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ATB MAG – PERIODICO DI ARTE E CULTURA – ANNO 2016 – NUMERO 5 – SETTEMBRE / OTTOBRE



Alessandro Allocco

EDITORIALE

Mi ricordo che, da bambino, Rimanete in sospeso nel un gioco era quello di mettere ricordo mentre tentate di in crisi mia madre con incalzanti perché su ogni cosa IL RICORDO E' ARTE recuperare il perché se ne è andata o il perché è rimasta che veniva detta: che brutto un ricordo non puoi vederlo,non con voi.Siamo persuasi e tempo oggi! - perché? puoi toccarlo, non puoi udirlo. certi che impugnare lo perché piove! - perché? Eppure è così grande che non puoi smartphone, la fotocamera perché ci sono le nuvole! nemmeno distruggerlo. digitale, la cinepresa, perché?… PERCHE' E' riprendendo come invasati COSI', PUNTO… sentenziava momenti di vita nostra o altrui ci liberi la mia madre ormai stufa dei miei perché! Ogni strada verso durevoli bei ricordi...è un domanda ha una sua sfumatura precisa. Non tentativo di creare una “memoria esterna” che è la stessa cosa domandarsi perché il mio bene ricordi al posto nostro così evitiamo di perdere spesso non è il bene di un altro né tanto meno tempo a focalizzare. Non pensiamo che il il bene comune o perché un amico se ne stia racconto delle esperienze e dei momenti possa andando e non rimane, né è uguale chiedersi essere momento di crescita per noi stessi e per perché non piove o perché ci sia il sole. gli altri. E' questo che fanno gli artisti… Quando ci si ferma a cercare una risposta su comunicano ricordi (qualunque cosa essi queste e su altre più pressanti domande siano) perché come dice Fabio volo “… un rimane sempre qualcosa, indipendentemente ricordo non puoi vederlo,non puoi toccarlo, dal fatto che la si trovi o meno la risposta! non puoi udirlo. Eppure è così grande che non Quello che resta è il ricordo. Non è chiaro se puoi nemmeno distruggerlo. Un ricordo è si tratti di qualcosa che ci appartiene o di come un soffio di vento che si libra nell’aria. qualcosa che è svanito. Quanto ha di reale? Un ricordo ti prende e ti porta via, quasi in un Quanto di immaginazione? Bisogna altro mondo, come una macchina del tempo considerarlo positivo per essere accaduto o che ti riporta al passato. Un ricordo è una negativo per esser finito? Si tratta del miglior emozione forte che rimane nel cuore per regalo che un momento indimenticabile può sempre e mai potrai dimenticarlo ed ogni volta lasciare? È triste ricordarsi che qualcosa non che ci ripenserai ritroverai le emozioni di accadrà di nuovo? Woody Allen se lo chiedeva allora. Un ricordo è un tesoro preziosissimo, già nel 1988: “…E mi chiedo se un ricordo sia unico ed intenso. Un ricordo è una delle poche qualcosa che hai o qualcosa che hai perduto”. cose che nessuno mai ti potrà togliere. Non c’è Non sono affatto certo che esista una risposta mai un perché ad un ricordo. Arriva convincente al quesito e forse è meglio che all’improvviso, così, senza chiedere permesso. alcune cose vengano lasciate nel mistero senza Un ricordo è una piccola parte di noi che essere comprese completamente. Meglio sembra piccola ma è enorme soprattutto lasciare che ci invadano e che ci trascinino quando per un ricordo bellissimo ci viene da con loro, non importa dove; che agiscano piangere perché sappiamo che quel momento come una distrazione; che riescano ad magico non tornerà. allontanarci per un momento dalla ricerca Un ricordo non puoi cancellarlo neanche se che per prima ci ha fatto iniziare. clicchi sul tasto… Soffermatevi in un ricordo mentre Già, un ricordo è arte! dimenticate che ciò che volevate sapere è perché vi odia, perché vi ama... ama...

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N. 5 Ottobre 2016 Fondatore/coordinamento editoriale Alessandro Allocco alessandro.aitmart@gmail.com Editore Atb Associazione Culturale sede legale: Corso Verona, 21 10152 Torino Cod.Fisc/P. IVA: 97794780011 email: email: atbartgallery@gmail.com Contributi giornalistici Giovanni Battista Argenziano Mariella Bogliacino Massimo Divenuto Francesca Maselli Mariella Serra Pia Taccone Gabriele Zago Ringraziamenti Maria Teresa Albanelli Maria Erovereti Copertina Gabriele Zago Progetto grafico Paola Di Giorgio paoladigio@gmail.com PubblicitĂ A cura dell'Editore Piattaforma issuu.com Contatti atbartgallery@gmail.com Facebook https./www.facebook.com/ ALL-THE-BEST-Associazione-Culturale Web www.atbassociazioneculturale.com Newsletter atbartgallery@gmail.com


INDICE

5 Spazio Photos

Immagini di memoria di Gabriele Zago

Il ricordo atavico della luce con le fotgrafie di Maria Erovereti

11 Spazio Libri

Perchè le torte non lievitano mai ovvero: a cosa serve un logaritmo? Ricordi in ordine sparso di Gabriella Barattia in collaborazione con Maria Teresa Albanelli

17 Spazio musica

La musica ad alta gravitazione

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in collaborazione con Massimo Divenuto

Spazio New Art

Quando l'arte contemporanea commemora il passato di Mariella Bogliacino

21 Spazio Gusto e Arte

L'affresco dei ricordi: qualche passo indietro per andare avanti di Francesca Maselli

25 Spazio Illustrazione

Brunelleschi: Filippo? Ma va… Umberto!

29 Spazio Riciclo 33 Spazio Società

di

Ricilare/Ricordare!

Pia Taccone

di Mariella Serra

La cultura nella società: ricordo o futuro possibile?

di Giovanni Battista Argenziano

3 7 News /Art / Associazione


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I

mMagini

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di memoria

di

Gabriele Zago


Questa mattina mi sono alzato e per prima cosa ho acceso la macchina del caffè, poi sono andato in bagno mentre Nina mi seguiva incalzante ad ogni passo. Mi sono vestito di fretta e ho rifatto il letto. Poiché lei diventava sempre più impaziente ho bevuto il caffè con la velocità con cui si butta giù uno shot di tequila e senza perdere altro tempo ho acchiappato al volo chiavi e guinzaglio e siamo scesi di corsa per le scale. Ora, ripensandoci non sono sicuro che fosse questa mattina, era forse ieri? Oppure due giorni fa? O forse la settimana scorsa? Se penso alle mie mattine rivivo questo rituale che si ripete sempre allo stesso modo, in una routine oramai collaudata. E’ molto semplice ricordarsi di qualco sa quando le azioni si ripetono in un susseguirsi di gesti e abitudini, lo è meno quando accadono episodi isola ti, situazioni eccezionali, eventi rari che esulano dall'ordinario e che appa rentemente non la sciano impronte. Passeggiando in direzione del solito vialetto Nina ed io abbiamo dovuto cambiare il nostro

percorso collaudato perché la strada era interrotta per lavori di manutenzione, Atb ecco, Mag 6 nonostante sia stata una situazione insolita, molto probabilmente non mi ricorderò a lungo di questo episodio che finirà spedito nella cartella delle informazioni da cestinare. La mia memoria selettiva ha così determinato quale dei due ricordi entrerà di diritto nella lista dei preferiti. Mi piace pensare che la mia memoria sia talmente vasta e inesauribile da poter contenere tutti i miei ricordi, da quando bambino cantavo insieme a mia madre le canzoni alla radio fino all’ultimo viaggio intrapreso in Indocina, eppure allo stesso tempo sono consapevole di aver smarrito nel tempo una miriade di tracce che costruivano quella che chiamo memoria. Ma sono davvero sicuro che si tratti di memoria? Come da definizione, la memoria è “…la funzione psichica di riprodurre nella mente l’esperienza passata, di riconoscerla come tale e di localizzarla nello spazio e nel tempo …”ma ai fini del mio ragionamento ritengo necessario aggiungere che è

proprio lei che rievoca quelle singole vicende ed esperienze, chiamati ricordi. Anziché chiamarla “memoria” mi piace definirla come “ricostruzione-fittizia-agevolata”. A causa della mia fervida immaginazione non mi fido mai completamente della mia memoria, in particolare riguardo al passato più remoto, è probabile che la confonda con la sua proiezione. Faccio fatica a distinguerle perché mi accade spesso di non riuscire a recuperare tutto il ricordo e di aiutarmi con fantasia ed inventiva per dare loro una forma e dei contorni più netti; a volte più romantici, altre volte più divertenti, talvolta più drammatici. Il ricordo che di per se dovrebbe essere imparziale e didascalico il più delle volte diventa parziale, romanzato e su misura, è qui che il ricordo assume una fortissima simbologia e prende le sembianze di un salvagente. Si trasforma in un territorio sicuro, una boa alla quale mi aggrappo per trovare una conferma, per giustificare un comportamento e talvolta per deresponsabilizzarmi.


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Il ricordo vissuto come appiglio però non è lusinghiero per il ricordo stesso, preferisco attribuirgli un’accezione più positiva, anziché associarlo a una boa preferisco farlo con una scatola piena di immagini, di parole e sensazioni. Potrei dargli anche un’altra forma più complessa, sfaccettata come un prisma. Il prisma può essere formato da tante facce, è in grado di assorbire le immagini ma anche di rifletterle, ed è così che mi piace immaginare il ricordo se avesse una forma. Cristallizzare i ricordi, tanti elementi sfaccettati che riflettono e rilasciano il mio passato sul presente, anche quello più recente. Il ricordo che è diventato esperienza mi aiuta a elaborare il quotidiano con più consapevolezza. Ogni gesto, ogni situazione, ogni persona che conosco oppure che incontro per strada genera un ricordo. Durante i miei viaggi sono sottoposto a una miriade di stimoli, mi sforzo di osservare ogni cosa possibile, per questo devo immagazzinare quante più informazioni riesco. Le salvo nella mia mente come dati in una memory card. La mia macchina fotografica è un’assistente fondamentale in questa dinamica; scatto avidamente fotografie che mi aiutano a intrappolare quei momenti. Cristallizzo quegli attimi che non voglio dimenticare, genero una testimonianza visiva concreta che ne accresce la forza cosicché se il mio hard disk dovesse esaurire lo spazio, limiterei il rischio di perderli. Le mie fotografie però non saranno la mia unica salvezza, confido in quel che si dice, ovvero che da vecchi si ricordano meglio le memorie di gioventù anziché il passato prossimo o addirittura il presente. Quando sarò vecchio e la mattina andando in bagno non mi ricorderò se ho acceso la macchina del caffè oppure dove ho appoggiato le chiavi per portare fuori il cane, probabilmente mi aiuterà il ricordo di quel rituale che tanti anni prima vivevo quotidianamente, senza dilungarmi troppo però, perché a quel punto il mio amico fedele ed io spartiremo ormai una senile incontinenza.

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Il Ricordo Atavico della luce

con le fotografie di Maria Erovereti

E' possibile recuperare i ricordi? Posto che nulla è perduto compresi i ricordi che sembrano svaniti nel limbo, è possibile riportare in vita, attraverso le giuste sollecitazioni, dei momenti del passato ormai dimenticati? Se la nostra rivista fosse scientifica la risposta sarebbe molto semplice: si su tutta la linea come recentemente è stato fatto da alcuni scienziati del Massachusetts Institute of Technology di Boston e del Riken Institute vicino Tokyo che hanno usato un raggio di luce per recuperare la memoria perduta.

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La loro ricerca è la storia di copertina dell’ultimo numero di Science . I “maghi dei ricordi” americani e giapponesi, che conducono le loro ricerche sui topi, due anni fa usando sempre la luce avevano al contrario inserito una memoria del tutto falsa nella testa delle loro cavie. Lo scopo di tutte queste manipolazioni del cervello è rispondere a una domanda semplice solo in apparenza: cos’è un ricordo? Semplicemente un punto di partenza, una traccia, un'esperienza che ci conduce verso un luogo caldo e sicuro di cui abbiamo già fatto conoscenza e che ci fa stare bene o ci mette in guardia a seconda che il ricordo sia bello o brutto. Pensate al senso di smarrimento e di solitudine provato da una persona affetta da Alzheimer che purtroppo non può più accedere a questi luoghi rassicuranti della mente! Ma la nostra non è una rivista scientifica, noi ci occupiamo di arte! Allora quali sono le sollecitazioni giuste per recuperare quelle tracce nascoste in qualche parte del nostro cervello? Una Madeleine direbbe Proust!

Ma non solo: un profumo, un colore, un suono, un insieme di tutto questo o un'ombra, una sensazione di caldo o di freddo, una luce. Spesso un'opera d'arte incentrata su giochi di luce accende o spegne i neuroni del nostro cervello quasi come se fossero attaccati ad un interruttore. Altrettanto sovente un'insieme di colori messi in accordo astrattamente fanno fluire lacrime e palpitazioni, altre volte la perizia di un iperrealista emoziona e sconvolge la mente che riconosce nel modello, per lui assolutamente estraneo, caratteristiche familiari. Scrittori, poeti, pittori, fotografi, artisti di ogni tipo da secoli giocano su questo… fanno insorgere emozioni, se sono davvero bravi, che costituiscono le esperienze di ognuno perché vibrano all'unisono con un ricordo o costruiranno la base per un momento che sarà ricordato in futuro in una circolarità di emozioni e sentimenti che costituiscono fondamento del nostro essere e forse, parte integrante della nostra anima. Ora: gli scienziati di Boston e di Tokyo hanno “elettrizzato” con piccoli shock da corrente i topi affinché questi ricordassero che passare in un cunicolo per andare a mangiare il formaggio non era tanto una buona idea. Spesso gli scienziati, nella loro foga di dimostrare tutto, dimenticano veramente l'essenza delle cose e non si rendono conto che un ricordo è qualcosa di personale e struggente e che basta molto meno di una scarica elettrica per farlo riaffiorare, basta un alito di vento o un sussurro, una luce, un colore. Certo...sempre che chi sta leggendo non sia un topo! In quel caso….

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in collaborazione con Maria Teresa Albanelli


Il titolo porta fuori strada il lettore. Stando alla lunghissima ed interessantissima presentazione scritta da Marcello Comitini, uno dei personaggi di questo libro, ci accingiamo a leggere un libro biografico la cui protagonista è Gabriella, una persona solare, che ama la vita ed ama anche sognare.

Curiosi i consigli della madre che, una volta, non parlavano di “certe cose” con le figlie… tabù! Anche mia madre era così, ma sono cresciuta lo stesso: forse un po' succube del marito, fino a quando ho resistito, ma con valori sani e ben radicati, con senso di responsabilità ben saldo come presumo sia capitato all’autrice.

Ma per capire meglio, bisogna leggere cosa ha da comunicare l’autrice al lettore.

La storia è raccontata con entusiasmo; si capisce subito che l’autrice ama la vita a dispetto dei dolori e delle difficoltà e mi sento di affermare che voglia, con la sua biografia, contagiare di vitalità e gioia di vivere i suoi lettori.

Sì, è proprio una storia biografica, scritta bene, coinvolgente, un viaggio all'interno di se stessi e dei propri orizzonti interiori, affrontato dall’autrice Gabriella Barattia nel suo libro autobiografico.

D'altra parte quando le cose non si possono cambiare, è meglio prenderle con ironia: si sopportano meglio e si superano i momenti difficili con più forza.

Perché le torte non lievitano mai – ovvero: a cosa serve un logaritmo? è infatti un viaggio fatto di amore e ricordi nel cuore di una donna in una Torino d'altri tempi attraverso i luoghi di una memoria culturale e famigliare in un vitale racconto che fa dell'interiorità la sua ragion d'essere.

L’autrice, nel suo incedere a grandi passi attraverso i ricordi di una vita, lascia trasparire proprio questa intenzione, non si scoraggia, non si dispera, a volte si colpevolizza ma non cede, si rialza quando cade, rielabora, accetta...vive! Proseguendo nella lettura si sente inconsapevolmente montare il coraggio e la determinazione oltre all'ammirazione.

Un libro-racconto che evoca musiche, voci del passato, immagini vivide di colori. Racchiude una vita, un'esistenza descritta con ironia, consapevolezza, realismo, una sorta di diario segreto che Gabriella ci offre come sua personale memoria famigliare. Emerge tra le pagine la delusione per la mancanza di empatia umana del nonno nei confronti della nipote rea soltanto di essere femmina quindi “inadeguata” ad ereditare l'azienda famigliare.

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Ritengo che un libro come questo dovrebbe essere letto in ogni casa. Bellissimo il gesto di condividere i ricordi in un modo che si tramanderà. Le sue sono testimonianze di vita da non sottovalutare e dalle quali trarre esempio, forza e coraggio per affrontare le difficoltà quotidiane piccole o grandi che siano. E’ davvero ammirevole, il fatto che una persona scriva e pubblichi il suo percorso di vita, non tanto per mettere in piazza i fatti propri, ma come a dire “io ce l’ho fatta... tu leggi che se ce l’ho fatta io, ce la puoi fare anche tu, non arrenderti mai, qualunque cosa ti capiti. Se cadi, rialzati e vai avanti.” Durante il racconto, mi sono imbattuta nelle vacanze estive trascorse a Finale Ligure, luogo a me familiare visto che sono nata a Varazze. I giochi fanciulleschi sulla sabbia così ben descritti mi hanno riportato indietro nel tempo… e il riferimento alla focaccia???... che fame e che nostalgia ora che abito in Lombardia. Già sono anni che non torno in Liguria! Coloro che non hanno ricordi simili a quelli dell'autrice non devono pensare che il libro sia per loro poco interessante perché l’autrice è stata così abile nelle descrizioni e nelle caratterizzazioni da prendere per mano ogni lettore conducendolo in un viaggio dal sapore dolce-amaro. Termino qui con un consiglio: leggete, affacciatevi alla vita di Gabriella Barattia, ne vale la pena credetemi! Respirate con lei un poco di serenità. All’autrice porgo i miei complimenti sinceri e la ringrazio.

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Anna Gorgerino


Musica ad alta gravitazione

Ricordare perfettamente i momenti piacevoli della vita! Evitare l''inesorabile assopimento in angoli remoti della nostra psiche le esperienze positive che, pare strano, ci tornano alla mente decisamente meno di frequente rispetto a quelle negative; forse perché meramente appaganti le prime –

pragmaticamente didattiche le seconde! Le memorie di infanzia, le sensazioni… 48 Htz, la frequenza dei ricordi! Quindi facendo vibrare l'aria a quella data frequenza ci possiamo munire di memoria eidetica? Il nostro cervello è molto più complicato di quanto possiamo immaginare ed effettivamente siamo in grado di controllarne solo una minima parte. Esistono aree “nascoste” che la scienza sta cercando di spiegare come sta cercando di spiegare le emozioni, le irrazionalità, i sentimenti! La frequenza identificata è in grado di far piangere le persone e, talvolta, può veicolare una memoria, un ricordo personale, recuperarlo. E’ davvero possibile far riaffiorare un “file” legato ad una persona, ad una sensazione? Dicono che la musica con le sue frequenze aiuti facendo immergere l’istinto nella pace assoluta e liberando la mente dalla frenesia della vita. Così la coscienza è libera di “volare” e i ricordi, quelli sopiti e più importanti, ritornano a galla, riaffiorano toccando la sensibilità di ognuno di noi, andando a sollevare la“coperta dell’oblio”. Gruppi come I Monitor Plastico, che si formano verso la fine del 1994 a

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Torino, hanno fatto di questi presupposti, base per il proprio lavoro. Il ricordo, la rievocazione, le sonorità che mescolano varie influenze musicali e citano importanti gruppi del passato, li hanno condotti verso un crossover dal gusto rock molto variegato ancorché sperimentale che prevede un dualismo testuale e sonoro tra rimembranze inglesi e italiane. E' del 1995 il primo demotape dal titolo omonimo MONITOR PLASTICO registrato negli "Acqua luce studios" da Tino Paratore. immediatamente dopo la band capisce la valenza del cantato in lingua italiana e nel 1997 realizza il secondo demo dal titolo "bacio d'acciaio" registrato questa volta nel famoso studio torinese "Casa sonica" da Max Casacci in persona. Il sound di “bacio d'acciaio” si fa più etero, vibrante, sintetico, più rievocativo anche grazie all'uso delle tastiere e dell'elettronica che si ritroverà in gran parte delle produzioni successive. Prende corpo la musica “ad altra gravitazione” eco dei ricordi. Nel 1998 vede la luce il primo cd dal titolo "cosmicamente" che segna la


vera svolta per il sound definitivo e ancora riconoscibile nella band. magnifica la produzione di Carlo Ortolano dello studio Dracma di Torino che valorizza al massimo le caratteristiche del sound del gruppo. nel 2003 il progetto riprende forma, questa volta a Milano con la pubblicazione del primo cd interamente autoprodotto dal titolo "corpi celesti". I 48 Htz sono presenti in quello che,forse, è il periodo più oscuro della band che si avventura in territori marcatamente più elettronici rispetto al passato. Con "Le 2 metà" del 2004 e "Ogni ora persa" del 2005 riaffiorano le vecchie sonorità della fine anni '90, riscuotendo lusinghiere recensioni sulla stampa specializzata. L'ultimo lavoro, ancora una volta una autoproduzione, è del 2006: "Sono atterrato qui" che diventa videoclip ad opera del regista Luigi Borriello, 2 anni dopo. Il viaggio attraverso la musica dei ricordi (che fa ricordare) attualmente traduce i Monitor Plastico verso una formazione rinnovata. Sono al lavoro per confezionare un nuovo cd… ad alta gravitazione rievocativa.

In collaborazione con Massimo Divenuto

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Quando l'arte

contemporanea commemora

il passato

di Mariella Bogliacino


L' arte contemporanea può ricordare il passato, mai "copiarlo" pedestremente, in quanto sarebbe esercizio senz'anima.

Pensando all'arte greco-romana ed alle statue di Venere rifletto anche sul concetto e sui canoni di bellezza attraverso il tempo.

Il passato ci riporta ad opere pittoriche e plastiche di notevole rilievo. In questo momento la visione di un'opera di grande bellezza mi riempie di nostalgia ed ammirazione: l'"Assunta" dei Frari (Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari - Venezia) di Tiziano Vecellio; grandiosa, la guardo e ne sento l'anima, la vibrazione. È fondamentale che l'opera debba trasmettere qualcosa, comunicare, suscitare emozioni. Un bell'impianto formale non basta e rischia di sconfinare in mero virtuosismo o continua ricerca di stupire, nevrotica e fine a sé stessa . La pittura deve superare la fotografia, "andare oltre" la percezione immediata della realtà, penetrare e scavare, così come l'opera fotografica deve varcare la soglia del semplice "guardare", osservare ed indagare, divenire essenza.

L' Afrodite di Milo - ad esempio considerata un sommo ed indiscusso simbolo di bellezza classica - non può tuttavia confrontarsi con molte altre statue dell'epoca raffiguranti la dea, che sappiamo essere esistite ma delle quali il tempo non ha conservato reperti, precludendoci di fatto la loro conoscenza. Sempre attuale rimane pertanto - ora come allora - il concetto di soggettività ed oggettività, il primo inscindibile dall'interiorità, dalle percezioni e dai giudizi personali, il secondo più sfumato e suscettibile di condizionamenti sociali ed epocali.

Ma torniamo alle mie sensazioni di fronte ad opere del passato, quelle stesse sensazioni che mi hanno permesso, negli anni, di studiare ed elaborare, per arrivare alla creazione di opere artistiche personali...all'essenza.

A livello personale la ricerca artistica sinora condotta ha sempre tratto ispirazione non tanto dal più recente neo classicismo eccellente nella tecnica ma avvertito come un po' freddo e distaccato - quanto da un passato più remoto ed ancestrale, animato da racconti e figure mitologiche, unico ed irripetibile. Così come unica, intrigante ed irripetibile dev'essere la stessa opera attuale, che non dimentica il passato ma di esso può "nutrirsi".

Quando ero ragazza e frequentavo il Liceo Artistico ebbi modo di approfondire - a partire dalla pittura preistorica - l'arte antica. In particolare l'arte Greca e Romana erano le predilette e mi hanno insegnato molto, permettendomi di conoscere ciò che ha reso eterno e glorioso il passato, portando con sé reminiscenze preziose, percorsi da scoprire e reinventare. L' avvento ed il perfezionarsi della tecnologia hanno contribuito ad avvicinarci alle opere antiche in modo più tangibile: è noto che gran parte delle sculture e dei monumenti erano dipinti; adesso con un po' di astrazione possiamo ammirare elaborazioni di opere come l'Ara Pacis Augustae attraverso quelli che dovevano essere i suoi colori originali...ornati di foglie d'acanto, sfondi, figure e particolari.

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di Francesca Maselli

L'affresco dei ricordi: qualche passo indietro per andare avanti

La mia passione per la cucina per quanto liberata e coltivata solo da pochi anni, fonda le sue radici nel mio passato. Passato che grazie ad essa ritorna prepotentemente ad essere presente e fonte di sperimentazioni e progetti grazie ai tanti ricordi che gestualità, profumi e convivialità riportano a galla tutte le volte che mi metto alla prova. Ho 45 anni vivo in paese del sud, Castellaneta in provincia di Taranto. Per circa 20 anni, per motivi di lavoro sono stata fuori dal mio paese, prima Torino e dopo Firenze, poi ho deciso di ritornare nella mia terra e per poterlo fare ho lasciato il mio lavoro. Volevo che entrambi i miei figli lì, conoscessero l'arte, le tradizioni, i costumi, le abitudini. Volevo che avessero l’opportunità di imparare ad attraversare la strada da soli in autonomia, fin da piccoli. Per far questo ho lasciato un lavoro in banca e ho iniziato ad avvicinarmi alla cucina consapevolmente, ho deciso che avrei fatto di un'arte antica un lavoro che mi permettesse di esprimere e coltivare le mie passioni. Il misurarmi nell'elaborazione dei piatti che hanno accompagnato la mia infanzia in famiglia è diventato fucina di ricordi, moltiplicatore di emozioni, carosello di belle sensazioni…


Ho ricordato le riunioni a casa di mia nonna per le occasioni di festa, Natale quando la splendida facciata settecentesca della cattedrale si arricchisce di luci, Pasqua nella natura incontaminata e spettacolare della Gravina e di Montecampolo, compleanni, comunioni all'interno delle masserie del 500 ri-arredate con opere d'arte antiche e pezzi di design contemporaneo. Mi ritornano alla mente i colori, i profumi, tutte le donne della famiglia; dalle zie dirette alle zie acquisite, sorelle e cuginette dalla più grande alla più piccola, coordinate da mia nonna Margherita (coaching e tutoring a gogo). Ricordo le credenze antiche sulle quali una famiglia assolutamente matriarcale si impegnava, collaborava per preparare il pranzo per almeno 20 persone (team building), tutto fatto in casa e rigorosamente sul momento, anche i polli allevati in terrazza venivano immolati in casa, se ne occupava la nonna. Nessuno poteva mancare a certe riunioni, si disponevano i tavoli per i grandi e per i piccoli i quali, per declamare la poesia che avevano imparato a scuola per l’occasione, si mettevano in piedi sulla sedia a turno e finito di recitare (public speaking) passavano a riscuotere il premio in “moneta sonante” da tutti i commensali. A buona preparazione corrispondeva un proficuo premio, che giornate!!!! Ricordo che nel mio Paese, sempre durante la mia infanzia, ogni sabato veniva messo a disposizione un grande forno a legna per i Castellanetani, per chi avesse bisogno di cuocere focacce, biscotti, pane, friselle,

ognuno arrivava con la pasta già pronta che poi veniva messa nelle teglie e a fine giornata si ritornava a casa col proprio fagotto di cose buone e fresche. Per poter partecipare, spesso mia madre mi teneva a casa dalla scuola ed io la ringrazio. Si arrivava alle sei della mattina perché le cose da fare erano tante, si incontravano persone sconosciute che a fine giornata non lo erano più. Al proprietario del grandissimo forno veniva rimborsato il costo della legna che si utilizzava per far cuocere le preparazioni. Questo è anche uno dei tanti motivi per i quali nei paesi si conoscono tutti. Che scuola di vita sono state quelle giornate. Tante signore a confronto, ognuna con le proprie ricette, ognuna con la propria esperienza, vecchie come il cucco, e mai un litigio, mai uno screzio, tante risate e tante storie e racconti (brain storming) e tanta “contaminazione” reciproca, senza età. (problem solving). Oppure quando la nonna decideva di “fare il forno”, di accendere il forno a legna in campagna, ”U Stabl”, il podere veniva chiamato Lo Stabile, la mattina molto presto uno zio di mia madre, zio Antonio si alzava all’alba per andare in campagna a piedi ad accendere il forno a

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legna (la domotica di una volta), perché a mezzogiorno avremmo infornato biscotti, pane, timballi di pasta e avremmo passato la giornata tutti insieme fino a sera, tra papà, mamma, sorelle, fratelli, zie, zii e cugini. Finita la scuola e il lavoro, tutti in campagna a piedi per trascorrere una giornata meravigliosa, tutti puntuali all’appello e senza l’ausilio di telefonini. Mi sono chiesta da adulta, come facesse zio Antonio ad accendere il fuoco da solo senza ferirsi, era cieco dalla nascita. Me lo sono chiesta da grande, perché da piccola mi sembrava una cosa normale che ci riuscisse. Spesso mi ha anche accompagnata all’asilo. Finito il lauto pranzo, tutti a giocare, a raccogliere fiori, a rincorrere farfalle, a nasconderci nei tronchi dei meravigliosi ulivi secolari che caratterizzano il paesaggio della mia terra. Rifugiarsi nella riproposizione di piatti della tradizione può forse apparire la scelta più facile, di chi preferisce difendere anziché attaccare, un'involuzione di fronte ai tanti nuovi percorsi tracciati dalla cucina evolutiva, ma per me non è così. Il mio personal coach è stata mia madre Elisa. Ha 81 anni, continua a trasferirmi tutte le sue conoscenze, per me preziosissime, dal come fare la conserva, il vin cotto di fichi, i calzoni di Pasqua con la cipolla, le fiorentine (biscotti di mandorle somiglianti ai cantucci fiorentini), i fichi secchi seccati al sole e poi cotti in forno a legna, i panzerotti, le pettole, le cicorielle di campo e tanto altro. Un coach che mi insegna a riconoscere i prodotti di qualità, la stagionalità, la freschezza, e si arrabbia molto quando non seguo i suoi consigli, i suoi indirizzi. Ciò che mi rallegra più di ogni altra cosa, è che anche mia figlia Isabella, 16 anni, si stà appassionando, ci segue ed è già molto brava. La nonna dice che è più brava di me ed io ne sono felice. Cerco di tenermi stretta ogni piccola alchimia che si crea tutte le volte che ripropongo un piatto della tradizione della mia famiglia, cerco di stare attenta a non cambiare neanche un grammo di qualsiasi ingrediente, ho paura che nel tempo si possano perdere tutte le evanescenze, i profumi, gli odori, i colori, che ancora oggi mi aiutano a tornare indietro con la memoria, di far rivivere anche persone che purtroppo non ci sono più e di rendere partecipi Chi ancora c’é. Che ne pensate? Questi ricordi non sono un bellissimo affresco? Non è questa l'arte di vivere...?

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DECORAZIONI FERRARA di Fabrizio Ferrara - Via Sesia, 42 - 1015 - Torino (TO) - Tel. 0112359279 Cell. 3382569835 - P.iva 06174930013 - business@decorazioniferrara.it


Brunelleschi: Filippo? ma va‌ Umberto! di Pia Taccone


Tra gli illustratori italiani attivi nella prima metà del XX secolo, Umberto Brunelleschi spicca per versatilità e internazionalità. Nato nel 1879 in Toscana, riceve una formazione classica all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Attirato dall’Esposizione Internazionale, poco più che ventenne, nel 1900 si trasferisce a Parigi.

per il Corriere dei Piccoli. Le illustrazioni parigine, per influenza sia degli illustratori francesi (Iribe stesso, Barbier, Lepape), sia delle correnti dell’orientalismo e giapponesismo, sono caratterizzate dalle linee sinuose tipiche dell’art déco, con personaggi che sfociano spesso in una leziosità elegante e decadente, riflettendo il carattere della nuova borghesia parigina, raffinatissima e frivola, della Belle Epoque.

È lo stesso anno in cui vi giungeranno Picasso e Léger (in seguito Modigliani nel 1906, e molti altri) e dove già Matisse e Braque animavano l’ambiente intellettuale ed artistico in pieno fermento. Brunelleschi ne rimane affascinato e, nonostante le numerose collaborazioni con testate ed editori italiani, vivrà a Parigi la maggior parte della sua vita, frequentando gli intellettuali ed artisti che daranno vita alle avanguardie del XX secolo. A Parigi lavora, all’inizio sotto lo pseudonimo Aroun al Rascid, per diverse riviste umoristiche e di moda. Paul Iribe, famoso illustratore francese, lo inizia al pochoir (una tipologia di incisione su lastra metallica colorata poi a mano con mascherine ritagliate in successione per diversi colori, simile a una moderna serigrafia), che consente ampie tirature e contribuisce all’ampia diffusione dell’illustrazione a colori nel XX secolo. Dal 1906 collabora poi con Il Giornalino della Domenica, per il

Nonostante la minor ricchezza cromatica, forse più interessanti sono le illustrazioni di Brunelleschi per le testate italiane dirette al pubblico di piccoli lettori. L’illustrazione è qui al servizio di testi letterari, trasmette emozioni e racconta. La maggior povertà della stampa, rispetto alle edizioni francesi, non incide sulla bellezza delle illustrazioni, dall’eleganza meno ostentata ma più comunicativa. Atb Mag 26


Molto interessanti, poi, le immagini che Brunelleschi crea negli stessi anni per le copertine de Il Giornalino della Domenica: con accostamenti insoliti ed eleganti, pur con poche tinte (2-3 colori) le immagini risultano equilibrate in modo straordinario. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Brunelleschi torna in Italia per combattere. Al fronte, con alcuni compagni, fonda il giornale di trincea La Tradotta, sotto la guida di Antonio Rubino, vero e proprio direttore artistico del progetto. Si trattava di pubblicazioni la cui tiratura cresce rapida, già che se ne intuisce l’influenza sul morale delle truppe. Con contenuti ironici e satirici, la rivista contribuisce alla diffusione del linguaggio del fumetto in Italia anche tra gli adulti. Oltre a illustrazioni, infatti, lo stesso Brunelleschi disegna per La Tradotta tavole a fumetti, senza rinunciare all’eleganza del suo segno. Di queste immagini, soprattutto pensando che sono state concepite durante la

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Grande Guerra, colpiscono la ricchezza grafica e i colori. Terminato il conflitto, Brunelleschi rientra a Parigi: torna al pochoir e alle edizioni di lusso per un raffinato pubblico adulto.


Personalità poliedrica, durante tutta la vita (morirà nel 1949 a Parigi), al lavoro di illustratore per l’editoria, affianca un’intensa collaborazione con il teatro, in qualità di cartellonista, scenografo e, talora, costumista. Partecipa alla messa in scena di balletti e riviste a Parigi e per l’opera lirica in Italia, Germania e America.

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Riciclare | Ricordare di Mariella Serra


Riciclo, riciclo, riciclo! Il vocabolo è entrato prepotentemente nel lessico moderno e invita prepotentemente ad un consumo più responsabile. Porta alla mente una necessità etica, quasi un dovere nei confronti nostri e della terra, ma forse un po' privo di qualunque poesia. E se invece cambiassimo il punto di vista? Parliamo sempre di riutilizzo di oggetti, abiti, mobili in termini di materiali ancora “buoni” e che sarebbe un peccato buttare via. Qualche volta pensiamo anche a non spargere attorno a noi inutili rifiuti, ma dimentichiamo del tutto il fatto che questi oggetti, abiti, mobili hanno fatto parte della nostra vita e per questo sono i nostri "portatori di ricordi". Sono oggetti che conservano sapori, odori, attimi delle nostre esistenze, cose che conserviamo per anni in soffitte, cantine, cassetti senza avere il coraggio di sbarazzarcene fino a quando la necessità di recuperare spazio non ci costringe ad una selezione …

Beh! Vedetela in questo modo: scelgo di riciclare e recuperare il vecchio comò della nonna senza sentirmi " antica e fuori moda" concedendomi il lusso di vedere tutti i giorni il mobile che conteneva i preziosi tessuti con i quali mi confezionavo meravigliosi abiti da fata quando ero bambina. Un sogno fantastico fatto di momenti fatati, appunto, attimi di pura gioia che sollecitano la nostra mente a ricordare ( e quindi riassaporare) sempre più spesso guardando quell'obsoleto oggetto… Perché buttare via la gonna della mamma … Quella gonna "marron" alla quale ti sei aggrappata tantissime volte da piccola quando ti costringevano a salutare la vicina baffuta... Perché non trasformarla in qualcos'altro e tenerla a portata di "ricordo struggente"? Noi siamo i nostri ricordi e restare in contatto con il nostro passato ci consente di essere più consapevoli del nostro presente…


Riciclare, riutilizzare significa portare nel presente pezzi del nostro passato, ci porta una maggiore consistenza, un maggiore spessore, meno apparenza, più sostanza è quindi più qualità … Qualità materiale ma anche e soprattutto qualità della vita. Maggiore rispetto per le cose e per il tempo che si impiega a portarle alla vita… Non si può buttare a cuor leggero quella tazza fatta a mano, con amore, utilizzata con piacere ogni volta che desidera un buon caffè... Quel profumo e quelle chiacchiere fatte in sua presenza le restano incollate...Forse sto farneticando, sto sognando un mondo fatato dove gli oggetti, gli abiti, i mobili parlano al cuore...



La cultura nella societĂ :


ricordo o futuro possibile?

di Giovanni Battista Argenziano


Nella società dell’apparire la cura dell’essere è mestiere di pochi, da ciò ne deriva che Arte e Cultura, intese nell’accezione più ampia del termine, sono terre dedicate più a fuggevoli sguardi che a coltivazioni intensive e naturali. A furia di non coltivare rimane il ricordo che, sempre più spesso, è dormiente nella memoria di un pc o di uno smartphone. Questo è il punto d’arrivo, ma da dove siamo partiti? Per farlo provo ad usare il ricordo che risiede nella mia mente e parte dai giochi di infanzia che erano il primo concime alla personale “Cultura” figlia di chi ci aveva generato e di chi aveva generato loro. Le radici venivano quotidianamente innaffiate dai giochi, molto spesso di strada, dai ruoli precisi e chiari che chi ci stava intorno aveva e svolgeva. I genitori, i parenti tutti, gli insegnanti, gli amici. Quattro punti cardinali che orientavano, nel bene e nel male, il nostro crescere. Chi ci stava intorno esprimeva il proprio essere, noi raccoglievamo a piene mani e ci esprimevamo con parole, gesti sguardi. La strada, il gioco, la scuola, la famiglia sedimentavano in noi grani di “Cultura” che, poco a poco, diventavano le solide, quasi per tutti, fondamenta di un possibile futuro. Cultura e Futuro viaggiavano e crescevano di pari passo generando le competenze e le opinioni, patrimonio unico e insostituibile per ognuno di noi; le diversità, tutte le diversità, erano terreno naturale per il confronto sereno, acceso, violento. Ognuno faceva di tutto per esprimere, nel bene e nel male, direttamente il proprio essere, la propria Arte. Tutto questo sino a metà degli anni settanta. Da lì in poi, passo dopo passo, partendo da chi molto in alto tirava le fila del mondo si è iniziato a capire che l’eccesso di “confronto” Atb Mag 35

avrebbe potuto essere un problema serio, molto serio, per chi il mondo doveva tenere a bada. Le religioni e le passioni sportive non erano più sufficienti per “distrarre” le menti, il confronto creava presupposti pericolosi al punto che, un esempio tra tanti, in Italia, secondo alcuni, Cattolici e Comunisti avrebbero potuto governare insieme. Non mi dilungo su questi aspetti fidandomi della Vostra memoria. Vennero così imboccate due strade; la prima che educava a fare i soldi con i soldi e non creando lavoro, la seconda più sottile e capillare che induceva ad esaltare l’individualismo non nell’essere ma nell’apparire. L’uso distorto della tecnologia, finalizzata ad entrambi gli obiettivi sopra citati, ha reso sempre più facile il gioco che altro non era che la versione moderna del “Divide et Impera” che, nella storia delle civiltà, è stato più volte coniugato con successo. Questa volta però la strategia è stata ed è molto più profonda ed efficace al punto che non ci si è limitati a dividere ma, nel farlo, si sono modificati lessico, significato e pratica del vivere quotidiano. Un lavoro costante fatto, nel tempo, di mille sfumature al punto che oggi, nella stragrande maggioranza delle


persone in tutto il mondo, il virtuale è l’altrove, quasi tutti camminano con lo smartphone in mano, e il proprio apparire è il vero biglietto da visita di ciascuno. L’amicizia è diventata un click, condividere si traduce “mi piace”, dire è per quasi tutti “comunicare”, i corpi sono diventati lavagne, l’individualismo volge sempre più facilmente verso l’egoismo. L’essere umano è oramai un “prodotto destinato a consumare” in una “società liquida”. Illuminanti affermazioni di Zygmunt Bauman. In questo quadro la “Politica” è assente, domina l’economia, la Cultura è nemico non dichiarato perché presuppone l’istruzione e la voglia di conoscere per poter riflettere. L’Arte è, molto spesso, specchietto per le allodole utilizzato per tenere a bada quelli che si ostinano a pensare. In tal senso, in questi giorni, sono illuminanti le dichiarazioni di inutili ciarlatani di fronte alla scomparsa di un UOMO di immensa CULTURA che ha per tutta la vita deriso la superficialità e l’ignoranza. Se questo è, molto sommariamente e me ne scuso, lo scenario occorre dire che esistono rare e illuminanti eccezioni. Ve ne cito una che mi ha particolarmente colpito. Siamo in Danimarca e il Paese si chiama Aarhus, trecentoventimila abitanti nello Jutland. Questa cittadina sarà, nel 2017, Capitale Europea della Cultura e, nel prepararsi con entusiasmo collettivo a questo importante appuntamento, da oltre due anni attrae talenti dal resto del mondo, ristruttura interi quartieri ,facendoli diventare centri dove ognuno può liberamente progettare, creare, esprimersi nelle forme d’arte preferite. Musica, Teatro, Scultura, Pittura, Giocoleria, Letteratura. Nella città antica invece si sono valorizzati e restaurati scorci di vita, negozi, chiese e quant’altro degli anni 60, 70 e così via. Una miscellanea di passato e futuro resa unica dalla capacità di far diventare Storia, Arte e Cultura ossigeno da condividere. Questo è, a mio avviso, l’unico futuro possibile.


News Art &


Associazione Abbiamo rinnovato il sito web di ATB Associazone Culturale & Art Gallery. Non lo troverete dunque al solito dominio www.atbartgallery.com, ma al nuovo indirizzo www.atbassociazioneculturale.com. Consultando il sito protrete trovare ogni informazione sulle attivitĂ portate avanti dalla nostra associazione


Continua per tutto l'anno la rassegna “SEI PERSONAGGI-SEI STILI”sei artisti legati a Torino, dedicata alle opere di artisti contemporanei che mostreranno le loro opere alla ATB - Art Gallery di Corso Verona, 21. Il progetto innovativo partito il 31 di marzo 2016 proporrà ogni mese sei artisti diversi che operano con successo nel panorama artistico torinese al fine di dar loro maggiore visibilità e contribuire fattivamente alla divulgazione culturale nel capoluogo subalpino. L'evento, si pone come ambizioso obiettivo quello di raccontare il variegato panorama artistico torinese attraverso i suoi protagonisti e nelle sue molteplici forme. Dal graffito, allo stencil, dai poster alle installazioni, dalla fotografia alla fiber art, dal pop all'astratto attraverso le centinaia di etichette artistiche che possono venirvi in mente. La rassegna coinvolgerà più di 100 artisti con percorsi e mezzi espressivi diversissimi perché ATB Art Gallery e l'omonima associazione culturale che la rappresenta vogliono essere espressione della contemporaneità, fatta di comunicazione, internet e i social network, che raccontano la realtà in maniera del tutto diversa dal passato. La rassegna, che durerà fino alla fine dell'anno e si sposterà in varie sedi piemontesi, sarà inaugurata giovedì 31/3/2016 alle 18,00, nella sala espositiva di ATB Associazione Culturale di Corso Verona,21.

E continua ancora per tutto l'anno il progetto E arte Food. Che cosa si propone in tre parole?… “ILLUSTRARE un PERCORSO”. Ci interessa proporre a tutti coloro che operano nell'ambito della ristorazione o a semplici appassionati, un modo sano e piacevole di consumare i pasti o gli spuntini quotidiani perché siamo convinti che cibo e arte possano davvero fare la differenza. Ovviamente, come ogni buon progetto, prima viene la parte teorica e poi l'applicazione pratica delle conoscenze acquisite. Come lo facciamo? Attraverso Corsi, servizi di tutoraggio o portando il nostro sapere e opere d'arte a casa vostra con il FoodArt sharing. Il progetto nasce in ambito sociale visto che l'alimentazione condiziona in modo determinante la salute dell'uomo. Alimentarsi significa evolvere, fare proprio l'ambiente nella sua totalità; assorbire la luce del sole, la terra, l'acqua, l'aria. Mangiamo prima di tutto Energia vitale. La salute è il risultato di processi complessi che prima di tutto si realizzano nella mente dell'uomo attraverso una presa di coscienza, valutazione.

Al via anche il progetto ATB ricicl-ARTI. L'idea nasce dal fatto che molti artisti e artigiani creano nella loro solitudine, con pochi o nulli riconoscimenti e con poche o nulle possibilità di contaminazioni da parte di altri artisti o artigiani. Abbiamo immaginato uno spazio di unione e di condivisione, dove gli artisti e gli artigiani si incontrano e si confrontano, lavorando gomito a gomito con materiali di recupero, un luogo in cui idee e creatività possono nascere dall’incontro tra materiali, donatori, fruitori, creatori-artisti. È una potentissima risposta alla crisi economica, di giustizia, di valori e di identità. Una società più sostenibile, più equa e più partecipata, più democratica e rafforzata. E' un modo per dire basta con l’accumulo, con lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sull’ambiente, con la distruzione degli ecosistemi, con la sostituzione delle gratificazioni affettive con l’acquisto compulsivo, basta con le solitudini che non si incontrano mai, basta con lo spreco, basta con questo modello di sviluppo che non è una evoluzione ma una involuzione della società. I nostri figli meritano un mondo migliore. Noi meritiamo un mondo migliore


NEWS Grazie alla creatività e alle intuizioni di alcuni artisti si stanno definendo e saranno realizzati entro la fine dell'anno 2016 i progetti: BARCODE FOR ART

in collaborazione con Barcode

STREGHE E NOTTI DI TERRORE ideato da Roberto Maggi

SHOPPING D'ARTE

in collaborazione con Nadja Zonta

LIBRARTE in collaborazione con Amelia Alba Argenziano

DI...VINO ARTISTICO

ideato da Angela Policastro

INFORMAL

in collaborazione con Daniela Baldo

LIBRO D'ARTISTA

Ideato da Mariella Bogliacino

- ATB Associazione culturale & Art Gallery, parteciperà con alcuni suoi artisti alla XII edizione di Paratissima


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