DESIGN SENZA CONFINI DESIGN MILANO / SALONE FUORISALONE 2024 BIMESTRALE - COPIA EURO 0,001 SUPPLEMENTO N. 1 AD ARTRIBUNE MAGAZINE N. 76
EVERYTHING EVERYWHERE EVERYONE DIFFE R E NT THIN ING MILAN DESIGN WEEK 2024 15-21 APRIL SUPERSTUDIO PIÙ VIA TORTONA 27 MILAN SUPERDESIGNSHOW.COM
K
anno XIV | 77
marzo — aprile 2024
Supplemento n. 2
SUPPLEMENTO A CURA DI
Giulia Marani con Giulia Mura
PROJECT MANAGER
Alessia Caliendo
DIRETTORE
Massimiliano Tonelli
PUBBLICITÀ & MARKETING
Cristiana Margiacchi 393 6586637
Rosa Pittau 339 2882259 adv@artribune.com
EXTRASETTORE
downloadPubblicità s.r.l. via Boscovich 17 – Milano via Sardegna 69 – Roma 02 71091866 | 06 42011918 info@downloadadv.it
REDAZIONE | EDITORE via Ottavio Gasparri 13/17
Roma redazione@artribune.com
PROGETTO GRAFICO
Alessandro Naldi
STAMPA
CSQ – Centro Stampa
Quotidiani via dell’Industria 52 Erbusco (BS)
Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 184/2011 del 17/6/ 2011
Chiuso in redazione il 3/4/2024
HANNO COLLABORATO:
Marta Atzeni
Giorgia Losio
Sophie Marie Piccoli
Alessandra Quattordio
Giulia Zappa
DESIGN SENZA CONFINI
Confine, s.m.: 1-Linea naturale o artificiale che delimita l’estensione di un territorio o di una proprietà, o la sovranità di uno stato. 2-Pietra, sbarra, steccato, ecc. che separa una proprietà da quella attigua. 3-Il luogo più lontano; limite, termine.
(Nuovo Devoto-Oli)
BID - Milan
Design
Week 2024
Combo, UniverseAlba , ©ComboDavid De Tscharner
La maggior parte dei vocabolari riporta tre definizioni diverse della parola “confine”: la prima è di tipo politico e riguarda la linea convenzionale stabilita per separare due organismi politici; la seconda fa riferimento a qualcosa di altrettanto concreto, la demarcazione tra due proprietà o terreni; la terza si applica a diversi ambiti dell’esperienza umana con un significato più generico di limite o di vincolo, che può anche essere immateriale. In un mondo in cui i confini – nella prima accezione, quella che in inglese si traduce con la parola “border” – sono tornati a campeggiare sulle prime pagine dei quotidiani, trasformati in linee di fronte il cui avanzamento o mantenimento costa ogni giorno migliaia di vite, e in cui muri e recinzioni si moltiplicano, abbiamo deciso di concentrarci su una particolare caratteristica del design: la sua capacità di travalicare il terzo tipo di confine spingendo la sua ricerca sempre più lontano.
In questo Speciale Salone/Fuorisalone 2024 vi abbiamo voluto raccontare diversi tipi di “sconfinamento”, per esempio dalle discipline legate al progetto verso ambiti adiacenti come l’arte o la moda, e tentativi di superare i limiti tecnici imposti dai processi industriali o allargare la geografia del design abbracciando nuovi territori. Volendo escludere qualunque tipo di confine, anche anagrafico, abbiamo scelto inoltre di dare voce sulle pagine di questo supplemento a generazioni diverse di progettisti. Abbiamo incontrato un grande Maestro, Gaetano Pesce, che ha passato tutta la vita a sperimentare esplorando forme e materiali e ci ha concesso una delle sue ultime interviste. Ci siamo fatti raccontare il metodo di lavoro e le avversioni di una designer affermata ma sempre curiosa come Inga Sempé, che ci ha portati in anteprima nella sua “casa imperfetta”. Abbiamo gettato uno sguardo ai progetti dei giovani allievi delle scuole di design e dei Millennial in bilico tra ottimismo e disillusione. Sempre a proposito di nuove leve e di vivai, abbiamo reso un doveroso omaggio al SaloneSatellite, la manifestazione collaterale del Salone del Mobile.Milano che da 25 anni promuove la creatività degli emergenti e ha contribuito a lanciare le carriere di molti big di oggi.
Non manca, infine, la solita guida agli eventi più interessanti del Fuorisalone organizzata per distretti, un aiuto pratico per chi si voglia orientare nella fitta giungla di mostre, vernici, presentazioni e talk della settimana più densa dell’anno o si trovi a dover rispondere alla solita – ma difficilissima – domanda: “Che cosa c’è da vedere quest’anno?”.
■ Giulia Marani
EDITORIALE
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SOMMARIO
12 Mostre di Giorgia Losio
LA COPERTINA OSSERVATORIO SALONE INCONTRI RACCONTI
Gianluca Traina
Nato a Palermo nel 1984, è un artista e designer che unisce arte, moda e tecnologia. Formatosi in Fashion Design al Polimoda di Firenze, ha poi approfondito gli studi all’Accademia di Belle Arti di Palermo, guadagnando riconoscimenti internazionali come il primo premio agli Asia Awards 2013 a Tokyo. Il suo lavoro PORTRAIT 360 fonde fotografia e tessitura in un’esplorazione dell’identità umana, utilizzando l’intelligenza artificiale per innovare nel campo della moda e delle arti visive. Continua a esplorare l’intersezione tra uomo, arte e tecnologia attraverso tecniche come la stampa 3D e l’arte generativa.
20 Gaetano Pesce. Oggetti che fanno
SPAZIO ESPOSITIVO
COPERTINA
LA
pensare di Giulia Mura 22 Inga Sempé. Elogio dell’imperfetto di Giulia Marani 24 Oltre il convenzionale I mondi immaginifici di Andrea Maestri di Alessia Caliendo 26 Romero Britto. Una casa tutta pop per Chiquita di Giulia Marani 28 Il senso dei Millennial per il design di Alessandra Quattordio e Sophie Marie Piccoli 32 Arteria. Da Barcellona a Milano nel segno dell’arte di Alessia Caliendo 34 Tutti i colori della plastica di Marta Atzeni 36 Futuro a Est di Giulia Zappa 38 L’incubatore delle stelle di Giorgia Losio 40 Confini visivi a cura di Alessia Caliendo 7 La mappa del Fuorisalone a cura di Giulia Marani 10 Arte & Design di Giorgia Losio e Giulia Marani 14 Moda & Design di Alessia Caliendo 16 Designer di domani di Giulia Mura 18 Spirito green di Giulia Mura 5
La mappa del Fuorisalone
Più centro, meno escursioni in periferia, con i distretti storici che tornano a organizzarsi e l’eccezione notevole di Alcova, per la prima volta fuori dai confini cittadini: ecco come si disegna la geografia della design week 2024, tra conferme e novità.
BRERA
1 Grandi installazioni, opere d’arte sitespecific e eventi diffusi negli oltre 190 showroom del quartiere, tra i quali si contano anche 15 nuove aperture: la ricetta del Fuorisalone di Brera non cambia, così come la scelta di aderire al macrotema scelto dal coordinamento generale. Quest’anno, si parla di Materia Natura: un argomento sufficientemente vasto da permettere decine di declinazioni diverse, abbracciando questioni di grande attualità come la sostenibilità e l’economia circolare.
! Tra le realizzazioni più attese, e di sicuro impatto scenico, c’è Lines of Flight, la scultura sospesa percorribile immaginata da Numen/For Use per Porsche. I tre membri del collettivo austro-croato hanno creato con la collaborazione dell’architetta e scenografa Ivana Jonke una sorta di enorme amaca o di “paesaggio fluttuante” la cui struttura reticolare si ispira al motivo pied de poule del tessuto Pepita, usato per i rivestimenti di alcuni modelli iconici della casa automobilistica tedesca a partire dagli anni Sessanta.
5VIE
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L’orchestra è il luogo in cui strumenti e partiture diverse si incontrano dando vita a un tutto armonico che non cancella le differenze ma le sublima. Con in mente questa immagine, e con l’idea che la coralità possa e debba essere un valore, 5VIE ha chiamato a raccolta una Unlimited Design Orchestra per la sua undicesima partecipazione al Fuorisalone. Come sempre, il piatto forte del menù sono le produzioni, ben otto in questa edizione. Realizzate in collaborazione con creativi internazionali, permettono di viaggiare con la mente verso diverse destinazioni tenendo i piedi ben piantati nel centro storico di Milano, tra Palazzo Litta e via Cesare Correnti. Tra le destinazioni proposte ci sono la Spagna, la patria del laboratorio artigianale ELIURPI, che produce meravigliosi sombreri a partire
da un filo di paglia, l’India di Gunjan Gupta, con i suoi colori e sapori speziati al centro del progetto Ikkis curato da Maria Cristina Didero, e la Nigeria di Nifemi Marcus-Bello, uno degli astri nascenti del design africano.
! Al 10 di via Conca del Naviglio, la designer toscana Maria Vittoria PagginiMVP apre le porte della sua Casa Ornella (per chi se lo domandasse, il riferimento è alla sua musa, la cantante Ornella Vanoni) per presentare Porno Chic: un nuovo, raffinatissimo, progetto di interior basato sul corpo e improntato al massimalismo estetico.
ISOLA
3 Da tempo impegnato nella costruzione di una proposta che va oltre i sette giorni della design week e l’angolo di Milano in cui è nato, il distretto di Isola rivolge lo sguardo verso le sfide del prossimo futuro. This Future is Currently Unavailable è infatti il tema, assai vasto, intorno al quale si organizzano mostre, installazioni, eventi, workshop e performance ospitati in oltre 40 location, alcune delle quali nuove di zecca. I poli principali sono tre: Lampo Milano, all’interno dello Scalo Farini, dove vanno in scena il collectible e il design a impatto sociale; il coworking WAO PL7 e la Galleria Bonelli di via Porro Lambertenghi, sede di diverse iniziative che spaziano dalla progettazione biofilica alla creatività dell’Anatolia e del Medio Oriente; la Stecca 3.0, infine, che si ripropone come quartier generale e ospita le proposte di una serie di scuole italiane e straniere.
! Alzi la mano chi non ha mai sognato di sbirciare dentro lo studio di un progettista! Nel parcheggio sotterraneo di WAO PL7, nell’ambito di Disclosure: Design Studios Unveiled, è possibile osservare architetti e designer nel loro habitat naturale – o meglio, in atelier temporanei ricreati per l’occasione –per capire come lavorano.
Casa Ornella
Via Tortona 58
Via Paolo Frisi
PORTA VENEZIA
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EverythinK is design, un gioco di parole costruito sulla massima “tutto è design” del leggendario grafico Paul Rand, è il tema scelto dal Porta Venezia Design District per il suo secondo Fuorisalone. “L’altro distretto” punta ancora una volta sulle caratteristiche distintive del quartiere che lo ospita, l’inclusione e la diversità, per costruire una proposta che tiene insieme designer emergenti e blasonati studi di architettura, istituzioni come il centro internazionale per l’arte e la cultura digitale MEET e brand di tendenza.
! Nella palazzina liberty di via Frisi che ospitava lo storico Cinema Dumont e oggi, adibita a biblioteca, accoglie lettori grandi e piccoli, Mara Bragagnolo presenta i suoi arredi montessoriani Nook, pensati per rispondere alle esigenze particolari dei bambini nello spettro autistico.
SARPI
5 Nel cuore della Chinatown milanese nasce un nuovo distretto, sotto la direzione creativa dell’architetto Michele Brunelli e del consulente creativo Luca Fois, già tra i padri spirituali di Zona Tortona. Le proposte, com’era logico aspettarsi, guardano a Oriente e sono organizzate intorno a tre poli: il Centro Culturale Cinese, l’ADI Design Museum e la Fabbrica del Vapore. Qui, la mostra Changes, Know Now China fa il punto sull’evoluzione degli stili di vita nella “Terra di mezzo” attraverso venti progetti promossi dalla rete delle design week del paese e da una serie di istituzioni locali.
! Per gli appassionati di culture asiatiche, c’è anche la libreria di design One Way Street, che ha antenne a Tokyo, Seoul e Pechino e porta a Milano le sue pubblicazioni, introvabili da noi.
! ! ! ! ! 3 4 7 5 1 6 11 2 8/9/10 ! ! ParcoSempione City Life Garibaldi Rogoredo Centrale Corvetto WAO
PL7
OSSERVATORIO SALONE
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VIA DURINI E DINTORNI
6 Nel “salotto buono” del design milanese, gli showroom dei brand più blasonati si organizzano nel segno del Colore. Lo stesso filo tematico corre anche all’esterno, declinato in un percorso di urbanistica tattica.
DROPCITY
7 L’apertura del Centro di Architettura e Design nei tunnel della Stazione Centrale è prevista per il prossimo autunno, al termine di un esperimento di autocostruzione che coinvolge università internazionali, aziende innovative e collettivi. Dopo aver preso confidenza con gli spazi nella loro versione grezza, quest’anno si entra nel cantiere In Progress, in un assetto più vicino a quello definitivo. Il programma dell’iniziativa, dal 12 al 21 aprile, prevede una serie di mostre, conferenze e workshop legati al tema del processo in architettura.
TORTONA
8 Nato nel Duemila per iniziativa di Gisella Borioli e Flavio Lucchini, il distretto di via Tortona e dintorni è il più longevo e quello che negli anni ha cambiato pelle più volte. Adesso ospita diverse realtà indipendenti, ognuna con le proprie proposte legate tra loro da un filo tematico: Superstudio Più, BASE Milano, Tortona Rocks con la sua nona edizione intitolata Prelude. Introduzione al design che verrà e Tortona Design Week, che quest’anno cita la walk of fame hollywoodiana mettendo insieme una Walk of Design attraverso i luoghi iconici del quartiere. La novità principale è l’arrivo in zona di Design Variations, che si trasferisce in una nuova location: un ex-garage di 2500 metri quadri affacciato sulla Darsena, parte di un edificio progettato da Marco Zanuso negli anni Quaranta, al quale si accede attraverso un corridoio nobilitato dall’intervento site-specific di Nathalie Du Pasquier
! In via Tortona 58, Ikea dedica la sua mostra-happening 1st ai traslochi e a tutte le emozionanti “prime volte” che le persone vivono quando vanno ad abitare per conto loro.
SUPERSTUDIO PIÙ
9 L’edizione 2024 del Superdesign Show, con i suoi 40 progetti e un inedito verde brillante a rivestire le pareti interne del Superstudio, invita al pensiero laterale con il claim Think different!. L’esortazione a uscire dai sentieri battuti si rivolge in modo particolare alla generazione Z, quella dei ventenni e degli adolescenti di oggi, su cui ricade la responsabilità di disegnare il mondo di domani. Forti come sempre sono la presenza dell’Asia, con le collettive vietnamite e thailandesi e i progetti presentati da diverse aziende giapponesi, e il quoziente tecnologico, con tre Virtual Point in cui i visitatori possono immergersi in ambienti digitali.
! Direttamente dal festival internazionale Designblok di Praga, che per festeggiare i suoi 25 anni si inoltra per la prima volta fuori dai confini del paese con una mostra itinerante, dieci designer contemporanei cechi presentano altrettante diverse interpretazioni dello stesso materiale: il vetro.
BASE
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La convivialità intesa come bisogno collettivo di cura reciproca e solidarietà è il tema della quarta edizione di We Will Design, la piattaforma che riunisce designer da tutto il mondo, in prevalenza giovani, scuole e università nel complesso dell’ex Ansaldo.
! Due installazioni, visitabili già nei giorni di Miart, precedono e accompagnano l’apertura di questo Laboratorio Conviviale: Flowair di Ingo Maurer, con due grandi fiori gonfiabili che fluttuano accarezzati dal vento, e Talamo, l’architettura conviviale creata dal duo di architetti Lemonot e animata da coreografie e performance teatrali.
ALCOVA
11 Le ultime sei edizioni ci avevano permesso di riscoprire le periferie di Milano, e con esse una serie di siti industriali dismessi, in alcuni casi di prossima demolizione. Il meccanismo, cioè la riattivazione grazie al design sperimentale di luoghi abbandonati e misconosciuti, ha sempre funzionato e avrebbe potuto essere riproposto senza problemi. Invece, Valentina Ciuffi e Joseph Grima hanno portato Alcova là dove nessuno lo aspettava: in due ville d’autore a Varedo, a 25 minuti di treno da Milano e completamente fuori dai circuiti canonici. Progettata da Osvaldo Borsani per i suoi genitori nel 1940, Villa Borsani è un gioiello razionalista splendidamente conservato e contiene elementi architettonici di grande pregio, per esempio una scenografica scala sospesa con barre di supporto in vetro e un camino in ceramica disegnato dall’artista Lucio Fontana. L’elegante Villa Bagatti Valsecchi, immersa nel verde, può contare su ampi spazi interni e su un grande parco. Le due location accolgono le proposte di oltre 80 espositori tra progettisti affermati ed emergenti, scuole, istituzioni e gallerie, con un occhio di riguardo per il design da collezione e il nuovo artigianato digitale. Tra i nomi più noti segnaliamo Object of Common Interest (in dialogo con Bitossi), Junya Ishigami, Avaro Catalán de Ocón, Diego Faivre e The New Raw
! Il Loggiato delle Scuderie di Villa Bagatti Valsecchi, collegato al cortile principale da un gioco di passaggi porticati, diventa una versione pop-up dell’Alcova Design Shop, con una selezione di pezzi collectible e oggetti funzionali d’autore pronti per essere acquistati in loco.
■ Giulia Marani
Foscarini Spazio Monforte Corso Monforte 19, Milano 16—30 Aprile 2024
HABITUS Luce, tessuto e ricamo in un progetto di Foscarini con Andrea Anastasio e Amal.
ARTE & DESIGN
■ Giorgia Losio e Giulia Marani
Con la fiera miart e la design week vicini sul calendario fin quasi a sfumare l’uno nell’altra, arte e design vanno sempre più a braccetto. Fioriscono, quindi, importanti progetti a cavallo tra le due discipline, dialoghi inconsueti tra designer e artisti in contesti particolari, nuove edizioni esposte in luoghi d’arte e originali direzioni artistiche.
L’UNIVERSO DI RONAN BOUROULLEC DA MUTINA
L’azienda di ceramica emiliana presenta una mostra del designer francese Ronan Bouroullec, che ha da poco lasciato lo studio che condivideva con il fratello Erwan per dare libero sfogo alla sua ricerca individuale in cui arte e design hanno lo stesso peso, negli spazi di Casa Mutina e nell’adiacente Spazio Cernaia. In mostra, alcune novità in parte già svelate in anteprima al Centre Pompidou di Parigi in occasione dell’esposizione Résonance curata da Marie-Ange Brayer: due collezioni di rivestimenti e alcune nuove Editions, oggetti ceramici in edizione limitata. Tra gli inediti c’è Adagio, un’installazione modulare che si adatta a diverse scale e contesti ma deve essere applicata alla parete lentamente, un pezzo alla volta. Adagio, appunto.
Casa Mutina e Spazio Cernaia
Via Cernaia 1A
AUDACI DUALISMI
Per la prima volta nella storia di Belgium is Design oltre 30 designer sono riuniti in un’unica mostra intitolata Bold Dualities, allestita in un edificio industriale degli anni Cinquanta in zona Mecenate, a due passi da Linate. Le curatrici dell’agenzia Baroness O. sottolineano il dualismo al quale allude il titolo dividendo gli oggetti selezionati in due gruppi e ponendoli
quasi in opposizione l’uno all’altro. Il risultato è un’interazione dinamica tra due gruppi che raccontano una storia collettiva, attirandosi e respingendosi. La selezione sottolinea in particolare una maggiore presenza del collectible rispetto al design industriale, che pure rimane una presenza significativa nel panorama belga. La sezione “Bold”, da un lato, mette in evidenza il minimalismo belga nel design e nell’uso dei materiali, che ap-
paiono semplici, puliti ed essenziali. “Colourful” è invece piccola ma coraggiosa, con oggetti audaci, estroversi e sorprendenti.
Baranzate Ateliers
Via Gaudenzio Fantoli 16
IN TANDEM
La galleria Oxilia, nel cuore di NoLo, presenta la mostra Tandem in collaborazione con il designer danese Frederik Fialin e l’artista franco-svizzero Réjean Peytavin. La collezione Assembly 0.1 è la prima disegnata da Fialin e spazia tra sedute, tavoli e illuminazione, una costellazione di mobili e complementi dalle linee minimaliste che dialoga con le opere della serie Traduslation di Réjean Peytavin. Ogni pezzo è in realtà un trittico, realizzato tra L’Europa e il Marocco: l’artista, ispirandosi a una serie di pezzi
Via Bovio 28
Mutina Adagio by Ronan Bouroullec
Photo © Gerhardt Kellermann
KRUM hothothot
Photo © Michael Kruijne
Frederik Fialin
Half Stool
Foscarini , Habitus
Gonzalez Haase
AAS, Exhibition
Render
Studio Job
Bending lights
Notre Dame 2019
Via Oxilia 9
Via Cernaia 1A
Via San Marco 1
Viale Gorizia 14
Via Tortona 27
Corso Monforte 19
Via Paullo 12A
Via Fantoli 16
osservati nei musei e ai mosaici del sito archeologico marocchino di Volubilis, produce su carta dei disegni che poi vengono inviati alle tessitrici della Cooperativa Mabrouka e da loro trasformati in kilim. Di ritorno nello studio dell’artista, i tappeti forniscono l’ispirazione per la creazione di ceramiche nuove di zecca. Il concetto di traduzione, dialogo e scambio è insito in questo processo che mette in discussione il rapporto con l’oggetto.
Oxilia Gallery
Via Nino Oxilia 9
RACCONTI DI LUCE
Perline, paillettes, strisce di PET tagliate al laser: sono solo alcuni dei materiali con cui Arun Jothi e Natalie Frost della sartoria Amal realizzano le loro creazioni di alta moda tra Italia e India. Il loro lavoro potrebbe sembrare distante sia dal core business di Foscarini, l’illuminazione, che dagli interessi del designer-filosofo Andrea Anastasio, che per l’azienda veneziana ha firmato prodotti di successo come Filo e Gioia. Eppure, a ben guardare, è sempre una questione di luce e di come questa si riflette sulle superfici rendendole cangianti. I tre creativi si incontrano e dialogano tra loro nel progetto Habitus, che ha finalità di pura ricerca e si traduce in una piccola collezione di pezzi che non sono lampade.
Foscarini Spazio Monforte Corso Monforte 19
UN CORRIDOIO GRAFICO
L’artista e designer francese Nathalie du Pasquier, tra i fondatori del gruppo Memphis nel 1981, ama la-
vorare sui pattern e sulle superfici decorate (tessuti, tappeti, laminati). Per Design Variations, ospitato in una inedita location, un ex-garage vicino alla Darsena, ha realizzato l’opera site-specific Corridoio: una galleria colorata di grande impatto grafico che crea un interessante dialogo con gli elementi architettonici. A comporla sono dodici pannelli decorativi dipinti con grafiche accese stampate su MEG, un materiale molto resistente e adatto all’utilizzo esterno. Come già accaduto per i lavori commissionati ad altri artisti nelle passate edizioni, per esempio Contemporary Caryatids di Olimpia Zagnoli e Breath di Zaven, l’opera avrà una seconda vita al termine della design week.
Design Variations
Viale Gorizia 14
TRA ARCHITETTURA E PERFORMANCE
Marsèll prosegue il dialogo con l’arte contemporanea e le discipline legate al progetto avviato in occasione delle ultime art week e design week invitando lo studio di architettura berlinese Gonzalez Haase AAS. Fondato nel 1999 dallo scenografo Pierre Jorge Gonzalez e dall’architetta Judith Haase, porta avanti una ricerca basata sull’esposizione, spesso venata di ironia, delle contraddizioni insite nel modello so-
ciale urbano. In questa collaborazione, l’azione progettuale si fa performance e coinvolge i visitatori al punto da trasformarli in co-autori. Nello spazio di via Paullo, insieme a un’edizione speciale delle lampade LOLA light firmate dal duo, troviamo panche extralarge, torri in alluminio che contengono piante inurbate e una pacifica invasione di coriandoli biodegradabili.
Marsèll
Via Paullo 12/A
MODERNISMO “QUEER”
“L’ornamento non è un delitto”: questa frase, che ribalta antifrasticamente
la massima di Adolf Loos, potrebbe essere una sintesi efficace per il nuovo progetto dei Formafantasma presentato alla Fondazione ICA. Al centro della mostra La Casa Dentro (aperta già dal 9 aprile e fino al 19 luglio) c’è una nuova collezione omonima disegnata per la galleria romana Giustini / Stagetti: una serie di elementi decorativi e oggetti fatti a mano che si ispirano all’arredamento delle case dell’infanzia dei designer e sovvertono i canoni del modernismo alleggerendosi di un certo dogmatismo ideologico. L’uso del tubolare metallico che è uno degli elementi chiave della tradizione modernista rimane, ma fa i conti con motivi floreali, ricami e volant di seta. L’obiettivo? Riflettere sulla memoria, cercando di fissare ciò che rischia di andare perduto, e de-mascolinizzare lo spazio abitativo aprendo a nuove possibilità espressive.
Fondazione ICA
Via Orobia 26
BLACK POP
Lo scintillio del bronzo, con un cuore nero che comunica un’inquietudine esistenziale. È il leitmotiv di Golden Years / Acta Est Fabula, la personale di Studio Job, al secolo l’artista e designer belga Job Smeets, da Dilmos In mostra, in due capitoli che si rifanno rispettivamente agli “anni d’oro” e alla natura transitoria di qualunque narrazione, una collezione di sculture e opere, alcune molto note come la Curved Chair del 1998 o le lampade Weeping Lanterns, del 2019, lampioni stradali “inchinati” con la stessa curvatura della lampada Arco di Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Il mood generale, nonostante l’aspetto pop di alcune sculture, è cupo: “L’atmosfera che voglio creare è quella dell’attimo prima del temporale, il campanello d’allarme, gli animali inquieti, la spada”, ha dichiarato Smeets.
Dilmos Milano
Via San Marco 1
OSSERVATORIO SALONE
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MOSTRE
OLIVETTI.
STORIE DA UNA COLLEZIONE
“Dobbiamo far bene le cose e farlo sapere”, sosteneva Adriano Olivetti. A Cesano Maderno, a mezz’ora di treno dalla frenesia della design week, molteplici oggetti di comunicazione, grafica e pubblicità ripercorrono novant’anni di “stile Olivetti”. C’è, per esempio, la dedica di Ettore Sottsass all’iconica macchina da scrivere portatile da lui disegnata per l’azienda di Ivrea: “Cara Valentine, voglio dirti con la presente che sono contento della nostra amicizia e che ti scriverò molte lettere”. E ci sono anche il libro 25 anni di Olivetti del 1933, con la copertina di Bruno Munari, primo esempio italiano di grafica aziendale all’avanguardia, le foto scattate da Mulas, Ballo, Zanuso, Roiter per il volume Olivetti 1908 – 1958 e la prima edizione originale della Città dell’uomo, il testamento spirituale dell’imprenditore di Ivrea, tutti riuniti per raccontare una storia di imprenditoria illuminata e di design.
Palazzo Arese Borromeo
Via Borromeo, 41
Cesano Maderno (MB)
Dal 13 aprile al 2 giugno
FUTURE IMPACT 2
DesignSingapore Council torna alla
Design Week con Future Impact 2
nella rinascimentale Rotonda del Pellegrini. Curata come lo scorso anno da Tony Chambers e Maria Cristina Didero, la rassegna presenta nuovi lavori dei designer più innovativi e all’avanguardia di Singapore che dimostrano come il design si stia evol-
Piazza Compasso d’Oro
Piazza Castello 27
Corso Magenta 3
Via delle Ore 3
Olivetti, Classificatori Synthesis , Ronzanieditore.it
Atsushi Morita, Origami Shikki , 2022
vendo in chiave sostenibile e aiutano il visitatore a immergersi in una progettualità innovativa. Si tratta di soluzioni che rispondono all’urgente necessità di preservare il nostro pianeta riducendo al minimo l’impatto ambientale attraverso originali metodi di produzione, dal riuso degli scarti di lavorazione all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e della stampa 3D.
La Rotonda del Pellegrini
Via delle Ore 3
Dal 16 al 21 aprile
NOMADIC NUANCES.
LE FRENCH DESIGN 100
Che cosa succede, in termini di creatività, al di là delle Alpi? Una risposta piuttosto esauriente a questo interrogativo arriva dalla collettiva organizzata dalla piattaforma Le French Design, che promuove l’innovazione nell’arredamento e nell’interior design transalpini. Nel contesto di Palazzo delle Stelline, sede dell’Institut Français di Milano, 31 progetti selezionati tra i vincitori del premio Le French Design 100 spiegano in quali forme si traduce oggi il “French touch”, l’inconfondibile stile francese.
Institut Français Milano
Corso Magenta 63
Dal 15 aprile al 18 maggio
PROGETTI PER SERVIRE, I CASTIGLIONI E LA RISTORAZIONE
Per i fratelli Castiglioni il cibo era importante, non perché fossero delle buone forchette ma perché erano
attirati dalla tavola, con i suoi riti, e dai luoghi dove il cibo veniva preparato e consumato. Una mostra presenta per la prima volta le originali soluzioni spaziali immaginate dagli architetti milanesi per sette progetti di ristoranti e locali tra gli Anni ‘50 e ‘60, offrendo ai visitatori la possibilità di calarsi nell’atmosfera di luoghi che non esistono più come la celebre birreria Splugen Brau di Corso Europa a Milano. Questi progetti pongono i riflettori su tutti gli aspetti rilevanti del lavoro dei fratelli Castiglioni: un intervento che va dagli arredi piccoli a quelli grandi, dalla cura dell’immagine a quella dei flussi del personale, dagli impianti di climatizzazione all’illuminazione.
Fondazione Achille Castiglioni
Piazza Castello 27
Dal 16 al 21 aprile (ingresso su prenotazione)
ORIGIN OF SIMPLICITY. 20 VISIONS OF JAPANESE DESIGN
Importantissimo nella cultura giapponese, il concetto di semplicità può essere reso in diversi modi: come vuoto (ku), spazio o silenzio (ma), povertà o eleganza non ostentata (wabi), consunzione o usura legata al tempo (sabi). All’ADI Design Museum, una mostra rende omaggio alla specificità del design giapponese abbracciando tutte queste declinazioni, attraverso 150 opere progettate da grandi maestri e designer emergenti, molte delle quali vengono presentate per la prima volta al pubblico italiano. L’allestimento curato da Kenya Hara, minimal e poetico, ci porta a passeggio in una foresta stilizzata.
ADI Design Museum
Piazza Compasso d’Oro 1
Dal 23 marzo al 9 giugno
■ Giorgia Losio
GREEN ISLAND2024
A cura di Claudia Zanfi
Milano Design Week
Un percorso di eco-design, botanica, paesaggi.
Stazione Porta Garibaldi, zona ISOLA, Milano.
Opening e Aperitivo bio
Lunedì 15 Aprile ore 12:00
Mart, Merc, Giovedì, Ven ore 17.00
Info Incontri pomeridiani
czanfi@libero.it/ www.amaze.it /FB/IG
In collaborazione con Rete Ferroviaria Italiana - Gruppo FS Italiane; Altagares srl; IULM, Libera Università di Comunicazione; Isola Design District; Jaipur Rugs; Vivai Coccetti; Atelier del Paesaggio; Viafarini Archivio d’Arte; Artribune
MODA & DESIGN
■ Alessia Caliendo
In occasione della design week 2024, riproponiamo la rubrica che esplora il dialogo tra moda e design, due discipline che sempre più spesso si intrecciano definendo nuovi orizzonti creativi.
PRADA FRAMES UN DIALOGO SU DESIGN E NATURA
Il simposio multidisciplinare Prada Frames esplora per il terzo anno consecutivo le interazioni tra il design e l’ambiente naturale. Con il tema Being Home, la riflessione si sposta verso la funzione evolutiva dell’ambiente domestico che, oltre a essere un confortevole rifugio, si afferma come centro nevralgico di servizi, e spazio dove si cristallizzano le normative socio-economiche delle comunità. La curatela è ancora una volta affidata allo studio Formafantasma, mentre i partecipanti provengono da ambiti professionali diversi ma sono accomunati
dall’aver lavorato moltissimo su questi temi: la curatrice del MoMA Paola Antonelli, per esempio, si occupa da anni di design rigenerativo, mentre la biologa colombiana Brigitte Baptiste è un’esperta di questioni ambientali e diversità sociali. Appuntamento dal 14 al 16 aprile presso la Casa Museo Bagatti Valsecchi, nel cuore di Milano. L’accesso alle conferenze, previa registrazione su prada.com a partire dal 9 aprile, è libero fino ad esaurimento posti.
Casa Museo Bagatti Valsecchi Via Gesù 5
DESIGN ANCORA ALLE RADICI DELLA MILANESITÀ
Il direttore creativo Sabato De Sarno reinterpreta l’essenza del design milanese, un mix di sapienza artigianale e pragmatismo, con una spruzzata di quello che definisce “professionismo colto”, attraverso una selezione di cinque pezzi storici, ciascuno testimone di un’eredità culturale senza tempo. Presentati in uno spazio concepito dalla visione artistica dell’architetto Guillermo Santomà all’interno dello showroom di via Monte Napoleone, questi oggetti diventano ambasciatori di un dialogo tra passato e presente.
Gucci
Via Monte Napoleone 7
MIU MIU
RITROVO D’ISPIRAZIONE LETTERARIA
MIU MIU rende omaggio ai salotti letterari e ai collettivi d’arte con un club esclusivo dove intellettuali e appassionati si riuniscono per celebrare la letteratura femminile. Il 17 e 18 aprile, la cornice storica del Circolo
Filologico Milanese sarà animata da conversazioni e performance, tutte incentrate su opere di rilievo scritte da autrici del Novecento come Quaderno proibito di Alba De Céspedes e Una donna di Sibilla Aleramo. Gli incontri, in programma dalle 15 alle 21, invitano la cittadinanza a partecipare attivamente al dialogo culturale.
Circolo Filologico Milanese
Via Clerici 10
MARIMEKKO CELEBRARE IL DESIGN
CON UN BRINDISI ALLA VITA
Marimekko festeggia il 60° anniversario di Unikko, uno dei motivi più famosi del design tessile, trasfor-
Via Palermo 8
Via Clerici 10
Via Stoppani 15
Via Gesù 5
Via Montenapoleone
Corso Matteotti 5
mando lo storico caffè Stoppani nel Bar Unikko in collaborazione con la rivista spagnola Apartamento. La cofondatrice del brand finlandese Armi Ratia credeva che la vera essenza dei fiori non potesse essere catturata dalla stampa. Per questo motivo le stampe floreali rimasero a lungo escluse dalle collezioni, fino alla fortunata intuizione della designer Maija Isola che scelse di allontanarsi dalla resa fotorealistica andando verso l’astrazione. Il Bar Unikko presenta una serie di oggetti da collezione in edizione limitata e ospita attività varie durante tutta la giornata, dalla colazione all’aperitivo.
Bar Unikko
Via Stoppani 15
BUCCELLATI
I NUOVI TAHITI PICNIC BASKETS
Nel contesto vivace della design week milanese, Buccellati svela i nuovi Tahiti picnic baskets, nati dalla collaborazione
Patricia Urquiola . L’incontro il savoir faire artigianale del marchio e la visione della designer si materializza all’interno della nuova boutique degli argenti, situata nella corte di Palazzo Gavazzi, con un’interpretazione contemporanea del classico cestino da picnic. I basket, che estendono la celebre linea Tahiti degli Anni ‘60, fondono in maniera armonica i bagliori dell’argento e il calore del bambù, un omaggio alle isole polinesiane già ben evidente nel progetto
CHANEL NEXT Prize 2024 sostegno e visione nel futuro dell’arte
d’annata di Gianmaria Buccellati. Ogni set è realizzato con la maestria che contraddistingue la maison: dalle finiture in pelle intrecciata ai dettagli interni in legno e tessuto scamosciato, fino agli accessori in argento e alle porcellane.
Palazzo Gavazzi
Via Monte Napoleone 23
HARMONT & BLAINE STRIPESTORIES CON LORENZO VITTURI
Harmont & Blaine intercetta l’essenza del Fuorisalone con l’installazione artistica StripeStories, realizzata in collaborazione con l’artista italoperuviano Lorenzo Vitturi. La boutique di Corso Matteotti 5 diventa un palcoscenico dove i tessuti del brand incontrano materiali di riciclo, cele-
CHANEL Culture Fund ha annunciato i vincitori del Premio CHANEL NEXT I giurati dell’edizione 2024 includono l’attrice Tilda Swinton e l’artista Cao Fei. I vincitori, provenienti da sei nazioni e quattro continenti, si sono distinti in arti visive, film, danza, design di videogiochi, performance, opera e arte digitale, e riceveranno finanziamenti e un biennio di tutoraggio. Il Premio NEXT di CHANEL, istituito nel 2021, riflette l’eredità secolare della casa di moda nel mecenatismo culturale.
brando la creatività sostenibile. Le quattro opere di Vitturi, un inno alle forme organiche e astratte, esplorano i colori e i motivi distintivi di Harmont & Blaine attraverso una prospettiva multi-dimensionale e multisensoriale. Ogni creazione è un gioco di sculture, scenografie e movimenti, che trasforma la boutique in una galleria d’arte immersiva e tattile.
Harmont & Blaine
Corso Matteotti 5
MELISSA FRIZZANTE
INNOVAZIONE OLFATTIVA E VISIVA
Melissa introduce una nuova fragranza e presenta una rinnovata versione del suo modello di sandali
Melissa Possession in tre nuove colorazioni ispirate a altrettante bevande frizzanti. L’experience design e l’allestimento sono curati rispettivamente dall’agenzia creativa Carré Basset e dalla casa di produzione YAM112003, mentre il coinvolgimento dei designer @tinabobbe, @Shail Patel e @ifOnly, che progettano e immaginano mondi onirici con l’aiuto delle intelligenze artificiali, aggiunge un tocco tecnologico all’evento.
Via Palermo 8
OSSERVATORIO SALONE
15
DESIGNER DI DOMANI
■ Giulia Mura
La design week meneghina rappresenta una delle migliori occasioni possibili per i brand. Ma anche per le scuole e le accademie, che durante la settimana possono far cimentare i propri studenti in progetti sperimentali in grado di affrontare i temi topici della contemporaneità globale.
BRA-VERY BAR - IAAD., ACCADEMIA ITALIANA
E SAE INSTITUTE
IAAD., Accademia Italiana e SAE Institute presentano il BRA-VERY BAR, progetto collettivo animato e supportato da AD Education. È CRAFTING DIALOGUES il tema al centro di questa edizione, il dialogo urgente e necessario: BRA-VERY BAR intende riflettere sulle evidenti incapacità relazionali della società contemporanea, sui nuovi media e sulle regole di una comunicazione sempre più accelerata. Allestito presso Stecca 3, alla Biblioteca degli Alberi, il bar ospiterà sei workshop tematici, della durata di un giorno ciascuno, al fine di esplorare l’importanza del dialogo in diverse aree del design.
STECCA 3
Via Gaetano de Castillia, 26
SUBLIME LIVING
ISTITUTO MARANGONI
L’Istituto Marangoni propone una pluralità di eventi, momenti, exhibition diffuse in città, sviluppati dagli alunni in collaborazione con i brand più importanti del design internazionale. E lo fa partendo dal dibatti-
Via De Castilla 26
Via Da Fossano 34
Via Cerva 24
Piazza Caduti del Lavoro 5
Via Festa del Perdono 7
to, quanto mai attuale e controverso, sull’intelligenza artificiale, con le sue applicazioni e implicazioni, e al percorso di sperimentazione sulle nuove frontiere della tecnologia. Sublime Living è infatti un progetto che delinea il futuro della nostra società esplorando la convergenza di realtà fisica e virtuale, un’occasione unica per contribuire alla costruzione di un futuro in cui il design sarà la forza trainante. Presso la sede di via Cerva 24 si terranno due mostre, MIX REALITY LIVING | THE POLTRONA FRAU EXHIBITION e SENTIENT HORIZONS | THE DESIGN DEGREE SHOW, e una serie di talk in collaborazione con la sede cinese di Shenzhen.
Istituto Marangoni Milano Via Cerva 24
THE GLITCH CAMP - IED
Se c’è un problema che affligge Milano durante queste manifestazioni è il costo degli alloggi, inaccessibile per alcune categorie, per esempio gli studenti. IED risponde concretamente, aprendo un campeggio urbano gratuito allestito negli spazi del Centro Sportivo “Enrico Cappelli Savorelli” grazie alla collaborazione con il Comune di Milano e Milanosport. Obiettivo del Glitch Camp – 100 posti a notte – è rendere accessibile la settimana del Salone del Mobile a quanti più giovani di provenienza internazionale possibili. Nel grande campo da calcio del centro sportivo sarà allestito il camp equipaggiato da tende Ferrino, ognuna arricchita da un “kit per il sonno perfetto” a cura di IKEA Italia.
The Glitch Camp Piazza Caduti del Lavoro, 5
UNFOLD - DOMUS ACADEMY
Sei università e sei prospettive diverse unite da un unico tema: è UNFOLD, il progetto firmato Domus Academy
per la MDW2, evento collettivo inedito che riunisce istituzioni e scuole internazionali d’eccellenza – BAU College of Arts and Design di Barcellona, College for Creative Studies di Detroit, Slovak University of Technology di Bratislava, Strate Ecole de Design di Sèvres, Nottingham Trent, Xi’an Jiaotong-Liverpool University – in una mostra al BASE, in zona Tortona. Ogni università presenterà due progetti per interpretare le complessità del nostro tempo e generare un impatto positivo in vari campi del design: un’occasione per affrontare alcune delle urgenze globali con proposte che utilizzano il design sia come strumento di problem solving che di comunicazione.
BASE Milano
Via Bergognone 34
I AM WHAT I THROW AWAY NABA
La Nuova Accademia di Belle Arti è presente all’interno di INTERNI Cross Vision, nel Cortile d’Onore dell’Università degli Studi di Milano, con I am what I throw away. ll progetto - curato da Italo Rota, Claudio Larcher e dagli studenti con AMSA, la società che gestisce la raccolta dei rifiuti a Milano – propone un’esperienza immersiva che introduce l’uso di materiali di recupero con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini su alcune tematiche dello sviluppo sostenibile. Ispirata alle Living structures del designer americano Ken Isaacs – un sistema modulare per costruire strutture con il minimo impatto ambientale – l’installazione è un’architettura composta da vari elementi che rappresentano il consumo annuo di prodotti da parte di un nucleo abitativo medio.
Università degli Studi di Milano
Via Festa del Perdono 7
award.fuorisalone.it
SPIRITO GREEN
■ Giulia Mura
In un'epoca in cui la ricerca di equilibrio tra uomo, natura e consumo di materiale diventa sempre più cruciale, sono tante le iniziative, le installazioni, i prodotti e i brand che pongono il tema dell'ecologia – e le sue urgenze – al centro delle ricerche presentate durante la settimana del Salone.
DALLA TERRA, CON LENTEZZA
Cristina Celestino e Snøhetta disegnano per lo storico marchio Fornace Brioni, rinomato per la sua esperienza nel restauro di pavimentazioni storiche, The Void, una nuova collezione di piastrelle e elementi 3D nata come celebrazione della terracotta pressata a mano. Un’audace esplorazione della materia naturale che combina tradizione e design contemporaneo, e che dà priorità alla produzione lenta e al ridotto uso di materiale. Enfatizzando luce, ombra e struttura, questo nuovo progetto abbraccia le imperfezioni uniche derivanti dalla lavorazione artigianale: ogni pezzo, infatti, è realizzato manualmente. Le piastrelle, dal design minimalista, offrono una miriade di motivi e composizioni geometriche.
Fornace Brioni
Via Santa Marta 21
COME ALBERI NEL BOSCO
L’installazione a cura di Giandomenico Di Marzio – progettata dallo scultore Michele D’Agostino per NichelcromLab, la divisione sperimentale dell’azienda specializzata in superfici d’acciaio inox – è un’esperienza immersiva che nasce dal dialogo tra natura, materiali e tecnologia. Ospitata al Superdesign Show, Like Trees In The Woods invita il visitatore ad attraversare un vero e proprio bosco di querce che si riflettono all’infinito grazie all’acciaio specchiante che le circonda. Si tratta, in realtà, di un’illusione ottica decontestualizzante: l’opera vuole infatti instaurare
un dialogo tra ambiente naturale e artificiale, sottolineando la fragilità del nostro ecosistema. L’installazione è green per due motivi: per la scelta del materiale, totalmente ecosostenibile in quanto riciclabile al cento per cento. E per la volontà di dare, al termine della design week, collocazione permanente nel territorio milanese agli alberi utilizzati.
Superdesign Show, Superstudio Più via Tortona 27
UN GIARDINO SEGRETO
Fondato nel 2000 da Claudia Zanfi e Gianmaria Conti insieme a un gruppo di studiosi e di artisti, aMAZElab è un laboratorio culturale non-profit che opera come un network di produzione creativa interdisciplinare, impegnato in ricerche sui territori, comunità locali, micro-geografie e culture emergenti. Per questa edizio-
ne del Salone Green Island organizza presso l’atrio della Stazione di Porta Garibaldi, THE SECRET GARDEN, un giardino urbano nascosto caratterizzato da una serie di pezzi realizzati con materiali naturali. Al centro di questa mostra a cura di Claudia Zanfi – che utilizza cera, foglie, fiori, legni, pietre, argilla e ceramica – un’installazione progettata da Matteo Cibic e
Via Bovio 28
Fornace Brioni, Void collection by Snohetta
Photo © Mattia Balsamini
Matteo Cibic per Jaipur Rugs Green Island
6 AM, Glassworks Float Collection
Not Compromised Elephant Footprint Seats 1
Benkert Bänke, Linesca
Piazza Freud 1
Via Sammartini 38/60
Via San Marco 2/3
Via Santa Marta 21
Via De Amicis 17
Via Tortona 27
realizzata da Jaipur Rugs. Ogni giorno della settimana, alle 17, il pop up sarà animato da talk di approfondimento, tra eco-design, botanica, paesaggi.
Stazione Porta Garibaldi
Piazza Sigmund Freud, 1
LA TRASPARENZA RECUPERATA
Edoardo Pandolfo e Francesco
Palù, fondatori di 6:AM Glassworks, presentano FLOAT, una collezione di arredi dal sapore industriale che trasforma il vetro in oggetti dalla manifattura artigianale attraverso la fusione delle lastre float. Presentata a Dropcity, comprende tavoli e mensole modulari a parete con struttura in acciaio spazzolato, vetro clear ed extra clear con la tecnica della vetrofusione, capace di conferire una stratificazione che ricorda una cannettatura irregolare che dona fascino artigianale ad ogni pezzo. Un progetto che è parte di un lavoro più ampio dello studio, impegnato a sostenere, attraverso lo sviluppo di alcune iniziative di economia circolare, il recupero di vetri per migliorare il sistema del riciclo del vetro temperato.
Dropcity
Via Sammartini 38/60
HELLO, EARTH SPEAKING
Design e sostenibilità si incontrano alla Milano Design Week 2024, dove The Good Plastic Company svela un’installazione che sfida le percezioni convenzionali dell’uso dei materiali e della consapevolezza ambientale. Progettata e curata dal team di StudioXAG certificato B Corp e costruita interamente in Polygood®, il materiale di superficie sostenibile riciclato al 100% e interamente riciclabile di The Good Plastic Company, l’installazione intende mostrare come gli spazi possono funzionare con la Terra, non contro di essa. Una grande scultura
realizzata in plastica riciclata “parla” con i visitatori attraverso un microfono, incoraggiandoli a fermarsi e ascoltare la voce del nostro pianeta. E mentre interagiscono con l’installazione, li invita a capire il ruolo del design nel plasmare un futuro più sostenibile, nel reinventare i processi di progettazione per ridurre al minimo gli sprechi, preservare le risorse e salvaguardare il pianeta per le generazioni future.
Superdesign Show, Superstudio Più via Tortona 27
DAL LETAME (DI ELEFANTE) NASCONO SEDUTE
Dopo aver fondato e diretto per anni la piattaforma designboom, Birgit Lohmann e Massimo Mini presentano nei cortili del Liceo Classico Parini NOT COMPROMISED: HUMANS and NATURE at their best!, una mostra innovativa che indaga il rapporto uomo-natura e nuovi modelli sociali attraverso l’arte, l’architettura e il design. Come? Esplorando percezioni non convenzionali grazie a opere che enfatizzano soluzioni sostenibili, tra cui una collezione di mobili da esterno realizzata con sterco di elefante dall’architetto Boonserm Premthada. La mostra racconta, con la partecipazione di Bangkok Project Studio, Apiradee Kasemsook, preside della Silpakorn University di Bangkok, e i CHAT Architects, tre storie di sensibilizzazione sociale dalla Thailandia che incarnano la visione di una convivenza non antropocentrica, ma di coesistenza, con flora e fauna, dove la presenza umana non deteriora ma salvaguarda.
Liceo Classico Parini
Via San Marco 2/3
MOTTAINAI, NON SPRECARE
Oltre lo sguardo è un invito a immaginare, un messaggio di responsabilità etica e sostenibilità culturale. È ciò che chiede Paola Lenti nel progetto
del suo primo flagship store milanese, 4.000 metri quadri nel quartiere Maciachini, dove un esteso complesso industriale è stato trasformato in un’architettura bioecologica con un percorso che si sviluppa tra showroom, lounge, uffici, giardini, serre e una Gallery dedicata alle espressioni artistiche contemporanee. Fulcro del progetto, la straordinaria presenza del verde – in partnership con PNat (Project Nature), studio multidisciplinare di architetti e ricercatori vegetali coordinati da Stefano Mancuso – che ricrea sei habitat: giardino umido, tetto verde impollinatore, bosco edibile, patio tropicale, giardino delle perenni e bozzolo. Per la MDW, a interpretare il secondo capitolo del progetto Mottainai – in lingua giapponese significa “non sprecare, utilizzare le risorse che si hanno a disposizione” – lo studio Nendo dà vita alla collezione Hana-arashi, la “danza dei petali”, esposta nella mostra personale nendo: whispers of nature.
Paola Lenti Milano
Via Giovanni Bovio 28
LA PANCA INFINITA
Dopo il fortunato esordio a Barcellona, TERRASZA, nuova piattaforma phygital esclusivamente dedicata al design per esterni, organizza la sua prima edizione milanese nel suggestivo contesto del Giardino di Alik, un cinema all’aperto, grazie alla collaborazione con la scuola di cinema e animazione FX di Barcellona. Qui, il brand tedesco BENKERT BÄNKE, rinomato produttore di mobili outdoor che combinano artigianato, tecnologia innovativa e materiali riciclabili al 100%, presenta Linesca, un sistema di panche modulari in acciaio inossidabile dalle configurazioni illimitate. Realizzati artigianalmente in Germania, tutti i prodotti in collezione hanno un obiettivo: essere durevoli, playful e rispettosi degli ambienti, urbani e naturali.
Giardino di Alik
Via Edmondo de Amicis 17
OSSERVATORIO SALONE
19
Gaetano Pesce
Oggetti che fanno pensare
Colore, autorironia, connotazione politica e sociale: queste le costanti che hanno accompagnato il lavoro di uno dei Maestri indiscussi del design italiano. Ci ha concesso questa intervista qualche giorno prima della sua scomparsa, avvenuta il 3 aprile, per raccontarci due progetti a ai quali teneva molto: una mostra e una grande installazione urbana a Milano.
Con Gaetano Pesce (La Spezia, 1939-New York, 2024), il mondo ha perso una delle figure più note del design radicale italiano e uno sperimentatore eclettico, sempre in bilico tra arte e design con innumerevoli pezzi presenti in oltre trenta collezioni permanenti dei più importanti musei del mondo. Instancabile cittadino del mondo, la sua esperienza è stata globale: nel corso della sua carriera, lunga quattro decenni con incarichi di architettura, urbanistica, interni, design espositivo e industriale, ha ideato progetti pubblici e privati negli Stati Uniti, Europa, America Latina e Asia. Ha insegnato architettura all’Institut d’Architecture et d’Etudes Urbaines di Strasburgo, ma anche alla Carnegie Mellon di Pittsburgh, alla Domus Academy di Milano, alla Polytechnic University di Hong Kong, alla Architectural School di Sao Paulo e alla Cooper Union di New York City, dove viveva dal 1980. Qui, nel suo laboratorio di Brooklyn Navy Yard, per quarant’anni ha caparbiamente infranto i confini tra arte, design e industria divertendosi a manipolare i suoi materiali preferiti – resine, elastomeri, schiume poliuretaniche – dando loro, oltre alla forma, anche senso e significato. In occasione della settimana del design, è possibile ammirare i suoi ultimi due grandi progetti per la città di Milano, una mostra e un’installazione monumentale. La monografica Nice to See You, con entrata libera al pubblico dal 15 al 23 aprile presso la Sala delle Accademie della Pinacoteca Ambrosiana, raccoglie una trentina di opere, per lo più inedite: alcune del passato, ma la maggior parte realizzate tra il 2023 e il 2024. Le opere sono state selezionate non solo per il loro ruolo funzionale ma anche in quanto portatrici di messaggi, oggetti con un doppio significato: quello utile e quello del far pensare. L’Uomo Stanco è invece un’installazione monumentale in esterno realizzata in collaborazione con il Comune. Un lavoro che mira a rappresentare la stanchezza etica di cui soffre il cosiddetto sesso forte e porta a termine quanto iniziato nel 2019, sempre con a Milano, con un’altra opera
urbana: la Maestà Sofferente, che parlava del crudele trattamento riservato alle donne in molti paesi del mondo.
Si descriva con tre parole, o aggettivi. I AM - A - CURIOUS - PERSON.
Quali sono i principi della “futura arte del design”?
Come per l’architettura che ancora si trova ad esprimersi secondo gli obsoleti principi dell’International Style, anche il design degli oggetti si trova nello stesso “cul de sac”. In altre parole, prende forma senza tener conto delle realtà dei luoghi dove esso è prodotto. A mio parere, il design del futuro sarà capace di esprimere la realtà del luogo dove nasce. Quindi sarà un’espressione che non solo curerà la sua praticità e funzionalità, ma esprimerà anche le caratteristiche socio-politiche della realtà dove prende forma, oltre ai valori culturali del suo autore, divenendo così docu-
Gaetano Pesce at workingallery, 2019, photo Olga Antipina
mento d’arte.
Quali sono le tre opere esposte che lei ritie ne più significative, quelle che proprio non potevano mancare nella mostra a Milano? Il tavolo Origami perché esprime una ricerca durata più decenni per ottenere un oggetto in serie che si realizza sul principio della diversità. Il Pugno esprime la mancanza di liber tà di parola che ancora esiste in diversi paesi del mondo. Le sedie alte, fuori scala, che esprimono il vivere degli in dividui a “elevarsi”.
Qual è il valore di fare pez zi che fanno pensare, do tati di una connotazione politica?
È molto importante fare ogget ti che hanno un significato, che fanno pensare. La gran parte della cosiddetta arte che si vede nelle gallerie e musei contempo ranei ha perso la sua forza critica per diventare mera decorazione. Ecco l’importanza del design come portatore di messaggi, come quello che ho creato nel 1969: una poltrona con le sembianze di una donna con il piede legato a una sfe ra (il poggia piedi).
Quali sono i temi chiave su cui devono con centrarsi il design e le nuove generazioni da qui ai prossimi anni?
È difficile dire per gli altri. Per me sarà importante continuare a esprimere concetti contrari alla superficialità dilagante.
Ci spieghi meglio il progetto urbano “L’Uomo Stanco” e quale pensa sia il ruolo dell’arte per la città contemporanea.
Nel passato l’uomo ha dato dei contributi fondamentali per lo sviluppo e la civiltà del gene-
in alto: Sedia Dalila [In Progress] Foam, polyurethane resin
in basso a sinistra Il Pugno (Si È Dischiuso...), 1971-2023 Foam, Polyurethane
a destra Origami
Table Square, 2024 Polyurethane resin
re umano. Oggi questo immenso contributo ha generato la fatica dell’uomo attuale provocandone in molti casi la disonestà, l’interesse fine a se stesso per il potere, la violenza di genere, eccetera. Per questo penso che la donna dovrà mettersi al servizio del mondo per migliorarne le condizioni attuali e future.
Veneranda Biblioteca Ambrosiana Piazza Pio XI 2
■ Giulia Mura
INCONTRI
21
Inga Sempé.
Elogio dell’imperfetto
Parigina cresciuta sulla rive gauche, figlia d’arte (del celebre disegnatore Jean-Jacques Sempé e della pittrice e grafica danese Mette Ivers), Inga Sempé (Parigi, 1968) crea degli oggetti che sembrano semplici ma non lo sono. Dietro la loro leggerezza apparente, frutto dell’accostamento di linee rette e curve, di pieni e di vuoti, si nasconde sempre un accorgimento tecnico, la risposta a una necessità pratica che fa pendere la bilancia dalla parte della funzione. Abbiamo incontrato la designer francese durante l’allestimento della mostra Inga Sempé. La casa imperfetta, che a partire dal 15 aprile e per tutta l’estate metterà in scena una selezione di suoi progetti nella Design Platform del Museo del Design italiano, alla Triennale, e ci siamo fatti raccontare che cosa le piace – l’Italia, gli oggetti intelligenti, procedere per prove ed errori aggiustando progressivamente il tiro – e che cosa invece proprio non sopporta.
Inga Sempé photo ©ClaireLavabre
nella pagina a fianco
in alto: Inga Sempé, Magis vitrail, courtesy Magis
in basso: Ing a Sempé portrait
Parliamo della mostra: perché il titolo La casa imperfetta?
Perché sono stufa delle case perfette che si vedono sulle riviste. Non mi fanno sognare, anzi, mi annoiano tantissimo. La mia ricerca non comprende concetti come la perfezione o la purezza. A me piacciono i difetti, le cose un po’ storte.
Che cosa vedremo alla Triennale? Si tratterà di una vera casa?
Ci saranno tanti oggetti che ho disegnato negli ultimi 23 anni. E sì, abbiamo usato la superficie espositiva di 150 metri quadri per ricreare un finto appartamento con un ingresso, un bagno, un salotto, una camera da letto, uno studiolo e una cucina, tutto un po’ imperfetto. Le pareti sono fatte con un tessuto che ho disegnato per l’azienda danese Kvadrat.
A proposito di imperfezione, so che non ama essere definita “cool”, alla moda. Ho letto diverse sue interviste sulla stampa francese e ho sottolineato questa frase: “In fondo, il mio lato creativo è non essere cool”.
È un aggettivo che si usa molto anche in francese, e che io trovo orrendo. Quando qualcuno mi dice “ma tu non sei cool”, come se fosse un rimprovero, sono molto contenta. Non voglio esserlo per niente, e non mi piace che le persone vogliano a tutti i costi apparire “giuste” o simpatiche.
Oggi però molti creativi puntano sull’immagine o sulla riconoscibilità per rendersi appetibili agli occhi del pubblico e delle aziende.
Essere riconoscibili non è un male, anzi, è molto importante per sopravvivere. Noi riceviamo una piccola percentuale del prezzo di vendita degli oggetti che disegniamo e non è detto che la nostra attività generi grandi guadagni. Anche l’essere pubblicati regolarmente sui giornali non è per forza un indicatore di successo economico, puoi avere tanti articoli ed essere al verde.
Tra i tanti pezzi in mostra, qual è il suo preferito?
Una lampada di piccole dimensioni che ho disegnato per l’azienda svedese Wästberg. Le voglio molto bene perché riassume due dei miei interessi: disegnare delle lampade e sviluppare oggetti che abbiano una meccanica intelligente. Si chiama Île w153 ed è versatile: è provvista sia di una pinza che di una base piatta, perciò si può scegliere di fissarla su diversi supporti, di attaccarla al muro oppure di appoggiarla su un tavolo. Il paralume ruota
su una sfera magnetica di metallo, perciò può essere orientato in tutte le direzioni. Studiare soluzioni di questo tipo è una cosa che mi piace molto e che faccio a modo mio, non avendo grandi conoscenze meccaniche.
In molti suoi progetti mi sembra di ritrovare un trattamento particolare dei tessuti, con lavorazioni come il plissé – molto usato in particolare nelle lampade, da Plissé (nomen omen, disegnata per Luceplan) a Matin (Hay) e Vapeur (Moustache) – e il matelassé. È una preferenza estetica o una questione legata alla funzione?
Il plissé è il modo più semplice per dare rigidità a un materiale morbido e leggero, ed è una tecnica con la quale ho cominciato a sperimentare a casa, da adolescente, perché è molto semplice e non richiede l’uso di attrezzi. Anche il matelassage risponde a una necessità pratica, quella di ancorare il tessuto all’imbottito e di farlo in maniera interessante. Queste soluzioni servono a strutturare l’oggetto, la cucitura può sembrare un dettaglio fine a se stesso ma non lo è perché influenza il modo in cui la luce lo percorrerà.
Lei è cresciuta in una famiglia di artisti. Che influenza ha avuto sulla sua formazione? A casa era considerato normale, e perfino auspicabile, che io passassi il tempo a disegnare e costruire cose con le mani. Non c’era nessuno che mi invitasse a lasciar perdere quelle
stupidaggini per concentrarmi, per esempio, sulla grammatica. Inoltre, ho visto i miei genitori lavorare e ho capito che per arrivare al progetto finito preparavano un sacco di schizzi e di bozze. Ho sempre saputo che per creare un oggetto o un’opera d’arte bisogna fare parecchi tentativi e mettere in conto una buona dose di fatica. Questo rimane vero anche quando cominci a essere conosciuto nel tuo ambito professionale: l’esperienza non cancella il fatto che ci siano dei momenti difficili, in cui pensi che non ce la farai mai.
All’inizio della sua carriera ha frequentato molto l’Italia. C’è stata una residenza a Villa Medici, a Roma, e poi i primi progetti per Edra e Cappellini. Che cosa rappresenta per lei il nostro paese? Semplicemente, la fonte di tutte le carriere dei designer francesi. Abbiamo cominciato tutti in Italia e qui abbiamo trovato opportunità straordinarie. È un paese a cui sono molto legata anche sul piano personale perché parlo italiano e mi piace leggere in questa lingua. Da quando ho cominciato a studiare design sono sempre stata attratta dall’Italia, per questo ho scelto di fare entrambi i miei tirocini a Milano.
Triennale Milano
Via Alemagna 6
INCONTRI
23
■ Giulia Marani
Oltre il convenzionale I mondi immaginifici di Andrea Maestri
Navigando lungo il confine tra arte e interior design, Andrea Maestri si distingue nel panorama creativo contemporaneo. I suoi lavori si collocano in uno spazio ibrido dove l’estetica incontra la funzionalità, un territorio che l’artista e designer sonda con una visione tanto giocosa quanto sofisticata. Le sue collezioni in edizione limitata, emergono per la cura materica e l’approccio quasi onirico e si fondono con una giocosità che sfida i canoni dell’ordine stabilito e abbracciano un glamour che è insieme raffinato ed esuberante. Maestri attinge dall’ampio repertorio delle culture passate, e le sue creazioni riflettono una vita arricchita da ambientazioni suggestive e figure eclettiche. La sua opera si
Ritratto di Andrea Maestri, photo © Emanuele Zamponi
nella pagina a fianco in alto: Andrea Maestri, specchio OHLALA , 2018
Andrea Maestri, vaso MAMA , 2021
Andrea Maestri, collezione ANIMALIA , 2023
caratterizza per una precisione meticolosa e un uso innovativo di materiali e finiture poco convenzionali. La tendenza all’esperimento incessante lo vede alla continua ricerca di nuove metodologie produttive, sposando le ultime tecnologie con la tradizione artigianale. Con un’ambizione che guarda sempre oltre, Maestri prosegue il suo percorso creativo con progetti che spaziano dallo sviluppo di spazi residenziali alla collaborazione con noti brand del design. Le sue opere hanno varcato le soglie di prestigiose istituzioni come la Triennale di Milano, a Osaka e a Los Angeles e si sono imposte nell’immaginario collettivo a livello internazionale, trasformando gli oggetti di uso comune in testimonianze di un’estetica esperienziale.
Nel suo lavoro c’è una forte presenza di elementi onirici e visionari. Cosa la ispira a incorporarli negli spazi e negli oggetti di design?
Sono sempre stato molto attratto da tutto ciò che sfugge all’ordinario, da ciò che è atipico, parallelo ed alternativo agli stereotipi della vita di tutti i giorni. Cerco costantemente di reinterpretare la realtà in chiave onirica per creare cortocircuiti e scenari inattesi. Il mio lavoro mira a dare continuità a quella corrente dell’espressività italiana che conta tra i suoi pilastri figure come Federico Fellini, Elsa Schiaparelli, Alberto Savinio e l’innovativa stagione del Radical Design degli anni ‘70.
L’approccio è notevolmente trasversale e spesso sorprendente. Può darci un esempio di come un tema non convenzionale è stato trasformato in un oggetto di design funzionale?
Chi pensa che il design debba essere confinato in un recinto nostalgico di citazioni del passato o proiettato nelle astrazioni asettiche di un futuro improbabile, sinceramente mi fa sorridere. Non mi pongo limiti di ispirazione; il mio approccio è aperto ed eclettico, spaziando da riferimenti colti a influenze della cultura popolare. Sono particolarmente affascinato dal circo, percepito come un ambiente bizzarro e straordinario dove tutto è possibile: ho reinterpretato questo tema trasformando la decorazione teatrale e il linguaggio barocco in una collezione di oggetti e arredi dove, per esem-
pio, il clown e la ballerina si animano in una poltrona giocosa e uno specchio scintillante.
Può descriverci i concetti di “pop glamour” e “giocosità domestica” che emergono nelle sue collezioni e come contribuiscono alla loro unicità?
L’alta moda rappresenta una sorgente inesauribile di ispirazione per me, affascinato come sono dalla perfezione dei dettagli e dalla ca pacità di assemblare le forme in maniera inedita. La osservo attentamente per creare pezzi iconici che, pur nella loro semplicità e immediatezza comprensiva, si distinguo no per proporzioni e finiture sofisticate. Gli oggetti acquistano interesse quando assu mono valenze affettive e ludiche, distanzian dosi dalla semplice geometria per instaurare uno scambio emotivo con chi li osserva e li utilizza. Le mie collezioni sono animate, nar rano storie che divertono e interagiscono con il pubblico nel teatro domestico.
L’alta qualità artigianale è evidentemente cruciale nel suo lavoro. Qual è il processo per assicurare che ogni dettaglio rifletta l’eccellenza?
La selezione dei materiali è solo l’inizio; segue un’analisi meticolosa per identificare gli artigiani più qualificati per il compito. Tratto ogni creazione come un capolavoro sartoriale, dove ciascun dettaglio è fondamentale e contribuisce al valore complessivo dell’oggetto. La mia ricerca della qualità è ossessiva, e in questo lavorare in Italia è un privilegio, data la
nostra tradizione di eccellenza artigianale che varia dalle falegnamerie brianzole ai maestri vetrai del Veneto, fino alle botteghe ceramiche di Faenza, per citarne solo alcune.
C’è un criterio particolare che segue per determinare la quantità di una serie limitata per i collezionisti e per gli spazi espositivi?
La produzione limitata è dettata dalla complessità e dalle dimensioni dell’oggetto; di norma, pezzi più sempli ci possono arrivare fino a 99 riproduzioni, mentre quelli più complessi sono destinati a rimanere in numero esiguo. Produco anche pezzi unici per collezionisti esigenti e per eventi speciali, come le fiere d’arte o le mostre museali.
In che modo procede nel bilanciare l’intenzione funzionale del design con la libera espressione artistica, e quale considera essere il punto di fusione ottimale tra questi due mondi nel suo processo creativo?
Il mio design fluttua costantemente tra la funzionalità e l’arte, sostenendo che un oggetto debba soddisfare un bisogno ma possa anche farlo in maniera interessante e attraverso un’espressione formale ricca. Dall’arte traggo l’ispirazione per temi e materiali spesso trascurati nel design industriale puntando a un’integrazione armoniosa che eviti il superfluo e dia coerenza al prodotto finale, un prodotto che, pur soddisfacendo il suo scopo pratico, risplenda di un’aura artistica inconfondibile.
■ Alessia Caliendo
INCONTRI
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Romero Britto Una casa tutta pop per Chiquita
Romero Britto (Recife, 1968) non somiglia allo stereotipo dell’artista chiuso nella sua torre d’avorio. Se proprio dovessimo imbastire un paragone, a venire alla mente sarebbe piuttosto una rockstar, o l’emblema sorridente del self made man all’americana. A lanciare internazionalmente la sua carriera di icona del neo pop, nel 1989, dopo il trasferimento dal natio Brasile a Miami e una gavetta piuttosto dura, fatta di opere dipinte su fogli di giornale (le tele costavano troppo) e vendute per strada, fu una bottiglia di vodka del brand Absolut. Il produttore svedese, che aveva già avviato delle collaborazioni con artisti ultraquotati come Andy Warhol e Keith Haring, lo scelse per disegnarne l’etichetta in previsione di un lancio pubblicitario, proiettandolo così nel firmamento dell’arte che conta. Da allora, troviamo i suoi motivi inconfondibili e le sue campiture di colori saturi delimitate da una spessa linea nera su un’infinità di supporti diversi: quadri, naturalmente, ma anche sculture, elementi d’arredo e un’infinità di oggetti d’uso più o meno quotidiano, dalle tazze alle tavole da surf.
L’artista brasiliano, fondatore dell’Happy Art Movement, firma l’allestimento della Chiquita House: un ambiente ispirato alla celebre banana che si animerà con l’intervento dei visitatori.
LA CHIQUITA HOUSE: UNA SERIE DI AMBIENTI
COLORATISSIMI E INTERATTIVI
Quest’anno, invitato da Chiquita che gli ha affidato il design di una collezione di “Bollini Blu” d’autore in edizione limitata per le sue banane e la campagna Pop by Nature, con la creazione di una speciale opera d’arte e una serie di interventi di decorazione urbana in diverse città italiane, Romero Britto ha ispirato l’allestimento di una casa, la Chiquita House. Dedicata al frutto pop per eccellenza, la banana Chiquita, sta per aprire le sue porte al pubblico del Fuorisalone con un’infilata di stanze immersive e giocose, nello stile dell’artista, e una serie di installazioni con le quali i visitatori potranno (anzi, dovranno) interagire: tuffandosi in una piscina piena fino all’orlo di banane colorate, per esempio, o ancora dipingendo alcune pareti insieme a Britto per dare vita a un’opera d’arte collettiva. “È la prima volta che la mia arte diventa protagonista di un intero ambiente abitabile, a parte il mio studio di 5.500 metri quadri a Miami che ho interamente disegnato, il BRITTO Palace”, spiega l’artista. “L’arte per me è un mezzo per condividere il mio messaggio di felicità e ottimismo che ispira il mondo. Di solito la mia arte entra nelle case delle persone sotto forma di opere da appendere al muro o di prodotti per la vita di tutti i giorni, questa volta invece sono stato libero di creare uno spazio e riempirlo completamente con la mia arte ed è stato fantastico”.
GLI INTERNI DI ROMERO BRITTO
sopra: Il visual della campagna Pop by Nature , courtesy Chiquita
a sinistra: Un ritratto di Romero Britto, photo © BRITTO
L’ottimismo – una filosofia di vita per Britto che ha fondato l’Happy Art Movement dandosi la missione di “cambiare il mondo una persona alla volta” spargendo gioia e spensieratezza, come si legge sul suo sito – si riflette in questo progetto come negli interni in cui l’artista si muove abitualmente: la sua residenza e l’atelier dove realizza le sue opere. “Casa mia, come si può immaginare, è piena di quadri, non solo miei. Ho un sacco di «Brittos» ma anche parecchie opere di altri artisti che ho collezionato negli anni, come Picasso, Chagall, Keith Haring, Roy Liechtenstein e Andy Warhol. A parte questo l’arredamento è sui toni del bianco e dei colori chiari. Nel mio studio, invece, dove passo la maggior parte del tempo - anche nei fine settimana - tutto è colorato e vivace”, spiega ad Artribune. I padri nobili della pop art e il pioniere della street art sono tra gli artisti che più hanno influenzato la formazione di Britto; il loro influsso si combina però con un senso tipicamente tropicale e brasiliano per il colore che ha affinato già in giovane età, ammirando il lavoro di Francisco Brennand, Cicero Dias e Candido Portinari.
■ Giulia Marani
INCONTRI
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Il senso dei Millennial per il design
Non più emergenti, non ancora venerati maestri: sono i designer nati tra la seconda metà degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, che oscillano tra voglia di cambiare il mondo un progetto alla volta e disillusione.
VITO NESTA (1987)
Vito Nesta ha cuore d’artigiano e occhi rivolti a vasti orizzonti. Nei primi tempi della sua attività progettuale utilizzava “reperti” della sua storia personale – utensili da cucito della nonna o pennelli da barba del nonno – per costruire arredi o oggetti decorativi eclettici, ricchi di vissuto individuale. Poi avvenne il salto nel mondo della produzione industriale – fra i suoi interlocutori, aziende come Sambonet, Riva 1920, Roche Bobois, Wallpaper San Patrignano, Limonta, Jannelli & Volpi –, che gli ha permesso di appropriarsi di una nuova consapevolezza professionale e di conoscere nuove realtà. “Credo che oggi i designer esordienti non capiscano che un modo di iniziare il loro percorso sia dedicarsi all’autoproduzione e all’artigianato, io ho iniziato così”, afferma Nesta che, partito con il suo studio nel 2013, ha assistito in dieci anni a mutamenti profondi nel settore del design. Come affrontare le grandi sfide del presente? “A mio parere il design sta vivendo un momento difficile, il cambio di rotta è avvenuto con l’avvento dei social,
quando i designer si sono rintanati nel loro studio pensando che i canali digitali fossero la loro vetrina sul mondo. Questo individualismo ci sta allontanando dal confronto, dalla condivisione dei pensieri, da progetti che servano a migliorare la società, e quindi l’uomo. Penso si debba tornare al dialogo, a lavorare insieme su progetti che non assolvano solo a funzione estetica, industrializzazione, ma parlino di fragilità, diversità, ambiente, evoluzione, cambiamento …”.
Dalla nativa Puglia Vito Nesta, dopo gli studi di interior design a Firenze, una quindicina d’anni fa si è trasferito a Milano dove ha trovato terreno fertile. Sensibile ai modelli culturali che qui si sono configurati a cavallo dei due millenni, ha dato vita per il marchio Grand Tour alla collezione di porcellane e complementi d’arredo Alchimie, co-firmata con Alessandro Guerriero, fondatore negli anni Settanta dello Studio Alchimia insieme a Mendini, Sottsass, De Lucchi, Branzi e altri.
Verrà presentata durante il Fuorisalone presso lo Studio Vito Nesta nella mostra La pancia del Guerriero, curata da Sara Ricciardi, ex assistente del maestro milanese e a sua volta nota designer. Frutto di una ricerca condivisa, i pezzi esprimono straordinaria energia grazie a un’affabulazione inesauribile e visionaria. “Alchimia cinquant’anni fa includeva persone che volevano dare un segnale alla società. Con Alessandro vorrei fare gruppo. È l’ultimo maestro che continua a proporre cose interessanti anche se in sordina. Insieme – due generazioni a confronto – abbiamo rivisitato icone storiche, accostando porcellane, tessili e arredi di oggi a pezzi d’epoca reperiti da Guerriero in collezioni e gallerie private”. Ne scaturisce l’invito al viaggio, nel tempo e nello spazio, tra memoria e magia, conservazione e immersione nella contemporaneità: un vero Grand Tour, come piace al designer pugliese.
Studio Vito Nesta
Via Ferrante Aporti 16
■ Alessandra Quattordio
Nella pagina a fianco in basso: Vito Nesta, photo Maxime Galati-Fourcade/Laura Fantacuzzi, 2022 in alto: Vito Nesta, Alchimie , sedie, photo Andrea Pedretti
STUDIO NAVA+AROSIO
Paolo Emanuele Nava (1989)
Luca Maria Arosio (1988)
“Importante per un designer sarà ricordare che ogni oggetto che viene prodotto avrà una «fine», e che quella «fine» non dovrà essere un peso per le generazioni future, bensì qualcosa di cui fin dall’inizio si sono valutate responsabilità e ripercussioni sociali”. Così si esprimono Paolo Emanuele Nava e Luca Maria Arosio, fondatori nel 2014 dello studio Nava+Arosio, con base a Milano e Lissone, che si occupa di product design, art direction e, soprattutto per spazi pubblici, interior design. Una nuova consapevolezza da parte dei designer della generazione dei Millennial? Nava e Arosio non hanno dubbi: “Certamente un tratto che ci accomuna è l’immissione di nuovi valori sociali nel design. D’altra parte, ci unisce anche l’uso dei canali digitali per comunicare i propri progetti e dare un volto alla propria cifra stilistica”. Se ogni studio deve avere una sua filosofia progettuale modulata sul presente, quella del duo milanese è racchiusa in due concetti cardine: l’humanistic design, che pone al centro l’uomo e le sue necessità materiali e immateriali, e l’experience design, che induce a fare degli oggetti uno strumento di gratificazione personale, sia in termini funzionali che esteti-
in alto a sinistra: Nava + Arosio Studio, photo Nathalie Pacheco Rodriguez. A destra: Nava + Arosio, Giorgetti Upward , lamp design
ci, con cui interagire. Prova ne è la seduta Pila 47 disegnata nel 2016 per Rubelli. Modellabile dal peso e dall’ingombro del corpo umano grazie alla sua natura prettamente tessile, si configura inoltre, sulle sue superfici circolari, come schermo su cui artisti in questi anni hanno proiettato, e continuano a proiettare, i loro segni creativi in un processo di interazione dai risvolti autoriali e talvolta ludici, gettando un ponte tra produzione industriale e pezzo unico: Manu Alguerò, Stefano Bombardieri, Vanni Cuoghi, Flavio Lucchini e altri. Risponde a principi interattivi la novità proposta da Giorgetti per il Salone 2024 e presentata sia a Rho che nello spazio di via Spiga 31: la lampada Upward che è destinata a esaltare le potenzialità scenografiche ed emozionali dell’interior domestico che oggi, a parere di Nava e Arosio, deve colpire tutti i sensi, udito e olfatto inclusi. Nava precisa: “Parliamo di scenografia funzionale dove attraverso i nostri ‘oggetti di scena’ si esprime l’experience design. Upward è una scultura capace di integrarsi nello spazio riflettendolo e plasmandolo. Una lampada oggi non può essere più solo una lampada, deve rappresentare un’esperienza”. Le sfere digradanti che la compongono sono realizzate come corpi specchianti dagli effetti metallici, sulle cui superfici si può leggere l’ambiente rimodellato in chiave onirica.
I designer continuano a perseguire così l’approccio surreale che fa del luogo del quotidiano un teatro di vita. Come aveva annunciato il progetto Visio, concepito da Nava+Arosio per Masiero, dove la visionarietà gioca un ruolo determinante là dove a parete si disegnano volti i cui occhi, orecchie, naso e bocca sono fonti luminose. Presentato al Fuorisalone 2023, ha vinto nel 2024 il Good Design Award.
Giorgetti Spiga - The Place
Via della Spiga 31
■ Alessandra Quattordio
RACCONTI
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JOHANNA SEELEMANN (1990)
“La terminologia è passata da Cambiamento Climatico, a Crisi Climatica, all’attuale Climate Breakdown, e il livello di urgenza è fortemente aumentato. La richiesta di sostenibilità nel design c’è sempre stata, ma è diventata sempre più forte e le industrie si stanno adattando. Tuttavia, anche il livello di abuso della narrativa del greenwashing è aumentato”. Per questo Park Associati invita nei suoi spazi la designer tedesca Johanna Seeleman, il cui lavoro indaga materialità e forme proprie del quotidiano, formulando soluzioni alternative e suggestive, oggi esposte nei maggiori musei. Con il suo approccio multidisciplinare, la designer propone Micrographia, tre opere dove le logiche industriali si traducono in una dimensione più sostenibile e in un approccio ambientale esteso a tutte le forme di vita. In collaborazione con Ricehouse, Arche3d, Primat e Vivaio Bicocca, per gli spazi di Park Hub progetta la riproduzione in scala dei “panettoni” – i dissuasori urbani ideati da Enzo Mari – sotto forma di bombe di semi da lasciare nello spazio urbano per vedere germogliare una nuova biodiversità. Nei rivestimenti delle facciate, Seeleman individua poi la possibilità di utilizzo come nidi per uccelli e insetti, allargando la funzionalità dell’artificiale alle necessità delle altre specie viventi. La terza proposta è costituita da un sistema di irrigazione naturale per terreni in cui l’acqua tende a evaporare ancora prima di permeare, costituito da contenitori in terracotta le cui forme riprendono elementi industriali in grado di rilasciare len-
tamente l’acqua arricchita di sostanze nutritive. Un modo per rispondere concretamente alle sfide del presente, soprattutto nei contesti urbani. “Credo che le sfide più importanti di oggi abbiano a che fare con il cambiamento di consumo e produzione, i materiali utilizzati e le loro infrastrutture, l‘accesso e l’implementazione di nuove idee nell’industria”. afferma la designer. “Ciò comporta anche la ricerca di modi fruttuosi per integrare le modalità fondamentali del nostro modo di vivere e di consumare, ma anche la ricerca di narrative che ci facciano cambiare idea, modificando i nostri comportamenti.”
E, a proposito di comportamenti, una presa di coscienza sarebbe necessaria anche nel mondo social, con cui tutti, progettisti inclusi, devono confrontarsi oggi : “Penso che le opportunità di emergere stiano cambiando, dato il panorama di opzioni di visibilità raggiungibili attraverso i media: se da un lato è diventato più facile raggiungere potenziali collaboratori, dall’altro penso che ora ci sia anche una sovrastimolazione dei media, dove piattaforme come Instagram sono inondate di pubblicità e di contenuti che distraggono.”
Park Hub
Via Garofalo 31
■ Sophie Marie Piccoli
a sinistra: Johanna Seelemann, Micrographia dark in basso: Johanna Seelemann, photo Julia Sang Nguyen
PARASITE 2.0
Stefano Colombo (1989)
Eugenio Cosentino (1989)
Luca Marullo (1989)
Parasite 2.0 è uno studio nato nel 2010 da Stefano Colombo, Eugenio Cosentino e Luca Marullo. La ribellione alla concezione dogmatica dell’ambiente accademico nella quale i tre si sono incontrati ha dato vita a progetti e installazioni riconosciuti e premiati per il loro carattere indipendente e informale. Il trio, inserendosi nel programma di We Will Design 2024, tenta di indagare le nuove possibilità dell’abitare con The Convivial Laboratory - The Camp, un vero e proprio campeggio, posizionato sulla terrazza di BASE, dove curatori, operatori culturali, designer apriranno un dialogo collettivo con il pubblico sulle possibilità e le sfide del presente. Il progetto si aggiunge al dibattito evidenziato dalla “protesta delle tende” del 2023, nell’intento di creare un luogo in cui sostare, incontrarsi e leggere criticamente la complessa tematica della coesistenza in contesti iper-globalizzati. “Interagendo con un mondo in continuo cambiamento, è un ottimo segno che le discipline progettuali siano in mutamento”, raccontano i designer. “Quello che crediamo sia cambiato sono due fattori: da un lato l’apertura verso le nuove generazioni. Dall’altro, in Italia le pratiche ibride sono state all’inizio, a parer nostro, poco comprese. Se non si desiderava stare nel recinto dell’architettura, o in quello del design, o in quello dell’arte, ma si preferiva nuotare li-
a sinistra: Rune
@ Hypermaremma , Tuscany (2023). Ph. Stefano Colombo
a destra: La pietra , a project designed for Sunnei (2022). Photo Sunnei in basso: Parasite 2.0, Press Shoot Dimitri D'ippolito
beramente senza per forza definirsi, non si era ben visti e compresi”. E oggi? Secondo loro, sarebbe in corso un processo di apertura e i recinti professionali non sarebbero più così saldamente ancorati al suolo. “L’approccio comune delle nuove generazioni è una voglia di rivalsa. Non si vuole più passare dal classico ciclo università-stage-stagestage-stage-studio professionale indipendente. La questione del lavoro non pagato, il forte accademismo, paghe da fame e una cultura del lavoro non proprio etica per non dire tossica, hanno spinto le nuove generazioni a lanciarsi in avventure autonome. In tanti oggi piuttosto che rimanere intrappolati nel ciclo infinito di stage, provano una carriera personale o in gruppo. Ma si sa: spesso dalla merda nascono i fiori» E rispetto alle sfide del presente che è chiamato a raccogliere il designer oggi? ”Senza ombra di dubbio le più grandi sono la questione ambientale e l’emergenza climatica. Spesso al primo sopralluogo chiediamo di portarci nei depositi dove vengono conservati gli scarti di progetti precedenti. È sempre più comune per noi partire da lì nel processo progettuale.”
We Will Design - BASE Milano Via Bergognone 34
■ Sophie Marie Piccoli
RACCONTI
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Arteria. Da Barcellona a Milano nel segno dell’arte
Nel tessuto urbano di Barcellona, città che ha accolto Mirò, Dalí e Tàpies, emerge Arteria, un progetto nato nel 2021 dalla passione per l’arte e dalla volontà di valorizzare il talento emergente delle sue fondatrici, l’architetta Laura Sottosanti e l’interior designer Alissa Gianotti. Da allora, si propone come un catalizzatore culturale nel capoluogo catalano, una casa collettiva per una comunità artistica internazionale in continua espansione.
L’UNIVERSO DI ARTERIA ALLA DESIGN WEEK
La scelta del nome non è casuale: esso riflette l’identità e l’urbanistica barcellonese, alludendo alla storica arteria stradale Diagonal, parte integrante del Piano Cerda del 1860 per l’ampliamento della città, che simboleggia connessione e crescita. Questa galleria d’arte e associazione culturale no profit si impegna a tracciare un percorso completo intorno all’arte, dalla scoperta di talenti emergenti fino alla loro consacrazione, mantenendo lo spirito accogliente e dinamico di una casa aperta a creativi europei e internazionali. Arteria si
Nato nel 2021 nel capoluogo catalano, Arteria è un polo culturale che valorizza gli artisti emergenti e promuove il dialogo inclusivo raccogliendo intorno a sé una nutrita comunità creativa internazionale. In trasferta a Milano, presenta il suo lavoro al pubblico della design w eek attraverso una selezione di opere.
trova nel cuore del quartiere di Gracia, vicino a opere iconiche di Gaudí come Casa Vicens e il Parc Güell, e si presenta come un hub globale per l’arte emergente. Qui, l’arte si esprime in forme molteplici, superando i confini convenzionali e tessendo un dialogo tra locale e universale.
In questo centro pulsante, l’arte si manifesta in una varietà di espressioni che includono pittura astratta e figurativa contemporanea. Arteria, attraverso la sua collezione permanente New Now - Pulse of Contemporary, presenta durante la design week di Milano un caleidoscopio di opere che celebrano la bellezza, la femminilità e l’innovazione, promuovendo attivamente l’uguaglianza di genere e la diversità culturale.
VISIONE PROGRESSISTA E NUOVI MEDIA
La missione curatoriale di Arteria è chiara: rendere l’arte accessibile a tutti, abbracciando l’innovazione e promuovendo un dialogo inclusivo. Le fondatrici, con una visione progressista, pongono la galleria come un avamposto di riferimento, un luogo che, nonostante le incer-
Vedute della galleria Arteria a Barcellona, courtesy Arteria.
tezze storiche, sceglie di percorrere la strada meno battuta, facendo “tutta la differenza”. In questa ottica, vedono ogni sfida come un’opportunità per innovare e rivendicare l’identità artistica di Barcellona. Con la sua programmazione di mostre, workshop e progetti collaborativi, Arteria si impegna a sostenere, sfidare e connettere, operando in un ambiente stimolante che accoglie e difende le voci degli artisti sotto rappresentati. Nel 2023, il progetto si è espanso con la serie Inside Arteria, parallelamente ad un format sviluppato su Youtube, che prevede di portare l’intimità degli atelier artistici a un pubblico più ampio, attraverso un totale di 8 episodi che si svolgono in luoghi come Londra, Monaco e Parigi.
”Perché abbiamo scelto di aprire una galleria d’arte a Barcellona, in un momento così incerto e insicuro? Due strade divergono in una foresta, e tu scegli di prendere quella meno percorsa, ecco... ciò ha fatto tutta la differenza”.
Laura Sottosanti
Arteria non si limita a essere una semplice galleria d’arte; rappresenta piuttosto una narrazione dinamica e coinvolgente che ridefinisce il modo in cui viviamo l’arte. Questo spazio offre ai visitatori un’esperienza che va oltre la mera osservazione, invitandoli a immergersi completamente nella creatività e nell’innovazione.
■ Alessia Caliendo
RACCONTI
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Tutti i colori della plastica
Stando all’agenda delle Nazioni Unite, il 2024 potrebbe essere l’anno decisivo nella lotta all’inquinamento da plastica: 175 Paesi si sono impegnati a raggiungere entro la fine di dicembre un accordo per un trattato globale, legalmente vincolante, che riduca la produzione di plastiche dell’80% entro il 2040. Il testo, che sarà discusso a Ottawa e Busan nei prossimi mesi, prevede il passaggio a un’economia che tenga conto dell’intero ciclo di vita del materiale, dalla produzione allo smaltimento. Un approccio circolare che da ormai diversi anni, e in maniera sempre più sistematica, guida la ricerca sul tema della sostenibilità nel mondo del design, confermando l’attitudine del settore a prefigurare scenari possibili e a innescare cambiamenti concreti.
LA OTO CHAIR: STORIA DI UN PROGETTO IPERSERIALE
Ne è in questo senso un vero e proprio manifesto la OTO Chair, progetto di “iperserialità” in ottica circolare del designer milanese Alessandro Stabile con lo studio Martinelli Venezia, al secolo gli architetti Carolina Martinelli e Vittorio Venezia. La sedia, di sola plastica riciclata post-industriale, segue una filiera ottimizzata che semplifica logistica e assemblaggio: è realizzata in unico passaggio, con uno stampo praticamente piano che utilizza circa un terzo del materiale solitamente necessario; si ordina online; arriva a casa in un imballaggio piatto in polpa di cellulosa riciclata (e riciclabile); e si monta a incastro, senza viti né inserti. Inoltre, la OTO Chair minimizza energie ed emissioni anche nella fase di stoccaggio e distribuzione: un solo metro cubo di spazio può ospitare fino a trentatré sedie nel loro packaging, cinque volte tanto le sedute tradizionali. Dopo il suo debutto ad Alcova 2023, il primo prodotto del brand One To One torna quest’anno al Fuorisalone compiendo un ulteriore passo nel campo della sostenibilità. Questa volta il trio di progettisti affronta uno tra i nodi irrisolti del design green, ovvero, come convertire in valore gli scarti di lavorazione della plastica colorata
IRREGOLARE, QUINDI UNICO
La criticità è quella di creare prodotti esteticamente appetibili senza l’aggiunta di materiali non rigenerati che rimedino alle imperfezioni e alle irregolarità cromatiche intrinseche nei suoi processi di produzione. Una sfida che vede in prima fila la ricerca espressiva del design d’autore e da collezione. Tra gli apripista c’è il designer e maker inglese James Shaw, che da oltre un decennio celebra le imperfe-
Fino a non molto tempo fa era considerato impossibile, adesso è una sfida interessante: parliamo del recupero della plastica colorata proveniente dalle lavorazioni dell’industria del mobile per dare vita ad altri arredi di design. Due progetti recenti testimoniano che si può fare, trasformando discromie e imperfezioni in una cifra estetica.
zioni tonali degli scarti industriali attraverso eccentriche composizioni scultoree. La modellazione avviene attraverso un processo manuale estemporaneo su “colate” di plastica che il progettista estrude con la sua inconfondibile pistola home made: il risultato sono sedie barocche dalle tonalità pastello, sgabelli e oggetti per la casa multicolori. Un esempio recentissimo è invece il progetto Unico di DWA Design Studio per Pedrali, presentato lo scorso ottobre a Edit Napoli. In questo caso, i materiali che vengono valorizzati sono i pezzi che si ottengono durante la fase di transizione fra due diversi colori nello stampaggio di sedie in plastica colorata. Con sapienza artigiana, i designer Frederik De Wachter e Alberto Artesani lavorano questi sfridi attraverso processi di tornitura e levigatura, dando vita a pezzi sempre diversi dal valore unico.
UN NUOVO CAPITOLO
Adottando un approccio simile a quello di Unico, il secondo capitolo della storia di OTO si concentra sugli scarti della sua stessa produzione. Intuendo il potenziale espressivo del caratteristico amalgama di colori degli sfridi, Alessandro Stabile e Martinelli Venezia portano agli estremi la loro valorizzazione: dopo aver recuperato, catalogato e selezionato i pezzi di produzione scartati, i designer di One To One li utilizzano così come sono per comporre esemplari di OTO Chair dalle imprevedibili combinazioni cromatiche. Il risultato, presentato nel garage affacciato sulla Darsena di Design Variations, è Unexpected Colors, una collezione di sedie dalle tinte sfumate e variegate, capace di sottrarre alla discarica circa il 5% di ogni lotto di produzione. Un design a metà tra industria e pezzo unico, che invita ad accettare l’errore e lo trasforma in risorsa. Per un futuro circolare e zero-waste.
Design Variations
Viale Gorizia 14
■ Marta Atzeni
3.1
Il packaging compatto della sedia consente di stoccare una quantità di sedie 5 volte superiore su ogni pallet per il trasporto
sopra: Unexpected Colors, Alessandro Stabile e Martinelli Venezia, One To One . Courtesy One To One a sinistra e in basso: OTO Chair , Alessandro Stabile e Martinelli Venezia, One To One. Courtesy One To One
RACCONTI
kg
plastica riciclata + 900 gr
di
35
Futuro a Est
L’Isola Design Festival dedica un focus al design che viene da Oriente. Una ricerca sull’altrove che si trasforma in un’indagine introspettiva tanto sulle alterità progettuali che sul modo di raccontarle.
This Future is Currently Unavailable, recita il distretto di Isola per l’edizione 2024 della design week milanese. Un modo di mettere in discussione, in un mondo policentrico e afflitto da crisi sistemiche, la fede acritica in un progresso oramai inattuale. Ma anche per interrogarsi, secondo le intenzioni dei curatori, sul ruolo assunto dal design in questo contesto, sugli strumenti che questo mette a disposizione per la crescita, per la ricerca culturale, per lo sviluppo sostenibile. Lontano da visioni fideistiche, questo futuro dai contorni non meglio precisati non assume un volto necessariamente rassicurante. Eppure, nella visione di Isola, non rinuncia a mettere a fuoco, anche attraverso il ruolo di mediazione del design, soluzioni possibili e modelli da imitare, ancorandosi al presente e rigettando orizzonti distopici: la luce, in fondo al tunnel, può essere ancora vista distintamente.
ANATOLIA: UN FOCUS
SUL DESIGN TURCO
Si dice spesso che per osservare il futuro basta spostarsi nello spazio. Ed è quello che una serie di mostre ospitate in questo circuito del Fuorisalone si promette di fare. Si parte con Anatolia, già presentata a Downtown Dubai nel novembre 2023 ed esito di una collaborazione tra Isola Design Group e Grob Design, marchio di arredi turco. Il dispositivo narrativo scelto dalla curatela è uno dei grandi tratti identitari della cultura anatolica e levantina: il caravanserraglio, epicentro dell’incontro lungo le vie dei commerci, millenario luogo di scambio non solo di oggetti e forme di artigianato, ma anche di tutti quei valori, significati e spinte all’innovazione che si celano dietro una forma. Una modalità di arricchimento collettivo che i designer presenti nella selezione –Atelier Terra Madre, Creande, Doodle And The Gang, Dozaj / Gokhan Sencan, Editions Levantine, Ev ceramic-lab, Kita Living, Nella Figueroa, Od Art & Design, Tugba Cebecioglu, Zade Design – a loro modo rievocano, instaurando con i loro pezzi risonanze ed occasioni di dialogo.
ROUTES TO ROOTS:IDENTITÀ LOCALI E SOSTENIBILITÀ
La stessa metafora del cammino viene evocata anche da Routes to Roots, esposizione già presentata in Arabia Saudita nell’ambito di Tanween, conferenza annuale sulla creatività concepita e creata dal King Abdulaziz Center for World Culture – Ithra Creativity Conference. In mostra, troviamo oggetti che fanno appello alle radici per tramandare non solo tratti identitari, ma anche materiali e tecniche eco responsabili che, attraverso salti di scala, potrebbero offrire nuove opportunità produttive nel campo della sostenibilità. Tra i partecipanti, interdisciplinari e basati in differenti paesi, troviamo Asma Derouiche, Bachir Mohamad, Booabbod, LameiceAbu.Aker, Manahel Alqassem, Marwa Samy, Maryam Al-Homaid, Mina Abouzahra, Pilgrim, Shell Homage, Studio Bazaro, T SAKHI.
Routes to Roots Tanween 2023
©Ahmed Al-Thani
LA NARRAZIONE DELL’ORIENTE
Lo iato culturale tra Turchia e paesi del Golfo, se si mette da parte la comune matrice religiosa, è certamente significativo e spesso un po’ ignorato dalla superficiale visione occidentale che accomuna sotto la comoda etichetta di “est” realtà eterogenee, legate per lo più dalla nostra fascinazione per gli orientalismi. Mettiamoci pure le enormi differenze in campo economico, con un paese che è un gigante produttivo anche nel campo del mobile e del tessile, e un altro che fa leva sulla propria ricchezza finanziaria per promuovere ricerche esclusive nell’edizione limitata. A dispetto di questa differenza, incuriosisce trovare una stessa linea comune nella proiezione del proprio racconto: le carovane nel deserto o nelle steppe, l’artigianato come forma suprema di incarnazione di un’identità culturale, la continuità tra generazioni, la preferenza accordata a certi materiali, ad esempio l’argilla, per la realizzazione di oggetti dai tratti biomorfici, la ricerca di soluzioni ai problemi ambientali di oggi attraverso tecniche ancestrali. Un distillato di futuro a cui questi paesi sembrano guardare? Nella bolla confortevole del design, indubbiamente sì. Nella realtà della scena geopolitica, la risposta potrebbe essere meno univoca, senza niente voler togliere agli sforzi - di natura prettamente tecnologica, ci sentiamo di sottolineare - messi in campo per l’azione climatica.
Confortandoci almeno su una certezza. Per tutti quei paesi che si affacciano alla design week milanese, il design è innanzitutto uno strumento di posizionamento, un modo per marcare tanto la propria presenza che la pro-
a sinistra: Anatolia, Doodle And The Gang, Peanut bench ©Pavel
Eryshev
a destra: Anatolia, Dubai Design Week 23, OD Art & Design
©Isola - Ivan Erofeev
in basso: Routes to Roots, Maryam AlHomaid, Doha Hangout
©Maryam Al-Homaid
pria differenza dagli altri attori e paesi sulla scena. Al di là delle singole ricerche, delle soluzioni verso un progetto più sostenibile, forse è questo il lascito che queste esperienze sembrano testimoniarci. Senza la dimensione del design non c’è una narrazione possibile, e quindi nessun futuro. Che lo si faccia a partire dal passato, diventa tutto sommato ironicamente irrilevante.
■ Giulia Zappa
Il design, nella sua forma migliore, è uno strumento ideale per ampliare i propri orizzonti. Prendiamo il lavoro di Maryam Al-Homaid, giovane designer qatarina che espone nella collettiva Routes to Roots dell’Isola Design District. Il suo medium è il tappeto: niente di nuovo, si dirà, pensando alla tradizione manifatturiera orientale. Basta uno sguardo ai suoi lavori, però, per mettere da parte le aspettative –superficiali – di presunta continuità con il passato. Preferendo il colpo d’occhio alla restituzione minuta del dettaglio, Al-Homaid struttura i suoi kilim come micro-architetture per trasporre in maniera concettuale alcuni luoghi simbolo di Doha, la sua città. Il risultato, eminente grafico anche grazie all’uso spinto del contrasto cromatico, ci offre un nuovo spaccato sulla reinterpretazione contemporanea di un oggetto antichissimo. E ci parla allo stesso tempo della vivacità di una certa scena del design. E se il vecchio continente avesse molto da imparare su e da questo design a est? (GZ)
RACCONTI
MARYAM AL-HOMAID: TAPPETI COME ARCHITETTURE
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L’incubatore delle stelle
Nato nel 1998 come piattaforma per dare spazio ai designer emergenti, il SaloneSatellite spegne ben 25 candeline. In questo quarto di secolo, ha permesso ai visitatori della fiera di scoprire visioni e idee fresche e tenuto a battesimo alcuni dei big di oggi.
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Incredibile, 25 anni!”, esclama Marva Griffin Wilshire, fondatrice e curatrice del SaloneSatellite. “Mi sembra solo ieri che Manlio Armellini – all’epoca AD di Cosmit, Comitato Organizzatore del Salone del Mobile Italiano – dopo le nostre conversazioni sui giovani designer, mi affidò l’incarico di organizzare un evento dedicato a loro, all’interno del quartiere fieristico. Oggi, a distanza di 25 anni, è lungo l’elenco dei 14.000 giovani designer provenienti da oltre 58 Paesi che sono diventati famosi internazionalmente e i loro prodotti si trovano nei cataloghi delle aziende produttrici. Sono stati anni emozionanti, è bello vedere che molti designer partecipanti al Salone Satellite successivamente sono diventati internazionalmente riconosciuti”.
sopra: Carlo Contin, Satellite , 1999, (1993), Moma (2000)
sotto: Satyendra Pakhalé, Fish Chair , 2001 (1999), Cappellini (2005)
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destra: Fremdkörper (Andrea Mehlhose, Martin Wellner), Halb Voll , collection Think Rosy, 2000, Butlers (2006)
Il SaloneSatellite infatti, negli anni, ha generato fortunatissimi prototipi, sì, ma anche incontri, associazioni, relazioni e dialoghi. Ha contribuito a scrivere i nuovi linguaggi del design internazionale; ha spinto alcuni partecipanti a fondare proprie aziende e studi; ha accolto creativi che, nel tempo, si sono affermati anche in campi complementari a quello dell’arredo e del product design; ha ospitato diverse centinaia di scuole che hanno presentato un modo originale di intendere l’insegnamento. Da allora, grazie all’affinità con gli imprenditori delle maggiori aziende presenti al Salone del Mobile, ha sancito proficue collaborazioni e lanciato alcuni tra i più talentuosi designer di oggi.
DA EMERGENTI A PRIMI DELLA CLASSE
La primissima edizione, quella del 1998, vede per esempio la partecipazione della designer francese Matali Crasset con il materassino multifunzione When Jim comes to Paris e del futuro fuoriclasse finlandese Harri Koskinen con la lampada Block, che evoca l’immagine di una classica lampadina a bulbo imprigionata in un blocco di ghiaccio. Due successi immediati e folgoranti che aprono due carriere costellate da premi e collaborazioni importanti. Nel 2000 a presentare una serie di lavori, tra cui il portauovo Coquetier, è il carrarese Paolo Ulian, oggi uno dei massimi conoscitori del marmo, un materiale “pesante” che nelle sue mani diventa leggero e versatile. Sono stati visti per la prima volta al Satellite anche i Fossili Moderni di Massimiliano Adami, reperti archeologici in plastica (in realtà oggetti di uso quotidiano) inglobati per i posteri in una schiuma poliuretanica, la panca Le Banc del belga Xavier Lust, i tavolini Chab di Nendo e tantissimi altri progetti poi editati dai più prestigiosi marchi di design.
DUE CELEBRAZIONI
PER UN ANNIVERSARIO
Con un allestimento completamente rinnovato nei Padiglioni di Rho Fieramilano, l’edizione numero 25 conta circa 600 partecipanti
a sinistra: Helen Kontouris, La La Lamp , 2004, Kundalini
a destra: Paolo Ulian, Coquetier , 2000, Basile Arteco (2010)
da 37 paesi e 22 scuole di design e università internazionali tra cui, per la prima volta, la Prince Sultan University dall’Arabia Saudita, la Belgrade Business and Arts Academy of Applied Studies dalla Serbia, il Michael Graves College dagli Stati Uniti e la Xi’An Jiaotong-Liverpool University dalla Cina. Anche quest’anno una giuria di esperti del settore premierà i designer più meritevoli valutando i progetti presentati in mostra nei padiglioni della fiera. Mentre in Triennale, con un progetto espositivo curato da Beppe Finessi e allestito da Ricardo Bello Dias, la mostra Universo Satellite riconsidera l’intera storia del Salone Satellite attraverso il complesso rapporto tra il mondo della produzione e i giovani talenti, tra il mondo della creatività e il mondo dell’imprenditoria, tra il pensare e il fare. Un progetto espositivo inteso come una grande wunderkammer dove non brillano solo gli oggetti ma anche schizzi e bozzetti, disegni esecutivi realizzati nei centri ricerca e sviluppo delle aziende e prototipi.
Triennale di Milano Viale Alemagna 6
SaloneSatellite Fieramilano, Rho (MI)
Dal SaloneSatellite alla fama: i progetti che hanno lanciato alcune future star del design
Harri Koskinen lampada Block
Xavier Lust panca Le Banc
Paolo Ulian portauovo Coquetier
Massimiliano Adami Fossili Moderni
Nendo tavolino Chab
■ Giorgia Losio
Sara Ricciardi specchio Variazione
Sebastian Herkner tavolo Bell Table
RACCONTI
2004 2005 1998 2000 2001 2016 2009
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CONFINI VISIVI
a cura di Alessia Caliendo
L’oggetto fotografico ha superato i suoi limiti tradizionali. I creatori di immagini sono incoraggiati a presentare opere che mettano in evidenza diversi aspetti visivi, psicologici, geografici nel proprio lavoro. Ogni fotografo coinvolto contribuisce con la propria sensibilità e abilità evocativa, mutando la nostra percezione del concetto di “confine” e aprendo la strada alla convivenza in un mondo sempre più globalizzato e interconnesso. In parallelo, l’avanzamento rapido delle tecnologie di creazione
di immagini, con l’introduzione di strumenti come l’Intelligenza Artificiale (IA), non solo supera la fotografia tradizionale in precisione, ma la sfida continuamente con infinite nuove interpretazioni. Proponiamo, quindi, di esplorare i modi in cui anche le tecnologie digitali si espandono e arricchiscono il regno della fotografia in dialogo con il progetto.
Erica Bardi
Chiara Benzi
Federico Ciamei
Luca Marianaccio
Ossagrosse
Oscar Masi
Cinzia Romanin
Chi sono i fotografi selezionati per Spazio Espositivo
Erica Bardi
Originaria di Napoli, si trasferisce a Milano nel 2018 per studiare Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera e Fotografia e Linguaggi della Comunicazione Visiva presso il Cfp Bauer. La sua passione per la fotografia, nata in giovane età, si evolve nel tempo, fondendo ricerca personale con espressioni materiche ed editoriali. Nel 2021, partecipa a una mostra collettiva promossa da Centrale Festival e, nel 2023, espone presso la galleria STILL Fotografia di Milano e allo Short Out Festival di Lainate. Nello stesso anno, viene riconosciuta tra i vincitori del Liquida Grant, con esposizioni alla Cavallerizza Reale di Torino e nello spazio Care Of alla Fabbrica del Vapore di Milano.
Chiara Benzi
Nata nel 1994, vive a Bologna dove si è laureata in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo all’Università di Bologna. Ha perfezionato la sua formazione presso il Centro di Fotografia Spazio Labo’ e ha conseguito un Master al Centro Sperimentale di Fotografia Adams di Roma. La sua pratica fotografica si caratterizza per la manipolazione fisica e digitale di scatti originali e materiale d’archivio, esplorando le dinamiche di interazione e interpretazione dell’immaginario. È stata selezionata tra i talenti emergenti da FRESH EYES di GUP Magazine e “New Talents 2021” dal Photographic Exploration Project.
Federico Ciamei
È un fotografo italiano, nato a Roma e attualmente residente a Milano. Collabora con riviste e istituzioni internazionali alla realizzazione di immagini su design, arte e cultura. Le sue foto di persone, luoghi e cose sono spesso caratterizzate da una composizione naturale, brillante e modestamente caotica. Il suo lavoro come artista è focalizzato sull’esplorazione dei desideri e dei sogni, in particolare sui propri, che non riesce sempre a concretizzare in immagini. Il suo libro Travel without Moving, edito da Skinnerboox, racconta storie di esploratori del passato attraverso un viaggio parallelo fatto tra archivi online e pagine di diari.
Luca Marianaccio
Nato ad Agnone (IS) nel 1986, è un architetto che ha saputo espandere il suo talento nell’arte, esprimendosi anche attraverso la fotografia. Ha ottenuto riconoscimenti prestigiosi, tra cui il XVIII Premio Aldo Nascim-
ben di Treviso, il Premio Giovani Artisti della Galleria San Fedele di Milano, l’Unpublished Photo 2019 della 29 Arts In Progress Gallery, il I Premio Fotografico Nazionale Giovanni Gargiolli, REFOCUS 2 (curato da MUFOCO, MiBact e Triennale Milano), il TIP Emerging Talent Competition di Londra e il titolo di FRESH EYES TALENT 2022 da GUP Magazine. Il suo libro Spin-off ha ricevuto una menzione speciale sia al Premio Marco Bastianelli di Roma che all’Unveil’d Photobook Award di Londra. Le sue opere sono state esposte in prestigiose mostre personali e collettive internazionali.
Ossagrosse
Artista italiano con base a Berlino, esplora la creazione di immagini e video in collaborazione con l’Intelligenza Artificiale (AI). I suoi lavori sono stati pubblicati su piattaforme quali Promptforum, Red Eye, Fisheye Magazine e nel libro “Spells: Pioneers” di Max Kuwertz. Recentemente ha iniziato a collaborare con Fellowship.xyz, unendo le forze con artisti di rilievo nel campo. Attualmente sta lavorando a installazioni video AI che verranno presentate a Berlino e a una mostra collettiva su Post Photographic Perspectives, dove esporrà la sua nuova serie Downscale.
Oscar Masi
Si è diplomato presso l’Istituto Italiano di Fotografia di Milano, specializzandosi nella fotografia di paesaggio. Predilige la pratica analogica per le sue capacità di espressione riflessiva e introspettiva, mescolando la presenza umana con visioni quasi sospese del mondo. Dedica particolare attenzione alla camera oscura, dove sviluppa e stampa personalmente, creando opere fotografiche uniche. Nel 2024 pubblica il suo primo libro, Inmost nature, edito da Selfself.
Cinzia Romanin
Artista visiva di origine belga e italiana, si è laureata in architettura prima di dedicarsi alla fotografia presso la scuola di Venezia. Il suo approccio fotografico, fortemente influenzato dal suo background, indaga le dimensioni ecologiche, sociali e territoriali. Utilizzando il suo banco ottico analogico come strumento lento e sociale, ci invita a riflettere sulle sfide future del nostro mondo attraverso un universo visivo sensibile e impegnato. Ha esposto in importanti gallerie e festival internazionali.
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