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Un viaggio chiamato scrittura
“Scrivo per non lasciare le cose dette a metà” è da sempre, la frase che identifica Claudia, classe ‘87: come se, attraverso la scrittura fosse in grado di essere fino in fondo sé stessa, senza filtri. Oltre ad essere responsabile editoriale della sezione musica della testata giornalistica The Soundcheck, è responsabile dell’area letteratura dell’ufficio stampa Tsck Press, sta terminando gli studi presso la Scuola superiore Europea di Counseling professionale ASPIC Romagna e lavora come social media manager per l’agenzia di comunicazione Audio Tre di Rimini. Si definisce un’inguaribile romantica e una sognatrice cronica. Ama la musica, i viaggi senza meta, sottolineare frasi nei libri ed è sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sfide. Il suo percorso da scrittrice è iniziato nel 2016 con l’auto-pubblicazione del primo libro: “Passi”, oggi è al suo quinto romanzo, il secondo edito per la casa editrice Sperling&Kupfen del Gruppo Mondadori.
Facciamo un salto indietro e torniamo all’inizio del tuo percorso, cosa ti lega alla scrittura e cosa ti ha portato poi a scrivere libri?
Ciò che mi lega alla scrittura è un amore viscerale iniziato tanto tempo fa, quando avevo poco più di dieci anni e già riempivo dei quadernini con tutti i miei pensieri e le mie sensazioni. Non ricordo esattamente cosa mia abbia spinto a iniziare, ma ricordo perfettamente la sensazione di benessere che provavo seduta alla scrivania della mia cameretta con una penna in mano. Fin da piccola, mi sono sempre sentita “diversa” e fin troppo sensibile rispetto ai miei coetanei; bisognosa, già da allora, di analizzare, comprendere e trasformare ciò che sentivo dentro in parole da tirare fuori. Nel tempo, crescendo, questo bisogno è cresciuto con me fino a voler dare una nuova forma a tutti quei fogli raccolti e conservati nel tempo. L’idea di scrivere il primo libro è nata in maniera naturale, come se fosse già scritto da qualche parte, che tutte quelle parole non dovessero rimanere nei miei cassetti. Ho pensato: “Se scriverle ha aiutato me, leggerle potrà aiutare qualcun altro”. Facevo del bene a me stessa e in qualche modo sentivo il desiderio di poter far del bene anche agli altri perché ho sempre creduto nella potenza delle parole, sia in negativo che in positivo.
Il tuo percorso è iniziato con l’autopubblicazione e ad oggi prosegue con una grande casa editrice, ci racconti com’è andata e quali sono state le tappe più importanti?
Sì, il mio percorso è iniziato con il self publishing perché tutte le case editrici a cui mi ero rivolta non hanno mai preso in considerazione il mio manoscritto e così ad un certo punto, stanca di ricevere continuamente porte in faccia, ho scelto di dare vita al mio primo libro in totale autonomia e ho continuato anche con il secondo (di quella che poi è diventata la trilogia #passidimia). Nel frattempo il potere dei social è aumentato a dismisura e io, inconsciamente e ingenuamente l’ho sfruttato al massimo perché è stato proprio grazie ai social (alle persone che postavano foto con il mio libro e condividevano le mie frasi), che in poco più di due anni sono riuscita a raggiungere dei numeri importanti che in qualche modo sono stati pubblicità gratuita. Ero partita convinta di vendere le copie alla mia famiglia e ai miei amici, invece poi mi sono ritrovata sommersa da messaggi di persone sconosciute che, tramite il passaparola erano arrivate a me. Inoltre organizzavo degli eventi e cercavo di dare e fare del mio meglio per poter arrivare un giorno al grande pubblico e nel frattempo sognavo di vedere il mio libro esposto in tutte le librerie. Nel 2018 è arrivato il primo contratto editoriale con una casa editrice indipendente che ha creduto molto in me e successivamente l’uscita del terzo romanzo: “Io ti voglio felice”, nel 2019 è arrivata la mia grande occasione e il contratto con la Sperling&Kupfen. È stato un percorso “travagliato”, ma meraviglioso, rifarei tutto da capo. presentazione dei suoi libri a
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Quali sono i messaggi principali che trasmetti ai tuoi lettori con i tuoi libri?
Attraverso i miei libri cerco di trasmettere tanti messaggi e affronto tematiche differenti, soprattutto legate ai sentimenti, ai legami e in generale alla vita. Amo lasciare sempre uno spiraglio di luce in ogni pagina, perché non bisogna mai credere che sia troppo tardi per cambiare rotta o mettersi in gioco in una nuova sfida. Bisogna credere in sé stessi e imparare a dare maggiore valore a tutto ciò che siamo, senza accontentarci.
Il tuo ultimo libro “Pensavo fosse amore, invece era un caso umano” lo hai definito autobiografico, com’è stato parlare realmente di te per la prima volta?
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È stato bellissimo perché per la prima volta sono uscita fuori dal classico schema dei personaggi perché in questo caso la protagonista sono io, ci ho messo il nome e la faccia, parlando di quelle che sono state le mie esperienze sentimentali per dieci lunghi anni. Ho potuto sperimentare per la prima volta una scrittura ironica e autoironica che mi rispecchia molto.
Che consiglio daresti a tutte le persone che tentano di intraprendere questa strada?
Il mio consiglio è quello di credere davvero in ciò che si sceglie di fare e questo comporta tante porte in faccia e tanti “no” che non devono influire sul nostro credere. Bisogna lavorare sodo, impegnarsi ed essere costanti. È un mondo di squali, come qualsiasi realtà e per me è fondamentale essere sé stessi con autenticità, costruendo e difendendo la propria identità. La strada è lunga e faticosa, ma nel proprio piccolo bisogna lottare costantemente e non mollare mai la presa perché prima o poi qualcosa arriva sempre. Tutto è possibile, persino ciò che crediamo impossibile.