Atbmag settembre 2017

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ATB MAG – PERIODICO DI ARTE E CULTURA – ANNO 2017 – NUMERO 3 – LIGLIO / SETTEMBRE



BATTAGLIA CULTURALE STRATEGIA DI POTERE Non dovrei! E invece ancora oggi, a distanza di anni da quando ho iniziato a lavorare con gli artisti e con la comunicazione, mi stupisco di quanto poco sappiano i giovani virgulti creativi sulla storia e l’essenza del loro lavoro. Mi è stato insegnato che, se si sceglie una professione, almeno si dovrebbe conoscere il mondo di riferimento. E invece no! Questo modus operandi è inviso soprattutto alle nuove leve che: vogliono, vogliono, vogliono… sanno, sanno, sanno.

TRADIZIONE E FUTURO

Per l’amor del cielo non generalizziamo. Non tutti si comportano così, ma sta di fatto che in molti casi gli artisti vivono in un mondo che non è reale e si lamentano del fatto che le loro opere non vengono capite, quotate, vendute! La pittura contemporanea nel corso del Novecento si è affermata come espressione di libertà, indipendenza dalle regole, dalle forme, dai contenuti. Tutto può essere arte da Manzoni in poi e questo i giovani creativi lo hanno capito molto bene tant’è che talvolta, si vedono esposti orrori che gridano vendetta di fronte a Dio e agli uomini. Ma tralasciando le considerazioni teoriche, stilistiche e soggettive, non si possono certo ignorare studi storici, piuttosto documentati e ormai accettati dalla comunità scientifica, secondo i quali la pittura del dopoguerra, in particolare quella americana fu un mezzo di “colonizzazione” delle menti, studiato e pianificato a tavolino innanzitutto con intenti espansionistici verso un’Europa ridotta al lumicino, in secondo luogo per vincere la “Guerra Fredda” sul piano culturale. Non mi voglio soffermare sugli accattivanti articoli apparsi su autorevoli quotidiani come il britannico“The Indipendent”; vorrei invece porre l’accento sul fatto che Jackson Pollock, Mark Rothko, Willem de Kooning, Keith Haring, JeanMichel Basquiat, lo stesso Andy Warhol e tantissimi altri artisti che hanno segnato un

periodo storico al quale moltissimi ancora oggi fanno riferimento, quello che dagli anni Sessanta del Novecento giunge fino al XXI secolo, sono stati, per così dire, “sponsorizzati” da istituzioni pubbliche (anche se segrete come la Cia) e da volenterosi patrioti in guerra contro la Realpolitik sovietica come Nelson Rockefeller, rampollo della famiglia che fondò il M.O.M.A. Uhmm… mi sorge il dubbio che forse molti di coloro che crediamo geni assoluti della

pittura sono stati solamente fortunati a trovarsi nel posto giusto al momento opportuno. Mi sorge anche il dubbio che questa rivoluzione culturale basata sull’apertura, sulla larghezza di vedute che impone di accettare la libertà ad ogni costo: dalla perdita dei valori tradizionali fino ad arrivare all’ideologia Gender, non sia stata proprio spontanea, ma entusiasticamente supportata da mecenati il cui interesse per la cultura era infinitamente minore rispetto a quello per il potere e il denaro. Il mio è solo un dubbio! Certo è che, grazie ad enormi investimenti, il gusto americano si è imposto in brevissimo tempo in tutti i paesi occidentali. In Italia è stato addirittura celebrato da generazioni di giovani. Ma vedete, sono persuaso che il vero compito dell’intellettuale (e di default l’artista è intellettuale) sia quello di sollevare dei dubbi, di porsi degli interrogativi. Penso sia ora di finirla con l’adesione acritica e dogmatica a mondi ormai superati come quello degli anni Sessanta Settanta! I tempi sono cambiati, il settore pubblico non finanzia più, i collezionisti scelgono meglio, la Guerra Fredda è, almeno formalmente, finita! I protagonisti dell’arte devono essere professionali e proporre opere pensate, sempre in ossequio alla libertà personale ed espressiva. Ma la libertà vera scaturisce dalla conoscenza, dal porsi delle domande, dalla ricerca della propria verità, del


del proprio spirito critico! E noi, che abbiamo letto queste poche righe con il malcelato senso di superioritĂ di quelli che hanno giĂ capito tutto: possiamo dire di essere veramente liberi? Alessandro Allocco


N. 3 Settembre 2017 Fondatore/coordinamento editoriale Alessandro Allocco alessandro.aitmart@gmail.com Editore Atb Associazione Culturale sede legale: Corso Verona, 21 10152 Torino

ATB Mag In coordinamento editoriale Alessandro Allocco alessandro.aitmart@gmail.com Editore Atb Associazione Culturale sede legale: Corso Verona, 21 10152 Torino Cod.Fisc/P. IVA: 97794780011 email: email: atbartgallery@gmail.com

Cod.Fisc/P. IVA: 97794780011 email: email: atbartgallery@gmail.com Contributi giornalistici Maria Erovereti Alessia Miglioli Enrico Peyretti

Contributi giornalistici Dublin - Cork Daniel Crowder Firenze Manuela d’Aguanno

Ringraziamenti Giovanni Ciospet Diego Cristallo Paolo Guzzanti Marco Montemagno

Magna Grecia

con il contributo di

Vittorio Stagnani Anita Preti

Copertina Kim Keever

Ortigia Con il contributo di Giacomo Trimarchi di Villa Marchese

Progetto grafico Paola Di Giorgio

Paris - Bordeaux ParisArt

Pubblicità A cura dell'Editore

Ringraziamenti Giacomo Trimarchi di Villa Marchese

Piattaforma issuu.com Contatti atbartgallery@gmail.com Facebook https./www.facebook.com/ ALL-THE-BEST-Associazione-Culturale

Comunità Europea Puglia Promozione Regione Puglia

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IN QUESTO NUMERO Libri

7

I veri artisti (non) fanno la fame un libro di Alessadro Allocco e Ale ssia Miglioli

Manuale per diventare un (falso) artista famoso in sei passi e con poche pagine

Pensieri

13

Quale Fede con il contributo di Enrico Peyretti

Immagini

15

il bosco delle possibilitĂ 3 un racconto di Maria Erovereti

Personaggi

19

Marco ( Monty) Montemago i contenuti sono importanti

parola di Marco Monty Montemagno - Imprenditore di me stesso

Riflessioni Sguardi Inconsueti

21

di Maria Erovereti

SocietĂ

25

grazie a ad un articolo di Paolo Guzzanti

La CIA e l’arte


29

France

Emilie Faïf – La couturière Contribution de ParisArt

33

Ortigia 2750 anni di architettura

con la collaborazione di Giacomo Trimarchi di Villa Marchese

37 Ireland

Nicola Henley - Putting on a solo exhibition Contributions of Daniel Crowder

41

Magna Grecia

grazie a Unione Europea, Regione Puglia, Puglia Promozione

ACQUA DI GROTTAGLIE

contributo di Vittorio Stagnani LA LEGGENDA DELL’UOMO MERAVIGLIOSO con il contributo di Anita Preti

47

Firenze

Prendi l’arte...

con il contributo di

incontro virtuale con Sabrina Ventrella

51

news-progetti-Associazione

Manuela d’Aguanno


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I VERI (non)

ARTISTI

fanno

la fame Zina Katz - Familie (2016) 195 x 145 cm


Quello dell’arte è un mondo che è specchio di se stesso, sembra entrato in un tunnel dal quale non c’è uscita. Sempre più persone non capiscono l’arte e sempre più persone si auto-promuovono a livello di artisti. (Luca Onniboni)

Alessia Miglioli

Facciamo un po’ di chiarezza in questo momento storico che non lascia spazio a speculazioni interpretative di sorta. La crisi sociale prima ancora che economica è reale ed in questo buco nero in cui è precipitata la cultura italiana, a farne le spese sono soprattutto gli artisti! Mi sono domandato però: è davvero solo questa la pestilenza che ammorba il lavoro dei creativi o c’è dell’altro? Da più parti si sentono lamentele per le continue delusioni a cui sono sottoposti i malcapitati creativi rei solamente di aver creduto in un sistema dell’arte ormai incancrenito. Spesso spuntano come margherite a primavera coloro che propongono un nuovo sistema dell’Arte, uno possibile uno “Altro”, salvo poi scimmiottare quello già esistente ricavandone indebiti guadagni sulle spalle dei meno accorti. L’odierno sistema dell’arte, almeno in Italia, è un mondo specchio di se stesso che sembra aver imboccato un senza uscita! A partire da Duchamp l’arte contemporanea si è a poco a poco trasformata in

Da sempre appassionata di storia e delle materie artistiche, nel 2015 si laurea in storia dell’arte all’Università di Torino. Ha collaborato con diverse associazioni culturali e ateliers di restauro (In Italia e in Francia) che le permettono di conoscere più da vicino gli artisti e le loro opere. I veri artisti (non) fanno la fame è la sua prima pubblicazione.

un grande calderone all’interno del quale tutti sono ammessi: non più regole o riferimenti; tutto è concesso, tutto è possibile pur di apparire: la forsennata ricerca della novità, il misticismo, la follia la stranezza, l’improbabilità, sono diventate sinonimo di espressione che sacrifica l’essenza stessa dell’arte sull’altare della fama consacrata da stampa e media. Già, oggi in fondo nell’arte l’apparenza è ben più importante della sostanza e questo cortocircuito innesca un circolo vizioso in cui “se fai parlare di te e della tua opera allora automaticamente stai facendo arte”, a prescindere di tutto il resto. E se non la capisci questa sublime arte, allora sei un povero mentecatto privo di cultura o sensibilità. Andrea B. Farina – Rise -2015

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In questo contesto così labile è facile che avventurieri con pochissimi scrupoli manovrino “la speculazione artistica” e la riducano a evidente “speculazione economica” riducendo le opere dell’ingegno umano (cc 2575) a semplice busines s che ta lvolta assume le sembianze poco lusinghiere di un grande inganno. Ma in fondo che importa, continueremo ad andare al museo o ai vernissages delle mostre d’arte perché in fondo è divertente vedere stramberie o corbellerie di ogni genere ed è bello sentirsi intelligenti e colti magari facendosi fotografare durante la contemplatio di un’improbabile tela dipinta da un’improba mano. Fortunatamente il mondo è ancora pieno di artisti di cui vale la pena parlare e che meritano di essere chiamati tali per il loro essere creativi, visionari, capaci di comunicare che, attraverso il loro mondo sono in grado di farci riflettere. Mi sono imbattuto in questi giorni in un Vlog molto interessante. Ha un discreto successo di pubblico e dico discreto perché sul web i contenuti non riceveranno mai le visualizzazioni dei filmati dei gattini...Comunque! Il vlog è stato creato da Marco Montemagno, attualmente imprenditore di se stesso (come lui stesso si definisce), ma dai trascorsi televisivi per SkyTG24. Un comunicatore d’eccezione secondo me che, in un video sul Ramiro Sacco - Dibujística y pintura - 2015 suo canale youtube, presentava il libro Real Artists Don't Starve: Timeless Strategies for Thriving in the New … di Jeff Goins. Breve sinossi con estrapolazione di 5 punti che lui, il lettore, ha ritenuto maggiormente importanti. Settecentosettantacinquemila visualizzazioni su Facebook e una marea di commenti neanche si fosse squarciato il velo del Tempio. Il bello è che gran parte di quei commenti; negativi, è stata postata da artisti o sedicenti tali. “Monty” fa una brevissima introduzione parlando di provocazione nei confronti di tutti coloro che non pensano sia possibile vivere con la propria creatività continuando poi con i consigli rivolti a tutti coloro che invece ci credono. I commentatori e condivisori seriali si sono scatenati: “non sono d’accordo, hai sbagliato l’impostazione, sei un mentecatto, il finale è una cazzata, non capisci un fico secco di arte; né tu né Goins, mi sembra una stronzata semplicistica e sbrigativa” Atb Mag 9


Hei, hei, hei, ci diamo una calmata! Possibile che appena si parla di arte gli artisti si sentono punti sul vivo e attaccano a testa bassa come un toro! Possibile che solo gli artisti possano parlare di arte? 7 Possibile che tutto quello che producono gli “artisti” sia sublime e se i poveri mortali non lo capiscono o non ne sono affascinati sono dei mentecatti buzzurri? Mi chiedo: come mai in quasi tutti i paesi europei, seppur con difficoltà, gli artisti vivono della loro creatività e in Italia no? Non sarà per caso che il livello di gran parte degli artisti italiani contemporanei è decisamente basso, scarso in innovazione, privo di visione, di progettualità, di contenuto? Trovo che molti artisti italiani, soprattutto i più giovani, abbiano idealizzato quello che era il nostro Paese negli anni sessanta e si siano creati una sorta di bolla temporale dalla quale non intendono uscire. Incolpano del loro mancato successo tutti tranne loro stessi. Più avanti parleremo delle poetiche artistiche, dei contenuti, delle peculiarità degli artisti scomodando addirittura Monet, del mercato dell’arte. Continuando nella lettura vi renderete conto di chi deve essere per noi un artista, di cosa deve fare per vivere oggi con l’arte, un percorso che abbiamo mutuato dagli artisti stranieri che a casa loro già lo fanno e durante questo viaggio non esiteremo a sbeffeggiare creativi, galleristi, critici o curatori (ovviamente senza fare nomi perché le querele non ci piacciono molto). Dunque sapete cosa vi aspetta: se siete pronti partiamo!

AtbEdizioni - 2017 Abigail Doan – Fiber flotsam -2011 Atb Mag 10


Manuale

per

diventare

un (falso) artista famoso Dopo aver letto queste poche pagine si spera che molti di voi abbiano appreso quanto è necessario per diventare un (falso) artista e anche famoso. Anzi soprattutto famoso, perché per l’operazione Crisalide, così chiamerò il percorso dei 6 passi, non sarà necessario essere un bravo artista e neanche essere semplicemente un artista qualsiasi. Serviranno piuttosto altre competenze e abilità che forse possiedono molti di quelli che leggeranno questo libretto. Ma bisogna possedere alcuni prerequisiti, o essere disposti a raggiungerli. Occorre mettere in conto che bisogna agire sul lato del fare, ma anche su quello dell’essere. l’intenzione di queste pagine non è quella di criticare o, peggio, denigrare l’arte contemporanea né di svelare il segreto dell’arte. Questo manuale potrà diventare pratico o teorico e, se di fronte ad un’opera d’arte contemporanea avete detto “Ma questo potevo farlo anch’io” allora i 6 passi potranno forse aiutarvi a rendere concreta la vostra affermazione. Atb Mag 11

Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli. (Vittorio Alfieri) Lo voglio, lo voglio, lo voglio. Per quanto banale possa sembrare, per diventare un artista famoso nel campo delle arti plastiche, pittoriche, fotografiche, devi volerlo fortemente. Deve essere il fuoco intorno a cui gira la tua vita, tutta tesa a diventare artista famoso o un (falso) artista famoso. Dovrai dedicarti anima e corpo, imparare a rinunciare a ore di sonno e a pasti soddisfacenti. Dovrai essere disposto a viaggiare per presenziare alle mostre e alle inaugurazioni più importanti. Se sei ricco potrai avere come riferimento il mondo intero. Se non sei ricco potrai restringere la tua mobilità all’Italia o alle regioni a te vicine. Se hai lavoro, l’Operazione Crisalide dovrà essere il tuo secondo lavoro, ma il primario per importanza. E farai in modo che il lavoro che conosci possa essere la base di partenza del Progetto...


Come diventare dei (falsi) artisti contemporanei, nell'era digitale. Un agile ed irriverente manuale che, attraverso l'ironia, si rivolge a quanti hanno sempre desiderato essere degli artisti, magari falsi artisti, ma sempre artisti. In poche pagine i sei passi per arrivare a produrre un'opera ed entrare nel mercato dell'arte contemporanea.

si ringraziano Giovanni Ciospet – Diego Cristallo

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Rieko Koga - The Tree of Life – 2015 - Installation Textile

Quale FEDE Atb Mag 13

Che cosa è la fede che ritengo di avere? Ogni credente pensante se lo chiede. Confido che un Vivente (che siamo soliti chiamare Dio, con un nome comune personalizzato), più vivo di noi vivi, fonte di vita, sia presente a noi e al mondo, in comunicazione profonda, più profonda delle parole e dei concetti. Credo che abbia infuso qualche senso e bellezza dove poteva essere nulla o caos. Credo che abbia immesso un fermento di libertà dove ha prevalso e dove ancora prevale dominio, schiavitù, esilio, meccanismo violento di forze. Credo che abbia condotto l'umanità ad essere amica della terra madre, e che possa risvegliarla oggi dalla follia di saccheggiare e torturare questo suo corpo universale. Credo che abbia suggerito ai cuori e alle menti degli umani che la regola della vita buona è darsi reciprocamente il bene, e rispondere al male col bene, e donare senza far conto sul contraccambio. E credo che continui a mettere amore dove c'è soltanto legge. Credo che animi e rianimi nei cuori la speranza, quando si insinua la tenebra della disperazione. Credo che abbia messo nell'umanità in attesa la sua intima personale presenza. Credo che metta vita dove c'è morte. Credo che la Bibbia, culminante nei vangeli, come ogni altro mito religioso e sapienziale, ognuno a suo modo, narrino questa evoluzione spirituale che può proseguire nell'umanizzazione crescente.


Credo che per vivere un po' più veramente questa fede, io devo semplicemente mettere il bene che ricevo, là dove trovo del male, guardando non il male, ma la vita offesa dal male. Credo che un piccolo bene vale più di tutto il male, perché è più vero e più forte di tutto il male. Penso che questo sia tutto ciò che mi è dato di credere, e nella mia preghiera chiedo solo di guarire dalla mia incredulità, e di essere animato dallo Spirito promesso dal Vivente. Ho ritenuto interessante oltreché doveroso inserire i pensieri di Enrico Peyretti, intellettuale e attivista per la pace e la non violenza. Fu presidente centrale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) tra il 1959 e il 1961. Fondò nel 1971 (e diresse fino al 2001), la rivista mensile il foglio, che ancora oggi rappresenta una delle più interessanti esperienze di riflessione su importanti tematiche religiose e politiche. Storico e filosofo è membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Università piemontesi. Un uomo di tale levatura morale e culturale si interroga umilmente sul suo credo intimo e interiore! Troppo, troppo spesso le giovani generazioni si interrogano troppo poco su quello in cui credono e su quello che desiderano. Un tempo gli artisti davano voce e forma sublime ai sentimenti, alle aspirazioni, alla loro fede in un Dio, alla politica, all’amore o alla rabbia. Oggi, sempre più frequentemente danno voce e forma al denaro, al potere, alla sudditanza culturale, all’egoismo sfrenato, al personalismo delirante nella speranza di ottenere un briciolo di popolarità. La ricerca, la voglia di capire, imparare, collaborare, costruire insieme un domani migliore pare scomparsa dalle coscienze. Mi auguro che questa dichiarazione di fede risuoni nell’animo di coloro che vorranno leggerla senza pregiudizi, con cuore e mente aperta in maniera talmente forte da condurli verso un territorio forse inesplorato, quello dei principi morali e della forza che “animi e rianimi nei cuori la speranza, quando si insinua la tenebra della disperazione”.

con il contributo di Enrico Peyretti

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Il bosco delle possibilitĂ

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Dove eravamo rimasti?… Ah, si.. Oh, ma non sono vere farfalle, sono piccole fate con grandi ali multicolori! - Siamo i Fiori Volanti, possibile che ti sia dimenticato di noi?! – chiede irritata una delle fatine. - C’incontravamo sempre alla casa delle farfalle, ricordi? – chiede un’altra. - Certo, mi piaceva immaginare che le farfalle avessero un corpicino di fatina… – si lascia sfuggire. - Immaginare? Che vuol dire immaginare?! – esclamano in coro. - Rinneghi forse la nostra amicizia?! - No, no, solo credevo… - Che cosa credevi, di averci inventato tu?! - Preferisci credere che noi non esistiamo?! - Se è così anche noi fingeremo che tu sia una nostra creazione…e che non esisti! - Sei proprio presuntuoso!- Iridio che hai fatto? Non sai che le fate farfalle sono permalose?! – lo informa piano Colorella mentre le vocine continuano ad intrecciarsi da ogni parte. - Sì, presuntuoso e anche stupido perché non hai capito che quello che pensi d’immaginare, in realtà proviene dal nostro mondo…ed è quindi reale come ciò che vedi nel tuo! - L’ha appena detto Gnomo Verdone: quando credi di fantasticare e nella tua mente appaiono cose straordinarie, è perché noi ti abbiamo raggiunto! - Basta, smettetela, non siate pedanti! – le rimprovera il Vecchio Saggio – Iridio non ha bisogno di spiegazioni! Non ricordate più quanto ci è stato amico? - Già, se io sono qui è proprio grazie a lui! – interviene Dodi – se non mi avesse coinvolto nelle sue avventure ora sarei un orsetto come tanti, rotto e dimenticato. - Ed io allora? Sono stata per anni un soprammobile di cui nessuno si accorgeva più! Prima non l’aveva notata, è una bimba con un candido viso di porcellana, lunghi capelli rossi e un prezioso abito di pizzo. Gli occhi verdi sono allegri e vivaci e lei, incurante del suo bel vestito, in verità un po’ spiegazzato, saltella felice ora su un piede ora sull’altro e si arrampica sui fili d’erba per fare lo scivolo o l’altalena. - Lilli, ci sei anche tu?! – esclama, felicemente sorpreso, Iridio. - Ma certo, hai scoperto la mia anima facendo di me una creatura viva! Era appartenuta alla nonna Era stata la sua bellissima bambola, la più preziosa, così tanto preziosa da poterci giocare solo qualche volta. Alle signore! Il suo posto di solito era sul comò, tra le boccette di profumo e i ninnoli delicati. Aveva un viso roseo ma inespressivo e lo sguardo sempre fisso dinanzi a sé. Quegli occhi verdi, immobili su qualcosa che lui non riusciva a vedere, gli incutevano tristezza e inquietudine.

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Lei, con la sua aria immutabile, era al di fuori del tempo. Aveva visto bambine prima la nonna e poi la mamma, e ne avrebbe avuto di cose da raccontare! Ma continuava a starsene lì, spettatrice lontana e silenziosa e, silenziosamente, diventava sempre più piccola man mano che lui cresceva. La nonna era invecchiata e la mamma era diventata adulta, anche lui cambiava di anno in anno, invece su di lei il tempo non aveva alcun potere; sì, aveva sottratto un po’ di colore al suo vestito, ma non aveva lasciato traccia sulla sua pelle di porcellana. Probabilmente avrebbe visto crescere e diventare vecchio anche lui. Ma a che serviva ciò se lei non viveva? Una notte però lo aveva raggiunto nei suoi sogni. Muovendosi lentamente sulle piccole gambe rigide, i braccini tesi, gli chiedeva aiuto con lo sguardo attonito in cui, per la prima volta, gli parve di cogliere una profonda tristezza. - Il tempo passa intorno a me cambiando ogni cosa; la vita scorre nelle persone che mi circondano; io la vedo scivolare ma ne rimango sempre fuori. Conosco le gioie e i dispiaceri degli altri, ma non ne ho di miei. Se non puoi fare nulla per me, per piacere, rinchiudimi in un armadio buio: sono stanca di osservare sempre la vita degli altri e di non parteciparvi mai! - Oh! … Mi dispiace… non immaginavo… - balbetta mortificato - Che cosa posso fare per te? - Giocare, giocare con me! - Ehm, sì certo… - Ma non alle signore che prendono il tè nel salotto! - Oh, ma a me non piace giocare alle signore! – esclama sollevato. - Figurati a me! Io voglio uscire e conoscere il mondo. Portami con te nei tuoi viaggi favolosi, imparerò a camminare come Dodi. Ti assicuro che non m’importa nulla di sciupare il vestito! - Guarda che potrebbe capitare di peggio che sciupare il vestito; potresti cadere e danneggiare il tuo bel viso di porcellana. - Sono sicura che troveresti il modo di rimediare; e poi, a che serve essere belle se non si hanno emozioni?! Voglio entrare anch’io nella vita! - Va bene, però Dodi ed io a volte dobbiamo anche attraversare dei posti spaventosi, potresti avere paura… - l’avverte ancora Iridio. - Che cos’è avere paura? - È una cosa…come dire? Una sensazione che fa rabbrividire… forse non ti piacerà. - Oh, sì, invece! Voglio provare tutto, anche le cose brividose. Voglio avere paura! E da quel momento anche per Lilli erano cominciate le avventure, aveva trovato tanti amici e con uno simpatizzato particolarmente Filli Lungorecchie! - Che mattacchione quel coniglietto! Per questo tu mi chiamasti “la piccola Alice” – ricorda con occhi scintillanti di gioia. Le memorie scorrono nella sua mente e tutti le osservano stupiti e attenti come se lei raccontasse. - Oooh! E lì perché era tutto rosso? – chiede qualcuno – c’era un incendio? - Oh, no, ancora peggio! – esclama con fierezza – Mentre inseguivamo un folletto dispettoso, senza accorgerci, siamo entrati nel bosco stregato dalla malvagia fata Orridilia. Lo sapete che lì tutto è al contrario: i raggi di luce sono scuri e la notte è chiara, quindi anche il verde degli alberi è stato trasformato nel colore opposto. Il rosso, appunto! – conclude saputella. Si sofferma ad osservare il volto stupito dei suoi amici. - È stata un’esperienza terribile! – riprende, agitando le mani con malcelato orgoglio –Anche il mondo girava dall’altra parte e il sole sembrava la luna e spuntava dalla parte opposta. La luna brillava come il sole e noi ci siamo persi completamente, i nostri pensieri andavano al contrario e non sapevamo più chi eravamo e dove andare. La paura era grande… ma il peggio doveva ancora venire!


- Quando è apparsa… è stato terrificante! - L’avete vista?! – chiedono in coro. - Sì, improvvisamente ha invaso l’aria col suo sguardo spaventoso, era immensa, ha coperto tutto, ma non siamo neppure riusciti a scorgerne il corpo! Anche il Bosco sembra invaso da quella presenza. E i suoi piccoli abitanti si rannicchiano coprendosi gli occhi. - Oh, basta, per favore, cambia pensiero! – la implorano. - Presto, prima che invada per sempre anche il nostro Bosco! Lilli scaccia via il ricordo e tutto ritorna come prima. - Che vuol dire: “Prima che invada per sempre anche il nostro Bosco”? – chiede Iridio preoccupato - Vuol dire che se lei rimane a lungo nei nostri pensieri se ne impadronirà del tutto e non riusciremo più a mandarla via – spiega Colorella in un abito sbiadito.- Noi non saremo più gli stessi – aggiunge Dodi – e il Bosco diventerà una sua creatura. - E quindi, al contrario di com’è adesso, monotono e arido – puntualizza Verdicchio. - Anziché vario e rigoglioso – aggiunge Pistacchio. Una sola Fata malvagia può invadere il Bosco delle Possibilità? - Eh, sì, è diventata molto potente da quando si è alleata col Signore dell’Orrida Foresta – spiega con voce grave Gnomo Verdone. Nel Bosco cala il silenzio e i colori paiono affievolirsi. - È meglio non nominarlo, anche se nessuno ha mai visto il suo vero volto – riprende sommessamente il Vecchio Saggio. – Egli non ha cuore: è animato solo da una cieca cupidigia. La Grande Città è una sua creatura – rivela abbassando di più la voce, – perché la sua smisurata sete di potere si è estesa anche al vostro mondo. Iridio lo guarda smarrito. - Sì, si è impadronito della mente di alcuni umani dando loro molto potere per estendere il suo dominio. La rivelazione lo lascia senza fiato scompigliando i suoi pensieri. Per un pezzo i piccoli abitanti del Bosco vedono Da quel rimescolio informe, improvviso, un guizzo luminoso irrompe di tanto in tanto, poi tutto torna confuso e oscuro come prima. Finalmente, dopo un bel po’, il blocco comincia a sciogliersi Le riflessioni riprendono a fluire senza più ostacoli nel chiarore che si allarga nella mente. “…Allora è grazie a Lui che la Grande Città sta invadendo il mondo…” - Sì – conferma Gnomo Verdone. …Ed è per questo motivo che tanti sembrano usciti di senno e non s’accorgono di fare cose assurde…” Il Vecchio Saggio di nuovo conferma i suoi pensieri con un cenno del capo. …Quindi per questo ora i bambini conoscono più la Foresta degli Orrori che il Bosco delle Possibilità! …” conclude. Tutti gli sguardi sono puntati sulle sue riflessioni, egli alza gli occhi e il Bosco sembra annuire silenziosamente. Prima ancora che i colori consueti scaccino del tutto il grigio che si è diffuso attorno, la vocina impertinente di una fata farfalla rompe il silenzio.- Ma tu non ci hai poi detto come sei riuscita a sfuggire ad Orridilia! – rileva. - Oh, già, sei stata così brava! Come hai fatto? – chiedono gli altri. Lilli arrossisce. - Il merito è tutto suo – dice indicando Iridio - io non ho fatto nulla, – conclude ad occhi bassi e con un fil di voce. - Suvvia Lilli, non devi vergognarti – la rincuora paterno Gnomo Verdone – chiunque avrebbe avuto paura in quella circostanza!... ...FINE III Parte di un racconto di Maria Erovereti


I contenuti SONO IMPORTANTI

Conoscete Montemagno?… No, non Castelmagno, lì si fa il formaggio! Montemagno ho detto Montemagno! Se non siete internauti incalliti forse no e se non avete qualche annetto sulle spalle come me, forse nemmeno, visto che da tempo manca dal nostro Paese e soprattutto dalla televisione italiana. Pensate aveva ancora i capelli! A parte questa stupidissima introduzione basata su un’ assonanza della quale mi auguro “Monty” mi perdonerà è assolutamente fondamentale lo conosciate! In prima battuta è un comunicatore, si definisce “imprenditore di me stesso”, è co-fondatore di varie startup di successo… (l’elenco prosegue…). Adoro senza mezzi termini la capacità di quest’uomo di sintetizzare in pochi punti concetti spesso complessi, trovo geniale la sua compostezza davanti alla telecamera mentre formula frasi del tipo: “tolta una parte di Coglionazzi”, ritengo faccia un servizio di notevole importanza per la comunità quando si occupa di lavoro, società, cultura. Ammiro la sua capacità di strafregarsene delle critiche non costruttive dettate unicamente dall’ignoranza e dall’invidia. Ma la cosa che trovo davvero brillante è la sua acutezza nel trasmettere messaggi subliminali positivi nei suoi video. Devo dire che ho fatto una discreta “scorpacciata” delle sue clip in questi giorni. Gran parte le ho capite ed apprezzate immediatamente (come quella sugli artisti, sul lavoro gratis, sulla pazienza) altre, soprattutto quelle più incentrate sulla tecnologia, mi hanno un po’ confuso ma per mia responsabilità, visto che mi istupidisco immediatamente quando si parla di certi argomenti... Bref, quello che voglio dire è che l’italiano Montemagno naturalizzato inglese, parla di CONTENUTI! Ho come l’impressione che questa parolaccia sia pronunciata dalle nuove generazioni Atb Mag 19


infinitamente meno di “Minchia”. E invece, secondo me, si dovrebbe sostituire il vocabolo di nobile tradizione siciliana proprio con la parola contenuto. In particolare mi rivolgo a quei giovani artisti che piangono e si lamentano in continuazione perché le loro splendide creazioni, chissà come mai, non sono finite esposte in tempo zero alla Gam o al M.O.M.A: forse perché non hanno contenuti innovativi? E mi rivolgo anche a quelli che poverini, devono fare la gavetta, sottostare a dei compromessi o che vengono presi in giro dal “gatto e la volpe” che promettono loro eterna gloria in cambio di un furto mascherato da compenso. Non mi fate pena, mi fate rabbia perché siete degli sprovveduti che si fanno abbagliare dal luccichio e non si pongono delle questioni sul contenuto delle proposte che vengono loro fatte. Il mio consiglio, (se vorrete accettarlo è gratis) è di farvi una bella escursione sul web ricercando i video “motivazionali” di Montemagno. Ascoltandoli con mente aperta, vi accorgerete che per tutti, il contenuto è uno spaccato della società odierna, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Sono certo che vi saranno utili! E ancora: ponetevi delle domande, fate vostre le critiche costruttive ignorando quelle distruttive, cercate di capire quali sono i vostri limiti e tentate di superarli, soprattutto create con un contenuto che dica qualcosa non per diventare famosi e ricchi. La fama può venire dopo o non venire affatto, ma le vostre opere saranno sempre espressione di ciò che vi anima. Il cielo non voglia che dentro abbiate soltanto un “Minchia”!

Marco Montemagno Avvocato di formazione classica, padre di 4 figli (dico... 4), ex campione di ping pong per tra i primi cinque nel mondo, ha fatto televisione per diversi anni con trasmissioni di tecnologia per Sky tg 24. Fonda startup di successo, collabora con Tv e radio, colonizza la rete con video che non definisce motivazionali (certamente sono di buon senso), scrive libri, tiene conferenze. E’ bilingue (anche i nostri politici dovrebbero esserlo). Ha collaborato con importanti marchi mondiali: BNL/Cardif BNP Paribas, Piaggio, TIM, Adecco, SAP, IAB, Poste Italiane, Mastercard, Teleperformance, Trenitalia, Google, Enel, IBM, Sky, Microsoft, Oracle, Epson, Illy, L’oreal…

Giacomo Salizzoni – Micromondo sulla guerra - 2008


di Maria Erovereti Quando, all’inizio degli anni ‘90 del secolo scorso cominciai a realizzare i miei progetti fotografici, dopo anni d’immagini amatoriali, sentii la necessità di confrontarmi con altre donne che usassero lo stesso mezzo espressivo. Le amiche dell’Associazione Sofonisba Anguissola di Torino mi indicarono il gruppo milanese Esposimetra e un tardo pomeriggio, ancora invernale nella mia percezione, andai a conoscerlo. Conservo, in un piccolo studio in penombra, un ricordo di gentile accoglienza, ma i volti intorno a me sfumano nella semioscurità e nel silenzio, l’unico ricordo ancora vivo è quello di Helga, in piedi accanto a me, intenta ad approfondire la mia conoscenza con una serie di domande le cui risposte erano da lei accolte con la massima attenzione. Non rividi più né la stanza in penombra, né i volti anonimi delle sue occupanti, incontrai invece Helga all’inaugurazione della sua prima mostra “Così la poesia, in un certo senso, è un discorso infinito” costituita da immagini a colori, molto delicate, con interventi esterni dell’autrice. Uno dei pochi lavori a colori di Helga che io conosca. Nel febbraio del ‘95 feci la mia prima personale e, mentre ne presentavo il catalogo a varie gallerie torinesi, mostravo anche quello di Helga. Il suo lavoro piacque a due giovani galleristi che proposero un’esposizione nel giro

di pochi mesi. Io, che da poco ero entrata nella redazione di una rivista d’arte, gliela recensii. Avevo intanto conosciuto le altre tre fotografe che , allontanatesi da Esposimetra, collaboravano con Helga e avevano già in programma una mostra in Spagna. Il gruppo mi piacque e, entusiasta, proposi di esporre insieme in concomitanza della Biennale di Fotografia che si sarebbe svolta a Torino in autunno. Nacque così il gruppo ODIEFFE (Officina Donne Fotografia) che, oltre a impegnarsi in una riflessione sulle immagini, periodicamente si confrontava con la realizzazione di lavori su un tema comune. Il primo lavoro fu “Fermata 1996”, una valutazione su se stesse e il mondo circostante, per cogliere con maggior chiarezza il rapporto tra il proprio passato e il presente, sia personale che collettivo. Helga, colpita dalle violenze perpetrate allora, soprattutto contro persone inermi, nell’ex Jugoslavia, realizzò un lavoro dal titolo: Nacqui a legami d’amore, non d’odio, in cui le vicende attuali si intrecciavano con quelle dei propri ricordi infantili legati alla guerra. In seguito, poiché avevo cominiciato a collaborare con due spazi espositivi (Cento Culturale Valdese di Torre Pellice e Galleria Sommelier di Pinerolo), curai e recensii ancora due mostre di Helga: Una rosa di sostegno soltanto (1999) e Sogni transitano (2001). Nel 2000 fui invitata a partecipare alla rassegna fototgrafica Esperienze, a Foiano, in Toscana. Tra i lavori che mi apparvero subito interessanti, c’erano quello di Helga Wendt e di Liana Grueff, che conobbi proprio in quella circostanza. A distanza di parecchi anni, ho sentito il bisogno di una nuova riflessione sul percorso di queste due fotografe con cui ho collaborato in passato; la voglia di rivisitare i lavori già conosciuti e di scoprirne i nuovi mi ha spinto a sviluppare un progetto in grado di promuovere un dialogo tra artiste, diverse per temperamento e storia personale, ma simili, oltre che nella profondità che caratterizza le loro opere, per un comune legame con la parola scritta. Helga infatti, s’ispira a testi letterari o versi poetici con cui accompagna e titola le sue immagini; Liliana ha fatto della scrittura, quindi della parola, il tema dei propri progetti fotografici: “La scrittura come


Sguardi inconsueti Segno e anche pratica, quindi i luoghi in cui si deposita”, che possono essere libri e fogli di carta ma anche le pareti di una cella carceraria, soggetti privilegiati dei suoi lavori. Il lungo cammino del silenzio, accompagnato da pensieri contraddittori, da riflessioni, sembra che sia finito, Mi sento di uscire dal guscio, pronta a raccontare la mia storia.. Così inizia Helga Wendt nella presentazione di se stessa rilasciata ad un periodico nel lontano 1994. E la storia comincia proprio quell’anno con un lavoro fotografico in apparenza staccato dalla biografia dell’autrice ma espressione della sua delicata sensibilità e della sua fantasia. Uno scenario marginale che, il più delle volte ci accompagna invisibile nella nostra vita quotidiana: un cantiere edile recintato da un ondulato azzurro. Lo sguardo di Helga però rileva e ci si sofferma, lo osserva Atb Mag 22



curioso a distanza ravvicinata, ne spia i ponteggi attraverso gli squarci del laminato consunto. Con le sue opere e le sue parole, Liliana Grueff accompagna lo spettatore nel poetico cammino attraverso il ritmo silenzioso delle immagini: un’estesa sequenza che si snoda per una decina di metri su una parete. E’ questo il lavoro Ininterrotto. Appunti per un percorso (1999). Le foto sono strettamente legate l’una all’altra in un crescendo che si sviluppa sul muro – anche per le loro dimensioni variabili – come una serie di grafemi. E’ un processo lento di affioramento, flash che emergono dalla coscienza o dalla memoria. Le immagini, collocate su supporti bianchi a profondità differenti – così come gli intervalli che le separano – si susseguono, spesso reiterate, quali sillabe di una parola o parole di una frase, in quel prolungato ripiegamento nel silenzio che l’autrice definisce “Appunti”, poiché “… non si tratta di temi approfonditi ma solo annotati, per essere ripresi, ripercorsi...”. In realtà quel lungo fluttuare nello spazio, tra le crepe della terra come nelle pieghe del tempo, è un lento

Cammino, con continuità e pause, tra squarci di consapevolezza e sospensioni, prossimità, allontanamenti. L’apparente essenzialità del lavoro rivela una compenetrazione di più livelli in quello che l’autrice chiama percorso ininterrotto. Liliana Grueff è affascinata da ogni forma di linguaggio, iconico o aniconico; per cui i suoi lavori sono sempre espressi non dall’unità ma dalla totalità delle immagini che realizzano l’opera come i tasselli di un puzzle o come le parole di una frase…

Questi solo alcuni stralci dell’interessante pamphlet di Maria Erovereti, artista e curatrice d’arte che descrive con abile stile e chiarezza assoluta trame di vita passata, ricordi ammalianti suoi e delle artiste che commenta. L’opera completa (46 pagine), breve ma dall’altissimo contenuto culturale dal titolo “Sguardi inconsueti” riflessioni sulle immagini di Helga Wendt e Liliana Grueff è una pubblicazione di Le Onde edizioni del 2017


La CIA e l’arte

realizzato grazie ad un contributo di Paolo Guzzanti L'arte astratta fu davvero l'arma segreta degli americani durante la guerra fredda? La risposta è sì, anche se finora pochi conoscono la storia straordinaria e quasi incredibile che vede la Cia comportarsi come un principe italiano del Rinascimento, o un Papa, per promuovere l'arte astratta e battere i sovietici e il loro realismo socialista che imbarazzava quasi tutti gli intellettuali e persino artisti occidentali di fede comunista. Eppure la notizia è vecchia di più di vent’anni perché fu nel 1995 che la giornalista inglese Frances Stonor Saunders pubblicò i risultati della sua inchiesta in The Cultural Cold War (la guerra fredda della cultura) basato sulle rivelazioni dei vecchi dirigenti della Cia che avevano ideato l'operazione. Erano proprio quegli uomini a paragonarsi ai principi e ai papi italiani del Rinascimento: «salvo il dettaglio della segretezza, noi siamo papi in incognito». Senza i papi non ci sarebbero stati la Cappella Sistina, Raffaello e Michelangelo. Senza la Cia, niente Jackson Pollock, Willem De Kooning, Mark Rothko e tutti gli artisti che imposero New York come capitale mondiale dell'arte, surclassando Parigi. Chi era il loro papa? La Cia. Scopo? Battere i russi nella conquista degli intellettuali, specialmente francesi e italiani. Secondo un principio di senso gramsciano: chi ha dalla sua parte gli intellettuali, gli artisti, i giornalisti, vince la guerra della comunicazione. E del consenso.



Queste le prime righe dell’interessantissimo articolo di Paolo Guzzanti per il Giornale dal titolo “L’arma più segreta della CIA erano i pittori dell’Astrattismo”. Per la verità la notizia è un po’ datata, ma vale la pena di riesaminarla per mostrare come in larga parte, l’arte occidentale sia stata influenzata in passato (e ancor oggi dura questa nefasta influenza che opprime l’intera cultura coi suoi dogmi e canoni stilistici) e come sia difficile per un artista oggi, affrancarsi dal modello di manipolazione formale e culturale eccezionalmente efficace che riconosce nello snobismo di alcune precise classi sociali la sua “raison d'être”. L’incipit: gli scritti di Frances Stonor Saundes, storica britannica che rivelò la profonda intromissione della CIA nella promozione dell’arte contemporanea, in particolar modo quella informale. Erano anni quelli, in cui era necessario vincere lo scontro con il Partito dei Soviet, il muro di Berlino era ancora in piedi e la Guerra Fredda imperava in Europa in continue schermaglie politiche, scientifiche, culturali e artistiche volte a decretare la supremazia di un blocco o dell’altro. Infatti, se già con F.D. Roosevelt, all’indomani della grande crisi economica del ‘29, gli USA si erano fatti “Mecenati” (anche e soprattutto in maniera propagandistica) degli artisti attraverso il Federal Art Project, del 1933, è dopo la seconda guerra mondiale che si presenta più stringente la necessità di surclassare la cultura del realismo socialista e del neoclassicismo tedesco. Improbabile finanziatore del nuovo stile modernista americano: la CIA, si proprio l’agenzia segreta americana. Erano anni quelli in cui la propaganda sovietica, e quella dei partiti comunisti in Europa occidentale presentavano gli Stati Uniti come «un deserto culturale» e il capitalismo come artisticamente e culturalmente sterile. Bisognava correre ai ripari e il Dipartimento scelse di essere rappresentato dall’arte modernista, “come strumento di propaganda” allo scopo di “mostrare al mondo che esisteva un’arte all’altezza della grandezza e della libertà americane”. E il concetto fila perfettamente! Voglio tralasciare in queste pagine le relazioni tra mondo della politica e della finanza: da

Harry Truman a Peggy Gungenheim al vice segretario di stato USA Benton a John D. Rockefeller, Nelson Rockefeller, Hay Withney, William Paley che, semmai, potrete approfondire leggendo il libro “Gli intellettuali e la CIA. La strategia della Guerra Fredda Culturale”, in Italia un tascabile di Fazi editori del 2007 (506 p). Mi concentrerò invece sul significato di queste esternazioni! L'operazione della Cia negli anni Cinquanta e Sessanta produsse in Italia una liberazione delle tendenze creative e sperimentali, mentre alcuni pittori intimiditi dall'ortodossia si condannarono al realismo più ripetitivo e virtuoso: fu così che l'ex ribelle Renato Guttuso dipinse milioni di limoni, il mercato iper-realista della Vucirria e quel tremendo Funerale di Togliatti in cui introdusse nella folla una ventina di teste di Lenin e di altri elementi del Politburò sovietico. In quegli anni forse il flusso creativo degli artisti sembrava non essere


confinato da alcun margine. Ma esistono ancora quegli anni? E’ cambiata la società? E’ concepibile un’arte libera da imposizioni nel mondo contemporaneo? Le domande sono lecite vista la facilità con cui un’immensa quantità di denaro ha governato le coscienze e gli stili di un’intera parte di mondo. L’arte è certamente creatrice di immensi valori, nonostante le molteplici iniziative di pseudo cultura, rende l’uomo consapevole della propria esistenza. E’ così oggi o la cultura è meramente propaganda volta ad imporsi sulle menti, sui gusti con l’unico scopo di ammaliare il fruitore trasformandolo in consumatore e acquirente. Approfondire questi temi penso sia fondamentale per un artista che vuole veramente fare arte dipanando dubbi, individuando la realtà di un problema, affascinando spiritualmente, riconoscendo al fruitore la disponibilità di sé.

Le opere di pag. 25 / 26 / 27 Roberto Cipollone (Ciro) Mark Rothko – Peter Saul

Per aiutarvi a riflettere vorrei chiudere con le parole di Ernesto Bodini – giornalista scientifico “È palese che questo modo di intendere e di agire include sacrifici quotidiani, la cui dedizione include attività volte al conseguimento di mete che esulano da determinate scelte di vita, anche se queste, talvolta, condizionano le più nobili aspirazioni. Ma penetrando nel profondo, può manifestarsi col tempo una più chiara visione dei reali problemi. Tuttavia, non bisogna essere oggetto di un gioco preordinato e tanto meno guidato, ma agire con personalità, ossia assumere un atteggiamento comportamentale come ogni scrittore, ad esempio, deve avere, affinché avvenga quella maturazione dell’intelletto e salda e sicura la consapevolezza.” Meditate gente… meditate!

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Faïf Emilie

La Couturière

Contribution de ParisArt Des œuvres oniriques en tissu

Les sculptures spectacle vivant

d’Emilie

Faïf :

un

Les créations d’Emilie Faïf privilégient le tissu comme matière première. La malléabilité de ce matériau se prête idéalement aux formes étranges et oniriques qui naissent de l’imagination de l’artiste. L’œuvre intitulée Prairie est constituée d’un tissu vert suspendu dont certaines parties sont nouées ou dressées pour figurer des arbres bosquets et garni d’une petite maison également en tissu de la même couleur. Un ventilateur placé sous l’étendue du tissu et des lests de plomb attachés à ce dernier en plusieurs points créent un relief sur la surface. Une prairie idyllique, flottant dans les airs, comme sortie d’un rêve, s’étale sous nos yeux. La sculpture Excroissance est un autre des mondes en suspension imaginés par Emilie Faïf. Le tissu d’une robe se prolonge en une étonnante protubérance semblable à un nuage qui la surplombe et sur laquelle se dessinent des oiseaux et des éléments végétaux, tous découpés dans la même pièce de tissu formant un seul bloc.

Disposées dans la galerie et dans la Rue Traversante, les œuvres s’apparentent à des entités vivantes. Par leur nature textile, elles sont ouvertes au mouvement, peuvent se déformer, se plier aux phénomènes éphémères et animés comme le vent. Pour l’exposition, Emilie Faïf a approfondi le rapport qui existe entre le spectacle vivant et ses sculptures en concevant elle-même la matière première de certaines d’entre elles. Utilisant du polyéthylène souple qu’elle a découpé et assemblé pièce par pièce, elle a mis au point une surface alvéolaire. C’est de cette matière qu’est faite l’installation Nuages, vaste étendue blanche gonflée en son centre de façon à former de doux nuages traversés de lumière. Le titre de l’exposition, « Nuages », doit autant à cette œuvre qu’à ce que représentent ces phénomènes météorologiques dans l’imaginaire créatif d’Emilie Faïf. Elément banal, chaque nuaAtb Mag 30


ge est en même temps unique et porteur d’une forte charge poétique. C’est la même dualité qu’exploite Emilie Faïf dans ses œuvres : qu’ils s’agisse de tissus récupérés ou de matière pauvre comme le polyéthylène, elle les travaille comme des pièces de haute couture et les investit d’une valeur unique. Scénogaphe Plasticienne ( Ladies First ) Les scénographies d'Emilie Faïf, un rideau monumental de cheveux, à la fois inquiétant et vivant, symbole d'une femme tout aussi sauvage qu'émancipée. Il accompagne les danses lascives et tribales de la chorégraphe Marion Muzac qui revisite ici l'héritage des pionnières de la danse contemporaine. Cette nouvelle réalisation vient enrichir les nombreuses explorations plastiques d'Emilie Faïf autour du corps et de sa représentation. Formation Elle expérimente l’espace dans des domaines d’interventiorn divers mêlant le dynamisme des villes à celui de la mode, du textile et de l’art. L'univers d'Émilie Faïf a quelque chose de naturel et d’incongru qui ne laisse pas indiffèrent, des œuvres à l’attention du passant, juste mises à distance derrière une vitre, suspendues entre réel et irréel. Diplôme de scénographie, mention très bien (2000) École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs

'© 'Émilie Faïf – Coeur – Sculpture gonflable – 100x150 - 2007

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Emilie Faïf est scénographe plasticienne. Née en 1976, elle est diplômée des Arts Appliqués et des Arts Décoratifs de Paris. Elle expérimente l’espace dans des domaines d’intervention divers mêlant le dynamisme des villes à celui de la mode, du textile et de l’Art. Ses collaborations avec des créateurs issus du monde de la mode – Isabel Marant, Tsumori Chisato, Hermès, Kenzo, Manuel Canovas –, du design ou du theatre, enrichissent son activité artistique aux multiples facettes.

© 'Émilie Faïf – Lancement presse des Eaux de fleurs / Kenzo Parfums / Hong Kong, Singapour, Taïwan 2008

(projet de robe-théâtre et mémoire de fin d’études sur le travail de la chorégraphe Pina Bausch). Prix de l’association des anciens élèves de l’Ensad décerné lors des Portes ouvertes. Jury Dominique Jeanneteau (scénographe), Patrick Delis (architecte Intégral Concept), Muriel Delamotte (scénographe). Membre du jury des diplômes de scénographie de l’ENSAD (2006). Projet de scénographie de théâtre et installation vidéo d’après une nouvelle de Roger Caillois, Un mannequin sur le trottoir tirée du recueil La lumière des songes.

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PAOLO GRECO

I

Frammenti URBANI 2750 anni

di architettura nell’ambito delle celebrazioni per il 2750 anni di storia di Siracusa

Sabato 16 settembre alle 19 al Museo Civico ex Convento di Santa Chiara, in corso Vittorio Emanuele 149, a Noto, verrà inaugurata Metronomico Radiale, personale di Paolo Greco promossa dalla galleria Beniamin Art di Catania del collezionista iraniano Behnam Fanaeyan con il patrocino del Comune di Noto. Il titolo richiama una precedente mostra dell’artista di origine catanese, presentata nel 2014 al Foyer del Teatro di Donnafugata. Un curriculum artistico, quello di Greco, molto accattivante. La formazione da autodidatta, i viaggi e le permanenze tra l’Italia e l’Estero, la passione per il cinema e la cultura on the road, gli anni Settanta, le Neo Avanguardie; e ancora: l’incontro con Vincent Pirruccio, scultore siculo-australiano di fama internazionale che ha accompagnato scelte e visioni dell’artista e dell’uomo; la partecipazione a esposizioni di pregio in spazi istituzionali, musei e gallerie civiche tra Taormina e Milano; la presenza di sue opere nelle collezioni permanenti del Museo della Mafia di Trapani e del SAC (Sant’Agostino Contemporanea) della Galleria Regionale di Palazzo Bellomo a Siracusa.

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Poeta della materia, Paolo Greco, occupa un posto importante tra le menti più creative del sud-est siciliano. I materiali di scarto, gli pneumatici, le camere d’aria, i bulloni, sono frammenti di vita urbana che rivivono, triturati, manipolati, assemblati e laccati, in nuovi contesti di esistenza fenomenica e simbolica. «”Secondo le intenzioni dell’artista – scrive di lui, il critico d’arte Giuseppe Carrubba – tutto può diventare oggetto di indagine e di sperimentazione, ogni materiale ha delle potenzialità espressive dentro infinite possibilità, in cui si dà valore non all’invenzione in sé ma al metodo di trasformazione che nasce dall’interpretazione e dal contatto psichico e vitale delle cose del mondo”. Un pensiero che fa da contrappunto alle riflessioni di Ornella Fazzina, docente di storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Catania: “Frammenti del quotidiano, brandelli di vita, lacerti di possibilità esistenziali hanno trovato una diversa organizzazione e dal sommerso sono emersi sotto nuova veste, enfatizzando una società dell’usa e getta. Questa operazione di assemblage è la maglia segnica che connota l’arte di Greco e che costituisce l’esito di un incessante lavorio di ricognizione di materiali in vista della produzione estetica”. Metronomico Radiale è l’intestazione di una mostra che designa un impegno costante e concreto dell’uomo nel substrato urbano, quindi sociale. Si inserisce in un periodo di fermento artistico e culturale che la città del barocco vive in accordo con la sua candidatura a capitale della cultura nel 2020. La location della personale, il Museo Civico di Noto, presenta un’architettura tardomedievale con cui Greco desidera dialogare immaginando un contatto sine tempore tra il • contemporaneo di ieri e il contemporaneo di oggi. Una trentina di opere e tre installazioni Paolo Greco - The Mists of Avalon - tecnica mista, 2017 - 1024x1024

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appartenenti alla collezione privata di Behnam Fanaeyan, saranno immerse tra antiche architetture e scavi archeologici. Da questi emergeranno, in occasione dell’esposizione, fusti di materiale industriale in parte triturato e colorato, come a voler abbozzare l’incipit dell’opera dell’artista.


Paolo Greco nasce a Catania il 23 luglio del 1958. Dopo varie esperienze di formazione e iniziazione che lo hanno condotto a vivere in diversi luoghi, dalla Sicilia a Bologna e da Catania in Brasile andata e ritorno, negli anni Novanta si stabilisce a Floridia, una cittadina della provincia di Siracusa, dove attualmente vive e lavora. Artista autodidatta, ha sviluppato una personale poetica attraverso un lungo percorso di ricerca, in cui l’arte è diventata, in età matura, una nuova condizione di rinnovamento materiale e spirituale. Ha iniziato, per gioco e per passione, ad interpretare i segni di un destino vissuto ai margini, lungo una linea di confine psicologica, tra finzione e realtà, di esasperazione esistenziale che lo ha condotto a ripensare e riprogrammare l’esistenza di una vita caratterizzata da troppi incidenti di percorso, in cui il regolare e l’irregolare, il dolore e l’alienazione, il rifiuto e la solitudine hanno rappresentato successivamente un’esperienza oggettiva di sperimentazione e manipolazione artistica e simbolica. Il Cinema e la Cultura on the road, gli anni Sessanta e le Neo Avanguardie di derivazione New Dada, il Nouveau Realisme e la Pop Art lo hanno condotto ad esplorare la relazione con il mondo interiore ed esteriore. I mezzi e i modi non tradizionali nella sua pratica artistica, con i materiali desunti dalla realtà e dall’industria, sono così diventati espressione di un vissuto e di un riuso. “La mia ricerca è tesa alla sublimazione poetica dei rifiuti, degli oggetti usati, logorati, residui solidi dell’esistenza. Essi ci parlano di un ricordo e ci sollecitano a pensare a tutto ciò che è avvenuto nella loro vita precedente, prima che essi finiscano definitivamente nell’immobilità dell’opera d’arte, un’arte che illustra la vita con la semplicità della stessa. Nella materia trovo il potenziale espressivo che mi interessa, la scelta dei materiali mi allarga il campo all’infinito, tutto può diventare arte io non invento nulla, non faccio altro che assecondare la materia, leggerla, interpretarla, stabilendo un contatto vitale con essa”.

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Nicola

- Henley Putting on a solo exibition

Contributions of Daniel Crowder

Nicola Henley studied Fine Art Textiles at Goldsmith’s college, London in 1984. After receiving a British Craft Council ‘Setting Up’ grant she worked as a Textile Artist in Bristol until moving to Ireland in 1991. She has exhibited and lectured widely in the UK, Ireland, Scotland, the USA, Australia, Japan and Spain and has also worked on private and corporate commissions since 1985. Her work is represented in many public collections including The British Crafts Council, Cunard Cruise Line, Embroiders Guild UK, British Rail, Kyoto Museum of Modern Art, Gallery Pousse, Tokyo, Microsoft Ireland, XL Group HQ Dublin and numerous private collections. She was recently awarded first prize in her category at The RDS National Crafts Awards in Dublin and ‘The Michael Smith O’Brien Perpetual Challenge Cup’ 2015. In this article, which is part of the Business of Art series, Nicola discusses preparing her Shorelines exhibition at the Timeless Textiles Gallery on the other side of the world. We learn about the challenges she faced and how her antipodean audience reacted. Nicola Henley: In 2012 I had to opportunity of visiting Australia to see relatives and friends in Sydney, but before I went I decided to use this as a chance for a research mission for my work. It was important for me as an artist in midcareer to develop new areas and broaden my horizons and audience.


For over 25 years since taking my degree in Textile Art at Goldsmiths College London, I had worked as a professional Textile Artist, exhibiting and selling work through galleries in the UK, Ireland and abroad and working to commission whenever the occasion arose. I had been fortunate that the galleries I was involved with had, on the whole, contacted me either individually or through the Craft Councils of the UK and Ireland but I had not really taken the bull by the horns and approached galleries directly myself, especially in another country where I had not built my reputation. For that reason, it felt quite daunting, but taking the attitude that I had nothing to loose, I started to do some research via the Internet, before the trip commenced.Movers and shakers I was delighted when Anne Kempton, who runs Timeless Textiles, Newcastle, NSW followed up my emails with an invitation to Skype and from this, to meet! Many of the galleries I had made enquiries with by email, said that they only showed Australian work but they were all very encouraging and at least they had replied. I slowly realised by trawling the Internet that there is a great Textiles network in Australia, with a huge enthusiasm for the medium, and that the Australian can do attitude was prevalent and was very encouraging. A key mover and shaker in the field was the hugely colourful Janet De Boer who ran TAFTA (but is now retired) which stands for The Australian Forum for Textile Arts. She also produces the e-zine Textile Forum, which can be subscribed to. It’s well worth looking at to see what’s going on Down Under.

Gulls Passing C.R. II - Chalk Drawing 30cm(w) x 40cm(h) approx.

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So I set up a meeting with Anne for the week of my arrival in Sydney, to coincide with an opening at the gallery. It was a great opportunity to meet other textile artists and enthusiasts, and through Anne’s generosity, I was introduced to a number of key people involved in the profession and also teaching in the field. Anne suggested an exhibition with her at the gallery the following year and, in the meantime, I left a couple of pieces with her to test the waters. It couldn’t have been more encouraging as these sold fairly quickly and I went away knowing I had a year to prepare work for a solo show in 2013. The theme: I was initially unsure how the Australian audience would respond to my work, which feels essentially very European and particularly Irish inspired. This troubled me a little but in the end it seemed important to be true to myself and make work which was a response to my own environment, not to try and adapt it somehow to what might be more typical of Australian work which in general had seemed from my trip to be more colourful, bolder, louder than my own work. I think this paid off as the show went well and I was able to give some workshops in Newcastle where the gallery is and also at Grampians Textures in Victoria. I made contact with Austalian National University, Canberra textiles department and Sydney School of Art textiles department well before my visit to set up a couple of lectures and workshops. All these events helped to fund the trip and broadened my experience and enjoyment of the time in Australia.

Storm, Co Kerry I - 2016 - Painted and silk-screen printed onto cotton calico with pigments and dyes. Collaged with japanese paper and stitch - 30cm(w) x 30cm(h) Atb Mag 40



Il Regno

della Ceramica

Con il contributo di Vittorio Stagnani

Dalla fantasia dei figuli (i maestri ceramisti) nascono ceramiche d’ogni forma e colore. Visitare le loro botteghe è un “must”. Ma la città offre anche interessanti insediamenti archeologici, “lame” e chiese rupestri, e un centro storico affascinante. Questa è Grottaglie, in provincia di Taranto. E’ città di figuli, santi, artisti e briganti e vanta un centro storico di prim’ordine, in particolare, proprio nel quartiere dei figuli, colori, odori, la quiete dei vicoli, i balconi fioriti sanno di buone tradizioni. La visita alle grotte e alle botteghe (putee) dei maestri ceramisti, i figuli, per vederli al lavoro, è sempre un’esperienza interessante. Pongono sul tornio una massa informe d’argilla e poco dopo ecco materializzarsi dalle mani dell’artista un vaso, panciuto e compiaciuto. Oppure piatti, tegami, tielle (teglie), bicchieri, salvadanai, portaombrelli, brocche, otri, orci, portafiori, saliere, pepiere, acquasantiere, fischietti e pipe.“Caminaru, a’ cuette buene lu caminu?” (Vasaio, hai cotto bene nella tua fornace?) – chiedeva una volta il passante al maestro intento in quella che era l’operazione più difficile del suo mestiere, vale a dire la cottura

quando la si faceva a fuoco di legna per cui bisognava saper dosare il calore altrimenti tutta la produzione andava perduta. Oggi si fa uso di forni elettrici e con quelli è difficile sentirsi dire “Quiddu no’ sape cocere” (Quello non sa cuocere), ignominia delle ignominie per il figulo, che così era ritenuto incapace anche di essere buon marito, buon padre, buon cristiano. Ma Grottaglie non è solo botteghe dei “faenzari”. Ci sono importanti resti archeologici, come il villaggio messapico nei pressi del santuario di Santa Maria Mutata, e le “lame”, letto d’antichi fiumi, di Riggio, Fantiano, Fullonese e Pensieri, dove si trovano molti villaggi e chiese rupestri. Al centro del paese il Castello Episcopio, voluto dai vescovi di Taranto nel V secolo, la chiesa Matrice dell’XI e XII secolo, con la cappella del Rosario con gli altari dedicati a San Ciro e a San Francesco de Geronimo, e la chiesa del Carmine, con un prezioso presepe in pietra di Stefano da Putignano. Tra i tanti oggetti che a Grottaglie fanno i figuli gli “srulu e i vacaturu a secretu”, ovvero brocche e altri contenitori con il... segreto, e il bicchiere del pirata.


Si tratta di divertenti manufatti, per lo più usati come ornamento o per fare scherzi agli amici: a seconda di come sono disposti alcuni orifizi o li si riempie, il vino travasa addosso. Questo gioco è meglio farlo, allora, con l’acqua, che non vada persa una sola goccia del buon vino che si fa a Grottaglie. Mai scherzare con il vino: gioca con i fanti, ma lascia stare i santi! C’è anche la brocca che da una parte contiene acqua e dall’altra vino. Per bere quest’ultimo, ancora una volta, bisogna conoscere il trucco. Che, tuttavia, nessun figulo è disposto a rivelare. Ed ecco alcune delle parole più interessanti dei figuli: cretarulu o crita, la creta; stazzuna, stazzunaru, la fornace, il fornaciaro; robba gialla, prodotti a monocottura; capasunaru, il contenitore più capace; codimaru, le stoviglie; cotime russe, le pignate da fuoco; faenzaru, il figulo da Faenza che era ed è città famosa per le maioliche; robba bianca, faenze smaltate, di più fine lavorazione; stagnaturu, il vasaio che dà lo stagno ai manufatti; robba rustica, vasi di poco pregio artistico e cotti a biscotto; vacili, bacile; nicissaru, cantaru, il vaso da notte; merdaluru, come sopra; fironi, Atb Mag 43


salvadanaio; pignata, quartaredda, tiestu, tiedda, cucuma, ciculatera, fracera, piatta, piattu, rsulu, sicchiu, suppiera, uccale, sono tutti oggetti da fuoco o per la tavola. Molto belle anche le pippe in terracotta e cannuccia e i fischieddu. Li troverete a Grottaglie per uno shopping davvero interessante perché potrete assistere nelle botteghe e nelle grotte dei figuli alla nascita, da una massa informe di creta, di un bell’oggetto in terracotta.

dal 1° luglio al 10 settembre 2017 nell’Antico Convento dei Cappuccini, sito risalente al 1546 e riaperto al pubblico ad aprile 2017. Un gioiello storico e artistico immerso nella “gravina del fullonese”, spettacolare villaggio rupestre abitato fino al XIII secolo .Alla conferenza stampa di apertura prenderanno parte Loredana Capone, Assessore Regionale Industria Turistica e Culturale, Gestione e Valorizzazione dei Beni Culturali; Ciro D’Alò, Sindaco di Grottaglie e Daniela De Vincentis responsabile settore cultura, turismo, sport e musei

Si ringraziano per la collaborazione: l’Unione Europea, la Regione Puglia e Puglia Promozione

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La leggenda

dell’uomo meraviglioso Ceramica di Grottaglie - in ricordo di Lawrence d’Arabia

E’ stato l’uomo più meraviglioso che io abbia mai conosciuto. Jean Acker, attrice, prima moglie di Rodolfo Valentino, sta lasciando, ed è novant’anni fa di questi giorni, la Frank E.Campbell Broadway funeral chapel di New York. Ci sono migliaia e migliaia di persone che, fuori, bloccano le strade intorno alla cappella. E piove. Pioverà anche il giorno dopo, quello del funerale, perché dicono tutti, «il cielo piange per Rudy». Se ne va una stella del cinema solo per entrare nella leggenda. Castellaneta, che ha il privilegio di essere la terra dove Valentino è nato il 6 maggio


1895, ha l’ingombrante onore di ricordare la data della sua scomparsa. Ingombrante perché davvero non è facile trovare qualcosa che non sia stato già detto su questo attore o fatto in suo onore. E quindi la città di Valentino ha pensato bene di onorarlo nell’unico modo possibile per un attore di cinema: proiettando i suoi film. E questo lo farà domani sera, in coincidenza con l’anniversario della scomparsa del divo, avvenuta il 23 agosto 1926, scegliendo di far scorrere sul grande schermo (alle 22, a Castellaneta Marina, nella piazza antistante la parrocchia Stella Maris) “Lo sceicco”, “Sangue e arena” e “Aquila nera”. Ma ancora prima, da ieri sera, nel Museo Valentino collocato nell’ex convento di Santa Chiara, è aperta al pubblico la mostra “Rodolfo Valentino: la seduzione del mito”. L’intera iniziativa riunisce nell’organizzazione l’assessorato alla Cultura del Comune di Castellaneta, la Fondazione Rodolfo Valentino e il Museo nazionale del Cinema di Torino; con il patrocinio di Regione Puglia, Apulia Film Commission e Puglia Promozione. In quel lontano agosto del 1926 Rodolfo Valentino arriva all’appuntamento estremo dopo una dozzina di giorni di sofferenze fisiche: si era sentito male alla vigilia di Ferragosto ma le avvisaglie, quel dolore lancinante, si erano avute già un mese prima, a luglio, alla vigilia della sfida lanciata alla “Chicago Tribune” che aveva parlato di lui, il simbolo della bellezza maschile, come di un “piumino di cipria rosa”. Valentino, pronto a suonargliele di santa ragione, non era riuscito a scovare “l’anonimo articolista” («è evidente che non si può indurre un codardo a battersi... l’eroico silenzio non lascia dubbi riguardo alla sua totale assenza di virilità», aveva scritto il divo in una nota diramata a tutti i giornali meno che alla “Tribune”) ed invece si misurava in un incontro pugilistico con il giornalista sportivo del “New York Evening Journal”, tale Frank “Buck” O’Neil, che aveva messo in dubbio il talento da boxeur del fin troppo bello Rudy. L’incontro avviene e manda al tappeto O’Neil: giustizia è fatta. Tutto questo inutile ed evitabile, bailamme, e le ricorrenti sofferenze fisiche sono in realtà il segnale di un caos che ha investito da tempo la vita dell’attore e quel caos altro non è che la spia di diverso malessere

Valentino, lui si, è alle corde per la spinosa relazione, a questo punto ormai conclusa, con la sua seconda moglie Natacha Rambova. Nome russo ma natali americani, famiglia di mormoni dell’Utah, Winifred Shaughnessy, danzatrice coreografa lo aveva abbandona- to. Un matrimonio brevissimo durato appe- na tre anni, con una cerimonia ripetuta due volte (la prima lo aveva inchiodato ad un processo per bigamia, non avendo ancora divorziato dalla Acker) . Rodolfo Alfonso Raffaele Pierre-Filibert, figlio di Beatrice Barbin, una benestante francese, e di Giovanni Guglielmi, castellanetano, veterinario, ha solo 31 anni ma, ormai, è come se ne avesse cento di più. E stanco della vita e gli tocca vivere. «Mi imbarcai su una nave della Hamburg American Line il mattino del 9 dicembre 1913 e arrivai a New York il 23 dicembre», ha scritto Rudy (“Il mio diario privato”, Lindau, Torino 2004). «La città si stava preparando per il Natale questo riuscì a farmi sentire la mancanza persino di quella cittadina che mi soffocava». Castellaneta era il nome di quella cittadina. Nè gli era parsa più grande o più bella Taranto, dove era arrivato a nove anni per studiare: la prima delle tante scuole il Collegio della Sapienza, la Regia Accademia Navale, la Regia Accademia di Agricoltura che lo portano a peregrinare per l’Italia. Poi il viaggio oltreoceano, i primi lavori, ballerino di tango, comparsa negli studios, attore, divo. «Dieci anni fa sono giunto in America povero privo di amici sconosciuto e senza un soldo. Non avevo idea di che cosa avrei fatto. Non immaginavo cosa sarebbe stato di me non mi venne incontro nessuno quando scesi sul molo nessuno sapeva che sarei arrivato e se anche qualcuno l’avesse saputo non avrebbe fatto la benché minima differenza...». Ma importante, per lui, adesso, è ritrovare le care memorie, descritte nel diario, cantate nei tanti versi delle poesie che ama scrivere. Per qualche ora è di nuovo Rodolfo; nell’anticamera della felicità. contributo di Anita Preti Atb Mag 46



Prendi l’arte...

“Utilizzo materiali di scarto perché i vecchi oggetti hanno per me una loro memoria”

Sabrina Ventrella, un’artista romana di nascita, del mondo d’adozione. E’ stato circa un anno fa, in occasione di una fiera primaverile. E’ lì che ho avuto il piacere di vedere per la prima volta le sue opere. Mi ricordo di aver sorriso e di aver – ma questo forse lo immagino soltanto – chiuso gli occhi e cominciato a sognare. E’ una reazione ‘a pelle’, perché proprio di sogni sono fatte le sue creazioni artistiche. Sabrina Ventrella rifugge da mode e da facili cliché e che, pur amando la propria intimità lavorativa, non si tira indietro di fronte alla proposta, forse un po’ sfrontata, di una che dopo la bellezza di dodici mesi circa, ritrova per caso un bigliettino da visita e decide di contattarla per un’intervista. E’ andata più o meno così. E nel giro di poco tempo mi ritrovo davvero ad intervistare Sabrina nel suo laboratorio. Sembra di stare fuori dal mondo in questo piccolo grande luogo che ha il sapore della bottega. Ci sono opere d’arte sparse ovunque, in ogni angolo, in ogni spazio libero. Persino in bagno. Non voglio che sia un’intervista come le altre. Voglio mantenere il mio sguardo sognante e perdermi in mezzo alle sue creazioni,

ai pezzi di legno e metallo che prendono vita, ai vari personaggi che mi circondano e mi guardano, ricordandomi subito quelli strampalati ed eccentrici dei film di Tim Burton. Così mi metto seduta accanto ad una chagalliana donna volante e accendo computer e registratore. Mi sento un po’ ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’, per cui la prima domanda che ti faccio è in realtà una richiesta: mi presenteresti i tuoi ‘amici’?Visto che ti svolazza accanto curiosa inizierei da La dama aerea, una scultura realizzata da poco e che, vista dall’altro lato, è in realtà un uccello. Incarna uno dei miei temi fondamentali, ovvero l’onirico, il sogno, che si ritrova infatti in forme e colori

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diversi in quasi tutte le mie opere. Accesso alla visione onirica dunque, come tematica privilegiata, ma anche leggerezza e libertà realizzato con il contributo mentale, rappresentate queste da due personaggi ‘cult’ del mio di repertorio, che puoi vedere qui in giro sparsi un po’ ovunque, l’Uccello e il Cavallo – quest’ultimo di recente introduzione – Manuela d’Aguanno simboli che utilizzo sia da soli che come elementi complementari di composizioni più grandi. Il personaggio a cui però credo di essere più legata e che forse mi rappresenta di più è la Regina Visionaria, questa sorta di elegante fantoccio con la corona e il corpo realizzato con una lattina di metallo schiacciata e accanto a questa Il venditore ambulante di Follia, questa specie di cappellaio matto, che ripropongo di volta in volta in numerose creazioni. In linea di massima mi piace molto sovvertire le regole reinterpretando temi classici, invertendone a volte le rotte, come nel caso, forse il più rappresentativo, di un altro personaggio ricorrente, la Principessa che cavalca il Drago invece di esserne, come da tradizione, prigioniera. Tutti questi personaggi ed altri ancora rappresentano sia opere in se stesse che parti di creazioni dal respiro più ampio, come o i pannelli decorativi, questa sorta di quadri tridimensionali di cui il laboratorio è pieno, oppure le sedie, che trasformi invece in vere e proprie sculture. Che tipo di artista sei dunque? Come ti definiresti? A dire il vero ‘scultrice’ lo considero un termine poco calzante forse, avendo tra l’altro alle spalle una solida formazione accademica basata sullo studio della grafica, della pittura, della scultura in senso stretto, del mosaico e del restauro. Proprio in questo periodo tra l’altro mi sto spingendo verso un linguaggio meno figurativo e più astratto, per cercare di dare una forma nuova al sogno che si fa materia, rispondendo all’incalzante e continua ricerca di sé che caratterizza, consapevolmente o meno, ogni artista nel suo percorso evolutivo. Sto scoprendo il fascino dell’astratto, il suo linguaggio indiretto ma penetrante, del quale una volta compreso apprezzi fino in fondo l’estrema profondità, l’emozione che ne sta alla base e lo origina. Una bella sfida per me perché prevede una ricerca maggiore di equilibri tra le varie parti, proprio per il fatto che la forma è meno espressa. Anche se questo non significa certo che la parte sognante e visionaria sarà messa da parte o dimenticata, né peggio ancora, rinnegata. Quello sarà sempre l’aspetto che più mi appartiene, che più mi caratterizza. Atb Mag 49


Stando in mezzo a tutti questi soggetti che sono in un certo senso la materializzazione delle tue fantasie oniriche e fanciullesche, il rimando è breve. Quanto c’è della Sabrina ‘bambina’ nelle opere che realizzi? Tanto. C’è davvero molto della ragazzina che è in me. L’opera La libera infanzia ne è l’esempio più lampante e rappresentativo. Tuttavia me ne sono accorta solo in un secondo momento di aver narrato attraverso quest’opera parte della mia vita, una sorta di percorso a ritroso, di recupero della spensieratezza infantile. Il primo esemplare fu infatti (guarda il caso!) acquistato da una psicoterapeuta infantile e nel 2013 è stato utilizzata come copertina del volume “Terre contigue: Psicoanalisi e Educazione – il ruolo dell’Osservazione” a cura di Paola Cecchetti. Cosa ti guida mentre lavori? Nel momento della creazione, come scegli un oggetto piuttosto che un altro? I processi creativi attraverso cui mi muovo sono principalmente due. Da una parte c’è l’ispirazione che parte dall’oggetto e mi guida verso la realizzazione di una determinata opera, come se fosse l’oggetto stesso a palesarsi ai miei occhi piuttosto che io a sceglierlo. Dall’altra invece il soggetto che sta a monte, come nel caso della “farfalla” con cui ho realizzato su commissione uno specchio o del “tacchino” che era il tema di una mostra – concorso che si è tenuta a Canzano (Te) nel 2011 e che mi ha ispirato l’opera Eco-Tacchino nell’aia con cui ho vinto il primo premio.

In entrambi i casi comunque sono sempre mossa dall’istinto e dalla ricerca meticolosa dell’armonia compositiva e l’oggetto che decido di utilizzare mantiene in qualche modo la sua purezza, non viene mai strumentalizzato: e’ piuttosto calato in maniera talmente profonda all’interno di una forma nuova da cambiare completamente identità diventando ‘altro’.Arte e riciclo è uno dei binomi che caratterizza le tue opere. E’ solo un modo di creare istintivo o alla base c’è una presa di posizione socio-ambientale? Trovi azzeccata la definizione di ‘ecocreazione’ per definire le tue opere? Il termine ‘eco-creazione’ non è sbagliato, ma a muovermi non sono motivazioni di tipo etico-ambientalista. Utilizzo materiali di scarto perché i vecchi oggetti hanno per me una loro memoria, un fascino forte che mi attrae. Li trovo evocativi. Posso riutilizzare oggetti trovati per strada, come nel caso della lattina schiacciata della Regina Visionaria, oppure curiosare nei mercatini e nei negozi dell’usato, oltre che ovviamente sfruttare una ricca rete di amicizie e conoscenze, come quella del tappezziere che gentilmente mi mette da parte tutte le stoffe che gli avanzano. Per questo motivo tengo nel mio laboratorio due ambienti distinti, oltre allo spazio espositivo: uno riservato al legno che, assieme al metallo, rappresenta il materiale principale delle mie creazioni; nell’altro tutti gli oggetti che di volta in volta accumulo, e che lascio sparsi nella stanza per avere tutto sott’occhio al momento della composizione.


EPOREDIA Giacomino fu un cantastorie...Così il professor Carlo Nardi del Politecnico di Torino sulla pittura di Giacomino da Ivrea, pittore che all'inizio del '400 operò un'intensa attività pittorica nel canavese e in valle d'Aosta. Questo lo spirito che ha catturato l'idea di realizzare una collezione d'arte contemporanea presso la sala consigliare dell'Ordine degli Avvocati di Ivrea. Raccontare una storia… fatta di cultura unitaria tra le diverse realtà presenti sul territorio, sottolineare i passaggi creativi e “fantastici” come l'ardito accostamento tra amministrazione della giustizia e arte, semplificare il rapporto tra la realtà quotidiana e il mondo ineffabile dell'arte visuale lasciando scorrere davanti agli occhi un racconto privo di briglie tematiche. Tutto questo tralasciando quelle che i critici chiamano squisite raffinatezze estetiche a favore di una solida base concettuale e culturale ad uso e consumo degli strati di popolazione più “comuni”. La narrazione di Giacomino da Ivrea si ammantava di ingenuità, fantasia,personalità … Il racconto degli artisti contemporanei si distingue per ricchezza cromatica, profondità, fruibilità di linguaggio. Nasce a Ivrea una collezione pubblica d'arte contemporanea in esposizione permanente intitolata a “Luigi Palma dii Cesnola”..

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RUBBISH BIN ART Uno dei capisaldi dell’ecologia oggi è: il riuso. Si riutilizzano scarti, oggetti che han terminato un ciclo di vita e sono stati accantonati, altri oggetti con destinazioni d'uso del tutto diverse. Non è solo un vezzo di pochi “stralunati” fissati con il naturale, forse un po' anacronistici; essere ecofriendly, riciclare è soprattutto necessità etica in tempi come questi martoriati da inquinamento e scelte dirigiste. Cent'anni di consumismo han accumulato una quantità di scarti tale da non poter essere più ignorata. Di solito chi riusa è anche più ecologico, è portatore di un’estetica modesta, scevra, dimessa, ma un’estetica molto precisa, con le sue regole formali mutuate da una vita che rinasce ciclicamente. Certo è che la realtà artistica contemporanea riconosce all’arte legata al riciclo, un posto sempre più rilevante. Atb Associazione Culturale & Art Gallery attraverso il lavoro degli artisti associati intende lanciare il progetto Rubbish bin Art con la finalità di indagare le diverse modalità d’interazione tra impresa, cultura, arte e territorio, con particolare attenzione all'etica e alla biosostenibilità, alle quali sono seguite una serie di iniziative di ricerca e di promozione e pubblicazioni

PICTA FABULAS: AUTORI DI STORIE – AUTORI DI IMMAGINI Una rivoluzione è in atto tra gli scaffali delle librerie italiane: sempre più copertine vengono affidate agli illustratori che riescono con il loro tratto e la loro palette i colori a rinnovare l’identità di intere case editrici o a portare nuova linfa all’immagine di un autore. Merito di questo cambiamento è degli straordinari illustratori italiani che si distinguono, nel mondo, per l’originalità dello stile e la forza dei progetti. Picta Fabulas intende stimolare la partecipazione e la riflessione sulla metodologia e la tecnica oltre che la passione e la creatività nella realizzazione di illustrazioni per ogni pubblico: da quello educativo dedicato ai bambini e ragazzi attraverso la realizzazione di opere originali, alle opere che esprimano una riflessione, un pensiero, l’elaborazione di un percorso. Usando i diversi linguaggi espressivi gli illustratori creano non solo un’arte visiva, ma soprattutto aiutano la promozione di scritti: dal saggio breve, alla poesia, al racconto. l’illustratore è colui che realizza le immagini che ci permettono di vedere al di là di ciò che leggiamo perché loro per primi affrontano le tematiche alla luce delle problematiche tecniche e rappresentative...

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