SITI - anno uno numero due - periodico trimestrale - lug/set 2010 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46 Art. 1. comma 1. DCB Perugia
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A S S O C I A Z I O N E C I T T À E S I T I I TA L I A N I PAT R I M O N I O M O N D I A L E U N E S C O
Il Ministro del Turismo On. Michela Vittoria Brambilla Via della Ferratela in Laterano, 51 00184 Roma Uffici di diretta collaborazione SEGRETERIA TECNICA Dr.ssa Laura Colombo Capo Segreteria Tecnica Tel. +39 06 455326960 Fax: +39 06 455325135 segreteria.turismo@governo.it SEGRETERIA PARTICOLARE Dr.ssa Ilaria Perego Segretario Particolare Tel. +39 06 455326960 Fax: +39 06 455325135 segreteria.turismo@governo.it UFFICIO STAMPA Dr.ssa Barbara Bonura Capo Ufficio Stampa Tel. +39 06 455322591 Fax: +39 06 455326966 stampa.turismo@governo.it UFFICIO DI GABINETTO Presidente Claudio Varrone Capo di Gabinetto T +39 06 455326970 – F +39 06 455325105 Cons. Solveig Cogliani Vice Capo di Gabinetto T +39 06 455326970 – F +39 06 455325105 UFFICIO LEGISLATIVO Cons. Davide Ponte Capo Ufficio Legislativo Tel. +39 06 455324929 Fax: +39 06 455322659 Cons. Maurizio Borgo Vice Capo Ufficio Legislativo Tel. +39 06 455324929 Fax: +39 06 455322659 Avv. Arianna Alessandri Coordinatore della segreteria tecnica dell’ufficio legislativo Tel. +39 06 455324929 Fax: +39 06 455322659
DIPARTIMENTO PER LO SVILUPPO E LA COMPETITIVITÀ DEL TURISMO Via della Ferratela in Laterano, 51 00184 Roma Cons. Caterina Cittadino Capo Dipartimento Tel. +39 06 455325955 Fax +39 06455326245 segreteria.capodipartimento.turismo@governo.it UFFICIO I Per la programmazione e il coordinamento delle politiche turistiche Dr. Roberto Rocca Direttore Generale Tel. +39 06 455326538 Fax +39 06 455325211 ufficiopolitiche@governo.it UFFICIO II Per lo sviluppo del turismo e la gestione degli interventi Tel. +39 06 455324881 Fax +39 06 455325417 turismosegreteriaufficio@governo.it STRUTTURA DI MISSIONE PER IL RILANCIO DELL’IMMAGINE DELL’ITALIA Via della Ferratela in Laterano, 51 00184 Tel. +39 06 455326118 Fax +39 06 455323432 struttura.immagine@governo.it Coordinatore Dr. Eugenio Magnani Dirigenti Dr. Giorgio Medail Tel. +39 06 455326587 g.medail@governo.it Dr.ssa Franca Parsi Tel. +39 06 455323144 f.parsi@governo.it
e d it o r i a l e
Il principio responsabilità di Fausto natali
“Il fare dell’uomo è oggi in grado di distruggere l’essere del mondo”
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on sono passati molti anni da quando Hans Jonas, uno dei più grandi filosofi del ‘900, metteva in guardia l’intera umanità sui rischi di una tecnologia senza controllo e senza regole. Lucida riflessione di un saggio che credeva nel
“dovere della paura” rispetto ai possibili esiti catastrofici delle azioni umane e che indicava nel “principio responsabilità” la guida morale delle scelte e dei comportamenti quotidiani di una civiltà, la nostra, che ha saputo dotarsi di strumenti formidabili, ma potenzialmente letali.
Parole che all’epoca, ad alcuni, apparivano eccessivamen-
te apocalittiche, ma che oggi suonano come una profezia di fronte all’inesorabile avanzare della “marea nera” che distrugge flora, fauna ed economia del Golfo del Messico. Un disastro ambientale che si ripercuoterà sugli ecosistemi marini e costieri per almeno mezzo secolo e che ha mostrato quanto sia fragile e vulnerabile la natura davanti all’ottusità e all’avidità dell’uomo. Una vera e propria catastrofe ecologica che rafforza la nostra convinzione di aver ben speso il tempo profuso in questi anni a proteggere e promuovere, sotto le bandiere dell’UNESCO, lo straordinario patrimonio di paesaggi, culture, valori e
golfo del messico Foto: MFB/Igor Golubenkov
tradizioni ereditato dai nostri predecessori.
Il mondo in cui viviamo è uno solo e il compito di di-
fenderlo spetta a tutti noi, nessuno escluso, anche quando i
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“problemi” sembrano non riguardarci perché apparentemente lontani. L’Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale
The principle responsibility by Fausto Natali
UNESCO e la rivista SITI ne sono perfettamente consapevoli e da oltre un decennio si impegnano con tenacia e determinazione per produrre uno sforzo comune di comprensione e di riflessione che dia corpo e gambe a politiche di tutela e di valorizzazione sostenibile delle risorse culturali e naturali di un territorio di riferimento che deve coincidere con l’intero pianeta.
Non è l’idea di progresso ad essere messa in discussione,
come trasposizione umana dell’evoluzione naturale è inarrestabile, e neppure i bisogni di tante comunità alla legittima ricerca di “benessere e felicità”, quanto, piuttosto, la scarsa lungimiranza e l’inadeguatezza dei processi di sviluppo, troppo spesso insensibili alle esigenze di qualità di vita e di crescita armonica della società.
“Primum non nocere”, sosteneva Ippocrate riferendosi al
corpo umano, un principio che deve valere anche per la cultura e il paesaggio.
Mentre stiamo impaginando ancora non sappiamo se la
falla sia stata tappata, ma certamente una falla, forse ancora più grande, si è aperta nell’illusione di una modernità e di un progresso senza limiti e senza costi da pagare.
golfo del messico - Foto: NASA
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“Man’s creations are now able to destroy the world”. It is not that long ago that Hans Jonas, one of the greatest philosophers of the 10th Century, warned humanity as a whole about the risks of uncontrolled and unruly technology. A lucid reflection from a wise man who believed in the “duty to fear” the possible catastrophic results of human action and who indicated the “principle of responsibility” as the moral guide to the daily choices and the daily behaviour of a civilization, ours, that has created extraordinary but potentially lethal instruments. At the time, these words seemed excessively apocalyptic, but today they sound like a prophecy faced with the relentless spread of the “black tide” that destroys flora, fauna and the economy of the Gulf of Mexico. An environmental disaster that will have an impact on the sea and coast ecosystems for at least half a century and that has shown how fragile and vulnerable nature is, given the obtuseness and the avidity of man. A true ecological catastrophe that increases our conviction that we have well spent our time over the years protecting and promoting the extraordinary heritage made of landscapes, cultures, values and traditions inherited from our predecessors, under the flags of UNESCO. The world in which we live is the only one we have and it is the duty of us all, with no exceptions, to defend it, even when the “problems” don’t seem to concern us because they are far away. The Italian Association of UNESCO World Heritage Cities and Sites and the journal SITI are perfectly aware of this and for over a decade, have been working with great tenacity and determination to create a common understanding and reflection effort to give a practical clout to policies aimed at protecting and enhancing in a sustainable manner the cultural and natural resources of a reference territory that must include the entire world. It is not the idea of progress that is being challenged in so far as, being the human transposition of natural evolution, it is relentless, nor is it the needs of many communities in their legitimate quest for “wellbeing and happiness”; but rather the lack of farsightedness, the inadequateness of development processes that all too often are deaf to the need for quality of life and harmonious growth of society. All too unscrupulous energetic and productive strategies that are unable to look beyond the limited horizon of the present inevitably lead to the collapse of entire ecosystems, with devastating consequences for man and the environment. “Primum non nuocere”, claimed Hippocrates referring to the human body, a principle that must be applied also to culture and landscape. While I’m writing, we still don’t know if the leak has been capped, but it certainly has opened an even bigger leak in the illusion of modernity and progress without limits and without a price to pay.
TRI M ESTRALE DI ATTUALIT à E P OLITI C A C ULTURALE
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anno II
Numero 2
Sommario
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l ’ a n a l i s i
1 Il principio responsabilità
32 Quale futuro per la Convenzione
di Fausto Natali
sul Patrimonio Mondiale? di Adele Cesi
I n t e r v i s t a 6 Politiche ambientali
I C C D
Da tempo l’UNESCO indica la via: tutela del territorio
38 Obiettivo sul Patrimonio
e sviluppo sostenibile
quando fotografare è anche tutelare
Intervista a Stefania Prestigiacomo
di Laura Moro
di Francesco Raspa P ATRI M ONIO ITALIANO 46 Pisa AD 1064 la Piazza dei Miracoli, cultura millenaria di Gianluca De Felice
I l P u n t a s p i l l i 10 Dietro un No, una ricchezza fatta da molti SI di Cettina Raudino e Corrado Valvo P RI M O P IANO 14 Parlamento europeo
50 Da Ravenna a Pècs e oltre
Dichiarazione sul valore dei Siti UNESCO
di Silvia De Paoli
di Paolo Bartolozzi
54 Dodegustando: rinasce a Tarquinia, con il “DiVino Etrusco”
P ATRI M ONIO M ONDIALE
di Carlo Zucchetti
18 Alla scoperta della verità Gerusalemme e i Siti UNESCO di Israele di Adriano Cioci 26 La città di Mostar di Ljubo Beslic
I n i z i a t i v e 60 Il paesaggio de\scritto luoghi italiani patrimonio UNESCO di Tommaso Gavioli 66 Mappa dei tesori unesco di Linda Mazzoni
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unesCo 72 una cultura dI Pace di marialuisa stringa
Sommario o lt r e l’ u n e s C o 100 la “Valle deI megalItI” nell’altopiano della tuscia Viterbese di adriano cioci
Pat r i M o n i o i M M at e r i a l e 76 BellI e IntangIBIlI la convenzione unesco sul Patrimonio culturale immateriale del 2003 di luciana mariotti 80 KaKure KIrIsHItan I cristiani nascosti del giappone di edoardo lorenzetti
Pat r i M o n i o d a s C o P r i r e 106 Il museo del PrecInema dI PadoVa di francesco modolo ConsolidaMento e reCuPero 112 negozIo olIVettI dI carlo scarPa a VenezIa di laura orsini danGer list 88 Il congo: guerra cIVIle e non solo di manuela capitanucci
innovazione teCnoloGiCa 118 maPPa delle relazIonI tra gestione dei beni culturali e sviluppo sostenibile di giovanni francesco mascari aPProFondiMento 94 c.u.l.t.ur.e un progetto per valorizzare il patrimonio
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MarKetinG territoriale 120 PomPeI: le mIlle sfumature
culturale e l’identità delle città storiche unesco
dI una esPerIenza affascInante
di elisabetta Bello
di chiara Imperati
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c o N t e N t s e d I t o r I a l 2 tHe PrIncIPle of resPonsIBIlItY I n t e r V I e W 9 9 enVIronmental PolIcIes. from tIme to PoInt tHe WaY unesco, Protection of natural resources and sustainable development c r I t I c a l a r t I c l e 13 InternatIonal exHIBItIon of Human HerItage locatIons f o c u s 16 statement of tHe euroPean ParlIament on tHe Value of unesco sItes W o r l d H e r I t a g e 24 tHe Quest for trutH Jerusalem and the unesco sites in Israel 31 cItY of mostar a n a lY s I s 36 WHat future for tHe World HerItage conVentIon? I c c d 45 focus on tHe HerItage: when photographing is also protecting
www.rivistasitiunesCo.it Il sito internet che affianca la rivista sItI nella sua importante opera di salvaguardia e di promozione dei siti italiani e mondiali inseriti nella lista dei Patrimoni dell’umanità. un portale ricco di immagini e contenuti che fornisce a tutti i cittadini, alle istituzioni, agli enti, alle scuole e alle associazioni – attive nell’ambito dei beni culturali e ambientali – notizie, informazioni e itinerari per meglio fruire di un patrimonio storico, artistico e paesaggistico che non ha eguali nel mondo. Piccoli borghi, grandi città e magnifici paesaggi che hanno saputo esaltare la propria autenticità attraverso politiche di conservazione e di sviluppo sostenibile e che l’unesco ha premiato con il prestigioso tempietto dorico. tesori artistici, culturali e naturali che rappresentano una risorsa preziosa e la cui tutela richiede
I t a l I a n H e r I t a g e 58 PIsa 1064 ad the square of miracles, a millennium of culture 58 from raVenna to Pècs and BeYond 60 dodegustando: Is BacK In tarQuInIa, WItH“dIVIno etrusco”
una costante opera di monitoraggio.
I n I t I a t I V e 64 tHe de/scrIBed landscaPe – ItalIan unesco HerItage Places 70 learnIng BY traVellIng
fotogallery e itinerari turistici
u n e s c o 75 meetIng of ItalIan unesco cluBs and centres In assIsI I n t a n g I B l e H e r I t a g e 86 BeautIful and IntangIBle 87 KaKure KIrIsHItan d a n g e r l I s t 92 congo: cIVIl War and... PoacHers agaInst rangers d e t a I l s 98 c.u.l.t.ur.e: a project to enhance the cultural heritage and the identity of unesco historical cities
aggiornamenti quotidiani con notizie dall’Italia e dal mondo tentative e danger list news dal mondo della cultura patrimonio immateriale marketing territoriale innovazione tecnologica restauro convegni e mostre ... e molto altro ancora. a tutti voi, buona navigazione.
a r o u n d u n e s c o 104 tHe “ValleY of tHe megalItes” in the tableau of the tuscia area (Viterbo) H e r I t a g e d I s c o V e r e d 110 tHe Pre-cInema museum In Padua c o n s o l I d a t I o n a n d r e c o V e rY 116 olIVettI store desIgned BY carlo scarPa In VenIce t e c H n o l o g Y I n n o V a t I o n 119 maPPIng cultural HerItage management and sustaInaBle deVeloPment
la rivista sItI ha attivato anche una versione “mobile” per tutti coloro che preferiscono la navigazione tascabile: facile da consultare, compatibilissima con il sistema touchscreen e multitouch e perfettamente integrata con gli smartphone e con i prodotti lanciati dal “melafonino” della apple.
l o c a l m a r K e t I n g 125 PomPeI: an exPerIence tHat goes BeYond
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Politiche ambientali
Da tempo l’UNESCO indica la via: tutela del territorio e sviluppo sostenibile Intervista a Stefania Prestigiacomo, Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di FRANCESCO RASPA
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inistro Prestigiacomo, quali attività del suo Ministero sono riconducibili alla galassia UNESCO?
Vi sono tantissimi siti che
premono per essere avviati in questo percorso. Ormai tutti han-
no capito che offre un valore aggiunto al territorio. L’Ambiente come valore aggiunto dell’offerta complessiva dell’Italia. Il nostro paese? Un museo a cielo aperto: abbiamo pezzi di territorio che sono dei gioielli. Dobbiamo modificare un po’ il nostro atteggiamento, non chiudere i gioielli nei caveau, ma renderli più fruibili. Farli riconoscere Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO è la più grande opportunità per coniugare assieme la tutela dell’ambiente e un modello di sviluppo che sia sostenibile. Ci parli delle iniziative che il Ministero sta portando avanti per quanto riguarda la biodiversità e lo sviluppo eco-sostenibile, due temi molto cari al sistema delle Nazioni Unite.
Siamo il Paese Europeo che negli ultimi anni, attraver-
so il Ministero dell’Ambiente, ha messo in campo una serie di incentivi in vari settori. L’anno scorso hanno avuto un grande
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VICENZA - Foto: Robert Thomson
successo gli incentivi che il Ministero ha stanziato per stimolare l’acquisto di biciclette. In pochi giorni sono state vendute centomila bici, segno tangibile che esiste una grande attenzione, sensibilità e gradimento dell’opinione pubblica nei confronti di un mezzo che è il più ecologico che ci sia e che ispira anche modelli di vita sana. Abbiamo preparato un piano per la sostituzione in tempi medi delle caldaie da riscaldamento molto inquinanti. Un ruolo importante lo avrà anche il sistema urbanistico. Dobbiamo trasformare le nostre case ed in prospettiva le nostre città in luoghi non etero alimentati, ma che si auto alimentano con fonti rinnovabili, che sappiano essere autosufficienti dal punto di vista energetico, che consumino meno e quel che consumano lo producano riducendo al minimo l’energia proveniente dai combustibili fossili.
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PARIGI - Fondazione Cartier Vertical garden di Patrick Blanc - Foto: Rory Hyde
Insomma, per il nostro Belpaese è arrivato il momento di definire le linee guida dell’azione futura, dall’anno prossimo fino al 2020. In ballo ci sono le immense risorse del patrimonio natura, cruciali per tante attività economiche, ma anche nella lotta contro i cambiamenti climatici e per la salute umana. Vale il 10% del Pil dell’Italia solo il settore turistico, che rischia di diventare insostenibile se provoca il deterioramento e l’esaurimento delle risorse che sono alla base dei suoi profitti. Di fatto, le minacce alla natura che arrivano da questo comparto vanno dal consumo del suolo per costruire le infrastrutture all’aumento di risorse come acqua ed energia, oltre alla crescita di produzione di rifiuti solidi, inquinamento atmosferico e acustico. Ecco allora che la strategia nazionale parla di crescita di ‘’qualità’’ piuttosto che di ‘’quantità’’, a vantaggio non solo dell’ambiente, ma anche della competitività e dell’eco-sviluppo. Una delle priorità di intervento è, quindi, quella di cercare di ridurre gli impatti, promuovendo il turismo sostenibile anche attraverso l’integrazione con altre attività economiche, ma anche ipotizzando forme di incentivazione. Largo, poi, alla valorizzazione
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delle aree protette, come laboratori di esperienze, in grado di indirizzare parte delle entrate dalle attività
Environmental policies. From time to point the way UNESCO, Protection of Natural Resources and Sustainable Development by FRANCESCO RASPA
del settore turismo per supportare la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità, ad esempio con programmi di ricerca e campagne di sensibilizzazione. Altro capitolo importante è rappresentato dalle aree urbane, dove in Italia vive il 68,4% della popolazione. Secondo la bozza di strategia nazionale, qui occorre promuovere la conservazione delle aree verdi e puntare a riqualificare le aree naturali. E se il verde non c’è, perché non portarlo nelle case? Uno degli obiettivi prevede l’inserimento, nei regolamenti edilizi comunali, della possibilità di operare scelte innovative per il recupero delle vecchie case e per la costruzione di nuove, come tetti giardino e pareti vegetali. Ci indichi gli obiettivi che spera di raggiungere al termine del suo mandato governativo.
L’obiettivo finale che è quello di sostenere l’eco-
nomia, i posti di lavoro, e quindi i redditi delle famiglie, attraverso misure capaci di migliorare incisivamente anche il nostro bilancio energetico ed ambientale, in grado di delineare il modello di sviluppo del paese arricchendolo di tecnologie, professionalità e valori essenziali per un domani eco-sostenibile. In ultimo, lasci ai nostri lettori alcuni buoni consigli per tutelare davvero l’ambiente.
C’è l’esigenza di una assunzione di consapevolez-
za collettiva che deve riguardare anche gli stili di vita e i consumi. Ogni cittadino ha la sua responsabilità, che può giocare anche attraverso alcuni piccoli gesti che se fatti, non costerebbero quasi nulla in termini di fatica e di impegno. Dalla riduzione dei consumi per l’illuminazione al risparmio dell’acqua, dal risparmio del gas per il riscaldamento al mantenere una velocità costante in auto, passando per l’assunzione di atteggiamenti più civili quali non lasciare rifiuti o cartacce in strada, nei parchi o nei luoghi comuni e se possibile utilizzare i mezzi pubblici o in alternativa prendere la bicicletta.
Minister, which Ministry of the Environment activities are linked to the UNESCO world? After the inclusion of the Dolomites in the Heritage protected by UNESCO, which was proclaimed by the World Heritage Committee approximately one year ago and was a great victory for our Country as the second Italian UNESCO natural site, after the Aeolian islands, we are thinking of presenting the Alps as a candidate. We know we have an extraordinary Country. There are so many sites that are pressing to become candidates. Everyone has now understood that it is an added value for the territory. The environment as value added, in addition to what our Country has to offer. Our country is an open-air museum: we have areas that are true gems. We have to change our behaviour though, we must not lock up our gems in vaults, but rather allow people to enjoy them. Having them recognized as UNESCO Humanity Heritage is the greatest opportunity to combine protection of the environment and sustainable development. Tell us something about the activities the Ministry has under way regarding biodiversity and eco-sustainable development, two matters that are close to the heart of the United Nations system. We are the European Country that, these last years, has undertaken a series of incentives in various fields through the Ministry for the Environment. Last year, the incentives the Ministry introduced to foster the purchase of bicycles were very successful. In a few days, one hundred thousand bicycles were sold, a tangible sign that public opinion is interested, is aware and appreciates this means of transport that is the most ecological of all and also offers a model of healthy life. We have also prepared a plan for the replacement of highly polluting heating boilers in the medium term. And urban planning will be very important too. We must transform our houses, and in the long term our cities too, into areas of self-supply using renewable sources of fuel, which are self-sufficient from the energy point of view, consume less and which produce what they do consume by reducing to a minimum energy from fossil fuels. In other words, it is now high time our Country defined guidelines for future action, from next year to 2020. What is at play here is the immense resources of our natural heritage that are crucial for so many economic activities, but also in the war against climate change and the battle for human health. The tourist sector alone represents 10% of the Italian GDP, and it runs the risk of becoming unsustainable if it causes deterioration and depletion of the resources that are at the basis of its profits. In fact, the threats to nature, which come from this sector, range from using land to build infrastructure, to increased use of resources such as water and energy, as well as increased production of solid waste, atmospheric and acoustic pollution. This is why the national strategy speaks of “quality” rather than “quantity”, for the benefit of the environment but also of competitiveness and eco-development. One of the priorities of this action is therefore to try to reduce the impact by promoting sustainable tourism also thanks to integration with other economic activities, but also by introducing new forms of incentives. And also protected areas must be enhanced, used as laboratories and thus able to channel part of the income from activities in the tourism sector towards the preservation and the sustainable use of biodiversity, for example with research programmes and awareness campaigns. Another important issue is urban areas, where 68.4% of the population lives. According to the draft national strategy, it is necessary to promote the preservation of green areas and enhance nature areas. And if there is no greenery, why not take it into our homes? One of the objectives aims at including in city building regulations the possibility of making innovative choices for the recovery of old houses and the construction of new ones, such as roof gardens and living walls. Which objectives do you hope to achieve in your term of office? The main objective is to support the economy, employment and the incomes of our families, thanks to measures able to make a tangible impact on our environment and energy balance, so as to outline a development model that will provide our country with new technologies, new professionalism and the values that are essential for an eco-sustainable tomorrow. What advice can you offer for environment protection? We must all gain awareness as a community and this must include also our life style and our consumer habits. Every single citizen has his/her responsibility that can be brought into play by adopting simple acts and new habits that would not cost anything in terms of effort and commitment. From reducing our consumption of lighting to saving water, from using less gas for heating to maintaining a constant speed when driving as well as adopting a more civil attitude by not littering the streets, parks and communal areas and by using public transport or cycling if possible.
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Dietro un No, una ricchezza fatta da molti SI di Cettina raudino e Corrado valvo
la cIttà dI noto ed Il suo terrItorIo a Quattro annI dalla lotta contro le trIVellazIonI
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ire no alle trivellazioni nel Val di noto oggi non è più solo il coraggioso atto di fede di un manipolo di ambientalisti e di qualche politico lungimirante. la rottura dell’oleodotto ragusaPriolo in territorio di noto il 18 gennaio del 2010, per fortuna senza gravi effetti e l’allarme suscitato dal disastro nel golfo del messico, inducono alla riflessione e ad una ulteriore forte presa di posizione da parte di quelle istituzioni e comunità locali che nel 2007 si levarono a difesa di un modello di sviluppo non compatibile con la presenza delle compagnie petrolifere sul territorio. corrado Valvo, sindaco di noto, ricorda le tappe di quell’impegno che lo vide schierato contro la Panther oil eureka insieme ad una larga fetta della popolazione. una battaglia trasversale, consumata a colpi di azioni giudiziarie, ricorsi al tar e al cga e vinta, anche grazie al clamore di un battàge mediatico sostenuto da uomini della politica e della cultura come l’on. granata, lo scrittore camilleri e il giornalista Valentini. un successo oggi da sancire auspicabilmente con una legge della regione sicilia che scoraggi definitivamente gli interessi dei petrolieri. Quel modello, i cui contorni si intravedevano già quattro anni fa, non è più un traguardo da raggiungere o una bandiera da sventolare, ma concreta aderenza ai dati sensibili di una realtà culturale e imprenditoriale che comincia a registrare successi. una tendenza che ha portato a consolidare nell’immaginario di chi la sposa, uno style of life che piace molto ai viaggiatori, soprattutto se stranieri. realtà che ha uno dei suoi pilastri, oltre che nella unicità del patrimonio architettonico tardo-barocco, nella bellezza di una natura intensa, ancora quasi immacolata eppure facilmente accessibile. a noto infatti, si può uscire dal contesto urbano e dal suo vivace fermento e perdersi, dopo appena dieci minuti d’auto, fra i canneti silenziosi dell’area protetta di Vendicari, sulle spiagge dorate di eloro fra echi di antiche battaglie e rovine di templi greci e fare il bagno in calette dall’acqua trasparente, o, come eremiti in cerca di pace interiore, scendere tra gli anfratti rocciosi della “cave” dei monti Iblei, odorose di timo selvatico dove sorgenti d’acqua affiorano tra le rocce, come
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una benedizione nella calura dell’estate. e se, muovendosi fra le pieghe di queste terre sulle orme del grand tour, si ha la sensazione che il tempo scorra più lentamente seguendo il ritmo naturale del respiro di chi lo percorre, è anche perché alla vista si offre un paesaggio ancora non stravolto da una cementificazione brutale. una proporzione ancora armoniosa fra la mano a volte insipiente dell’uomo moderno e il volto ricco e cangiante della natura. è una tendenza di questi ultimi anni “ritornare alla campagna”, in linea con il fenomeno del neo/ruralismo postindustriale e che da queste parti ha dato luogo alla ristrutturazione di antichi casali e masserie sette-ottocentesche trasformati in aziende agricole, vitivinicole o agriturismi che producono il biologico a bassissimo impatto ambientale: un investimento che oggi finalmente premia gli sforzi dei pionieri. noto ed il suo territorio esprimono una fisionomia ed un’identità che stridono nettamente sia con l’avanzata del cemento che con la politica di concessione di permessi a perforare il suolo alla ricerca di idrocarburi. la tutela del paesaggio, non è però di per sé un dato reale tout court, scontato e al riparo da insidie. un comitato per la tutela del paesaggio lavora gomito a gomito con l’amministrazione nel tentativo di stabilire regole e mettere paletti fermi. un territorio molto vasto e potenzialmente sempre in pericolo, anche se ben il 60% è vincolato. «l’intervento per la tutela del paesaggio è soprattutto preventivo – spiega corrado Valvo – di sicuro però il territorio si sta evolvendo in questa direzione ed il nostro modello di sviluppo funziona. dal punto di vista dell’eco/sostenibilità, siamo diventati un punto di riferimento per le città vicine. da noi infatti, si registra una coerenza che ci pone all’attenzione. In questo momento – aggiunge ancora Valvo – la nostra azione di governo in merito alle scelte ambientali e al piano energetico viene percepita in modo ambivalente. da un certo nucleo di interessi siamo guardati come quelli che impediscono l’eolico, il fotovoltaico a tappeto e le trivellazioni, d’altro canto però attiriamo una certa tipologia di imprenditorialità che ha compreso che quel che noi abbiamo cominciato a fare cinque anni fa oggi è diventato realtà tangibile».
foto: Vincenzo medica
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è reale, infatti, che oggi la città di noto e il manto profumato della campagna che la avvolge brulicano di nuove attività imprenditoriali legate al turismo culturale, eno/ gastronomico e naturalistico. dunque l’indirizzare con decisione il timone verso la valorizzazione di arte, natura e agricoltura comincia a diventare economia eco/sostenibile. anche il numero degli abitanti è cresciuto, a fronte di un dato occupazionale non confortante, come nel resto d’Italia, ma da noto si emigra meno che in passato. molti sono i giovani che decidono di investire competenze ed energie nella loro città. e di restare, scommettendo. I servizi per il turismo, i ristorantini di cui oggi pullula la città accanto alle enoteche nei bassi di antichi palazzi ed ai lounge bar glamour dove è possibile rifugiarsi per viaggiare con i sensi e la mente sfogliando un libro e sorseggiando un margarida, le pasticcerie della tradizione, la gestione di siti museali aperti fino a mezzanotte, gli eventi culturali, il cartellone di una stagione teatrale di tutto rispetto: tutto questo oggi è noto. un processo che è stato favorito anche dal recupero e dalla fruizione, dopo i restauri, di numerosi spazi monumentali: l’ex collegio dei gesuiti è divenuto galleria d’arte contemporanea, il convento di santa chiara ospita oltre che la galleria d’arte Pirrone anche una sezione museale dedicata ai reperti della noto medievale, Palazzo nicolaci spaccato della vita aristocratica cittadina, oltre ad accogliere nei suoi bassi la prestigiosa biblioteca, oggi è visitabile. di recente apertura è il museo etnografico, posto ai margini del quartiere popolare dell’agliastrello, a conclusione di un ideale percorso che salda civiltà urbana aristocratica e mondo rurale, per offrire della città un quadro fluido e completo. una macchina che si è oramai avviata con successo e che, conclude corrado Valvo: «sfido a voler bloccare oggi!».
foto: angelo scuderi
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C r I T I C a l
a r T I C l e
The richness of many a yes behind one no the town of Noto today (on the uNesco Heritage list) and its surrounding territory four years after the fight against oil prospection in the Noto valley by cettiNa rauDiNo and corraDo valvo saying “no!” to oil drillings in Val di noto is no longer only a brave act of faith by a handful of environmentalists and a couple of farsighted politicians. the bursting of the ragusa-Priolo oil pipeline in the noto area on 18 January 2010, luckily without severe effects, and the alarm caused by the oil spillage in the gulf of mexico, are events that command our attention. It is most urgent to further reinforce the stance taken by the institutions and local communities in 2007 when they rose to defend a development model that is not compatible with the presence of oil companies on their territory. corrado Valvo, mayor of noto recalls the steps of that engagement in which he had stood up to Panther oil eureka alongside a large proportion of the population. We won the battle consisting of judicial actions and petitions submitted to the regional tribunal and to the cga also thanks to the media hype supported by political and cultural personalities like Hon. fabio granata, the writer camilleri and the journalist Valentini. a success that we hope will be confirmed by a law of the region of sicily that may discourage once and for all any interest that oil companies may have in this area. the development model, whose outline could be clearly perceived already four years ago, is no longer a goal to be reached or a flag to be flown, but is now a concrete reality underpinned by cultural and entrepreneurial actions that have started to produce their fruits. this successful approach, cherished by its many supporters, has led to the materialization of a style of life that is appealing to travelers, especially foreigners. and it is upheld not only by the uniqueness of the lateBaroque architectural heritage of noto, but also by the beauty of the rich natural landscape of its surroundings which is still almost immaculate and easy to reach. Indeed a ten minute drive from the hustle and bustle of the town of noto is what it takes to arrive in Vendicari, an area protected by silent cane thickets, or the golden beaches of eloro, where the ruins of greek temples prompt echoes of ancient battles and where we can bathe in the crystal clear waters of the ragged coastline. or, like hermits, we can seek inner peace and descend down the rocky narrow gorges of the caves of the Iblei mountains, where the scent of wild thyme is intense and where water springs forth from the rocks, like a blessing in the summer heat. and if, in travelling across the folds of these lands in the wake of the grand tour, one has the feeling that time has slowed down and is attuned to the traveller’s natural breathing rhythm, it is also because the landscape is still untouched by man and miraculously free from the brutal blemish of cement. there is still a harmonious balance between the at times foolish hand of modern man and the rich and ever-changing face of nature. “rediscovering the countryside” is a recent trend and it is in line with post-industrial neo-ruralism, which has led to the restructuring of ancient 17th and 18th century farmhouses that have been turned into holiday farms and to the farming of land to produce food and wine according to biological practices that have a low environmental impact: an investment that finally rewards the efforts of its pioneers. noto and its surroundings have a physiognomy and an identity that is at odds with the encroachment of cement and with the policy of granting permits to drill for oil. the protection of the landscape is not per se a given, and is not sheltered from attacks. a committee for the protection of the landscape works side by side with the administration in the attempt to lay down rules and to set up protective fences. the territory is vast and potentially always at risk even though there are planning restrictions on as much as 60 percent of the entire territory. «Prevention is the best way to protect the landscape – says corrado Valvo – there are no doubts however that the territory is evolving in this direction and our development model has proven that it works. from the standpoint of eco-sustainability, we have become a point of reference for the nearby towns. our firmness and consistency of action attracts people’s attention. «at this point in time – says Valvo – our government action regarding environmental choices and our energy plan is perceived with mixed feelings. one interest group sees us as those who reject wind farms, photovoltaic panels and oil drilling, on the other we attract a certain type of entrepreneurs who have understood that what we started doing five years ago has become a tangible reality». Indeed, it is a fact that today the town of noto and its surrounding scented countryside is blessed with many entrepreneurial activities linked to the various types of tourism: cultural, wine and food, nature watching. therefore having firmly directed the rudder towards the enhancement of art, nature and agriculture has finally started to be the fuel of an eco-sustainable economy. the number of inhabitants has also grown, and even though the employment figures are not comforting, as is true for the rest of Italy, at least emigration from noto has decreased compared to the past. many young people have decided to invest their skills and energies in their town. they have decided to stay on, and give it a try. services for tourists, little restaurants around every corner, wine bars in the ground floors of ancient buildings, glamour lounges for a moment of relax and of travelling with the senses, while reading a book and sipping a margarita, the confectionaries with their display of traditional mouthwatering cakes and sweets, museums that are open until midnight, cultural events, and a playbill that is worthy of the name: this is noto today. a process that has been facilitated also by the recovery and restoration of many monumental buildings: the former Jesuit boarding school which has been turned into a contemporary art gallery, st. clare’s convent which now accommodates the Pirrone art gallery and also a music section dedicated to the archaeological finds of medieval noto, Palazzo nicolaci, which offers a picture of country aristocracy and now houses a prestigious library that receives visitors. recently the opening of the ethnographic museum, rising on the border of the agliastrelli popular neighbourhood concludes an ideal walk that exposes the visitor to the urban civilization of the aristocracy and to the rural world thus offering a smooth and exhaustive picture of this town. the ignition key has been turned on and the engine is humming successfully and, to put it in the concluding words of corrado Valvo: «I now challenge anyone to try and stop it!».
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P I ANO
Parlamento Europeo Dichiarazione sul valore dei Siti UNESCO Richiesta alla Commissione Europea di misure finanziarie ad hoc
di Paolo Bartolozzi
Deputato europeo rieletto nella terza circoscrizione elettorale nel 2009. È membro titolare della Commissione per l’Ambiente, la Sanità e la Sicurezza Alimentare (ENVI), nonché Presidente della Delegazione alle commissioni di cooperazione parlamentare UE-Kazakistan, UE-Kirghizistan, UE-Uzbekistan e per le relazioni con il Tagikistan, il Turkmenistan e la Mongolia.
F
ondata nel 1945, l’UNESCO promuove la collaborazione tra le Nazioni nel campo dell’istruzione, della scienza, della cultura e della comunicazione. Ne sono membri 192 Paesi, più 6 membri associati. L’Italia è la nazione che detiene il maggior numero di Siti inclusi nella lista dei Patrimoni dell’Umanità.
Tenuto conto dei suoi obiettivi statutari e dell’enorme interesse che cre-
sceva su tutto il nostro pianeta per diffondere la conoscenza delle aree e dei territori culturalmente, artisticamente e naturalisticamente più prestigiosi, la
In qualità di eurodeputato, membro titolare della Commissione ambiente del Parlamento europeo, toscano d’origine e di residenza, attento ai problemi della conservazione ambientale dei beni culturali e artistici, sono lieto di esprimere il mio vivo apprezzamento all’Associazione Città e Siti Italiani, presieduta dal Sindaco di Assisi Ing. Claudio Ricci. Pari apprezzamento va alla Rivista “Siti” quale prezioso strumento informativo per la diffusione della conoscenza dell’arte e della natura del nostro Paese. Il Sindaco mi ha proposto di portare all’attenzione del Parlamento europeo l’opportunità di chiedere un aiuto comunitario volto alla conservazione e valorizzazione del Patrimonio Mondiale
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Conferenza Generale dell’UNESCO adottava nel 1972 la Convenzione sul Patrimonio dell’Umanità. La Convenzione riconosceva universalmente l’UNESCO quale Istituzione unica nella salvaguardia del Patrimonio culturale e naturale dell’Umanità.
Una presa generale di coscienza si è andata diffondendo
nel mondo sull’importanza della conoscenza storico-geografica
Bruxelles
dell’unicità delle opere architettonicamente e artisticamente irreperibili e che come tali dovevano essere preservate e tramandate alle generazioni future.
Si coniava il termine di “Siti”, da intendere nel significato
più nobile della parola, ovvero quello di beni culturali, ambientali e tradizionali.
Si è resa necessaria un’azione puntuale, meticolosa e do-
cumentata per individuarli e censirli nell’ambito di politiche culturali finalizzate allo sviluppo territoriale, economico ed alle attività turistiche.
Nel 1997 nasceva, in uno spirito di felice intuizione colla-
borativa, l’Associazione delle Città e dei Siti italiani “Patrimonio Mondiale dell’UNESCO” con l’intento di migliorare le realtà storiche territoriali e promuovere più incisivamente politiche di valorizzazione atte a far convergere capacità umane ed intellettuali, competenze e responsabilità ai più alti livelli.
La rivista trimestrale “Siti” concorre autorevolmente a
veicolare, nell’ambito della politica dei beni culturali e del territorio, ai cittadini, alle Istituzioni e alle Autorità preposte informazioni volte a far conoscere, diffondere e salvaguardare i patrimoni artistico-culturali con sapienza e orgoglio collettivi.
dell’UNESCO. Ho predisposto, allo scopo, una Dichiarazione scritta, che ha come cofirmatari altri deputati europei, per chiedere alla Commissione europea “misure finanziarie prioritarie” a favore dei Siti “Patrimonio Mondiale” dell’UNESCO da reperire nell’ambito dei Fondi strutturali dell’Unione Europea. Ancorché il PE attribuisca particolare rilevanza alla cultura, all’ambiente, al territorio ed ai valori ad esso connessi, non è mai superfluo sensibilizzare ulteriormente le coscienze per una maggiore presa d’atto, a tutti i livelli, dell’importanza di assegnare una dotazione finanziaria ad hoc ai Siti esistenti. Un approccio mirato ai Siti “Patrimonio dell’UNESCO” non era finora mai stato specificamente portato all’attenzione del Parlamento europeo. È un’iniziativa che speriamo possa ridare slancio alle attività di tutela dei Siti europei, simbolo delle identità culturali, ambientali e tradizionali dell’Europa. Stiamo procedendo alla raccolta di altre firme di eurodeputati in modo che la citata Dichiarazione, con l’indicazione dei nomi dei firmatari, possa essere trasmessa alla Commissione, al Consiglio e ai Parlamenti degli Stati membri dell’Unione.
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Strasburgo - Foto: Cédric Puisney
Statement of the European Parliament on the value of UNESCO Sites Application to the European Commission for ad hoc financial aid by Paolo Bartolozzi
Anche attraverso la versione on-line, la rivista “Siti” privilegia l’approccio diretto alla conoscenza, la più vasta possibile, dei Siti italiani reputati tra i più belli al mondo, per una fruizione popolare dell’arte, dei suoi valori culturali e del paesaggio del nostro Paese.
Il turismo culturale si va fortunatamente diffonden-
do su scala planetaria. Ampliare la conoscenza dei Siti e diffonderla è un obbligo morale oltreché un servizio educativo e un riconoscimento postumo, ma imperituro, ai grandi artisti, ai mecenati e ai governanti di epoche remote, passate e recenti, che hanno dato impulso e lustro alla realizzazione di opere di eccelsa bellezza e valore. L’arte e la cultura non sono solo valori da apprezzare e tramandare. L’arte deve continuare a vivere e assurgere a livelli dei migliori e fecondi periodi dei secoli scorsi.
Prima dell’entrata in vigore del Trattato di Maastricht,
la Comunità Europea forniva finanziamenti di entità limitata per le attività culturali, la sua destinazione si concentrava su misure nei settori della tutela del patrimonio culturale e delle sovvenzioni per artisti. Con l’introduzione di quel Trattato le attività culturali hanno assunto maggiore importanza e un’organizzazione più sistemica. Basti ricordare il programma “Caleidoscopio”, istituito nel 1966, nell’intento di incoraggiare la creazione artistica e promuovere la consapevolezza della cultura dei popoli d’Europa.
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alla valorizzazione delle ar
di esperienze, in grado di
Founded in 1945, UNESCO promotes cooperation among Nations in the field of edudalle attività del sett cation, science, culture and communication. It counts 192 Membertrate Countries plus six associate members. Italy is the country that has the largest number la of Sites appearing conservazione e l’uso so on the UNESCO World Heritage List. Bearing in mind its statutory goals and considering the huge interest that kept growing across our planet in knowing the most con programm adabout esempio prestigious areas and territories in terms of culture, art and landscape, in 1972 the Gesensibilizzazione. Altro cap neral Conference of UNESCO adopted the World Heritage Convention. The Convention recognized UNESCO universally as the sole institution for the protection of mankind’s sentato dalle aree urbane, cultural and natural heritage. A general awareness spread across the world of the importance of the historic and geographic knowledge of unique architectural artistic della and popolazione. Secondo works which being the only instances of their kind need to be preserved and handed nale, qui promuo down to the future generations. The term “Sites” was coined bearing in mind the occorre noblest connotation of the word, namely that of cultural, environmental and traditional aree verdi e puntare a riq asset. An accurate, painstaking and documented action was required to identify such sites and make a census of them within the framework of culturalEpolicies at non c’è, perc se il aimed verde developing the territory, the economy and tourism activities. The Association of Italian Unoas degli obiettivi preved Sites and Towns on the UNESCO World Heritage List was set up in 1997 a result of an insightful collaborative effort aimed at improving the historic local realities and at lamenti edilizi comunali, promoting with greater momentum the enhancement policies meant to have human and intellectual skills, competencies and responsibilities converge atscelte the highest possiinnovative per il re ble levels. As part of a cultural heritage and territory policy the quarterly journal “Siti” la costruzione di nuov contributes to conveying information to the people, to Institutions per and Authorities so as to prompt awareness and protection of artistic and cultural heritage with know-how reti vegetali. and collective pride. Also through its on-line version, “Siti” prefers the direct approach to the broadest knowledge possible of Italian sites deemed to be amongst the most beautiful in the world so that art, cultural values and the landscape of our Country may sono gli obiettivi che spe be enjoyed as widely as possible. Cultural tourism is luckily spreadingQuali all over the world. Expanding knowledge about the Sites and diffusing it is a moral obligation besides mandatoof governativo? being an educational service and a posthumous and everlasting recognition great artists, patrons of the arts and rulers of remote, past and recent times have given that L’obiettivo finale che impulse and fame to the accomplishment of works of sublime beauty and value. Art and i posti culture are not only values to be appreciated and handed down. Artnomia, must continue to di lavoro, e q live and be given the opportunity of rising and surpassing the highest and most fertile misure capaci d levels that it reached in past centuries. Before the coming into forceattraverso of the Maastricht Treaty, the European Community provided limited funds for culturalanche activities. il Andnostro the bilancio en destination was restricted to the protection of cultural heritage and subsidies for artists. With the introduction of the Treaty cultural activities have taken on greater gradoimportance di delineare il mode and have been given a more systemic organization. Suffice it to remember the “Kaleiricchendolo doscope” project set up in 1966 with the intention of encouraging artistic creation and di tecnologie, enabling the peoples of Europe to become more sensitive and conscious about culture. senziali per un domani eco Even though a Member of the European Parliament attaches special importance to culture, to the environment, to the territory and to the values attached thereto, it is never superfluous to prompt greater awareness of the need to provide larger and ad i consigli hoc funds for existing Sites. The European Parliament’s attention hadQuali never before been per tutelare l’ specifically called to the need to take a targeted approach to the UNESCO Heritage C’è l’esigenza di una a Sites. This is an initiative that we hope will give renewed momentum to the activities for the protection of European sites which are a symbol of the cultural, environmental che deve rigua za collettiva and traditional identities of Europe. We are gathering the signatures of other Members i consumi. Ogni cittadino h of the European Parliament so that the mentioned Statement, together with the names of the signatories, may be forwarded to the Commission, to the Council and to the può giocare anche attraver Parliaments of the Member States of the Union. As Member of the European Parliament, Member of the Environmentfatti, Committee the nonof costerebbero qua European Parliament, being of Tuscan origin, and paying attention to the problems of e di the conservation of the environment, of cultural and artistic heritage, I amimpegno. extremely Dalla riduzi glad to be able to express my sincere appreciation to the Association of Italian Sites and minazione al risparmio de Towns on the UNESCO World Heritage List and to its chairman the Mayor of Assisi, Mr. Claudio Ricci. Our appreciation also goes to the “Siti” journal as agas precious perinformail riscaldamento al tion tool for the spreading of knowledge about the art and landscape beauties of our stante in auto Country. The Mayor has suggested that I bring the European Parliament’s attention to passando pe the desirability of asking that community aid be given for the conservation and enhanpiùstatement civili quali cement of UNESCO’s World Heritage. For this purpose I have a written that non lasciare has been signed by other European Members of Parliament as well innei which we ask the parchi o nei luoghi com European Commission to take “priority financial measures” in favour of the UNESCO World Heritage sites by drawing on the European Union Structural Funds. i mezzi pubblici o in altern
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ree protette, come laboratori
i indirizzare parte delle en-
tore turismo per supportare
ostenibile della biodiversità,
mi di ricerca e campagne di
pitolo importante è rappredove in Italia vive il 68,4%
o la bozza di strategia nazio-
overe la conservazione delle
qualificare le aree naturali.
ché non portarlo nelle case?
de l’inserimento, nei regodella possibilità di operare
ecupero delle vecchie case e
ve, come tetti giardino e pa-
I TA L I A N Q U A L I T Y C O M M I T T E E
era di portare a termine del suo è quello di sostenere l’eco-
quindi i redditi delle famiglie,
di migliorare incisivamente
nergetico ed ambientale, in
ello di sviluppo del paese ar-
, professionalità e valori es-
o-sostenibile.
’ambiente?
assunzione di consapevolez-
ardare anche gli stili di vita e
ha la sua responsabilità, che
rso alcuni piccoli gesti che se
asi nulla in termini di fatica
Il Comitato Leonardo, nato nel 1993 su iniziativa comune del Sen. Sergio Pininfarina e del Sen. Gianni Agnelli, di Confindustria, dell’ICE e di un gruppo d’imprenditori, con l’obiettivo di affermare la “Qualità Italia” nel mondo, promuove: Una maggiore conoscenza all’estero dell’economia, della cultura, della tecnologia e della scienza italiane, in funzione di un maggiore prestigio del Paese; La presenza italiana all’estero attraverso i prodotti di alta qualità;
ione dei consumi per l’illu-
ell’acqua, dal risparmio del mantenere una velocità co-
La realizzazione di iniziative per la diffusione nel mondo della qualità e della tecnologia del Made in Italy.
er l’assumere atteggiamenti
e rifiuti o cartacce in strada,
muni e se possibile utilizzare
nativa prendere la bicicletta.
www.comitatoleonardo.it lug/set 2010
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Alla scoperta della verità Gerusalemme e i Siti UNESCO di Israele
di ADRIANO CIOCI
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sraele ha una storia millenaria, segnata da una moltitudine di eventi, spesso legati a guerre, diaspore, sacrifici e speranze. Per comprenderli appieno ci si dovrebbe incuneare nelle varie vicende, a partire dalla Bibbia sino a risalire le epoche percorrendone i secoli. Su queste vicende un ruolo chiave è stato impresso dalla sua capitale, Gerusalemme, il cui status è ancora oggetto di controversie a causa delle distanti posizioni tra Israele è ANP (Autorità Nazionale
Palestinese) che rivendica la parte orientale della città.
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GERUSALEMME - Cupola della Roccia Foto: Adriano Cioci
Dalla Galilea al deserto del Negev, un viaggio tra suggestione, emozione, fede e storia
La situazione di incertezza in cui si trova il paese ha ritar-
dato molti processi di valorizzazione culturale, tra cui l’opera dell’UNESCO, tanto che i primi riconoscimenti nella lista del Patrimonio Mondiale portano la data del 2001. È in quell’anno, infatti, che vengono annotate le prime due iscrizioni: Masada e la Città vecchia di Acri, seguite dalla Città bianca di Tel Aviv, dalle Città del deserto del Negev, dai Tels biblici (2003) e dai Luoghi santi baha’is ad Haifa e nella Galilea Occidentale (2008).
Vi è poi una lista indicativa di beni sottomessi a tutela UNE-
SCO che comprende 20 luoghi tra cui la Città Vecchia di Gerusalemme. Essa, più di ogni altra, merita un posto di primo piano tra i siti mondiali, soprattutto per la sua collocazione storica e del pensiero, al centro, come si sa, delle principali religioni monoteiste del pianeta: cristianesimo, islam ed ebraismo.
Gerusalemme è una città straordinaria e unica. Calpestare
e percorrere i suoi vicoli, in ogni stagione dell’anno, riempie il visitatore di emozione e suggestione. Non si viene rapiti soltanto dal dedalo delle sue stradine, dalle pietre sconnesse, dalle costruzioni aggiunte in ogni epoca sino a formare una teoria di stili che non ha eguali, ma soprattutto dai colori variopinti, dai suoni che evocano richiami alla preghiera, dai profumi delle spezie allineate alla rinfusa per cromia e sapore. Poi, all’imbrunire tutto sembra attenuarsi: le luci, i colori, le essenze e persino il caotico andirivieni di gente e di mezzi. La città vecchia è stretta dalle possenti mura che il sultano ottomano Solimano I, detto il Magnifico, fece erigere tra il 1536 e 1542. Oggi, dentro quelle mura, sono conservati autentici scrigni di arte e di fede.
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Al turista non può sfuggire una visita alle tre emergenze principali. Tra queste vi è la Cupola della Roccia, una
moschea costruita tra il 687 e il 691, durante la quinta dinastia omayyade, edificata e riedificata con materiale romano e bizantino, sormontata dalla cupola dorata che è diventata ormai il simbolo della città. Da qualunque parte si osservi il susseguirsi delle costruzioni del nucleo storico, la moschea di Omar (ma la denominazione non è esatta) si nota per possanza ed eleganza. Da questo luogo il profeta Maometto sarebbe asceso al cielo.
La parte occidentale di mura che contiene la spianata del Tempio è costituita dal cosiddetto Muro del Pianto (gli
ebrei piangono il loro Tempio distrutto nel 70 d.C.). Questo luogo, simbolo dell’ebraismo, ha anche la funzione di sinagoga. Per pregare vi si giunge in pellegrinaggio da ogni parte del mondo.
A ovest di Haram esh-Sheriff, quasi al centro della città vecchia, si erge la Basilica del Santo Sepolcro, per eccel-
lenza fulcro della cristianità. Edificata a più riprese nel corso delle epoche, racchiude alcuni luoghi irrinunciabili, tra cui il Golgota, la Pietra della Deposizione e il Sepolcro stesso. All’interno vi sono le varie chiese: apostolico romana, ortodossa greca, armena, copta, abissina e siriaca.
GERUSALEMME - Basilica del Santo Sepolcro Foto: Adriano Cioci
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HAIFA - Luoghi Santi Baha’i Foto: Karen Hortoņ
La città vecchia, con i quartieri cristiano, mussulmano, ebraico ed armeno, è una sorta di quadrilatero (circa un
chilometro per lato) segnato da moschee, sinagoghe e chiese, dove al richiamo del muezzin si alterna il suono delle campane, dove ogni angolo di bazar è una scoperta, dove il tempo, al contrario di quello che si possa pensare, non sembra arrestarsi, ma incedere più velocemente. Così, più si incamera con gli occhi e con l’anima e più, al nostro ritorno, si riescono a rivivere le grandi emozioni della vita.
Lasciata Gerusalemme, l’itinerario prosegue a partire da nord, dove sorge la Città vecchia di Acri (2001), nella
Galilea occidentale. È una città antichissima dove gli insediamenti umani si sono succeduti senza interruzione dall’epoca fenicia in poi: greci, romani, arabi, crociati, ottomani, britannici e quindi israeliani vi hanno lasciato un segno. Imponenti sono i suoi monumenti, tra cui le mura, la Grande Moschea e la Cittadella.
Poco più a sud, si incontrano i Luoghi Santi Baha’i ad Haifa e nella Galilea Occidentale (2008). È il più curioso
dei siti UNESCO israeliani in quanto fa riferimento alla religione Baha’i ed ai suoi due più importanti santuari: quello di Bab ad Haifa (con il tempio ed i giardini stupendi che si trovano ai suoi piedi) e quello di Baha’u’llah ad Acri (nella Cittadella), entrambi mete di pellegrinaggio da parte degli aderenti di tutto il mondo.
Ma che cosa è la fede Baha’i? Con un po’ di semplificazione si può asserire che i loro adepti sono convinti
dell’unicità di Dio e si prodigano affinché il mondo abbia un unico governo mondiale. Il suo fondatore Baha’u’llah (1817-1892) è considerato come il messaggero di Dio per questa epoca. Tra i cardini: l’armonia tra scienza e religione, la parità assoluta tra uomo e donna, la ricerca della verità. Il Bahaismo conta nel mondo circa sei milioni di seguaci (circa 3.000 in Italia).
I tels biblici di Megiddo, Hazor e Beer-Sheva (2005) sono dislocati in diverse aree del paese. Tel o Tell è un termine ara-
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bo, divenuto ormai usuale, che sta a significare collina artificiale. I tels sorgevano nei punti ove c’era acqua e sulle antiche rotte commerciali. In Israele ne sono stati censiti circa duecento, ma quelli di Megiddo, Hazor e Beer-Sheva sono i più interessanti.
Megiddo si trova a sud-ovest di Nazareth. Nella sua col-
lina sono stati identificati una ventina di strati corrispondenti a periodi abitati dal 7000 al 500 a.C. Secondo alcune interpretazioni della Bibbia, in questo luogo ci sarà l’Armageddon (in ebraico Monte di Megiddo), ossia la battaglia finale tra le forze del bene e del male, tra Cristo e Satana. La stessa parola Armageddon è usata per significare la fine del mondo. In varie epoche qui si svolsero molte importanti battaglie. Una di queste è persino descritta nei geroglifici del tempio di Karnak
MASADA - Fortezza Foto: Chris Smith
nell’Alto Egitto. Megiddo è stata conquistata da egizi, assiri, babilonesi e greci.
Hazor è situata nella Galilea settentrionale, sopra il
lago di Tiberiade. Nella Bibbia viene chiamata la “capitale di tutti i regni”. Anche qui sono stati individuati una ventina di strati di occupazione dal III millennio fino al II sec. a.C.
Il Tel di Beer-Sheva è collocato a pochi chilometri dal-
la città di Be’er Sheva, nella parte settentrionale del deserto del Negev. Qui Abramo scavò un pozzo e vi si stabilì. Il luogo fu abitato dal IV millennio a.C. fino al VIII sec. d.C.
La Città bianca di Tel Aviv ha avuto il suo riconoscimen-
to nel 2003. Tel Aviv è stata fondata nel 1909 e la sua area metropolitana è diventata in pochi decenni la più popolata d’Israele con circa 2,5 milioni di abitanti (per il 96% ebrei). La città bianca, dall’urbanistica moderna, si è sviluppata tra gli anni ’30 e gli anni ’50. Il suo movimento moderno è una sintesi di diverse tendenze urbanistiche, importate da altri paesi del mondo e adattate alla cultura e al clima del luogo.
Lungo le rive del Mar Morto si erge la storica fortezza di
Masada (2001). Il luogo venne fortificato per la prima volta dagli Asmonei intorno al 90 a.C. e successivamente da Erode il Grande che lo trasformò (tra il 36 e il 30 a.C.) in fortezza reale, cingendolo di mura alte fino a 5 metri, torri alte fino a 20 metri, per un perimetro di 1,5 km, rendendolo praticamente inespugnabile. Poi fece costruire un sontuoso palazzo, nel punto più a settentrione, su tre piani sfalsati, con magazzini e cisterne per la raccolta delle acque.
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Avdat - Via dell’Incenso Foto: Tomash Devenisheķ
La vera storia di Masada si lega alla rivolta degli ebrei contro i romani, iniziata nel 66 d.C., con la prima guer-
ra giudaica, al tempo dell’imperatore Nerone (54-68 d.C.). Proprio in quegli anni la roccaforte era stata strappata ai romani e diventò rifugio di frange di ebrei desiderosi di libertà. Ma i romani non potevano sopportare un tale affronto e nel 74 d.C., al comando del generale Flavio Silva, decisero di cingere d’assedio Masada, all’interno della quale erano asserragliati 960 ebrei, molti dei quali anziani, donne e bambini. La resistenza zelota durò per sette mesi, conclusa con un suicidio di massa pur di non cadere in mano agli oppressori (per una trattazione più esaustiva del sito di Masada si rimanda al numero di ottobre-dicembre 2008 della rivista SITI).
Scendendo più a sud si incontrano le Città del deserto del Negev, quelle lungo la epica Via dell’Incenso (2005).
La Via dell’Incenso è un’antica rotta commerciale che partiva dallo Yemen e attraverso Arabia e Giordania aveva termine in Israele, nel porto di Gaza, dove i prodotti venivano caricati sulle navi dirette in Europa. Si trattava di una pista carovaniera lunga 2.400 km. con 56 luoghi di sosta e di ristoro per uomini ed animali. Questa strada si estende in Israele per 150 km., attraverso il deserto del Negev, toccando le antiche città nabatee di Haluza, Avdat, Shivta e Mamshit.
Naturalmente le emergenze storiche, architettoniche e ambientali disseminate nel territorio d’Israele non si
limitano ai siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità, ma vanno ben oltre. Darne un freddo elenco significherebbe sminuirne la portata ed il pregio.
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The quest for truth Jerusalem and the UNESCO Sites in Israel by Adriano Cioci Israel has a thousand-year old story marked by a multitude of events often linked to wars, diasporas, sacrifices and hopes. In order to understand them fully one would have to relive them starting from the Bible across the centuries. A key role has always been played by its capital, Jerusalem, whose status is still a subject of dispute because of the heavy divergence between Israel and the PNA (Palestinian National Authority). The situation of uncertainty in the Country has delayed many cultural enhancement processes among which the work of UNESCO, so much so that the first time an Israeli site appeared in the World Heritage List was 2001. Two entries were made that year: Masada and the Old Town of Acri, followed by the White Town of Tel Aviv, the Towns of the Negev desert, the biblical Tels (2003), and the Baha’is Holy Places in Haifa and in Western Galilee (2008). Then there is an indicative list of assets placed under the protection of UNESCO which includes 20 places among which the Old Town of Jerusalem which more than any other deserves a prominent position among world sites especially for its history and for its being the heart of the main monotheistic religions of our planet: Christianity, Islam and Judaism. Jerusalem is an extraordinary and unique town. Walking through its alleys, in any season of the year, fills the visitor with emotion and fascination. What is enrapturing is not only the maze of narrow winding streets, the loose cobblestones, the buildings that were added throughout the centuries which form an unparalleled theory of styles but above all of variegated colours, with sounds that evoke calls for prayer, the strong scent of spices lined up haphazardly in a mix of colours and tastes. And then at sunset everything seems to soften: the lights, the colours, the scents and even the chaotic hustle and bustle of people and vehicles. The old town is enclosed by mighty walls built by the Ottoman sultan Suleiman I, referred to as the Magnificent, between 1536 and 1542. Today inside those walls are preserved real caskets of art and faith. A tourist cannot miss a visit to the three main highlights of the town: The Dome of the Rock, a mosque built between 687 and 691 during the fifth Omayyade dynasty, built and rebuilt using Roman and Byzantine materials, surmounted by a golden dome that has now become the symbol of the town. Whatever the vantage point from which the town is seen, the succession of buildings in the historic centre, the Mosque of Omar (but the name is not precise) stands out for its might and elegance. This is the place from where Mohammed is said to have ascended to heaven. The Western part of the wall that encompasses the Temple esplanade consists of the so-called Wall of Wailing (the Jews weep for their Temple destroyed in 70 A.D.). This place, a symbol of Judaism, also has the function of a synagogue. People go there on pilgrimage from all the corners of the Earth. To the West of Hara mesh-Sheriff, almost at the centre of the old town, rises the Basilica of the Holy Sepulchre, par excellence the heart of Christianity. Built in various stages throughout the ages, it encloses some places that a visitor must not miss among which the Golgotha, the Stone of the Deposition and the Sepulchre itself. Inside there are the various churches: the Apostolic Roman, the Greek Orthodox, the Armenian, the Coptic, Abyssinian and Syrian churches. The Old town, with its Christian, Muslim, Jewish and Armenian neighbourhoods has the shape of a quadrilateral (the sides measuring one kilometre each) marked by mosques, synagogues and churches where the song of the muezzin alternates with the ringing of bells, where the bazaars you run into just around the corner are a revelation, where time, unlike what one may think, does not stop but it seems to advance more rapidly. And so the more you can take in with your eyes and your soul and all the more upon your return you can re-experience the deep emotions of life. Once you leave Jerusalem, the itinerary continues starting from the north where the Old town of Acri rises (2001). This is a very ancient town where human settlements succeeded one another without interruptions from the time of the Phoenicians onwards: Greeks, Romans, Arabs, Crusaders, Ottomans, the British and then the Israelis have all left their mark. Its monuments are awe-inspiring: the Walls, the Great Mosque, the Stronghold. A bit further south are the Holy Places of Baha’i in Haifa and in Western Galilee (2008). This is the most unusual of UNESCO sites in Israel because it refers to the Baha’I religion and to its two foremost sanctuaries: Bab in Haifa (with the temple and wonderful gardens that lie at its feet) and Baha’u’llah in Acri (in the Stronghold), both are places of pilgrimage visited by the faithful from all over the world. But, what is the Baha’I faith? Simplifying greatly one can say that its followers believe
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there is only one God and their work is aimed at having a single worldwide government. The founder Baha’u’llah (1817-1892) is considered to be the messenger of God for this era. Among the tenets: harmony between science and religion, absolute equality between men and women, and the quest for truth. Brahaism counts about six million followers in the world (around 3,000 in Italy). The Biblical Tells in Megiddo, Hazor and Beer.Sheva (2005) are located in various parts of the Country. Tel or Tell is an Arab term, which means artificial hill and is now normally used by Israelis. Tells would form wherever there was water and along the ancient merchants’ routes. About two hundred of them have been counted in Israel, but those in Megiddo, Hazor e Beer-Sheva are the most interesting ones. Megiddo rises to the south-west of Nazareth. Some twenty layers have been identified in its hill corresponding to periods going from 7000 to 500 B.C.. According to some interpretations of the Bible this is the place where Armageddon (in Hebrew Mount Megiddo) will take place, that is to say the final battle between the forces of good and evil, between Christ and Satan. The very word Armageddon is used to indicate the end of the world. Important battles took place here in different eras. One such battle is even described in the hieroglyphics in the Karnak temple in Upper Egypt. Megiddo was conquered by the Egyptians, Assyrians, Babylonians and the Greeks. Hazor is located in northern Galilee, to the north of the lake of Tiberiad. In the Bible it was called the “capital of all kingdoms”. Here as well some twenty layers of settlements have been identified starting from the 3rd millennium up to the 2nd century B.C.. The Tel of Beer-Sheva rises at a few kilometres from the town of Be’er Sgeva in the northern part of the Negev desert. Here Abraham excavated a well and settled there. The place was inhabited from the 4th millennium B.C. up to the 8th century A.D.. The White town of Tel Aviv received recognition in 2003. Tel Aviv was founded in 1909 and its metropolitan area became the most populated area in Israel in a matter of a few decades with around 2.5 million inhabitants (96% of the Jewish population). The white city, built according to a modern town-plan, developed between the 1930s and the 1950s. Its modern layout is a synthesis of different town-planning trends, imported from other countries of the world and adapted to the culture and climate of the place. The historic stronghold of Masada (2001) rises on the banks of the Dead Sea. The place was fortified for the first time by the Asmonians in approximately 90 B.E. and subsequently by Herod the Great who transformed it into a virtually unconquerable royal fortress (between 36 and 30 B.C.) by building a 5 metre high wall around it and towers as high as 20 metres, with a perimeter of 1.5 km. Then he had a sumptuous palace built in the northernmost part on three staggered levels with storerooms and cisterns to collect water. The true story of Masada is linked to the uprising of the Jews against the Romans which began in 66 A.D. with the first Jewish war, at the time of Emperor Nero (54-68 A.D.). In those very years the stronghold had been won from the Romans and became the place of refuge for fringe groups of Jews who wanted freedom. But the Romans could not live with such an affront and in 74 A.D. under the leadership of Flavius Silva, they decided to besiege Masada inside which 960 Jews, mostly elderly men and women, were barricaded. The Zealot resistance lasted seven months and ended with mass suicide to avoid falling into the hands of the oppressors (for more detailed information about the Masada site reference can be made to the October-December 2008 issue of SITI). Further south are the Towns of the Negev desert, that rise along the epical Incense Route (2005). The Way of Incense is an ancient merchants’ route that started in Yemen, and it would then cross Arabia and Jordan and end in Israel in the port of Gaza where the commodities would be loaded onto ships headed for Europe. This was a 2,400 km long caravan route with 56 resting places for men and animals. This road in Israel is 150 km long and it crosses the Negev desert, touching the ancient Nabate cities of Haluza, Avdat, Shivta and Mamshit. Of course Israel’s historic, architectural and environmental places of interest are not restricted to the sites listed as Heritage of Mankind but are many more and just making a list of them would greatly diminish their meaning and value.
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La città di Mostar costruita tra est, ovest, nord e sud, nel punto in cui le sponde del fiume Neretva sono più vicine tra loro di Ljubo Beslic Sindaco di Mostar
immagini Janos Korom
Ha partecipato attivamente alla guerra del proprio paese. Alla NATO a Bruxelles nel 1996, si specializza nel campo dell’applicazione della riduzione delle armi. In seguito, diventa membro del gruppo di lavoro per l’organizzazione del Ministero federale della difesa della Bosnia-Erzegovina. Dopo l’organizzazione del Ministero, continua a lavorare per il Ministero stesso a Sarajevo, come Capo del Dipartimento Tecnico del Settore per la logistica. Sindaco di Mostar dal 2004, è stato anche Presidente dell’Associazione delle città e dei comuni della Federazione di Bosnia ed Erzegovina dal marzo 2007 fino all’aprile 2009.
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Un crocevia di popoli, una storia segnata dal suo storico ponte
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a città di Mostar situata nella parte sud della Bosnia Erzegovina, in una vallata fertile circondata dai fiumi Neretva e Radobolja, è stata per secoli il centro economico e culturale dell’Erzegovina. Per la sua posizione favorevole e il clima mite, quest’area è
stata abitata fin dai tempi più antichi. Lo testimoniano molti resti di materiale culturale risalenti alla prima età della pietra.
Troviamo testimonianza dei tempi di Iulia Narona e Teodo-
rico e di altri governanti della regione in molti reperti archeologici di insediamenti, fortificazioni e necropoli. Ma soltanto con la comparsa del nobiluomo Herzog Stjepan Kosača, dal cui titolo ducale Herzog l’Erzegovina deriva il suo nome, fu costruito un ponte tra le due sponde scoscese della Neretva, nel punto in cui sono più vicine.
L’insediamento sul fiume Neretva, con le sue fortificazio-
ni, è stato citato per la prima volta nei documenti di Dubrovnik risalenti al 1440, i quali indicano che era stato fondato da Radingost Butković membro della corte di Herzog Stjepan Kosača. Costruendo un ponte sospeso sul fiume Neretva, Kosača collegò
la parte est con la parte ovest del suo possedimento. Due castelli uniti dal ponte divennero un’unica fortificazione. Il ponte ha dato in seguito il nome a tutto l’insediamento che si andava sviluppando in quel luogo.
Il nome Mostar, che significa custodi del ponte, è stato ci-
tato per la prima volta nei documenti del 1474 provenienti dalla Repubblica di Dubrovnik. Secondo fonti storiche, il primo ponte era costruito in legno e aveva una struttura a mensola ancorata alle fondamenta del ponte con grosse catene di ferro. Per un lungo periodo la conoscenza di questo ponte fu tramandata dalla tradizione popolare documentata da vari scrittori di viaggio. La
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sua esistenza è stata confermata soltanto dopo una ricerca archeologica e architettonica effettuata durante la ricostruzione del Vecchio Ponte (1999-2004). Una serie di reperti archeologici scoperti allora in quell’area ci hanno dato un’immagine affidabile del ponte e hanno aggiunto le tessere mancanti del mosaico storico della zona. Gli Ottomani conquistarono il ponte e i suoi castelli nel 1486 e subito dopo quest’area cominciò a svilupparsi in un centro commerciale, artigianale e amministrativo dell’Erzegovina. Poco tempo dopo il Sultano Solimano il Magnifico ordinò che il vecchio ponte di legno fosse sostituito da un ponte in pietra. All’architetto Hayruddin, discepolo del sommo architetto ottomano Koca Mimar Sinan, fu commissionata la costruzione di un ponte di pietra a campata unica. Hayruddin impiegò nove anni, dal 1557 al 1566, nella costruzione del ponte, seguendo i disegni del suo maestro. Con la sua opera e la creazione finale superò il suo maestro e il periodo in cui visse.
Ancora oggi i professionisti nel campo dell’architettura rimangono stupiti di fronte alle soluzioni edilizie che
seppe trovare nella costruzione dei ponteggi e nel trasporto delle pietre da una sponda all’altra del fiume. Le soluzioni strutturali per la campata del ponte di 28,60 metri, che poggiava su spalle di pietra poste diagonalmente rispetto all’asse longitudinale del ponte, testimoniano con efficacia l’inventiva della soluzione architettonica. L’arco e le basi del ponte furono costruite con la pietra locale, chiamata tenelija, unita con malta, grappe e staffe metalliche. Hayruddin ha cercato di ridurre il peso del ponte ovunque possibile, mettendone così in luce l’aspetto estetico e l’eleganza. Invece della tecnica abituale consistente nel riempire la parte centrale del ponte con terra e malta, egli introdusse un’unica rete centrale e dei fori all’interno della struttura ovunque era possibile.
Il Vecchio Ponte è un capolavoro architettonico e la sua arcata perfetta è stata paragonata dai poeti a un ar-
cobaleno svettante tra le due sponde del fiume Neretva. In passato, e anche oggi, sono in molti ad aver ammirato il Vecchio Ponte di Mostar, capolavoro architettonico della sua epoca. “Io, povero e miserabile schiavo, attraversai sedici paesi, ma mai vidi un ponte così elevato” scriveva lo scrittore e viaggiatore turco Evliya Ģelebi nel XVII secolo. La tradizione popolare racconta che Mimar Hayruddin non vide mai il suo capolavoro nel suo splendore e nella sua magnificenza. Tornò a Costantinopoli prima che gli ultimi ponteggi e montanti fossero tolti dal ponte.
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Mostar crebbe e si sviluppò, e intorno al ponte e ai castelli cominciò a formarsi un centro di artigianato e com-
mercio, noto come charshi (piazza del mercato, centro della città). I castelli Tara, la Moschea Sinan-Pasha e la Torre dell’Orologio rappresentavano gli angoli di un triangolo al cui centro si era formato in vari strati il charshi di Mostar. In seguito, sulla riva sinistra del fiume si svilupparono il charshi Priječka e il quartiere dei conciatori Tabhana. Tra questi due quartieri furono costruiti dei mulini su molti bracci del fiume Radobolja. Nel XVI secolo il centro della Città Vecchia di Mostar trovò il suo assetto finale con le sue strutture armoniose, collegate direttamente all’area dove si era formato. Durante lo stesso secolo la città di Mostar raggiunse il suo massimo sviluppo economico con più di trenta diversi artigiani. Questo sviluppo economico di Mostar fu accompagnato da una rinascita architettonica.
Nel patrimonio architettonico globale della città di Mostar, i
monumenti del periodo Ottomano hanno un ruolo importante, se non il più importante. Nel caso di Mostar, si è realizzata una sintesi particolarmente riuscita tra l’arte architettonica, come espressione del pensiero umano dell’epoca e del luogo, e la vita quotidiana che si svolgeva nello stesso posto, nella stessa strada, nello stesso negozio per secoli, in stretto connubio con la natura, il fiume e le sue rive, le colline e il cielo sovrastante. Ed è proprio per queste ragioni che il centro della Città Vecchia di Mostar è stato incluso nel 2005 nella lista dell’UNESCO dei Siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Da piccolo villaggio ottomano Mostar si è trasformata in una
vera città europea durante l’amministrazione austro-ungarica del XIX secolo. Il governo dell’imperatore Joseph le diede un notevole impulso economico ed architettonico. Lo sviluppo di un’economia moderna, la costruzione di linee di comunicazione, di edifici pubblici e religiosi vi portarono l’impronta della civiltà, cultura e arte mittel-europee e Mostar divenne luogo prediletto da architetti, urbanisti e artisti viennesi. Fino all’amministrazione austro-ungarica il Vecchio Ponte fu il solo ponte della città: lì intorno si svolgeva tutta la vita cittadina e lo stesso agglomerato urbano era arroccato lungo le rive del fiume Neretva. Durante il governo austro-ungarico furono costruiti tre nuovi ponti sul fiume Neretva, due a nord del Vecchio Ponte e uno a sud. La costruzione dei nuovi ponti significò l’espansione della città e il suo sviluppo nello stile delle città MittelEuropee con strade larghe, piazze e quartieri costruiti secondo piani urbanistici ben definiti. I cambiamenti positivi e lo sviluppo accelerato della città portarono a una crescita costante del numero dei suoi abitanti. Mostar, costruita sul crocevia tra l’est e l’ovest, il nord e il
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sud, divenne dimora dei popoli provenienti dalle alture montane e dalle pianure sassose, luogo prediletto in modo uguale dagli Illiri, dai Romani, dagli Slavi, dagli Ottomani e da altre nazioni europee. Ciascuno di loro lasciò una certa impronta nella storia e nelle pietre.
Durante la guerra del 1992-1996, Mostar patì una distruzione terribile, quale mai era stata vista dalla sua
fondazione. Obbiettivo della distruzione furono oltre agli edifici economici e religiosi, anche monumenti culturali e sacri delle tre nazioni. Anche il simbolo di Mostar, il Vecchio Ponte, andò distrutto.
È soltanto grazie al coraggio e alla pazienza della popolazione di Mostar e all’aiuto immenso della comunità
internazionale, che il Vecchio Ponte e il centro storico della città furono ricostruiti nel 2004. Durante la ricostruzione sono stati fatti grandi sforzi per onorare i principi della costruzione originale. La ricostruzione doveva essere leale nei confronti della “prima opera”, ma anche lasciare spazio ai segni lasciati dalla storia e dalla patina del tempo. Al momento della ricostruzione del Vecchio Ponte, furono effettuate molte esplorazioni archeologiche della zona che dettero luogo a vari ritrovamenti archeologici, testimoni della vita precedente al Vecchio ponte. Questo materiale è stato esposto nel castello di Tara recentemente ricostruito vicino al Vecchio Ponte. L’edificio medioevale, l’importante esposizione archeologica e le attrezzature tecnologiche moderne del Museo del centro della Città Vecchia, creano un’atmosfera coinvolgente sia per la popolazione di Mostar che per i suoi ospiti.
Oggi, tutti i ponti di Mostar distrutti durante la guerra sono stati ricostruiti. La ricostruzione del Vecchio Pon-
te, oltre ad avere un enorme significato per la sua inestimabile importanza culturale e storica, ha rappresentato il simbolo della perseveranza umana nel voler simbolicamente guarire il tessuto dilaniato della coesistenza. Molte città sono unite dai loro fiumi e dai loro ponti, ma poche possono vantare di essere state unite fedelmente al loro ponte nel corso della storia, come Mostar al suo Vecchio Ponte.
Nonostante la guerra, le tre nazioni – i croati, i bosniaci e i serbi, ma anche le popolazioni di altre naziona-
lità – continuano ad abitare in questa città, rendendo Mostar praticamente la sola città multietnica della BosniaErzegovina. L’aspettativa è che Mostar in questo modo possa essere la luce che guidi la Bosnia-Erzegovina sulla via dell’integrazione europea. La varietà di culture e tradizioni, lo spirito indomito proprio di queste parti sarà una forza in più nel cammino che dobbiamo percorrere per realizzare questo obiettivo.
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City of Mostar by Ljubo Beslic City of Mostar, located in the south of Bosnia and Herzegovina in a fertile valley surrounded by the rivers Neretva and Radobolja, has been the economic and cultural centre of Herzegovina for centuries. Owing to its favourable position and mild climate, this area has been inhabited from a very early period. Many remnants of material culture dating back to the Early Stone Age bear witness to this. A number of archaeological evidence of settlements, fortifications and necropolises are a testimony to the times of Iulia Narona and Theodoric and other rulers of this region. But it was only with the appearance of the nobleman Herzog Stjepan Kosača, after whose ducal title Herzog Herzegovina got its name, that the steep Neretva cliffs were bridged over at the point where its river banks are the closest – where Radobolja meets the river Neretva. The settlement on Neretva with its fortifications was first mentioned in the documents from Dubrovnik dating back to 1440, as being founded by Radingost Butković, member of the Herzog Stjepan Kosača court. By building a suspension bridge over the river Neretva, Kosača connected the east and west portion of its estate. Two castles together with the bridge became a single fortified unit. The bridge will later give the name to the entire settlement growing around it. The name Mostar, meaning bridge keeper, was first mentioned in documented accounts from the Republic of Dubrovnik from 1474. According to historical sources, this first bridge was made of timber and had a console structure anchored to the bridge foundations with thick iron chains hanging from it. For a very long time the only knowledge of this bridge came from folk tradition documented by various travel writers. Its existence was confirmed only after archaeological and architectural research conducted during the reconstruction of the Old Bridge (1999-2004). A number of archaeological evidence discovered at the time in the area gave us a trustworthy image of the bridge and added the missing pieces from the historical mosaic of this area. The Ottomans conquered the bridge with its castles in 1486 and soon after the area started developing into a trade and crafts and administrative centre of Herzegovina. Shortly after Sultan Suleiman the Magnificent ordered the old timber bridge to be replaced by a stone one. Architect Hayruddin, the disciple of the chief Ottoman architect Koca Mimar Sinan, was commissioned to build a single-arch stone bridge. Hayruddin built the bridge for 9 years, from 1557 to 1566, following the drawings of his teacher. With its work and the final creation he surpassed both his time and his teacher. Even today the professionals in the architectural field stand amazed before some of his building solutions such as the manner of constructing the scaffolding and transportation of stones from one river bank to another. Structural solutions for the bridge spanning some 28.60 m and resting on stone abutments placed diagonally against the longitudinal axis of the bridge only emphasize the inventiveness of the architectural solution. The arch and the bases of the bridge were constructed from the local so called tenelija stone connected with mortar and metal cramps and dowels. Hayruddin tried to reduce the weight of the bridge wherever possible, thereby highlighting it’s the aesthetic appearance and the elegance. Instead of the usual technique of filling the core of the bridge with earth or grouting, he introduced a single central web and holes inside the structure wherever it was possible. The Old Bridge is an architectural masterpiece and its perfect arch has been compared by poets to a rainbow connecting two sides of the river Neretva. In the past, as well as today, many have admired the Mostar Old Bridge, construction masterpiece of its time. “I, a poor and miserable slave, have passed through 16 countries, but I have never seen such a high bridge.”- Turkish traveler writer Evliya Çelebi, 17th century. Folk tradition says that Mimar Hayruddin never saw his masterpiece in its full glory. He went back to Constantinople before the last of the scaffolding and stanchions were removed from the bridge. And Mostar grew and developed, and around the bridge and the castles a crafts and trades centre, known as charshi (market-place, town centre), began forming. The castles Tara, the Sinan-Pasha Mosque and the Clock Tower make up the corners of a triangle within which the centre of the Mostar charshi was formed in several layers. Later on, on the right river bank Priječka charshi and Tabhana- tanner quarter was developed. Between these two quarters, on many Radobolja armlets, mills were erected. In the 16th century the Old Town centre of Mostar got its final form and harmonious structures directly connected to the area where it grew. During the same century, the City of Mostar culminated economically having more than thirty different tradesmen. Alongside with the economic development, Mostar went through an architectural revival. In the overall architectural heritage of the City of Mostar, the monuments from the Ottoman period play an important, if not the most important, role. In case of Mostar,
an extremely successful synthesis has been achieved between the architectural art, as an expression of the human thought of the time and space, and the continuing life taking place in the same area, the same street, the same store for centuries together with nature, the river, its banks, hills and sky above. It is precisely for these reasons that the Old Town centre of Mostar has been included on the UNESCO’s list of World Heritage Sites in 2005. From a small Ottoman town, Mostar transformed itself into a real European city during the Austro-Hungarian administration in the 19th century. The rule of Emperor Joseph meant an economic and architectural rise of Mostar. The development of modern economy, construction of communication lines, public and sacral buildings bring with them a stamp of the Middle-European civilization, culture and art into Mostar which became an attractive location for Vienna architects, town-planners and artists. Until the Austro-Hungarian administration over Mostar, the Old Bridge was the only bridge in the city and the entire life of the town mostly revolved around it, while the town itself was cramped along the river Neretva banks. During the Austro-Hungarian rule, 3 new bridges were built over the river Neretva, 2 north of the Old Bridge, and 1 south of it. The construction of new bridges meant the expansion of the city and its further growth in the style of Middle European cities with wide streets and squares and planned city quarters. Positive changes and the accelerated development of the city resulted in a constant growth in the number of its inhabitants. Mostar, erected at the crossroads between the east and the west, the north and the south, at the place where the river Neretva banks approached each other the most, became the home to people from the mountain heights and stony plains, attractive equally to the Illyrians, the Romans, the Slaves, the Ottomans and other European nations. Each and every one of them left some king of a stamp in the history and the stones of Mostar. During the 1992-1996 war, Mostar suffered terrible destruction the likes of which had not been seen since its very foundation. In addition to economic and residential buildings, cultural and sacral monuments of all three nations were especially targeted. The symbol of Mostar, the Old Bridge, was also destroyed. It is only thanks to the courage and patience of the people of Mostar, and with immeasurable help of the international community, that the Old Bridge and the historical centre of the city were reconstructed in 2004. During the reconstruction, great efforts were made to honour the original construction principles. The reconstruction needed to be loyal to the principles of the original building, but also leave place for different historical markings and patina created only by the passing time. Along with the reconstruction of the Old Bridge, many archaeological explorations of the area were conducted resulting in many valuable archaeological finds testifying to the life before the Old Bridge. These artefacts have been exhibited in the newly reconstructed castle Tara, next to the Old Bridge. The coupling of this Middle Age building, valuable archaeological exhibits and the modern technological equipment in the Museum in the Old Town centre, create an atmosphere interesting both to the people of Mostar and to their guests. Today, all of the bridges in Mostar, destroyed during the war, have been reconstructed. But it was the reconstruction of the Old Bridge, which, in addition to its priceless cultural and historical importance, was the sign of the human persistence to symbolically heal the torn fibres of the coexistence in Mostar. Many cities are connected by their rivers and bridges, but very few of them can boast of the fact that they have been as faithfully connected to their bridge throughout the history as Mostar is to its Old Bridge, whose very name is derived from it. Despite of the war, the three nations, the Croats, the Bosniaks and the Serbs, but also people of other nationalities, continue to dwell in this city, making Mostar practically the only multiethnic city in B&H. It is to be expected that such Mostar will serve as a guiding light to B&H on its road to European integrations. The variety of cultures and traditions, the unbreakable spirit roaming around these parts will only serve as an additional force on the road before us leading us the realization of that goal.
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Quale futuro per la Convenzione sul Patrimonio Mondiale? USA Mesa Verde Foto: Adam Baker
di Adele Cesi
Architetto, specializzata in Restauro dei Monumenti all’Università di Roma “La Sapienza”, dove attualmente tiene un corso di approfondimento. Dal 2005 si occupa di Patrimonio Mondiale, all’Ufficio Patrimonio Mondiale UNESCO del MiBAC, Segretariato Generale, Servizio I, dove ha seguito e segue, in qualità di Responsabile, diverse candidature. Ha partecipato, in qualità di esperto nazionale, a diversi incontri organizzati in ambito UNESCO sui temi del Patrimonio Mondiale, tra i quali gli incontri sul Futuro della Convenzione.
Premessa
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a Convenzione sul Patrimonio Mondiale sta per festeggiare il 40° compleanno, che cadrà nel 20121. Allo stesso tempo, si sta avvicinando la millesima iscrizione. In prossimità di questi due avvenimenti ci si interroga su quale sarà il futuro della Convenzione e quali strade intraprendere.
Convenzione di successo sulla quale riflettere
Unanimemente riconosciuta come una Convenzione di successo, grazie agli
890 siti iscritti ed ai 186 Stati firmatari, questa Convenzione sta esplorando i propri limiti. Infatti il numero di siti presenti nella Lista del Patrimonio Mondiale continua ad aumentare, seppure con le regole restrittive imposte dall’UNESCO negli ultimi anni2. A fronte di ciò, e della forte risonanza che hanno le iscrizioni, l’interesse verso il Patrimonio dell’Umanità cresce di anno in anno. Il fenomeno è testimoniato dall’aumento delle richieste di iscrizione che pervengono agli organismi nazionali di riferimento, incaricati di dare attuazione alla Convenzione3.
Ma quanto ancora potrà crescere la Lista del Patrimonio Mondiale? In che
modo e verso quali direzioni? Si sta ipotizzando una ulteriore limitazione e se sì, con quali criteri?
POLONIA Cracovia Centro storico
Per cominciare a riflettere su questi temi sono stati organizzati in ambito
UNESCO, alcuni incontri, sollecitati dal Comitato del Patrimonio Mondiale, nel 20084. Un primo incontro tecnico si è svolto a Parigi nel mese di febbraio 2009, presso la sede dell’UNESCO5, a cui hanno partecipato gli esperti nazionali, gli organismi consultivi ICOMOS e IUCN, altre organizzazioni non governative coinvolte nel processo di attuazione della Convenzione. Obiettivo dell’incontro: identificare nuove strategie globali per affrontare le sfide attuali poste dall’elevato numero di siti, e cogliere al meglio le opportunità offerte dalla Convenzione. Gli esiti di questo workshop sono stati portati prima al Comitato del Patrimonio Mondiale del 20096, durante il quale c’è stata l’occasione per un ulteriore approfondimento, poi all’Assemblea Generale degli Stati parte della Convenzione, nel 20097. Per riassumere gli esiti di queste riflessioni è necessario fare un piccolo passo indietro.
Le analisi degli esperti e la Strategia Globale
Nel 1994 è stata lanciata la Strategia Globale per una Lista bilanciata, rappre-
sentativa e credibile. Ma di cosa si tratta? Il Patrimonio Mondiale possiamo immaginarlo come una mappa, dove è rappresentata la Storia dell’Umanità, lungo i diversi periodi storici che l’hanno caratterizzata, e nelle differenti aree geografiche. Per quanto riguarda il patrimonio culturale, questa mappa è stata analizzata una prima volta dall’ICOMOS tra il 1987 ed il 1993. In sostanza, venne alla luce che alcune categorie di beni, alcuni periodi della storia dell’umanità, ed alcune culture, caratteristiche di specifiche aree geografiche, erano presenti sulla Lista in modo massiccio; mentre altre categorie, meno collegate alla tradizione culturale occidentale, ed, in parallelo, altre aree geografiche, lo erano assai meno. D’altronde, la Convenzione era nata nello spirito di individuare il Patrimonio dell’Umanità e garantirne la conservazione per le generazioni future e questo patrimonio si è fatto coincidere, per molto tempo, unicamente con le espressioni più elevate dell’arte e dell’architettura, “capolavori” del genio crea-
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tivo dell’uomo, spesso minacciati da operazioni distruttive (il Tempio di Abu Simbel, in Egitto, ne è diventato il simbolo8).
Un secondo e più approfondito studio sui siti culturali (che rappresentano oggi numericamente il 77,4% dei siti iscritti)
è stato condotto, sempre dall’ICOMOS, nel 20049. La Lista del Patrimonio Mondiale è stata analizzata nell’ottica di tre diversi inquadramenti: l’inquadramento tipologico, basato sull’analisi delle tipologie di beni presenti nella Lista, l’inquadramento cronologico-geografico, l’inquadramento tematico. Se la prima categoria può risultare chiara, la seconda e la terza hanno bisogno di una spiegazione. L’inquadramento cronologico-geografico si basa sull’analisi dei periodi storici rappresentati dai siti, in funzione delle diverse macro-aree geografiche (un centro storico medioevale italiano racconterà parte della storia del Medioevo dell’Europa del sud, e così via), mentre l’approccio tematico introduce concetti nuovi come “l’espressione della creatività”, o “i movimenti dei popoli”. Insomma, attraverso questi studi si è cercato di esplorare, sotto vari punti di vista, il Patrimonio Mondiale, e metterne in evidenza le criticità, rappresentate dalle aree della mappa ancora non coperte. In questo modo sono state elaborate, all’interno della Strategia Globale, delle linee di priorità, e gli Stati Parte sono stati invitati ad attivare le nuove richieste di candidatura in coerenza con gli indirizzi in essa definiti. Nella sostanza, per quanto riguarda l’Europa del sud (che coincide con la nostra regione geografica), secondo gli indirizzi della Strategia Globale, sarà sempre più difficile iscrivere nuovi siti, in quanto sia dal punto di vista tipologico che da quello cronologico-geografico il nostro patrimonio culturale risulta sopra rappresentato nella Lista. Ancora qualche spiraglio si può aprire se si fa riferimento all’approccio tematico.
Credibilità della Lista
Tornando agli esiti degli incontri sul Futuro della Convenzione per prima cosa si è cercato di fare un bilancio complessivo,
che tenesse in considerazione opportunità e limiti di una Lista del Patrimonio Mondiale così ampia, con l’obiettivo primario di verificare se è ancora possibile, a fronte dell’elevato numero di siti, mantenere la necessaria Credibilità. Il concetto di Credibilità della Lista è strettamente collegato a quello di Rappresentatività, ma anche alla Conservazione dei Valori. Per quanto riguarda la Rappresentatività, è necessario ribadire come la Lista del Patrimonio Mondiale sia una lista rappresentativa di valori e di culture, cui i beni materiali del patrimonio culturale danno forma e sostanza. Una Lista del Patrimonio Mondiale rappresentativa e credibile deve tener conto della ricchezza culturale e della diversità naturalistica. La Lista attuale è una lista credibile? La verifica dello stato di attuazione della Strategia Globale, strategia che perseguiva l’obiettivo della credibilità, ha confermato la tendenza di molti Stati a mantenere invariato il metodo di selezione delle nuove proposte di candidature, che continua a privilegiare beni appartenenti a tipologie già molto rappresentate, e solo ultimamente si sta manifestando qualche cenno di cambiamento, a vantaggio di candidature più articolate. Infatti, uno degli esiti della Strategia Globale era stato l’introduzione
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di nuove categorie di beni, che potessero rispondere meglio alle esigenze di rappresentazione di tutti i valori del Patrimonio Mondiale, anche nell’ottica di una riduzione del numero di candidature tipologicamente simili. Ed ecco perché sempre più spesso vengono presentate candidature seriali, seriali transnazionali, paesaggi culturali, itinerari culturali, e così via. In questa ottica, gli Stati Parte sono anche stati sollecitati a rivedere le loro Liste propositive10 in funzione dei nuovi indirizzi emersi11.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello della Conservazione dei Valori, va ricordato come un sito per essere iscritto
nella Lista del Patrimonio Mondiale debba dimostrare di possedere, oltre all’Eccezionale Valore Mondiale, un livello di tutela e conservazione adeguato, e un sistema di gestione formalmente costituito e strutturato. Il mondo è in costante e rapida trasformazione, con la conseguenza che sempre più frequentemente i siti UNESCO vengono minacciati da rischi di varia natura. Ed allora, ecco che il numero elevato di siti iscritti si porta dietro una serie di conseguenze importanti, tra le quali l’incremento dell’impegno di risorse umane ed economiche richiesto agli organismi di supporto del Comitato del Patrimonio Mondiale, per rispondere ai problemi connessi con la conservazione dei siti stessi. Infatti, sono aumentate le segnalazioni sullo stato di conservazione dei siti iscritti, e di conseguenza, le attività di monitoraggio reattivo che impegnano gli organismi consultivi ICOMOS e IUCN, in modo sempre più significativo. Per far fronte a questo aspetto rilevante, gli Stati Parte sono sollecitati ad attivare politiche di salvaguardia e di protezione più efficaci e stringenti, che tengano conto delle nuove riflessioni sui temi dell’integrità del sito, oggi interpretata nelle diverse accezioni di integrità strutturale, integrità sociale (laddove applicabile), integrità visiva. In conclusione, è emerso che, in un immediato futuro, al tema della conservazione dei siti del Patrimonio Mondiale sarà attribuita sempre maggiore rilevanza.
Infine uno spazio di riflessione ha occupato anche la questione del “marchio” UNESCO, che, come tutti i marchi rischia
di perdere di valore in conseguenza di una eccessiva inflazione.
Conclusione
La sfida sul Futuro della Convenzione è una sfida difficile, che dovrà conciliare il rigore della selezione dei siti, con la neces-
sità di pensare al Patrimonio Mondiale in modo più completo ed estensivo, per disporre, infine, di una mappa cromosomica del Patrimonio dell’Umanità, la più completa possibile. Ma la mappa dovrà essere gelosamente custodita per essere trasmessa alle generazioni future. Perciò gli Sati sono chiamati a dimostrare, con i fatti, come la conservazione del Patrimonio Mondiale rappresenti un obiettivo primario, al pari dell’iscrizione.
A questo punto, per riportare questa riflessione in ambito nazionale, bisogna impegnarsi affinché l’Italia sia pronta a
festeggiare questo compleanno con l’entusiasmo che merita, e prepararsi per tempo a fronteggiare le sfide che pone. 1. Convenzione sulla protezione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale, firmata a Parigi il 23/11/72, è stata ratificata in Italia il 6 aprile del 1977, con la legge n. 184. 2. Il numero massimo di iscrizioni per anno è pari a 45. Ciascuno Stato attualmente può presentare due candidature, delle quali preferibilmente una di tipo naturale. 3. Si fa riferimento, in particolare, all’Ufficio Patrimonio Mondiale UNESCO, Segretariato Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che cura l’attuazione della Convenzione, per i siti culturali. 4. 32° Comitato del Patrimonio Mondiale. Quebec City, Canada, 2 – 10 luglio 2008. 5. Workshop sul Futuro della Convenzione sul Patrimonio Mondiale. Parigi 25 – 27 febbraio 2009. 6. 33° Comitato del Patrimonio Mondiale. Siviglia, Spagna, 22 – 30 giugno 2009. 7. 17° Assemblea Generale degli Stati Parte della Convenzione sulla protezione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale. Punto 9 dell’Agenda dei lavori: il Futuro della Convenzione sul Patrimonio Mondiale. Parigi 27-28 ottobre 2009. 8. Nel 1959, dopo un appello del governo egiziano e del Sudan, l’UNESCO lanciò una campagna per la conservazione dei Templi di Abu Simbel, minacciati dalla costruzione di una diga. Da quell’evento nacque l’idea di una responsabilità condivisa delle nazioni per la conservazione del Patrimonio Mondiale e iniziò il lavoro per la predisposizione della nuova Convenzione Internazionale. 9. The World Heritage List: Filling the Gaps – an Action Plan for the Future. An Analysis by ICOMOS. February 2004. 10. La Lista propositiva (Tentative List) è la lista ufficiale delle proposte di candidatura che gli Stati inviano al Comitato del Patrimonio Mondiale, e che dovrebbe essere riesaminata ogni 10 anni. 11. Operational Guidelines for the Implemenetation of the World Heritage Convention, parr. 70-76, WHC.08/01, January 2008.
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What future for the World Heritage Convention? by Adele Cesi Introduction In 2012 the World Heritage Convention will be celebrating its 40th anniversary. At the same we are approaching our one thousandth inscription. As these two events draw closer we are wondering what the future of the Convention may be and what direction it may take. A successful Convention that needs further thought Unanimously acknowledged as a successful Convention thanks to the 890 sites inscribed and the 186 signatories, this Convention is still exploring its potential. Indeed the number of sites on the World Heritage List has continued to increase in spite of the restrictive rules set by UNESCO in recent years. In spite of this, given the renown of the inscriptions, people’s interest in Mankind’s Heritage has been growing every year. Given this fact and the strong resonance that inscriptions have, interest in Mankind’s Heritage list grows more and more every year. And indeed there is a constant increase in the number of nominations submitted to the national bodies of reference who have the task of implementing the Convention. But how much more scope for growth does the World Heritage List have? How and in what directions can it grow? Will there be any further limitations, and if yes, what criteria will be used? In order to start thinking about these issues, in 2008 some meetings were convened by UNESCO at the request of the World Heritage Committee. A first technical meeting was held in Paris in February 2009 at the UNESCO headquarters and was attended by national experts, the ICOMOS and the IUCN (special advisors of UNESCO) and other non governmental organizations involved in the implementation of the Convention. The goal of the meeting was to identify new global strategies in order to face the current challenges posed by the high number of sites and make the most of the opportunities offered by the Convention. The results of this workshop were reported to the World heritage Committee first in, 2009, during which the issues were further discussed, and then to the General Assembly of States Parties to the Convention, in 2009. In order to summarize the results of these discussions we need to take a step backwards. Analyses of the Experts and the Global Strategy In 1994 the ‘Global Strategy for a representative, balanced and credible List’ was launched. Now what was this about? We could imagine the World Heritage as a map where the history of Mankind is represented, throughout the various historic periods that characterized it and in the different geographic areas. As regards cultural heritage, this map was analysed a first time by ICOMOS between 1987 and 1993. In a nutshell what emerged was that some categories of items, some periods of mankind’s history and some cultures typical of given geographic areas, were over-represented on the List, whereas others, with less links with the Western cultural tradition and other geographic areas were under-represented. On the other hand the Convention had been created with the spirit of identifying the Heritage of Mankind and guarantee its conservation for the future generations and this heritage was made to coincide, for a long time, only with the highest expressions of art and architecture, only with the “masterpieces” of the creative genius of mankind, often threatened by destructive interventions (the Temple of Abu Simbel, in Egypt, has become a symbol of this). A second and more thorough study of cultural sites (which numerically account for 77.4% of inscribed sites) was carried out by ICOMOS in 2004. It analysed the sites inscribed on the World Heritage List on a regional, chronological, geographic and thematic basis. The chronological-geographic analysis was based on an analysis of the historic periods represented by the sites in dependence of the various geographic macro-areas (an Italian Medieval historic centre will tell a part of the history of the Middle Ages of southern Europe for instance, and so on), whereas the thematic approach introduced new concepts such as “expression of creativity”, or “the movements of peoples”. Ultimately these studies were an attempt to explore the World Heritage from various viewpoints and highlight the critical aspects which would show up as areas on the map that had not been covered yet. Consequently, within the Global Strategy some priority lines were developed and the States Parties were invited to comply with the guidelines defined by the Strategy in drawing up their Tentative Lists. In practice, as regards the south of Europe (which coincides with our geographic region), according to the guidelines of the Global Strategy, it will become increasingly difficult to inscribe new sites because from the typological and from the chronological-geographic points of view our heritage is over-represented on the List.
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There may be some slight possibilities of nominating new sites from the thematic standpoint. Credibility of the List Coming back to the results of the meetings on the ‘Future of the Convention’, first of all an overall evaluation was made taking into account the advantages and disadvantages of having such a large World Heritage List, with the primary goal of seeing whether the List still has Credibility considering the large number of sites. The concept of Credibility of the List is strictly connected to the concept of Representativeness, but also to the concept of Conservation of Values. As regards Representativeness, it must be pointed out that the World Heritage List must be a list that is representative of the values and cultures which are embodied in the cultural heritage. A World Heritage List that is representative and credible should take into account cultural richness and naturalistic diversity. Is the current List credible? A review of the state of implementation of the ‘Global Strategy’, which pursued the goal of credibility, showed that the method used by most States to select new proposals for nomination had remained unvaried and that they had gone on preferring assets of a certain type of which there were already many instances. Only recently has there been some change. Indeed, one of the results of the ‘Global Strategy’ was the introduction of new categories of properties so that all the values of the World’s Heritage could be represented, and with a view to reducing the number of nominations of the same type, also from the standpoint of reducing the number of nominations that were of the same type. And this is why there is a rise in the number of serial nominations, transnational serials, cultural landscapes, cultural itineraries, and so on. From this standpoint the States Parties have been prompted to re-examine their Tentative List taking into account the new approach. As regards the second aspect, the ‘Conservation of Values’, it must be pointed out that in order to have a site inscribed in the World Heritage List, it must prove it has not only an ‘Exceptional Value for the World’, but also an adequate level of protection and conservation, as well as a formally constituted and structured management system. The world is constantly and rapidly changing with the consequence that the UNESCO sites are increasingly being threatened by risks of all kinds. And so the high number of sites on the List carries with it some major consequences among which the increase in human and economic resources that the bodies supporting the World Heritage Committee are asked to provide in order to meet the conservation needs of the sites. Indeed, there has been an increase in reports complaining about the state of conservation of listed sites and consequently reactive monitoring has had to be stepped up which means that advisory bodies such as ICOMOS and IUCN are called on to do more work. In order to face this very important aspect, the States Parties are invited to develop more effective and more stringent protection and conservation policies taking into account the new connotations of site integrity which now include ‘structural integrity, social integrity’ (where applicable) and ‘visual integrity’. In conclusion what has emerged for the future is that importance will increasingly be attached to the conservation of the World Heritage Sites. And finally there was also some discussion on the issue of the UNESCO “brand” which like all brands runs the risk of losing value if attributed excessively. Conclusion The ‘Future of the Convention’ is full of difficult challenges. It will have to reconcile rigour in selecting the sites with the need to think of World Heritage in a more thorough and extensive manner so as to have a chromosomal map of Mankind’s Heritage that is as comprehensive as possible. For this reason States will have to provide evidence, through facts, of how the conservation of the World’s Heritage is a primary goal for them, on a par with inscription. As far as we are concerned, we need to take action to make sure that Italy is ready to celebrate this anniversary with the enthusiasm that the event deserves while at the same time preparing to live up to the challenges that it poses.
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Obiettivo sul Patrimonio: quando Una mostra itinerante curata dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione sui 44 siti UNESCO italiani di Laura Moro
Laureata in architettura e dottore di ricerca in conservazione dei beni architettonici, dal 2000 è nei ruoli del Ministero per i Beni e le Attività Culturali dove ha rivestito l’incarico di coordinatore della segreteria tecnica della Direzione Generale per i Beni Architettonici e Paesaggistici. Dal 2009 è Direttore dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione.
L’
orgoglio italiano di possedere un patrimonio culturale e ambientale unico al mondo trova sicuro riscontro, più che nelle percentuali comparative continuamente citate, nel dato indiscutibile che il numero di siti nazionali riconosciuti dall’UNE-
SCO “Patrimonio Culturale dell’Umanità” (in numero di quarantaquattro) è il più alto rispetto ad ogni altro paese. È anche un patrimonio eccezionalmente variegato: dai siti strettamente ambientali, naturalistici e vulcanici, o che documentano antiche forme di utilizzo del territorio, si passa a siti preistorici, archeologici di varie civiltà, tardo antichi, medievali, rinascimentali e poi barocchi, fino ad insediamenti industriali primo/ novecenteschi.
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fotografare è anche tutelare
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La mostra “Obiettivo sul Patrimonio. Centocinquanta anni di immagini dei Siti UNESCO
italiani” (che si è tenuta presso Palazzo Trinci a Foligno dall’11 aprile all’8 maggio e che toccherà altre sedi durante l’anno in corso) vuole dar conto di come i materiali fotografici storici di proprietà dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, distribuiti nei diversi archivi (Aerofototeca, Fototeca e Museo-Archivio di fotografia storica) e realizzati in epoche diverse, incrociandosi con le immagini realizzate ultimamente dal Laboratorio fotografico, possano da un lato documentare al meglio i nostri quarantaquattro siti riconosciuti dall’UNESCO, e nello stesso tempo mettere in evidenza l’importanza delle procedure di documentazione fotografica e di come queste si siano modificate nel tempo.
Grandi artisti si sono continuamente espressi nella fotografia del nostro patrimonio
culturale: ma qui siamo di fronte a qualcosa di diverso, a foto di documentazione che interpretano e raccontano senza alcuna prevaricazione o velleità artistica. Un lavoro corale di professionisti coscienziosi, sempre però attenti a non scadere nel banale, nella solita e vecchia cartolina. Occorre anche sottolineare che fotografare un paesaggio o un centro storico, documentandolo come bene culturale, richiede una maggiore capacità interpretativa rispetto ad un dipinto o a una scultura, dove prevale l’esperienza strettamente tecnica di predisposizione delle luci, prevenzione dei riflessi, sistemazione precisa dei tempi di scatto in relazione alla sensibilità della pellicola e scelta dell’inquadratura.
L’Italia che emerge da questa mostra (e dal catalogo che la correda) è un’Italia
meravigliosa. Obiettivamente meravigliosa. Sappiamo che non è sempre così, sappiamo che il territorio italiano è stato negli ultimi decenni aggredito, cannibalizzato, piegato a prodotto di risulta di processi di trasformazione che non hanno altra ragione che il consumo. Ma siamo anche consapevoli che i quarantaquattro siti dichiarati dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità sono solo la punta dell’iceberg del nostro patrimonio culturale che va ben oltre i confini della Lista. Basta scorrere mentalmente i temi delle cinque sezioni in cui è articolata la mostra – Ambiente e paesaggio; Insediamenti e città; Quindici secoli di storia dell’architettura e dell’arte; Dalla preistoria all’archeologia cristiana; Ambiente e tecnologia – per farci venire in mente decine e decine di siti di eccezionale valore diffusi in tutta Italia.
Dimenticando per un attimo sia il turismo di massa che questi luoghi attira, come
pure l’elitaria fruizione dell’esteta, nelle immagini in mostra, nelle foto precise, nette, poco emotive, ma al tempo stesso intensamente partecipi dei fotografi “ministeriali”, questi quarantaquattro siti emergono come testimoni di un valore di civiltà. Quella civiltà che fonda i propri valori nella cultura, come ci ricorda l’articolo 9 della Costituzione e che è condizione della pace tra i popoli come sostiene fortemente l’UNESCO nel suo Atto costitutivo. In questo, quindi, il senso di una mostra sulla documentazione dei siti italiani iscritti nella Lista, non tanto per mostrare ancora una volta la loro indubbia bellezza, quanto piuttosto per riaffermare il valore etico della tutela verso questo patrimonio e la necessità dell’impegno costante per la sua conservazione.
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1. Venezia e la sua Laguna, Burano, Fondamenta Terranova (inv. DGT 12642)
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2. Area archeologica di Agrigento, Tempio della Concordia, fronte orientale (Fondo GFN, 1912 ca., da negativo, gelatina ai sali d’argento/vetro, 300x240, inv. C 4170)
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Il richiamo alla civiltà porta un’altra considerazione, come cioè in questi siti prevalga
sempre il carattere paesaggistico, inteso qui non tanto nel senso ambientale-naturalistico, che pure in alcuni casi è presente, quanto invece nella sua dimensione storico-estetica. A tale riguardo, brillante è la definizione data di recente da Paolo D’Angelo che descrive il paesaggio come “identità estetica dei luoghi”. Una dimensione oggettiva, quindi, rappresentata dai luoghi, dai siti, dai contesti e una dimensione soggettiva data dall’identità estetica che ciascuno di noi riconosce in quei siti. Ancora più esplicito è stato nel passato Rosario Assunto: “Il paesaggio è natura nella quale la civiltà rispecchia se stessa, riconoscendo se stessa, immedesimandosi nelle sue forme; le quali, una volta che la civiltà, una civiltà con tutta la sua storicità, si è in esse riconosciuta, si configurano ai nostri occhi come forme, a un tempo, della natura e della civiltà”.
In queste immagini, in questi paesaggi di storia, ci sembra si possa riconoscere oggi
uno dei fondamenti della nostra civiltà; in un duplice scambio di identità, l’identità dei luoghi e dei soggetti, passato e contemporaneità si fondono in un’unica linea che non è retta ma oscilla come un sismogramma della memoria. Nell’accostamento di foto storiche e foto contemporanee si annulla la dimensione diacronica del tempo per poter godere di un eterno presente, di un tutto storico che ci fa dimenticare per un attimo della fatica che comporta prendersi cura di questi luoghi, far sì che siano vivi ma al tempo stesso immuni dalla fisiologica decadenza, protetti ma ugualmente a disposizione di tutti.
La foto di documentazione va oltre lo spirito romantico del viaggiatore; è piuttosto
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L’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, all’interno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, definisce gli standard e gli strumenti per la Catalogazione e la Documentazione del patrimonio archeologico, architettonico, storico artistico e etnoantropologico nazionale, in accordo con le Regioni; gestisce il Sistema Informativo Generale del Catalogo e svolge formazione e ricerca nel settore della catalogazione. In ambito fotografico rappresenta l’erede del Gabinetto Fotografico Nazionale (G.F.N.) fondato nel 1892 come istituzione dedicata alla riproduzione fotografica di opere d’arte. Il patrimonio fotografico dell’Istituto – oltre un milione le immagini conservate negli archivi aperti alla pubblica consultazione – si compone oggi di fondi dell’Aerofototeca Nazionale, della Fototeca Nazionale e del Museo Archivio di Fotografia Storica (M.A.FO.S.). Questo corpus nella sua complessità qualitativa e numerica rappresenta un insieme di grande valore storico-artistico e documentario. L’attività del Laboratorio fotografico assicura inoltre, attraverso le campagne fotografiche, un incremento significativo del patrimonio dell’Istituto costituito dalla documentazione contemporanea sui beni oggetto di tutela a livello nazionale.
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3. Sacri Monti di Piemonte e Lombardia, Sacro Monte di Orta San Giulio, Cappella XIII, particolare del frate francescano (inv. DGT 841) ▼
4. Tivoli, Villa Adriana, Teatro marittimo, resti dell’edificio sull’isola artificiale, vasca ad anello e porticato ricostruito negli anni Cinquanta, dal porticato lato sud-ovest (fotomosaico, inv. DGT 6797)
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impegno costante, continuativo nell’attività di tutela. Impegno che, per quanto riguarda il Ministero per i beni e le attività culturali, ha ormai centocinquanta anni di storia; dai fotografi del Gabinetto Fotografico Nazionale di fine Ottocento a quelli dell’odierno Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, una prassi che ha visto evolvere le tecniche fotografiche ma non l’obiettivo: documentare, testimoniare, diffondere la conoscenza del nostro patrimonio. Scavando nei particolari, fissando gli eventi, confrontando le parti, archiviando gli sguardi, accumulando immagini sulle quali gli storici dell’arte e gli architetti annotavano dettagli, pensieri, osservazioni.
Allestire questa mostra è stato per noi un viaggio in due dimensioni: un viaggio fisico
attraverso l’Italia, in luoghi molto noti ed in altri non ancora pienamente conosciuti. E un viaggio virtuale all’interno delle collezioni fotografiche che l’Istituto custodisce, anche queste note ma ancora non del tutto svelate. Quello che ne risulta è l’immagine di un territorio i cui caratteri “costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali”. Che poi non è altro che una delle definizioni che il Codice dei beni culturali e del paesaggio dà per tracciare l’ambito della tutela.
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La mostra è corredata dal catalogo edito da Campisano Editore e da un CD multimediale contente oltre seicento immagini provenienti dalle collezioni dell’ICCD. Ministero per i Beni e le Attività Culturali Segretariato Generale Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione Direttore: Laura Moro via di San Michele, 18 - 00153 Roma tel (+39) 06 585521 fax (+39) 06 58332313 E-mail: ic-cd@beniculturali.it www.iccd.beniculturali.it
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Focus on the Heritage: when photographing is also protecting An itinerant exhibition created by the Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione on the 44 Italian UNESCO sites by Laura Moro The pride of Italians at owning a cultural and environmental heritage that is unique in the world is confirmed not so much by the comparative percentages that are constantly quoted as by the indisputable fact that the number of national sites recognized by UNESCO as “Cultural Heritage of Humanity” (forty four) is the highest of all other countries. It is also an extremely varied heritage: from strictly environmental, naturalistic and volcanic sites and ones that document ancient forms of land use, to prehistoric sites, archaeological sites of various civilizations: late ancient, medieval, renaissance and baroque, to early 20th Century industrial settlements. The exhibition entitled “Focus on the Heritage. One hundred and fifty years of images of Italian UNESCO sites” (held at Palazzo Trinci in Foligno from 11 April to 8 May and that will be on tour for the entire year) intends to show how the historical photographic material owned by the Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, kept in various archives (Aerofototeca, Fototeca and Museo-Archivio di fotografia storica) produced in different periods, including images produced lately by the photographic Laboratory, can best document our forty four sites recognized by UNESCO , and also to stress the importance of photographic documentation procedures and show how these have changed in time. Great artists have continuously expressed themselves in photographs of our cultural heritage: but here we have something different, these are documentation photos that interpret and document without any abuse of power or artistic ambition. This collection was produced by a team of conscientious professionals, careful not to make the usual, old, banal postcards. It must also be stressed that it takes a greater interpretation ability to photograph a landscape or a historic centre, documenting it as a cultural asset, than it does to photograph a painting or a sculpture where what prevails is the strictly technical job of arranging the lighting, avoiding reflections, carefully setting shutter times according to film sensitivity and choosing a frame. The Italy that emerges from this exhibition (and from its catalogue) is a wonderful Italy. Definitely wonderful. We know it is not always so, we know that in the last decades, the Italian territory has been attacked, cannibalized and turned into a product resulting from processes governed only by consumer laws. But we also know that the forty four sites declare Heritage of Humanity by UNESCO are just the tip of the iceberg of our cultural heritage that goes well beyond the List. Just go through the themes of the five sections of the exhibition in your minds – Environment and landscape; Settlements and cities; Fifteen centuries of history of art and architecture; From prehistory to Christian archaeology; Environment and technology – and you will come up with dozens and dozens of sites of exceptional value spread throughout Italy. If you forget for a moment the mass tourism that these places attract as well as the aesthete’s elite-type enjoyment, you will see that from these photos that are precise, sharp, not very emotional but certainly very “official” in style, the forty four sites emerge as testimonials of the value of a civilization. A civilization whose values are rooted in culture, as recalled by Article 9 of the Constitution, which is the precondition for peace among peoples as asserted strongly by UNESCO in its Constitutive Act. This therefore is the meaning of an exhibition on the documentation of the Italian sites on the List, not so much to show their unmistakable beauty once again, but rather to reaffirm the ethical value of protecting this heritage and the need for constant commitment to preserve it. The reference to civilization leads to another consideration, and that is that in these sites it is always the landscape element, meant here not in the environment-nature sense that is however present in some, but rather in the historic-aesthetic sense, that prevails. Indeed, Paolo D’Angelo recently offered a brilliant definition, he describes landscape as “the aesthetic identity of a place”. There is therefore an objective dimension that is the places, the sites, the contexts and then there is the subjective dimension that is the aesthetic identity that we all recognize in those sites. In the past, Rosario Assunto was even more explicit: “Landscape is nature in whose forms civilization is reflected, recognized and identified; forms that, having recognized a civilization with all its history, appear to our eyes as those of nature and civilization”. In these images, in these landscapes of history, we think we can recognize now one of the fundaments of our civilization; in a twofold exchange of identity, the identity of the places and the subjects, of the past and the present merge into a single line, but not a straight line, one that oscillates like the seismograph of our memory. This mix of
historical and contemporary photos cancels out the diachronic dimension of time so we may enjoy an eternal present, a historic corpus that makes us forget for a moment the effort it takes to care for these places, make sure they are alive but also immune to physiological decay, protected but also open to all. A documentation photo goes beyond the romantic spirit of the traveller; it is more of a constant commitment to protect these places. A commitment that, as far as the Ministry of Cultural Heritage and Activities is concerned, is one hundred and fifty years old; from the photographers of the Gabinetto Fotografico Nazionale in the late 19th Century to those of today’s Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, this is a practice that has followed the evolution of photographic techniques while the objective has always remained the same: to document, bear witness, spread awareness of our heritage, digging into the details, setting the events, comparing the parts, archiving the shots, accumulating images on which art historians and architects write details, thoughts and comments. The preparation of this exhibition took us on a journey into two dimensions: a physical journey across Italy, to places well-known and to others not so well-known. And a virtual journey through the collections of photographs that the Institute hosts, which are known but have not been revealed entirely. The result is the image of a territory whose details “offer the material and visible representation of a national identity, being the expression of cultural values”. Which is nothing but one of the definitions given by the Code of cultural assets and landscape to define the scope of the protection.
Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione The Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, within the Ministry of Cultural Heritage and Activities, defines the standards and the instruments for cataloguing and documenting the national archaeological, architectural, historic, artistic and ethno-anthropological heritage, with the agreement of the Regions; manages the Sistema Informativo Generale del Catalogo IT system and does training and research in the field of cataloguing. In the field of photography, it is the heir of the Gabinetto Fotografico Nazionale (G.F.N.) founded in 1892 as the institution dedicated to the photographic reproduction of works of art. The photographic heritage of the Institution – over one million images kept in the archives open for public consultation – includes elements kept in the Aerofototeca Nazionale, the Fototeca Nazionale and the Museo Archivio di Fotografia Storica (M.A.FO.S.). This corpus is incredible in quality and quantity and is of great historic, artistic and documentary value. The activity of the photographic Laboratory, with its photo campaigns, increases the heritage of the Institute with contemporary documentation of assets that are protected at national level.
The exhibition is accompanied by a catalogue published by Campisano Editore and a multimedia CD containing over six hundred images taken from the ICCD collections.
Ministry of Cultural Heritage and Activities General Secretariat Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione Director: Laura Moro via di San Michele, 18 - 00153 Roma tel (+39) 06 585521 fax (+39) 06 58332313 E-mail: ic-cd@beniculturali.it www.iccd.beniculturali.it
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Campanile, modello in legno di Giancarlo Geri 1993 Foto: J. Karrenberg
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Pisa AD 1064
la Piazza dei Miracoli, cultura millenaria di GianluCa de FeliCe
segretario dell’opera della Primaziale Pisana.
la mostra sulla faBBrIca monumentale PIsana In trasferta alla PrestIgIosa scHool of arcHItecture dI mIamI
P
isa è famosa in tutto il mondo perché in un’area ristretta, racchiusa dalle mura urbane della città, dal retrostante Ospedale della Misericordia e dal Palazzo Arcivescovile, è presente la Piazza del Duomo, quella che Gabriele D’Annunzio chiamò la Piazza
dei Miracoli “L’Ardea roteò nel cielo di Cristo, sul prato dei Miracoli”. A partire dalle strutture elementari, tipiche dell’architettura religiosa cristiana, i quattro monumenti del complesso (Torre, Cattedrale, Battistero e Camposanto Monumentale1) sono
distaccati ma, allo stesso tempo, racchiusi in un unico spazio comune; una qualità magica pervade l’intero sito, centro della vita religiosa e culturale dell’antica Repubblica Marinara. Questo patrimonio è oggi conservato da un ente no-profit, l’Opera della Primaziale Pisana, che ha antiche origini, nasce contestualmente ai lavori di edificazione della Cattedrale, e ha da sempre sovrinteso alla costruzione e trasmissione alle future generazioni di un complesso monumentale che è certamente di eccezionale rilevanza sotto il profilo storico artistico, ma che rappresenta soprattutto un percorso di fede, che accompagna l’individuo nella sua crescita ai valori cristiani. La volontà di trasferire oltreoceano questo messaggio di fede e di cultura ha preso corpo in seguito ad un invito, pervenuto all’Opera della Primaziale Pisana dal Console Generale d’Italia in Florida, Dott. Marco Rocca, per poter valutare le possibilità
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di realizzare una mostra a Miami. Tale proposito si è poi potuto concretizzare attraverso la collaborazione nata tra l’Opera della Primaziale Pisana e la Facoltà di Architettura dell’Università di Miami, i cui organi collegiali hanno espresso grande entusiasmo per la realizzazione di tale progetto. Sono stati infatti messi a disposizione dall’Università statunitense, per organizzare la mostra, suggestivi ambienti interni ed esterni, oltre ad apposite sale didattiche, che saranno destinate ad un’installazione che dovrà permettere al visitatore di “godere” la grandiosità della fabbrica monumentale pisana. È con questo spirito di collaborazione che è nata la mostra “Pisa AD 1064 - la Piazza dei Miracoli, cultura millenaria”, che si è svolta presso la prestigiosa sede dell’University of Miami della School of Architecture, dal 12 al 26 febbraio di quest’anno.
L’area espositiva è stata suddivisa in due sezioni distinte e contigue, procedendo secondo un criterio di
progressivo avvicinamento al dettaglio: la prima parte è stata dedicata alla presentazione dei modelli lignei delle singole fabbriche monumentali e, più in generale, insieme con l’ampio uso di pannelli grafici, alla presentazione delle singole architetture. I modelli in scala di Cattedrale, Battistero e Campanile sono stati dislocati nella sala della Architecture Gallery e hanno permesso di poter approfondire le architetture, anche interne, di questi celebri edifici. Tale lettura è stata anche narrata da un’apposita grafica posta lungo le pareti maggiori della sala espositiva: in particolare, sono stati realizzati dieci pannelli in cui è stata progettata una composizione di disegni e rilievi ottocenteschi di Charles Rohault de Fleury, che appunto raffigurano le quattro fabbriche monumentali: Cattedrale, Battistero, Camposanto Monumentale e Torre Campanaria. Si è aggiunta poi una grafica, costruita su pannelli in forex, che mostra una composizione su cui sono state inserite citazioni di autori famosi e viaggiatori riferite alla Piazza del Duomo oltre ad una specifica sezione introduttiva che presenta una scansione, secolo per secolo, della storia della piazza medesima.
Il vero cuore della mostra è stato poi rappresentato da una stanza centrale, una sorta di “camera del tesoro”
in cui sono disposte le opere d’arte, i marmi della Piazza del Duomo. Le policromie, i reimpieghi, la romanitas pisana, e la particolare commistione di stili ed influssi, favorita dal clima culturale medioevale del tutto speciale che si poteva respirare a Pisa: è stato questo il fil rouge che ha guidato il visitatore nell’atmosfera carica di suggestioni nel piccolo museo creato nella mostra, i cui pezzi sono stati allestiti in modo da suggerire la loro preziosità. Il bianco dei marmi, posati sul verde del prato: da qui il nome dato al luogo espositivo delle opere d’arte originali, “Niveo de marmore templum”, il tempio di marmo bianco come la neve, come viene definita la Cattedrale nell’epigrafe commemorativa di Buschetto, sotto la cui guida nel 1064 ne fu posata la prima pietra. Si tratta dei seguenti oggetti, oggi conservati nel Museo dell’Opera del Duomo: - due formelle a tarsia con decorazione geometrica provenienti dalla facciata della Cattedrale che testimoniano il momento, successivo alla fondazione, in cui il corpo dell’edificio sacro fu prolungato sotto la guida di Rainaldo. Le geometrie suggeriscono un chiaro riferimento al clima culturale “mediterraneo” di cui Pisa era fortemente intrisa nel XII secolo. Inoltre, l’uso dei materiali di reimpiego, in particolare per ciò che riguarda la formella a tarsia di forma rettangolare, realizzata utilizzando una sezione di colonna, che costituisce un richiamo esplicito della così detta romanitas pisana; - due frammenti di decorazione del secondo ordine del Battistero, opere della taglia di Nicola Pisano. La scuola di scultura che si sviluppò a Pisa a cavallo fra il XIII e il XIV secolo nel cantiere del Battistero e più in generale della Piazza del Duomo; - due sculture provenienti dalla Tomba dell’Imperatore Arrigo VII: un personaggio storico di assoluto rilievo da tutti incontrato nei libri scolastici come il pacificatore tanto atteso al quale Dante riserva un posto particolare
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nel “Paradiso”. Queste due sculture continuano a presentare la scuola pisana composta di artisti, maturati nella grande bottega di Nicola e Giovanni Pisano. Si tratta di un gruppo di statue composto dalla Vergine Annunciata e da l’Angelo Annunziante, opera di Tino da Camaino; - un Capitello della Torre, la cui opera del XII secolo occuperà la posizione di maggiore visibilità, posta lungo l’asse visivo che collega le due aperture della sala museale. Il capitello costituisce l’elemento di maggior fascino per il pubblico della mostra, un “frammento” della Torre Campanaria la cui notorietà è fuori discussione.
In concomitanza con la mostra sono state programmate lezioni in aula e conferenze di presentazione dei la-
vori che hanno interessato il complesso monumentale della Piazza del Duomo, tra cui sono da segnalare gli interventi del Prof. Carlo Viggiani dell’Università Federico II di Napoli, del Prof. Michael Jamiolkowski, dell’Università del Politecnico di Torino e dell’Arch. Gisella Capponi, Direttrice dell’Istituto Centrale di Restauro di Roma. L’Opera della Primaziale Pisana è convinta, attraverso questa mostra, di aver fatto capire a tutti i visitatori, che hanno avuto il piacere d’intervenire, che le architetture del complesso monumentale, uniche al mondo, che sono state oggetto di studio attraverso gli spazi espositivi e i relativi approfondimenti tramite le varie conferenze, altro non rappresentano che un completo percorso di fede in cui lo splendore del marmo inserito nel verde del prato figura come un grande “miracolo d’amore”: “[…] e venne il tempo in cui i pisani vollero scrivere col marmo la fede ricevuta dai padri, per consegnarla ai figli. Nacque così la ‘Piazza dei Miracoli’. Il Battistero dove l’acqua, feconda di Spirito Santo, diventa madre di vita nuova. La Cattedrale dove la famiglia si riunisce in compagnia cibandosi della Parola e dell’Eucarestia. Il Campanile che si slancia verso il cielo con la magia dei suoi equilibri impossibili e fa scendere la voce che chiama. Il Camposanto perché l’attesa sia liberata dal pianto e diventi nostalgia carica di speranza”. 1. Oggi si devono anche considerare i due musei gestiti dall’Opera della Primaziale Pisana che completano nella Piazza il percorso di visita: il Museo dell’Opera, che conserva opere provenienti dagli edifici monumentali della Piazza del Duomo, e il Museo delle Sinopie che conserva appunto le “sinopie” proponendo quindi la più importante testimonianza a noi giunta di “grafica” medioevale.
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Da Ravenna a Pècs e oltre
I siti UNESCO si incontrano
di silvia de Paoli
laureata in beni storico-artistici e musicali e specializzata col biennio in storia, conservazione e tutela delle opere d’arte presso la facoltà di conservazione dei beni culturali dell’università di Bologna. autrice del saggio “le soppressioni degli ordini religiosi nel 1866: il caso di cesena” concernente i beni culturali ecclesiastici. attualmente collabora con il servizio turismo e attività culturali del comune di ravenna per l’aggiornamento del Piano di gestione del sito unesco sotto la direzione della dott.ssa maria grazia marini.
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o scorso aprile la collezione delle copie dei mosaici antichi di Ravenna è approdata a Pècs, città ungherese Capitale Europea della Cultura per il 2010. Un’importante appuntamento espositivo che ha ampliato il significato dell’evento per il le-
game già esistente tra i monumenti delle due città: i monumenti paleocristiani di Ravenna e la Cella Septichora di Pècs, accomunati per alcune analogie. Entrambi i siti sono stati realizzati durante il periodo paleocristiano ed entrambi hanno ricevuto il riconoscimento dell’UNESCO di Patrimonio dell’umanità con l’iscrizione nella World Heritage List. Il collegamento ideale è stato posto in rilievo e concretizzato attraverso l’esposizione di opere che rappresentano Ravenna e i suoi tesori all’interno della Cella Septichora, fulcro del cimitero paleocristiano, adibita a spazio espositivo. La mostra delle copie dei mosaici antichi, oggi di proprietà del Comune di Ravenna, è stata prodotta all’inizio degli anni ’50 su iniziativa del prof. Giuseppe Bovini e con il patrocinio del Rotary Club e della locale Azienda di Soggiorno e Turismo per promuovere nel mondo la conoscenza di Ravenna e dei
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suoi inestimabili mosaici. L’intera collezione è stata realizzata seguendo una metodologia complessa e molto rigorosa al fine di garantire l’assoluta fedeltà agli originali.
Questi mosaici hanno valore di opere d’arte: di ogni pezzo è stato eseguito il disegno esatto e completo dei
contorni di tutte le tessere dei mosaici originali; in seguito si è passati alla campionatura di tutti i colori nelle loro diverse gradazioni utile per ordinare presso le vetrerie di Murano e Venezia le piastre vetrose necessarie che avrebbero formato le tessere del mosaico tramite un taglio manuale. L’opera non si limita alla riproduzione esatta delle singole tessere nei loro contorni e nei loro toni cromatici, ma si estende anche al rendimento dell’originaria inclinazione e profondità impressa loro dalla mano dei mosaicisti. Negli antichi mosaici di Ravenna, infatti, le tessere non sono su di uno stesso piano in maniera uniforme, ma sono collocate a livelli leggermente diversi; inoltre hanno in superficie, ad eccezione delle tessere auree, una scabrosità ed una rugosità che non permettono alla luce di scivolare a fasci come su di uno specchio, ma di rifrangersi in molteplici giochi cromatici.
L’esecuzione di queste copie fu curata dal Gruppo Mosaicisti dell’Accademia di Belle Arti, fedeli custodi di
questo antico sapere: Giuseppe Salietti, Renato Signorini, Zelo Molducci, Ines Morigi, Lino Melano, Libera Musini, Antonio Rocchi, Romolo Papa, Sergio Cicognani, Isler Medici, Silvia Focaccia, Carla Meandri e Giuseppe Ventura. La collezione viene esposta dal 1951, la prima mostra è stata allestita a Parigi. Da oltre cinquanta anni rappresenta l’arte e la cultura di Ravenna in tutto il mondo. Riproduce le decorazioni musive dei sette monumenti UNESCO: San Vitale, Galla Placidia, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, Sant’Apollinare Nuovo e in Classe, la Cappella Arcivescovile, patrimonio dell’umanità dal 1996 (di cui fa parte anche il Mausoleo di Teodorico, unico monumento privo di decorazione musiva).
L’edizione di Pècs è stata allestita presso due sedi, la Cella Septichora e il Museo del Duomo. La mostra
“Le copie dei mosaici antichi di Ravenna” è stata inaugurata il 10 aprile e si è conclusa il 10 di maggio, suscitando l’interesse del pubblico: vi sono stati oltre 12.000 visitatori, circa 400 visite al giorno. Nell’evento sono stati riconosciuti molteplici elementi che uniscono passato, presente e futuro: la storia delle città, il riconoscimento eccezionale ed universale di Patrimonio dell’umanità, l’ampliamento delle relazioni internazionali.
La città di Ravenna è celebre per i suoi mosaici, eccellenza dovuta al fatto che conserva il più ricco patri-
monio mondiale di mosaici antichi dei secoli V e VI, superiore per qualità artistica ed importanza iconologica, a quello di tutte le città del mondo antico e classico, sia in oriente sia in occidente. I mosaici di Ravenna sono inoltre la prova delle relazioni dei contatti artistici e religiosi di un periodo importante della storia della cultura europea, tipicità riconosciuta dall’UNESCO.
Oggi Ravenna ha intenzione di riproporsi in un ruolo centrale con la candidatura a capitale europea della cul-
tura: pur mantenendo una forte identità storica basata sul valore dei propri monumenti, si proietta verso una dimensione culturale innovativa e contemporanea. La sua fama di capitale mondiale del mosaico antico si estende a quella del mosaico contemporaneo, grazie a manifestazioni e a insegnamenti specializzati che tramandano le antiche maestrie. Tra passato e futuro Ravenna conserva e valorizza i propri antichi tesori mentre propone nuove idee per incrementare la consapevolezza dell’importanza dei fondamenti della cultura. Ravenna si candida a capitale europea della cultura per il 2019: in questo modo continua ad orientarsi verso un processo di crescita, promuovendo la propria cultura e tradizione in tutta Europa. Pécs si pone in una posizione importante nella creazione del sistema di alleanze, utili durante la competizione per raggiungere il titolo. La città ungherese, infatti, è capitale europea della cultura dell’anno in corso 2010. La mostra dei mosaici antichi si è rivelata un’occasione per consolidare il legame tra la capitale attuale e quella
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probabile futura e per tessere una rete di nuove relazioni internazionali. La mostra continua a spostarsi attraverso città e capitali europee. Dopo Pècs, dal 17 maggio al 27 giugno, l’esposizione è stata allestita a Tuzla, città bosniaca che intrattiene rapporti di gemellaggio con la Provincia di Ravenna e con la città ungherese. Dopo la pausa estiva la collezione rappresenterà Ravenna a Bruxelles, centro d’Europa: dal 12 ottobre al 12 novembre presso l’Istituto Italiano di Cultura, dall’8 al 12 novembre presso l’Europarlamento. In seguito approderà a Vienna. La città di Ravenna, consapevole della propria ricchezza, esporta la propria storia e la propria cultura oltre i confini nazionali: le riproduzioni dei mosaici nel tempo sono diventate ambasciatrici di una comunità che vuole aprirsi e stringere rapporti di amicizia con altri territori dell’Europa e di un patrimonio che appartiene a tutta l’umanità.
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Dodegustando: rinasce a Tarquinia, con il “DiVino Etrusco” l’antica alleanza delle città tirreniche
di Carlo Zucchetti
Co-fondatore di Slow-Food, di cui è stato Governatore nazionale dal 1986 al 1991, consulente della Regione Lazio per il Vinitaly nelle edizioni dal 2006 al 2010, della Camera di Commercio di Viterbo per l’enogastronomia, della Strada del Vino della Teverina, dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio. Organizzatore di eventi enogastronomici, negli ultimi anni ha collaborato con la Provincia di Viterbo e numerosi Comuni della Regione Lazio.
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no degli obiettivi sanciti nel piano di gestione del sito UNESCO di Cerveteri e Tarquinia è la promozione delle produzioni agricole del territorio: fare sistema promuovendo la cultura e nella fattispecie la produzione vinicola
è appunto la missione del “DiVino Etrusco”, una fiera del vino giovane, che si svolge a Tarquinia da due anni, nata per volontà e per espressa sensibilità dell’Amministrazione di una delle cittadine che meglio rappresenta la civiltà etrusca, non foss’altro per le centinaia di tombe dipinte scoperte fino ad oggi per le quali è stata inserita nella lista dei beni tutelati dall’UNESCO nel 2004, assieme alla consorella Cerveteri.
L’idea quasi banale, ma efficace e accattivante, è stata
quella di “mettere in rete” le antiche terre etrusche, identificando così la zona di produzione in modo chiaro e netto, affidando
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alla comune radice storica il compito di dare omogeneità al territorio.
È stata proprio la storia, infatti, a
venirci in aiuto nell’ideare il “DiVino Etrusco”. È noto che l’arte della coltivazione della vite migrò verso l’Italia probabilmente verso il secondo millennio a.C., nelle regioni centro-settentrionali ad opera degli Etruschi; a loro si deve la diffusione della Vitis Vinifera Sativa e quindi l’inizio della cultura del vino, concorrendo, nel tempo, a fare del vino e del bere uno degli elementi culturali più importanti del nostro paese.
Gli Etruschi furono i primi ad impor-
tare la vite dal lontano Oriente – così come testimoniano i semi di vite ritrovati nelle tombe del Chianti – e l’esasperata dedizione al culto religioso che li distingueva, contemplava anche pratiche dedicate a Fufluns, il dio del vino. Questi riti segreti e strettamente riservati agli iniziati, grazie all’ebbrezza provocata dalla bevanda, avevano il fine di raggiungere la “possessione” del dio nel mondo terreno, garantendo così una sorte felice nell’aldilà. Col vino si onoravano i morti, insieme alle danze accompagnate dal suono dei flauti doppi. Negli affreschi delle tombe di Tarquinia, tra ragazze e giovinetti danzanti tra pianticelle verdi, si ammirano coppie che brindano come se si trovassero davanti ad un mare luminoso nella frescura del paesaggio. La vite etrusca aveva la forma di un alberello e a Populonia, racconta Plinio, era conservata una statua di Giove intagliata in legno di vite. Questa, appoggiata ad una pianta di olmo per crescere più forte, veniva circondata da siepi per essere protetta dagli animali alla ricerca del pascolo. Il vino spesso rallegrava anche lo svago dei popoli antichi. In un vaso di bucchero ritrovato a Chiusi, è possibile vedere una donna che porge un cantaro a due uomini che giocano a dadi seduti al tavolo.
In altri affreschi tombali tarquiniesi, si osservano invece delle figure che giocano al kottabos, divertimento consistente nel
lanciare il vino contenuto in una coppa contro una colonnina. Il bersaglio, simile allo stelo di una lampada, aveva due dischetti di bronzo: uno, piccolo, posto alla sommità sulla mano di una statuetta ed uno grande fissato a metà. Il giocatore, lanciando il vino della sua coppa impugnata nell’anello, doveva buttare giù il disco più alto (plastinx), in modo che, cadendo su quello più basso (manes) lo facesse suonare. Il kottabos, divertimento di gran moda, prevedeva un premio che poteva anche consistere nella compagnia di un fanciullo o di una fanciulla presenti al banchetto.
Va da sé, gli Etruschi furono grandi produttori ed esportatori di vino. Imbarcazioni cariche di anfore vinarie solcavano il
Tirreno dalla Sicilia alla Gallia meridionale. A Cap d’Antibes, in Francia, è stato ritrovato il relitto di una nave contenente circa 170 anfore di Vulci.
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Con tali premesse, l’idea del “DiVino Etrusco” assume forma definitiva e concreta: è la comune matrice
storica che identifica il territorio e, nello specifico, l’antica Dodecapoli etrusca che, secondo la tradizione, costituì una potente alleanza di carattere economico, religioso e militare. Si manifesta così, in modo inequivocabile, quel filo rosso che lega la storia al vino: il “DiVino Etrusco” acquista così non solo tipicità, ma anche solidità e distinzione e la manifestazione, nel suo complesso, non si limita alla sola degustazione di vini, ma si trasforma in veicolo per promuovere le risorse storico culturali della città ospitante, divenendo essa stessa vetrina delle produzioni vinicole di un territorio più ampio.
Ripartendo dal nostro terzo millennio è possibile valorizzare i nostri giacimenti enoici e non solo, così
che sia il nostro territorio a raccontare, a rievocare la nostra storia. È per questo che bisogna pensare ad una nuova narrazione del nostro ambiente. Il territorio diventa il soggetto principale; è, esso stesso, autore e voce narrante, racconto e proposta. Ed ecco allora che, affidarci a connubi di questo tipo, può essere l’inizio di un nuovo modo di mostrare, di preservare tradizioni e, soprattutto, di valorizzare l’enorme ricchezza di Tarquinia. L’evento gaudente è il mezzo prescelto per accendere le luci sulle bellezze artistiche.
Per mezzo delle cantine provenienti dalle città della Dodecapoli etrusca (Veio, Cerveteri, Tarquinia,
Vulci, Populonia, Volterra, Bolsena, Chiusi, Perugia, Cortona, Arezzo ed Orvieto) e del percorso studiato all’interno del centro medievale di Tarquinia, la cittadina si offre in una versione del tutto nuova: chiese e monumenti visitabili anche di notte, concerti in piazzette suggestive, degustazioni studiate ad hoc per permettere al visitatore di godere appieno della magnifica cornice naturale.
Il passato che si fonde con il presente e i tremila anni di storia che percorrono Tarquinia sono così visibili
a tutti, sfruttando un evento ludico legato indissolubilmente al nostro passato.
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it a l i a n
h e r it a g e
Pisa 1064 AD – the square of miracles, a millennium of culture University of Miami, School of Architecture, Jorge M. Perez Center Architecture Gallery From 12 February to 26 February 2010 by Gianluca De Felice Pisa is famous throughout the world because in a restricted area, enclosed by the city walls, the Ospedale della Misericordia behind it and the Palazzo Arcivescovile, there is the Piazza del Duomo, the one Gabriele D’Annunzio called the Square of Miracles “The Ardea rotated over the sky of Christ, over the meadow of Miracles” The fundamental structures, typical of Christian religious architecture, the four monuments of this complex, (the Tower, the Baptistery and the Monumental Cemetery) are separate but all in a one common space; there is a magical air about this site, centre of the religious and cultural life of the ancient Maritime Republic. This heritage is now preserved by a non-profit organization, the Opera della Primaziale Pisana that has ancient origins, since it was founded at the time of the construction of the Cathedral, and has always been in charge of the construction and transmission to future generations of a monumental complex that is certainly exceptional from the artistic historical point of view, but that represents above all a path of faith that accompanies the individual and the growth of his Christian values. The will to transfer to the other side of the ocean this message of faith and culture stems from an invitation sent to the Opera della Primaziale Pisana by the Italian General Consul in Florida, Marco Rocca, to look into the possibility of organising an exhibition in Miami. This idea saw the light of day thanks to the collaboration struck up between the Opera della Primaziale Pisana and the Faculty of Architecture of the University of Miami. Indeed, in order to organize the exhibition, this American University was offered evocative indoor and outdoor areas, as well as dedicated teaching rooms, which housed an installation that allowed visitors to “enjoy” the grandeur of the Pisa monuments. This is the spirit of collaboration that lies behind the exhibition entitled “Pisa 1064 AD – the square of miracles, a millennium of culture” that was held on the prestigious premises of the University of Miami School of Architecture, from 12 to 26 February this year. The exhibition area was divided in two separate, adjoining sections, according to the criterion of moving towards greater and greater detail: the first part was dedicated to the presentation of wooden models of the individual monuments and more in general to a presentation of the individual architectures with many explanatory panels. The scale models of the Cathedral, the Baptistery and the Tower were placed in the Architecture Gallery and this made it possible to study even the details of the internal architecture of these buildings. This was also illustrated on posters placed along the main walls of the exhibition room: in particular, ten panels were made to house a composition of 9th Century drawings and reliefs by Charles Rohault de Fleury, that illustrate the four monuments: the Cathedral, the Baptistery, the Monumental Cemetery and the Tower. Graphics were then added, on forex panels, which showed a composition with quotations by famous authors and travellers relating to the Piazza del Duomo as well as a special introductory section that illustrated the history of the piazza century by century. The real heart of the exhibition however, was the central room, a sort of “treasure chamber” in which there were the works of art, the marbles of the Piazza del Duomo. The polychromies, the re-uses, the Pisa romanitas, and the special mix of styles and influences, fostered by the truly special medieval cultural climate of Pisa: this is the fil rouge that guided visitors in this fascinating atmosphere in the small museum created in the exhibition, whose items were displayed in such a way as to highlight their preciousness. The white marble placed on the green lawn: this is what gave its name to the exhibition area for the original works of art, “Niveo de marmore templum”, the temple of marble as white as snow, as the Cathedral is defined in the memorial epigraph by Buschetto, who was in charge when the first stone was laid in 1064. These are the objects, now kept in the Museo dell’Opera del Duomo: - two coffers in marquetry with geometrical patterns, which originated from the façade of the Cathedral, which bear witness to the time, after its construction, when the body of the holy building was lengthened with the help of Rainaldo. The geometries clearly refer to the “Mediterranean” cultural climate that permeated Pisa in the 12th Century. Moreover, the reuse of materials, in particular for the rectangular coffer made by using a section of a column, is an explicit reference to the so-called romanitas pisana; - two fragments of decoration from the second order of the Baptistery, work by Nicola
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Pisano. The sculpture school that developed in Pisa between the 13th and the 14th Century on the building site of the Baptistery and more generally in Piazza del Duomo; - two sculptures from the Tomb of Emperor Henry VII: a very important historic figure encountered by all in school textbooks as the long awaited peace-maker to whom Dante reserved a special place in “Paradise”. These two sculptures continue to present the Pisa school that included artists who had worked in the great workshop of Nicola and Giovanni Pisano. It is a group of statues that includes the Announcing Angel and Virgin Announced, by Tino da Camaino; - a Capital of the Tower, which dates back to the 12th Century and is placed in a highly visible position, along the visual axis that links the two apertures of the museum room. The capital is the most fascinating element for the public visiting the exhibition, it is a “fragment” of the tower whose notoriety is undisputed. During the exhibition, classroom lessons and conferences were also organized to present the work on the monuments in Piazza del Duomo, which included the following: - Prof. Carlo Viggiani from Università Federico II in Naples; - Prof. Michael Jamiolkowski, from Università del Politecnico in Turin; - Arch. Gisella Capponi, Director of the Istituto Centrale di Restauro in Roma. The Opera della Primaziale Pisana is convinced that with this exhibition it has explained to all visitors who had the pleasure to intervene, that the architectures of the complex of monuments, which is unique in the world and was studied in the exhibition rooms and in the various conferences, represent none other than a complete path of faith in which the splendour of the marble placed on the green lawn appears as the great “miracle of love”: “...and there came the time when the Pisans chose to write with marble the faith received from their fathers, to pass it on to their sons. Thus the ‘Square of Miracles’ was born. The Baptistery where the water, full of the Holy Spirit, becomes mother of new life. The Cathedral where the family meets together feeding on the Word of the Eucharist. The Tower that stretches up into the sky with the magic of its impossible balance and brings down the voice it calls out to. The Cemetery so the wait may be freed of tears and may become nostalgia laden with hope”.
From Ravenna to Pècs and beyond UNESCO sites meet by Silvia De Paoli Last April, the ‘Copies of the ancient mosaics of Ravenna’ arrived in Pècs, the Hungarian city that is European Capital of Culture for 2010. This was an important exhibition and the meaning of the event was even greater because of the already existing link between the monuments of the two cities: the early Christian monuments of Ravenna and the Septichora Cell of Pècs, which are united by a number of analogies. Both sites were created during the early Christian era and both have received UNESCO recognition and been put on the World Heritage List. This ideal link became more evident and concrete thanks this exhibition of works that represent Ravenna and its treasures, which was held in the Septichora Cell, the heart of the early Christian cemetery, transformed into an exhibition area. The exhibition of the copies of the ancient mosaics, now property of the City of Ravenna, was produced in the ‘50s thanks to Prof. Giuseppe Bovini under the patronage of the Rotary Club and the local Tourist Office to promote knowledge of Ravenna and its inestimable mosaics throughout the world. The entire collection was created by using a complex and very rigorous methodology aimed at ensuring that they be faithful to the originals. These mosaics are as valuable as works of art: for each item a precise and complete drawing of the contours of all its tesseras was made, then all the colours were sampled along with the various shades, as required to order the necessary glass plates from the Murano and the Venice glass makers to shape the hand-cut tesseras for the mosaic. This work doesn’t end at the exact reproduction of the shapes and the colours of the individual tesseras, it includes also the original inclination and depth produced by the hands of the mosaic makers. In fact, in the ancient Ravenna mosaics, the tesseras are not all on the same plane in a uniform manner, they are placed on slightly different levels; moreover, with the exception of the gold tesseras, the others have a rough and ragged surface, which means that light cannot slide and stream in like on a mirror, but
rather is refracted creating multiple colour effects. The production of these copies was carried out by the Gruppo Mosaicisti dell’Accademia di Belle Arti, the faithful custodians of this ancient art: Giuseppe Salietti, Renato Signorini, Zelo Molducci, Ines Morigi, Lino Melano, Libera Musini, Antonio Rocchi, Romolo Papa, Sergio Cicognani, Isler Medici, Silvia Focaccia, Carla Meandri and Giuseppe Ventura. The collection was put on display in 1951 and the first exhibition was held in Paris. It represents the art and the culture of Ravenna all over the world and has done for over fifty years. It reproduces the mosaic art of seven UNESCO monuments: San Vitale, Galla Placidia, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, Sant’Apollinare Nuovo e in Classe, la Cappella Arcivescovile, heritage of humanity since 1996 (which includes also the Mausoleum of Theodoric, the only monument without mosaic decorations). The Pècs edition was set up in two places, the Cella Septichora and the Museum of the Duomo. The exhibition ‘Copies of the ancient mosaics of Ravenn’a was inaugurated on 10 April and ended on 10 May, and was very successful: there were over 12,000 visitors, approximately 400 per day. This event included many elements that linked past, present and future: the history of the city, the exceptional and universal recognition as heritage of humanity, an extension of international relations. The city of Ravenna is renowned for its mosaics, due to the exceptional fact that it has the richest world heritage of ancient mosaics from the 5th and 6th Centuries, superior in artistic quality and iconological importance to that of all other cities of the ancient and the classical world, in the east and the west. The mosaics of Ravenna furthermore are proof of the artistic and religious contacts and relations in an important period of the history of European culture, recognized as such by UNESCO. Today, Ravenna intends to take on a central role with its “candidature as European capital of culture”: while maintaining its strong historic identity based on the value of its monuments, it looks to an innovative and contemporary cultural dimension. Its fame as world capital of ancient mosaics extends to capital of contemporary mosaics thanks to events and specialized teaching that passes down the ancient crafts. Lying between the past and the future, Ravenna preserves and enhances its ancient treasures while it puts forth new ideas to increase awareness of the importance of the fundaments of culture. Ravenna is running for European capital of culture for 2019: this will allow it to continue to foster growth, while promoting its culture and its traditions throughout Europe. Pècs is an important element for the creation of alliances, useful during the competition. Indeed, the Hungarian city is European capital of culture for the current year, 2010. The exhibition of ancient mosaics created an opportunity to strengthen ties between the current capital and the probable future one and to create a network of new international relations. The exhibition continues to travel to European cities and capitals. After Pècs, from 17 May to 27 June, the exhibition was set up in Tuzla, a Bosnian city that is twinned with the Province of Ravenna and with the Hungarian city. After the summer holidays, the exhibition will represent Ravenna in Brussels, the centre of Europe: from 12 October to 12 November at the l’Istituto Italiano di Cultura, and from 8 to 12 November at the European Parliament. It will then travel to Vienna. The city of Ravenna, aware of its wealth, exports its history and its culture beyond the national borders: over time, the reproductions of the mosaics have become the ambassadors of a community that wants to open up and create friendly ties with other European territories and of a heritage that belongs to humanity as a whole.
Dodegustando: is back in Tarquinia, with “DiVino Etrusco” The ancient alliance of Tyrrhenian cities by Carlo Zucchetti
lands homogeneous to their shared historic root. Indeed, it is history that came to our help when creating the “DiVino Etrusco”. We know that the art of growing vines migrated to Italy probably around the second millennium B.C., it was brought to the central and northern regions by the Etruscans; they are the ones who spread the Vitis Vinifera Sativa and the wine culture, contributing over time to turn wine and drinking into one of the most important cultural elements of our country. The Etruscans were the first to import vines from the distant Orient – the vine seeds found in the tombs in the Chianti area are proof of this – and the exasperated devotion to the religious worship that accompanied them included even practices dedicated to Fufluns, the god of wine. These rites, which were secret and reserved for the initiated, were aimed at using the intoxication caused by the drink to achieve the “possession” of the god in this earthly world, thus ensuring a happy fate in the heavens. The dead were honoured with wine and with dances to the sound of double flutes. On the frescos in the tombs in Tarquinia, among young girls and boys dancing in the greenery, we can see couples that are toasting as if they were facing a bright sea in the cool of the landscape. Etruscan vines were small trees and according to Plinius, in Populonia, there is a statue of Jupiter carved out of vine wood. The vines, leaning on elm trees to grow stronger, used to be surrounded by hedges that protected them from animals seeking grazing grass. Wine often brightened up the leisure activities of the ancient peoples. In a bucchero jug in Chiusi, it is possible to see a woman who hands a cantharus to two men sitting at a table playing dice. On other tomb frescos in Tarquinia, we see figures who play ‘kottabos’, a game consisting in spilling wine from a cup onto a column. The target, similar to the stand of a lamp, had two bronze discs: one small one at the top, placed on the hand of a statue and another large one half-way up. The players would spill the wine in their cup held in the ring and try to strike the higher disc (plastinx), so that it would fall on the lower one (manes) and make it clang. The kottabos was a highly popular game and the prize was often the company of a young boy or girl present at the banquet. Obviously, the Etruscans were great producers and exporters of wine. Boats laden with wine amphorae sailed the Tyrrhenian sea from Sicily to Southern Gaul. In Cap d’Antibes, France, the relic of a ship containing approximately 170 amphorae from Vulci was found. All this helps give a definitive and concrete meaning to the idea of “DiVino Etrusco”: it is the common historical matrix that identifies a territory and in this specific case the ancient Etruscan Dodecapolis that, according to tradition, was a powerful economic, religious and military alliance. This is the unequivocal ‘fil rouge’ that links history to wine: the “DiVino Etrusco” thus acquires not only typicality, but also solidity and distinction, and the event, overall, is not restricted to wine tasting, it turns into a vehicle to promote the historical and cultural resources of the hosting city, thus becoming a showcase for the wine products of a vaster area. Starting again from our third millennium, it is possible to enhance our wine reserves and more, so that it is our territory that tells and remembers our history. And this is why we must think up a new way of recounting our environment. The territory becomes the main subject; it is both author and narrating voice, story and proposal. And it is unions of this kind that could be the beginning of a new way to show and to preserve traditions and, above all, to enhance the enormous wealth of Tarquinia. A pleasurable event is the means chosen to shed light on the artistic beauties. Thanks to the cellars of the cities in the Etruscan Dodecapolis (Veio, Cerveteri, Tarquinia, Vulci, Populonia, Volterra, Bolsena, Chiusi, Perugia, Cortona, Arezzo and Orvieto) and the route designed in the Medieval centre of Tarquinia, the city offers a completely new version of itself: churches and monuments open at night, concerts in wonderful piazzas, ad hoc designed wine tasting to allow visitors to fully enjoy this magnificent natural context. By exploiting a fun event that is indissolubly linked to our past, the past merges with the present and the three thousand years of history of Tarquinia are thus visible to all.
One of the objectives in the management plan of the Cerveteri and Tarquinia UNESCO site is to promote the agricultural produce of the area: to promote culture and in this case the wine production is indeed the mission of “DiVino Etrusco”, the fair of young wine, which has been held in Tarquinia for two years now. It was created thanks to the awareness and the will of the local Administration of one of the towns that best represents the Etruscan civilization, thanks to the hundreds of painted tombs discovered so far, which is why it was included on the list of heritage protected by UNESCO in 2004, along with Cerveteri. The idea was quite banal, but effective and fascinating: to create a network of ancient Etruscan lands, thus identifying clearly a production, leaving the task of making the
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Il paesaggio de\scritto luoghi italiani patrimonio UNESCO Mostra fotografica di Luca Capuano
di Tommaso Gavioli
Si occupa di progetti di comunicazione in Italia e all’estero. Da anni collabora con l’Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale UNESCO per la quale ha realizzato pubblicazioni e iniziative. Coadiuvato dallo staff dell’Associazione, è coordinatore del progetto “il paesaggio de\scritto” e curatore della mostra.
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ggi l’Italia, con i suoi 44 Siti, è il Paese al mondo in cima alla Lista del Patrimonio UNESCO e questa leadership comporta certamente responsabilità di rilevante spessore e complessità: ad essa spetta l’arduo compito di fare propri i principi di inalienabilità della
cultura e della natura come elementi fondamentali per lo sviluppo delle società e per il mantenimento della pace e della solidarietà sanciti dalla Convenzione internazionale per la protezione del Patrimonio Mondiale dell’Umanità nel 1972 da parte dell’UNESCO. In uno dei momenti più elevati del processo di riconoscimento della qualità intellettuale del genere umano, la conoscenza diviene finalmente uno strumento di prevenzione delle tragedie e il sapere un incentivo all’interscambio tra i popoli mentre l’incuria, l’ignoranza e la speculazione ostacoli alla realizzazione di un mondo in equilibrio.
All’Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale UNESCO,
nata nel 1997, lo Stato Italiano riconosce un ruolo da protagonista in questo percorso, anche tramite la capacità di beneficiare di specifici finanziamenti, erogati con la prima e unica Legge al mondo (Legge 77/2006) per la tutela e la valorizzazione del Patrimonio UNESCO, affinché essa possa
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coadiuvare le Istituzioni nazionali e territoriali nell’opera di divulgazione, preservazione e promozione dell’immenso tesoro che risiede nei nostri
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confini. Grazie all’importante contributo del Ministero dei Beni e della Attività Culturali e alla collaborazione di molte altre Istituzioni nazionali, da anni l’Associazione è dunque in grado di ideare e produrre progetti importanti di divulgazione dei contenuti del Patrimonio italiano: la mostra fotografica itinerante “il paesaggio de\scritto - luoghi italiani patrimonio unesco” è uno tra questi, uno dei più importanti.
L’Associazione nel corso degli anni ha già fatto uso dell’immagine
fotografica per valorizzare i territori e le comunità che possono fregiarsi dell’iscrizione nella Lista dei Siti UNESCO in varie forme ed in vari contesti: sono state riprodotte immagini di archivio suggestive e di alta qualità messe a disposizione dai diversi Siti italiani per realizzare altre mostre fotografiche o per produrre pubblicazioni dedicate all’approfondimento, come il libro Luoghi Italiani Patrimonio dell’Umanità attualmente in libreria o in altre occasioni.
Sebbene la fotografia sia sempre stato uno degli elementi più uti-
lizzati nelle iniziative dell’Associazione, quando questo progetto venne
La mostra “il paesaggio de\scritto - luoghi italiani patrimonio unesco”, promossa e organizzata dall’Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale UNESCO e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il Patrocinio della Commissione Nazionale UNESCO presso il Ministero degli Esteri, è stata inaugurata il 13 marzo 2010 nelle splendide sale di Villa d’Este a Tivoli grazie allo straordinario impegno del Comune di Tivoli, con il contributo della Provincia di Roma, della Regione Lazio e con la collaborazione delle Soprintendenze ai Beni Artistici, Archeologici e Paesaggistici del Lazio. Si è conclusa il 25 aprile in concomitanza con la chiusura della Settimana della Cultura, potendo contare migliaia e migliaia di visitatori. Dal 4 giugno al 16 luglio 2010, una versione “mini” della mostra, composta da una selezione di circa 80 scatti che rappresenteranno comunque tutti e 44 i Siti italiani, è stata inaugurata a New York, presso la Casa Italiana Zerilli Marimò, celebre centro di cultura italiana negli Stati Uniti con sede alla New York University che ha supportato l’iniziativa con grande entusiasmo e impegno.
candidato al finanziamento attraverso i fondi della Legge 77, si è tutta-
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via sentito il bisogno di realizzare un percorso iconografico diverso, nuovo, che fosse in grado di creare non una compilazione di materiale già esistente, ma una collezione originale di immagini coinvolgendo un unico autore, capace di dare oltre che corpo anche anima a quell’oggetto tanto affascinante quanto complicato e frammentato sia dal punto di vista geofisico che da quello culturale che è il patrimonio italiano.
Chiedere oggi ad un solo fotografo, o meglio ad un artista dell’immagine come Luca Capuano – un giovane e affermato
professionista nel mondo dell’arte e dell’architettura, pubblicato da numerose case editrici e dalle più accreditate riviste di settore italiane e internazionali – di compiere un lungo viaggio attraverso i luoghi che costituiscono le eccellenze del nostro paese nel mondo, quell’Italia della bellezza e dei contrasti che tutti ci invidiano, fissando tramite il suo punto di vista i momenti e le atmosfere, le linee e i profili di tutto quanto costituisce il punto di massima espressione del nostro panorama umano e ambientale, non è più solo l’esigenza di costruire una base materiale per l’organizzazione di un evento, ma si trasforma in un gesto che vuole assecondare ed affermare con forza le responsabilità che l’Associazione si è assunta nei confronti del Patrimonio Italiano, consegnando agli occhi e alla mente una lunga serie di sollecitazioni visive ed emotive legate ad esso di fondamentale importanza, che per la prima volta raccolte insieme, sono in grado di divenire una vera eredità per le generazioni presenti e future.
Lo sguardo di uno stesso autore mai sinora era stato portato a compiere un unico percorso mirato all’interno dei confini
precisi della parte del nostro paese riconosciuta come Patrimonio dall’UNESCO secondo criteri e passaggi ben definiti, attraverso storia, arte e natura, per documentare lo stato e la salute dei nostri tesori, interpretandone in maniera originale la bellezza e i contenuti che hanno reso possibile il loro riconoscimento di straordinarietà da parte della Comunità umana universale.
Dall’epico itinerario di Luca Capuano durato 9 mesi e migliaia di chilometri, nasce una Mostra fotografica composta da
522 scatti selezionati da cui emerge la capacità di raccontare i Beni culturali e ambientali attraverso una visione nuova, posizionata a metà tra il rispetto di una filologia contenutistica del patrimonio – costituitosi nel proprio tempo con il suo percorso storico e i suoi significati originali – e la volontà di indagare a fondo il rapporto espressivo che esso oggi ha con l’attuale.
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Fotografie pure, puntuali e rigorose nella rappresentazione storica, arti-
stica e ambientale del patrimonio, ma che qui non si vogliono fermare e che non delineano l’oggetto come lontano nel tempo e irraggiungibile, sacralizzato nel suo significato: il fotografo va oltre e riesce ad aggiungere al proprio occhio filologico quel dettaglio, quell’unico e quasi invisibile particolare, che trasforma questa osservazione in una geografia dell’anima, impastata di realtà vive, accessibili e palpabili, un patrimonio che si rappresenta come punto di eccellenza visiva, ma che vive tra noi, pulsante nel suo immergersi nella contemporaneità.
Siamo perfettamente consapevoli che la ricerca che abbiamo svolto in
questa ampia operazione iconografica non è nemmeno lontanamente esau-
La mostra, oltre ad essere un importante evento culturale, è divenuta anche un elegante catalogo d’arte grazie all’impegno dell’Editore Logos, che ha creduto nel progetto e ha realizzato un libro di grande qualità di oltre 450 pagine. Distribuito in tutte le librerie del nostro paese e in molti paesi del mondo, il catalogo, oltre a diffondere il messaggio della mostra e dell’UNESCO, è uno scintillante biglietto da visita per l’Associazione e per le sue attività. La mostra può essere visitata anche su www.artistocratic.com, una prestigiosa online gallery, partner dell’iniziativa e che annovera tra i propri artisti alcuni dei più importanti fotografi italiani e stranieri.
rita, che mai si potrà giungere ad una completezza, all’esaustività della documentazione del patrimonio italiano, né ora né in futuro: una dolce sconfitta di cui siamo consapevoli e tremendamente lieti, sollevati perché questa variabile incognita ci parla con forza di un intelletto che continuerà, spinto da un pur luminoso passato leggibile in mille caleidoscopici modi, a generare sempre
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1. Pompei 2. Siena 3. Tivoli 4. Pienza
nuove e affascinanti interpretazioni della propria contemporaneità, del pensiero e della società, dello spirito e della storia, della bellezza e dell’armonia e che mai dunque si potrà giungere ad un’unica indubitabile visione del mondo in cui viviamo, ma solo a nuovi patrimoni da capire, costruire e vivere come risultato dell’opera umana nelle sue forme più elevate di armonia, convivenza e pace.
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The de/scribed landscape – Italian UNESCO heritage places Exhibition of photographs by Luca Capuano by Tommaso Gavioli Today, Italy, with its 44 sites, is the Country in the world that is top of the UNESCO List of Heritage and this leadership certainly entails considerable responsibility: there is the difficult task of taking on board the principles of the inalienability of culture and nature as fundamental elements for the development of societies and to keep the peace and the solidarity sanctioned by the international Convention for the protection of the World Heritage of Humanity in 1072 by UNESCO. At one of the highest moments in the process for the recognition of the intellectual quality of human kind, knowledge finally becomes an instrument for the prevention of tragedies and learning an incentive to exchange between peoples, while negligence, ignorance and speculation become obstacles to the realization of a world in equilibrium. The Italian Association of UNESCO World Heritage Cities and Sites, born in 1997, is recognized by the Italian State as being one of the leaders in this effort also thanks to the possibility of benefiting from special funding, granted with the one and only Law in the world (Law 77/2006) for the protection and the enhancing the UNESCO Heritage, so that it can help national and territorial Institutions in their job of education, conservation and promotion of the immense treasure that we have in our country. Thanks to the large contribution of the Ministry of cultural heritage and activities and to the collaboration of many other national Institutions, for years now, the Association has been able to draw up and carry out important projects that describe and increase awareness of the Italian Heritage: the travelling photographic exhibition “The de/ scribed landscape – Italian unesco heritage places” is one of these, one of the most important in fact. Over the years, the Association has already employed photographic images to enhance territories and communities that are on the List of UNESCO Sites in various forms and contexts: high quality, evocative archive images provided by various Italian Sites have been reproduced to create photographic exhibitions or to produce publications dedicated to in-depth analyses, such as the book “Luoghi Italiani Patrimonio dell’Umanità” in the bookshops at the moment, and on other occasions. Although photography has always been one of the most widely used elements in the events of the Association, when this project was tabled for funding through law 77, it was decided to do something different, something that would create not a compilation of already existing material, but rather an original collection of images involving only one author, able to give body and soul to what is fascinating but complicated and fragmented both from the geophysical point of view and from the cultural point of view: the Italian heritage. A single photographer, or rather an artist of images such as Luca Capuano – a young professional, well-known in the world of art and architecture, published by many publishing houses and by the most recognized specialized Italian and international journals – was asked to go on a long journey through the places that represent the best our country has to offer the world, through Italy with its beauty and its contrasts that are the envy of all, and to use his eyes to set moments and atmospheres, lines and profiles of what constitutes the highest expression of our human and environmental landscape: the idea was not just to build up a corpus of material for the event, but rather to turn this into something that supports and asserts with strength the responsibility shouldered by the Association with respect to the Italian Heritage, thus offering the eye and the mind a series of visual and emotional stimuli of fundamental importance, which, now that they are all gathered together for the first time, can become a real legacy for present and future generations. The eye of a single author had never before undertaken a dedicated journey within the precise realms of that part of our country that has been recognized as UNESCO Heritage according to the well defined criteria and procedures, a journey through history, art and nature to document the state and the health of our treasures and interpret in an original manner the beauty and the contents that made the recognition of their extraordinariness possible by the universal human Community. This epical journey by Luca Capuano, which lasted 9 months and thousands of kilometres has created a photographical exhibition of 522 selected photos, from which there emerges the artist’s ability to tell the story of the cultural and environmental Heritage through a new eye, one positioned half way between a philology of heritage based on content – that developed in its own time, with its historical evolution and its original meanings – and a will to analyse in depth the expressive relation it has now with the present. Photographs that are accurate and meticulous in their historic, artistic and environ-
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mental representation of the heritage, but that do not want to stop at that because they do not want to outline the object as far off in time and unreachable, set in its meaning: the photographer goes beyond and adds to his philological eye that detail, that unique and almost invisible detail that transforms this observation into a geography of the soul, coloured with realities that are live, accessible and palpable, a heritage represented as a point of visible excellence, but that lives amongst us and is throbbing with contemporaneity. We are perfectly aware that the research we have undertaken in this broad iconographic operation is in no way exhaustive, it is impossible to offer a complete and comprehensive heritage, now and in future: a sweet defeat of which we are aware and terribly happy, relieved because this unknown variable speaks to us of a mind that will continue, inspired by a bright past that is legible in thousands of different ways, to generate ever more and fascinating interpretations of its own contemporaneity, thought and society, spirit and history, beauty and harmony, knowing that it is not possible to achieve one indubitable vision of the world in which we live and it never will be. There will always be new heritages to comprehend, build and experience, as the result of man’s work in its highest forms of harmony, cohabitation and peace.
The first appointment with the show “The de/scribed landscape – Italian unesco heritage places” promoted and organized by the Italian Association of UNESCO World Heritage Cities and Sites and by the Ministry of Cultural Heritage and Activities, under the patronage of the National UNESCO Committee in the Ministry for Foreign Affairs, was inaugurated on 13 March 2010, in the splendid rooms of the Villa d’Este in Tivoli thanks to the Municipality of Tivoli, with the contribution of the Province of Rome, the Lazio Region and with the collaboration of the Soprintendenze ai Beni Artistici, Archeologici e Paesaggistici of Lazio. It closed on 25 April with the closing of the Culture Week, and a total of thousands and thousands of visitors. From 4 June to 16 July 2010, a “mini” version of the exhibition with a selection of approx. 80 photographs that will represent all 44 Italian Sites, will be inaugurated in New York, at the Casa Italiana Zerilli Marimò, the famous centre of Italian culture in the United States based in New York University that has supported the event with great enthusiasm and commitment.
As well as being an important cultural event, this exhibition has also become an elegant art catalogue thanks to Editore Logos, one of the most important Publishing Houses in Italy, which has backed the project from the outset and has produced a high quality book with over 450 pages. The book entitled “The de/scribed landscape” has been distributed to all book stores in our country and in many other countries in the world, it spreads the message of the exhibition and of UNESCO, and is a brilliant introduction to the Association and its activities. Moreover, the exhibition can also be visited on the web site www.artistocratic.com that offers a prestigious online gallery, in fact it is one of the partners in this initiative and includes the works of some of the most important Italian and foreign photographers of all times.
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Mappa dei tesori Unesco Uno strumento per approfondire, studiare, capire il Patrimonio culturale italiano di Linda Mazzoni
Per il ragazzo, amante delle mappe e delle stampe, l’universo è pari al suo smisurato appetito. Charles Baudelaire, Il viaggio (a Maxime Du Camp) 1859, Revue française
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llustrare significa anche raccontare. Il disegno, infatti, trascina l’immaginazione oltre la parola scritta, è una forma di comunicazione che può essere parte integrante del linguaggio, non esaustiva, ma anche e forse proprio per questo, stimolo alla riflessione.
La realizzazione di una carta d’Italia che, attraverso la for-
mula dell’illustrazione, promuova tutti i 44 Siti Patrimonio UNESCO e i capolavori del Patrimonio Immateriale Italiano (Canto a Tenore in Sardegna e Opera dei Pupi in Sicilia), è al centro del progetto editoriale “Imparare viaggiando”, voluto dalla Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale UNESCO e nasce da un’esigenza di divulgazione rivolta ad un pubblico prevalentemente giovane.
La scelta dell’illustrazione anziché l’uso di un repertorio fo-
tografico era già stata sperimentata con successo per raccontare Ferrara Città del Rinascimento e il suo Delta del Po, Patrimonio dell’Umanità. Lo Staff UNESCO del Comune di Ferrara aveva voluto far conoscere, in modo chiaro, l’entità storico-artistica e l’ampia estensione del territorio inserito nella Lista mondiale, fornendo uno strumento didattico di approccio immediato, affidandone la realizzazione allo Studio Gualandi di Ferrara.
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Tra le competenze di questo studio vi è proprio l’illustrazione che si è espressa negli anni anche attraverso
una serie di tavole disegnate, dedicate alla propria città e nella progettazione di un tipico gioco di percorso, con le peculiarità di una guida turistica: “Gioca e gira Ferrara in bicicletta”.
Nell’idea di una carta geografica, da sempre, vi è il concetto del viaggio nei suoi aspetti di curiosità, fascino e
ricerca. Scrive Italo Calvino che “Il primo bisogno di fissare sulla carta i luoghi è legato al viaggio: è il promemoria della successione delle tappe, il tracciato d’un percorso […]” (dall’articolo “Il viandante nella mappa” - La Repubblica, 18-6-1980. Poi incluso in Collezioni di sabbia, 1994 Ed. Palomar e Mondadori, Milano). La struttura narrativa del viaggio, dice ancora Calvino, entra nella carta geografica che è concepita di solito in funzione di un itinerario. La mappa spiegata sul tavolo è già ipotesi, e allo stesso tempo sogno, di un percorso ideale che ci condurrà alla meta ambita.
Per realizzare la carta “Imparare viaggiando” è stato indispensabile affrontare prima un altro tipo di “viaggio”,
molto istruttivo, nella storia della cartografia per scoprire come questa, seppure in misura variabile, entri in ogni sfera dell’attività umana. Gli uomini hanno sempre avuto la necessità di dare una dimensione a tutto quello che li circonda, dalla terra alle cose. Fin dalle origini l’importanza di mantenere un controllo sull’estensione di uno spazio è stato essenziale, non solo per spostarsi nel territorio alla ricerca del cibo, ma per difendersi dai potenziali nemici. La rappresentazione grafica su un piano, più o meno simbolica, di una zona precisata divenne un linguaggio per lo scambio di informazioni vitali.
Le mappe, spesso su pergamena, erano esemplari unici, realizzate da uomini provenienti dagli ambienti più
disparati, ma soprattutto da artisti-scienziati che, come Leonardo Da Vinci, intendevano lavorare al progresso del sapere umano. Oggi riconosciamo queste mappe come vere opere d’arte, arricchite da annotazioni anche fantasiose, luoghi mitici, decorazioni, edifici, figure allegoriche. In quanto pezzi unici e nella necessità di diffondere un’informazione geografica, presentavano il problema di essere copiate a loro volta manualmente, con tutte le
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stata utilizzata, a garanzia di scientificità, un’immagine digitalizzata, ripresa dal satellite, una carta fisica della superficie terrestre aderente ad almeno una delle tre regole che definiscono l’esattezza di una carta geografica: equidistanza (rapporto inalterato tra lunghezze grafiche e reali), equivalenza (rapporto inalterato tra aree grafiche e reali), isogonia o conformità (ogni angolo grafico corrisponde a quello reale). Su questa, per contrasto, ogni monumento architettonico o naturale o elemento del Patrimonio immateriale è realizzato con la tecnica dell’illustrazione manuale. Dopo avere visionato il vasto materiale fotografico a disposizione, relativo ai Siti da rappresentare, si imprecisioni che ne conseguivano. L’avvento della stampa per-
è compiuta una scelta tra le immagini più utili, dal punto di
mise la riproduzione e la diffusione delle mappe su carta che
vista prospettico, delle angolature di veduta e del grado di leg-
diverranno sempre più precise e complesse, con il progredire
gibilità in riduzione dimensionale, per essere usate come base
della scienza e della conoscenza. È interessante rilevare come
di partenza per i primi schizzi in bianco e nero. Tecnica: matita
l’Italia sia stata un centro di eccellenza per la cartografia sino
e pennarelli su cartoncino. Il risultato di molti disegni conse-
alla Riforma protestante, quando la Chiesa cattolica, per tute-
quenziali, nei quali si è andati alla ricerca di un segno unifor-
lare l’ortodossia, promulgò pene più severe contro le eresie,
me necessario alla convivenza equilibrata di tutti gli elementi
ovunque se ne potesse trovare traccia. Come sappiamo, tra le
(titoli e testo compresi), è una tavola definitiva per ognuno dei
vittime dell’Inquisizione vi furono proprio gli scienziati, che
soggetti. Questi sono stati importati, poi, con sistema digitale,
poterono perseguire le loro teorie al riparo del Sant’Uffizio,
colorati e collocati nelle rispettive posizioni geografiche, senza
nei Paesi Bassi e in Inghilterra, spostando di fatto, in quella
curarsi del rapporto proporzionale per privilegiare l’aspetto il-
sede, lo studio per la produzione delle carte geografiche. Te-
lustrativo. Il contrasto tra l’immagine satellitare di sfondo e gli
stimonianza di tutto questo, ma anche di una diretta relazione
elementi disegnati, quasi inaspettatamente, si esprime in un
speculare tra pittura e cartografia, la troviamo nelle opere del
equilibrio tonale e di segno che contribuisce ad una gradevole
pittore Johannes Vermeer, dove compaiono insistentemente
lettura.
carte geografiche e globi terrestri.
“Imparare viaggiando” può essere definita una carta geo-
di un cofanetto contenente la pianta suddivisa in 5 fogli, nello
grafica tematica che mixa la tradizione pittorica delle antiche
stile degli atlanti. Cinque fogli per cinque possibili percorsi alla
mappe ai moderni rilevamenti GPS e prende ispirazione da
scoperta di città, paesaggi, siti archeologici, per coloro i quali
quelle carte che hanno, da sempre, occupato un posto sulle
vorranno approfondire, studiare e capire il vasto Patrimonio
pareti delle aule scolastiche. Per definire i confini dell’Italia è
italiano UNESCO.
A conclusione del progetto editoriale vi sarà la produzione
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i n iti a tiv e
Learning by travelling Learning about the Italian monuments and sites on the UNESCO World Heritage List by Linda Mazzoni
To a child who is fond of maps and engravings. The universe is the size of his immense hunger Charles Baudelaire, The Voyage (to Maxime Du Camp) 1859, Revue française Drawing illustrations is a way of telling stories. Indeed, a drawing leads the imagination beyond the written word, it is a form of communication that is part of the realm of language; it may not be exhaustive but for this very reason it stimulates thinking. A map of Italy with drawings that illustrate the 44 UNESCO Sites and masterpieces of Italy’s Intangible Heritage (Canto a Tenore in Sardinia and Opera dei Pupi in Sicily), is the heart of the editorial project “Learning by Travelling” promoted by the UNESCO Association of Italian Heritage Towns and Sites. It is a response to the need to make these sites known, and especially to the younger public. The idea of using illustrations rather than photographs had already been tested out successfully with the presentation of Ferrara a Town of the Renaissance and its Po Delta, Heritage of Mankind. The UNESCO staff of the Municipality of Ferrara wanted people to know about the historic and artistic aspects and the territorial extent of Ferrara which is on the World List, by providing a teaching instrument that would be easy to understand. They addressed the Gualandi Firm of Ferrara to implement the project. Illustrations are one of the competencies of this Firm and over the years it has produced various drawings dedicated to the town. In particular they designed a typical route with the characteristics of a tour guide by the title: “Learn more about Ferrara on your bicycle”. A geographic map always prompts the idea of travelling with all its aspects of curiosity, fascination and search. Italo Calvino writes “The topmost need to fix places on paper is linked to travelling: it is the diary of successive stops, the layout of a route […]” (from the article “The Wayfarer in the map” – La Repubblica 18.06.1980 which was then included in “Collezioni di sabbia” (selected prose), 1994 Ed. Palomar e Mondadori, Milano). The narrative structure of a journey, Calvino points out, is the substance of a map which is usually conceived to trace an itinerary. A map unfolded on a table is already a hypothesis and at the same time a dream of an ideal route that is to lead to our desired destination. Before producing the “Learning by travelling” map, we had to go on another type of very educational “journey”, i.e. into the history of cartography to discover that, albeit to varying degrees, maps are present in all spheres of human activity. Man has always felt the need to measure all the things in his surroundings, from the Earth to the smallest of items. Right from the very beginnings, controlling space was of vital importance; it was essential not only for moving throughout the land in search of food but also for defending himself from potential enemies. Graphic representations on a more or less symbolic plane of a specific zone became the language for exchanging vital information. Maps, often on parchment were single copies, produced by people coming from different walks of life, but above all artists-scientists who, like Leonardo Da Vinci, worked on the advancement of knowledge. Today these maps are acknowledged to be true works of art, enriched by imaginative annotations, legendary places, decorations, buildings and allegorical figures. In their time, being unique copies, and facing the need to diffuse geographic information, they had to be copied by hand, with all the ensuing inaccuracies. With the advent of the printing press, and as science and knowledge advanced, maps became increasingly complex and could be reproduced and diffused. It is interesting to notice that Italy was a centre of excellence for cartography up until the protestant Reform, when the Catholic Church, to protect orthodoxy, promulgated extremely severe penalties against heretics and persecuted them wherever there was a trace of heresy. As we know, amongst the victims of the Inquisition there were also scientists who, in order to continue their studies beyond the reach of the Sant’Uffizio had to move in the Netherlands or to England, thus transferring to those countries the production of geographic maps. The works of Johannes Vermeer, which include many maps and globes, bear witness to all this and also to the direct relationship between painting and cartography. “Learning by travelling” can be defined as a thematic geographic map that mixes the pictorial tradition of ancient maps with the modern GPS measurements and draws its inspiration from the maps that typically hang on the walls of primary school
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classrooms. To define the boundaries of Italy, for love of scientific confirmation, a digital image taken from a satellite has been used, a physical map of the earth’s surface which complies with at least one of the three rules that define the correctness of a geographic map (equidistance (unaltered ratio between graphic and real lengths), equivalence (unaltered ratio between the graphics and the real areas), isogony or conformity (each graphic angle corresponds to the real angle). By contrast, the architectural monument, the site or item of the intangible heritage of mankind is indicated on the map by a freehand drawing. After having examined the vast amount of photographs of the Sites to be represented, the best images from the standpoints of perspective, views and degree of recognisability were selected and reduced in size. This was the starting point for the first black and white drawings. Technique: pencil and felt-tip pens on cardboard. The outcome of many consequential drawings, where a uniform approach was pursued in order to ensure a balanced coexistence of all the elements (including titles and text), is a final table for each item. By means of a digital system these drawings were coloured and transferred to their respective geographic positions ignoring proportional ratios because the illustration is the overriding intention. The contrast between the background satellite image and the drawings, almost unexpectedly, produces a balance of different hues and signs which make for very pleasant reading. Once the editorial project is completed a box will be produced to contain the map divided into 5 sheets in the style of atlases. Five sheets for five possible itineraries across towns, landscapes, archaeological sites, for anyone interested in gaining deeper knowledge, studying and understanding the vast Italian UNESCO heritage.
BETA57@TISCALI.IT
11 AGOSTO - 11 SETTEMBRE 2010
è FOTO: AMEDEO ANASTASIO
VIII EDIZIONE
Un evento internazionale un modo per non dimenticare, per fermarsi a riflettere e guardare con speranza al futuro con il patrocinio di: Alto Patronato della Presidenza della Repubblica
Regione Campania
Provincia di Salerno
INFORMAZIONI: ASSOCIAZIONE SCALA NEL MONDO WWW.SCALANELMONDO.ORG - INFO@SCALANELMONDO.ORG
Comune di Scala
U NE S C O
Una cultura di pace I Club e Centri UNESCO Italiani riuniti in assemblea ad Assisi di Marialuisa Stringa
Presidente Federazione Italiana dei Club e Centri UNESCO, membro del Consiglio esecutivo Mondiale.
A
ssisi città della pace, patrimonio mondiale UNESCO, ha accolto dal 9 all’11 Aprile 2010, la XXXI Assemblea nazionale dei Club e Centri UNESCO Italiani, sul tema “un cammino verso la pace: l’impegno culturale, sociale e di solidarietà dei Club UNESCO sul territorio”.
Le finalità di pace e rispetto dei diritti che i Club UNESCO si propongono
in tutto il mondo si sono incontrate idealmente con i valori espressi dalla città di Assisi, simbolo per il mondo intero di pace e di dialogo tra le culture.
I Club UNESCO, creati sulle ceneri di Hiroshima e Nagasaki in Giappo-
ne, subito dopo la costituzione dell’UNESCO, si proponevano già allora come finalità prioritaria di dare voce e attuazione sul territorio ai principi espressi dall’Atto costitutivo dell’UNESCO: “nello spirito degli uomini nascono le guerre è nello spirito degli uomini che devono essere create le difese della pace”. F EDERAZ I ONE DE I C L U B
I T AL I ANA E C EN T R I U NE S C O
via Gian Paolo Orsini, 44 - Firenze Tel oo39 055 572676 / 348 2627066 fax oo39 055 583454 presidente.ficlu@gmail.com marialuisastringa@gmail.com
Il piccolo gruppo che a Senday nel 1968 colse nel messaggio dell’UNE-
SCO “una leva capace di muovere il mondo”, come ebbe a dire qualche anno più tardi il Direttore Generale dell’UNESCO, il filosofo René Maheu, credeva nella forza innovativa dell’invito che l’UNESCO rivolgeva a tutte le persone, di tutte le età, di tutte le condizioni umane, sociali, culturali, in tutti i paesi del mondo.
È di grande significato che sopra le tragedie che erano il risultato di un
utilizzo distorto dell’ingegno umano, nascesse una luce di speranza, fondata sulla convinzione che i principi ideali espressi e sottoscritti dai governi di tutto il mondo, avrebbero potuto tradursi in azione sul territorio attraverso l’educazione, la cultura e la scienza.
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L’UNESCO seppe immediatamente comprendere la forza operativa che avrebbe potuto acqui-
stare questo impegno dei Club, concedendo loro il riconoscimento legale, con il diritto a portare il suo nome – unica ONG, negli anni, ad averlo ottenuto.
Da allora questo messaggio e questo invito all’azione ha conquistato il mondo: circa cinque-
mila sono oggi i Club e Centri UNESCO nei cinque continenti, riuniti in Federazioni Nazionali, a loro volta organizzate in Federazioni Regionali: l’Asiatica, l’Europea, l’Africana, e, in via di organizzazione, la Federazione dell’America Latina. Nel 1981 si costituiva la Federazione Mondiale, della quale la Federazione Italiana, approvata nel 1979, con atto notarile sottoscritto a Roma, nella sede della Commissione UNESCO, è membro costituente e permanente. Lo statuto della Federazione Italiana prevedeva come membri d’ufficio anche i Ministeri per gli Affari Esteri, dei Beni Culturali, e della Pubblica Istruzione. E non si trattava di una presenza solo formale: fu subito chiaro che la Federazione voleva muoversi in linea con le autorità e gli uffici che sono istituzionalmente delegati ai contatti con l’UNESCO, mentre, sulla base dello statuto, avrebbe proseguito il suo cammino in piena autonomia.
Oggi la Federazione comprende oltre 100 Club e due Centri – Firenze e Torino – che manten-
gono rapporti diretti con l’UNESCO. Tutti i Club e Centri membri realizzano programmi, progetti,
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iniziative rispondendo alle richieste e agli interessi specifici dell’ambiente in cui operano, nei campi d’azione propri dell’Organizzazione, in linea con le indicazioni della stessa UNESCO, della Commissione Nazionale e della Federazione Mondiale.
Ci limitiamo a menzionare, perché oggetto dei gruppi di lavoro dell’Assemblea di Assisi, alcuni temi di prevalente interes-
se: diritti umani, ricordando che la Federazione ha deciso di dotarsi di una Scuola di Formazione dedicata a questi temi, con la finalità che giovani e docenti operino nella società civile con una seria preparazione metodologica e didattica; e ancora, i temi connessi con il patrimonio mondiale da salvaguardare, il programma sui monumenti e siti dichiarati testimoni di pace, i problemi dei giovani emigrati, il patrimonio immateriale, l’artigianato da salvare, lo sviluppo sostenibile.
Ma la ragione d’essere dell’azione dei Club UNESCO resta l’impegno di educazione ai valori etici e culturali indicati
dall’UNESCO al mondo, al dialogo e alla solidarietà, condizioni perché i diritti non restino parole.
L’importanza di questa azione dei Club UNESCO sul territorio, è stata sempre più compresa e sottolineata dall’Organiz-
zazione che, nelle ultime Conferenze generali, ha sottolineato il ruolo fondamentale della società civile per il raggiungimento dei suoi obiettivi. Il Direttore generale dell’UNESCO ha parlato in questa linea di “svolta storica” dell’Organizzazione, che oggi ha sempre più bisogno dei suoi partner sul territorio. Alla luce anche di questo rinnovato impegno che l’UNESCO chiede ai suoi Club come partner privilegiati, in un mondo sconvolto da venti di guerra, appare chiaro il significato della scelta di Assisi per la XXXI Assemblea Nazionale della Federazione Italiana dei Club e Centri UNESCO, la quale si trova oggi ad affrontare un processo di crescita fondato su un nuovo equilibrio.
L’annuale Assemblea nazionale è il momento centrale nella vita della Federazione, intesa come formazione, sulla base
del riconoscimento del MPI, articolata in lezioni magistrali e lavori seminariali per la programmazione, lo scambio di idee ed esperienze, come base per proseguire il cammino comune.
L’organizzazione, affidata ai tre Club UNESCO dell’Umbria: Assisi, Foligno, Perugia, con la preziosa collaborazione del
Sindaco di Assisi Claudio Ricci, prevedeva una apertura di grande significato nella sala papale del Sacro Convento. Un primo incontro questo che è stato portatore di un messaggio di azione per la pace, rilevato in tutti gli interventi in quella sede: dal sindaco Ricci, che ha aperto i lavori, al Custode del Sacro Convento, padre Piemontese, dall’Ambasciatore Savoia, al Direttore dell’ICCROM, Prof. Mounir Bouchenaki, al professore Paolo Orefice, titolare della cattedra transdisciplinare UNESCO di educazione alla pace.
Tutti gli interventi che limiti di spazio ci impediscono di citare in questa sede, ma sui quali ritorneremo, bene al di là
della forma o dell’ufficialità che impone la sacralità e la storia del luogo, hanno sottolineato come questi valori si traducano in una volontà di impegno sul territorio che l’azione francescana ha espresso per secoli. In particolare il sindaco Ricci si è fatto interprete di questa stimolante testimonianza, capace di parlare ancora al mondo dopo secoli. Anche la presidente Stringa ha messo in rilievo come la scelta di questa sede per la riunione potesse indicare ai Club tutti un cammino per la loro azione, così come era nell’auspicio degli organizzatori. In questo senso, il ciclo degli affreschi che sono stati illustrati da padre Marioli, come le volte affrescate della Sala, resteranno, per chi ha vissuto questo incontro, fondamento del nostro impegno etico, sociale e umano. Il professor Orefice, nel suo intervento magistrale, dal titolo simbolico “L’educazione per la cultura di pace e lo sviluppo umano”, ha presentato una linea operativa precisa, fondata su esperienze internazionali e locali, stimolando una riflessione sulla centralità e l’importanza dell’azione educativa perché si costruisca, in particolare nei giovani, una “cultura della pace” responsabile e attenta allo sviluppo.
La Pace, dunque, non è stata ad Assisi solo una suggestiva parola, continuamente ripetuta in quelle giornate, fra il lavoro
che è stato intenso e l’impegno istituzionale del rinnovo del Consiglio Direttivo, ma per ciascuno dei partecipanti un nuovo invito all’azione, nei campi diversi in cui operiamo, nutrito dalla visita alle volte rinate e agli affreschi guariti di Assisi che sanno sempre parlare all’umanità.
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Meeting of Italian UNESCO Clubs and Centres in Assisi by Marialuisa Stringa From 9 to 11 April 2010 Assisi, city of peace, on UNESCO’s world heritage list, held its 31st National Meeting of Italian UNESCO Clubs and Centres on the issue: “journey towards peace: cultural, social and solidarity engagement of UNESCO Local Clubs”. The aims of peace and respect for rights that the UNESCO Clubs promote throughout the world ideally came together with the values embodied by the town of Assisi, symbol, for the whole world, of peace and dialogue among cultures. The UNESCO Clubs were set up on the ashes of Hiroshima and Nagasaki in Japan immediately after the establishment of UNESCO with the aim, since that time, of giving voice and embodying at the local level the principles expressed in the Memorandum of Association of UNESCO “wars are formed in the mind of man, it is in the mind of man that the defences of peace need to be created. The small group that in Senday in 1968, grasped the meaning of UNESCO being “a lever capable of moving the world”. A few years later the philosopher René Maheu, Director General of UNESCO, said he believed in the innovative force of the invitation that UNESCO was addressing to people of all ages, of all human, social and cultural conditions anywhere in the countries of the world. It is meaningful that on top of the tragedies that were the outcome of a distorted use of human intelligence, there arose a glimmer of hope founded on the belief that the ideal principles expressed and signed by the governments of the whole world would translate into actions within communities thanks to the force of education, culture and science. UNESCO immediately acknowledged the operational force that the engagement of the clubs would take on by granting them legal recognition and the right to bear its name; this is the only NGO throughout the years that has been given this privilege. Since then this message and this invitation to action has conquered the world: around five thousand people are members of the UNESCO Clubs and Centres today in the five continents gathered into National Federations which in turn are organized into Regional Federations: Asian, European, African and currently there is also the Latin American Federation which is being formed. In 1981 the World Federation was set up of which the Italian Federation, which had been approved in 1979 with a notary deed signed in Rome at the seat of the UNESCO Commission, is a constituent and permanent member. The Statute of the Italian Federation envisages as ‘ex officio’ members also the Ministries for Foreign Affairs, Cultural Heritage and Public Education. And their presence is not only formal: it was immediately clear that the Federation had the intention of operating in conjunction with the authorities and the offices that have the institutional task of being in contact with UNESCO while at the same time, in accordance with its Statute, it would continue its journey in full independence. Today the Federation counts over 100 Clubs and two Centres, one in Florence and one in Turin which keep direct contacts with UNESCO. All the member Clubs and Centres carry out programmes, projects and initiatives that are in line with the requests and specific interests of the milieus in which they operate, i.e. in the fields of action that are typical of the Organization, in compliance with the indications set forth by UNESCO itself, by the National Committee and by the World Federation. Only some issues of greatest interest will be mentioned here because they were the themes of the working groups at the Assisi Assembly: first of all human rights, recalling that the Federation has decided to set up a Training School devoted to these themes with the aim that young people and teachers may operate in civil society backed by a methodological and didactic preparation; then the themes related to the world heritage to be protected, the programmes on monuments and sites declared to be the witnesses of peace, the problems of young immigrants, the intangible heritage, the crafts to be saved, and finally sustainable development. But the raison d’etre of the action of the UNESCO Clubs is the engagement of education in advancing the ethical and cultural values indicated by UNESCO to the world: dialogue and solidarity, conditions that are necessary in order for rights not to be just empty words. The importance of this action by the UNESCO Clubs out in the community has been better understood and emphasized by the Organization which at its last general conferences has pointed out the fundamental role of civil society in accomplishing its goals. The Director General of UNESCO has spoken about this historic shift of the Organization which increasingly needs local partners. It is in the light of this renewed commitment that UNESCO expects of its Clubs, as privileged partners in a world that is ravaged by wars, that the choice to hold the 31st National Assembly of Italian Federations of UNESCO Clubs and Centres in Assisi takes
on all its meaning for UNESCO that today is facing a growth process based on a new equilibrium. The national annual Assembly is a central moment in educational terms in the life of the Federation taken as training, on the basis of the recognition of the MPI, and articulated into master lectures and workshops for the planning and sharing and exchange of ideas and experiences and as groundwork on which to build the future together. The organization, that was attributed to the three UNESCO Clubs of Umbria: Assisi, Foligno and Perugia, with the precious collaboration of the Mayor of Assisi Claudio Ricci, envisaged an opening ceremony of great momentum in the papal room of the Sacred Convent. This first meeting spelled out a message of action for peace, which then emerged from all the contributions: the opening address by the Mayor Ricci, the Custos of the Sacred Convent, Fr. Piemontese, Ambassador Savoia, Director of ICCROM, Prof. Mounir Bouchenaki, Professor Paolo Orefice, holder of the cross-disciplinary UNESCO Education to Peace chair. All the contributions that cannot be mentioned here for lack of space, but that we shall come back to, well beyond the formalities imposed by the sacred nature and history of the setting, emphasized that these values are translated into a will to commitment in a territory where this type of will has been expressed by Franciscan action for hundreds of years. In particular, the Mayor, Mr. Ricci, addressed this stimulating testimony, which still speaks to the world centuries later. Also President Stringa highlighted how the choice of Assisi for the meeting was an indication for all the clubs of the direction that their action must take, as was the desire of the organizers. And the cycle of frescoes that were illustrated by Fr. Marioli, like the frescoes on the dome of the Hall, will be the groundwork for the ethical, social and human commitment of all those who shared this experience. Prof. Orefice, in his master lecture, bearing the symbolic title of “Education for a culture of peace and human development”, presented a precise operational line based on international and local experiences, stimulating thoughts on the centrality and importance of education in order to build, especially in young people, a “culture of peace” that is responsible and sensitive to development. Peace, therefore, in Assisi was not only an evocative word, repeated over and over again during the meeting, by the contributors and during the works for the renewal of the Steering Committee, but for each participant it was a renewed invitation to action, in the various fields in which each operates, nourished and revitalized by the visit to the healed frescoes of Assisi that will never stop speaking to mankind.
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Belli e intangibili la convenzione unesco sul Patrimonio culturale immateriale del 2003. Prospettive italiane di attuazione
di luCiana Mariotti
ministero per i Beni e le attività culturali, segretariato generale – servizio I coordinamento e studi – Patrimonio mondiale unesco
“[…] una delle iniziative dell’accademia celtica è stato un censimento dei … draghi! una ventina le città francesi in cui una volta l’anno si portava (o si porta) un drago di cartapesta in processione.” Italo calvino, Il Patrimonio dei draghi, in la collezione di sabbia, 1980
convenzione 2003: che cosa cambia nella prospettiva italiana delle discipline antropologiche the convention for safeguarding of Intangibile cultural Heritage: è una convenzione promossa e realizzata dall’unesco. firmata a Parigi dall’Italia il 17 ottobre del 2003, è stata ratificata dal parlamento italiano il 27 settembre 2007, con l. n. 1671 (da ora in poi convenzione 2003). Questa convenzione è finalizzata alla salvaguardia, tutela e valorizzazione di quegli aspetti della cultura che non si vedono, ma che rappresentano i fattori essenziali per l’elaborazione collettiva dei costumi, delle idee, delle mentalità, delle cosiddette identità delle comunità, dei gruppi sociali, dei luoghi, così come delle persone singole, detentrici del bene individuato2.
conegliano Valdobbiadene foto: new.prosecco.it
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tale convenzione è strettamente collegata a quella sul Patrimonio mondiale culturale e naturale, firmata dai Paesi membri dell’unesco nel 1972 e ratificata dall’Italia nel 1978. è importante questo legame perché apre, in Italia, ad una scelta culturale che va sempre più orientandosi verso un approccio integrato tra la salvaguardia e la conservazione3. una scelta dettata dalla normativa definita dal codice per i Beni culturali e il Paesaggio (2004) ed in particolare dall’art. 7 bis del 2008. Questo comma del codice riconosce un elemento del patrimonio culturale immateriale: una cerimonia, un rito, una festa, un comportamento… ma solo se strettamente correlato ad un bene culturale suscettibile di tutela e di conservazione. la convenzione unesco 2003 viene approvata all’unanimità nella xxxII sessione della conferenza generale riunitasi a Parigi dal 27 settembre al 17 ottobre 2003. essa è il risultato di un lungo processo sviluppatosi attorno al concetto e alla identificazione della diversità, quale indicatore eccellente di patrimonio culturale. Proprio attorno al concetto di diversità si sono svolti i lavori delle conferenze generali, almeno a partire dal 1989, quando, la raccomandazione unesco sulla salvaguardia della cultura tradizionale e Popolare definì il patrimonio intangibile the essential source of an identity deeply rooted in the past. successivamente, la declaration on cultural diversity del 2001, e la declaration of Instabul del 2002 hanno sottolineato, in modo esplicito, l’analogia di status tra la salvaguardia del patrimonio intangibile e la protezione e la conservazione del patrimonio tangibile o materiale. nelle dichiarazioni emerge che: if temples and monuments should be preserved, why not legends and rituals? In fact, many would argue, the word’s (man-made) material heritage is but a dead heritage, whereas the immaterial one is alive and will be a dominant factor in the shaping of our future. (conferenza di Istanbul, 16-17 settembre 2002). una primissima analisi dei mutamenti introdotti, anche da questi interventi internazionali, negli stessi paradigmi della disciplina antropologica, fa notare che la recommendation on the safeguarding of traditional culture and folklore conferiva ancora importanza nodale ai concetti sottesi dal termine folklore, concetti che sono stati rimossi dalla elaborazione della convenzione 2003, a favore della più
democratica e sicuramente emblematica – in senso internazionale – parola chiave dell’antropologia: cultura4. la convenzione 2003, sulla base di processi negoziali internazionali, cancella il termine folklore motivando la scelta come non più plausibile nel suo significato etimologico, cioè conoscenze del volgo, governo del popolo: credenze, danze, superstizioni, costumi, proverbi, norme e valori non scritti, potenti nella sanzione e nella promozione dei comportamenti sociali condivisi dal gruppo, inteso come diverso da quello dominante5. conoscenze del volgo e/o governo del popolo sono terminologie interpretate con significato dispregiativo a favore, invece, del più egalitario concetto di cultura di comunità o di gruppi sociali6. l’adozione internazionale della convenzione 2003 sul patrimonio immateriale estende, quindi, la definizione del significato antropologico di cultura, elabora e denomina la sua stessa consistenza rimodellando, contemporaneamente, i confini della stessa disciplina preposta alla sua identificazione7. modalità di azione già presente nella definizione di patrimonio culturale dell’umanità, redatta in occasione della presentazione delle candidature nel Programma dei masterpieces of oral and Intangible Heritage of Humanity (2001-2005)8. se la domanda di uno strumento normativo internazionale, a tutela del patrimonio intangibile, è arrivata soprattutto dagli stati ormai decolonizzati, soggetti a guerre e distruzioni con minacce più o meno esplicite al proprio patrimonio culturale e da stati caratterizzati da concezioni differenti di conservazione delle proprie forme del passato – di fatto eurocentrici – la definizione di patrimonio culturale intangibile elenca, nella convenzione 2003, una serie di aspetti che sono a fondamento del concetto antropologico di cultura, fin dalla prima elaborazione di edward Burnett tylor (1832-1917) nel suo Primitive culture del 1871. l’art. 2 precisa, ad esempio, che il patrimonio intangibile include: a) le tradizioni e le espressioni orali, compreso il linguaggio quale veicolo della trasmissione; b) le arti performative; c) le pratiche sociali, i riti e gli eventi festivi; d) le conoscenze sulla natura e sull’universo e le prassi conseguenti; e) i saperi e i saper fare tradizionali (traditional craftsmanship). la presenza di una istituzione internazionale con una normativa che di fatto regola la dinamica storico/sociale – in particolare attraverso concetti quali salvaguardia, inventariazione, promozione, rivitalizzazione introduce necessariamente dei mutamenti nelle stesse forme epistemologiche e nelle conseguenti metodologie applicative della disciplina stessa. tratto fondamentale del patrimonio intangibile è il suo essere contemporaneamente tradizionale e vivente, radicato nel passato, ma in
I ceri di gubbio
costante trasformazione9. ciò comporta che i concetti di tradizione, di consuetudine, di rielaborazione sono tanto alla base dello strumento normativo internazionale, quanto insiti nelle analisi dell’antropologia contemporanea (riflessiva nei confronti di dispositivi simbolici in continua trasformazione), e preposti alle stesse procedure di selezione del patrimonio stesso10. Il concetto di tradizione, infatti, implica la trasmissione del passato non nella sua integrità, ma attraverso un’azione filtrante e selettiva della realtà fattuale, la quale costituisce la tradizione stessa11. la rilettura in funzione contemporanea del passato può fare emergere aspetti che, in un dato periodo storico, vengono ritenuti dalle comunità locali, dai gruppi o da singoli individui essenziali per la costruzione e/o ri-costruzione della propria appartenenza culturale. dal punto di vista metodologico, le procedure sottese alla convenzione del 2003 sono espressamente orientate alla ricerca e alla definizione di criteri, sulla base dei quali procedere alla selezione e alla iscrizione del bene intangibile individuato. che cosa sono i criteri? I processi filosofici legati alla criteriologia, scrive francis affergan, conducono alla individuazione di modelli preposti alle istanze di discernimento e di discriminazione tra cosa è pertinente agli obiettivi dati e che cosa non lo è12. a seguito del seminario tenutosi a new delhi nell’aprile 2007, gli esperti unesco hanno deliberato i criteri per l’iscrizione degli elementi del Patrimonio immateriale in due liste separate, così come previsto dagli art. 16 e 17 della convenzione stessa. I criteri adottati sono cinque per la lista rappresentativa del Patrimonio immateriale e sei per la lista a salvaguardia urgente.
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Il criterio 5 della lista rappresentativa chiede l’inserimento dell’elemento in uno o più inventari nazionali, mentre il criterio 6 della lista a urgente salvaguardia specifica che, in casi eccezionali, lo stato parte può inserire automaticamente un elemento nella lista ad urgente salvaguardia. gli altri criteri sono comuni alle due liste.
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2011 ne verranno decisi di diversi durante i lavori del comitato intergovernativo del prossimo novembre.
gli strumenti internazionali per l’attuazione della convenzione gli organi generali della convenzione sono l’assemblea generale e il comitato Intergovernativo. la prima si riunisce ogni due anni e ha le proprie regole Procedurali di comportamento, sia per l’assemblea sia per il comitato. l’assemblea generale degli stati parte elegge il comitato che resta in carica per quattro anni. ogni due anni, però, il comitato rinnova la metà degli stati membri. l’Italia è stata eletta membro del comitato nel 2008 e vi rimarrà fino al 2012. uno stato non può essere eletto per due mandati consecutivi. gli stati membri del comitato sono eletti secondo le regole della rappresentatività geografica e della rotazione. Il comitato è assistito dal segretariato unesco. Il segretariato prepara la documentazione per l’assemblea generale e per il comitato intergovernativo, così come la bozza dell’agenda dei suoi incontri intergovernativi. l’iscrizione nella lista ad urgente salvaguardia viene discussa da un comitato di esperti selezionati ad hoc, la lista rappresentativa, invece, viene discussa da un comitato temporaneo di esponenti di paesi membri. Per il 2009-2010 i membri del comitato consultivo sono: turchia, estonia, messico, Korea, Kenya, emirati arabi. Per la sessione del
attuazione italiana della convenzione 2003 da circa una quindicina di anni, il ministero per i Beni e le attività culturali, su richiesta del ministero per gli affari esteri, ha assunto e maturato le competenze per l’attuazione delle candidature nelle convenzioni unesco. Quindi è il miBac ad occuparsi della convenzione del 1972 e dal 2009 anche delle convenzioni per la salvaguardia del Patrimonio immateriale e per la Protezione e Promozione delle espressioni della diversità culturale. come già prima accennato la caratteristica prevista all’interno della modalità di attuazione italiana riguarda la tensione verso la definizione di un approccio integrato, conservazione-salvaguardia, al patrimonio culturale. Pertanto i beni immateriali vengono salvaguardati se conservano una sorta di doppia anima: materiale e immateriale13. l’organo italiano deputato all’attuazione delle convenzioni unesco è il gruppo di lavoro interministeriale permanente presieduto dal sottosegretario di stato, con la vice presidenza del segretario generale del miBac. all’interno del segretariato generale è inglobato l’ufficio Patrimonio mondiale dell’unesco con compiti di istruttoria e di assistenza alle proposte, così come alle proclamazioni delle candidature. Il gruppo di lavoro dell’attuale ministero è stato istituito il 22 marzo 2009; i membri dei ministeri partecipano seguendo le direttive di un decreto firmato dal sottosegretario il 22 luglio 2009 e
1. Il ministero per gli affari esteri non ha tradotto ufficialmente in italiano la convenzione, la quale ha mantenuto la versione francese. è questo, principalmente, il motivo per cui la convenzione è nota come convenzione “per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale” 2. la convenzione unesco “assicura il rispetto per i beni culturali intangibili delle comunità, dei gruppi e degli individui interessati”. con i riferimenti immediati, nel suo primo paragrafo, agli strumenti internazionali esistenti in materia di diritti umani, la dichiarazione universale sui diritti umani del 1948, il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, il Patto Internazionale sui diritti civili e Politici del 1976 si pone quale antidoto all’intolleranza e al razzismo per il riconoscimento delle differenze tra le culture a garanzia dello sviluppo duraturo delle proprie identità. cfr. fabietti, u. Identità collettive come costruzione dell’umano in: affergan, s. Borutti, s. calame, c. fabietti, u. Kilani, m. remotti, figure dell’umano. le rappresentazioni dell’antropologia, meltemi, roma, 2003, pp.211-259.; Harrison, g. educazione ai diritti umani per una società multiculturale, mulino, 1998 3. Per sottolineare quanto le due convenzioni siano collegate nell’identificazione degli strumenti di protezione, nel 2004 una conferenza Internazionale svoltasi in giappone, a Yamoto, mise in crisi uno dei principali criteri di selezione dei beni per la World Heritage list: il concetto di autenticità. al termine della conferenza è stata siglata una dichiarazione Yamoto declaretion, nella quale cultura materiale e cultura intangibile sono riconosciute interrelate. cfr. Proceedings actes International conference on the safeguarding of tangibile and Intangibile cultural Heritage. toward an Integratd aprroach, nara, Japan, 20-23 october, 2004. la
stessa convenzione per la Protezione delle espressioni della diversità culturale, adottata dall’unesco nel 2005, ratificata dall’unione europea nel maggio 2006 e dall’Italia il 31 gennaio 2007 riconosce il prodotto culturale quale bene culturale da tutelare anche e soprattutto in quanto espressione della diversità culturale che si manifesta attraverso saperi e tecniche peculiari in ogni cultura. anche in questo caso si sottolinea il legame tra tangibile ed intangibile. 4. nella storia della disciplina etno/antropologica la trasformazione dei significati del termine folklore ha avuto inizio con l’introduzione del concetto di cultura. Il folklore si restringe a quella parte spirituale della cultura caratterizzata dalla trasmissione verbale, mentre agli aspetti materiali della cultura viene conferito il nome di etnografia .cfr. voce folklore in: dizionario di antropologia, a cura di fabietti, u., remoti, f., zanichelli, Bologna, 1977 e in seymur-smith, c., dizionario di antropologia, sansoni, firenze,1997. è tuttavia con il termine folklore che la carta del messico del 1976 pose – a livello mondiale – il problema della tutela delle culture subalterne e minoritarie. lo stesso concetto di cultura, inteso quale unità principale della diversità umana, si trasforma nell’incontro con la globalizzazione ( = “la cultura è ovunque”) .cfr. Hannerz, u. la diversità culturale, milano, Il mulino 2001; scovazzi, t. la convention pour la sauvegarde du Patrimoine culturel Immateriel, in Vukas &sosi (eds), International law.new actors, new concepts, continuing dilemma-liber amicorum Bozidar Bakoti, leiden, 2010, pp-301-3017 5. d’altra parte è proprio questa diversità ad essere oggi messa in dubbio, data l’affluenza trasversale alle manifestazioni della cultura locale e dalla trasversalità che connota lo stesso approccio ad una cultura non dominante. su questa base
in base ad un recente nuovo decreto (22 maggio 2010). Questo organo ha deliberato l’istituzione di una lista Propositiva nazionale per la convenzione 2003 (non ne esiste una ufficiale voluta dall’unesco, come per la convenzione 1972); inoltre ha provveduto ad inserire una serie di criteri aggiuntivi a quelli stabiliti dal comitato unesco, in grado di favorire la migliore identificazione del patrimonio immateriale italiano. tra questi criteri è stata prevista la continuità e, quindi, la definizione dell’arco temporale entro il quale l’elemento proposto in candidatura può considerarsi bene culturale. fino ad ora, ma la discussione è in corso, quest’arco temporale è stato stabilito in cinquanta anni, in analogia con i beni del patrimonio culturale materiale. l’Italia, inoltre, per l’anno 2010, propone candidature nella lista rappresentativa, riservandosi di considerare nel prossimo futuro anche progetti a salvaguardia urgente. le proposte ricevute sono di differenti tipologie: giochi storici come la giostra del saracino di arezzo, il Palio di siena; saperi e saper fare come i merletti di cantù, le launeddas di nuoro, la liuteria di cremona; le tecniche agricole dei vigneti della Valdobbiadene e di conegliano (Veneto), l’arte della pizza napoletana; feste patronali: la rete italiana delle macchine a spalla santa rosa (Viterbo), Varia di Palmi (cosenza), i gigli (nola), i candelieri (sassari); le farchie di san marco in lamis (Bari); la festa dell’albero di alessandra del carretto (cosenza), i ceri di gubbio (Perugia); feste profane: il carnevale di Viareggio; il calendimaggio di assisi. Il dossier con tutti gli allegati richiesti verrà presentato al segretario generale del ministero per i Beni e le attività culturali per
l’inoltro alla rappresentanza italiana a Parigi entro il 31 luglio 2010 (la scadenza ufficiale è il 31 agosto, ma per problemi di accordo fra tutti gli interessati si anticipa). Per la valutazione finale occorrerà almeno un anno con le scadenze temporali definite e trascritte nelle istruzioni operative. la proclamazione finale si avrà durante i lavori del comitato intergovernativo del 2011.
viene messa in discussione la stessa definizione di cultura popolare. cfr. dei, f. Bethoveen e le mondine, meltemi, roma, 2001 6. cfr. ciminelli, m.l. (a cura di) la negoziazione delle appartenenze. arte, identità e proprietà culturale nel terzo e quarto mondo, International center of art economics, università ca’ foscari di Venezia, franco angeli, milano, 2006 7. cfr. Kreps c. Indigenous curation as Intangible cultural Heritage: thoughts on the relevance of 2003 unesco convention in theorizing cultural Heritage, fellowship Program at the smithsonian center for folklife and cultural Heritage. vol.1, n.2, 2005, pg. 7 8. cit in Proclamations of masterpieces of the oral and Intangibile Heritage of Humanity – guide for the Presentation of candidature files, unesco, tourin, 2001, Paragrafo III, definition, pg. 5 9. obiettivo del Programma unesco relativo ai “capolavori”, Proclamation of masterpieces, è stato l’anticipazione della convenzione del 2003 attraverso l’elaborazione di una strategia capace di mettere a punto tanto la normativa internazionale, quanto la revisione dei quadri concettuali per la salvaguardia del patrimonio culturale intangibile. 10. I processi di costruzione della tradizione e delle identità sono diventati temi dominanti della ricerca antropologica contemporanea. I 9° capolavori proclamati in tutto il mondo tra il 2001 e il 2005 sono stati trasferiti nel 2008 – a seguito della decisione adottata nell’ambito del comitato intergovernativo a tokio nel 2007 nella lista rappresentativa della convenzione del 2003. cfr. nelson thomas, the inversion of tradition, in american ethnologist, 19, n.2, 1992, pp.213232; Kilani m. Introduction à l’anthropologie, Payot, Paris, 1992; (tr.it. antropolo-
gia. una introduzione, dedalo, Bari,1994); Palumbo, B. l’unesco e il campanile. antropologia politica e beni culturali nella sicilia orientale, meltemi, roma, 2003; amselle, J.l. ‘Bakolo, a. l’invenzione dell’etnia, meltemi, roma, 2008 11. cfr. lenclud g. la tradizione non è più quella di un tempo, in clemente P. mugnaini, f. oltre il folklore. tradizioni popolari e antropologia nella società contemporanea, carocci, roma, 2002, pg. 21 12. cfr. affergan, f. la valorizzazione dei tipi e le forme della comparazione in, affergan, f.; Borutti, s.; callame, c.; fabietti, u.; Kilani, m.; remotti, f., le figure dell’umano. le rappresentazioni dell’antropologia, 2005, pp.121-124 13. nella riunione intergovernativa del comitato della convenzione del 1972, è stata redatta la seguente dichiarazione: on the Preservation of the spirit of Place, adottata a Quèbec, canada, 4th october 2008. la dichiarazione ribadisce che: … visto che lo spirito del luogo è costituito da elementi tangibili ed elementi intangibili e che ambedue contribuiscono a conferire senso e significato ai luoghi, la dichiarazione riconosce che il patrimonio intangibile conferisce un ricco e completo significato al patrimonio culturale tangibile e che questo fatto debba essere tenuto in conto da tutta la legislazione sul patrimonio culturale, e in ogni progetto di conservazione e restauro dei monumenti, dei siti archeologici, paesaggi culturali, strade, collezioni. a questo proposito, misura di salvaguardia interessante può diventare la richiesta di “dichiarazione di interesse culturale” – in base all’art. 13 del codice. la dichiarazione di interesse – ad esempio dei carri del carnevale di Viareggio – contribuisce alla promozione e alla trasmissione dei saperi collegati alla realizzazione del patrimonio tangibile.
I gigli di nola foto: www.igigli.org
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Kakure Kirishitan I cristiani nascosti del Giappone
di Edoardo Lorenzetti
Antropologo, Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche presso il CERIS di Roma - Dipartimento Identità Culturale. Collabora per l’attuazione della Convenzione per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale con l’Ufficio Patrimonio Mondiale UNESCO del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
L’
evangelizzazione del Giappone ha inizio il 15 agosto 1549, giorno in cui lo spagnolo Francisco Xavier (cofondatore con Ignacio de Loyola dell’Ordine dei Gesuiti), partito dalla penisola di Malacca insieme a due confratelli, Cosme de Torres e Juan Fernández, sbarca
nel porto di Kagoshima. Degli abitanti scrive: “è la migliore razza che si
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sia scoperta fino ad oggi, e, credo che tra gli infedeli non si possa trovare gente come i Giapponesi”.
Nel 1563, Omura Sumitada divenne il primo Daymio convertito al
cristianesimo; negli anni successivi la scelta religiosa del signore feudale venne condivisa, forzatamente o meno, dai suoi sudditi; per cui nel 1577 l’intera popolazione della zona era, almeno nominalmente, cristiana. La città costiera di Nagasaki diviene il principale centro cristiano dell’arcipelago nipponico.
Dopo la morte di Francisco Xavier, i missionari gesuiti impegnati
nell’opera di evangelizzazione, seguiranno, prima in Giappone e poi in altri paesi dell’Asia, le norme redatte dal gesuita Alessandro Valignano (1539-1606), autore del fondamentale Cerimoniale per i missionari in Giappone, in cui si legge: “Non sono i giapponesi che devono adattarsi ai nostri costumi, ma noi che dobbiamo adattarci ai loro”.
Pertanto, il cardine dell’opera di penetrazione missionaria sarà
per Valignano, e i gesuiti, il cosiddetto “principio d’adattamento”; inte-
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C hu r ch e s
a n d
C h r isti a n
S it e s
i n
N a g a s a k i
Nell’ambito dell’accordo bilaterale di collaborazione tra Italia e Giappone nel settore dei beni culturali, stipulato nel marzo 2008 a Tokyo, incentrato sulle tematiche dei siti UNESCO e della tutela del paesaggio, e che prevede uno scambio di esperienze sul tema delle iscrizioni degli itinerari culturali (Cultural Routes) nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, la rilettura di un elemento del patrimonio culturale materiale come
Churches and Christian Sites in Nagasaki, già candidato dal Giappone nel 2007 per l’inserimento nella lista UNESCO del Patrimonio Culturale Mondiale, ci offre un’occasione per approfondire gli aspetti immateriali ad esso collegati; in particolare, tra quelli elencati nella Convenzione del 2003, le prassi (intendendo le pratiche rituali e consuetudinarie) e le rappresentazioni (intendendo l’auto rappresentazione simbolica della propria comunità d’appartenenza verso/contro la pressione culturale esterna). L’UNESCO e l’ICOMOS da diversi anni sottolineano l’importanza di un approccio integrato particolarmente attento alle forme del vissuto che si sviluppano, mantengono, trasformano, e trasmettono attorno ad un sito iscritto nella World Heritage List, sia esso monumentale, paesaggistico, archeologico, architettonico. La collaborazione tra Italia e Giappone ed in particolare la candidatura UNESCO Churches and Christian Sites in Nagasaki, ci hanno inoltre permesso di conoscere un elemento immateriale, poco noto al di fuori degli addetti ai lavori, che ha interessato a lungo, seppure per così dire
nascostamente, i rapporti storico culturali e religiosi tra i due Paesi.
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so dal Valignano su basi di reciprocità, se guardiamo al suo esperimento illuminista ante litteram, di inviare in Europa quattro giovani nobili del Kyushu (Ito Mancio, Chijiwa Michele, Hara Martino e Nakaura Giuliano) che vennero ricevuti con tutti gli onori presso la Santa Sede e le principali corti cattoliche europee.
I quattro giovani nobili giapponesi dell’ambasceria in Europa (Tensho
Shonen Shisetsu), salpati da Nagasaki il 20 febbraio del 1582 vi fecero ritorno solo nel 1590 e dovranno confrontarsi con una situazione radicalmente mutata.
Nel 1587 a Nagasaki, lo Shogun del clan Tokugawa Hideyoshi emette
un editto che ingiunge ai missionari stranieri di lasciare il Paese. Dieci anni dopo hanno inizio le prime persecuzioni: il 5 febbraio 1597, ventisei cristiani (sei francescani, tre gesuiti e diciassette fedeli giapponesi) vengono crocifissi.
L’editto Tokugawa, del 1614, descrive il Giappone come il “Paese degli
Dei e del Budda”. La religione cristiana è da condannare in quanto antitetica all’etica confuciana, alla regola buddista, al pensiero shintoista. Si diffonde la pratica dell’E-Fumi come metodo poliziesco di individuazione dei cristiani: a questi viene richiesto di calpestare delle immagini, per loro sacre (in genere la Madonna), un eventuale rifiuto equivale ad un’auto denuncia. Nel 1640, tale pratica viene sistematizzata con la creazione dello Shumon Aratame Yaku, una sorta di Santa Inquisizione anticristiana, che inserisce l’E-Fumi come un momento cerimoniale all’interno delle celebrazioni per il nuovo anno, in tutta l’isola di Kyushu. L’epoca Tokugawa è caratterizzata dalla rapida ascesa della borghesia cittadina, mentre diminuisce in proporzione l’influenza della vecchia casta dirigente dei Daimyo, legata a un’economia agricola. La situazione dei contadini resta per tutto questo periodo critica e lo stesso Shogun deve ripetutamente intervenire per combattere le rivolte nelle campagne.
Una rivolta scoppiata a Shimabara, vicino Nagasaki, tra il 1637 e il
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1638, dai toni millenaristico-cristiani e animata principalmente dai contadini, viene repressa nel sangue dalle truppe dello Shogun. Seguono migliaia di processi sommari, terminati con l’esecuzione di decine di migliaia di insorti. Nel 1641 lo Shogun Tokugawa Iemitsu vara un nuovo decreto, divenuto noto come Sakoku (paese blindato), con il quale proibisce ogni forma di contatto tra la popolazione giapponese e gli stranieri. Il porto di Nagasaki, i suoi dintorni e le isole al largo della costa (Hirado, Narushima, Iki) offrono rifugio ai cristiani, che continuano a praticare la propria fede in forma clandestina.
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Nel Giappone del XVII secolo, inizia così l’epoca dei Kakure Kirishitan
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1. Gesuita con un nobile giapponese (circa 1600)
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2. Kannon (incarnazione buddista al posto della Vergine Maria) ▼ ▼
3. Toyotomi Hideyoshi
4. Museo dei 26 Martiri di Nagasaki
4
(Cristiani Nascosti). Senza sacerdoti e senza chiese, i cristiani si
organizzano autonomamente: il capo villaggio dirige la comu-
Commodoro americano Matthew Perry a riaprire i rapporti
nità e conserva il calendario liturgico e i libri sacri; il catechista
con il mondo occidentale. Il cristianesimo ancora una volta
insegna ai bambini; il battezzatore amministra il primo sacra-
entrò nel paese attraverso le rotte dei commerci e delle dele-
mento; l’annunciatore visita le famiglie per annunciare la do-
gazioni diplomatiche, sbarcando nei porti principali: Hakoda-
menica, le feste comandate, i giorni di digiuno e di astinenza.
te (nord), Yokohama (est), Kobe (ovest) e Nagasaki (sud).
In questo difficile contesto, i Kakure Kirishitan accentua-
Nel 1853 il Giappone viene costretto dalle navi nere del
Proprio a Nagasaki, il 17 marzo del 1865, il sacerdote
no ulteriormente il carattere clandestino del loro culto, che si
francese Bernard Petitjean viene avvicinato da alcuni abitanti
organizza in un sistema mitico rituale di tipo sincretico, con
di Urakami, un piccolo villaggio sulle alture. Al missionario
una simbologia e persino un linguaggio esoterici, incompren-
il Governo giapponese aveva da poco concesso di aprire una
sibile al di fuori della ristretta comunità di appartenenza e tal-
piccola chiesa a Nagasaki. Secondo le norme ancora vigen-
volta addirittura anche all’interno degli stessi nuclei familiari.
ti del Sakoku, il luogo di culto cattolico era aperto solo agli
Sempre nella regione di Nagasaki, dopo la proibizione
occidentali mentre i giapponesi avevano il divieto assoluto
del cristianesimo, da parte dello Shogun nel 1614, i cristiani di
di accedervi. Due donne del gruppo, Yuki e Teru, chiedono
Sotome per evitare le persecuzioni1 scelsero apparentemente
a padre Bernard di mostrare l’immagine della Vergine Ma-
un’unica strada: l’abiura del cattolicesimo e la conversione o
ria: “Santa Maria no gozo-wa doko?”. Gli domandano inoltre se
il ritorno al buddismo; ma almeno la metà di loro continuò a
fosse celibe oppure sposato e, infine, se fosse un prete obbe-
praticare la religione cristiana senza più la presenza dei mis-
diente al Papa di Roma. Solo dopo essersi convinte che padre
sionari, nelle forme che il culto assunse presso le comunità dei
Petitjean era effettivamente un missionario cattolico, gli sve-
Kakure Kirishitan (KK). Questo per duecentocinquanta anni.
lano il loro segreto.
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Al tempo del ritorno in Giappone dei missionari europei, molti Kakure Kirishitan (KK) si convertirono al cattolicesimo; alcuni gruppi, al contrario, rifiutarono la conversione mantenendo il culto tradizionale fino ad oggi. Attraverso i secoli, questo culto si è trasformato, secondo modalità sincretiche2, unendo tratti cristiani, buddisti e scintoisti, ad un antico substrato etnico. Storicamente il culto KK presenta già in origine un nucleo miticorituale fortemente incentrato sulla segretezza e il travisamento. I principali elementi sono così brevemente sintetizzabili: affiliazione ai templi buddisti; recitazione silenziosa delle preghiere; sostituzione delle immagini del culto (l’incarnazione buddista della misericordia Kannon al posto della Vergine Maria, o gli spiriti delle montagne Yama No Kami al posto di Cristo e dei Santi); occultamento degli oggetti di culto (rosari, crocefissi, pitture sacre) sui tetti e nei muri delle abitazioni; consumo liturgico di sashimi, riso e vino al posto dell’ostia e del vino; chiusura quasi completa ai contatti esterni rispetto alla comunità d’appartenenza; tendenza al matrimonio tra consanguinei; obbligatorietà della conversione al KK prima del matrimonio con un membro della comunità. La segretezza dei rituali, l’occultamento deliberato dell’attività cerimoniale sono elementi ancora oggi presenti tra i KK, a livello delle forme assunte dal culto; ma il fattore che ne ha permesso la conservazione, dal XVII secolo fino ad oggi, va ricercato in quegli aspetti sincretici per cui le pratiche buddiste e/o scintoiste utilizzate dai KK come copertura mimetica sono diventate parte inscindibile di questo movimento religioso che resta profondamente legato alla tradizione antica del Giappone, autonomamente rielaborata. In Giappone è molto sentito il culto degli antenati (hotoke): ogni persona riceve un nome postumo, che denota il suo status nel mondo dei morti. La posizione del defunto dipende dall’entità dell’offerta versata dai familiari al tempio buddista: maggiore la quota, più alto lo status. Quando un KK, morendo, diventa hotoke, i suoi parenti continueranno a rivolgersi a lei o a lui semplicemente con il suo nome di battesimo – detto arima, distorsione del latino anima – con l’aggiunta del prefisso san o santa a seconda del genere: in questo caso riscontriamo la fusione del culto buddista degli antenati con il culto cristiano dei santi. Un altro tratto sincretico del KK riguarda gli oggetti rituali, in particolare le reliquie dei primi martiri giapponesi (resti d’abito, crocifissi,
marco mancini, retrodatazioni di nipponismi in italiano, in silvana ferreri (a cura di), Plurilinguismo multiculturalismo apprendimento delle lingue. confronto tra giappone e Italia, Viterbo, sette città, pp. 63-86, 2009 natsumi Hirota, a study and translation of nihon no katekizumo (a catechism for Japan, c.1581), 2008 monika schrimpf, the Pro-and anti-christian Writings of fukan fabian (1565-1621), Japanese religions Vol. 33 (1 & 2): 35-54, 2008 adriana Boscaro, Ventura e sventura dei gesuiti in giappone (1549-1639), libreria editrice cafoscarina, Venezia, 2008 aa.VV., alessandro Valignano s.I. uomo del rinascimento. Ponte tra oriente e occidente, Institutum Historicum s.I., roma, 2008 carmelo lisón tolosana, la fascinación de la diferencia. la adaptación de los jesuitas al Japón de los samurais, 1549-1592, ediciones akal, 2005 leonard Blussé, the grand Inquisitor Inoue chikugono Kami masashige, spin doctor of the Yokugawa Bakufu, Bulletin of Portoguese/Japanese studies, Vol.7, universidade nova de lisboa, lisboa, 2003 dorothea filus, secrecy and Kakure Kirishitan, Bulletin of Portoguese/Japanese studies, Vol.7, pp.93-113, universidade nova de lisboa, lisboa, 2003 a. Boscaro, I membri della prima missione, p. 52, in adolfo tamburello (a cura di), Italia-giappone 450 anni, Vol. 1, sezione 1 l’Incontro, Istituto Italiano per l’africa e l’oriente, università di napoli “l’orientale”, roma, 2003 mikiko moriguchi, I Kakure Kirishitan contemporanei. una religione popolare giapponese dalle antiche radici cristiane, in affari sociali Internazionali, n. 4, franco angeli, roma, 2000 Pier Paolo Viazzo, Introduzione all’antropologia storica, laterza, 2000 stephen turnbull, the Kakure Kirishitan of Japan, curzon Press, richmond, 1998 silvana Borutti e ugo fabietti (a cura di), fra antropologia e storia, mursia, 1998 christal Whelan, the Beginning of Heaven and earth: the sacred Book of Japan’s Hidden christians, university of Hawai Press, 1996 Vittorio lanternari, movimenti religiosi di libertà e di salvezza dei popoli oppressi, feltrinelli, milano, 1977 Vittorio lanternari, occidente e terzo mondo, dedalo, p.83, 1967 alessandro Valignano, sumario de las cosas de Japón (1583), sophia university, 1954
medaglioni, rosari, immagini sacre) vengono venerate come kami – og-
alessandro Valignano, Il cerimoniale per i missionari del giappone, edizioni di storia e letterature, 1946
getti e fenomeni sacri alla base dello Shinto – e pertanto ritenute dotate di
Pasquale Villari, Il giappone, Vol. cxVI, serie IV, p. 389, 1° aprile 1905
proprietà sovrannaturali. Come accade appunto nello shintoismo, dove i
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BIBlIografIa
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kami vengono nascosti nella sala principale del santuario, tra
stiane presenti all’epoca nel territorio di Sotome. Basuchan
i KK le reliquie attribuite ai martiri vengono nascoste sui tetti
venne arrestato nel 1657, imprigionato per tre anni, tortu-
o nei muri delle case. Durante le cerimonie più importanti
rato e decapitato. La leggenda narra che il martire incise il
vengono mostrate su dei vassoi e passate sulla fronte dei fe-
simbolo della croce sul tronco di una camelia, che divenne
deli a scopo magico protettivo e terapeutico.
così oggetto di culto.
I KK di Kurosaki , quando hanno problemi di salute, o
Per concludere, possiamo dire che i percorsi e i luoghi
di altro genere, si recano al santuario shintoista (Jinja) di Ka-
sacri ai KK, presenti nel territorio di Nagasaki, così come il
rematsu. Luogo sacro dove si trova la tomba di San Jiwan,
loro sistema di vita tradizionale fortemente scandito dalle
un missionario europeo non meglio identificato che operò in
regole cultuali, sono stati pensati, costruiti e vissuti nel cor-
questo territorio ai tempi delle persecuzioni contro i cristiani.
so di una storia segreta, lunga quasi quattro secoli, in cui lo
Durante la visita, i fedeli strofinano i propri corpi con delle
scambio simbolico, tra gli elementi materiali e immateriali,
pietre del luogo sacro, portandole spesso con sé al ritorno. Nei
ha profondamente segnato l’identità dei luoghi e delle comu-
pressi della tomba di San Jiwan, c’è una grande roccia dove i
nità che li abitano.
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KK, soprattutto durante la Quaresima, si isolano per recitare le loro preghiere (orasho), in una lingua segreta caratterizzata dall’uso deformato di vocaboli latini (Maria, Deus, Sanctus, etc.); effetto di una trasmissione orale protrattasi per secoli4. I KK di Sotome hanno anche il loro albero sacro, collegato anch’esso al tempo mitico dell’arrivo dei primi missionari europei e delle persecuzioni. Il protagonista è Basuchan, primo discepolo di San Jiwan, il quale dopo la morte del missionario europeo, divenne il suo sostituto tra le comunità cri-
1. dai documenti ufficiali conservati negli archivi locali risulta che, nella zona di nagasaki, vennero arrestati 608 cristiani; di cui 411 furono decapitati, 78 morirono in prigione, 20 furono condannati all’ergastolo, il resto rilasciati. 2. Preferiamo il concetto di sincretismo religioso (lanternari: 1967, 1977) a quello di “eclectic amalgamation” e “indigenization” utilizzati da d. filus. 3. uno dei tre villaggi originari, insieme a Konoura e shitsu, che unendosi hanno formato il centro di sotome. 4. le preghiere dei KK sono chiamate orasho, dal latino oratio (preghiera). I gesuiti del xVI secolo le insegnarono ai primi cristiani giapponesi anche in forma cantata. sull’isola Ikitsuki, nei pressi dell’isola di Hirado – dove i portoghesi avevano il loro primo avanposto commerciale e dove lo stesso francisco xavier iniziò la sua predicazione – sono conservati circa ventinove orasho, di cui tre con melodie ad esse collegate.
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H e r it a g e
Beautiful and Intangible The 2003 UNESCO Convention on the Intangible Cultural Heritage Italian implementation perspectives by Luciana Mariotti 03 Convention: what has changed in the Italian perspective of anthropological disciplines ‘The Convention for the Safeguarding of the Intangible Cultural Heritage’: is a Convention that is promoted and realized by UNESCO. It was signed by Italy in Paris on 17 October 2003, and was ratified by the Italian Parliament on 27 September 2007, with Law n° 167 (hereinafter 2003 Convention). This Convention is aimed at safeguarding, protecting and enhancing the aspects of culture that we cannot see, but that represent essential factors for the collective formation of customs, ideas, mentalities, the so-called ‘identity’ of communities, social groups, places, as well as individual persons, holders of the identified asset. This Convention is closely linked to that on the ‘World Natural and Cultural Heritag’e, signed by UNESCO member Countries in 1972 and ratified by Italy in 1978. This link is important because, in Italy, it opens up a cultural choice that is moving closer and closer to an integrated approach of safeguard and conservation. A choice that, in Italy is ruled by the provisions defined in ‘Code for the Cultural Heritage and the Landscape’ (2004) and in particular by art. 7 a) of 2008. This paragraph of the Code is an intangible cultural heritage element: a ceremony, a ritual, a festive event, a behaviour... but only if closely correlated to a cultural asset entitled to protection and conservation. The 2003 UNESCO Convention was adopted unanimously at the 32nd session of the General Conference held in Paris on 27 September 2003. It was the result of a long process that developed around the concept and the identification of diversities, as an excellent indicator of ‘cultural heritag’e. It was precisely the concept of diversity that the work of the General Conferences focused on, at least as of 1989, when the UNESCO Recommendation on the ‘Safeguard of the Traditional and Popular Culture’ defined intangible heritage as ‘the essential source of an identity deeply rooted in the past’. Subsequently, the ‘Declaration on Cultural Diversity’ in 2001, and the ‘Declaration of Istanbul’ in 2002 stressed explicitly the status analogy between safeguard of the intangible heritage and the protection and the conservation of the tangible heritage. The declarations clearly state that: ‘if temples and monuments should be preserved, why not legends and rituals? In fact, many would argue, the word’s (man-made) material heritage is but a dead heritage, whereas the immaterial one is alive and will be a dominant factor in the shaping of our future’. (Istanbul Conference, 16-17 September 2002). A very early analysis of the changes made, also by these international initiatives, to the very paradigms of the anthropological discipline, points out that the ‘Recommendation on the Safeguarding of Traditional Culture and Folklore’ still conferred crucial importance to the concepts underlying the term Folklore, concepts that were removed by the 2003 Convention, in favour of the more democratic and certainly more emblematic word – in the international sense –that is key to anthropology: ‘Culture’. The 2003 Convention, following the international negotiating processes, erases the term folklore and motivates its choice by explaining that it was no longer plausible in its ethymological meaning, that is ‘notions of the people, rules by which the people live’: beliefs, dances, superstitions, customs, proverbs, unwritten rules and values, which rule sanctions and promote the social behaviour shared by the group, meant as ‘different’ from the dominant one. Notions of the people and/or rules by which the people live are terminologies that are interpreted as having a pejorative meaning, as opposed to the more egalitarian concept of ‘culture’ of communities and social groups. The international adoption of the 2003 Convention on the intangible heritage thus extends the definition of the anthropological meaning of culture, it gives it a form and a name and it also remodels the scope of the very discipline in charge of its identification. This was already present in the definition of ‘cultural heritage of Humanity’, drafted for the presentation of candidates to the Programme of ‘Masterpieces of Oral and Intangible Heritage of Humanity’ (20012005). Though the requests for an international legislative instrument to protect the intangible heritage came mainly from States that were by then decolonized, that were subject to war and destruction with more or less explicit threats to their cultural heritage and from States characterized by ‘different’ concepts of ‘conservation’ of their own forms of the past – Eurocentric basically – the ‘definition’ of intangible cultural heritage in the 2003 Convention lists a series of aspects that are the basis for the anthropological concept of culture, when it was first devised by Edward Burnett Tylor (1832-1917) in his ‘Primitive Culture’ of 1871. Art. 2, for example, clarifies that intangible heritage includes: a) oral traditions and expressions, including language as a vehicle of the intangible cultural heritage; b) performing arts; c) social practices, rituals and festive events; d) knowledge and practices concerning nature and the universe; e) traditional craftsmanship. The presence of an international institution with legislation that rules the historical/social dynamics – in particular thanks to concepts such as ‘safeguard, inventory, promoting, revitalizing’, necessarily changes the very epistemological forms and the consequent application methodologies of the discipline itself. One of the fundamental traits of intangible heritage is that it is ‘traditional and living’ at the same time, it is rooted in the past but is also in constant transformation. This means that the concepts of ‘tradition, habit, re-elaboration’ are both fundamental for the international legal instrument, as well as inherent in contemporary anthropology analysis (‘reflective’ when applied to symbolic devices that are in constant transformation) and are in charge of the selection procedures for heritage itself. In fact, the concept of tradition implies transmission of the past, not integrally but through a filter that selects factual reality, that which makes up tradition itself. A re-reading of the past that takes into account the present can shed light on aspects that at a given historical time were considered by the local communities, by the groups or
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by individual persons essential for the construction or the re-construction of their cultural belonging. From the methodological point of view, the procedures underlying the 2003 Convention are expressly focused on seeking and recording the criteria on the basis of which the identified intangible asset can be selected and recorded. What are the criteria? The philosophical processes linked to ‘criteriology’, wrote Francis Affergan, lead to the identification of the models ruling discernment and discrimination between what is pertinent to the objectives set and what is not. Following the seminar held in New Delhi in April 2007, the UNESCO experts agreed on the criteria for the ‘elements’ of the intangible Heritage entered on two separate lists, according to Art. 16 and Art. 17 of the Convention itself. There are five criteria for the Representative List of the Intangible Heritage and six for the List of Intangible Heritage in Need of Urgent Safeguarding. Criterion number 5 of the Representative List requires the inclusion of the element in one or more national inventories, while criterion 6 of the in Need of Urgent Safeguarding List specifies that, in exceptional cases, the State may include an element on the in Need of Urgent Safeguarding List automatically. The other criteria are shared by both lists. International instruments for the implementation of the Convention The general organs of the Convention are the General Assembly and the Intergovernmental Committee. The former meets every two years and has its own Rules of Procedure, both for the Assembly and for the Committee. The General Assembly of the States Parties elects the Committee for a term of four years. Every two years however, the Committee shall renew half of the States Members. Italy was elected member of the Committee in 2008 and will remain in office until 2012. A State Member may not be elected for two consecutive terms. The election of States Members of the Committee shall obey the principles of equitable geographical representation and rotation. The Committee shall be assisted by the UNESCO Secretariat. The Secretariat shall prepare the documentation of the General Assembly and of the Intergovernmental Committee, as well as the draft agenda of its intergovernmental meetings. Inclusion on the in Need of Urgent Safeguarding List is discussed by a Committee of experts selected ad hoc, whereas the Representative List is discussed by a temporary Committee of representatives of the States Members. For 2009-2010, the consultative Committee members are: Turkey, Estonia, Mexico, Korea, Kenya, Arab Emirates. In the 2011 session, various candidates will be chosen during the work of the intergovernmental Committee next November. Implementation of the 2003 Convention in Italy For approximately fifteen years, the Ministry of Cultural Heritage and Activities, upon the request of the Ministry for Foreign affairs, has assumed responsibility for the implementation of the UNESCO Convention Candidatures. It is therefore the MiBAC that deals with the 1972 Convention and since 2009 also with the Convention for the Safeguarding of the Intangible Heritage and the Convention for the Protection and the Promotion of expressions of cultural diversity. One interesting characteristic that is included in the Italian implementation modalities concerns the focus on defining an integrated conservation-safeguard approach to cultural heritage. This trend stems from the Code of cultural heritage and landscape that in Art. 7 a) of 2008 does not offer intangible assets any autonomy with regard to safeguard measures: intangible assets are safeguarded if they maintain a sort of ‘double soul’: tangible and intangible. The Italian body in charge of implementing the UNESCO Conventions is the standing interministerial working group chaired by the Undersecretary of State, and whose deputy chairman is the MiBAC Secretary General. Within the General Secretariat there is the UNESCO World Heritage Office that deals with proposal investigates the proposals, guides them through the procedure and then proclaims the candidatures. The Working Group of the present Ministry was set up on 22 March 2009; the members of the Ministries that take part in a decree signed by the Undersecretary on 22 July 2009 and recently in a second decree (22 May 2010), ratified a change in the member verifiers, after the local and the European elections. This body decided to set up a national List of Proposals for the 2003 Convention (UNESCO did not create an official one, as it did for the 1972 Convention); it also included a series of criteria in addition to the ones established by the UNESCO Committee, which will make it easier to identify the Italian intangible heritage. Amongst these criteria there is ‘continuity’ and therefore, a definition of the time period during which the element up for candidature can be considered a cultural asset. The discussion is still going on, but for the moment, the time period has been set at fifty years, as for tangible cultural heritage assets. Moreover, for the year 2010, Italy has proposals for the Representative List, reserving the right to consider Urgent Safeguard projects too, in the near future. There are different typologies of proposals received: historic games such as Giostra del Saracino from Arezzo, the Palio of Siena; know-how and skills such as the lace of Cantù, the launeddas (triple reed clarinet) of Nuoro, the making of string instruments in Cremona; the agricultural techniques of the vineyards of Valdobbiadene and Conegliano (Veneto), the art of the Neapolitan pizza; patron saint feasts: the Italian network of “machines” of Santa Rosa (Viterbo), Varia of Palmi (Cosenza) the Gigli (Nola), the Candelieri (Sassari); the Farchie of San Marco in Lamis (Bari); the Festa dell’albero of Alessandra del Carretto (Cosenza), the Ceri of Gubbio (Perugia); profane feasts: the Viareggio Carnival; the Calendimaggio of Assisi. The file with all the required annexes will be presented to the General Secretariat of the Ministry of Cultural Heritage and Activities to be forwarded to the Italian representatives in Paris by 31 July 2010 (the official deadline is August 31st, but because of agreement problems among all those concerned, it has been brought forward). The final assessment will take at least one year with the deadlines defined and explicited in the operational instructions. The final proclamation will take place during the 2011 meeting of the intergovernmental Committee.
Kakure Kirishitan The hidden Christians in Japan by Edoardo Lorenzetti In the context of the bilateral collaboration agreement between Italy and Japan in the field of cultural heritage, signed in March 2008 in Tokyo, which focuses on matters pertaining to the UNESCO sites and landscape protection, and provides for an exchange of experiences on the subject of inclusion of Cultural Routes on the UNESCO World Heritage List, a revisiting of a tangible cultural heritage such as ‘Churches and Christian Sites in Nagasaki’, already submitted in 2007 by Japan for inclusion on the UNESCO World Heritage List, offers us the opportunity to analyse the intangible aspects linked to it; in particular, the practices (meaning ritual and customary practices) and performances (meaning symbolic self-expression of one’s own community towards/against external cultural pressure), which are among those listed in the 2003 Convention. For a number of years now, UNESCO and ICOMOS have been underlining the importance of an integrated approach that pays particular attention to forms of living that develop, are maintained, are transformed and transmitted in and around a site included on the World Heritage List, be it a monument, a landscape, an archaeological or an architectural site. Collaboration between Italy and Japan and in particular the ‘Churches and Christian Sites in Nagasaki’ UNESCO candidature, has allowed us to get to know an intangible element that is little known by non-experts but has concerned the historic, cultural and religious relations between the two countries for a long time, although furtively. The evangelization of Japan began on 15 August 1549, the day the Spaniard Francisco Xavier (cofounder with Ignacio de Loyola of the Order of the Jesuits), who had left the Malacca peninsula with two brothers, Cosme de Torres and Juan Fernández, landed in the port of Kagoshima. About the inhabitants, he writes: “it is the best race discovered to this day, and I don’t think it is possible to find another people like the Japanese among the infidels”. In 1563, Omura Sumitada became the first Daymio to convert to Christianity; in the following years, the religious choice of the feudal lord was shared, forcedly or not, by his subjects; therefore, in 1577, the entire population in the area was Christian, at least nominally. The coastal town of Nagasaki became the main Christian centre in the Japanese archipelago. After the death of Francisco Xavier, the Jesuit missionaries continued their evangelization by following the rules drafted by the Jesuit Alessandro Valignano (1539-1606), author of the fundamental ‘Cerimonial for Missionaries in Japan’, in Japan first and then in the other Asian countries, and the text reads: “It is not the Japanese who must adapt to our customs, but us who must adapt to theirs”. Therefore, for Valignano and for the Jesuits, the cornerstone of missionary penetration was the socalled “principle of adaptation”; meant by Valignano to be mutual, if we look at his ante litteram enlightenment experiment to send to Europe four young nobles from Kyushu (Ito Mancio, Chijiwa Michele, Hara Martino and Nakaura Giuliano) who were received with full honours at the Holy See and the main European Catholic courts. The four noble Japanese on mission in Europe (Tensho Shonen Shisetsu), sailed from Nagasaki on 20 February 1582, and returned only in 1590 to find a radically different situation. In 1587, in Nagasaki, the Shogun of the Tokugawa Hideyoshi clan issues an edict that orders foreign missionaries to leave the Country. Ten years later, the first persecutions begin: on 5 February, twenty six Christians (six Franciscans, three Jesuits and seventeen Japanese faithful) are crucified. The 1614 Tokugawa edict describes Japan as the “Country of Gods and the Buddha”. The Christian religion is to be condemned in so far as it is antithetical to Confucian ethic, Buddhist rule and Shintoist thought. The ‘E-Fumi’ practice spreads as the police method of identifying Christians: they are asked to stamp on images that are sacred to them (generally pictures of the Virgin Mary) and refusal to do so is tantamount to a self-denunciation. In 1640, this practice is systematized with the creation of the ‘Shumon Aratame Yaku’, a sort of anti-Christian Holy Inquisition, that includes the ‘E-Fumi’ as a ceremonial element in the celebrations for the new year, on the entire island of Kyushu. The Tokugawa period is characterized by the rapid ascent of the urban middle class, while the influence of the old ruling caste, the Daimyo, linked to an agricultural economy, decreases. For the entire period, the lot of the peasants remains critical and the Shogun himself has to intervene repeatedly to fight against uprisings in the countryside. A revolt of a Christian Millenary nature, led mainly by peasants, which broke out in Shimabara, near Nagasaki, between 1637 and 1638 ends in bloodshed when it is repressed by the Shogun’s troupes. There follow thousands of summary trials that end with the execution of tens of thousands of insurgents. In 1641, the Shogun, Tokugawa Iemitsu issues a new decree that became known as the ‘Sakoku’ (armoured country) with which he bans all forms of contract between the Japanese population and foreigners. The port of Nagasaki, the neighbouring area and the islands off the coast (Hirado, Narushima, Iki) offer shelter to the Christians, who continue to practise their faith in hiding. In Japan in the 17th Century, begins the Kakure Kirishitan period (Hidden Christians). Without priests and without churches, the Christians organize themselves autonomously: the village chief leads the community and preserves the liturgical calendar and the holy books; the catechist teaches the children; the baptizer administers the first sacrament; the announcer visits the families to announce Sundays, feast days of obligation, days of fasting and abstinence. In this difficult situation, the Kakure Kirishitan further accentuate the clandestine nature of their worship that is organized in a mythical ritual system similar to syncretism, with esoteric symbology and language even, incomprehensible to anyone not belonging to the community and sometimes even to
members of the same household. In the Nagasaki region, after the banning of Christianity by the Shogun in 1614, the Christians of Sotome, in order to avoid persecutions, choose the only path apparently open to them: abjuration of Catholicism and conversion or return to Buddhism; but at least half of them continue to practise the Christian religion without the presence of the missionaries, in the forms that worship acquired in the Kakure Kirishitan (KK) communities. And this went on for two hundred and fifty years. In 1853, Japan was obliged to reopen relations with the western world by the ‘black ships’ of the American Commodore, Mathew Perry. Christianity once again entered the country through the routes of trade and diplomatic delegations, and it landed in the main ports: Hakodate (north), Yokohama (east), Kobe (west) and Nagasaki (south). Precisely in Nagasaki, on 17 March 1865, the French priest Bernard Petitjean is approached by some inhabitants of Urakami, a small village up in the hills. The Japanese government had recently allowed the missionary to open a small church in Nagasaki. According to the rules still in force in ‘Sakoku’, the Catholic place of worship was open only to Westerners while the Japanese were forbidden from going there. Two women in the group, Yuki and Teru, ask Father Bernard to show the image of the Virgin Mary: “Holy Mary no gozo-wa doko?”. They asked him also if he was celibate or married and finally if he was a priest who obeyed the Pope in Rome. Only after convincing themselves that Father Petitjean was indeed a Catholic missionary did they reveal their secret to him. When the European missionaries returned to Japan, many Kakure Kirishitan (KK) converted to Catholicism; some groups on the contrary refused to convert and retained their traditional form of worship, to this today. Through the centuries, this worship changed, according to modalities of syncretism, adding Christian, Buddhist and Shintoist traits to an ancient ethnic substrate. Historically, the KK worship presented a mythical-ritual nucleus strongly focused on secrecy and misrepresentation right from the beginning. The main elements can be briefly summarised as follows: affiliation to Buddhist temples; silent reciting of prayers; substitution of worship images (incarnation of the Buddha of ‘Kannon’ mercy instead of the Virgin Mary, or the spirits of the mountains ‘Yama No Kami’ instead of Christ and the Saints); concealing worship objects (rosaries, crucifixes, holy paintings) on the roofs and in the walls of homes; liturgical consumption of ‘sashimi’, rice and wine instead of host and wine; almost complete isolation from all contacts outside the community; a tendency to marry among blood relations; compulsory conversion to KK before marriage with a member of the community. The secrecy of the rituals, the deliberate concealing of the ceremonial activity are elements that are still present among KK members, as far as the forms of worship are concerned; but the factor that allowed its conservation, from the 17th Century till now, is to be found in fact that the aspects of synchretism whereby the Buddhist and/or Shintoist practices used by the KK as a mimetic cover became an indissoluble part of this religious movement that remains profoundly linked to ancient Japanese tradition, autonomously re-elaborated. In Japan, ancestor worship is very deeply felt (hotoke): each person receives a posthumous name that denoted his status in the world of the dead. The position of the deceased depends on the size of the offer made by the family to the Buddhist temple: the larger it is, the higher the status. When a KK is dying and becomes ‘hotoke’, his parents continue to address him or her simply with his or her Christian name – called ‘arima’, a distortion of the Latin ‘anima’ – with the addition of the prefix ‘san’ or ‘santa’ according to gender: in this case, we find the merger of the Buddhist ancestor worship with the Christian worship of saints. Another KK synchretist trait concerns ritual objects, in particular the relics of the early Japanese martyrs (remains of habits, crucifixes, medallions, rosaries, sacred images), these are venerated as ‘kami’ – sacred objects and phenomena at the basis of ‘Shinto’ – and are therefore considered as having super-natural properties. Indeed, as happens in shintoism, where the ‘kami’ are hidden in the main hall of the sanctuary, among the KK, relics attributed to the martyrs are hidden on rooftops or in the walls of their homes. During the most important ceremonies, they are displayed on trays and passed on the forehead of the faithful for protective and therapeutic magical purposes. When the KK of Kurosaki have health problems or other complaints, they go to the shintoist sanctuary (Jinja) in Karematsu. This is a sacred place with the tomb of San Jiwan, a European missionary not better identified, who worked in this area at the time of the persecutions against Christians. During the visit, the faithful rub stones from the sacred place on their bodies, and often take them home. Near San Jiwan’s tomb there is a rock where, especially during Lent, the KK isolate themselves to say their prayers (orasho), in a secret language characterized by the deformed use of Latin words (Maria, Deus, Sanctus, etc.); the result of oral transmission that has lasted centuries. The KK of Sotome even have their sacred tree, also linked to the mythical time of the first European missionaries and the persecutions. The protagonist is Basuchan, the first disciple of San Jiwan, who after the death of the European missionary, became his substitute among the Christian communities present at the time in the area of Sotome. Basuchan was arrested in 1657, imprisoned for three years, tortured and decapitated. The legend says that the martyr engraved the sign of the cross on the trunk of a camellia that therefore became object of worship. To conclude, we can say that the routes and the places that are sacred to the KK, present in the Nagasaki area, as well as their way of life that is traditionally ruled by cultural norms, have been thought out, built and experienced for a secret time that has lasted almost four centuries, during which the symbolic exchange, between tangible and intangible elements, has deeply marked the identity of those places and the communities that inhabit them.
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Foto: Hjalmar Gislason
Il mio paese è stato purtroppo al centro di una lunga e sanguinosa guerra civile ed alcuni gorilla di montagna sono finiti nel mirino dei ribelli che si oppongono in quest’area all’esercito del governo, ed è una tragedia, perché ne rimangono solo 150 nel parco e 700 in tutto il mondo. Così una guida congolese denuncia e promuove il risveglio della coscienza internazionale sul grave problema del Congo. 88
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Il Congo guerra civile e non solo. Bracconieri contro ranger
di Manuela Capitanucci
Laureata in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Perugia, tornata in Umbria dopo due anni a Londra ed in Sud America, collabora con agenzie e riviste di comunicazione e pubblicità. Fotografa per passione.
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ran parte del bassopiano della Repubblica Democratica del Congo è ricoperto da foresta pluviale e contiene una grande varietà di specie alcune delle quali rare ed endemiche, fra queste lo scimpanzè, il bonomo, il gorilla di montagna, l’okapi e il rinoceronte bianco. Grazie alla grande estensione delle foreste la biodiversità in questo paese è molto ricca, ma sfortunata-
mente minacciata dal rischio di estinzione. Cinque dei parchi nazionali, creati in primis per proteggere le specie da caccia grossa, sono entrati a far parte del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. I cinque siti in questione sono il Parco Nazionale di Garamba, di Kahuzi-Biega, di Salonga, del Virunga e la Riserva naturale di Okapi.
A causa delle guerre civili lunghe ed estenuanti che hanno danneggiato negli anni ’60
prima e dagli anni ’90 in poi – in realtà sempre più o meno continuativamente – quella che è divenuta la Repubblica Democratica del Congo, tutti e cinque i siti sono elencati nella lista del World Heritage in Danger tra le 32 zone del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo.
La Lista, in base alla Convenzione del 1972, include quei siti la cui tutela prevede la
necessità di azioni importanti. L’iscrizione alla Lista ha il duplice compito di sensibilizzare la comunità internazionale e di mettere in atto un programma di misure correttive in accordo con il paese interessato. I conflitti armati, le guerre civili, la deforestazione, l’inquinamento, la depredazione, l’invasione selvaggia e lo sterminio degli animali hanno causato problemi gravi alle aree protette del Congo intaccandone le caratteristiche che ne hanno determinato l’iscrizione nel Patrimonio Mondiale. Dopo il primo successo di Abu Simbel in Egitto nel 1959, che ha costituito un grosso precedente per le capacità nella salvaguardia del patrimonio culturale e naturale delle nazioni, sia per dimensioni sia per capacità tecniche, l’UNESCO ha promosso diverse e importanti campagne estensive volte alla conservazione e al monitoraggio di siti e monumenti che appartengono al Patrimonio Mondiale facendo fronte con efficacia a problemi specifici. Nel 2000 l’UNESCO e la Fondazione delle Nazioni Unite hanno
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Foto: Rennett Stowe
istituito anche nella Repubblica Democratica del Congo un progetto pilota per la conservazione del patrimonio naturale in tempo di guerra, oltre alle iniziative che negli anni erano state già incentivate caso per caso.
Il Parco Nazionale di Garamba, istituito nel 1938, è uno dei parchi più antichi dell’Africa, dal 1960 è conosciuto per il program-
ma di addomesticamento degli elefanti africani che permette ai turisti di cavalcare questi pachidermi. Il parco è entrato a far parte del Patrimonio UNESCO nel 1980 poiché Garamba ospitava l’ultima colonia conosciuta al mondo di rinoceronti bianchi del nord. Già a metà degli anni ’80 venne inserito tra i siti in pericolo dopo che la popolazione dei rinoceronti venne stimata in soli 15 esemplari. Dopo che l’UNESCO, il WWF e il Frankfurt Zoological Society intensificarono la loro collaborazione con il governo per la ripopolazione del luogo, il sito venne dichiarato salvo nel 1992. Durante le guerriglie e le sparatorie tra 1991 e 1996 numerosi bufali, elefanti e due degli esemplari di rinoceronte bianco vennero abbattuti causando il rientro del parco tra i siti in pericolo.
Il Parco Nazionale di Salonga, situato nel bacino del fiume Congo è la più grande riserva africana all’interno della foresta equa-
toriale, ricco di varietà di animali tra cui i bonomi, le scimmie di Salonga, i pavoni rossi dello Zaire, gli elefanti della foresta ed i coccodrilli africani, per questo è entrato tra i Patrimoni dell’Umanità dal 1984 ed in seguito alle devastazioni della guerra civile tra quelli in pericolo già dal 1999. Il Parco Nazionale di Kahuzi-Biega è uno degli ultimi rifugi dei gorilla di montagna: grazie ai 600 esemplari che abitavano la zona il parco venne incluso tra i Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO nel 1980. Dopo la guerra civile si ritiene che il numero dei gorilla sia dimezzato e oggi si pensa che circa il 60% dei 300 esemplari stimati nel 1990 sia morto. La guerra in Congo si è di fatto spostata all’interno dei confini del parco provocando saccheggi, incendi e bracconaggio degli animali. Per questo il parco è stato inserito tra i patrimoni UNESCO in pericolo fin dal 1997. La Riserva Naturale di Okapi è un Patrimonio dell’Umanità dal 1996, ma venne dichiarata a rischio già nel 1997. Dedicata agli okapi, ospita altre specie rare come gli elefanti delle foreste ed almeno 13 specie di simiiformes. È inoltre abitata dalla tribù nomade dei pigmei Bambuti e da agricoltori indigeni Bantù. Qui si trova il Centro di Ricerca e Conservazone di Epulu, fondato nel 1928 come punto di cattura degli okapi selvatici che venivano spediti negli zoo europei, e tuttora usato per la cattura la conservazione e la ricerca, ma con diverse metodologie. Gli okapi vengono infatti catturati, tenuti in cattività, lasciati riprodurre e solo i figli vengono poi trasferiti,
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Per consultare la Lista dei 31 siti attualmente iscritti nella Danger List: http://whc.unesco.org/en/danger/
visto che ne è stata dimostrata la maggior possibilità di sopravvivenza. I maggiori problemi del parco sono la guerra, che si è spostata dentro i confini obbligando anche i dipendenti a fuggire, il disboscamento, causato soprattutto dall’agricoltura, e la caccia a sfondo commerciale per la vendita del bushmeat. Nell’ultimo secolo la Repubblica Democratica del Congo è divenuta il centro principale del problema del bushmeat considerato uno dei pericoli ambientali più gravi, consistendo nella caccia di animali selvatici con trappole ed effettuata per scopo alimentare. Per più di quattro anni l’UNESCO, l’Institut Congolais pour la Conservation de la Nature (ICCN) e altri partners hanno messo in atto un progetto per contrastare la distruzione della biodiversità e delle aree protette nella Repubblica Democratica del Congo, in un momento in cui la maggior parte dei donatori si ritiravano dal paese a causa dei conflitti. Il progetto è entrato nella sua seconda fase nel 2004 e continua ancora oggi, coinvolgendo l’ICCN, il Centro per il Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, altre agenzie e programmi delle Nazioni Unite per lo Sviluppo e l’Ambiente, UNDP e UNEP, e la Missione delle Nazioni Unite per la Repubblica Democratica del Congo (MONUC). Esso mira a consolidare i risultati ottenuti nella prima fase, in termini di conservazione del capitale ecologico di questi siti del Patrimonio Mondiale, e cerca di incentivare il coinvolgimento delle comunità locali. L’Italia, il Belgio e la Fondazione delle Nazioni Unite vi hanno ad oggi investito 8 milioni di dollari.
Il Parco Nazionale del Virunga è tra i cinque siti quello in cui gli obiettivi sono stati maggior-
mente consolidati ed in parte anche raggiunti. Noto in precedenza come Albert National Park, gestito direttamente dall’ICCN, è stato fondato nel 1925 come primo parco nazionale africano ed è divenuto Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 1979. Si suppone che vi si trovino esemplari di elefanti della foresta e della savana, scimpanzè, okapi, giraffe, bufali africani e numerose specie endemiche di uccelli, ma il parco rimane famoso soprattutto per i gorilla di montagna. Qui i programmi di conservazione sono riusciti nella messa in sicurezza degli esemplari rimasti ed il loro numero è aumentato durante la crisi di governo dal 1994 al 2004, anche se tuttora numerosi sono gli episodi che vedono i gorilla vittime innocenti sia di bracconieri sia di miliziani, che troppo spesso vanno a coincidere. Quello dei gorilla dei monti Virunga, che segnano il sanguinario confine tra Repubblica Democratica del Congo, Rwanda e Uganda, è una specie di miracolo: sono infatti sopravvissuti alla guerra infinita congolese grazie alla collaborazione tra i tre paesi e alle associazioni ambientaliste internazionali, ma anche grazie ad una migliore applicazione delle leggi e alla condivisione dei vantaggi dell’ecoturismo e dei parchi con le comunità locali. Tuttavia i veri eroi della salvezza dei gorilla del Virunga sono i guardia parco. Dal 1994 ad oggi più di 120 rangers sono stati uccisi mentre cercavano di difendere il parco dagli atti illegali e dai fenomeni di banditismo. Le ricadute per la morte degli agenti in servizio riguardano soprattutto le famiglie che vengono lasciate senza mezzi di sussistenza dalla morte del capofamiglia. Per questo un altro progetto promosso in collaborazione con esponenti della Federazione internazionale dei Ranger (IRF) e con l’associazione affiliata italiana AIGAP si propone lo scopo di recuperare fondi per interventi di reinserimento produttivo delle vedove e di scolarizzazione e assistenza sanitaria degli orfani. Foto: Susan E. Adams
Così là dove con ferocia e crudeltà la lotta avida dell’uomo porta distruzione e morte, ci sono
però altri uomini che per amore della propria terra, delle sue risorse e dei suoi animali, cercano di difenderla, talvolta anche a scapito della propria vita.
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Congo: civil war and... poachers against rangers by Manuela Capitanucci “Unfortunately, my country has been at the centre of a long and bloody civil war and some mountain gorillas have been shot by rebels who are fighting the government’s army in this area, and it is a tragedy because there are only 150 left in the park and 700 in the entire world” – this is the denunciation of a Congolese guide, who promotes international awareness of the serious problem of Congo. The majority of the lowlands in the Democratic Republic of Congo is covered in rain forest and houses a large variety of species some of which are rare and endemic, amongst these there is the chimpanzee, the Bonomo monkey, the mountain gorilla, the okapi and the white rhinoceros. Thanks to the vastness of the forests, the biodiversity of this country is very rich, but unfortunately it is threatened by a high risk of extinction. Five national parks, created in primis to protect the big game hunting species, have now become UNESCO World Heritage sites. The five sites in question are the National Parks of Garamba, of Kahuzi-Biega, of Salonga, of Virunga and the Okapi Wildlife Reserve. Because of the long and exhausting civil wars that damaged what is now the Democratic Republic of Congo first in the Sixties and then from the Nineties on, all five sites are on the World Heritage in Danger list among the 32 World Heritage in Danger areas. According to the 1972 Convention, the list includes all the sites whose protection requires major action. Inclusion on the list has the two-fold task of making the international community aware the problem and implementing a programme with corrective measures in agreement with the country concerned. Armed conflict, civil war, deforestation, pollution, depredation, mass invasion and the extermination of animals has caused serious problems in the protected areas of Congo thus damaging the characteristics that led to it being declared World Heritage. Since the initial success of Abu Simbel in Egypt in 1959, which became an important precedent for the ability to safeguard the cultural and natural heritage of nations, both for its dimensions and its technical capacity, UNESCO has promoted various important and extensive campaigns aimed at preserving and monitoring sites and monuments that belong to the World Heritage and tackled effectively many specific problems. In the year 2000, UNESCO and the United Nations Foundation set up a pilot project in the Democratic Republic of Congo for the conservation of the natural heritage in times of war, as well as the other actions undertaken over the years on a case by case basis. The National park of Guaramba, created in 1938, is one of the oldest parks in Africa, it is known since 1960 for its programme to tame African elephants, which allows tourists to ride the pachyderms. The park became a UNESCO Heritage site in 1980 because Garamba had the last colony of white rhinoceros of the north known in the world. In the mid Eighties, it was listed among the sites in danger after the rhinoceros population was estimated at only 15 specimens. After UNESCO, the WWF and the Frankfurt Zoological Society collaborated with the government to repopulate the site, it was declared as having been saved in 1992. During the guerrilla warfare and the shooting in 1991 and 1996, many buffalo, elephants and two white rhinoceros were killed and this led to the park being put back on the list of sites in danger. The National Park of Salonga that is in the basin of the river Congo, is the largest African reservation inside the equatorial forest, and hosts many animals such as bonomi monkeys, Salonga monkeys, the red peacocks of Zaire, forest elephants and African crocodiles, and this is why it was included in the World Heritages in 1984 and was put on the list of sites in danger in 1999, following the devastation of civil war. The National Park of Kahuzi-Biega is one of the last homes of the mountain gorilla: thanks to the 600 specimens that lived in the area, the park was included in the UNESCO World Heritage in 1980. After the civil war, the number of gorillas was thought to have halved and now about 60% of the 300 specimens are thought to be dead. The war in Congo has basically moved into the park causing plundering, fires and animal poaching. This is why the park has been on the list of UNESCO heritages in danger since 1997. The Okapi Wildlife Reserve has been a World Heritage since 1996, but it was declared at risk in 1997 already. It is dedicated to the okapi and it houses other rare species such as forest elephants and at least 13 species of simiiformes. It is also the home of the Bambuti pigmy nomadic tribe and to indigenous Bantu farmers. Here we find the Epulu Conservation and Research Centre that was founded in 1928 as a place to capture wild okapis that were sent on to European zoos and it is still used for capture, conservation and research, but using different methods. Indeed, the okapis are
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captured, kept in captivity, left to reproduce and only the offspring are then transferred elsewhere, since they are proved to have a greater chance of survival. The worst problems of the park are the war that has crossed its boundaries obliging even the staff to flee, deforestation caused mainly by agriculture, and hunting for commercial purposes for the sale of bushmeat. Over the last century, the Democratic Republic of Congo has become the main centre of the bushmeat problem, which is considered one of the most serious environmental dangers since it consists in hunting wild animals with traps and is carried out for nutritional purposes. For over four years UNESCO, the Institut Congolais pour la Conservation de la Nature (ICCN) and other partners had a project to fight against the destruction of biodiversity and the protected areas of the Democratic Republic of Congo, at a time when most donors were leaving the country because of the conflicts. The project entered into its second phase in 2004 and is still ongoing today. It involves the ICCN, the UNESCO World Heritage Centre, other United Nations Development and United Nations Environment agencies and programmes, the UNDP and the UNEP, and the United Nations Mission in the Democratic Republic of Congo (MONUC). Its aim is to strengthen the results obtained in the first phase, in terms of conservation of the ecological capital of these World Heritage sites, and to try to foster the involvement of local communities. Italy, Belgium and the Foundation of the United Nations have invested 8 million dollars to this day. Among the five sites, the National Park of Virunga is the one where work on the objectives has been most successful and indeed some of them have been partly achieved. Known initially as the Albert National Park and managed directly by the ICCN, it was founded in 1925 as the first African national park and it became UNESCO World Heritage in 1979. It is thought to be the home of specimens of forest and savannah elephants, chimpanzees, okapis, giraffes, African buffalos and numerous endemic species of birds, but the park is still famous mainly for its mountain gorillas. Here, the programmes have succeeded in saving the specimens that were left and their number increased during the government crisis between 1994 and 2004, however, there are still many episodes of gorillas becoming the innocent victims of poachers and militiamen, who are often one and the same. The survival of the gorillas in the Virunga mountains that mark the bloody border between the Democratic Republic of Congo, Rwanda and Uganda is a sort of miracle: in fact, they survived the Congolese war thanks to collaboration between the three countries and international environmental associations, but also thanks to a better implementation of the law and because the advantages of the parks and of eco-tourism were shared with the local communities. However, the true heroes of this success are the ‘park rangers’. Since 1994, more than 120 rangers have been killed while trying to defend the park from illegal acts and banditry. The impact of the deaths of these agents in the line of duty strikes mainly their families who are left without livelihood after the death of the head of the household. For this very reason, another project promoted with the collaboration of representatives of the International Rangers Federation (IRF) and the Italian affiliated association AIGAP aims to raise funds to help the widows find jobs and to fund education and health care for the orphans. Thus, the ferocious and cruel greed of some that causes death and destruction is countered by others who love their land, its resources and animals and try to defend it, even at the expense of their own life.
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C.U.L.T.UR.E un progetto per valorizzare il patrimonio culturale e l’identità delle città storiche UNESCO
di Elisabetta Bello
Communication Manager del progetto C.U.L.T.UR.E. per la Provincia di Ferrara.
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l patrimonio culturale dei territori del Mediterraneo, le loro tradizioni e la loro storia sono fattori molto importanti – anche per lo sviluppo economico. Questo patrimonio è molto spesso trascurato o non viene sufficientemente protetto e valorizzato. In questo contesto, le città UNESCO sono consi-
derate laboratori di sperimentazione nelle quali sviluppare un approccio interdisciplinare alla gestione del patrimonio culturale per rivitalizzare i centri storici attraverso azioni innovative. Un fattore strategico per raggiungere questo obiettivo è il rafforzamento della cooperazione tra le regioni e le città del Mediterraneo. A questo mira il progetto europeo C.U.L.T.UR.E. – una partnership di alto livello tra Italia (Regione Campania, Provincia di Ferrara e Comune di Pisa), Spagna (Regione di Murcia, Provincia di Cordoba, Comune di Tarragona) e Grecia (Comuni di Corfù e Rodi).
Il progetto C.U.L.T.UR.E. - Cités Unesco Laboratoires de Territoires
URbains Equilibrés nasce infatti con l’obiettivo di identificare e condividere metodi di gestione del territorio a livello transnazionale sviluppando una strategia comune per una crescita locale dei centri storici attraverso la valorizzazione del loro patrimonio artistico, urbanistico e culturale, anche per migliorare l’attrattiva turistica e il ritorno in termini economici.
Il progetto vuole interloquire con la Commissione Europea e
l’UNESCO affinché il tema dello sviluppo urbano sia reinserito fra le priorità della programmazione comunitaria recuperando l’ap-
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proccio integrato che aveva caratterizzato il programma “Urban” e gli strumenti finanziari ad hoc a sostegno del patrimonio storico, economico e culturale europeo.
Il progetto è finanziato grazie al programma di Cooperazio-
ne Territoriale MED, co-finanziato attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. In accordo con MED, C.U.L.T.UR.E. mira a sfruttare al massimo le strategie di governance da parte dei partner coinvolti attraverso la creazione e implementazione di un piano d’azione transnazionale, a individuare e scambiare le migliori pratiche sviluppate dai centri urbani nella gestione del patrimonio culturale e ad integrare la conservazione con lo sviluppo del territorio. Il fattore-chiave principale per garantire il conseguimento dei risultati attesi è lo sviluppo di una metodologia al contempo rigorosa e flessibile applicabile ai diversi centri urbani del bacino del Mediterraneo.
Tali obiettivi comportano inoltre l’attuazione di un approccio
integrato per il coordinamento delle politiche europee volto alla valorizzazione delle risorse culturali tra i diversi sistemi territoriali nell’ambito dello spazio MED. Tra le azioni del progetto la novità principale è rappresentata dallo sviluppo di nuovi strumenti metodologici per orientare il processo di governance urbana legata alla
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valorizzazione del patrimonio culturale. In effetti è ancora mancante, come riconosciuto dalla stessa UNESCO, un protocollo unico a livello internazionale per una efficace gestione dei centri storici. Le esperienze effettuate fino ad ora sono state principalmente incentrate sulla valorizzazione pura del patrimonio monumentale, senza alcuna attenzione specifica per un approccio integrato che coinvolga diversi settori e attori.
Saranno pertanto progettati un piano d’azione e un metodo
comuni per proteggere il patrimonio e per migliorare la gestione dei centri storici urbani e dei paesaggi storico-culturali a rischio, tenendo conto delle esigenze legate alla sostenibilità dell’ambiente urbano. Il progetto dovrebbe pertanto svolgere la funzione di laboratorio di esperienze che richiami competenze specifiche in materia di restauro architettonico e paesaggio, strategie di gestione e cooperazione sociale.
Saranno valorizzati i migliori, più innovativi e più facilmente
replicabili modelli di management – sia di tipo pubblico/privato che pubblico/pubblico. Tali modelli dovranno prevedere l’implementazione di servizi culturali che aumentino l’attrattività econo-
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1. Napoli Foto: Angelo Casteltrione
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2. Corfù
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3. Murcia Foto: Shaun Dunphy
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4. Rodi
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5. Cordoba Foto: Juan Carlos Guijarro Moreno
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mica del territorio; numerosi esempi a livello nazionale ed internazionale dimostrano infatti che i patrimoni storico-artistico-urbanistici possono diventare asset determinanti per lo sviluppo economico, sociale e culturale di un territorio. Tutti i partner coinvolti nel progetto C.U.L.T.UR.E. possono vantare una esperienza avanzata nella pianificazione urbana strategica focalizzata sui centri storici come valore aggiunto per il potenziamento culturale, economico e sociale del territorio. La Provincia di Ferrara, in particolare, ha sviluppato un piano territoriale di coordinamento provinciale per armonizzare l’azione di tutti i settori coinvolti nella gestione del territorio (ambiente, cultura, turismo) e ha portato avanti diversi progetti nel settore della conservazione dei beni culturali e dei rischi associati alla trasformazione del paesaggio.
Le buone pratiche presentate da Ferrara nel contesto del progetto sono due. La prima consiste nella ristrut-
turazione e riqualificazione delle mura cittadine, dell’area verde sottostante e della connessione di questa con
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6. Ferrara Foto: Ludovico Sinz
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7. Pisa Foto: Bas Wallet
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8. Tarragona Foto: Jordi Armengol
il Parco Urbano. La seconda riguarda invece l’area della Diamantina. Qui l’intervento consiste nel facilitare una pianificazione territoriale integrata e strutturata che possa garantire la qualità del paesaggio e “ricreare” la tipologia del paesaggio estense.
Il progetto C.U.L.T.UR.E. ha preso il via nel 2009 e si concluderà nel 2011. Ad oggi i partner hanno preso
parte a quattro meeting: il primo si è svolto a Napoli nel maggio 2009 ed ha ufficialmente avviato i lavori; il secondo si è svolto a Murcia nel settembre 2009; il terzo a Pisa nel dicembre 2009 ed ha portato alla condivisione di un modello di piano d’azione, nonché alla definizione di alcuni strumenti di comunicazione del progetto. Ferrara ha ospitato il quarto incontro nel marzo 2010 in una intensa due giorni tenutasi nel Castello Estense. Durante questo incontro, i partner hanno tra l’altro affrontato il tema della comunicazione, del valore dei siti e del merchandising. Il prossimo incontro è previsto per l’estate del 2010.
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C.U.L.T.UR.E A project to enhance the cultural heritage and the identity of UNESCO historical cities by Elisabetta bello The cultural heritage of territories in the Mediterranean area, their traditions and their history are very important factors – also for economic development. All too often, this heritage is neglected or is not sufficiently protected and enhanced. In this context, UNESCO cities are considered experimentation laboratories in which to develop an interdisciplinary approach to the management of cultural heritage in order to revitalize historical centres thanks to innovative action. One strategic way to achieve this objective is to strengthen cooperation between regions and cities in the Mediterranean area. This is the aim of the European project C.U.L.T.UR.E. – a high-level partnership between Italy (the Campania Region, the Province of Ferrara and the Municipality of Pisa), Spain (the Region of Murcia, the Province of Cordoba and the Municipality of Tarragona) and Greece (the Municipalities of Corfu and Rhodes). In fact, the C.U.L.T.UR.E. - Cités Unesco Laboratoires de Territoires URbains Equilibrés project was created with the objective of identifying and sharing land management methods at transnational level while developing a common strategy for the local growth of historical centres by enhancing their artistic, urban and cultural heritage, also to attract more tourism and increase returns in financial terms. The project aims at collaborating with the European Commission and UNESCO so the theme of urban development is once again included among the priorities of community planning thus re-adopting the integrated approach that had characterized the “Urban” programme and the ad hoc financial instruments to support the European historic, economic and cultural heritage. The project was financed thanks to the MED Territorial Cooperation, co-funded by the European Regional Development Fund. In agreement with MED, C.U.L.T.UR.E. aims at ensuring that the partners involved exploit governance strategies to the hilt by creating and implementing a transnational action plan, aims at identifying and exchanging best practices developed by urban centres for the management of their cultural heritage and at integrating territory conservation into territory development. The main key-factor to ensure that expected results are achieved is to develop a methodology that is both rigorous and flexible and that can be applied to the different urban centres in the Mediterranean basin. These objectives also require the implementation of an integrated approach to coordinate European policies aimed at enhancing cultural resources throughout the different territorial systems in the MED space. Among the elements in the project, the main novelty is the development of new methodological instruments to guide the process of urban governance linked to enhancing the cultural heritage. Indeed, what is still lacking, as UNESCO itself admits, is a single protocol at international level for an effective management of historical centres. Experience so far has mainly centred on enhancing monuments and architectural heritage as such, without including a special focus on adopting an integrated approach involving the different sectors and actors. Therefore, a common action plan and method will be designed to protect the heritage and to improve the management of urban historical centres and historical-cultural landscapes at risk, taking into account constraints linked to the sustainability of the urban environment. The project should therefore act as a laboratory to test experiences that call upon specific skills in the field of architectural restoration and landscape, management strategies and social cooperation. The best, the most innovative and the most easily replicable models of management – of the public/private and public/public type will be enhanced. These models shall include implementing cultural services that increase the economic attractiveness of the territory; in fact, many examples at national and international level show that historic-artistic-urban heritage can become a decisive asset for the economic, social and cultural development of an area. All the partners involved in the C.U.L.T.UR.E. project have considerable
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experience in strategic urban planning focused on historic centres as an added value for the cultural, economic and social development of the area. In particular, the Province of Ferrara has developed a territorial coordination plan to harmonize the action of all sectors involved in the management of the territory (environment, culture, tourism) and has completed various projects in the field of conservation of cultural heritage and the risks associated with landscape transformation. Ferrara presented two good practices in the context of this project. The first one consists in restructuring and enhancing the city walls, the green area below them and the link between this area and the Urban Park. The second concerns the Diamantina area. Here, what they did is implement integrated and structured territorial planning able to guarantee landscape quality and to “re-create” the Ferrara landscape typology. The C.U.L.T.UR.E. project got under way in 2009 and will end in 2011. So far, the partners have held four meetings: the first one in Naples in May 2009, which officially opened the project work; the second in Murcia in September 2009; the third in Pisa in December 2009, which led to agreement on a single action plan model, as well as to the definition of communication instruments for the project. Ferrara hosted the fourth intense two-day meeting in March 2010 in the Estense Castle and during this meeting, the partners also addressed the issue of communication, of the value of sites and merchandising. The next meeting is scheduled for summer 2010.
Fondazione Universitaria: nuove strategie per la rinascita della Città e dell’Università
La Fondazione intende partecipare al processo di ricostruzione dell’Università e della città de L’Aquila attraverso un impegno che vede al centro il trasferimento delle conoscenze alle attività produttive per lo sviluppo del territorio. Da un lato, oltre al sostegno da sempre assicurato alle attività delle PMI del territorio e l’attivazione di nuovi spin-off accademici, la Fondazione costituirà un nuovo “incubatore di imprese”, avviando una serie di attività finalizzate a far sì che il territorio aquilano torni ad essere polo di attrazione per nuove realtà imprenditoriali. D’altra parte, l’Ente si attiverà per realizzare una rete di coordinamento per il potenziamento dei servizi agli studenti universitari.
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La Selva Cimina, la Selva Etrusca consacrata, il cui confine era segnato dal fiume Tevere, circondava l’area centrale della dodecapoli etrusca. Gli eserciti romani, smarriti nel paganesimo, rimasero molto tempo fermi alle falde della “terribile” Selva, tanto fitta di alberi, così intricata e spaventosa, che gli uomini del luogo sarebbero stati generati dai tronchi degli stessi alberi. Una selva oscura e terrificante, tra enormi ammassi di peperino disordinatamente sovrapposti gli uni sugli altri, che riservava ai temerari che vi si avventuravano misteriosi incantesimi. Prima di osare il sorpasso delle tenebrose selve dei monti Cimini, i capi romani esitavano, di fronte al diffuso terrore impossessatosi del loro esercito, derivato dal grave incombere di un terribile fato, per chiunque avesse violato i sacri recinti segnati dai ministri etruschi. La selva era così temuta che il Senato di Roma inviò messaggeri al console Quinto Fabio Massimo Rulliano per avvertirlo di non entrare nella foresta. Anche dopo la conquista romana, le coorti dell’Urbe, tanto efficienti in uomini e mezzi, giunte ai primi contrafforti delle “orride Selve Cimine”, pur non avendo di fronte a loro dei nemici organizzati, dominati dal magnetismo dell’ambiente, si rifiutavano di procedere oltre.
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La “Valle dei Megaliti”
nell’altopiano della Tuscia Viterbese rIetI
VIterBo
Il mondo Perduto deglI astrI e deglI deI
roma
frosInone latIna
di adriano CioCi
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i sono luoghi ancora avvolti dall’incanto e dal mistero, dove le atmosfere, complice il silenzio, sembrano caricarsi di magia e di suggestione. Per restarne irretiti non occorre predisporre l’animo ad una sorta di rievocazione ancestrale. Si può rimanere vittime dell’emozione appena svoltato l’angolo di una stradina di campagna, dove la civiltà di colpo si arrende e i boschi hanno il potere di imbrigliare il tempo. Così il percorso diventa, d’improvviso, una sorta di viaggio nella valle incantata di fiabesca
memoria, dove i colori, le presenze, le percezioni diventano palpabili. Sensazioni ancora possibili nell’altopiano della Tuscia viterbese, dove il paesaggio, a perdita d’occhio, gioca con le sfumature del verde e rilascia, di tanto in tanto, tasselli di cromie disparate dove si incuneano rupi millenarie, valloni scoscesi, torrenti scroscianti, gole impervie, boschi immacolati. Questo scenario dal fascino arcaico custodisce – lo ha fatto per secoli – i ricordi di una civiltà lontana e perduta. Scolpite nel tufo, dalla calda sfumatura ocra, si aprono le misteriose porte di un mondo ultraterreno dove si celebravano i sacri e festosi riti dell’eternità. Altari, tombe, rifugi e abitazioni sono stati scavati nella roccia, restituendo gli imponenti resti di arte e architettura rupestre allo sguardo attonito del visitatore. Le cosiddette valli dei Principi Etruschi sono scuola di intaglio della pietra e scrigno di monumentalità, imponenza e grandezza. A guidarci nel nostro viaggio è Giovanni Menichino, studioso e appassionato di questi luoghi, autore di saggi e volumi sulla Tuscia e i suoi segreti. «Nel versante Nord del Monte Cimino, nella campagna viterbese – esordisce – sparsi nella
boscaglia, tra i centri di Bomarzo, Soriano nel Cimino e Vitorchiano, i dirupi naturali e un’infinità di massi formatisi per indurimento delle lave vulcaniche, sono stati scavati e modellati dagli Antichi per ricavarne abitazioni, tombe, luoghi di culto, o per svolgervi pratiche legate alla vita quotidiana. I boschi e i noccioleti sono disseminati di altari e di altri monumenti rupestri; tali manufatti, conservatisi fino ad oggi per la durezza della roccia, costituiscono un documento storico di eccezionale rilevanza e, in taluni casi, sono esclusivi di questi territori. I resti archeologici sono tuttora scarsamente noti, ma i pochi studiosi che li hanno visitati in tempi recenti (primo fra tutti, alla fine degli anni ’60, il re di Svezia Gustavo Adolfo, con la sua équipe) ne hanno constatato l’importanza». Natura selvaggia e superbe creazioni dell’uomo sono alla base di un territorio dal fascino insospettabile. Questa terra scolpita dal dio del fuoco deve la sua conformazione geologica ai vulcani Cimino e Vicano. Il fenomeno del vulcanesimo, ancora vivo, si manifesta in numerose pozze e vasche naturali, dove l’acqua sgorga bollente, copiosa e chiara come il cristallo.
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«Le terrificanti esplosioni – prosegue Menichino – forgiarono
Salvatore Fosci di Bomarzo che ha ripulito il gigantesco monolite, con il
in tempi diversi le rocce caratteristiche del luogo: il peperino, grigio o
plauso della Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale di
grigio-rossastro talvolta macchiato d’azzurro, di notevole durezza e il
Viterbo. Alta circa 15 metri, una sorta di Machu Picchu laziale, è l’unica
tufo, dolce e docile, dal colore ocra, giallo o ruggine mescolato ad una
in Italia e in Europa ed è sconosciuta ai più: è tagliata nella pietra eterna,
gran quantità di scorie nere; pietre che hanno costituito la materia
con gradoni, canali di drenaggio e vasche, con una ripidissima scalinata
prima di una fiorente arte locale, le cui origini si perdono nella notte
che conduce alla piattaforma superiore. Probabilmente la Piramide era
dei tempi. Le rupi sono lì a testimoniare immortali, proprio come un
un immenso altare votivo. Gli altari, su cui venivano sacrificati gli ani-
libro di pietra, l’affascinante mistero del luogo con la millenaria ener-
mali agli Dei, erano le uniche costruzioni destinate a durare in eterno,
gia etrusca gremita d’invisibili presenze. Le rupi sembrano animate
come eterne erano le divinità a cui si rivolgevano. I sassi del Predicatore,
da un respiro, è il respiro stesso della pietra, simbolo per l’uomo di
così chiamati per la somiglianza ad un pulpito, venivano eretti in ogni
un potere a lui negato: il durare nel tempo e per sempre. Il concetto
villaggio con triplice ara. Il tempio, così concepito, era deputato ai ceri-
di utilizzare le rocce per fini pratici o estetici finirà poi col diventa-
moniali, ai sacrifici, all’interpretazione degli astri, dei fulmini o del volo
re, in queste contrade, quasi una costumanza, tanto che lo troveremo
degli uccelli cui gli Antichi attribuivano grande importanza. Solitamente
sfruttato nel Rinascimento, nella creazione dei famosi “Mostri di Bo-
era dedicato alla triade divina celeste Tinia, Uni, Menrva – Giove, Giu-
marzo”, nella monumentale fontana di “Papacqua” a Soriano nel
none e Minerva, le cui statue campeggiavano al centro con Tinia, “il To-
Cimino e persino fino ai giorni nostri, con il “Moai” di Vitorchiano.
nante”, dio dei fenomeni atmosferici e potente arbitro delle sorti umane;
È l’unico “Moai” esistente al di fuori dell’Isola di Pasqua, realizza-
Uni la sua sposa, dea della luce, a destra e Menrva, dea della sapienza
to nel 1990 dagli stessi abitanti di quell’isola sperduta nell’Oceano
e delle arti, a sinistra. Così venivano celebrati rituali religiosi per vincere
Pacifico. Venuti in Italia per promuovere una raccolta di fondi per
una battaglia, allontanare una calamità naturale: come una carestia o
restaurare le statue cadute o deteriorate della madre patria, hanno
un’epidemia… Qui l’aruspice, dopo aver immolato l’animale destinato
trovato nel peperino delle cave del Cimino, una pietra molto simile
al sacrificio, ne interpretava le viscere, studiando in particolare il fegato:
alla lava vulcanica con cui sono stati costruiti in passato i giganti
l’organo dove il sangue si rigenera, talmente importante che la vita senza
monolitici della loro isola. Allargando il raggio d’osservazione nella
di esso sarebbe impossibile. I santuari non erano soltanto un luogo di
Tuscia e nella Maremma interna primeggia il sistema delle vie cave o
culto ma, all’occorrenza, si trasformavano in sede dove poter discutere i
tagliate etrusche, ciclopici labirintici ed enigmatici percorsi sacri, uni-
problemi di ordine politico o militare comuni all’intera confederazione.
che al mondo, di straordinaria bellezza ancora avvolte da un alone di
Di fronte al manufatto, sotto la rupe, si scorge un antro naturale al cui
mistero. Queste megalitiche opere rupestri sono antiche strade ricavate
interno venivano custoditi gli animali destinati ai sacrifici cruenti. La ca-
dal taglio della roccia vulcanica che, in una suggestiva semi oscurità,
verna ancora oggi incute un reverenziale timore, rifugio di demoni o di
s’incuneano tortuosamente tra le pareti di tufo alte fino a 30 metri.
divinità infere. Si è rapiti dal fascino straordinariamente evocativo che si
Nell’attraversare queste oscure fenditure si avvertono flussi e correnti
diffonde nel luogo, dove si comprende quanto fatua e breve sia la parente-
magiche, che danno vibrazioni e sensazioni profonde».
si umana. Sulla parte non sagomata della Piramide, che guarda la rupe
«Disseminati sui fianchi del “vulcano Cimino” – continua Gio-
sovrastante, è ben visibile una croce scolpita nel duro peperino. L’incisione
vanni Menichino – si riconoscono ancora numerose aree sacre del pe-
potrebbe essere il risultato della “Damnatio Memoriae”, ovvero la con-
riodo etrusco-romano e molte iscrizioni latine, poste sui macigni di roc-
danna all’oblio decretata dalla Chiesa nei riguardi del culto pagano».
ce laviche. A breve distanza dalla statale sorge uno dei più stupefacenti
monumenti dell’antichità, una meraviglia senza tempo, un monumento
pagnatore – presenta una visuale ad arco rivolta a nord-ovest, ove per
all’arte e alla spiritualità: uno dei numerosi “sassi del Predicatore” pre-
gli Antichi aveva sede il Regno dei Morti, ed a sud-est, dove l’orizzonte
senti è denominato per la sua imponenza “Piramide etrusca”. Destinata
comprende la levata del sole; il sacerdote ne osservava il movimento di-
all’oblio, la Piramide è stata completamente ripulita da un appassionato
scernendone a occhio nudo le macchie e le protuberanze per strapparne i
e disinteressato lavoro di ripristino. L’immane, solitaria fatica, è opera di
più segreti presagi. Nell’antichità lo studio dei cicli celesti era legato alla
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«Il massiccio altare della piramide – specifica il nostro accom-
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1. Piramide etrusca
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2. Ricovero scavato nella roccia
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3. Altare a gradini nel bosco
G i o va n n i
M e n ichi n o
Accompagnatore d’escursionismo del Club Alpino Italiano e membro dell’Associazione “Terni-racconta”, presieduta da Luciano Ragni. Ha pubblicato: Sensazioni
uniche (Union Printing, 2001), Escursionismo d’Autore nella Terra degli Etruschi, 3 voll. (Editrice Laurum, 2007), Viaggio nella Tuscia - I monti Cimini e le val-
li delle antiche civiltà rupestri, prima edizione giugno 2008, seconda edizione marzo 2010 (Editrice Laurum). È in corso di stampa Le meraviglie segrete della Ma-
remma e della Tuscia - Impressioni d’Etruria. giovannimenichino@libero.it
religione e alla gestione del potere. Molto spesso le conoscenze astronomiche venivano incorporate nell’architettura rupestre, luoghi di osservazione privilegiati per il sorgere del sole, all’alba del solstizio d’estate, che permetteva, inoltre, ai sacerdoti astronomi d’Etruria di fissare con precisione il loro calendario annuale. L’inizio del solstizio d’estate veniva salutato con l’accensione di fuochi e così trasmesso agli altri villaggi, che lo propagavano a loro volta. Era là, sulla Piramide, che appariva la figura del sacerdote-mago d’Etruria, dallo sguardo magnetico e con il volto vermiglio, tinto con il sacro minio, vestito di bianco, bordato di rosso o di nero, con in mano il lituo ricurvo, simbolo del comando sacrale, incaricato di pronunciare le parole sibilline. Al termine della rampa vi era l’ambiente del fuoco perenne ove cantori, danzatrici e suonatori di bicanne e nacchere preparavano le cerimonie».
«Nella Selva di Malano – conclude Menichino – in un altro angolo della “valle dei Megaliti” (da me così battezzata), compa-
iono altri monumenti rupestri. Adiacente a un’altra area sacra, all’interno di un grosso masso è ricavata una tomba etrusca a camera. Da notare che il masso, rotolato dalla zona sovrastante, si è disposto in modo che il pavimento originario della tomba costituisce la parte sinistra della cavità. All’interno sono visibili due sarcofagi scolpiti di cui uno ha una base modanata, sormontata da una scena sacrificale frammentaria a bassorilievo. In particolare appaiono il basamento e parte di una colonna scanalata, le metà inferiori di due figure tunicate, le gambe di una figura nuda, un grosso vaso (o un’ara), un uomo nudo (forse un baccante) munito di un tirso e sostenente un oggetto poco identificabile, forse un vaso o un uccello, un cane e un’altra figura tunicata».
Questo breve, ma intenso viaggio in una porzione della Tuscia viterbese non è che un piccolo saggio di ciò
che l’intera zona ancora superbamente custodisce. Al termine del percorso, ancora ammaliati dalla unicità di quell’arte, viene da chiedersi – come spesso accade per le cose belle – se sia giusto continuare a celarle ai più, aumentandone il valore emozionale, o se sia più congruo renderle fruibili e valorizzarle in termini turistici. Certo è che la “Valle dei Megaliti”, unita alle altre emergenze dell’altopiano, non sfigurerebbe di certo, proprio per la sua “unicità”, nella tentative list dell’UNESCO.
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The “Valley of the Megalites” in the tableau of the Tuscia area (Viterbo)
and beautifully restored by passionate and disinterested restoration work. This enormous and solitary endeavour was performed by Salvatore Fosci of Bomarzo who cleaned up the gigantic monolith
by Adriano Cioci
with the praise of the Archaeological Department for Southern Etruria of Viterbo. This sort of Machu Picchu of Lazio is about 15 metres tall, and is the only instance of its kind in Italy and in Europe and
There are places that are still enveloped by charm and mystery where the atmospheres, enhanced
is unknown to most people: it has been cut into the eternal stone, with terraces, drainage canals
by silence, appear to get charged with magic and fascination. It is not necessary to predispose one’s
and basins, with very steep steps that lead up to the upper platform. It must certainly have had an
soul to ancestral reminiscing to be seduced. Anyone taking a country path away from a town is
unusual architectural grandiosity that would not be frequently found at the time in small peripheral
overwhelmed with emotions as he approaches the woods that have the power of harnessing time.
rural districts. Probably the Pyramid was an immense votive altar. The altars, on which animals
And so the path quickly turns into a sort of journey into the enchanted valley of our fairytale memo-
would be sacrificed to the gods, were the only structures designed to last eternally, just as the divi-
ries where colours, presences and perceptions become tangible. These are feelings that are still
nities they addressed were eternal. The stones of the Preacher, similar to a pulpit, were built in each
possible in the Tuscia tableland in the Viterbo area, where the landscape, as far as the eye can see,
village and would comprise with three altars. The temple thus conceived was used for ceremonies,
is an interplay of shades of green with disparate spots of colour appearing here and there: thousand
sacrifices, for interpreting the celestial bodies, lightning, the flight of birds to which the Ancient ci-
year old cliffs, steep valleys, roaring torrents, inaccessible ravines, immaculate woods. This archaical-
vilization attached great importance. Usually it was devoted to the celestial divine triad Tinia, Uni,
ly charming landscape has preserved for centuries the memories of a civilization of a lost past.
Menrva – Jove, Juno and Minerva, whose statues dominated at the centre with Tinia “the Thunde-
Carved in warm ochre-coloured tuff are mysterious doors that lead into to an after-world where the
rer”, the god of atmospheric phenomena and powerful arbiter of human fate; to his right Uni his
sacred and festive rites of eternity are celebrated. Altars, tombs, shelters and dwellings were exca-
spouse, the goddess of light, and to his left Menrva, the goddess of knowledge and of the arts. And
vated in the rock, thus offering to the astonished gaze of the visitor the remains of rock art and
so religious rituals would be celebrated in order to win a battle and to keep away natural catastro-
architecture. The so-called valleys of the “Etruscan Princes” are a school of stone intaglio and a
phes like famine or epidemics. After having sacrificed the animal destined for sacrifice, the Aruspice
casket of monumentality, solemnity and grandeur. Our guide on this journey is Giovanni Menichino,
would interpret its bowels, in particular the liver: the organ where blood is regenerated and which
a scholar and enthusiast of these places, the author of essays and books on the Tuscia and its se-
so important that without it life would be impossible. The sanctuaries were not only a place of
crets. «On the North slope of Mount Cimino, in the Viterbo countryside – are his opening words –
worship but, whenever necessary they would be used for discussing the political or military pro-
scattered throughout the scrubland between the villages of Bomarzo, Soriano nel Cimino and Vitor-
blems of the whole confederation. Facing this structure, under the crag there is a natural cavern
chiano, are a series natural crags and cliffs and an infinite number of masses formed from the
which housed the animals awaiting to be sacrificed. Even today this cavern, which was the shelter
hardening of volcanic lava. These materials were excavated and shaped by the Ancient inhabitants
of demons or divinities of the underworld, still inspires a reverential fear. We are fascinated by the
to obtain houses, tombs, places of worship and shelters were to carry out everyday activities. The
extraordinary evocative charm of this place, where one realizes how short-lived is human life. On
woods and hazelnut groves are strewn with altars and other Rupestrian monuments; these manma-
the wall of the Pyramid that was not shaped by human intervention, and which faces the overlying
de constructions have come down to us over the centuries thanks to the hardness of the rock and
cliff, we can clearly see a cross carved in the hard peperino. The incision may be the “Damnatio
are historic evidence of exceptional importance and in some cases they are typical only of these
Memoriae”, that is to say the condemnation to oblivion of pagan worship decreed by the Church».
territories. The archaeological remains are still poorly known but the few scholars that have visited
«The massive altar of the pyramid – says our guide – is positioned in such a way as to command an
them in recent times (first of all, in the late 1960s, King Gustav Adolph of Sweden with his team)
arch-shaped view towards north-west, where the Kingdom of the Dead was located according to
have acknowledged their importance». A wild nature and superb man-made constructions are the
ancient beliefs, and towards south-east, where the horizon included the rising of the sun; the priest
heart of a territory of unsuspected charm. This land carved by the god of fire owes its geological
would observe the sun’s movement making out the spots and protuberances with the naked eye to
formation to the Cimino and Vicano volcanoes. Volcanism, which is still active, appears in the many
read its secret omens. In antiquity the study of the movement of celestial bodies was linked to reli-
natural pools and basins where crystal clear water springs forth in abundance at near boiling tem-
gion and to the management of power. Very often astronomic data was built into Rupestrian archi-
perature. «Throughout time, terrifying explosions – Menichino goes on to say – forged the rocks
tecture, privileged places for observing the rising sun. Observing the sun at dawn on a summer
that are so typical of these places: the very hard grey or grey-reddish peperino which at times has
solstice among other things enabled the priest-astronomers of Etruria to draw up with accuracy
blue spots and the tuff, sweet and docile, with its ochre, yellow or rust colour mixed with large
their annual calendar. The summer solstice would be greeted by lighting fires which would then be
amounts of black inclusions; stones that have been the raw material of a flourishing local art who-
shared with the other villages which in turn would share it with others yet. It was there, on the
se origins are lost in time. The crags and cliffs seem to be animated by breathing stone, a symbol for
Pyramid, that the figure of the priest-magician of Etruria would appear, with a magnetic gaze and
human beings of a power that they have been denied: to last in time and forever. The idea of using
a vermilion face, painted with the sacred ‘minium’, dressed in a white garment with a red or black
the rocks for practical or aesthetic purposes has always been a custom in these hamlets and in fact
hem and holding the ‘lituus’, curved symbol of sacred leadership, having the task of pronouncing
they was exploited in the Renaissance for creating the famous “Monsters of Bomarzo”, for the
Sibylline words. At the end of the ramp was the place where perennial fire was kept and where
monumental fountain of the “Papacqua” in Soriano in the Cimino area, and even in our day for the
singers, dancers and musicians with double pipes and castanets would prepare the ceremonies».
“Moai” in Vitorchiano. This is the only “Moai” which exists outside of Easter Island and was produ-
«In the Malano Woods – Menechino concludes – in another corner of the “Valley of the Megalites”
ced in 1990 by the very inhabitants of that lost island in the Pacific Ocean when they came on a
(as I have named it), there are other Rupestrian monuments. Adjacent to another sacred area, there
visit to Italy to gather funds to restore the fallen and damaged statues in their homeland. Here they
is an Etruscan tomb-chamber excavated in a large boulder. This boulder rolled down from a higher
found in the peperino stone of the quarries of the Cimino caves a stone that is very similar to the
position and came to a halt in such a position that the original pavement of the tomb constitutes
volcanic lava with which in the past the giant monoliths of their island were built. By widening our
the left wall of the cavity. Inside, two sculptured sarcophaguses are visible one of which has a
field of observation to the Tuscia and to the Maremma in the hinterland, there is a network of
molded base, surmounted by fragments of bas-relief reproducing a sacrificial scene. In particular,
Etruscan roads that were cut through the boulders, cyclopean mazes and enigmatic sacred routes
there is the basement and portions of a fluted column, the lower half of two human figures wearing
that are unique in the world and of extraordinary beauty and are still enshrouded in a halo of my-
a tunic, the bare legs of a figure, a large vase, a naked man (perhaps a Baccante) holding a thyrsus
stery. These megalithic Rupestrian works are ancient roads obtained by cutting into the volcanic
and supporting an object that is difficult to make out, perhaps a vase or a bird, and then there is a
rock which, in a charming semi-darkness, wind through walls of tuff that may be as high as up to
dog and another figure wearing a tunic». This brief but intense journey across a portion of the Tuscia
30 metres. People crossing these dark clefts in the rocks feel magic currents that give deep vibra-
is only a sample of the superb remains that the whole area preserves. Upon completing this round,
tions and sensations». «Disseminated along the slopes of the “Cimino volcano” – Giovanni Meni-
still feeling the magic spell of the uniqueness of that art, one may wonder, as often happens with
chino goes on to say – visitors can still see many sacred areas of the Etruscan-Roman times and
things of beauty, whether it is right that those wonders should remain unknown to most of mankind
many inscriptions in Latin on the lava rock boulders. Not too far away from the state road there rises
and hence heighten their emotional power or whether it might not be more congruous to develop
one of the most amazing monuments of ancient times, a timeless marvel, a monument to art and
them and bring them to the fruition of tourists at large. What is sure, however, is that the “Valley of
spirituality, the “stones of the Preacher” one of which is called the “Etruscan pyramid” for its awe-
the Megalites” together with all the other remains on the tableland, would certainly deserve, for
someness and impressiveness. Rescued from oblivion, the pyramid has been completely cleaned
their “uniqueness”, to be included in the UNESCO tentative list.
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Il Museo del Precinema di Padova Dalle lanterne magiche al cinematografo L’affascinante viaggio nella Collezione Minici Zotti
di Francesco Modolo
Laureato in Tecniche Artistiche dello Spettacolo - Conservatore al Museo del PRECINEMA Collezione Minici Zotti di Padova.
I
n Prato della Valle, all’ultimo piano del monumentale Palazzo Angeli, del Comune di Padova, è possibile visitare la Collezione Minici Zotti che da molti anni si propone di valorizzare e diffondere la conoscenza delle origini dell’immagine proiettata su schermo.
Il museo, voluto dodici anni fa dal Comune di Padova, ha do-
tato la città di “un fiore all’occhiello”, comprende strumenti e giochi ottici, rari materiali iconografici e bibliografici, strumenti musicali e soprattutto un significativo numero di Lanterne Magiche e vetri da proiezione, che documentano l’affascinante viaggio dell’immagine fissa e animata, dal ‘700 alla nascita del Cinema. Settori specifici sono dedicati alla fotografia, alla stereoscopia e alle Lanterne Magiche.
La Lanterna Magica è un apparecchio ottico inventato a metà del
‘600, adatto a proiettare su uno schermo piccole immagini dipinte o foto su vetro, ottenendone l’ingrandimento. I vetri da proiezione, vere miniature, possono essere fissi o animati da piccoli e complicati meccanismi. Le serie dedicate all’Astrologia, ai personaggi buffi del Circo, alle apparizioni fantastiche, alle dissolvenze dal giorno alla notte, ai racconti moraleggianti, alle aurore boreali del Polo Nord, alle favole e leggende, presentano i soggetti iconografici di maggior successo del ‘700 e dell’800. La serie dedicata al Grand Tour ci conduce sulle orme del viaggio di formazione che i giovani rampolli delle famiglie nobili europee compivano attraverso l’Europa dell’epoca. Non mancano i soggetti scientifici con les projections vivantes, i sorprendenti effetti dei “quadri meccanici” con fontane che zampillano,
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eruzioni vulcaniche, neve, pioggia, lampi, arcobaleno e rare immagini a contenuto erotico, per finire con i Cromatropi, suggestive proiezioni di colori “somiglianti ai rosoni delle cattedrali gotiche” (Marcel Proust). Nel 1895 nasce il Cinematografo e la Lanterna Magica, verrà malinconicamente relegata nelle soffitte. Considerata oggi riduttivamente l’antenata del Cinema, ha per secoli offerto ai pubblici dell’epoca quelli che venivano chiamati “Grandiosi spettacoli”.
Il percorso museale parte dal suggestivo “Campiello delle Ma-
ravegie”, che accoglie il visitatore appena arrivato. Nel ‘700 per le vie di Venezia, e di tutta Europa, si potevano incontrare strani personaggi che intrattenevano con vedute ottiche e il Mondo Niovo, “l’industriosa macchinetta” che per pochi soldi mostrava “meraviglie tante”, come lo descrive Carlo Goldoni. Lo stesso viene proposto in questa sala. Insieme ad altri dispositivi ottici come un raro esemplare di Megaletoscopio “privilegiato” brevettato nel 1862 dall’ottico veneziano C. Ponti e in grado di esaltare, con i suoi effetti di trasparenza, le variopinte vedute fotografiche all’albumina che mostrano i luoghi più famosi del mondo.
Nella sala centrale, strumenti ottici dai nomi singolari come lo
Zootropio, il Praxinoscopio, lo Zogroscopio e il Poliorama Panottico, testimoniano la ricerca da parte dell’uomo di riproduzioni sempre più fedeli o fantasiose della realtà. Giochi ottici e divertissements come il Taumatropio, il Fenachistoscopio, il Caleidoscopio, i dischi di Newton e le Anamorfosi ebbero a lungo grande successo, convivendo con le lanterne magiche giocattolo che – ricordate anche da Marcel Proust ne La Recherche – coniugavano felicemente aspetti ludici e didattici presso un pubblico eterogeneo e di ogni età. Un gran numero di vetri dipinti a mano del ‘700 e ‘800 per proiezioni con Lanterna Magica occupano un posto centrale nel museo. Sono rappresentati molti esempi provenienti da Italia, Germania, Francia, Olanda e Stati Uniti, ma soprattutto Gran Bretagna, dove si concentrarono in gran numero artisti in grado di eseguire al meglio le immagini colorate donando loro lo stesso splendore delle miniature fiamminghe.
Nell’ultima sala: un antico teatro di Ombre javanesi, nonché
altri pezzi significativi della collezione come: la Tripla Lanterna e la Doppia Lanterna di J. H. Steward; la Doppia Lanterna di W. Tyler, la Lanterna Scientifica di Philip Harris & Co; le più antiche Lanterne appaiate per le dissolvenze e la Lanterna Cinema di Walter Gibbons, adatta alla proiezione di vetri e pellicole cinematografiche.
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E ancora, non mancano vari strumenti musicali d’epoca, come un raro piano melodico funzionante a scheda perforata. Alcuni importanti strumenti come la Camera Oscura che il Canaletto utilizzava per le sue prospettive, il “Mondo Niovo” raffigurato in un’incisione del ‘700 di Gaetano Zompini e il Diorama di Daguerre sono stati fedelmente ricostruiti per consentire al Pubblico una fruizione diretta. Recentemente il museo si è dotato di un panorama a 360° del Prato della Valle che viene osservato in 3D con gli appositi occhialini.
Come tutte le collezioni private, anche questa riflette il gusto di Laura Minici
Zotti, collezionista, “lanternista” nonché direttrice del museo, che da lungo tempo raccoglie oggetti sul Precinema, privilegiando quelli che hanno maggiormente suscitato il suo interesse.
Lo scopo del Museo è di avvicinare tutto il pubblico a questo insolito, ma poco
noto, aspetto della visione, organizzando Mostre itineranti (quando richieste): Il fascino discreto della stereoscopia oppure Il rigore del nero - Silhouettes e Teatri d’Ombre. Collaborazioni e conferenze presso Istituzioni, Musei e Università italiane e straniere. Visite guidate per scuole e gruppi.
La prossima mostra sarà Il Teatro dell’ombre a Montmartre nella Belle Époque. Verrà ricordato il Caba-
ret du Chat Noir, in Rue Laval, fondato da Rodolphe Salis, il celebre locale adibito a spettacoli di ombre, ritagliate su zinco realizzate da Caran D’Ache, a partire dal 1885. Le Chat Noir sarà considerato uno dei principali luoghi dell’incontro degli intellettuali e dei bohemiens alla fine del XIX° secolo.
La Fondazione Centro Studi della Barbariga istituito da Angelo Dalle Molle, ha voluto donare alla
Collezione Minici Zotti una importantissima raccolta di 70 ombre francesi, realizzate in zinco, con relativo teatrino e le lanterne da proiezione per proiettare gli sfondi dipinti. Le ombre sono simili a quelle mostrate nel cabaret di Montmartre e rappresentano i ben noti racconti: La Marche à l’Etoile, L’Esprit de Venise, Le Sphinx, L’Age d’Or e altri non ancora identificati. Il numero di pezzi è davvero ragguardevole, durante tutto il 2009 a oggi si sono impegnati studi e ricerche per poter catalogare e conoscere meglio questo aspetto della visione prima del Cinema. Per l’appunto si è incrementata la bibliografia di riferimento e inoltre Laura Minici Zotti ha effettuato ricerche anche a Parigi, contattando i maggiori esperti nel settore, nonché i pochi Musei con collezioni simili. Vista l’importanza delle ombre in questione si prevede di realizzare una mostra, in una sede esterna al museo, entro il prossimo anno, sempre in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova.
La Direttrice del Museo ha iniziato la sua missione di diffondere questo aspetto della visione prima
del Cinema come lanternista, ha però comunicato che fra poco, concluderà questo professione per dedicarsi esclusivamente al Museo. “L’addio alle scene” avverrà alla XXIX° edizione delle Giornate del Cinema Muto, che sempre hanno appoggiato il suo entusiasmo. Un percorso quasi parallelo che ha portato al prestigioso conferimento del Premio Jean Mitry nell’edizione del 2008. Per l’occasione è stata scelta una rappresentazione con la Lanterna Magica e i vetri più belli della collezione, ispirata al programma di Charles Hellemberg di Anversa. Nel 1884 il celebre lanternista mostrava: “vetri astronomici in movimento, i capolavori dell’arte plastica, il giro del mondo e altri mirabili effetti”, affascinando il pubblico dell’epoca, cosa che si farà ancora un’ultima volta nell’intento di emozionare gli spettatori di oggi.
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1. Vetro da Proiezione per la Lanterna Magica, dipinto a mano, Inghilterra1860 ca.
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2. Vetro da Proiezione per la Lanterna Magica, dipinto a mano, Italia 1830 ca.
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3. Vetro da Proiezione per la Lanterna Magica, fotografia in bianco e nero colorata a mano, Inghilterra 1880 ca.
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4. Silhouette, dipinta a mano con china, Francia 1760 ca.
IL MUSEO Aperto tutti i giorni dalle 10 alle 16 Chiusura il martedì Biglietto 3 €, ridotto 2€ Visite guidate su prenotazione Per ulteriori informazioni 049 8763838 Prato della Valle 1/A, Padova www.minicizotti.it, info@minicizotti.it
L a u r a M i n ici Z o tti
Maestra d’Arte formatasi all’Accademia delle Belle Arti di Venezia si dedica inizialmente all’arte astratta e di avanguardia con notevole successo. In seguito si impegnerà nello studio e nella diffusione della immagine proiettata prima dell’avvento del cinema. Dispensatrice di spettacoli memorabili che poggiano sulle solide fondamenta di un Museo unico nel suo genere, da lei costituito e diretto, dove tutti i pezzi, lanterne, macchine e vetrini, sono originali d’epoca e funzionanti. La sua straordinaria avventura merita di essere conosciuta direttamente, e meditata a fondo. Il suo impegno è stato più volte riconosciuto: Donna Eccellente 2010, Premio Jean Mitry 2008, Sigillo della Città di Padova 2008, per citare solo i più recenti.
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The Pre-cinema Museum in Padua From Magic Lanterns to the Cinema by Francesco Modolo In Prato della Valle on the last floor of the monumental Palazzo Angeli of the Municipality of Padua, visitors can enjoy the Minici Zotti Collection whose items were brought together with the aim of valuing and diffusing knowledge about the origins of the idea of projecting images onto a screen. The museum, promoted twelve years ago by the Padua Municipality, is a jewel in the crown for the City. It includes instruments and optical games, rare iconographic and bibliographic materials, musical instruments and above all a significant number of ‘Magic Lanterns and projection glasses’ that bear witness to the fascinating journey of fixed and animated images from the 18th century to the birth of Cinema. There are specific sectors devoted to photography, stereoscopy and Magic Lanterns. The Magic Lantern is an optical instrument invented in the mid-17th century for projecting onto a screen small painted images or photographs on glass, to produce a magnified image. Projection glasses, that are true miniatures, may produce either fixed or moving images with the aid of small, complicated mechanisms. The series devoted to Astrology, to the funny characters of the Circus, to fantastic apparitions, to the dissolving of light between day and night, to moralizing stories, to the aurora borealis of the North Pole, to fairy-tales and legends constitute the most successful iconographic subjects of the 18th and 19th centuries. The series dedicated to the Grand Tour takes us on a journey in the footsteps of the scions of noble families as they made their educational journey across Europe. There are also scientific subjects with ‘les projections vivantes’, the surprising effects of “mechanical paintings” with fountains that spurt water, volcanic eruptions, snow, rain, lightning, rainbows and rare erotic images, and finally the Cromatropes, suggestive colour projections that produce effects that are similar to the rose windows of Gothic cathedrals. In 1895 the Cinema was born and sadly enough the Magic Lantern was packed and moved to the attics. Considered to be the ancestor of cinema by narrow minds, for centuries it offered the audiences of its time what used to be called “Marvellous Show”. The visit of the museum begins with the evocative “Campiello delle Maravegie” which welcomes the visitor upon his arrival. In the 18th century, you would run into extravagant people in the streets of Venice and of the whole of Europe, entertaining passersby with optical visions and with the Mondo Niovo, “an ingenious machine” that for a few pennies would show people “many wonders”, in the words of Carlo Goldoni. The same things are offered in this room. Together with other optical devices like the very rare “privileged” Megalethoscope, patented in 1862 by the Venetian optician, C. Ponti, which, with its transparency effects, enhances the translucent coloured albumen photographs of the most famous places in the world. The central room accommodates optical instruments with the strangest of names like the Zootrope, the Praxinoscope, the Zogroscope and the Panoptic Poliorama, which all bear witness to man’s endeavours to reproduce reality in increasingly perfect or fantastic ways. Optical games and divertissements like the Zootrope, the Praxinoscope, the Zogroscope and the Panoptic Poliorama, Newtons discs and the Anamorphoses were successful for a long time and existed side by side with the toy magical lanterns that were also mentioned by Marcel Proust in ‘La Recherche’, successfully matching play and learning for a heterogeneous public of all ages. The collection of many handpainted glasses of the 18th and 19th centuries for projection using the Magic Lantern are the highlight of the museum. There are many examples from Italy, Germany, Holland and the United States, but above all from Great Britain where these artists were present in large numbers and were the best at producing coloured images that had the same quality and splendour that is typical of Flemish miniatures. In the last room is an ancient theatre of Javanese Shadows as well as the highlights
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of the collection like the ‘Triple Lantern’ and the ‘Double Lantern’ by J.H. Steward; the ‘Double Lantern’ by W. Tyler, the ‘Scientific Lantern’ by Philip Harris & Co; the most ancient Lanterns used in pairs for obtaining dissolving images and the ‘Cinema Lantern’ by Walter Gibbons, suitable for the projection of glasses and cinema film. And there are also several musical instruments of the time. There are important devices like the ‘Camera Oscura’ that Canaletto used for his perspectives; and finally there is the ‘New World’ depicted in an 18th century incision by Gaetano Zompini and the ‘Diorama’ by Daguerra have been faithfully reconstructed for the delight of the museum’s visitors. Recently the museum has purchased a 360° view of Prato della Valle that can be seen in 3D by wearing special glasses. Like all private collections, also this one reflects the taste of its creator, Laura Minici Zotti, collector, “lanternist” and director of the Museum who has been collecting items on the pre-cinema era for a long time now, attaching priority to those she fancies most. The aim of the Museum is to enable people to get to know more about this overlooked aspect of vision, and it organizes itinerant exhibitions (upon request): ‘The discreet fascination of Stereoscopy’ or ‘The rigor of black - Silhouettes and Shadow Theatre’s. She delivers conferences and cooperates with Institutes, Museums and both Italian and foreign Universities and offers guided visits for schools and groups. The next exhibition is ‘Shadow Theatres in Montmartre in the Belle Époque’. The shadow show cut on zinc was invented in Paris at the Cabaret du Chat Noir, a famous entertainment place starting from 1881 and founded by Rodolphe Salis and by Caran d’Ache, a producer of shadows. Located at the foot of Montmartre, Le Chat Noir was one of the main places where intellectuals and bohémiens would hang out together in the late 19th century. The ‘Fondazione Centro Studi della Barbariga’ established by Angelo Dalle Molle donated to the Minici Zotti Collection an important collection of 70 French shadows, produced in zinc, with a stage and lanterns to project painted backgrounds. The shadows are similar to those shown in the Montmartre cabaret and they represent well known stories: ‘La Marche à l’Etoile’, ‘L’Esprit de Venise’, ‘Le Sphinx’, ‘L’Age d’Or’ and others that have not yet been identified. The number of items is truly large. Studies and research began in 2009, and are still underway, to catalogue and gain further knowledge about this aspect of the visual arts before Cinema. The reference bibliography has been expanded and Laura Minici Zotti has carried out research work also in Paris, she has contacted the foremost experts in this sector as well the few Museums that display the same type of items. Given the importance of these shadows, an exhibition will be organized in a venue outside the museum at some point next year in cooperation with the Culture Department of the Municipality of Padua. The Director of the Museum set out to make this aspect of pre-Cinema vision known right from her earlier years as Lanternist, but she recently announced that she will soon end this activity and devote her energies exclusively to the Museum. She will announce her “farewell to the stage” at the 29th edition of the Days of Silent Cinema that have always been a source of enthusiasm for her. An almost parallel path that has led to her receiving the prestigious recognition of the Jean Mitry Award for the 2008 edition of this event. For this occasion she has decided to produce a representation using the Magic Lantern and the most beautiful glasses of her collection in the wake of the programme by Charles Hellemberg of Antwerp. In 1884 the famous lanternist showed “astronomical glasses in movement, true plastic works of art, a tour around the world and other marvellous effects” for the delight and fascination of the audiences of his time, and all this will be repeated one last time with the intention of exciting today’s audiences as well.
La Presidente Laura Frati Gucci È un grande orgoglio ospitare in Italia, a Firenze, il 58° Congresso Mondiale di FCEM. Il programma delle giornate è finalizzato al trasferimento di conoscenze e competenze sia in termini di business che in termini di rete di imprese. Nelle giornate fiorentine saranno favorite interazioni e confronti di best practices per orientare iniziative strategiche di collaborazione tra i diversi attori in una logica di miglioramento continuo, innovatività, competitività, internazionalizzazione nel mercato globale della conoscenza. Donne leader di diversi paesi del mondo parteciperanno alle faculty per valorizzare le loro esperienze e competenze, stimoli e spunti da utilizzare nella ricerca di un modello di impresa che meglio si adatti alle nuove regole dei mercati. Nei workshop e nelle tavole rotonde verrà analizzato il valore aggiunto di una rete che mobilita l’intelligenza decentrata e la creatività per integrare tutte le risorse che offre un’organizzazione come FCEM presente in tutto il mondo. Verranno discussi temi di innovazione di processo e di prodotto, abbiamo previsto “study visit” in aziende di eccellenza del “made in Italy” per analizzare come le aziende di successo sono sempre più flessibili, dinamiche, creative e attente all’ecosostenibilità e alla responsabilità sociale, per promuovere fiducia nel consumatore e alta formazione a tutto il capitale umano aziendale. Altro scopo del congresso sarà quello di trasferire le tecniche e le competenze che puntano al miglioramento continuo aziendale mettendo in rete aziende di tutti i paesi del mondo includendo il decentramento delle esperienze e il tutoraggio a quei paesi che hanno necessità di creare muove imprese per un miglioramento socioeconomico. FCEM intende creare una rete di sempre maggiore diffusione di informazioni, attività e strategie sui temi del business e delle donne. Il convegno affronterà anche i temi dei processi di internazionalizzazione in una prospettiva strategica di alleanze in una logica di network reticolare. È per questo motivo che parteciperanno ci auguriamo che molte socie AIDDA ma preme precisare che aspettiamo da ogni regione italiana le tante donne impegnate nel mondo della Politica, delle Istituzioni, delle Associazioni, delle Fondazioni, delle Società Scientifiche, delle Università e delle Imprese. Una assise di donne impegnate in tutti i settori che parteciperanno unite per creare un circuito da condividere con le colleghe che arriveranno da tutto il mondo, strategie di alleanze e contatti personali sono un altro scopo che ci consentirà di sostenere che sole siamo invisibili, unite siamo invincibili.
www.aidda.org
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Negozio Olivetti
di Carlo Scarpa a Venezia capolavoro dimenticato dell’architettura italiana tornerà al suo antico splendore grazie alle Assicurazioni Generali e al FAI
di Laura Orsini
Docente di Storia dell’Urbanistica all’Università di Ferrara
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iazza San Marco e Venezia tutta attendono
revisione degli impianti attuata nella metà degli anni ottan-
impazienti la prossima riapertura al pubblico
ta e di un vincolo imposto dalla Soprintendenza per i Beni
dell’ex negozio Olivetti, prevista per l’autun-
Architettonici di Venezia in base alle disposizioni del Codice
no 2010. Dopo ripetuti appelli per la sua sal-
dei beni culturali e del paesaggio contenute nel Decreto Le-
vaguardia – tra cui, non ultimi, quelli lanciati
gislativo 42/2004, lo spazio era stato lasciato dalla Olivetti e
dalle pagine della rivista di architettura “Casabella” e dal
occupato da nuovi affittuari nel 1997. La sua riabilitazione
suo direttore Francesco Dal Co – lo straordinario spazio nel
rappresenta l’ultimo dei provvedimenti che, nel decennio
cuore della città lagunare, progettato dall’architetto vene-
appena passato, hanno interessato alcuni importanti lavo-
ziano Carlo Scarpa nel 1957-58 per Adriano Olivetti, è stato
ri eseguiti su disegno dell’architetto nel capoluogo veneto,
sottoposto ad un intervento di manutenzione ordinaria de-
come l’aula Manlio Capitolo presso il Tribunale e il Giardi-
gli arredi e delle superfici, ancora in corso.
no delle sculture all’interno del padiglione Italia nei giardini
della Biennale.
L’ambiente appare oggi completamente chiuso alla vi-
sta, ma solo un anno fa, dopo essere stato liberato dagli or-
pelli inseriti da una funzione commerciale non appropriata,
nel corso di una lunga carriera professionale durata quasi
il suo interno risaltava nudo e ancora apparentemente in-
mezzo secolo, sono stati al centro di una sinergia mirata,
tegro attraverso le ampie vetrine ad angolo lungo i portici
da un lato, alla catalogazione e allo studio, attraverso l’ana-
delle Procuratie Vecchie.
lisi delle architetture esistenti e del cospicuo patrimonio
Nel mese di luglio la compagnia di Assicurazioni Ge-
di elaborati grafici autografi giunti fino a noi e, dall’altro,
nerali, titolare della proprietà, annunciava finalmente l’af-
alla conservazione e valorizzazione delle opere costruite e
fidamento della sua gestione, in comodato gratuito, al FAI
delle testimonianze documentarie. Tra le molte iniziative
(Fondo Ambiente Italiano) che a sua volta si impegnava ad
rese possibili dal Comitato paritetico per la conoscenza e
intraprendere il restauro dello show-room per restituirne
la promozione del patrimonio legato a Carlo Scarpa, isti-
l’aspetto originale e destinarlo al nuovo uso di propria sede,
tuito nel giugno 2002, sono la formazione di una fotote-
oltre che “museo di se stesso” eventualmente disponibile ad
ca specializzata a cura del Centro Internazionale di Studi
ospitare mostre temporanee selezionate. Già oggetto di una
di Architettura Andrea Palladio di Vicenza e l’apertura, a
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La figura di Scarpa e i suoi progetti realizzati e non,
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▼
1. L’esterno del negozio come appare oggi.
▼ 2. Il ▼
livello del soppalco al tempo della realizzazione.
3. Il prospetto principale lungo i portici
al tempo della realizzazione.
Treviso, del Centro Carlo Scarpa, nato in concomitanza con
ne operativa nei confronti dell’architettura contemporanea
le celebrazioni del centenario della nascita dell’architetto,
e, con essa, la necessità di sempre nuovi perfezionamenti nel
nel 2006, per l’azione congiunta della Direzione generale
restauro del “Moderno”, il caso di Scarpa non ha cessato né
per l’architettura e l’arte contemporanea del Ministero per i
cessa di porre a tecnici e storici interrogativi sostanziali sul
Beni e le Attività Culturali e della Regione Veneto e preposto
significato della tutela. La natura complessa delle sue opere,
alla custodia e all’apertura al pubblico dell’archivio di circa
intesa come la ricchezza specifica che ognuno dei suoi proget-
30.000 disegni che la stessa DARC ha acquisito nel 2001 dal
ti porta in sé – nella molteplicità dei piani compositivi che si
figlio Tobia.
congiungono in una lettura totale del sistema architettonico,
Se l’intervento conferma, entro un quadro più ampio, in
nella varietà e nell’adattamento di materiali ricercati, nell’in-
Italia come in Europa, la crescente diffusione di un’attenzio-
venzione di soluzioni puntuali di cui non di rado le parole
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non riescono a rendere la singola completezza – e che appare sempre intimamente legata con l’idea di un uso preciso dell’architettura, determina, ancora prima, l’assunzione di un giudizio nel riconoscimento delle componenti del suo valore storico e artistico.
Un rapido confronto tra una ripresa fotografica del negozio Olivetti poco dopo la sua realizza-
zione e una delle immagini recenti, impresse anche nella memoria percettiva di quanti l’hanno visto distrattamente passeggiando nella piazza o visitato all’interno, è in grado di mostrare non solo i danni fisici e formali dei quali si può rendere responsabile un utilizzo improprio dell’architettura, ma anche il pericolo, più grave, di una denaturazione del senso della concezione progettuale nei modi e nelle forme in cui fu definita e messa in opera attraverso un processo prima intellettuale e poi materiale. Comprenderlo vuole dire dare atto di una qualità che deriva anche dalla destinazione funzionale alla base della modellazione dello spazio e che, nella stessa misura, dovrebbe avere parte in un piano conservativo corretto.
Quel vano oblungo di proporzioni ristrette, situato in corrispondenza di una piccola corte, al
confluire dei percorsi dei portici della piazza e di una calle retrostante, venne sistemato da Scarpa poco dopo il conferimento del premio nazionale Olivetti, con l’incarico di progettare “un biglietto da visita dell’Olivetti nella più bella piazza del mondo” e non un negozio, nonostante l’accezione indicata dalla sua denominazione consueta. Potrebbe dirne qualcosa, da sola, l’ascesa graduale al soppalco messa in scena, al centro del locale, dalla scala in marmo di Aurisina.
Mentre si avvicinavano gli anni sessanta, con Carlo Ragghianti, più di un critico d’arte aveva
già individuato nel progetto veneziano per Olivetti uno degli episodi maggiormente rappresentativi e compiuti del fare architettura di Scarpa. Questo vale ancora per noi, a patto di saper guardare il passato con la consapevolezza del presente.
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Olivetti store Designed by Carlo Scarpa in Venice by Laura Orsini Piazza San Marco and the whole of Venice look impatiently forward to the forthcoming reopening of the former Olivetti store scheduled for the autumn of 2010. After repeated appeals to protect it – among which the appeals launched from the pages of the journal of architecture “Casabella” and by its director Francesco Dal Co – this extraordinary space in the very heart of the lagoon city, designed by Venice architect Carlo Scarpa in 1957-58 for Adriano Olivetti, is undergoing ordinary maintenance work on its furnishings and on the building itself. Today the building is entirely hidden but only a year ago, after being freed of all the frills of an inappropriate commercial function, its inside emerged naked and still apparently unscathed through the large show windows along the arcade of the Procuratie Vecchie. During the month of July the Assicurazioni General insurance company, owner of the property, finally announced that it would hand over the property for management, free of charge, to FAI (Italian Environment Fund) which in turn took on the engagement of restoring the show-room to its original aspect and put it to a new use, namely use it as head office of FAI but also as “museum of itself”, and occasionally be used also host selected temporary exhibitions. In the mid-eighties the wiring and plumbing had been redone and the building was subjected to a restraint imposed by the Architectural Heritage Office of Venice on the basis of the Code for cultural heritage and landscape contained in Legislative Decree 42/2004. Olivetti left the building to other tenants in 1997. Its rehabilitation is the last of a series of interventions assigned to the architect of the Venetian capital town during the past decade. For example he designed the Manlio Capitolo room in the Courthouse and the Garden of sculptures inside the Italia pavilion in the gardens of the Biennale. Scarpa and his projects, both those that were implemented and those that were not during a long professional career that has lasted almost half a century, have been the heart of a comprehensive effort targeted at both analysing, cataloguing and studying existing architectures and the huge amount of autograph drawings and graphs that have reached us, and at conserving and enhancing the works that were built and all the documentary evidence. A Committee having the task of gathering knowledge and of promoting the heritage linked to Carlo Scarpa was set up in June 2002. Among the many initiatives of this Committee mention must be made of the specialized photographic library set up by the International Andrea Palladio Centre for Architectural Studies of Vicenza and the opening in Treviso of the Carlo Scarpa Centre which was established on the occasion of the celebrations for the one hundredth anniversary of the birth of the architect, in 2006. This was a joint initiative of the General Directorate for Architecture and Contemporary Art of the Ministry for Cultural Heritage and Activities and of the Veneto Region and it has the aim of preserving and opening up to the public the archive of some 30,000 drawings that the DARC itself purchased in 2001 from Scarpa’s son, Tobia. While the intervention confirms, at a broader level, namely in Italy but also in Europe, that growing operational attention is paid to contemporary architecture and with it there is a need to perfect the restoration techniques of “Modern” architecture, the case of Scarpa has not and will not stop bringing up substantial questions about the meaning of protection for both historians and technical experts. The complex nature of his works, taken as specific richness that each of his projects embodies (in the multiplicity of the composition levels that are compounded by a total reading of the architectural system, the variety and adaptation of researched materials, invention of ad hoc solutions for which words are often incapable of portraying the individual comprehensiveness), appears to be intimately linked to the idea of a precise use of architecture and demands recognition of its historic and artistic value.
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A quick comparison of a photograph of the Olivetti store soon after its construction with one of the recent pictures, even as it is remembered by those who passed it by as they strolled about the piazza or those who went inside the store, will show up not only the physical and formal damage caused by an improper use of the architecture but also the more severe damage of the wrong use made of the building in sharp contrast with the design concept, totally against the ways and forms in which it was defined and brought into being through an intellectual and subsequently material creative process. Understanding this means acknowledging a quality that derives also from the functional destination underlying the modelling of the space which, to the same extent, should be part of an appropriate conservative plan. That oblong room of small proportions opening out onto a small courtyard at a point where the two arcades from two sides of the piazza meet a calle arriving from the background, was arranged by Scarpa soon after having been awarded the Olivetti national award and was assigned the task of designing “a business card of Olivetti in the most beautiful piazza of the world” and not a store, in spite of the word that appears in the name by which it is normally known. The Aurisina marble steps of the staircase ascending to the mezzanine at the centre of the room could speak to this. As the Sixties were drawing near, along with Carlo Ragghianti several art critics had already identified the Venetian Olivetti project as one of the most representative and comprehensive instances of Scarpa’s idea of architecture. This is true also for us provided we learn to look to the past through the awareness of the present.
Consiglio Nazionale delle Ricerche www.cnr.it
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Operations Demand Dipartimento Patrimonio Culturale www.dpc.cnr.it Monitoring and Preventive Maintenance of Cultural Assets
Valorization and Sustainable Development of Natural and Heritage of Cultural Landscape
www.cultura-territorio.cnr.it
I NNO V AZ I ONE
T E C NOLO G I C A
Mappa delle relazioni
tra gestione dei beni culturali e sviluppo sostenibile di Giovanni Francesco Mascari Istituto per le Applicazioni del Calcolo Istituto dei Sistemi Complessi Consiglio Nazionale delle Ricerche mascari@iac.cnr.it
V
engono presentate le relazioni esistenti tra la Gestione dei Beni culturali (Cultural Heritage Management - CHM) e lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development - SD). Tali relazioni sono esplicitate nella presentazione di una nuova rivista internazionale: “Il Journal of Cultural Heritage Management and Sustainable Development (JCHMSD) stimola e incoraggia la ricerca dedicata allo sviluppo sostenibile dei beni culturali e al contributo positivo della gestione dei beni cul-
turali ad uno sviluppo sostenibile”.
Esse sono inoltre implicite nel modello del piano di gestione dei siti riconosciuti dall’UNESCO come
Patrimonio mondiale dell’Umanità proposto dal Ministero italiano per i Beni e le Attività Culturali: “Un sistema culturale territoriale è un sistema di relazioni che dà vita ad un processo integrato di gestione dell’area culturale che: • da un lato, collega le attività per la conoscenza, la protezione e la valorizzazione delle differenti risorse patrimoniali del sito e dell’area di riferimento (storiche e ambientali, simboliche e paesistiche), creando un processo integrato di valorizzazione culturale; • dall’altro connette questo processo con il sistema socio-economico del territorio, in particolare con le offerte di professionalità, di infrastrutture, di servizi e con le imprese che, a monte e a valle, hanno significative correlazioni con le attività culturali, creando un processo integrato di valorizzazione economica”.
La Gestione dei Beni culturali e lo Sviluppo sostenibile interagiscono fondamentalmente attraverso
reti di relazioni tra i ruoli svolti dalle tre dimensioni: Uomo, Natura e Tecnologia. Tali ruoli evolvono in base al dualismo problema-soluzione caratterizzato come fase di transizione da una fase passato-presente ad una fase presente-futuro. Ogni fase è caratterizzata da propri processi e da asset sui quali i processi agiscono nonché da obiettivi che orientano i processi stessi. Un’analisi concettuale del CHM individua le fasi seguenti: • fase CHM passato-presente (contesto conoscitivo) che consiste in una sequenza avente come input il processo passato&presente (motivazioni) – con il corrispondente processo CHM passato&presente (realizzazione: azione dell’Uomo sulla Natura attraverso la Tecnologia per produrre asset Natura-Tecnologia) – e come output il processo CHM passato&presente (utilizzazione); • fase CHM presente-futuro (contesto di valorizzazione) che consiste in una sequenza avente come input il processo CHM presente&futuro (monitoraggio) – con il corrispondente processo CHM presente&futuro (conservazione/restauro: azione dell’Uomo sulla Natura o sulla Tecnologia mediante la Tecnologia per con-
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Mapping Cultural Heritage Mangement and Sustainable Development
servare gli asset Natura-Tecnologia) – e come output il processo CHM presente&futuro (fruizione). Un’analisi concettuale dello SD individua le fasi seguenti: • fase SD passato-presente che consiste in una sequenza avente come input il processo SD passato&presente (individuazione delle attività necessarie) – con il corrispondente processo SD passato&presente” (corrispondenza tra necessità e offerta) – e come output il processo SD passato&presente (impatto delle attività). • fase SD presente-futuro che consiste in una sequenza avente come input il processo SD presente&futuro (individuazione dei problemi derivanti dalle attività mediante monitoraggio) – con il corrispondente processo SD presente&futuro (corrispondenza tra problemi e soluzioni) – e come output il processo SD presente&futuro (applicazione di soluzioni per le attività).
CHM e-system e SD e-system sono sistemi con applicazioni data-driven
che consentono interazioni on line tra esseri umani, natura e tecnologia sulla base di informazioni, azioni e decisioni operative. La complessità di tali sistemi viene studiata dal punto di vista della loro “Complessità effettiva” e della loro “Simplexity”. Complessità dei siti UNESCO
Una prospettiva stimolante per l’applicazione delle ricerche in corso
sulle interazioni tra la Gestione del Patrimonio Culturale (CHM) e lo Sviluppo Sostenibile (SD) consiste nel considerare come banco di prova i siti UNESCO, sfruttando ed ampliando – specie per la classificazione di asset, processi e decisioni – il sistema MIT GSSD per SD e il sistema CNR C&T per CHM (www.cultura-territorio.cnr.it).
Decisions Supply CHM & SD
Operations Demand CHM & SD
Information Demand CHM & SD
Demand Supply CHM & SD
Information Supply CHM & SD
Operations Supply CHM & SD
Decisions Demand CHM & SD
Simmetrie delle interazioni tra Gestione del Patrimonio Culturale e Sviluppo Sostenibile
by Giovanni Francesco Mascari The relations between the Journal of Cultural Heritage Management (CHM) and Sustaina-ble Development (SD) are presented: explicitly in the presentation of a new international Journal: “The Journal of Cultural Heritage Management and Sustainable Development (JCHMSD) stimulates and encourages research devoted to the sustainable development of cul-tural heritage and to the positive contribution of cultural heritage management towards a su-stainable environment.”; implicitly in the presentation of the model for the management plan of UNESCO World Heritage sites proposed by the italian Ministero per i Beni e le Attività Culturali: “A territorial cultural system is a system of relations that engenders an integrated management process for the cultural area that: • on the one hand, links together activities for awareness, for the protection and the enhancement of the various heritage resources of the site and its reference area (historical and environmental, symbolic and landscape), thus creating an integrated cultural enhancement process; • and on the other, links this process to the social-economic system of the area, in particular by supplying professional skills, infrastructures and services and to the firms that have a meanin-gful and high correlation with cultural activities, upstream and downstream, thus creating an integrated economic enhancement process”. First of all, Cultural Heritage Management and Sustainable Development interact through networks of relations of the roles played by the three “dimensions”: Humans, Nature and Technology. Such roles evolve according to the following “problem-solution duality”, this duality being defined as the transition phase from a “past-present phase” to “present-future phase”. Each phase is characterized by its processes, assets on which such processes act and objectives guiding such processes. Starting from the conceptual analysis in the CHM phases are: • CHM past-present phase, (knowledge framework) consists in the sequence input CHM-past&present process (motivations) – matching CHM-past&present process (realisation: Human acting on Nature through Technology to produce Nature-Technology assets) – output CHM-past&present process (use); • CHM present-future phase, (enhancing framework) consists in the sequence input CHM-present&future process (monitoring) – matching CHM-present&future process (conservation/restoration: Human acting on Nature or Technology through Technology to preserve Nature-Technology assets) – output CHM-present&future process (fruition). Starting from the conceptual analysis in the SD phases are as: • SD past-present phase, consists in the sequence input SDpast&present process (identification of needs for activities) – matching SD-past&present process (needs-supply matching) – output SD-past&present process (impact from activities); • SD present-future phase, consists in the sequence input SDpresent&future process (identification of problems from activities, via monitoring) – matching SD-present&future process (problemsolution matching) – output SD-present&future process (application of solutions for activities). CHM e-system a SD e-system are data-driven systems enabling the “online” interactions of Humans, Nature and Technology based on information, operational acts and decisions. The complexity of such systems is being investigated from the point of view of “Effective Com-plexity” and “Simplexity”. Complexity of UNESCO e-sites A stimulating perspective for the application of the ongoing research on the Cultural Heritage Management (CHM) and Sustainable Development (SD) interactions is to consider the UNESCO sites as a test-bed by exploiting and extending the MIT GSSD system for SD and the CNR C&T system for CHM, in particular with respect to the classification of assets, processes and decisions.
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Pompei: le mille sfumature di una esperienza affascinante di Chiara Imperati
Laureata in Architettura presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente, presso la Seconda Università di Napoli dove ricopre incarichi di docenza e collabora alle attività di ricerca. Si dedica alla fotografia. Cura l’allestimento e la direzione generale e artistica di mostre, eventi, convegni. Autrice di articoli in diverse pubblicazioni, attualmente collabora con il Comune di Pompei.
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L’
Tre città in una per un turismo più virtuoso
integrazione tra i processi di sviluppo socio-economico, legati al turismo e alla governance del territorio, ed i programmi di valorizzazione e conservazione del patrimonio storico-culturale e paesaggistico rappresentano lo snodo tra le politiche integrate promosse dalle amministrazioni locali e dalle istituzioni na-
zionali e internazionali, che puntano alla tutela del patrimonio. La strategia consiste nell’attivare, nel potenziare, attraverso tale fusione, la crescita di un territorio in modo tale da poter connotare con tratti più intensi una realtà che intrinsecamente già esiste, grazie alle risorse e alle materie prime disponibili, che diventano patrimonio materiale e immateriale.
Pompei nasce dall’aggregazione di parti dei comuni limitrofi, diventa
comune autonomo il 29 marzo 1928 (Legge 621) e Città dal 9 gennaio 2004 con Decreto del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Una realtà scandita da tre dimensioni profondamente radicate: la dimensione storicoarcheologica, la dimensione sacra, la dimensione civica.
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T ERR I T OR I ALE
La Città Antica, distrutta a seguito dell’eruzione del Ve-
ologico, al turismo nelle città d’arte, al turismo congressuale,
suvio del 24 agosto 79 d.C., è l’unico sito archeologico che ci
enogastronomico, religioso, culturale, sportivo. Tuttavia la
restituisce la più autentica testimonianza di una città romana
permanenza media dei visitatori risulta piuttosto breve, so-
nella sua interezza. Patrimonio dell’UNESCO dal 1997, regi-
prattutto in relazione alle potenzialità del territorio. Si tratta
stra circa 2.500.000 di visitatori all’anno. L’area archeologica
di un turismo non stanziale, ma escursionistico, un escursio-
di Pompei si sviluppa su circa sessantasei ettari di cui qua-
nismo di massa, che poco contribuisce alla crescita economica
rantacinque portati alla luce, insistendo su una buona parte
della città.
dell’intero territorio comunale, che si estende per circa 12,4
Kmq (per una popolazione di 25.754 abitanti).
meno complesso, in cui alle visite abituali, si uniscono la ri-
Il Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario di
scoperta delle tradizioni del territorio, delle sue peculiarità
Pompei, oggi Prelatura Territoriale e la Delegazione Pontificia
enogastronomiche, del valore dell’ospitalità. Attraverso una
(che detiene la proprietà di una gran parte di monumenti
combinazione tra storia, tradizione e cultura, i saperi della
e immobili presenti sul territorio pompeiano, voluti dal suo
storia e dell’arte convivono quindi con i sapori dei prodot-
fondatore Bartolo Longo, che avviò l’urbanizzazione dell’area
ti locali, con i profumi delle essenze, con l’ospitalità e con i
dando origine alla città nuova, accanto alle rovine dell’antica
valori del territorio, in modo da contribuire alla crescita del
città romana), costituisce un centro mondiale di religiosità
numero di turisti appartenenti a differenti categorie e target,
mariana, essendo meta di oltre 4.000.000 di pellegrini e visi-
migliorare l’immagine e la notorietà della città, creare effetti
tatori all’anno.
economici moltiplicativi rilevanti, prevedere specifiche stra-
tegie di promozione dell’area.
In ultimo, la Pompei civica, che grazie all’Amministrazione
Il turismo culturale deve essere inteso come un feno-
Comunale, sta attivando radicali processi di trasformazione fi-
nalizzati ad innescare nuove strategie di sviluppo territoriale.
nenza sul territorio contribuiscono i processi di rilancio turi-
Queste tre anime, inglobate in un’unica realtà, parteci-
stico, legati alla creazione di reti integrate insistenti sull’area,
pandosi attivamente, potrebbero generare una risonanza che
che generano itinerari tematici, grazie alle risorse presenti sul
non è semplicemente una sommatoria delle azioni delle di-
territorio: una rete museale (il Comune si sta attivando per la
verse parti, ma, attraverso la loro sinergia armonica, la propa-
creazione di diversi poli museali quali, ad esempio, il “Museo
gazione in modo esponenziale del raggiungimento di elevati
Temporaneo d’Impresa”, finanziato dalla Regione Campania
livelli di progettualità future, data l’unicità dell’ambito in cui
con D.D. n. 10 del 18 febbraio 2010 che approva la gradua-
sono naturalmente inserite. In questo contesto è chiaramente
toria dei progetti ammissibili a finanziamento e il “Museo del
indispensabile un concreto confronto tra le parti per avere e
Grand Tour”), una rete delle serre d’arte, giardini, orti urbani
dare la possibilità di vivere, sfiorare, confrontare queste espe-
(l’estensione delle serre corrisponde a circa 97 ettari; inoltre
rienze, generare nuovi interrogativi, anche attraverso un gio-
non è rilevante la grande attività di produzione d’eccellenza
co di contrasti tra cultura antica e moderna, tra paganesimo e
nel campo della floricoltura, che costituisce un nodo signi-
cristianità, tra sacro e profano.
ficativo per l’esportazione in Italia e all’estero), una rete di
Grazie a queste forti attrattive, all’offerta culturale e alla
comodi rurali sparsi su tutta l’area pompeiana, una rete di
facile accessibilità, Pompei accoglie un’alta concentrazione di
emergenze architettonico-monumentali, una rete di prodotti
flussi turistici, nonostante l’intero territorio del comprensorio
tipici che possa delineare un itinerario enogastronomico-agro-
vesuviano sia di grande valenza, per il notevole patrimonio
alimentare (il vino, il cipollotto DOP, gli agrumi, le essenze).
archeologico, storico, culturale e naturale. Il turismo, infat-
ti, è ormai divenuto un settore composito, la cui domanda
all’interno del sito archeologico, ma un’esperienza che conti-
si presenta particolarmente segmentata: dal turismo arche-
nua anche nella città nuova, fuori dalle mura che circondano
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A determinare motivo di prolungamento della perma-
Gli itinerari non costituirebbero solo una visita tematica
il sito, estendendosi persino nei comuni limitrofi: ciò crea un circuito che non può esaurirsi in un tempo ristretto, ma che si fonda su una permanenza a più lunga durata nel territorio pompeiano e consenta di vivere i percorsi in tutte le sue sfumature. Il tema dell’itinerario diventa il filo conduttore per poter intensificare un’emozione, che costituisce un modus pregnante dell’Esperienza Pompei. Tale fruizione, vissuta a 360°, ingloba le diverse realtà, i sapori, i colori, i profumi dei nostri luoghi, una visita condita con ingredienti selezionati, vivi nel territorio.
La possibilità che tali percorsi possano creare permanen-
za è presupposto fondamentale per la nascita di strutture (e di infrastrutture) per la ricettività e l’accoglienza turistica; tutto ciò crea un’energia e una sinergia che si propaga esponenzialmente negli operatori del settore e nella politica amministrativa e regionale, al fine di racchiudere gli interessi dei diversi stakeholders che insistono sul territorio, recepirne le progettualità e promuovere le iniziative che potrebbero costituire il volano per lo sviluppo di un turismo più virtuoso e produttivo.
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Pompei: an experience that goes beyond Three towns in one for a more virtuous tourism by Chiara Imperati The integration of socio-economic developments related to tourism and to the governance of the territory with programmes for the upgrading and conservation of the historic, cultural and landscape heritage are the core of integrated policies promoted by the local administrations and national and international institutions that are aimed at protecting the heritage. The strategy consists in activating and enhancing through this fusion the growth of a territory so as to depict with more intense strokes a reality which inherently already exists thanks to the resources and raw materials that are available and that can become tangible and intangible assets. Pompei was formed by bringing together parts of neighbouring municipalities and became an autonomous municipality on 29 March 1928 (Act n° 621) and City on 9 January 2004 in pursuance of a Decree of the President of the Republic Carlo Azeglio Ciampi. This reality has three deeply-rooted characteristics: the historic-archaeological dimension, a sacred dimension and a civic dimension. The Ancient Town, destroyed following the eruption of the Vesuvius on 24 August 79 A.D. is the only archaeological site that offers the most authentic testimony of a Roman town in its entirety. Entered into the UNESCO Heritage List in 1997, is counts some 2.5 million visitors per year. The archaeological areas of Pompei spread across some sixty-six hectares of land of which forty-five have been brought to light, a large proportion of the territory of the Municipality which has a surface area of about 12.4 square kilometers (and a population of 25,754 inhabitants). The shrine of the Blessed Virgin of the Holy Rosary of Pompei, which is a Pontifical Delegation (which holds the ownership of most of the monuments and buildings in Pompej, promoted by its founder Bartolo Longo who started the urbanization of the area thus giving rise to the new town alongside the ruins of the ancient Roman town), is the world centre for the worship of Mary and is the destination of 4 million pilgrims and visitors every year. And finally, the Civic Pompei which thanks to the Municipal Administration is initiating radical transformation processes aimed at triggering new territorial development strategies. These three souls that coexist in a single reality could, through their active mutual participation, generate a resonance that is not simply the sum total of the actions of the various parts but, through their harmonious synergy, they are the exponential propagation of advanced future projects enhancing the uniqueness of the landscape in which they are set. A concrete interaction is clearly indispensable between the parties in order to have and give the possibility of living and comparing these experiences and of generating new questions also through an interplay of contrasts between ancient and modern culture, between paganism and Christianity, between sacred and secular. Thanks to this strong force of attraction, to the offer of cultural products and to easy access, Pompei is the one destination of a large flow of tourists in spite of the fact that the entire Vesuvian territory is an extremely important territory for its archaeological, historic cultural and natural assets. Indeed tourism has become a composite sector whose demand is particularly segmented: people travel to archaeological sites, art cities, they travel for conferences, for food and wine, they visit religious places, cultural attractions and sports events. But the average stay of visitors is rather short especially if compared to the potential of the territory. There is virtually no overnight stay but rather people come on one-day trips that contribute so little to the economic growth of the town. Cultural tourism must be taken as a complex phenomenon in which visits to the usual sites should be coupled with the rediscovery of the traditions of the place, of its specific
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foods and wines, and of the value of hospitality. Through a combination of history, tradition and culture the facts of history and art can coexist and be enjoyed with the flavours of the local products, with the perfumes of scents, with hospitality and with the values of the territory so as to contribute to attracting larger numbers of tourists from different categories and targets, and hence improve the image and fame of the town by creating major economic multipliers. This approach requires specific strategies for promoting the area. The reasons prompting people to extend their stay in a given territory are enhanced by programmes for relaunching tourism through the creation of integrated networks in the area, thematic itineraries that make good use of the resources that are available in the territory: a network of museums (the Municipality is taking action to create different museum poles such as the “Temporary Enterprise Museum” financed by the Campania Region with D.D. n° 10 of 18 February 2010 that approved the list of projects eligible for funding and the “Grand Tour Museum”), a network of art glasshouses, gardens, botanical gardens (the surface area of the glasshouses is around 97 hectares); moreover flower production is a significant business that contributes to exports abroad and to the Italian market, a network of rural facilities scattered across the Pompeian area, a network of architectural highlights and monuments, a network of typical products that can be enjoyed through a wine and food itinerary (wine, DOP cipollotto, citrus fruits, scents). The itineraries would not only constitute a thematic visit inside the archaeological site but an experience that continues also into the new town outside the walls that surround the site and even into the surrounding municipalities; this would create a circuit that cannot be completed in one day but requires a longer stay in the Pompeian territory and gives the opportunity of experiencing the itineraries in all their shades of meaning . The theme of the itinerary becomes the red thread that allows for an exciting experience that may become the hallmark of the Pompei experience. This fruition of the territory with its comprehensive approach encompasses all the various realities, the tastes, colours, perfumes of our places, a memorable visit that is seasoned with selected ingredients that are a living part of the territory. The possibility that these itineraries can induce people to stay overnight is a fundamental precondition for the creation of accommodation and catering facilities (and infrastructure) ; all this creates an energy and synergy that propagates exponentially to the operators of the sector and to the administrative and regional political bodies which will be induced to uphold the interests of the various stakeholders of the territory, accept their projects, and promote the initiatives that could become the driving force for the development of a more virtuous and productive type of tourism.
il PriMo Mattone di una rete di servizi hiGh-teCh Per la siCurezza, Gestione e valorizzazione dei PatriMoni edilizi e storiCo artistiCo MonuMentali PeruGia - assisi - Milano - MaCerata - l’aquila - roMa - verona - duBai - aBu dhaBi www.thefirstbrick.com - info@thefirstbrick.com
Presidenza: comune di assisi - Piazza del comune - 06081 assisi (Pg) tel. 075.8138676 fax 075.8138671 assisi.unesco@comune.assisi.pg.it segretariato permanete: comune di ferrara - Via Boccaleone, 19 - 44100 ferrara (fe) tel. 0532.419969/902 fax 0532.419909
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associazione@sitiunesco.it
l’associazione delle città e dei siti Italiani Patrimonio mondiale dell’unesco è nata nel 1997 da una felice intuizione di sette amministrazioni comunali convinte dell’utilità di costruire una collaborazione con altre città e con altri soggetti per migliorare la capacità progettuale delle proprie realtà territoriali e sviluppare politiche di valorizzazione sulle quali far convergere capacità, competenze e responsabilità a più livelli. Progetti ampi e condivisi che consentano di offrire proposte competitive in termini di qualità e di opportunità di crescita sociale, culturale ed economica. Il sodalizio, del quale fanno parte 55 soci fra comuni, Province, regioni, comunità montane ed enti Parco, svolge un’intensa attività di sostegno alle politiche di tutela e di promozione dei territori insigniti del prestigioso riconoscimento unesco e rappresenta uno dei principali interlocutori per tutti coloro che hanno a cuore lo straordinario patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese. è riconosciuta ufficialmente dal governo italiano ed è l’unico soggetto, oltre ai gestori dei siti, che può beneficiare di specifici finanziamenti per la tutela, la gestione e la valorizzazione dei siti unesco italiani. oltre alla rivista sItI, l’associazione pubblica la guida “luoghi Italiani Patrimonio dell’umanità” (un volume di circa 200 pagine a colori, giunto alla quarta edizione, che descrive sinteticamente tutti i siti unesco del nostro Paese), dispone di un sito web molto visitato (un milione e mezzo di contatti annui), partecipa attivamente e con successo a convegni e manifestazioni fieristiche e produce vari materiali promozionali. orgaNigramma Presidente: claudio ricci, sindaco di assisi vice Presidente: sandro gallotti, sindaco di tivoli; corrado Valvo, sindaco di noto Il consiglio Direttivo è composto dai rappresentanti dei comuni di: alberobello, andria, Barumini, ferrara, firenze, urbino, Verona, Vicenza, regione toscana Il comitato di Presidenza è composto dai rappresentati dei comuni di: assisi, Barumini, ferrara, noto e tivoli s o c i (comuni, province e regioni) comune di alberobello, comune di amalfi, comune di andria, comune di aquileia, comune di assisi, comune di Barumini, comune di capriate san gervasio, comune di caserta, comune di cerveteri, comune di ercolano, comune di ferrara, comune di firenze, comune di genova, comune di lipari, comune di mantova, comune di matera, comune di modena, comune di montalcino, comune di napoli, comune di noto, comune di Padova, comune di Palazzolo acreide, comune di Piazza armerina, comune di Pienza, comune di Pisa, comune di Pompei, comune di Porto Venere, comune di ravenna, comune di riomaggiore, comune di roma, comune di sabbioneta, comune di san gimignano, comune di siena, comune di siracusa, comune di sortino, comune di tarquinia, comune di tivoli, comune di torino, comune di torre annunziata, comune di urbino, comune di Venezia, comune di Verona, comune di Vicenza, comunità montana di Valle camonica, consorzio Parco del delta del Po, ente Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei templi, Provincia di ferrara, Provincia di Perugia, Provincia di Pesaro e urbino, Provincia di roma, Provincia di salerno, regione friuli Venezia giulia, regione lazio, regione toscana e regione Veneto.
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Hanno collaborato a questo numero / Collaborators Paolo Bartolozzi, Elisabetta Bello, Ljubo Beslic, Manuela Capitanucci, Adele Cesi, Gianluca De Felice, Silvia De Paoli, Tommaso Gavioli, Chiara Imperati, Edoardo Lorenzetti, Luciana Mariotti, Giovanni Francesco Mascari, Linda Mazzoni, Francesco Modolo, Laura Moro, Laura Orsini, Cettina Raudino, Marialuisa Stringa, Carlo Zucchetti
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COPERTINA / cover Venezia - Foto: Evan Blaser (www.flickr.com)
Si ringraziano Comuni, Province e Regioni per l’invio dei testi e del materiale fotografico
Autorizzazione del Tribunale di Perugia n. 4 del 26/01/2010.
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