranno resistere a lungo.
Alessandro Rabottini 35 MIART – Milano Bisognerà capire a livello di sistema dell’arte – e quando dico sistema, intendo tutti gli attori – come proteggere e supportare le gallerie giovani, che ovviamente sono molto esposte in questo momento ma che svolgono una funzione centrale anche e soprattutto per le gallerie più grandi. Qui bisognerà fare tutti insieme un’assunzione di responsabilità nei loro confronti e promuovere un meccanismo associativo.
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L’artista vive da sempre una condizione di provvisorietà ma oggi, se non vogliamo lasciare interamente la produzione del contemporaneo ad altri Paesi, è necessaria la sua affermazione (non solo come figura professionale) all’interno della società che abita, diventando parte attiva delle scelte delle varie amministrazioni riguardo alla valorizzazione degli spazi pubblici e la riorganizzazione delle attività museali per la cura e la creazione di un nuovo pubblico, con occhi finalmente educati all’arte contemporanea. Abbiamo bisogno di creare sguardi pensanti se intendiamo costruire un altro oggi.
Umberto Croppi
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Federculture Mentre i musei statali avranno costi di gestione e di adeguamento coperti dal Ministero a prescindere se avranno meno visitatori, gli altri musei, quando apriranno, se non registreranno l’usuale flusso di visitatori, come faranno a rimanere aperti? Dove troveranno i fondi per investire nelle sanificazioni? È significativo che, in proporzione, il turismo abbia ricevuto maggiore attenzione. Il settore turistico è importantissimo per la nostra economia, ma è assolutamente complementare a quello culturale: in Italia, la cultura rappresenta la materia prima.
Stefano Arienti
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Artista Non potevamo andare avanti così: denaro, consumi, intrattenimento e turismo come beni supremi; esaurendo risorse e senza ridistribuire ricchezza e istruzione. È finalmente l’occasione per prenderci cura del nostro ambiente, della nostra comunità, e migliorare tutti i sistemi di movimento, produzione e consumo che riguardano persone e cose, portandoci verso un mondo più sostenibile ed equo. Ci aspetta un periodo senza dubbio difficile, ma che toccasana. Con un rinnovato interesse all’arte dal vivo e dal vero, che sia digitale o in galleria o in piazza, e pazienza se avremo meno inaugurazioni, fiere e record d’asta.
#55 MAGGIO L AGOSTO 2020
SURVEY
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SURVEY MAGGIO L AGOSTO 2020
#55
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Cesare Pietroiusti Palazzo delle Esposizioni – Roma
41 Carolyn 46 Christov-Bakargiev
Freddy Battino
Castello di Rivoli – Torino L’aspetto inquietante di questo momento è che mi ricorda la rivoluzione industriale, quando le persone filavano tessuti nelle case prima delle norme di fine Ottocento. Anche qui c’è tutta una legislazione che non c’è, che regoli lo smart working, non solo per monitorare chi lavora, ma il diritto alla felicità di chi è costretto a lavorare a casa senza il contatto personale. Noi abbiamo una stanza su wearby.com con tutte le caratteristiche del Castello di Rivoli, nel bene e ne male
42 Christian Caliandro
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Il Ponte Casa d’aste
Curatore
La fiducia di cui godiamo da parte dei clienti che ci seguono da tempo ha fatto sì che le opere non debbano necessariamente essere visionate dal vivo, durante l’apertura al pubblico dell’esposizione. Quando le crisi finiscono si riscontra un picco di vendite e della spesa in beni di lusso. È una sorta di rivincita psicologica, dopo un periodo di lungo “digiuno”. Prevedo un rimbalzo, dunque, con una conseguente propensione all’acquisto, specialmente per quanto riguarda le opere di livelli di prezzo medio, in una fascia di valori dai 10 ai 50.000 €.
Questo virus è uno straordinario amplificatore di processi che erano già in atto, in tutti i campi della vita collettiva, ma che scorrevano sotterraneamente, nascosti dalla routine, dalla frenesia, dal “rumore bianco”. Questa azione riguarda, ovviamente, anche il territorio dell’arte: il ruolo dell’artista, così come quello del curatore, si scoprono investiti da un cambiamento che però, se guardiamo bene, era già iniziato. Ho la sensazione che questo cambiamento abbia e avrà a che fare con una minore attenzione rivolta al “consumo” culturale e una maggiore concentrazione sull’esperienza — e su una dimensione intima del rapporto con l’opera.
Valentina Vetturi
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Artista
Edoardo Graziadei
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Wide VR Virtual Space, la nuova galleria di Massimo De Carlo, è a tutti gli effetti uno spazio che va ad affiancarsi a quelli esistenti, superando il concetto tradizionale di galleria. Con la realtà virtuale non ci sono limiti e non esistono regole strutturali; per questo siamo convinti che sarà molto interessante sperimentare soluzioni che vanno oltre l’idea di architettura, permettendo ad artisti e curatori di attuare soluzioni impensabili nella realtà.
Marco Strappato Artista
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Artista Come ogni crisi, questa ha messo in evidenza ciò che andava cambiato e per inerzia o interesse è stato rimandato. Il lockdown ha minato tutte le nostre certezze, e ci ha chiesto di ripensarci, e questo non è in sé per sé negativo, anzi. La domanda è: sapremo cogliere questa opportunità? Penso all’inquinamento, che sembra abbia accelerato e aggravato la diffusione del virus; penso alla difficile sostenibilità del mondo culturale in un sistema che non riconosce le professionalità. Chissà che ora non sia il momento per ripensare l’economia globale, quella locale e il nostro modo di lavorare, di vivere.
Laura Valente
SURVEY
Quando è iniziata la pandemia stavo progettando una mostra dedicata al rapporto fra le tecnologie e la memoria dell’Internet. !Questo periodo di pandemia, che ha portato la società a vivere una condizione forzatamente immersiva nella Rete, ha costituito un osservatorio, a malincuore privilegiato, per chi si interroga su questi temi. Nel mondo dell’arte c’è stato un proliferare di attività online. Come essere vivente comprendo che una delle possibili reazioni alla paura sia quella della iperattività, un’altra possibile, che per me è stata spontanea in questo momento, è fermarsi a guardarsi e guardare.
Eva Frapiccini
MAGGIO L AGOSTO 2020
L’eccezionalità della condizione che abbiamo vissuto e stiamo vivendo non ci obbliga a confrontarci soltanto con l’ottimismo della speranza, che “tutto andrà bene”, che tutto “tornerà come prima” (ammesso che ciò sia davvero auspicabile). Piuttosto, ci offre la difficile ma preziosa opportunità di fare esperienza dell’incertezza, di quelle parti del sé che in genere sono obnubilate dalla fretta e dall’affastellarsi degli impegni, ma la cui essenza ci segna autenticamente. Un nucleo profondo dove c’è generosità e gioia, ma anche paura, vergogna, e coscienza della finitudine
#55
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Museo Madre – Napoli Il museo è un posto dove le persone vengono per concedersi un tempo dilatato e intimo, fatto di silenzi e pensieri pieni di rimandi ed evocazioni ma anche di imprevedibili collegamenti. Questo continueremo a farlo “a distanza di sicurezza” e, per il momento, utilizzando mascherine. Non credo che da questo punto di vista cambierà qualcosa. Come non cambierà la nostra voglia di vita e di bellezza.
45 Giovanna Melandri
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MAXXI – Roma In questo tempo sospeso ci siamo tutti resi conto — addetti ai lavori e non — che l’arte ricopre un ruolo fondamentale all’interno delle nostre vite: ci è servita, ci ha aiutato. L’abbiamo constatato attraverso una serie cospicua di iniziative assunte sul web da parte sia delle istituzioni che degli artisti; questi ultimi in particolare sono stati molto generosi, donando opere e producendo contenuti spesso gratuitamente. L’auspicio è che il desiderio di arte continui e si rafforzi anche in futuro, restituendo finalmente agli artisti il giusto ruolo nella società.
Durante la quarantena ci siamo trasformati in un broadcaster di contenuti online che hanno avuto un riscontro pazzesco. Credo che la chiave sia stata quella di non mettere solo il già visto, ma di aver chiesto a intellettuali e creativi di produrre contenuti originali. Questa progettualità online dev’essere un ponte per il Maxxi in presenza. Io credo che la funzione sociale del museo sia l’anima educativa, e la nostra è una scelta in controtendenza, in un momento in cui molti musei internazionali sono andati nella direzione opposta.
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Cristiana Perrella MAGGIO L AGOSTO 2020
#55
51 Luigi Fassi
Centro Pecci – Prato
MAN – Nuoro
Nei prossimi mesi il rapporto fisico con i nostri spazi sarà riservato principalmente a un pubblico di prossimità e questa sarà spero l’occasione per aumentare la familiarità dei cittadini con il museo, per stabilire una maggiore consuetudine rispetto alla sua frequentazione, anche grazie all’ingresso gratuito. Altrettanto importante sarà utilizzare lo spazio del digitale per mantenere vivo il discorso critico, lo scambio con una comunità più vasta e internazionale, in un momento in cui la condivisione di pensiero, di contenuti, il confronto tra posizioni ed esperienze è più essenziale che mai e può generare nuovi protocolli per l’arte.
La priorità è salvaguardare le professionalità di tutti, affinché nessuna venga dispersa o debba rischiare di soccombere. Penso innanzitutto agli artisti e alla necessità di mantenere una loro sostenibilità professionale ma anche a categorie come quella degli operatori di mediazione e didattica nelle istituzioni. Occorre uno sforzo cooperativo da parte di tutti e il mio auspicio è che a livello istituzionale prevalga un senso di solidarietà e cooperazione piuttosto che di competizione.
Antonio Lampis
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Direttore Generale Musei - MIBAC Dobbiamo sopperire con il digitale laddove non abbiamo risorse umane per fare determinati lavori di controllo, liberando personale per compiti a maggior valore aggiunto rispetto al controllo di biglietti o di flussi. Ad esempio, già prima avevamo la metà dei custodi necessari, e molti sono anziani e quindi una parte di loro rientrerà nella categoria fragile. Li dovremo lasciare a casa. Significa per molti musei l’impossibilità oggettiva di erogare un servizio completo. Dovremo quindi lavorare su orari ridotti e visite contingentate.
Paola Capata SURVEY
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Monitor Gallery – Roma/Lisbona Nel prossimo futuro ci serviranno molte cose. Prima di tutto di essere riconosciuti dal nostro Paese come gallerie d’arte con una funzione culturale e commerciale. E poi, in questo momento di quasi totale stasi e tempo dilatato, credo che il web possa davvero e finalmente essere un validissimo strumento, se adoperato nella giusta maniera, per rimanere in contatto con il nostro pubblico. L’importante è non fermarsi ma andare avanti, sempre con un chiaro senso di prospettiva e di visione.
Elena Mazzi
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Artista È necessario iniziare a regolamentare i rapporti di lavoro a partire dall’offerta digitale, pensare a come ridistribuire le risorse, riformando e ripensando le logiche dell’intero settore. Tutto questo può avvenire solamente a partire dal riconoscimento delle specificità delle professioni che operano nell’arte contemporanea, a livello nazionale e internazionale. Come artisti, bisogna saper dire “no” quando necessario, tornare a indignarsi su sfruttamento e ingiustizie, insieme.
Pamela Diamante Artista
Ludovico Pratesi
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Curatore e critico d’arte Credo che dovremo tutti abituarci a nuove modalità di lavoro, più lente e approfondite e, mi auguro, di maggiore qualità. Verranno tempi meno frenetici, e probabilmente più interessanti. Sarà l’occasione di studiare la nostra storia dell’arte della seconda metà del Novecento, ancora troppo poco indagata. Il digitale? È un mezzo, non un fine. Non credo possa sostituire del tutto la realtà, ma sopperirà alle problematiche del mondo fisico, messo a dura prova dal Coronavirus.
Rebecca Moccia
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Artista Durante questa crisi, eliminata ogni distrazione, sono emerse — anche per i più fervidi negazionisti — le gravi problematiche e le contraddizioni strutturali in cui stavamo vivendo. Siamo finalmente costretti, come art workers, come cittadini, come governi, a riconsiderare che: senza il riconoscimento del Paese o della comunità in cui si opera, per quanto talentuoso o profittevole tu sia, non puoi salvarti da solo; quello che fai non riguarda solo te ed è solo nel contesto in cui il tuo lavoro, la tua vita, la tua azione si colloca che essa assume un reale significato.
Lucrezia Longobardi 59 Curatrice Il ruolo del curatore cambierà, ma le ragioni di questo cambiamento sono da cercare nel nostro sistema dell’arte, e non nella pandemia di questi giorni. Probabilmente un virus ci aveva attaccati tempo fa, facendo germogliare figure professionali improvvisate e goffe, gallerie domatrici di un circo sinistro e musei poco incisivi. Per quanto riguarda i contenuti multimediali, immagino che l’attenzione esplosa rimarrà immutata, essendo un canale primario di comunicazione, mentre spero crescano le competenze di tutti coloro che ne usufruiranno e che, nell’immediatezza del momento, hanno dato vita a risultati poco incoraggianti che hanno delineato, in alcuni casi, soltanto la paura di scomparire.
55 José Graci
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Mazzoleni Art – Torino/Londra La vertiginosa accelerazione dei processi produttivi dettati dalle pressioni del sistema dell’arte aveva già dato luogo a una crisi valoriale, poiché l’identità dell’opera è spesso stata ridotta a mera mercificazione. Questa battuta d’arresto, in un momento in cui regna una totale incertezza immaginifica dell’avvenire, deve essere per l’artista l’attimo messianico, redentivo, che trasforma lo choc in chance, bisogna abbattere i vecchi modelli per costruire un’idea di futuro, bisogna assumersi la responsabilità di essere garanti per il futuro dell’arte.
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Si è delineato uno scenario in cui il sistema dell’arte non è rimasto passivo tra le proprie mura domestiche, ma anzi ha sfruttato questo periodo per studiare, creare, riesumare progetti impolverati e sfruttare al meglio i social media per interagire ancora di più. È stata una fase di blocco fisico da una parte, data l’impossibilità di spostarsi, raggiungere i musei, le biblioteche, le gallerie, ma altamente creativa dall’altra, che lascia trasparire un’embrionale rinascita, determinata soprattutto dalla volontà di comunicare idee.
#55 MAGGIO L AGOSTO 2020
SURVEY
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ALEX URSO [ artista e curatore ]
Gianluca Ascione (Gemona del Friuli, 1994) è considerato uno dei talenti più cristallini del nuovo fumetto italiano. Lo abbiamo intervistato e ci siamo fatti lasciare un racconto inedito: una storia che parla di amore, noia e quarantena.
MAGGIO L AGOSTO 2020
Gianluca Ascione
#55
Cosa vuol dire per te essere fumettista? Mi considero un autore che lavora con le immagini a 360 gradi. Il fumetto è solo una parte del mio lavoro. Lo sento come un linguaggio naturale sin da piccolo. La moltiplicazione delle immagini mi permette di sbloccare nuovi livelli di complessità, tecnica e contenuto. Questo gioco mi diverte e mi permette di riflettere, riordinare e masterare certe cose che acquistano significato in base a come le disegno/dispongo.
Tra qualche mese uscirà Sporchi e Subito, un’antologia di giovani autori curata da Fumettibrutti per Feltrinelli. Quanto sarà diverso il tuo racconto rispetto a Il grifone d’oro – il tuo primo albetto uscito nel 2018 per Canicola? Sicuramente un’esperienza editoriale nuova. Partecipare all’antologica con Buoni Propositi mi ha permesso di disegnare una nuova storia breve, di fare sperimentazione e di raccontare diversamente i soliti dissapori.
SHORT NOVEL
Pur avendo all’attivo pochissime pubblicazioni, sei ritenuto uno dei talenti più interessanti del “nuovo” fumetto italiano. Cosa ti piace raccontare? Mi piace partire da quello che succede nella mia vita, specie nelle relazioni sentimentali e sociali. La parte divertente è camuffare il tutto, cambiare il corso degli eventi, inserire personaggi, scompaginare le cose. Aprire me stesso e gli altri alle possibilità vissute anche solo sulla carta.
Come sta cambiando il tuo approccio al fumetto? Sperimento a ogni storia, quadro per quadro. Evito la macchinosità della routine e cerco di andare il più vicino possibile ai temi che tocco. E Magione, la storia che hai disegnato per Artribune, come si inserisce in questo percorso? Sono tavole tratte da un progetto che sto sviluppando con 134M13i, un appuntamento settimanale in videochat con due amici, dove ci scambiamo roba fino a quando non collassiamo. Ti stai preparando a uscire dall’Accademia di Bologna. Quali sono le difficoltà che vedi, se pensi al mondo del fumetto in senso professionale? Dubito possa essere un lavoro a tempo pieno. In Italia non ci sono molti soldi per la cultura e credo che questo sia un problema e crea un’idea di professionalità un po’ vuota. Io mi diverto, lavoro il più possibile con le immagini, col disegno, da più fronti… ma solo col fumetto starei fresko. /gianluke_ascion
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IN FONDO IN FONDO
MAGGIO L AGOSTO 2020
#55
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er quanto possa apparire incredibile – e in un certo senso, lo è – a metà di questo fatale anno bisestile, raccontare che cosa è accaduto è quasi altrettanto difficile che prevedere che cosa accadrà. Dopo migliaia di articoli, dopo un profluvio di post, e dopo una valanga di interventi e interviste mediali, l’unica lezione che forse abbiamo imparato dalla pandemia di Covid-19 è che azzardare previsioni, o tentare delle sintesi, è quanto mai rischioso. Ottime premesse, dunque, per dimenticare tutto il più in fretta possibile, e ricominciare esattamente come prima, come se nulla fosse successo, come se fossimo in un 2019 qualunque. Eppure questa volta è rimasto come un retrogusto dopo la sbornia di notizie spesso contrastanti, e te ne accorgi dagli sguardi straniti dentro i bar, dalla cautela quando ci si incontra tra amici, dai sorrisi forzati che si indovinano sotto le mascherine. Abbiamo finalmente capito qualcosa? I conclamati valori di solidarietà, aiuto reciproco, sostegno ai più deboli, senso di appartenenza hanno messo in soffitta l’egoismo di sempre, l’invidia sociale, il disinteresse per la cosa pubblica? Difficile dirlo. Per evitare ogni forma di retorica si potrebbe, con una mossa marxista forse démodé, osservare dei dati puramente economici – non quelli, infinitamente rimescolati, dei decessi, dei contagiati, dei tamponi e via elencando, ma quelli relativi ai capitoli di spesa del nostro Paese prima del Covid-19.
P
È molto semplice, perché grazie alla trasparenza basta verificarli sul sito budget.g0v.it, 2018, ed è anche piacevole perché, come si vede, forse per una inconsapevole suggestione à la Sloterdijk, il grafico che li rappresenta è stato disegnato per “bolle”. Ora, le bolle più grandi sono due: il “rimborso titoli del debito statale”, e la “tutela dei livelli essenziali di assistenza” – ossia, in parole povere, debito pubblico e sanità. O, in parole ancora più povere, finanza e sopravvivenza. Storicamente, non è improprio giudicare le civiltà in base agli obiettivi verso i quali esse investono le loro risorse. L’ossessione per la morte ha spinto per tre millenni gli antichi egizi a edificare incredibili dispositivi funerari, che vanno dalle piramidi alle navi rituali con le quali traghettare i defunti, e, in modo analogo, il senso di un ignoto aldilà ha portato l’Occidente medievale a innalzare centinaia di vertiginose cattedrali. Probabilmente, loro, si sbagliavano. Ma noi - siamo sicuri di essere nel giusto? Nel nostro caso, si direbbe che questi dati svelino i nostri effettivi propositi collettivi. Noi siamo la prima civiltà nella storia umana per la quale contano, più di ogni altra cosa, due astrazioni fondamentali: il dominio non di cose materiali, ma di puri strumenti finanziari, e il prolungamento non di una vita autentica, ma della nuda durata biologica. E una cosa è certa: questi valori non ci vengono imposti da un qualche potere occulto, perché sono espressione di un sentire, questo sì, del tutto condiviso, e che vede non solo lo Stato nel suo insieme,
ma ciascun singolo per conto suo, impegnato nello stesso identico sforzo. Essi segnano dunque – nel bene e nel male – il nostro ultimo orizzonte metafisico, quello sul cui altare siamo pronti a sacrificare qualunque virtù, qualunque bene, qualunque speranza. La cattiva notizia è che, con ogni probabilità, lo scenario post-pandemico non farà che ingrandire ancor di più le due bolle principali, a scapito di tutte le altre. La notizia buona è che si tratta appunto di “bolle”, di rigonfiamenti instabili su una superficie in effervescenza continua. La forma stessa del grafico propone, accanto alle ipostasi egemoni, tante altre emergenze, anche se infinitamente più piccole. E, se avete pazienza, potete anche trovare un minuscolo cerchietto intitolato “promozione dell’architettura e dell’arte contemporanea, del design e della moda”. Provare a ingrandirlo un po’, se non come “capitolo di spesa”, almeno come elemento di riflessione sul predominio degli altri cerchi, potrebbe essere un valido antidoto all’ideologia in cui, spesso senza saperlo, siamo immersi.
L
DIMMI COME SPENDI... testo e screenshot di
MARCO SENALDI [ filosofo ] L
Allan Kaprow, Figures in Yellow Interior, 1954, olio su tela Allan Kaprow Estate. Courtesy Hauser & Wirth
I WILL ALWAYS BE A PAINTER – OF SORTS Drawings, Paintings, Happenings, Environments
MUSEO NOVECENTO
Piazza Santa Maria Novella 10, FIRENZE
fino al 05.10.2020 In collaborazione con
Hauser & Wirth