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Maiale, porco ma non sporco
Si dice che Dante Alighieri, del quale nel 2021 si celebrano i settecento anni della morte, nella sua Comedia abbia nominato ogni cosa e non bisogna stupirsi che vi troviamo citati anche i maiali. Sono le prime ore di sabato 9 aprile quando Dante con Virgilio nell’Inferno entrano nel V cerchio del quale è guardiano Flegiàs. È la palude Stigia dove sono puniti gli iracondi, i tristi e gli accidiosi, immersi in posizioni diverse nelle acque melmose della palude. Gli iracondi sfigurati in vita da un vizio turpe nell’inferno sono deformati nei lineamenti dalla melma e gli accidiosi e i tristi sono vessati dal fango che gorgoglia nelle loro bocche simboleggiando l’obnubilazione che li oppresse nel mondo. Il Sommo Poeta ai versi 49-50 del capitolo VIII paragona i dannati ai maiali nel fango: “Quanti si tengon or là su gran regi / che qui staranno porci in brago” dove brago da bracum, termine d’origine gallica, significa fango sudicio, melma. Ben chiara è la citazione che testimonia come Dante creda che ai maiali piaccia rivoltolarsi nel fango e nello sporco, tanto che tra le tante etimologie di questo animale vi è anche quella di porco = sporco o di porcus quasi spurcus e, secondo alcuni linguisti, la “o” irregolare, aperta anziché chiusa, di spòrco (spurcus) sarebbe da attribuire all’influsso di porcus. Una delle tante false etimologie suine come quelle che la parola maiale derivi da Maia, la dea alla quale sarebbe stato sacrificato, o ancor più che maiale deriverebbe da mai con le ali per indicare un animale di bassa origine che non avrebbe mai potuto innalzarsi verso il cielo, e da qui la credenza che i suoi occhi siano indirizzati solo in basso. Una idea quest’ultima che nel 1976 portò alla contestazione con il libro che fece scandalo Porci con le ali di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera. L’idea che il porco sia sporco non risale soltanto ai tempi di Dante Alighieri, ma è molto più antica, come ha esaminato con dovizia di citazioni Roberto Finzi in un libro erudito, divertente e pieno di curiosità sulla storia culturale di un simbolo, il maiale, fra vizi e virtù (Finzi R. - L’Onesto Porco. Storia di una diffamazione – Introduzione di Claudio Magris – Bompiani, 2014).
L’antico romano Lucio Giunio Moderato Columella 4 – 70 d. C.) nel De re rustica annota che i maiali si rotolano nel fango ma amano pure immergersi nell’acqua ciò che, soprattutto in estate, gli è di gran giovamento (profuit) (Libro VII, 9, 7), ma nel Libro VI (9, 14) lo stesso Columella ordina al porcaro di scopare “spesso il porcile intero e anche più spesso lo stalletto. Infatti, per quanto questo animale soglia avvoltolarsi spesso nel sudicio quando è al pascolo, desidera stalletti pulitissimi.” Tuttavia nell’antica Roma diffusa è l’idea dei maiali che si rotolano nel fango e Quinto Orazio Flacco (?? – 8 a.C.) nella epistola in cui si definisce epicureo (Epicuri de grege porcum) ricorda il sortilegio di cui sono vittime i compagni di Ulisse accennando all’abitudine dei suini a rivoltarsi nel fango. Anche l’epicureo Tito Lucrezio Caro (98/94 a. C.- 50/55 a.C.) nel De rerum natura (VI, 578) considera sporchi i maiali perché si rivoltano “insatiabiliter” nel fango. All’epoca certamente non si è a conoscenza che i maiali, come altri suidi, sono privi di ghiandole sudoripare e nei periodi caldi hanno bisogno di rinfrescarsi in ambienti umidi e, non trovando altro, anche in ambienti fangosi.
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L’idea del maiale animale sporco anche come tipo di alimentazione non solo permane, ma aumenta durante il medioevo quando in questo animale, soprattutto nelle forme selvatiche di cinghiale (porcum singularem), vi è l’accostamento di porcus a spurcitia anche sul piano morale, considerando lussuria il suo accoppiamento che dura anche mezza ora. Il Dottore della Chiesa Isidoro di Siviglia (560 – 636), uno dei più rilevanti esponenti della cultura medievale, nella prima enciclopedia medievale, negli Originum sive etymologiarum libri viginti o Etymologiae o Origines (XII, I, 2526) descrive il maiale anche sotto l’aspetto morale del porcus e “da qui [da porcus e dal suo comportamento] viene la definizione della sporcizia o di chi è spurio ossia bastardo”). Una idea del porco sporco che permane e la si ritrova in Dante Alighieri e che non cessa di mantenersi nei secoli successivi.
Nel 1580 Francesco Tommasi nel Reggimento del padre di famiglia afferma che “i porci son detti perché da natura sono sporchi” (A. Sebastiani, Porci e maiali in G. M. Anselmi, G. Ruozzi, a cura di, Animali della letteratura Italiana, Carocci, Roma, 2009, p. 218). Vincenzo Tanara (??? – 1665/1669) nel suo celebre testo (V. Tanara, L’economia del cittadino in villa – Giacomo Monti, Bologna, 1644) a pagina 171 scrive “qual per delitiar più d’ogn’altro nell’immondezze è così detto, si ingozza di rifiuti, si immerge nel fango, si rivolta nella melma”. Avvicinandoci ai tempi nostri il giudizio di porco - sporco inizia a cambiare e Giacomo Leopardi (1798 – 1837) interrogandosi su “che cosa è il polito e il sozzo, il mondo e l’immondo” argomenta che il porco “è tanto mondo quanto qualunque altro animale, perché quelle materie dove ama di ravvolgersi e che a noi fanno noia, a lui né a suoi simili non danno noia; e quindi per la sua specie non sono sozze”. (G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, in Id., Tutte le opere, a cura di W. Binni, Sansoni, Firenze, 1969, II, p. 396 - 22 luglio 1821). Pierre Loti (1850 – 1923), pseudonimo di Louis Marie Julien Viaud, riconosce che “le cochon n’est devenu sale que par suite de ses fréquentations avec l’homme. À l’état sauvage, c’est un animal très propre” (il maiale è diventato sporco solo in seguito alle sue frequentazioni con l’uomo. Allo stato selvatico è un animale molto pulito) (P. Loti, Demi-douzaine de petites considerations, in Quelques aspects du vertige mondial, Flammarion, Paris, 1917).
Il superamento dell’idea del porco – sporco avviene con il maiale animale familiare da compagnia, come il cane e il gatto, animali anche questi che come il maiale non sudano, una posizione diffusa in estremo oriente e che in occidente si diffonde nelle case con giardino dotate di una piscinetta e dove i maiali nani (pot bellied pig) trovano il modo di dimostrare la loro pulizia. Ma soprattutto importanti sono le idee che scaturiscono dallo studio dell’etologia e dal riconoscimento che certi animali, come il maiale, sembrano essere portatori di una carica ingiusta di ingiuria, e se è noto che il maiale è un ripulitore di pattumiere, anche il cane lo è, e non è razionale considerare sporco il primo, mentre alleviamo il secondo in casa, idee queste che oggi si riverberano sul benessere dei maiali allevati. Tuttavia nel linguaggio parlato e dei social, il porco rimane come immagine di sporco e soprattutto di ingiuria, anche se iniziano ad esservi giudizi discordi dei tribunali, ma questa, come si diceva una volta, è un’altra storia.
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