SALONE FUORI SALONE 2022
EDIZIONE STRAORDINARIA
BIMESTRALE - COPIA EURO 0,001 - SUPPLEMENTO N. 1 AD ARTRIBUNE MAGAZINE N. 67
DESIGN MILANO
centro/00826/06.2015 18.06.2015
SALONE FUORI SALONE 2022 anno xI | 67 | giugno L agosto 2022 Supplemento n. 1 A CURA DI Giulia Marani DIRETTORE RESPONSABILE Marco Enrico Giacomelli DIRETTORE Massimiliano Tonelli PUBBLICITÀ & MARKETING Cristiana Margiacchi | 393 6586637 Rosa Pittau | 339 2882259 adv@artribune.com EXTRASETTORE downloadPubblicità s.r.l. via Boscovich 17 - Milano via Sardegna 69 - Roma 02 71091866 | 06 42011918 info@downloadadv.it REDAZIONE | EDITORE via Ottavio Gasparri 13/17 - Roma redazione@artribune.com PROGETTO GRAFICO Alessandro Naldi STAMPA CSQ – Centro Stampa Quotidiani via dell’Industria 52 – Erbusco (BS) IN COPERTINA AMC with Marta Giardini, photo Mark Glassner A DESTRA Tobia Zambotti, Sea Level Rise Chair Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 184/2011 del 17/6/ 2011 Chiuso in redazione il 27 maggio 2022 HANNO COLLABORATO: Luca Adornato, Marta Atzeni, Gisella Borioli, Giulio Cappellini, Alberto Cavalli, Flavia Chiavaroli, Davide Fabio Colaci, Giulia Cugnasca, Ernesta Del Cogliano, Angela Florio, Matylda Krzykowski, Alma Lopez, Giorgia Losio, Giulia Mura, Jenny Nguyen, Felipe Pantone, Alessandra Quattordio, Chiara Rodriquez, Giulia Ronchi, Marialaura Rossiello Irvine, Annalisa Rosso, Valentina Silvestrini, Sara Villani, Liz Wert, Richard Yasmine, Giulia Zappa, Nadja Zerunian
R EALTÀ AUME N TATA 1 Inquadra il QR Code e scarica la app Artribune Speciale Design (compatibile con Android versione 7 e iOS versioni 11 e superiori) su Play Store o App Store. 2 Inquadra le immagini che trovi contrassegnate dal simbolo AR+ e scopri la Realtà Aumentata.
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egli ultimi due anni, l’idea di comunità è stata messa in crisi in diversi modi. La pandemia ha rarefatto la vita sociale, mentre il fatto che ognuno di noi potesse rappresentare un veicolo di contagio ha portato i progettisti a indirizzare i loro sforzi verso lo studio di scudi personali e barriere piuttosto che di luoghi d’incontro o oggetti conviviali. Il ritorno della guerra sul suolo europeo, infine, ha messo in evidenza, se mai ce ne fosse stato il bisogno, che vivere insieme negli stessi spazi – o su uno stesso territorio – è un esercizio tutt’altro che banale. Per questo, ci è sembrato il momento giusto per proporre una lettura della design week milanese incentrata sulle visioni collettive. Tra gli innumerevoli progetti, mostre e proposte del Salone del Mobile e del Fuorisalone abbiamo selezionato quelli che secondo noi sottolineano il ruolo del design nel federare persone ed energie. La poliedrica Matylda Krzykowski, ad esempio, ragiona sul significato profondo dell’aggettivo “accogliente” e su quali caratteristiche facciano di una stanza un luogo che non vorremmo più lasciare. I designer e gli artisti di Zaventem Ateliers si spostano dalla periferia di Bruxelles all’hinterland di Milano per mostrare cosa voglia dire lavorare in una factory multidisciplinare, una sorta di piccolo Bauhaus dei giorni nostri, e magari invogliare altri a riproporre quel modello. I giovani progettisti riuniti al BASE e alla Stecca 3.0, nel quartiere Isola, lavorano sull’innesco di meccanismi virtuosi che potrebbero realmente cambiare il volto della nostra società se applicati su larga scala, dal commercio basato sullo scambio e sul dono all’upcycling dei materiali di scarto per creare nuovi prodotti in maniera sostenibile, e lo fanno cooperando e tenendosi reciprocamente aggiornati. Abbiamo raccolto, insomma, una serie di utopie possibili e, soprattutto, condivise. di GIULIA MARANI
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© Ph. Paul Raeside
Showroom | Piazza San Marco 4 | Milano | Italy
londonartwallpaper.com
Showroom | Chelesea Harbour | London | UK
LE INSTALLAZIONI Immersive e ultratecnologiche, monumentali, o ancora delicate e suggestive. Le grandi installazioni stanno al Fuorisalone come il panettone al Natale: possiamo criticarle, preferire una "farcitura" a un’altra, ma è impossibile farne a meno. a cura di GIULIA MARANI
OSSERVATORIO SALONE
A PASSO DI DANZA
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Fondato nel 2004 da Innocenzo Rifino e Diego Rossi, lo studio milanese Habits si muove sul crinale tra design di prodotto e interaction design. Ha lavorato a lungo con la luce, per esempio disegnando lampade di successo come Zeno e Honeycomb per Luceplan, prima di imbarcarsi in un lavoro pionieristico sugli oggetti interconnessi con un nuovo indirizzo di ricerca, Digital Habits, e una collezione di device multisensoriali in grado di interagire in maniera inedita con i loro utilizzatori e innescare sineste-
sie grazie alla tecnologia. A Superstudio Più presenta un’installazione che si preannuncia coinvolgente: Sincronia è un’“arena luminosa interattiva”, un grande cerchio formato da oltre 40 moduli in legno e carta, con oltre 5.000 LED controllati digitalmente che reagiscono ai movimenti dei danzatori della compagnia Kataklò Athletic Dance Theatre generando effetti di luce e colore.
IN EQUILIBRIO
STREET ART PER L’AMBIENTE
NEL SEGNO DEL METALLO
Via Lanzone 13 taktproject.com
Via Tortona tortona.rocks
Via Simone Saint Bon 1 nm3.xyz
Dopo aver conquistato il pubblico del Fuorisalone nell’ultima edizione prepandemica mettendo in scena una miriade di stalattiti luminose in uno dei tunnel dei Magazzini Raccordati, sotto i binari della Stazione Centrale, Takt Project ha riempito di fiori bianchi la chiesa di San Bernardino alle Monache, nel distretto di 5Vie. Il lavoro dello studio giapponese fondato da Satoshi Yoshiizumi, insieme poetico e tecnologico, si intitola As it is. Equilibrium flower e si appoggia sullo stesso sostrato filosofico dell’ikebana, l’antica arte dell’arrangiare i fiori. I boccioli sono realizzati in uno speciale tessuto a maglia termosolidificabile e si sintonizzano con l’ambiente esterno al momento di fiorire in un modo che può essere accostato al funzionamento degli ecosistemi naturali, in cui tutte le parti tendono a creare, o ricreare, una situazione di equilibrio.
Via Tortona 27 habits.it
Si riallaccia a quanto proposto nel 2019 IQOS, che all’interno del programma di Tortona Rocks affida la palazzina di fronte all’entrata di Opificio 31, allora trasfigurata dall’opera site-specific dell’artista Alex Chinneck, alle cure della Truly Design Crew. Il gruppo di street artist torinese, famoso per i suoi coloratissimi interventi di riqualificazione urbana, dalle facciate di Porta Palazzo ai campi da basket, ha realizzato un’opera di arte pubblica temporanea dalle dimensioni imponenti che gioca sull’anamorfosi, cioè su una deformazione prospettica che ne consente la corretta visione da un determinato punto di vista. Prima di essere dipinta, la superficie è stata trattata con una particolare vernice che purifica l’aria, trasformando agenti inquinanti come il monossido di carbonio o il benzene in molecole di sale.
in alto e in senso orario: L Sincronia, courtesy Habits Design Studio L NM3 e Laufen, A room concept, photo Piercarlo Quecchia L Schizzo preparatorio dell’opera di Truly Design Crew, courtesy Tortona Rocks L Takt Project, As it is. Equilibrium flower, photo Masayuki Hayashi
Essere contemporanei senza dimenticare la lezione del passato, nello specifico del modernismo e dal razionalismo, e utilizzando il metallo come materiale d’elezione: è la missione dello studio di product e interior design NM3, fondato a Milano da due progettisti formatisi al Politecnico, Francesco Zorzi e Nicolò Ornaghi, e dal fotografo di architettura Delfino Sisto Legnani. In una delle stanze di Alcova, propongono insieme a Laufen A room concept, un’installazione che rende omaggio ai pezzi in serie limitata nati dalla loro collaborazione con l’azienda svizzera mostrandone la forza visiva. Gli oggetti, smaterializzati e proiettati su un grande LED wall, dialogano con la loro controparte fisica, due monoliti free-standing in acciaio inox lucido, all’interno di uno spazio che risuona come un gigantesco sound-system.
MILANO DA BERE
La città, gli aperitivi e il design: tra questi tre elementi c’è una lunga storia d’amore. I temporary bar del Fuorisalone rappresentano un’installazione nell’installazione, luoghi di incontro, oltre che un modo per reinterpretare spazi, materiali, maestri e per sperimentare insolite collaborazioni tra creativi e brand. a cura di GIULIA MURA
OSSERVATORIO SALONE
IL CAFFÈ DEL CIRCOLO BY STUDIO IRVINE
Dopo anni a Palazzo Litta, MoscaPartners quest’anno organizza Design Variations 2022 all’interno di una nuova, straordinaria location: il Circolo Filologico Milanese, la più antica istituzione culturale della città, ospitata in uno splendido palazzo liberty, situato a pochi passi dal Teatro alla Scala, che si rinnova grazie alla reinterpretazione del bar al piano terra, curato da Marialaura Rossiello Irvine, che dice: “In dialogo con l’architettura dell’edificio, abbiamo immaginato di vestire Il Caffè del Circolo di diverse materie, in un processo di makeover permanente che ricostruisce l’esistente e nasce come un melting pot di materia, texture e colore”. Una serie di ambienti sereni e intimi, suddivisi nelle aree bar, zona lettura, lounge e giardino interno, in cui ogni elemento del progetto è stato selezionato o appositamente disegnato dallo studio per generare un'amalgama coesa e un’estetica ben definita, accomunata da diverse nuance cromatiche. Le parole chiave del progetto? Identità, originalità e monomatericità.
Bar e design: un’accoppiata vincente 1859 Nasce la n. 14 di Thonet, la “sedia da bistrot” per antonomasia
1907 A Vienna apre l’American Bar disegnato da Adolf Loos
1961 I fratelli Castiglioni progettano lo Splügen Bräu Bar, un’elegante birreria nel centro di Milano
1962 La macchina da caffè Pitagora di Cimbali (design Achille e Pier Giacomo Castiglioni) vince il Compasso d’Oro
1967 Sempre a Milano, apre il Bar Basso, che sarà ritrovo di designer e artisti
1979 Ettore Sottsass progetta lo shaker 5050 per Alessi
INSPIRED IN BARCELONA: A GATHERING PLACE
Reinterpretare quel mostro sacro di Adolf Loos. In particolare ispirandosi a una delle sue opere più iconiche, l’American Bar di Vienna del 1907. Un progetto che Davide Fabio Colaci descrive come “d’avanguardia e inclusivo, capace in pochissimi metri quadri di riscrivere formalmente i costumi e i modi dello stare insieme di una società in profonda evoluzione”. “Con la stessa ambizione”, spiega l’architetto, “abbiamo immaginato di ricostruire la facciata all’interno del teatro Arci Bellezza, dando vita a uno spazio tra l’eretico e lo scenografico, capace di evocare lo spirito di un luogo che tanto aveva ossessionato Loos nella ricerca di un moderno modo di vivere il tempo libero”. Un progetto, quello di Loos, di tale ispirazione – per il suo uso del marmo, in primis, e il suo “valore di superficie” – che l’azienda veneta Marimar ha scelto di reinterpretarlo in chiave contemporanea per presentare la nuova collezione Stones. Nel Marble Bar, il temporary bar aperto al pubblico firmato da Colaci con Luisa Bertoldo, a farla da padrone sono gli accostamenti cromatici, materici e di texture.
Nel cuore di Brera arriva per la terza volta Inspired in Barcelona: a gathering place, mostra itinerante che promuove la cultura dei bar di Barcellona (da assaggiare l’aperitivo con il Vermouth, il vino aromatizzato torinese più in voga nelle strade della città), con i suoi colori e la sua energia, ma anche grafica, illustrazione e, ovviamente, interior design. Sono oltre trenta le aziende coinvolte in questo progetto e quindici le realtà di food design, suddivise in Inspiring tables, uno spazio che vuole stimolare esplorazioni gastronomiche e progetti di interni innovativi, e Un luogo di ritrovo, dove, con un mood informale e coinvolgente, si alternano otto diversi bar. Un susseguirsi di spazi segreti, convergenti attorno a uno dei cortili più fotografati della vecchia Milano, interpretati e connessi grazie al progetto curatoriale di Martin Azúa.
Via Bellezza 16a marimar.net
Via Madonnina 12 inspiredinbarcelona.com
Via Clerici
Via Madonnina
Via Bellezza
Via Clerici 10 moscapartners.it
MARBLE BAR BY DAVIDE FABIO COLACI E LUISA BERTOLDO
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RADICALI LIBERI Circoscritta nel tempo e nello spazio, l’esperienza di Memphis ha saputo proiettare un cono di luce molto ampio intorno a sé, influenzando l’estetica dei decenni successivi. di GIULIA MARANI
OSSERVATORIO SALONE
UNA SERA, NEGLI EIGHTIES
Una sfilata un po’ particolare, in cui i "mannequin" sono arredi iconici che, com’è naturale che sia, stanno fermi sul podio mentre i visitatori si spostano in un’atmosfera da club, con musica techno e scritte luminose: è l’originale allestimento, ispirato agli Anni Ottanta e ai loro must, della mostra Memphis Again diretta e curata da Christoph Radl e realizzata in collaborazione con Memphis Milano. I mobili e gli oggetti, oltre 200, portano le firme dei designer del gruppo, da Andrea Branzi a Michele De Lucchi passando per Shiro Kuramata e Aldo Cibic e sono stati realizzati tra il 1981 e il 1986. Ai pezzi di grandi dimensioni come il Tawaraya Ring di Masanori Umeda e la libreria Carlton di Ettore Sottsass si affiancano piccoli, curiosi “animaletti” domestici come la lampada Super di Martine Bedin. Via Alemagna 6 triennale.org
PAESAGGI DI PORCELLANA
“Eclettica” è forse l’aggettivo migliore per descrivere Nathalie Du Pasquier. L’artista e designer originaria di Bordeaux, ma residente a Milano dal 1979 e tra i componenti del Memphis Group, riesce a riversare il suo universo creativo complesso su supporti diversi dando vita a opere di ogni genere – dipinti, libri, tappeti, rivestimenti – in bilico tra astrazione e realismo. A un anno dalla mostra personale al MACRO di Roma, presenta a Casa Mutina una collezione di pezzi unici in ceramica, fatti a mano in Italia secondo tradizione nell’ambito del progetto Mutina Editions. Gli oggetti sono inseriti in una scenografia dinamica che incorpora le Mattonelle Margherita, in grès porcellanato smaltato e contraddistinte da trame grafiche che possono essere abbinate tra loro per comporre 41 pattern diversi. Via Cernaia 1a mutina.it
LA PROUST VA IN SICILIA
Icona assoluta del design, la poltrona Proust di Alessandro Mendini è stata progettata nel 1978, nel periodo dello Studio Alchimia, ma rappresenta una delle prime emersioni di quell’estetica massimalista che Memphis porterà con gran clamore nel mondo della produzione industriale. Il designer calabrese Antonio Aricò ne offre una rilettura ispirata all’immaginario del sud Italia e alle sue tradizioni artigianali per il brand siciliano Orografie. La poltrona Agata, un tripudio di figure intagliate nel legno e di motivi ornamentali barocchi, porta il nome della santa patrona di Catania ed è stata disegnata a partire dai simboli del Busto Reliquario in argento realizzato da Giovanni di Bartolo nel 1376. Delle versioni “pop”, tutte diverse perché personalizzate in maniera estemporanea con bombolette spray dai colori metallici, saranno prodotte nel corso di una performance. Via Clerici 10 orografie.com
in alto: Agata Aricò, Orografie, render versione pop a sinistra: Nathalie Du Pasquier, Mutina, Paesaggi
L’INTELLIGENZA DEL SILICONE
Milanese adottivo, anche se britannico di nascita, e tra i sodali di Sottsass fin dagli Anni Settanta, George Sowden ha fondato nel 2010 il marchio Sowden, specializzato in ricerca e sviluppo nell’illuminazione. Da 44Spazio svela il catalogo di Shades, coloratissime lampade. L’idea alla base di questo progetto, insieme autoriale e democratico (la versione portatile da tavolo, nello store online del MoMA di New York, ha un prezzo a due cifre), nasce dall’osservazione casuale di come la luce si diffonde attraverso il silicone, un materiale industriale atossico e a bassa manutenzione, dal momento che resiste bene agli urti e tende a mantenere le sue caratteristiche inalterate nel tempo. sopra: Portable Lamp, photo Alice Fiorilli in alto: photo © Delfino Sisto Legnani e Alessandro Saletta
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Corso di Porta Nuova 44 georgesowden.com
IN MOSTRA Impossibile riuscire a visitare tutto, nel fittissimo palinsesto di eventi del Fuorisalone. Vale la pena però segnalare quattro esposizioni – molto diverse tra loro ma imperdibili, per contenuti e location – in cui fare tappa obbligata. di GIULIA MURA
ALDO ROSSI AL MUSEO DEL NOVECENTO
fino al 2 ottobre Piazza del Duomo 8 museodelnovecento.org
JOE COLOMBO ALLA GAM
All’incontenibile fantasia e al costante interesse verso nuove forme di progresso di uno dei maestri del Novecento è dedicata la mostra Caro Joe Colombo, ci hai insegnato il futuro, curata da Ignazia Favata (già sua assistente e oggi direttrice dello Studio Joe Colombo) e organizzata da Suazes con la Galleria d’Arte Moderna di Milano e l’Archivio che dagli Anni Settanta conserva il lavoro del celebre architetto e designer. Nelle sale della GAM va in scena il racconto della storia e delle idee di un visionario scomparso troppo presto, a soli 41 anni – non a caso definito da Stefano Casciani e Anna Del Gatto il “profeta del design” per la sua capacità di prevedere e anticipare i traguardi della disciplina, dalla tecnologia ai materiali. fino al 4 settembre Via Palestro 16 gam-milano.com
Olivetti è l’azienda che ha vinto più Compassi d’Oro, sedici in tutto, nella storia del premio. Il suo modello di impresa, inoltre, ha esteso la sua influenza ben oltre i confini del nostro Paese, diventando un esempio di inclusività, concretezza e responsabilità civile. È del tutto naturale, quindi, che il museo dell’ADI abbia scelto non soltanto di approfondire i progetti vincitori, realizzati nel periodo compreso tra il 1954 e il 2001, ma di imbastire un discorso complessivo che tenga conto anche dell’eredità di quella emozionante avventura. Podium 16. I Compassi d’Oro di Olivetti, a cura di Manolo De Giorgi, è anche un omaggio a quattro grandi progettisti, ognuno dei quali incarna un’idea della macchina: simile a un’automobile per Marcello Nizzoli, dotata di un’estetica autonoma e vicina all’ambiente domestico per Ettore Sottsass, paragonabile a una protesi o a un’estensione del corpo secondo Mario Bellini e a una sorta di gadget intelligente nella visione di Michele De Lucchi. fino all’11 settembre Piazza Compasso d’Oro 1 adidesignmuseum.org
LA MANUFACTURE AL POLDI PEZZOLI
Quando si dice collaborazioni creative, tra brand e designer, tra brand e istituzione museale. Il designer veneziano Luca Nichetto è stato chiamato dall’azienda francese La Manufacture a immaginare un percorso creativo che racconti gli 871 giorni dalla prima presentazione dell’ambizioso sogno del suo presidente Robert Acouri. Il risultato è la mostra 871 days, 50 products, 17 designers and 1 single color. Una selezione di oggetti e arredi che intrattiene una conversazione con le sale del museo producendo dissonanze estetiche accattivanti: Nichetto opta infatti per immaginare La Manufacture come un cantiere in trasformazione e un hub creativo dinamico, selezionando pezzi in una singola nota di arancione. Il colore, ispirato alle pettorine indossate dagli operai, diventa protagonista di nuove edizioni degli iconici oggetti di design.
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Proseguendo il dialogo interdisciplinare tra le arti, caratteristico della contemporaneità, il Museo del Novecento ospita Aldo Rossi. Design 1960-1997 a cura di Chiara Spangaro, in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi e Silvana Editoriale. Una mostra in cui sono esposti per la prima volta insieme oltre 350 tra arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni realizzati tra il 1960 e il 1997, anno della scomparsa dell’architetto e designer. Il percorso approfondisce la figura di uno dei protagonisti della cultura visiva del XX secolo, conducendo lo spettatore in un racconto inaspettato, immaginifico e spettacolare che si muove tra forma e uso, classicità, ironia e metafisica.
16 VOLTE OLIVETTI ALL’ADI DESIGN MUSEUM
dal 6 al 12 giugno Via Manzoni 12 museopoldipezzoli.it dall'alto: L Aldo Rossi. Design 1960-1997, installation view at Museo del Novecento. Photo Francesco Carlini L Joe Colombo, Carrello musica per CODICEICONA, 1967. Codice 0010, courtesy CODICEICONA srl L Podium 16. I compassi d'oro di Olivetti, photo Martina Bonetti L Luca Nichetto, preview della mostra, courtesy La Manufacture
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BRERA IN FIORE La natura nelle sue varie forme, addomesticata come le piante nel negozio di un fioraio o selvatica come gli alberi che formano un bosco, è la base su cui si innesta parte del discorso di uno dei distretti più longevi del Fuorisalone. a cura di GIULIA MARANI
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DI STELI E DI SPECCHI
Cristina Celestino porta il suo tratto elegante e delicato in una delle boutique storiche di via Manzoni: il fioraio Radaelli, in attività dalla seconda metà dell’Ottocento. La progettista friulana ha riletto lo spazio progettato da Guglielmo Ulrich nel 1945 creando un allestimento che integra alcuni pezzi originali disegnati per il suo brand Attico Design e magnifica le estetiche preesistenti giocando sul rapporto tra oggetti di design e natura rigenerante con il contributo di partner come Limonta (per i tessuti), Billiani (per le sedute) e cctapis (per i tappeti). Uno degli elementi più visibili in Florilegio, questo il titolo dell’intervento, è la presenza di numerosi oggetti specchiati, che contribuiscono a espandere i confini dell’ambiente celebrandone la vocazione in maniera al tempo stesso ironica e magica.
Monaco di Baviera in una serra. È al suo estro che Porsche si è affidata per la sua prima partecipazione alla design week, con un’installazione onirica e immersiva a Palazzo Clerici. La designer ha collaborato con ingegneri di volo e piloti di droni per offrire ai visitatori un’esperienza artistica innovativa, capace di coniugare l’aspetto fragile ed etereo dei fiori con contenuti tecnologici all’avanguardia e di prendere vita grazie a performance coreografate. Il cortile della dimora settecentesca ospita anche un temporary bar, corsi di yoga e meditazione, per rinfrancare corpo e spirito.
Di origini australiane e di stanza a Berlino con il suo studio Mary Lennox, la floral designer Ruby Barber sembra avere delle affinità elettive con il mondo dell’automobile. Lo scorso anno, per esempio, ha trasformato lo spazio di Mercedes-Benz a
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Via Brera 28 prada.com
Via Clerici 5 marylennox.de
RIFLETTERE SULLA FORESTA BOUQUET CONTEMPORANEO
Via Manzoni 16 cristinacelestino.com
L’ARTE DEI SOGNI
Antonelli, critici come Alice Rawsthorn, scrittori del calibro di Amitav Ghosh e artisti “visionari” come Alexandra Daisy Ginsberg, che ha fatto degli odori il suo principale terreno di ricerca.
L’ecosistema silvano è il punto di partenza del simposio a carattere multidisciplinare coordinato da Formafantasma, studio di design dall’approccio radicale già autore di una approfondita indagine sullo stato delle foreste e la governance dell’industria del legno (Cambio, progetto partito nel 2021 su impulso delle Serpentine Galleries di Londra). Il programma di Prada Frames – On Forest, che si svolge alla Biblioteca Braidense, dal 6 all’8 giugno, e prevede due sessioni al giorno tra letture, dibattiti, conversazioni e proiezioni video, si articola intorno all’indagine del ruolo del design come agente di cambiamento. Tra le personalità coinvolte ci sono curatori come Paola
Alfiere di un design sostenibile e desiderabile, il francese Sam Baron presenta all’interno dello showroom del marchio di tappeti su misura made in Hong Kong Tai Ping un’affascinante scenografia che reinterpreta il classico motivo floreale del bouquet. Al centro di Florae Folium, che prende pieno possesso dello spazio sfruttandone tutte le superfici, ci sono tre tappeti originali disegnati da Baron per il brand con strumenti “antichi” come matite, gesso, pennelli e colori: Regalis, Borealis e Anamorphosis. La loro realizzazione ha messo alla prova la perizia tecnica degli artigiani di Tai Ping, che hanno utilizzato fino a 103 colori di filati per rendere con verosimiglianza le nuance delle diverse varietà di fiori e di foglie. Piazza San Simpliciano taipingcarpets.com dall'alto: L Attico Design, Vaso Florilegio L The Art of Dreams Milano Teaser render © Porsche L Prada Frames, Key visual, photo credit Formafantasma L Tai Ping, Florae Folium, Sam Baron Installation
TRA ARTE E DESIGN In bilico tra lo statuto di opera d’arte e quello di oggetto funzionale, gli artefatti al centro delle mostre collettive di cui vi parliamo hanno in comune il fatto di testare i limiti dei materiali suggerendone nuovi usi. a cura di GIULIA MARANI
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TOTEM A PIÙ MANI
Una processione di totem in ceramica nella Cattedrale della Fabbrica del Vapore, là dove una volta si alzavano sbuffi di fumo dalle macchine usate per produrre i tram della Carminati Toselli. È il cuore della mostra con cui l’ISIA di Faenza, tra le esperienze più interessanti nel panorama della formazione italiano proprio per la sua capacità di far dialogare design e artigianato artistico, presenta i lavori degli studenti degli indirizzi Prodotto e Comunicazione. Le 14 sculture sono state realizzate nel corso di un workshop condotto dall’artista napoletano Diego Cibelli, che ha guidato ragazzi e ragazze nella manipolazione del materiale ceramico e perfino, in fase preliminare, nello studio di particolari impasti adatti ai due tipi di foggiatura richiesti dal progetto: a colaggio, per i “corpi” dei totem, e allo stato plastico, per le decorazioni. A Fabbrica ISIA Faenza è stato dedicato anche un libro, curato dalla Presidente Giovanna Cassese e dalla Direttrice Maria Concetta Cossa. Via Procaccini 4 isiafaenza.it
Fabbrica ISIA Faenza, allestimento, photo Andrea Piffari
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UNA CASA DI PIETRA
Antonella De Nisco, Monocle, courtesy Green Island
ECO-DESIGN E OPERE D’ARTE PER VIAGGIATORI
L’atrio della stazione di Porta Garibaldi diventa un parco fiorito grazie alla 20esima edizione di Green Island, il programma di valorizzazione del verde urbano e del design sostenibile nato per iniziativa di Claudia Zanfi e del suo Atelier del Paesaggio. Il Giardino di Flora realizzato appositamente per lo scalo ferroviario con vegetazione proveniente dal Vivaio Coccetti ospita le opere d’arte delicatissime di Antonella De Nisco, basate sull’intreccio di materiali naturali come i rami degli alberi o il midollino, gli scatti a tema floreale del duo fotografico Bloom&Me e le arnie per api solitarie ideate da Caracol e stampate in 3D usando l’acido polilattico o PLA, una bioplastica prodotta a partire da zuccheri di origine naturale. Quest’ultimo progetto si riallaccia a una serie di azioni a tutela delle api già portate avanti nel corso delle edizioni precedenti di Green Island, per esempio con la costruzione del primo apiario d’artista a Milano (nel 2015) e l’organizzazione di corsi di apicoltura urbana. Stazione RFI di Porta Garibaldi amaze.it
La designer olandese Sabine Marcelis e OMA, lo studio di architettura fondato da Rem Koolhaas, presentano una collezione di pezzi unici realizzata per SolidNature. Monumental Wonders è un progetto a cavallo tra arte e design che cerca di aprire la strada a nuovi usi delle pietre naturali mostrandone le potenzialità, messo in scena con perizia e con l’intento di offrire un’esperienza immersiva nelle cinque stanze della Lavanderia dell’ex-Ospedale Militare di Baggio ad Alcova. Scopriamo, quindi, che una lastra di marmo può diventare un letto – Inhabitable, design OMA – e che un maestoso monolite di onice rosa può essere usato per dare vita all’installazione artistica di un bagno, che porta il tratto inconfondibile di Marcelis, mentre un blocco di pietra naturale a finitura grezza può addirittura essere trasformato in una presa di corrente (e garantire l’approvvigionamento elettrico necessario all’intero percorso espositivo). Via Simone Saint-Bon 1 solidnature.com
Monumental Wonders, courtesy SolidNature
in collaborazione con
Gaggenau
Gaggenau, visual frontale dell'installazione
A STATEMENT OF FORM U na scultura attraversabile che fa della geometria e del rapporto tra pieni e vuoti i suoi punti di forza, con un “cuore” pieno di vapore: è l’installazionemanifesto A Statement of Form, progettata dallo studio di architettura 1ZU33, con cui Gaggenau partecipa per la prima volta al Fuorisalone. L’azienda tedesca, specialista negli elettrodomestici built-in per la cucina domestica di fascia luxury, ha scelto come location Villa Necchi Campiglio, affascinante dimora storica disegnata negli anni Trenta da Piero Portaluppi e parte del circuito delle Case Museo di Milano. Con l’obiettivo di mettere in scena una visione futuristica ma del tutto plausibile della cucina di domani, e volendo giocare sul contrasto tra texture diverse richiamando al tempo stesso i materiali durevoli con cui realizza i suoi prodotti, ha chiamato a partecipare al progetto altre realtà che condividono con lei un approccio “no frills” basato sulla sostanza della materia, affidabilità tecnologica abbinati ad un gusto per il design
Gaggenau, visual laterale dell'installazione
rigoroso e senza tempo. Salvatori, che lavora la pietra naturale da più di mezzo secolo, ha messo a disposizione i sui marmi. Kaufmann ha portato la sua esperienza nei rivestimenti in ceramica, realizzati coniugando tecnologia e savoir faire artigianale. Lo chef Christian Jürgens, tre stelle Michelin, è pronto ad accompagnare i visitatori lungo il percorso espositivo regalando loro intense suggestioni culinarie.
L’installazione ha anche la funzione di luogo d’incontro per la comunità del design, ospitando gli interventi di architetti, designer e altri professionisti che gravitano nel mondo del progetto, e facilitando connessioni e scambi di idee. Sarà possibile per il pubblico assistere ai panel talk anche in live streaming.
Gaggenau A Statement of Form
Villa Necchi Campiglio Via Mozart, 12 gaggenau.it
apertura al pubblico dal 7 all’11 giugno, accesso previa registrazione dalle ore 11 alle 17 Registrazione e info sui protagonisti dei virtual panel talks: gaggenau-fuorisalone.com/ booking
LA MAPPA DEI DISTRETTI a cura di GIULIA MARANI
La tendenza era in atto già da qualche tempo, ed è ancora più marcata in questa edizione: il Fuorisalone si dilata nello spazio conquistando territori vergini sempre più lontani. Le periferie sono il nuovo centro?
OSSERVATORIO SALONE
ALCOVA
i format più apprezzati lo 1 Tra scorso anno, Alcova nelle stanze abbandonate dell’ex Ospedale Militare di Baggio è diventato un nuovo classico. E cresce, inglobando un altro grande edificio adiacente ai tre che nel 2021 avevano ospitato i lavori di designer indipendenti, gallerie e aziende. È stata la bizzarra forma a “E” di questo nuovo spazio a suggerire un nome adatto ai curatori, Joseph Grima e Valentina Ciuffi: E-space. I temi sono molto vari e spaziano dai nuovi materiali – Common Sands di Fornace Brioni con Studio Plastique e Snøhetta, per esempio, è una collezione di piastrelle realizzate con il vetro recuperato dalle filiere di smaltimento degli elettrodomestici – alla percezione degli oggetti e al loro ruolo nello spazio – al centro di DOMESTICITY-AT-LARGE, la proposta delle studio greco Objects of Common Interest – senza dimenticare le emergenze ambientali e sociali. Ci sarà anche una selezione di ! progetti editoriali curata dalla piattaforma I Never Read, che ad Art Basel raccoglie attorno a sé designer e artisti interessati al libro come medium.
CERTOSA
Margriet Vollenberg, con il suo Ventura Projects, è stata tra le prime curatrici a portare il design di ricerca in zone di Milano allora considerate remote come Lambrate. Quest’anno cerca di ripetere quella fortunata traiettoria con un nuovo progetto, Certosa Initiative, portato avanti in collaborazione con lo studio di architettura olandese Beyond Space. In uno spazio di archeologia industriale di oltre 10mila metri quadri in via Barnaba Oriani trovano spazio le opere di designer emergenti e i pro-
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dotti di brand già affermati, per lo più nordeuropei (ma non solo). Cesare Griffa, architetto e desi! gner, realizza pezzi unici e piccole serie usando materie prime organiche come le alghe. The Algal Mass è una sorta di tempio informale in cui un “sacerdote” celebra strani rituali circondato da arredi trattati con una speciale tintura a base di micro-organismi marini e pozioni.
BRERA
Progettare il presente, scegliere il futuro è il concept curatoriale dell’edizione 2022 della Brera Design Week, che ospita oltre 160 eventi. In molti casi, l’aspetto del presente su cui intervenire per poter immaginare un futuro degno di questo nome è il rapporto tra uomo e natura, da ricucire senza indugi. Il Circolo Filologico Milanese ospita una parte del percorso di Design Variations e la sua facciata è stata affidata alle cure dell’illustratrice Olimpia Zagnoli, che l’ha reinterpretata con una monumentale opera site-specific. Il designer Giulio Iacchetti ha ! coinvolto una serie di artisti in una performance di decorazione incentrata su un marker che sicuramente è rimasto nel cuore di chiunque sia cresciuto negli Anni Ottanta e Novanta, l’UniPosca. Si svolge in via Ciovasso 6 e i visitatori sono chiamati a partecipare.
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ISOLA
Design District riunisce 4 L’Isola oltre 250 progettisti e studi internazionali sotto il manifesto programmatico Together As One, un invito a ritrovarsi dal vivo dopo la pandemia ma anche alla collaborazione e all’ibridazione tra pratiche progettuali diverse. Come di consueto, il distretto produce una serie di mostre:
oltre a No Space for Waste alla Stecca3, The New Paradigma, con sei designer impegnati in performance dal vivo, Materialized, basata sui materiali innovativi e ospitata allo Spazio Gamma, Isola Design Gallery, con una selezione di pezzi unici e creazioni artigianali, e Rising Talents, dedicata a studenti, neolaureati e giovani professionisti. Piazza Città di Lombardia, ! In un’installazione sensoriale ispirata alla casa giapponese progettata dallo studio Finemateria, che negli ultimi due o tre anni ci ha mostrato una serie di usi creativi del poliuretano, funge da palcoscenico per i lavori di 16 designer internazionali e ci invita a rallentare il ritmo.
TRA CORSO MONFORTE E PORTA VENEZIA
In quest’area a forte densità di showroom di design segnaliamo in particolare l’installazione A Life Extraordinary di Moooi al Salone dei Tessuti in via San Gregorio – che tra le altre cose vede l’artista e 3D designer Andrés Reisinger presentare la sua prima collezione di oggetti non “nativi digitali” ma pensati in primis per il mondo fisico –, l’altra metà di Design Variations negli interni rococò di Palazzo Visconti e il progetto di ricerca Tomorrow Living al centro culturale MEET, in viale Vittorio Veneto.
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5VIE
Il distretto nel cuore della vecchia Milano sceglie come tema l’utopia, non-luogo a cui tendere per costruire un futuro condiviso al di là di ogni frontiera e nazionalismo, e come totem il collettivo radicale Archizoom Associati. Il programma di Prototyping Utopias / Design in Transition comprende una serie di mostre a cura di 5VIE e tantissime
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Green Island p. 14 No Space for Waste p. 28
Baranzate p. 26
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Garibaldi
Centrale
Takt Project p. 6 Intelligenza della mano p. 24
City Life NM3/Laufen p. 6 Sabine Marcelis p. 14 This is America p. 30
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Habits Design e IQOS p. 6 Giovani designer p. 32 Superstudio p. 34
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Porta Venezia
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Gaggenau p. 7
Corso Monforte
Caffè del Circolo Filologico p. 8 Mutina e Aricò all’interno di Design Variations p. 10 Brera in fiore p. 12
Fondazione Prada
Porta Romana
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collaborazioni con designer, aziende e istituzioni. Tornano Masterly – The Dutch in Milano a Palazzo Turati e HoperAperta con La Superficie Assoluta, questa volta in due sedi, allo Spazio Banner e all’Hotel Ariston in largo Carrobbio. Due proposte interessanti ri! guardano il cibo e la tavola: la designer Astrid Luglio mette in scena un banchetto botanico con una sua collezione inedita di prodotti e le materie prime biologiche dello store Erbert, mentre la storica maison orafa Buccellati sbarca per la prima volta alla design week con un progetto basato sul Galateo che coinvolge designer famosi come Dimorestudio e Patricia Urquiola. Ai margini del distretto, la Galleria Rossana Orlandi presenta The Danish House, un concentrato del design e della filosofia abitativa danese.
TORTONA
Via Tortona e le vie limitrofe so7 no da sempre una delle zone “calde” del Fuorisalone, dove trovare sia le installazioni dei grandi brand che progetti dallo slancio più sperimentale. La convivenza di maxi e di micro, di corporate e di confidenziale, che ha contribuito a costruire il fascino del distretto, sembra rinnovarsi anche quest’anno. A pochi isolati di distanza da Superstudio Più e BASE, la settima edizione di Tortona Rocks si concentra sulla materia e sulle sue potenzialità di trasformazione e riuso. Milano Space Makers propone ! l’iniziativa Waste/Less in collaborazione con AMSA: il circuito espositivo di Tortona Rocks diventa oggetto di un progetto pilota innovativo che prevede la raccolta e l’upcycling degli scarti degli allestimenti.
Corvetto
A SUD DELLA FONDAZIONE PRADA
Le tante energie in movimento nell’area compresa tra il futuro villaggio olimpico e il Corvetto hanno attirato aziende affermate in fuga dalle atmosfere patinate del centro e brand più giovani, dando vita a una sorta di distretto informale del design. Flos, per esempio, ha scelto gli spazi della Fabbrica Orobia per festeggiare il suo 60esimo compleanno con una grande esposizione, See The Stars Again, che raccoglie tutto l’universo della sua produzione. Allo Spazio Ordet, in via Adige 17, Bloc Studios presenta una collaborazione con lo studio NM3: una collezione di arredi che integra marmi rari all’interno di moduli metallici di ispirazione razionalista. Un po’ più a nord, in via Lattuada 14, l’ostello di nuova generazione YellowSquare accoglie i nuovi letti a baldacchino contemporanei della storica fucina Lispi.
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OSSERVATORIO SALONE
Marsèll Paradise p. 18
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atylda Krzykowski è una figura difficile da classificare. Formatasi come designer ma convinta che il progetto dello spazio sia una pratica performativa, collettiva e interdisciplinare, la professionista classe 1982 reinventa il design e la sua curatela ideando format espositivi ibridi, fondando luoghi di sperimentazione fisici e virtuali, guidando programmi educativi transdisciplinari. Segnalata dalla critica Alice Rawsthorn tra le figure più influenti nel mondo del design, Krzykowski ci ospita negli spazi di Marsèll Paradise con You Don’t Want Space, You Want To Fill It, installazione site-specific, mostra collettiva e spazio sociale.
WHO'S WHO
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Sei una designer, una curatrice, un’autrice, un’artista, ma preferisci definirti una “host”. Ci spieghi perché? Mi piace pensare che progettare lo spazio sia una questione di ospitalità. Dopo che la mia famiglia dalla Polonia è emigrata in Germania, il nostro soggiorno è diventato uno spazio sociale per molti dei nostri vicini: ricordo come la configurazione del nostro appartamento cambiasse in base al tipo di incontro. Durante la mia formazione come designer, la rigidità del curriculum mi ha fatto dimenticare come siano pieni e disordinati gli spazi che supportano la natura umana. Poi, dopo aver co-fondato Depot Basel, un luogo per il design contemporaneo, e aver trascorso un anno alla Jan van Eyck Academie di Maastricht, ho riscoperto quelle fondamentali necessità umane attraverso altre discipline e format sperimentali. A Milano presenti una collettiva sul tema del comfort. Cosa intendi con questo termine? E perché è importante parlarne ora? Nel suo saggio Dark Alcoves, Hidden Niches and Cozy Corners Meggie Kelley parla di spazio accogliente e spazio appiccicoso. Il primo termine fa riferimento a una stanza pubblica, piccola e confortevole; il secondo indica un luogo che non vuoi lasciare. Mi sento a disagio nelle stazioni ferroviarie, sugli aerei, nei bagni pubblici, nei soggiorni che sembrano showroom... Il comfort è sempre importante, che sia fisico, mentale, digitale o spaziale.
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sopra: Matylda Krzykowski. Photo © Diana Pfammatter a destra: Lisa Ertel & Jannis Zell, Defensive Shelf, parte di You Don’t Want Space, You Want To Fill It, una mostra di Matylda Krzykowski. Courtesy Marsèll
MATYLDA KRZYKOWSKI. ABITARE LO SPAZIO di MARTA ATZENI
Personalità singolarissima, la curatrice di origine polacca ci racconta di sé, di come immagina il futuro del mestiere di designer e della sua mostra sul comfort da Marsèll. Tra bagni pubblici e party con pignatte.
Ritieni che il design sia una pratica collaborativa, al punto che nei tuoi progetti coinvolgi sempre almeno altri due professionisti. Come è nata la collaborazione con Miriam Wierzchoslawska e i sei artisti che partecipano a questa mostra? Ogni tanto incontri persone che rendono il lavoro un piacere. Miriam, artista formatasi in architettura, è quel tipo di persona. Quando Marsèll mi ha contattata per questa mostra abbiamo iniziato a lavorare insieme, a livello curatoriale, artistico e progettuale. È stata lei, dopo aver discusso insieme della magica capacità che ha il suono di riempire lo spazio in modo naturale, a suggerire gli artisti e produttori musicali Collo Awata e Delfiné per creare un paesaggio sonoro per YDWSYWTFI.
Tra le tue attività c’è anche l’insegnamento. Da questo punto di osservazione privilegiato, quale pensi sarà il ruolo del designer nel futuro? In effetti è un privilegio, come lo sono le visite in studio con un artista, un designer o un architetto! Forse in futuro tutti dovrebbero formarsi come designer, svolgendo però questa professione solo su richiesta. Si diventerebbe designer solo quando ne-
cessario: il resto del tempo verrebbe speso dedicandosi a un altro lavoro, come quello di cassiere, bidello, insegnante, contabile, operatore, falegname, infermiere o camionista. Hai inventato speed date per designer, trasformato gli schermi dei computer in spazi espositivi, scritto e presentato un TV show sul design: qual è la tua prossima idea? Vorrei curare una biennale dal titolo How To Eat Together: una volta ho co-organizzato una cena in cui non potevi sfamare te stesso prima di aver nutrito le persone accanto a te.
Via Rezia 2 marsell.it
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In base a quali criteri hai selezionato gli altri artisti? Uno dei primi che ho invitato è l’art director e fotografa Mirka Laura Severa. Abbiamo di recente co-prodotto una breve clip in cui ho letto la frase “You Don’t Want Space, You Want To Fill It”: è diventato il titolo della mostra. Conosco da tempo le opere di product design e grafica di Lisa Ertel e Jannis Zell. Ho cercato di presentare il loro lavoro in alcuni musei tedeschi, ma senza successo: Marsèll ha finalmente fornito le condizioni ideali per esporre la loro idea estesa di domesticità. Infine, durante una visita nel suo studio all’inizio di quest’anno, Philipp Schueller mi ha fatto sognare spazi in cui si formano relazioni interspecie… Il mio lavoro è come un cadavre exquis surrealista, si amplia con i contributi di ogni professionista.
pezzi una delle piñata realizzate da me e Miriam. Chi ha assistito all’atto di colpire una piñata sa come questa tradizione messicana porti, non solo la persona che compie il gesto, ma anche tutti gli spettatori, in uno stato d’animo frivolo e giocoso.
YDWSYWTFI ha un forte carattere domestico: in che modo trasforma Marsèll Paradise in uno spazio sociale? Marsèll Paradise è di per sé un luogo sociale: in qualità di connettore internazionale, genera un dialogo senza fine tra discipline e forme di espressione, come arte, fotografia, musica e editoria. E noi, in questo luogo fondato sulla conoscenza e condivisione della cultura contemporanea, discutiamo, ci esibiamo, balliamo: il tutto mentre beviamo e facciamo a
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osa succede quando un artista contemporaneo rivisita radicalmente un prodotto iconico del design? È quello che è accaduto a Felipe Pantone, nato nel 1986 a Buenos Aires, chiamato da Poltrona Frau a collaborare a un progetto speciale in occasione dei 110 anni dell’azienda. Ciò che è nato da questa unione è Archibald Anniversary Limited Edition, la riedizione in chiave contemporanea della poltrona disegnata nel 2009 da Jean-Marie Massaud, esposta fino al 12 giugno presso il flagship store del marchio in via Manzoni. Dinamica, ipnotica e coloratissima, l’opera è stata prodotta in 110 pezzi ed è caratterizzata da una griglia di rossi, arancioni, gialli, bianchi e blu, secondo uno stile che attinge da l’immaginario del digitale e dal mondo della street art da cui proviene l’artista. Alta è anche l’attenzione per la sostenibilità ambientale, grazie all’uso di una pelle priva di cromo che consente una sostanziale riduzione dell’acqua, di componenti chimici e di sostanze inquinanti in fase di produzione. Ce ne ha parlato Felipe Pantone in questa intervista.
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Partiamo da Poltrona Frau. Puoi raccontarci la tua esperienza all’interno dell’azienda e il percorso che ha preceduto la realizzazione del progetto? Abbiamo iniziato visitando la fabbrica e il museo, che è incredibile (a chi non l’ha mai visitato raccomando caldamente di farlo!). Ho apprezzato in particolare la parte manifatturiera, che per me si è rivelata molto interessante, non avevo mai visto nulla di simile prima. Cosa ti ha colpito maggiormente? Al suo interno ho potuto incontrare maestranze specializzate che lavorano con i materiali più disparati per la costruzione di mobili. I procedimenti provengono dalla lavorazione artigianale, c’era chi dipingeva a mano, chi tagliava la pelle… C’era la sezione degli “interiors in motion”, dedicata alla produzione degli interni per automobili, molto emozionanti e di forte impatto. È stata un’esperienza importante per me.
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sopra: Felipe Pantone, courtesy Poltrona Frau a destra: Felipe Pantone, Archibald Anniversary Limited Edition per Poltrona Frau
FELIPE PANTONE: RIPENSARE UN'ICONA di GIULIA RONCHI
L’artista argentino ha ridisegnato la mitica poltrona Archibald di Jean-Marie Massaud in occasione del 110o anniversario di Poltrona Frau. Ecco la storia di questa collaborazione, dai pixel alla materia.
anche nella realtà che ci circonda, a causa dell’onnipresenza della tv o dello schermo del computer, ma se pensiamo all’epoca precedente all’avvento della tecnologia questi colori erano rari da trovare in natura. È per questo che penso rappresentino perfettamente il mondo in cui viviamo oggi e ne siano emblematici. Quali sono le ispirazioni che nutrono le tue ricerche, nell’arte ma anche nella cultura in generale? Sono profondamente influenzato dall’Arte Cinetica degli Anni Sessanta e mi porto dietro ancora l’esperienza fatta all’inizio della mia carriera nella street art. Oggi seguo, colleziono e stimo numerosi artisti contemporanei. Ho avuto l’opportunità di conoscere di persona Carlos Cruz-Diez, che considero il mio artista preferito.
Quali sono i tuoi progetti dopo il Salone? Cosa c’è in cantiere? Nel corso di quest’anno ho in programma alcune mostre personali, che si terranno in due diverse gallerie a New York e a Tokyo. Via Manzoni 30 poltronafrau.com
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Nel tuo lavoro per Poltrona Frau hai unito la tradizione del design del marchio al tuo stile caratterizzato da linguaggi futuristici, digitali. Come hai reso tutto questo possibile? Questo è il mio stile, rappresenta il mio modo consueto di lavorare. Vengo dalla street art e le mie opere vogliono essere di rottura. Così come negli Anni Sessanta gli aderenti alla Optical Art dicevano di voler creare una “fatica ottica”, lavorare su un mobile dalle forme armoniose ed essenziali mi permette di avere un approccio dirompente, portando al risultato finale un senso di contemporaneità, di commistione tra stili differenti, più ancorato al presente che al futuro.
Il progetto di Archibald Anniversary Limited Edition dà grande valore alla sostenibilità. Cosa rappresenta per te il rispetto per l'ambiente, nella vita di tutti i giorni? Sono molto consapevole della situazione e nel mio quotidiano mi impegno per generare il minimo impatto sull’ambiente, nonostante tenga presente che qualsiasi azione noi compiamo si ripercuota sull’equilibrio del mondo!
Puoi spiegare la tua scelta per quanto riguarda la palette di colori da te utilizzata e il suo risultato finale? La mia palette è basata sulla rifrazione della luce: sovrapponendo il bianco e il nero in un prisma puoi ottenere una varietà di colori caldi e freddi, molto ricorrente all’interno dei miei lavori. È una palette presente
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ANNALISA ROSSO E LUCA ADORNATO. IL LATO DIGITAL DEL SALONE
di FLAVIA CHIAVAROLI
Chi segue con attenzione il design lo avrà già notato: da poco meno di un anno il Salone del Mobile ha una nuova voce, in particolare per tutto ciò che riguarda la sua presenza online. Ci siamo fatti raccontare come è nata e come intende crescere.
l Salone di quest'anno dovrebbe somigliare a quelli precedenti al 2020, cioè a un grande momento di incontro con tutti i settori merceologici riuniti nei padiglioni della Fiera di Rho e un corollario di talk, eventi e installazioni. Se tutto questo movimento avviene – finalmente – in presenza, è durante la pandemia che la manifestazione di design più importante al mondo si è spinta a esplorare mondi più immateriali. Tra gli artefici di questa migrazione ci sono Annalisa Rosso, direttore editoriale del nuovo sito, attivo tutto l’anno e non più soltanto a ridosso della fiera, e Luca Adornato, direttore marketing & digital.
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Su quali “pilastri” si fonda la piattaforma? A: Prima di tutto, è un desiderata che arriva da lontano, voluto insieme ai brand del Salone e che sono stati parte attiva di questo progetto. Era fondamentale costruire un’interfaccia con la community internazionale che si rivolgesse a target meno specifici e meno verticali. Accanto a quella settimana, che per noi resta il nostro Capodanno cinese, la piattaforma è concepita come un forum permanente dove scambiare risultati, segnalando le innovazioni e i salti quantici del design. Il digitale era la maniera più corretta per condividere tutto questo, e quest’esigenza è nata a prescindere
dalla concomitanza con la pandemia. In questo l’arrivo di Luca è stato decisivo: siamo sulla linea di partenza e abbiamo gettato i semi per formare standard e pubblici giusti. L: Sicuramente l’obiettivo è quello di espandere nel tempo e nello spazio l’essenza del Salone, l’evento rimarrà sempre il cuore attorno cui ruotare per ampliare interesse e audience raggiungendo un pubblico che esiste già ma che, forse, non ci vedeva ancora come un riferimento narrativo 365 giorni l’anno. La piattaforma oggi è composta da un sito e da una app, ed è stata introdotta una nuova modalità di gestione dei canali social. Partendo dalla narrativa sul
design andiamo a puntare i riflettori sull’evento e sulle aziende che ne fanno parte.
E il Salone Satellite come interagisce con questo emisfero digitale? A: Stiamo lavorando sul coinvolgimento della specifica community del Satellite, che è composta non solo dagli appassionati ma anche dai designer che ne sono stati protagonisti in passato come i fratelli Campana o Nendo, con progetti pensati ad hoc sui nostri canali digitali.
Come vi siete mossi per interpretare la transizione ecologica del sistema arredo? A: Le nostre aziende avevano già intrapreso da tempo questa transizione, noi abbiamo approfondito i termini e le modalità di questo processo con rubriche dedicate, per esempio il Green Report, il decalogo di Federlegno. Iniziato in house nei nostri brand sotto forma di analisi, di scelta di packaging, di distribuzione, di riduzione degli scarti e risparmio energetico, questo passaggio fondamentale si è tradotto in fiera in precise linee guida su materiali, logistica e flessibilità degli allestimenti. Oggi sui nostri canali, fisici e virtuali, i temi green sono quelli che più animano il nostro forum. Non c’è stata un’imposizione dall’alto, però la Presidente Maria Porro ha da sempre a cuore queste istanze e se ne è fatta portatrice in chiave prioritaria fin da subito.
In poche parole: di che tipo di design e a quale pubblico parla oggi il Salone? A: A tutti! Mi sembra impossibile lasciar fuori qualsiasi potenziale interlocutore perché il design non è solo l’oggetto, il design è di tutti: da chi lo disegna, a chi lo produce, a chi lo vende, a chi vi interagisce. L: Se è vero il paradigma per cui il design è cultura, la cultura diventa tale se penetra senza distinguo. Noi possiamo scegliere il tono del dialogo, i nostri valori, il modo con cui interagiamo, ma non opereremo mai una segmentazione del nostro pubblico perché l’obiettivo è far crescere sempre più il Salone. salonemilano.it a sinistra: Annalisa Rosso, photo © Daniele Mari Luca Adornato in basso: progetto Unboxing Salone, courtesy Salone del Mobile
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Nel tempo il Salone, in quanto evento fisico, ha abbracciato i cambiamenti che si sono avvicendati nel mondo del design. Che caratteristiche ha la community di riferimento di questa 60esima edizione? A: A mio parere la community è sempre la stessa, ma è cambiata giocoforza. Vogliamo comunicare attivando nuovi target e Paesi di riferimento, e tornando a dettare le linee guida del design contemporaneo anche grazie a una piattaforma che, per sua natura, è unica e onnicomprensiva. La presenza “a bordo” di magazine, giornalisti da tutto il mondo, fotografi che scattano per le aziende più importanti, pensatori del nostro settore, tutti parte di questo grande forum aperto e inclusivo, identifica un approccio che credo influenzerà il futuro di tante altre piattaforme. L: È stata proprio questa unicità a permetterci di sviluppare editoriali quali Unboxing Salone: abbiamo selezionato un elemento caratteristico dell’evento, come la presentazione da parte delle aziende delle proprie anteprime, e lo abbiamo trasferito in un racconto sui canali digitali costruendo un continuum che accompagnasse la nostra utenza sino all’e-
vento. Per quanto riguarda la fiera, tra le novità ci sono la possibilità di scannerizzare il QRcode di un prodotto per accedere alla sua scheda [già attiva in parte lo scorso anno, N.d.R.] e di identificare diversi percorsi di visita o prendere un appunto sugli stand. È un primo step verso una sempre maggiore integrazione tra esperienza fisica e digitale.
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utti noi architetti, scultori, pittori dobbiamo tornare al mestiere… la perfezione del mestiere è essenziale per ogni artista”. Le parole di Walter Gropius, espresse nel 1919 nel Manifesto Programmatico del Bauhaus, ricordano quanto sia importante tenere ben annodato il fil rouge che lega la manualità all’architettura e al design. Un tema dibattuto da tempo, ma che oggi, affacciandosi su scenari quanto mai complessi, torna alla ribalta grazie a una serie di iniziative che vedono i designer impegnati anche in veste di coordinatori di progetti, nonché le fondazioni e gli organismi a fianco di micro realtà artigiane, per intessere una rete di collaborazioni che spesso si tingono dei colori della contaminazione culturale. Un punto di valorizzazione del know-how artigiano è il distretto 5VIE che alla Design Week 2022 si presenta ancora una volta con una nutrita serie di iniziative, unificate sotto il titolo Prototyping Utopias, per la regia di Ernesta Del Cogliano, co-founder e coordinatrice del distretto insieme a Emanuele Tessarolo, partner di lavoro e di vita. È lei stessa a spiegare: “Fin dagli esordi abbiamo sviluppato il rapporto con gli artigiani e incentivato la collaborazione a livello territoriale. Con Angela Florio, designer e art director di ManifatturalMente, abbiamo riagganciato la realtà di una zona ad alta densità artigiana coinvolgendola, quest’anno in particolare, in una dimensione internazionale. Si pensi a Richard Yasmine, con le sue opere fatte realizzare da artigiani libanesi, e co/ rizom, che affianca designer di vari Paesi a laboratori artigiani d’eccellenza, dislocati in aree prevalentemente est-europee”.
VISIONI COLLETTIVE
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LA SECONDA VITA DEGLI SCARTI DEI LABORATORI
Angela Florio ha preparato un arazzo con carta, legno, stoffa, metallo, cera – materiali di scarto dei laboratori –, ma anche foglia d’oro: simboleggia il tessuto artigiano che fa da substrato alla produzione di design. Fotografato e trattato digitalmente, è stato stampato sulla carta da parati che Florio espone alla Sartoria Bassani, in via Gian Giacomo Mora 12, nell’installazione Metropolitan Jungle, insieme a sagome dorate di anima-
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sopra: AMC with Marta Giardini, photo Mark Glassner a destra: (1, 3) Richard Yasmine, Woven Whispers | (2) Furrybum Softbum in basso a destra: India Mahdavi, Bishop Apple Blossom, Manufacture des Emaux de Longwy
INTELLIGENZA DELLA MANO. NEL DESIGN BATTE UN CUORE ARTIGIANO di ALESSANDRA QUATTORDIO
Il pensiero nitido del progettista e la raffinatezza del gesto manuale si incontrano nelle 5VIE del centro di Milano. In una serie di collaborazioni che, oltre a dare vita a oggetti esteticamente validi, rinvigoriscono antiche tradizioni.
li e foglie à cartonnage. Come si conciliano digitalità e manualità? “L’artigiano può usare il digitale senza venir meno alla sua identità: bisogna partire da quello di cui già si dispone per fare il nuovo, stimolando la collaborazione fra autori e favorendo la trasversalità”, sostiene Florio. Dieci i “maestri” qui presenti con i loro prodotti, fra cui Monica Gorini, Alberto Levi, Laura Menegotto, Paola Merzaghi.
PICCOLI MOSTRI FATTI A MANO
DA BEIRUT AL CUORE ANTICO DI MILANO
Radicato sul territorio, il libanese Richard Yasmine privilegia le maestranze locali per il progetto visionario The City and the Tower, che spicca in via Cesare Correnti come una novella Torre di Babele fatta di tavoli impilabili, metafora delle connessioni sociali. A essa Yasmine affianca mobili “nomadi”, Woven Whispers, intrecciati in vimini e rattan secondo tecniche fiorite nell’antichità in Medio-Oriente. Il designer ricorda: “Esiste un rapporto speciale fra me e Beirut, ‘musa’ che, nonostante le sue contraddizioni, esercita su di me un
PROGETTARE IN TANDEM
Punto di riferimento è Doppia Firma, giunta alla sesta edizione e di recente attestatasi nei prestigiosi spazi di Palazzo Litta, insieme a Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte di cui è emanazione. Scelte da un team di connaisseur, sono presentate opere di design realizzate da tandem d’eccezione: designer talentuosi e manifatture. Il genius loci di varie aree geografiche si esplica attraverso sodalizi che vedono interagire quest’anno, fra gli altri, Atelier Oï, Patricia Urquiola, India Mahdavi, Ugo La Pietra e Ferruccio Laviani rispettivamente con le eccellenze WonderGlass, Real Fabbrica di Capodimonte, Longwy, Intro, Villari. Alberto Cavalli, direttore di Fondazione Cologni ed executive director di Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, co-autori di Doppia Firma, dichiara: “Per questa edizione abbiamo coinvolto designer e artigiani che, in Europa, stanno facendo evolvere il concetto di craft. Tutte le ventidue coppie selezionate hanno lavorato con tecniche tradizionali per creare oggetti sorprendenti, vere e proprie testimonianze di un lavoro competente che può nascere solo da uno scambio fertile. I Duchi Litta erano grandi mecenati degli artigiani del loro tempo, e ci è piaciuto far tornare nel loro palazzo oggetti che, ne siamo sicuri, avrebbero riscosso la loro ammirazione”.
VISIONI COLLETTIVE
Punta il dito contro il “vuoto di valori” Nadja Zerunian, co-founder di co/rizom: “Gli artigiani tradizionali solo con difficoltà possono stare al passo con il rapido cambiamento che minaccia la loro sopravvivenza, il loro status sociale, e la trasmissione delle competenze. Produttività, consumo di massa e conformismo globale sono i nuovi dictat, che provocano la scomparsa della manualità e della conoscenza dei processi operativi, ovunque nel mondo”. E conclude: “Gli oggetti sono portatori di identità e le culture sono definite dagli oggetti”. Ecco nell’esposizione Little Monsters/Scary Beasts, in via Cesare Correnti 14, i frutti della cooperazione fra Zerunian e Vasilica Isācescu, che a Talpe in Romania intaglia sedie in legno in stile transilvanico; Marta Giardini e AMC, collettivo femminile ungherese di tessitura della tifa; Maddalena Casadei e NESA, team artigiano ai suoi primi tappeti in lana a mano; Mischer’Traxler e Nermina Alic, unica donna bosniaca di qualità fabbrili, che inaugura una collezione di lampade.
magnetismo magico. La tradizione locale fa parte del suo charme. Gli artigiani sono i designer del passato, dobbiamo preservarne l’esistenza, l’unica via è lavorare insieme, incorporando il loro know-how nel futuro del design”.
Via Cesare Correnti 14 e altre location 5vie.it
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ualche anno fa avevamo visitato una ex cartiera vicino all'aeroporto di BruxellesZaventem, suggestivo esempio di archeologia industriale che sarebbe presto diventato un immenso hub creativo. Ad accompagnarci in questa preview il visionario designer e artista belga Lionel Jadot, fondatore di questo progetto, che ci aveva indicato dove presto sarebbero sorti atelier per designer e artigiani, uno studio di registrazione, spazi espositivi, un ristorante e molto altro. Il suo obiettivo non era quello di dare semplicemente in gestione degli spazi a creativi ma di stimolare delle sinergie reciproche, di condivedere non solo gli spazi, ma le tecniche, il saper fare e le ispirazioni, realizzando dei laboratori open-source.
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VISIONI COLLETTIVE
DAL SOGNO ALLA REALTÀ
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Oggi questo hub riunisce una comunità eclettica di 21 tra designer, artisti e scenografi emergenti e affermati, uniti dalla passione per la produzione e la lavorazione dei materiali. Non è stato difficile coinvolgere nel progetto così tanti creativi, che sono rimasti affascinati da questo luogo sorprendente. Infatti Jadot ha cercato di preservare il più possibile la struttura originaria. Qui prendono forma le creazioni della storica Maison Jonckers che produce solo pezzi unici, progettati e realizzati a mano. Una storia di famiglia che unisce due generazioni di designer. Da oltre cinque anni, Alexandra e Grégoire rivisitano e mettono in luce l’opera del padre, l’artista scultore Armand Jonckers, attraverso nuove creazioni tra arte e design, generando un universo poetico continuamente rinnovato e originale. Le loro realizzazioni sono il frutto di una sorta di alchimia: la ricerca di un punto di equilibrio tra la materia prima originale e il tocco umano. La ceramista Bela Silva ha trovato a Zaventem un punto fermo quando non è in viaggio a rigenerare la propria creatività. L’Oriente, la Persia e l’America Latina sono una fonte di ispirazione costante nel suo lavoro. Nelle sculture, nei disegni e nei dipinti emerge sempre il suo amore per la natura. Il mondo del mare del suo Portogallo abitato da animali marini
BARANZATE ATELIERS. UNA "FACTORY" BELGA IN TRASFERTA di GIORGIA LOSIO
I designer dell’hub creativo Zaventem Ateliers hanno preso possesso dell’ex fabbrica Necchi di macchine per cucire, nell’hinterland di Milano, trasformandola in un centro ad altissimo tasso di creatività.
in basso: Il collettivo di artisti e designer Zaventem Ateliers, courtesy Baranzate Ateliers a destra: Foto collettiva delle creazioni e prodotti di design di Baranzate Ateliers, courtesy Baranzate Ateliers
e coralli si fonde con il mondo della fauna con gli uccelli, le iguane, i rettili ed elementi fantastici come i draghi. Anche il giovane designer belga Pierre-Emmanuel Vandeputte fa parte del fab team degli Zaventem Ateliers e lo abbiamo già incontrato in tante mostre internazionali di design. Dall’ideazione alla produzione, mescola surreale e attenzione artigianale. Le sue produzioni generano stupore grazie a un aspetto ludico che invita il fruitore a vivere esperienze uniche.
ZAVENTEM
BRUXELLES BARANZATE
MILANO
BARANZATE ATELIERS
VISIONI COLLETTIVE
La similarità dei luoghi ha prodotto questo interessante gemellaggio durante la design week milanese. L'ex fabbrica di Baranzate riflette lo spirito degli Ateliers a Zaventem come un luogo di scambio e condivisione tra designer, artisti, collezionisti, creativi e appassionati di arte e design. Il progetto va oltre la semplice occupazione dello spazio, l’obiettivo è infatti di inserire Baranzate Ateliers nella mappa creativa milanese e di offri-
re una anticipazione di come un tale luogo potrebbe evolvere e creare sinergie a livello locale. Jadot e i suoi hanno invitato anche degli ospiti a presentare i loro lavori durante la design week. Non solo i designer e creativi di Zaventem Ateliers ma anche artisti supportati da diverse gallerie, come nel caso della Everyday Gallery di Anversa, che espone artisti emergenti e midcareer. Uno degli obiettivi della galleria è quello di creare sinergie tra arte e comunità, l’arte infatti può aiutarci a immaginare un percorso verso un mondo più sostenibile ed equo. Non solo mostre durante queste giornate: è fitto il calendario di eventi collaterali tra cene VIP, feste, concerti e performance per il pubblico internazionale e la stampa, in colla-
borazione con Belgium is Design, la fiera belga d’arte e design Collectible e altri partner.
IL BELGIO AL SALONE E NEL CENTRO DI MILANO
Oltre a unire le forze con Baranzate Ateliers, l’agenzia che dal 2011 promuove la creatività belga presenta anche lo stand collettivo The New Belgians al Salone Satellite, con 13 studi che esplorano il legame tra scienza, tecnologia e arte attraverso combinazioni che danno nuova vita a materiali naturali. In più, una mappa interattiva, la Belgian Design Map, permette di individuare le tante presenze legate al Paese in città. Via Milano 251 – Baranzate baranzateateliers.com
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AMABILI RESTI
di VALENTINA SILVESTRINI
Cascami di moquette, plastica recuperata dai salvagenti abbandonati, pezzi di vetro dalle finestre degli edifici di Beirut dilaniati dalle esplosioni del 2020, rifiuti prodotti dai robot: gli scarti possono, e devono, diventare materia prima circolare con cui creare nuovi prodotti. I designer dell’Isola ci mostrano come.
VISIONI COLLETTIVE
Karma Dabaghi, Fragments of Hope
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alle linee guida, in ottica upcycling, stilate per gli allestimenti in fiera fino all’installazioneecosistema Design with Nature, progettata da Mario Cucinella per i 60 anni del Salone del Mobile, alla MDW 2022 la sostenibilità prova a disfarsi dello status di (buon) proposito per gli anni a venire. Passare dalle parole ai fatti non pare un obiettivo di immediata concretizzazione, data anche la natura stessa dell’evento, ma è innegabile che si stia provando a invertire la rotta. Lo dimostrano, fra gli altri, i progetti di No Space for Waste: negli spazi della Stecca3, hub di punta dell’Isola Design District, una selezione di studi e singoli designer dimostra cosa voglia dire davvero lavorare sul fronte del design circolare. Come? Mettendo al bando le utopie e realizzando arredi e prodotti a partire da scarti industriali o concepiti per ridurre l’impatto ambientale.
CARPET MATTER
L’eccessiva produzione di rifiuti e la ricerca sulle potenzialità inespresse dei materiali che hanno già conosciuto un ciclo di vita costituisce il punto d’avvio della pratica del designer e maker italiano Riccardo Cenedella. Laureato in Material Futures alla Central Saint Martins e di base a Londra, concepisce il design come lo “strumento per creare consapevolezza sul consumo eccessivo”, in una prospettiva che esalta la dimensione manuale e la sperimentazione pratica. Dal recupero degli scarti di moquette (materia composta da fibre sintetiche, principalmente nylon e polipropilene, trattata da Cenedella come un qualsiasi rifiuto plastico) nasce la collezione Carpet Matter. A comporla, almeno per il momento, sono una serie di lampade e uno sgabello: dal processo messo a punto dal progettista, che include dieci fasi, chissà che non possano prendere forma ulteriori prodotti.
SEA LEVEL RISE CHAIR
Di base a Reykjavík, Tobia Zambotti, classe 1990, opera nel territorio di confine fra interior design, product design e conceptual art. Partecipa a No Space for Waste con un prodotto in cui a tornare in vita sono i salvagenti abbandonati: impiegati in una sedia che strizza l’occhio all’ironia, dimostrano l’accessibilità della pratica dell’upcycling. Parallelamente, attraverso il loro recupero funzionale, Zambotti vuole tenere accesi i riflettori sull’innalzamento del livello del mare per effetto del riscaldamento globale: si stima che entro il 2100 l’aumento sarà di almeno 30 centimetri.
FRAGMENTS OF HOPE
È il 4 agosto 2020: il porto di Beirut e una vasta area della capitale libanese vengono devastati da una drammatica esplosione, che interrompe l’esistenza di 214 persone. Recuperati dagli edifici danneggiati, nelle mani dell’architetta e product design Karma Dabaghi, inclusa fra i top designer 2017 del Libano, i vetri divengono il punto di partenza delle quattro collezioni di vasi d’autore soffiati a mano dalle maestranze artigianali di Sarafand. Un’ode alla rinascita e ai nuovi possibili orizzonti già dai nomi: Fragments of Hope, New Vision, Genesis, Mediterranean Blue.
ROBOT SHIT EXHIBIT
Sempre alla Stecca3, infine, va in scena la collettiva promossa da DesignWanted, _sucks e Caracol. Robot Shit Exhibit riunisce realtà rilevanti del design internazionale sollecitate su un medesimo fronte: considerare gli scarti della stampa 3D come “materia prima circolare”, da impiegare per generare nuovi prodotti. Perché ogni scarto incide sugli equilibri ambientali, inclusi quelli non direttamente “umani”, ma legati all’attività di stampaggio 3D controllata dai robot. Via de Castillia 26 isola.design
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LOOKING AHEAD! the future is here come to
at Superstudio Più 6-12 June
Kengo Kuma. Environmental installation Breathing against pollution. Dassault Systémes at Superstudio Più.
Via Tortona 27 Milano 20144 | superdesignshow.com
ph Riccardo Diotallevi
MILAN DESIGN WEEK 2022
siste un immaginario precostituito su cosa sia il design americano? Di qualsiasi cosa si tratti, This is America è al Fuorisalone per metterlo in discussione. La mostra collettiva, che raccoglie 14 designer e studi statunitensi per la prima volta a Milano, ha l’ambizione di andare oltre la mera vetrina per nuovi talenti. La visibilità che reclama è essenzialmente un atto politico: utilizzando la lente dell’inclusione etnica e di genere, This is America si offre come una piattaforma curatoriale per costruire una migliore equità nel campo del progetto. Il tutto mettendo al centro un lavoro sotto-rappresentato: quello delle donne provenienti in particolare da minoranze. In mostra ad Alcova, il progetto nasce dallo scambio di visioni tra Hello Human, PR agency newyorchese, e Aditions, experience design studio. “In qualità di professionista della comunicazione nel mondo del design, ho potuto constatare di persona l’impatto che una rappresentazione inclusiva delle voci creative può avere sul raggiungimento di una diversità equa”, racconta Jenny Nguyen. La fondatrice di Hello Human mette in luce come la democratizzazione dell’accesso a piattaforme quali quella del Salone possa contribuire a far avanzare la visibilità delle diverse comunità, e la ricchezza e pluralità degli spunti di riflessione: “La semplice valorizzazione delle voci sottorappresentate può avere un enorme effetto a catena”, continua Nguyen, “consentendo ai creativi di occupare spazio e costruire la propria carriera con la libertà di progettare secondo il proprio punto di vista. Il risultato può essere un ambiente costruito progettato con maggiore consapevolezza”. La wokeness è di grande attualità nella società civile, anche grazie a movimenti americani, poi ripresi in Europa e altrove, che hanno condotto battaglie importanti per la parità e la non discriminazione. Per il Salone, invece, si tratta di una piccola novità. Qui sono sempre stati i padiglioni nazionali a traghettare la diversità culturale, soprattutto quella che non condivide la matrice fondante del modernismo occidentale. Poco o nulla era finora stato riservato alle donne e alla molteplicità delle loro origini.
VISIONI COLLETTIVE
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THIS IS (ANOTHER) AMERICA di GIULIA ZAPPA
Ad Alcova arriva il design BIPOC – acronimo che sta per Black, Indigenous, and People of Color. Obiettivo: bilanciare l’iper-rappresentatività dell’identità bianca, maschile e cisgender attraverso un approccio inclusivo.
This Is America, preview, credit Kevin Chung
Popolazione globale (2020)
Gli USA ieri e oggi
329,5 mln +6,7% sul 2010 Popolazione bianca (o che si identifica come tale) 235,4 mln -8,6% sul 2010 Popolazione latinoamericana 62,1 mln +23% sul 2010 Popolazione african-americana 46,9 mln +5,6% sul 2010 Popolazione di origine asiatica 24 mln + 38,7% sul 2010 Popolazione multirazziale 33,8 mln +276% sul 2010 Popolazione nativa americana 9,7 mln + 234% sul 2010
fonte: Census 2020
ve la maggior parte dei riconoscimenti. Speriamo che, mostrando voci creative diverse, a partire da quelle americane, si possa condividere un punto di vista che possa avere una risonanza più ampia”, dicono Alma Lopez e Liz Wert, cofondatrici di Adition. Tra le proposte che vedremo a This is America – firmate da Alara Alkan, Alexis Moran, Alexis Tingey, Bellafonté Studio, Forma Rosa Studio, Ginger Gordon, Jaeyeon Park, Jialun Xiong, Kate Greenberg, Ladies and Gentlemen Studio, Madeline Isakson, Monica Curiel, mym, Nifemi Ogunro, Studio Mano – il filo rosso sembra essere la volontà di uscire dalle logiche della serializzazione, incoraggiando un’ibridazione fra tipologie di arredo e di materiali, oltre che di narrative soggiacenti. La Mil-Stone della designer americano-iraniana Saba Yazdjerdire è una panca che omaggia gli eroi di “Varzesh e Pahlevani”, millenario sport iraniano. Midsummer, di Alara Alkan, è un room divider con luce integrata per outdoor o indoor che ri-
Popolazione nativa hawaiana o delle isole del Pacifico 1,6 mln + 33,3 % sul 2010
chiama la tattilità della foresta. Il divano Folds, della designer cinese Jialun Xiong, di base a Los Angeles, si ispira allo sprawl della città californiana e lascia a vista tutta la sua struttura. Madeline Isakson presenta invece 99¢ Mirror, un doppio specchio portale manipolato con stampanti 3D e CNC. A non cambiare, però, è curiosamente il modello produttivo, da sempre differente dall’approccio europeo ed evidentemente non criticizzato neanche negli ambienti americani più progressisti. I quali continuano a seguire la consueta american way del design individualista, che identifica il designer con un imprenditore di se stesso, artefice dalla A alla Z dell’intera filiera produttiva. In assenza di una media industria che funzioni come un interlocutore, anche le donne e le minoranze non rimettono in discussione, almeno per ora, gli atout e i limiti dello one-man show americano.
VISIONI COLLETTIVE
In un settore, quello del design, che molto più di altri si sente e si vuole liberal, raramente l’idea dell’accesso alla professione era stata problematizzata su queste basi di rappresentatività. Dar voce a progetti che sono espressione di un diverso bagaglio culturale diventa anche un modo per decostruire l’identità del design americano, spesso ancora legato all’epica del progetto a stelle e strisce: il gusto Mid-Century e i grandi marchi di design industriale per la casa e l’ufficio, il mito degli ebanisti e dell’utilizzo imprescindibile dei grandi legni, le avanguardie maker e il nuovo design digitale. Un lavoro, tranne rare eccezioni, portato avanti, ieri come oggi, da uomini bianchi. “È necessario che il settore si prenda il tempo di guardare al lavoro di designer identificati come donne e BIPOC. Consapevoli o meno, i nostri gusti collettivi sono stati condizionati verso il lavoro di designer maschi bianchi e cis, perché questo è il lavoro che rice-
Via Simone Saint-Bon 1 thisisamerica.design
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BASE. GIOVANI DESIGNER E UTOPIE TASCABILI di SARA VILLANI
Il polo creativo di via Tortona propone una mostra in cui i punti di vista si ribaltano e gli ospiti contribuiscono con la loro partecipazione ad alimentare un pensiero culturale e collettivo. ettersi in gioco per immaginare, attraverso il design, delle risposte pratiche a problematiche del presente – dalla biodiversità alla co-progettazione, dall’economia circolare fino all’apprendimento – senza mai trattare questi temi come macro-dinamiche estranee e lontane, ma cercando al contrario un confronto continuo e un coinvolgimento diretto con il visitatore. Dal 6 al 12 giugno, BASE presenta la seconda edizione di We Will Design, una piattaforma nata come progetto laboratoriale che si interfaccia con scuole, università, istituti internazionali e supporta designer, studenti e giovani professionisti del settore, chiamati ad agire tramite una call internazionale. “Di fronte al fallimento delle grandi utopie consegniamo il potere alle nuove generazioni per costruire micro utopie, inventare istituzioni fantastiche e soprattutto accendere un confronto”, spiega la direttrice operativa Giulia Cugnasca. Le varie tematiche vengono esplorate all’interno di tre macro progetti: Temporary home, installazione interattiva che affronta il tema dell’abitare del futuro; They will design, uno spazio in cui i giovani “prendono il potere” e lavorano sulla propria idea di avvenire; Exhibit, una maxi piattaforma di ricerca che unisce progetti di università internazionali e designer indipendenti.
VISIONI COLELTTIVE
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UN SUPERMARKET COLLABORATIVO DAL NORD EUROPA
All’interno di quest’ultima, si inserisce con puntuale linearità il progetto Hyperburgers, un supermercato utopico nato da un’idea della social designer Francesca Tambussi. Piemontese di nascita e con alle spalle quasi 15 anni di lavoro come graphic
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Francesca Tambussi, Hyperburgers, photo © Femke Reijerman
designer e art director, ha conseguito un master in social design alla Design Academy di Eindhoven tra il 2019 e il 2021. Hyperburgers nasce come lavoro di ricerca sviluppato in Olanda e, data la sua natura di progetto partecipativo, si concretizza presto in esperienza fattiva. In questo supermercato autogestito sono i consumatori stessi a riempire gli scaffali con i loro prodotti. In che modo? È molto semplice e in nessun modo vincolante. Si può contribuire solamente acquistando o portando cibi fatti in casa, avanzi, prodotti del proprio giardino o di una piccola produzione. Se il cibo non è offerto, chi vende riceve il denaro direttamente senza perdere parte
del guadagno in commissioni, inoltre lo stesso stand è costruito con materiali riutilizzati, regalati o prestati. Le esperienze in varie capitali europee hanno aiutato la designer a generare un progetto di “design by assemblage”, come lei stessa dice, ispirato a realtà come lo Zu Verschenken berlinese, ossia la libera donazione di oggetti lasciati in una delle scatole apposite in giro per la città. Ci si aspetta che questo modello “metta radici” anche a Milano, diventando veicolo e contenitore di altre altre iniziative già esistenti. Via Bergognone 34 base.milano.it
GUARDARE AVANTI: CONNESSIONI E TRASVERSALITË AL SUPERSTUDIO di ALESSANDRA QUATTORDIO
Dalla smart home alle ultime tendenze in arrivo dall’estremo Oriente, passando per i nuovi materiali, il mondo di domani è al centro dei progetti selezionati da Gisella Borioli e Giulio Cappellini. ooking ahead suona come un’espressione tipica della quotidianità, l’invito ad abbandonare inutili divagazioni per concentrarsi sul futuro. Gisella Borioli, direttore creativo di Superstudio Più, ha lavorato al concept dell’edizione 2022 del Superdesign Show che con tale titolo, Looking ahead, va in scena in occasione della design week. Il tema principe è la sostenibilità – da Elli Design, che propone pezzi in plastica 100% riciclata, ad Alcantara, che con il progetto Someone is Lying si interroga sulle comunicazioni ingannevoli sul fronte del prodotto sostenibile – ma non solo. Con l’art direction di Giulio Cappellini, che dal 2000 affianca Borioli in questa avventura, oggi Superdesign Show giunge a parlare di sinergie con i Paesi dell’East e del Far-East, ma anche di creatività femminile, di energie rinnovabili e di nuove tecnologie: per esempio, la terza dimensione nella stampa, nel caso dell’israeliana Stratasys, e nella visualizzazione 3D, con la giapponese Forum8. Non mancano presenze dall’Ucraina, come quella dello Studio NOOM di Kiev.
VISIONI COLELTTIVE
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INTERCETTARE BISOGNI E TENDENZE
Come si concretizza nel design l’impegno a guardare sempre avanti? Cappellini spiega: “È un modo nuovo di fare progetto: più consapevole e
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calibrato senza perdere DNA e creatività. Lavorare per i nuovi bisogni del consumatore, per l’evoluzione delle architetture e quindi degli interni, mixando tecnologie d’avanguardia e materiali di riuso con il sapiente tocco artigianale”. Quale dunque il materiale del futuro? Risponde Chiara Rodriquez, presidente di Materially: “Credo che il legno verrà senz’altro rivalutato, e di fatto già lo è, sia come materia prima diretta in architettura sia come fonte di materiali ottenuti dalla trasformazione delle sostanze di cui è costituito, come la cellulosa o la lignina, due polimeri naturali su cui si sta lavorando molto”.
LA VOCE DELL’ASIA
Se lo studio dei materiali risulta uno dei comuni denominatori della ricerca internazionale, anche le dinamiche sul piano delle contaminazioni linguistiche oggi appaiono diffuse ovunque. Fra le tendenze più interessanti che emergono dalle connessioni fra Est e Ovest, si può parlare di un’integrazione nel rispetto delle singole identità? “C’è ancora una grande differenza tra prodotti giapponesi, cinesi, thailandesi, coreani, indonesiani eccetera. Pur molto consapevoli del gusto occidentale, esprimono le loro diverse tradizioni all’interno dei progetti. Fatta salva la tendenza a un’ibridazione di culture che dà risultati interessanti, ogni Paese, ogni designer, ogni prodotto è un caso a sé, difficile da incasellare”, precisa Borioli. È una nuova percezione dell’Oriente da parte di chi opera nel settore del design? “Certamente,
a fianco: Mui Lab, edit1, Superdesign Show 2022 in basso: Toyo Aluminium Main Object Vortex
è chiaro che i Paesi dell’East e del FarEast sono fortemente orientati a passare dal ruolo di fabbrica del mondo a quello di protagonisti del loro stesso mercato e dell’economia globale. Sono Paesi ‘giovani’ per il settore, i cui designer spesso hanno studiato all’estero, sanno assorbire la lezione occidentale e tradurla in uno stile ‘nazionale’”.
QUALE FUTURO PER L’ART-DESIGN?
Non dimentichiamo infine che qui, in un luogo ad alto valore simbolico – lo spazio Atelier d’Arte di Flavio Lucchini –, l’art-design trova una sua ideale collocazione. In un futuro in cui la tecnologia giocherà un ruolo sempre più preponderante, il design continuerà a dialogare con l’arte? “L’arte va oltre la forma-e-funzione, oltre i robot, le intelligenze artificiali, la domotica, gli algoritmi, la scienza, tutti così importanti nel terzo millennio. L’arte necessita di visione, intelligenza umana, manualità, progettualità individuale, filosofia. Il design del futuro non ne può prescindere”, conclude Borioli. Via Tortona 27 superdesignshow.com
in collaborazione con
Luci Ombre
UN NUOVO SPAZIO PER LA LUCE Esaltare la bellezza, anche quella più nascosta e difficile da percepire, attraverso l’interazione di un elemento dinamico e creativo come la luce e della sua necessaria controparte, cioè l’ombra, simbolo del pensiero progettuale che precede e accompagna qualunque progetto di illuminotecnica. È la missione di Luci Ombre, fondata nel 2013 da Roberto Zecchinelli. Luci Ombre ha all’attivo una lunga serie di progetti di lighting design realizzati per clienti privati, enti e istituzioni in Italia e all’estero. Nata per diventare un punto di riferimento a livello nazionale per la consulenza e per la progettazione, Luci Ombre ha appena intrapreso un profondo restyling dei suoi spa-
zi fisici e digitali. Il suo team multidisciplinare formato da designer, architetti e tecnici può contare su una nuova sede, LO Spazio, che ospiterà anche workshop, anteprime ed eventi oltre a un’area dedicata all’esposizione di prodotti, mentre la nuova identità visiva e il nuovo sito serviranno a veicolare uno sguardo più ampio e internazionale verso un lighting design fatto di innovazione, inclusività, sostenibilità. L’obiettivo? Accompagnare ancora più progetti, facendoli “risplendere” con una gestione sartoriale della luce.
Via della Fonderia 132 Anzio (RM) luci-ombre.it
in collaborazione con
Pugliapromozione
PUGLIA ART&CRAFT, FATTO A MANO CON AMORE La Puglia è un serbatoio di tradizioni artigianali antichissime, alle quali una nuova generazione di creativi – progettisti, artisti, makers – cerca di dare nuova linfa creando manufatti basati sulla rielaborazione di tecniche tradizionali in chiave contemporanea e sul recupero di elementi della cultura locale, spesso condito con un pizzico di ironia. Per valorizzare il loro lavoro, l’agenzia Pugliapromozione ha lanciato Puglia Art&Craft: una collezione di 18 oggetti di pregio, realizzati con materiali diversi (ceramica, legno, tessuto, carta) con un unico filo conduttore, quello della “pugliesità”. La designer barese Arianna Vivenzio, per esempio, ha decontestualizzato le oliere e gli orci che spesso fanno mostra di sé sulle tavole della regione spostandoli sul soffitto. È nata così una serie di sospensioni dai colori vivaci che portano i
Photo Lorenza Dadduzio
nomi di altrettante varietà di olive. Angelo Ricchiuti, architetto e “artigiano contemporaneo”, ha disegnato nell’ambito del suo progetto PUGL|EASY una lampada che reinterpreta in chiave pop due icone locali: i rosoni delle chiese locali (trasformati anche in sottopentola da Antonio Colasanto di Woodtec) e le luminarie (le stesse
che ritroviamo, come motivo ornamentale, sui ventagli e sui grembiuli dipinti a mano di Valentina D’Andrea). Il maestro cartapestaio Deni Bianco usa la tecnica tradizionale della carta a calco per realizzare i suoi pupi che rappresentano figure iconiche come lo Sbattitore di polpi, mentre l’artista Pamela Campagna riproduce
i simboli precristiani disegnati sui trulli sui suoi amuleti pensati per proteggere la casa. Anche il pumo di ceramica, uno dei pezzi forti dell’artigianato pugliese, simbolo di bellezza e auspicio di buona sorte, è stato oggetto di diverse rivisitazioni sostenibili. Quella di Mery Spilotro è in carta riciclata intrecciata a mano, tenuta insieme da una colla alimentare priva di sostanze nocive, mentre quella del giovane brand salentino Radika è stata realizzata con lamelle di legno d’ulivo provenienti da scarti di parquet. Scopri tutta la collezione su viaggiareinpuglia.it
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With the contribution of
gia g a i V con ! e n u b i r Art I nostri contenuti si trasformano in esperienze reali Un palinsesto di viaggi e itinerari inediti trasformano gli articoli e le scoperte quotidiane di Artribune in esperienze sul territorio, per entrare nel vivo della cultura affiancati dagli esperti della nostra squadra.
PER LE PRENOTAZIONI
2022 14 - 17 LUGLIO
Procida: identità, eredità e prospettiva 15 – 18 SETTEMBRE
Roma futura 31 OTTOBRE – 3 NOVEMBRE
Torino Moderna 8 – 11 DICEMBRE
Bolzano Contemporanea 2023 16 – 19 MARZO
Rimini tra nuova urbanistica e nuovi musei 27 APRILE – 1° MAGGIO
Street Art tra Taranto e Bari www.artribune.com/artribune-travel
Gaggenau presenta
A Statement of Form 7 -11 Giugno 2022 Milano Design Week
Questo è un invito a vivere un’esperienza unica. Un’installazione architettonica immersiva per esplorare la capacità del design di risolvere l’antitesi tra forme materiche contrapposte, nella costante ricerca di un equilibrio perfetto. In occasione della Milano Design Week, nell’esclusiva location di Villa Necchi Campiglio la materia prenderà vita.