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Vittime di guerra Federico Fossi
Crisi mondiale di rifugiati L'esodo appare infinito
“Nessuno mette i suoi figli su una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra’’ Warsan Shire, poetessa Somalo-Britannica
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Lo scorso 15 marzo la guerra in Siria è entrata nel suo sesto anno. Questi cinque anni di conflitto violentissimo hanno ridisegnato lo scenario globale delle migrazioni forzate, sfiancando i Paesi limitrofi e mettendo in forte discussione i valori su cui si fonda l’Unione Europea. Le statistiche mostrano picchi di rilevanza drammatica, oltre 250mila civili uccisi e più della metà della popolazione costretta ad abbandonare la propria casa: 5milioni di rifugiati ospitati in Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto; quasi 7milioni sfollati all’interno del Paese. Di questi ultimi, oltre la metà sopravvive a stento in luoghi dai quali in pochi riescono a fuggire e dove gli aiuti umanitari non possono arrivare. La Siria è oggi un Paese quasi irriconoscibile e ci vorranno generazioni per ricostruirlo. L’esodo siriano ha prodotto forti ripercussioni sulle economie dei Paesi limitrofi, e la vita per i siriani in esilio è sempre più difficile. Circa l'86% dei rifugiati che abitano fuori dai campi profughi in Giordania vive al di sotto della soglia di povertà di 3,2 dollari al giorno. In Libano, il 55% dei rifugiati vive in alloggi precari e improvvisati. In tutta la Regione, con il trascinarsi della crisi, le speranze di tornare a casa stanno andando in fumo. I rifugiati diventano sempre più poveri e, pratiche come il lavoro minorile, l’accattonaggio e i matrimoni precoci sono in aumento. La competizione per un posto di lavoro, per la terra, l’acqua, l’alloggio e l’energia all’interno delle comunità ospitanti, già vulnerabili, esercita una continua pressione sulla capacità di queste comunità di far fronte alle necessità dei nuovi arrivati e di sostenerli. I cittadini siriani compongono oggi quasi la metà di tutti i rifugiati e migranti che attraversano il Mediterraneo per cercare protezione in Europa. Un totale di milione di persone nel 2015, 860mila in Grecia, e poco più di 150mila in Italia. Oltre 3700 morti nel Mediterraneo Centrale ed Orientale. Famiglie spezzate dal lutto e dalla sofferenza. Uomini, donne e bambini dispersi in mare e mai recuperati. “Io e mio marito avevamo venduto tutto e avevamo lavorato 15 ore al giorno in Turchia per poterci permettere il viaggio. Il trafficante ha messo 152 di noi su un’imbarcazione. Quando l’abbiamo vista molti di noi volevano tornare indietro, ma ci ha detto che chi se ne fosse andato non avrebbe ricevuto indietro i soldi. Non avevamo scelta. Nel mare abbiamo colpito una roccia, ma il capitano ha detto di non preoccuparsi. L’acqua ha cominciato ad entrare nella barca, ma lui ci ha detto di stare calmi. Noi eravamo nel compartimento inferiore che ha incominciato a riempirsi di acqua. Eravamo troppo stretti per muoverci. Tutti hanno cominciato ad urlare. Io e mio marito siamo stati gli ultimi a uscire vivi dalla barca, lui era riuscito a
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Federico Fossi
spingermi fuori dalla finestra, ma una volta in acqua, si è tolto il salvagente e l’ha dato ad un’altra donna. Abbiamo nuotato più che potevamo. Dopo parecchie ore, mi ha detto che era troppo stanco per continuare a nuotare e che si sarebbe messo steso a pancia in su a galleggiare per riposarsi. Era buio e non vedevamo nulla. Le onde erano grosse. Lo sentivo che chiamava il mio nome ma poi la voce si è fatta sempre più lontana. Alla fine una barca ha trovato me, ma non hanno mai trovato mio marito.” Storia di: Brandon Stanton - Humans of New York Le immagini e le storie di queste famiglie sconvolgono gli animi per un frammento di tempo troppo breve per essere in grado di contenere anche le soluzioni a questo dramma infinito. La crisi dei rifugiati è arrivata in Europa. È una crisi di rifugiati, non è un fenomeno migratorio: oltre l’80% di chi arriva via mare e prosegue il suo cammino in Europa proviene da Paesi in guerra come la Siria, l’Iraq e l’Afghanistan. Le migrazioni forzate su scala mondiale provocate da guerre, conflitti e persecuzioni hanno raggiunto i massimi livelli registrati sinora, oltre 60milioni di persone costrette ad abbandonare le proprie case. Mai dalla Seconda Guerra Mondiale si era raggiunta una soglia tale, e i numeri sono in rapida accelerazione. La guerra in Siria rimane la crisi che dà origine al maggior numero di rifugiati e sfollati interni. Ad ogni modo, anche escludendo dal calcolo tale conflitto, la tendenza generale è quella di un aumento delle migrazioni forzate in tutto il mondo. Durano da decenni le condizioni di instabilità e conflitto in Afghanistan, Somalia e in altri Paesi, e ciò implica che milioni di persone provenienti da questi luoghi continuano a spostarsi o – come si verifica sempre più spesso – rimangono confinate per anni nelle periferie della società, nella paralizzante incertezza di essere degli sfollati interni o dei rifugiati a lungo termine. Negli ultimi sei anni, sono scoppiati o si sono riattivati almeno 15 conflitti: otto in Africa (Costa d'Avorio, Repubblica Centrafricana, Libia, Mali, Nord-Est della Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e quest'anno Burundi); tre in Medio Oriente (Siria, Iraq e Yemen); uno in Europa (Ucraina) e tre in Asia (Kirghizistan, e diverse aree del Myanmar e del Pakistan). Solo poche crisi possono dirsi risolte e la maggior parte di esse continuano a generare nuovi esodi forzati. Nel 2014, ogni giorno 42500 persone in media sono diventate rifugiate, richiedenti asilo o sfollati interni, dato che corrisponde a un aumento di quattro volte in soli quattro anni. In tutto il mondo, una persona ogni 122 è attualmente un rifugiato, uno sfollato interno o un richiedente asilo. Il dato più allarmante è che più della metà dei rifugiati a livello mondiale sono bambini. Un maggior numero di rifugiati bloccati in esilio aumenta di conseguenza la pressione sui Paesi che li accolgono, una situazione che, se non gestita adeguatamente, può portare anche all’aumento del risentimento nei confronti dei rifugiati e favorire la politicizzazione del tema. Nonostante questi rischi, la prima metà del 2015 è stata caratterizzata anche da una straordinaria generosità: considerando i rifugiati sotto il mandato dell’Unhcr, la Turchia è il Paese che, in assoluto, ne ospita il maggior numero al mondo, con 1.84milioni di rifugiati sul suo territorio al 30 giugno. Il Libano, invece, con 209 rifugiati ogni 1.000 abitanti, ospita il maggior numero di rifugiati rispetto alla propria popolazione. L’Etiopia è il Paese che spende di più in rapporto alla dimensione della sua economia, con 469 rifugiati per ogni dollaro del suo Pil (pro capite, a parità del potere d’acquisto). Nel complesso, la maggior parte della responsabilità globale di ospitare i rifugiati continua ad essere sostenuta da Paesi confinanti con le zone di conflitto, molti dei quali sono in via di sviluppo. Quasi 9 rifugiati su 10 (86%) si trovavano in Regioni e Paesi considerati economicamente meno sviluppati. Le migrazioni forzate hanno una grande influenza sui nostri tempi. Toccano le vite di milioni di esseri umani come noi, sia quelli costretti a fuggire che quelli che forniscono loro riparo e protezione. Non c’è mai stato così tanto bisogno di tolleranza, compassione e solidarietà con le persone che hanno perso tutto. L'Europa sta facendo una pessima figura. L'Europa dei cittadini si divide fra chi ha paura, chi teme per la propria sicurezza, e chi si prodiga a dare una mano, per semplice spirito umanitario e di solidarietà. L'Europa dei Governi tentenna, si sfalda, e nel peggiore dei casi innalza barriere, fiaccando arbitrariamente quel principio su cui si fonda la Convenzione di Ginevra del 1951, il principio che garantisce l'accesso al territorio per chiedere protezione internazionale. "È ora di riaffermare i valori su cui è stata costruita l'Europa" ha recentemente affermato Filippo Grandi, nuovo Alto Commissario Onu per i Rifugiati. Vorremmo vedere più programmi di reinsediamento e di ammissione umanitaria, più ricongiungimenti familiari, più sponsorizzazioni private, più visti umanitari, di studio e di lavoro. Questi sono gli strumenti che possono diminuire il traffico di persone, gli spostamenti interni e le pericolose traversate via mare.