Vis a Vis 6_2015 - Volti e Storie dalla Terra delle Acque

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3| SOMMARIO 5 EDITORIALE Un sogno semplice semplice

6 NOTIZIE E DINTORNI Divertirsi su due ruote Una meritata pensione

14 PAGINE DI STORIA Beneficenza al Circolo dei Bagnanti

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Le quattro colonie marine Costumi da bagno sulla spiaggia di Viserba

22 DIVERTIRSI NELLA TERRA DELLE ACQUE Dietro le quinte degli eventi estivi 28 LUOGHI DEL CUORE La freschezza degli affreschi Il paese all’ombra della torre

Vis a Vis periodico semestrale Anno IV - N.6 - GIUGNO 2015 • Supplemento a Il Ponte n.26 del 05/07/2015 a cura dell’associazione L’Ippocampo Viserba Laboratorio Urbano della Memoria tel. 0541 735556 info@ippocampoviserba.it www.ippocampoviserba.it

Quel delizioso villino verde

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42 PERSONAGGI Italian Comics la vita in vignetta Un’eredità di opere e ricordi 42 VOLTI E STORIE

• Direttore responsabile: Giovanni Tonelli

Quattro salti nel tempo del “miracolo”

• Editore: Confraternita Maria SS. Ausiliatrice di Santa Croce di Rimini

La signora delle mostre

• Progetto creativo, contenuti culturali, servizi e foto d’epoca: Associazione Culturale L’Ippocampo Viserba Presidente: Pierluigi Sammarini

Ri-vediamoci piccoli protagonisti crescono

• Direttore editoriale: Marzia Mecozzi AUDIO TRE s.r.l. Rimini • Caporedattore: Maria Cristina Muccioli

Parola di scout

70 PROSPETTIVE

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Memorie che suggeriscono visioni

• Responsabile commerciale: Ruggero Testoni • Fotografi: Angelini, collezioni archivio L’Ippocampo, Foto Alfredo, Rosalia Moccia, Nicola Sammarini • Progetto grafico e impaginazione: Rita Magrini, Rosalia Moccia AUDIO TRE s.r.l. Rimini • Hanno collaborato: Silvia Ambrosini, Vincenzo Baietta, Donata Ciavatti, Roberto Drudi, Nerea Gasperoni, Donatella Maltoni, Maria Marzullo, Manlio Masini, Marzia Mecozzi, Maria Cristina Muccioli, Pierluigi Sammarini, Ruggero Testoni • Stampa: La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio s.r.l.

In copertina:

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Serena Corbelli Mara Parma Severine Bucci Domenico Magnani Emanuele Giordano Romano Garofalo don Danilo Manduchi Paolo Morolli Enzo Rinaldi

• Chiuso in redazione il 25/06/2015

PER LA VOSTRA PUBBLICITÀ A SUPPORTO DELLA RIVISTA E DELL’ASSOCIAZIONE L’IPPOCAMPO COMMERCIALE: 338 2341277

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L’IPPOCAMPO



5| EDITORIALE

Un sogno semplice semplice È una sensazione unica al mondo quella di navigare a pelo d’acqua e, per quanto sia una cosa semplice, non tutti se lo possono permettere. Noi uomini e donne di questa terra delle acque lo possiamo fare. L’hanno fatto i nostri nonni, ne hanno goduto per decenni i bagnanti prendendolo a noleggio sulle spiagge, ne beneficiano ancora gli operatori della piccola pesca, ma soprattutto, lo usano oggi i bagnini di salvataggio. Esatto, l’avete capito, sto parlando del moscone, chiamato anche pattino in altre zone d’Italia o addirittura pedalò nella versione moderna con pedali e timone o addirittura con scivoli o giochi vari sul dorso di coperta. Il nostro amico Roberto Drudi, socio dell’Ippocampo, è un esperto archivista e custode, per l’associazione, di migliaia di fotografie e altrettante cartoline d’epoca ed è con lui che ho iniziato a raccogliere le immagini che lo rappresentano. Già da fine ‘800, primi del ‘900, sulle spiagge ancora semi deserte o poco attrezzate, i mosconi facevano bella mostra di sé; poi, negli anni ‘20 - ‘30, addirittura personalizzati col nome del proprietario e solo successivamente negli anni ‘50 - ‘60, con l’avvento degli stabilimenti balneari, erano addirittura numerati e colorati con i toni distintivi del bagnino o del mosconaio che li affittava, favorendo anche un reddito come attività distinta. Oggi possiamo mettere i remi negli scalmi d’ottone e spingere quei legni con attenzione e ritmo sul pelo dell’acqua e magari ascoltando lo scricchiolio dei trasti se arriva qualche onda di maretta… È un privilegio raro che vi invito a provare; ne trovate ancora qualcuno sulla battigia dai nostri amici bagnini o saldamente ancorati a qualche “corpo morto” a ridosso le scogliere o, se preferite... vi porto io! Questo numero estivo viaggia in scioltezza ed eleganza come il moscone e gli articoli che leggerete toccano delicatamente temi e soggetti, luoghi e sensazioni veramente unici. L’andare lento ci mostra l’evolversi della nostra storia: dalla novità di un turismo anche di piccole colonie nate a Viserba, scoperte dall’acuta ricerca di Manlio Masini, alla ridefinizione dei luoghi deputati all’arte e al sacro, come lo splendido restyling dell’interno della chiesa di San Martino in Riparotta… Si viaggia in compagnia degli operatori dei Comitati turistici di Viserba, Viserbella, Rivabella e Torre Pedrera, veri volontari dell’accoglienza per rendere sempre più felice il soggiorno dei nostri turisti. Dalla ricerca del bello con gli artisti locali presenti, dal grande Garofalo, sceneggiatore fumettista, al ricordo del pittore sottile Tognacci, padre e professore di tanti di noi, alle storie semplici e raffinate di cittadini d’ogni parte: dalla Mara a Domenico, ai ricordi dei discendenti del Venturi Luigi. E poi sempre tanta gioventù: dagli scout presenti a Viserba da 45 anni, ai ricordi rivissuti sulla pellicola super otto di don Ciro, per finire, come ormai è consuetudine, con un progetto scoperto all’interno di un luogo dimenticato come la corderia di Viserba, con le eleganti viste prospettiche proposte da Serena, giovane promettente architetto... Certo che viaggiare a pelo d’acqua ne dà di emozioni! Pierluigi Sammarini - presidente associazione L’Ippocampo


6| NOTIZIE E DINTORNI Assicurazioni d’argento Il 1° luglio compie 25 anni la bella realtà dell’Agenzia Principale di Rimini Nord delle Generali Italia S.p.A. Gli attuali soci, Pier Luigi Cricca, Riccardo Gallo, Enzo Rinaldi, sono lieti di festeggiare l’anniversario anche insieme alla redazione e ai lettori di Vis a Vis. “Proiettandoci verso il futuro, la nostra realtà sta diventando il punto di riferimento per tutta la clientela riminese che ha trovato da noi un servizio professionale e competitivo. - dichiarano - Oggi l’Agenzia è cresciuta raggiungendo un organico di 31 persone dedicate allo sviluppo dell’attività assicurativa sia nella Sede Principale a Rimini (via XXIII Settembre 108) che nelle Subagenzie di Bellaria-Igea Marina (via Pascoli 93), a Torre Pedrera (via Tibesti 1) e a Spadarolo (via Marecchiese 298/a), ove siamo pronti ad accogliere con il nostro solito calore ed entusiasmo anche la clientela potenziale che cerca risposte adeguate

alle proprie esigenze senza rinunciare alla professionalità che da sempre identifica il nostro marchio e la nostra Agenzia.”

I soci dell’Agenzia Generali Italia SPA di Rimini Nord

Lilly Chic, al passo con la moda

Il negozio di calzature Lilly Chic, sul lungomare di Rivabella, è una delle realtà commerciali che si è distinta, nei decenni, per la qualità dei prodotti e del servizio. Il negozio è aperto dal 1981 e da allora è sempre rimasto un punto di riferi-

mento per chi ama lo stile e la qualità, grazie alla maestria imprenditoriale dei coniugi Bruno e Lilly Mengucci che hanno sempre fatto della professionalità un loro punto di forza al servizio della clientela, caratterizzata non solo da turi-

sti, ma anche da tantissimi concittadini. Dal 1988 il negozio ha raddoppiato il suo spazio vendita, migliorando notevolmente l’area espositiva ed aumentando l’assortimento. Nel 2004 l’attività ha visto il passaggio di consegne, tipico della realtà imprenditoriale romagnola, dai genitori al figlio Andrea che, insieme a sua moglie Chiara (nella foto), ha proseguito la tradizione famigliare del negozio, mescolando i sapienti insegnamenti ad idee fresche e giovani. Dal 2009 le nuove tecnologie hanno permesso di ridurre le distanze a pochi click, da qui la decisione di creare il sito www.lillychic.it. Ciò che in tutto questo tempo non è cambiato sono cortesia e professionalità. Cafè Noir, Skechers, Replay, Gioseppo e tante altre prestigiose griffe vi aspettano a Rivabella di Rimini in via Toscanelli 54.


Consigli del veterinario È arrivata l’estate! E anche i nostri amici a quattro zampe soffrono il caldo. “Alcune buone regole da seguire nel periodo primavera estate - spiega il dottor Emanuele Giordano, contitolare con la collega dottoressa Barbara Lametti, del Centro Veterinario Riminese di via Sacramora 22 a Viserba - sono quelle di monitorare e controllare la profilassi contro la Filaria (malattia veicolata dalle punture di zanzare) e la Leishmania (trasmessa dalle punture di piccoli insetti, flebotomi, maggiormente attivi nei periodi più caldi dell’anno); occorre fare molta attenzione ai colpi di calore, poiché i cani soffrono molto il caldo, non sudano attraverso il corpo, ma dalla lingua. Evitare, quindi, di portare l’amico Fido a passeggiate sull’asfalto o su sabbia ardente, oltre alla sofferenza potrebbe presentarsi una situazione di nervosismo e malessere a volte incontrollato. Un’altra cosa importante è fare molta attenzione alla tosature del pelo, poiché l’esposizione non controllata al sole potrebbe poi lesionare la pelle.” Per il benessere dei nostri compagni pelosi, si consigliano passeggiate in zone d’ombra e su erba, avendo sempre a disposizione acqua ed evitare escursioni nelle ore più calde della giornata. Infine, far soggiornare il cane in ambienti freschi.

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8| NOTIZIE E DINTORNI Giovedinsieme al Porticciolo Il Circolo Nautico Viserba “Fossa dei Mulini” durante la bella stagione propone momenti di incontro e manifestazioni che hanno come riferimento il mare, la pesca e tutto quanto ci gira intorno. In collaborazione con varie associazioni del territorio, dal Museo della Piccola Pesca “E’ Scaion” di Viserbella, all’associazione culturale L’Ippocampo Viserba, all’associazione “Vele al Terzo” di Rimini, quest’anno un interessante calendario storico-marinaro animerà la sede del Circolo, allo sbocco della Fossa dei Mulini. “Serate fra amici dove Viserba si racconta e propone con interventi, memorie storiche, documentazione fotografica”, così sono descritti nella locandina

che li pubblicizza i “Giovedinsieme al Porticciolo”. L’appuntamento sarà settimanale, ogni giovedì sera, per i mesi di giugno, luglio e agosto. Tre cicli di quattro serate culturali sui seguenti temi: 1) La Fossa dei Mulini, Viserba e il por-

ticciolo; 2) Il turismo balneare a Viserba; 3) Le barche, il pescare, il navigare; 4) Le forme di vita in mare e sulla secca. Aggiornamenti e programma sul sito del Circolo: https://cnviserba.wordpress.com/

International Beach Tchoukball Festival Nel weekend dall’8 al 10 maggio, grazie all’organizzazione di Federazione Tchoukball Italia, le spiagge di Viserba hanno ospitato la tredicesima edizione dell’International Beach Tchoukball Festival. Un’occasione preziosa per scoprire uno sport che unisce spettacolarità, fairplay, agonismo e amicizia. Migliaia di ragazze e ragazzi, adulti e giovani da tutto il mondo, appassionati di Tchoukball si ritrovano dal 2003 sulla sabbia viserbese per dar vita ad un evento di sport entusiasmante! All’inizio erano un centinaio di appassionati e qualche campo, ora sono 1300 i partecipanti, suddivisi in 145 squadre, che si sono incontrati senza interruzione in circa 900 partite disputate sui 22 campi ospitati dagli stabilimenti balneari Bahia Rico’s Cafè (bagni 35-36), Playa Tamarindo (bagni 30-34) e Marinagrande (bagni 24-29). Un bel modo per dar il via alla stagione degli sport “on the beach”! Il Tchoukball, arrivato in Italia una quindicina d’anni fa, è uno sport di squadra che unisce elementi della palla-

volo, della pallamano e della pelota basca mantenendo una forte connotazione educativa e di fair-play. Il suo inventore, dott. Hermann Brandt (a cui il Festival è dedicato), voleva creare qualcosa di unico e non l’ennesimo sport. Le squadre sono composte da ragazze e ragazzi insieme ed è infatti fortissima la presenza di scuole da ogni parte del mondo. Ai quattro consolidati tornei, allo spettacolare Slam dedicato principalmente alle selezioni nazionali, all’Open, aperto a tutti, da chi cerca il massimo del divertimento ai tchoukers per un giorno, all’Un-

der19 e Under14, principalmente rivolti alle scuole, si è aggiunto da quest’anno un quinto torneo dedicato ai tchoukers con più di 40 anni di età: l’OverAnta. L’ospitalità ha visto coinvolti 17 alberghi convenzionati per offrire un soggiorno di qualità ai partecipanti che, oltre che dall’Italia, provengono da Svizzera, Francia, Belgio, Olanda, Gran Bretagna, Germania, Austria, Repubblica Ceca, Polonia, Danimarca, Malta e Canada. Sport e spiaggia, ospitalità romagnola e divertimento: un mix perfetto per prepararsi all’estate!


Festa delle Acque Domenica 7 giugno Viserba si è colorata di azzurro per la terza edizione della “Festa delle Acque”, la kermesse di inizio estate che ha animato le piazze e il lungomare. Un evento riuscito, come dimostrato dal grande afflusso di pubblico. Turisti e residenti di ogni età hanno passato una serata gioiosa, all’insegna del divertimento e della musica, tra stand gastronomici, esibizioni di attori e giocolieri, gruppi e orchestre. Grazie al grande lavoro degli organizzatori (il Comitato Turistico in collaborazione con diverse realtà viserbesi), nei vari punti del percorso della Festa erano presenti anche diverse associazioni coi loro banchetti informativi. Varie le proposte musicali, con generi adatti al pubblico di ogni età: i Tacabanda (Cover Band del Liga), i Punto a Capo, gli Allegri Vagabondi (Cover Band dei Nomadi), i Dream Machine, i Miss Evelyn Quartet, i Casadei Danze e il dj Capoz. Un grande palcoscenico allargato e diffuso dove si sono esibiti anche la “Compagnia dei Ciarlatani”, gli acrobati del gruppo “C’è chi c’ha teatro”, le ballerine brasiliane col dj Marcinho, il comico Andrea Vasumi, da Zelig.


10| NOTIZIE E DINTORNI Buon compleanno Posada Lo storico Manlio Masini nel suo libro “la Barafonda” edito da Panozzo Editore, riferisce che il nome Rivabella appare per la prima volta attorno al 1911 in una “Pianta di Rimini dell’Istituto Geografico Militare” e sull’origine del nome spuntano diversi aneddoti che prossimamente andremo a raccontare. Qui, fino agli anni Venti, poche case e qualche villino preservavano un paesaggio naturale che si estendeva su una larga fascia di spiaggia con molte dune e costellate da qualche arbusto. In questo angolo di serenità, nonostante i terreni mantenessero un costo calmierato, la scarsa e precaria rete viaria per anni ha limitato lo sviluppo edilizio privato e turistico; lo sviluppo industriale del secondo dopoguerra, le prime vacanze di massa e la realizzazione della strada litoranea hanno successivamente incrementato, lungo il suo asse, il primitivo nucleo abitativo che, piano piano, è andato assumendo la fisonomia di centro balneare, piccolo ma di grandi prospettive. A Rivabella, negli anni Ottanta, la famiglia Bucci, del compian-

to Tarcisio, investe tutto l’entusiasmo e le speranze giovanili in un ristorantino, “La Posada”, diventato negli anni un punto di riferimento di molti turisti conquistati dal luogo, dal cibo e dai modi gentili, semplici e accattivanti dei suoi proprietari. Il primo maggio di quest’anno, con un evento creato per festeggiare il 35° anno di attività, tantissimi invitati hanno potuto applaudire, fra musica, brindisi e specialità della casa, il passaggio di consegne

da mamma Christiane ai figli Severine ed Arnaud; una continuità della migliore tradizione e professionalità romagnola. Rivabella, colorata e piena di vita d’estate, addormentata e silenziosa nei mesi invernali, ha il suo fulcro di passaggio e dinamicità proprio del ristorante “La Posada”, aperto tutto l’anno, che organizza, da gennaio a marzo, serate di convivio teatrali con personaggi e volti di successo nazionale.

La sede iniziale era a Torre Pedrera in via Macallè. Nel 1978, con il trasferimento a Bellaria-Igea Marina, l’azienda, da modeste dimensioni, diviene una grande realtà. Il suo impegno e la sua passione trasmessa ai figli furono determinanti al

punto che oggi l’azienda Bilancioni è rappresentata dagli stessi, Daniele, Stefano e Federico che, con studio, sacrificio e costante formazione, portano avanti tutta la complessa e affascinante attività aziendale.

Bilancioni, un fior fior di famiglia Il vivaio Bilancioni da più di ottant’anni si presenta come un’azienda agricola con spiccata attitudine florovivaistica. Già dal 1929 Enrico Bilancioni introdusse un’autentica innovazione sul metodo di piantare le viti, con il solo aiuto di mucca e aratro, distinguendosi pioniere “1° Viticoltore Romagnolo” (premio M.I.V.A.). Proseguirono il suo lavoro i figli Quarto ed Elio Bilancioni che contribuirono alla crescita delle produzioni, dagli ortaggi alle piante fruttifere, occupandosi dei piccoli e grandi mercati di distribuzione. Nel 1960 Adriano Bilancioni, figlio di Elio, assume la titolarità dell’azienda.


Divertirsi su due ruote Amicizia, divertimento, passione per la bicicletta… sono gli ingredienti del “VSBT – Viserba Bike Team”. L’idea di questo nuovo gruppo ciclistico nasce dal desiderio di creare una nuova realtà sportiva che potesse coinvolgere e radunare viserbesi che condividono la passione per il ciclismo. Dopo circa due anni di gestazione e non senza qualche dubbio iniziale da parte dei promotori, a marzo di quest’anno il gruppo ha finalmente visto la luce; una volta partito, l’entusiasmo non si è più fermato, contagiando chi ne è venuto a contatto; basti solo pensare che, da un primo gruppo di dieci partecipanti, le adesioni sono diventate cinquanta. All’interno del gruppo convivono più anime: c’è chi si è avvicinato al mondo del ciclismo per la prima volta, grazie al VSBT, fino ad arrivare a chi invece vive la bicicletta con uno spirito più agonistico con anni di esperienza alle spalle; c’è poi chi ama esplorare nuovi sentieri con le “ruote grasse” della MTB e chi ama la velocità della bici da strada. Lo spirito che unisce tutti è il divertimento e la voglia di stare insieme, condividendo la passione per il ciclismo nella massima libertà e rispetto per le esigenze individuali. “Siamo davvero orgogliosi di questo gruppo, - dichiarano i fondatori - di portare sulle divise da noi create il nome del nostro paese, di aver visto crescere dal nulla un vero team. L’estate 2015 ci aspetta per mille avventure… E tanti chilometri da pedalare insieme. Seguiteci sulle nostre già visitatissime pagine di Facebook e Instagram!”


12| NOTIZIE E DINTORNI Una meritata pensione “Da Roncofreddo a Viserba passando per Roma. Non è stata certamente la strada più corta ma sono arrivato. E oggi, dopo tanto lavoro, una meritata pensione!” Cosi esordisce Edo Scarpellini, uno dei barbieri storici della Viserba degli anni Sessanta. “Pensavo di consegnare la mia attività di barbiere a qualcuno che ricordasse l’insegnamento, anche morale, di saper ascoltare, rispondere, intrattenere con garbo a seconda del cliente di turno, ad un ragazzo prescelto di bottega, cosi come è successo a me tanti anni fa.” In queste profumate botteghe tanto in uso nel passato, spesso teatro di quella civetteria maschile mascherata solo dentro le mura domestiche, tra i frequentatori più assidui per la rasatura quotidiana di barba e la cura dei baffi, per il taglio dei capelli, la tinta, la prenotazione ampiamente anticipata, quante storie! Edo nasce a Roncofreddo nel marzo del 1937 da famiglia con pochi mezzi ma molto unita, da Francesco, barbiere, sarto, all’occorrenza macellaio, grande appassionato di caccia e da Ida Guerra, sarta, forse meglio dire santa. Maggiore di cinque figli, in tenera età è già presente a bottega con il padre per apprenderne il mestiere e aiutare la famiglia. Nel 1954, a soli sedici anni, inizia a lavorare presso un amico di famiglia che possedeva un salone da barbiere a Roma. La paga è bassa ma le mance sopperiscono alle spese di vitto e alloggio a casa di due anziane signore che gli affittano gentilmente un letto nell’atrio di casa. Dopo tre anni nella capitale, il rientro in Romagna. “Il mio primo datore di lavoro stagionale, a Viserba, è Aldo Bertozzi. Verso fine stagione apprendo da un cliente abituale che c’è un negozio da barbiere, appena aperto, in vendita. Non ho un franco, ma vado ugualmente a parlare. La volontà di vendere è pari alla mia di acquistare, concordiamo pagamenti rateali e senza interessi in due stagioni... Primo obiettivo raggiunto. Mi stavo realizzando! Vivevo e lavoravo fra negozio e

retrobottega, anni pesanti ma appaganti. Che periodo! Il boom economico e turistico, il paese che si espande, le pensioni che prolificano, sempre più bagnanti, tanto lavoro, due tre quattro barbieri poi anche una manicure... Prospettive dorate. Alla fine di quell’inverno trovo una piccola casa in affitto nel centro del paese, non è il massimo ma sufficiente per far trasferire tutta la famiglia di origine da Roncofreddo. Finalmente riuniti, anche gli altri fratelli e sorelle, cresciuti, iniziano a portare il loro contributo. Mi rivedo giovane: fisico gracile, meticoloso e precisino, pignolo oltre misura, autoritario, critico e ultimamente anche un poco rompiscatole! Tanti ricordi, qualche ram-

marico, una salute non proprio al massimo e gli anni che incombono. Un saluto a tutti i clienti che mi sono stati vicini negli anni e un ringraziamento agli amici che ancora mi sono accanto…”

Edo Scarpellini nella sua “bottega”


Gli Amarcord di piazza Pascoli “T’e’ prìm u j era snò la piaza, pu j a fat la funtèna, adès a j sèm nun” (all’inizio c’era solo la piazza, poi hanno fatto la fontana, ora ci siamo noi). Così si presenta un gruppo di ragazzi che ogni giorno si dà appuntamento nella piazza centrale di Viserba per scambiare quattro chiacchiere solo e obbligatoriamente nel “dialetto di borgata”. “È la maniera per non sentirsi stranieri nel proprio territorio - spiega Toni, uno del gruppo - Ci sentiamo un po’ depositari della lingua dei nostri vecchi, quella che abbiamo imparato da piccoli, con la quale si comunicava in famiglia. Diversa nella pronuncia e nel lessico, variabili di borgo in borgo, la lingua viserbese è costruita da un contenuto numero di vocaboli. È diretta, pratica, dai concetti semplici ed essenziali, con frasi di senso completo anche se composte da poche parole. Nel nostro quotidiano ci sentiamo un po’ depositari di questa parlata, mentre ci accompagna il rammarico che nessuna amministrazione o istituto culturale ne abbia a cuore la sopravvivenza.” As vidém in piàza!

Da sinistra, in alto, Tonino Scarpellini, Alvaro Ricci, al centro Giorgio Piva, in basso da sinistra, Leo Canducci e Claudio Franchini


14| PAGINE DI STORIA

Benef icenza

al Circolo dei Bagnanti di Manlio Masini | foto collezione Vigolo, archivio L’Ippocampo

Mentre la guerra imperversa, il “Comitato dei Piccoli Figli dei Combattenti” dà vita ad un Matinée di Beneficenza.

Con l’inizio delle ostilità belliche, l’attività balneare si riduce all’osso. Sulla litoranea la maggior parte dei villini ha le persiane chiuse, i giardini disadorni e i cancelli sprangati; i pochi villeggianti che s’intravedono sulla spiaggia tengono un contegno altamente riservato. Il momento è drammatico. Soppressa la piacevolezza della bagnatura, le uniche distrazioni sono quelle promosse dai comitati patriottici, tutte orientate a dare conforto alle famiglie dei soldati al fronte. Le notizie che arrivano

dalle trincee non sono affatto lusinghiere. Domenica 5 settembre 1917, al crepuscolo di una stagione particolarmente spenta, alcuni bagnanti riuniti nel “Comitato dei Piccoli Figli dei Combattenti” danno vita ad un Matinée di Beneficenza con un programma musicale che la stampa definisce «altamente artistico». Il Comitato, composto «dalle signore: Professoressa Emma Consolini, Maria Bucellati, Amalia Fiorini, Lucia Menniello, tutte di Bologna; Adele Balsimelli di Milano, Maria Ulivi


15| PAGINE DI STORIA

Nella pagina a fianco, la facciata del Circolo dei Bagnanti In questa pagina, immagini che ritraggono la società borghese che, nei primi anni del secolo, trascorreva la villeggiatura a Viserba

di Siena; e dai signori: rag. Torquato Menniello di Bologna e maestro Paolo Balsimelli di Milano», ottiene da Settimio Baschieri, proprietario del Circolo dei Bagnanti, l’uso gratuito del locale. «La Colonia balneare – riferisce il “Corriere Riminese” il 9 settembre – corrispose con slancio all’appello del Comitato, non solo, ma alcune Signore e Signorine ebbero la gentile idea di distribuire al pubblico, ad offerte libere, fiori e

coccarde. L’esito del concerto è stato coronato da completo successo, sia per la valentia degli artisti che vi hanno preso parte (tutti si sono prestati gentilmente), sia per l’incasso in L. 503,20 nette versate alla benemerita Presidentessa del Comitato Piccoli Figli dei Combattenti». La direzione del giornale, a margine del ben riuscito Matinée, esprime «agli egregi ospiti i più vivi ringraziamenti» e plaude «all’opera benefica da essi

spontaneamente esplicata a favore dei figli di coloro che stanno combattendo per una più grande Italia» (1). La guerra, intanto, prosegue con il suo carico di lutti e di angoscia per le numerose famiglie dei militari.

Note 1) “Corriere Riminese”, 9 settembre 1917


16| PAGINE DI STORIA

Le quattro colonie marine

di Manlio Masini | foto collezione Vigolo, archivio L’Ippocampo

Il Comitato della Croce Rossa Americana con sede in Rimini sostiene quattro colonie a Viserba ospitando quattrocento bambini d’ambo i sessi, a turni, nella villa Magrini e nell’hotel Lido sontuosamente arredati.

Nell’estate del 1918 la spiaggia di Viserba accoglie quattro Colonie marine riservate ai figli dei richiamati delle province di Forlì e di Ravenna. «Sussidiate in minima parte dai rispettivi patronati scolastici», le Colonie sono generosamente sostenute dal Comitato della Croce Rossa Americana con sede in Rimini e affidate alle cure della Contessa Niobe Bevilacqua Lapise (1). Suddivisi in quattro gruppi, i 400 bambini d’ambo i sessi, inviati da Ravenna (i più numerosi), Forlì, Cesena, Bagnacavallo e Lugo, sono ospitati a turni

nella villa Magrini e nell’hotel Lido. Dal “Corriere Riminese” dell’11 ottobre 1918 i particolari di questa iniziativa: «La prima Colonia fu aperta il 15 luglio nella villa Magrini, la seconda il 3 agosto nell’hotel Lido ed entrambe ebbero la durata di circa 40 giorni. I locali non potevano essere più ben esposti e disposti; ben areati, splendidi, meglio arredati, adorni di piante e di fiori, circondati da rigagnoli d’acqua, ricchi di zampilli accrescenti il refrigerio della brezza marina. Ordine, pulizia, eleganza si riscontravano ovunque e sempre,

perché il fanciullo vi trovasse anche il sorriso che è tutta la sua vita. L’orario giornaliero era così disposto: alle ore 7 sveglia, e fino alle 8 pulizia personale; alle 8 colazione: pane e latte; dalle 8,30 alle 12 cura marina e alle 10,30 bagno. Alle 12 desinare: una buona minestra in brodo, o con verdure, o con legumi, o asciutta; più una porzione di carne con patate o con verdure, oppure uova e pane. Dalle 13 alle 15 riposo; dalle 15 alle 20 cura marina e alle 17 merenda: pane e pere cotte. Alle 20 cena: pane, latte e una porzione di carne


17| PAGINE DI STORIA

Nella pagina a fianco, bambini in posa sulla spiaggia di Viserba nei primi del secolo scorso In questa pagina, villa Magrini e l’hotel Lido, le due strutture ospitanti le colonie marine

o uova o formaggio e frutta cotta (il pane bianchissimo e di facile digestione, fu distribuito in abbondanza tanto che le razioni giornaliere da gr. 360 giunsero fino a gr. 500). Alle ore 21 riposo. Non mancò un istante la vigilanza oculatissima della solerte Direttrice Contessa Bevilacqua, delle insegnanti, delle inservienti, e le insegnanti, sempre assidue, intrattenevano poi, sulla spiaggia e sulle terrazze, i fanciulli in esercizi ginnastici, canto, giuochi, conversazioni piacevoli; e ordine e rigorosa disciplina furono costantemente superiori ad ogni elogio. Onde mentre il fisico era sottoposto a cura energica, la mente e il cuore avevano campo di rafforzarsi e il precipuo scopo fu di educare tanto che i fanciulli recalcitranti e ribelli, in pochi giorni erano diventati i più gentili, i più mansueti. Ciò fu merito speciale della Contessa Bevilacqua che, ben sapendo quale azione debba esplicare nell’ora presente la donna, attese con affetto materno alla missione impostasi sostituendo la madre e la maestra, facendo dimenticare ai suoi bambini (così soleva chiamarli) i patimenti della miseria, le sofferenze del distacco dalla famiglia». Il “pezzo”, che testimonia le modalità del soggiorno marino dei 400

bambini, termina con un caloroso ringraziamento al Capitano Stanley Lothrop, capo delle Sezioni adriatiche della Croce Rossa Americana, da Bologna a Bari: «Egli, persona intelligente, attivissima, beneficò sempre largamente le Colonie; provvide di indumenti e di giocattoli i fanciulli durante la cura e, prima che partissero, a ognuno fece dono di un corredino completo, non esclusi dolci e giocattoli. Il gentile Capitano era spesso in mezzo ai suoi bambini a prodigare sorrisi, carezze, baci; a ripetere parole d’incoraggiamento, di consiglio: era il padre affettuosissimo, accolto sempre festosamente dalla sua nu-

merosa figliolanza, desideroso di renderla felice. Gli fu poi compagno il Ten. Rag. Franco Picciolo, ufficiale di collegamento, giovane solerte, coltissimo, animato da grandi affetti, degno cugino del Comandante Rizzo, onore e vanto dell’Italia nostra».

Note 1) Cfr. “Corriere Riminese”, 11 ottobre 1918


18| PAGINE DI STORIA

Costumi da bagno sulla spiaggia di Viserba di Donata Ciavatti | foto collezioni Vigolo, Venturi, Semprini

È stata una lunga strada, quella del costume da bagno, la sua storia comincia nell’Ottocento. A Viserba la spiaggia iniziò a popolarsi solo dai primi anni del secolo successivo con uomini, donne e bambini in abbigliamenti bizzarri. Appena arrivati sulla spiaggia di Viserba, i miei vicini di ombrellone, oggi, fanno come tutti: si spogliano. Lui resta in slip e lei in un succinto Tanga perché deve aver deciso per un’abbronzatura completa. L’abbronzatura è diventata ai nostri giorni, oltre che segno di salute, uno status symbol. Per secoli la vacanza aveva riguarda-

to i ceti nobiliari, poi l’alta borghesia e infine la gente di spettacolo e a far vacanza si andava in campagna. Tutti possedevano una villa in campagna. Il mare non era ancora stato scoperto, ma anche qui era destino che sorgesse qualcuno capace di dare un inizio e, come tutti gli iniziatori, Sarah Bernhard diede scandalo quan-

do si presentò sulla riva del mare con una camicia e un paio di pantaloni di tela lunghi fino alla caviglia. Ma fece scuola e aprì la strada. Qualcuno cominciò a pensare ai benefici della talassoterapia e dell’abbronzatura e anche a Rimini, nel 1848, si fondò uno stabilimento balneare. Siamo in piena età vittoriana, l’abbigliamento


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era regolato da norme legate al pudore che impedivano di scoprire il proprio corpo. Perciò al mare, a Rimini, si andava come si andava in campagna: abiti lunghi, corpetto, ombrellino, calze, scarpe e cappellino! Non un centimetro di pelle scoperta! I più fortunati erano i ragazzi che potevano bagnarsi i piedi. Viserba si apre al turismo nei primi anni del 1900, quando ormai in Europa e a Rimini avanzava l’idea che bisognava riconsiderare il valore dell’abbronzatura, che in fondo non era così volgare come si era creduto, che il pallore non fosse un segno di virtù e di signorilità e che finalmente alcune parti del corpo potevano essere esposte al sole. Per di più Viserba beneficiava delle nuove mode che mandavano in soffitta le norme in uso nei primi stabilimenti balneari che volevano la separazione di uomini e donne e addirittura, per loro, prevedeva cabine chiuse da cui poter scivolare in mare senza essere viste dai maschi. Il costume da bagno incomincia ad avere diritto di cittadinanza, ma la sua fattura è davvero bizzarra, perché consta di larghi mutandoni fino alla caviglia (o gonnel-

loni con sottoveste), lunghe casacche con maniche a sbuffo fino al gomito, cuffiette di stoffa, calze nere e scarpette. Non meglio stavano gli uomini chiusi in una lunga tuta di maglia a maniche lunghe. Poi si cominciò ad accorciare. I mutandoni arrivarono al ginocchio, sparirono maniche, calze e scarpe e si cambiò il tessuto che dalla maglia pesante passò ad una più leggera e aderente. Le cartoline spedite nei primi anni del ‘900 che raffigurano i bagnanti sulla spiaggia

Nella pagina accanto, cartolina che ritrae bagnanti sulla spiaggia di Viserba datata 09/08/1905 Sopra, un gruppo di giovani donne in posa davanti al moscone Una famiglia in pittoresco costume da bagno A fianco, un’allegra compagnia in mise da spiaggia


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di Viserba bene ritraggono il costume femminile. È l’ora del bagno. L’allegra compagnia, non distante dalla riva sta accucciata in acqua. È festa per i bambini, due signore li controllano. Una è immersa in acqua con tutto il suo abito, l’altra mostra interamente il suo costume da bagno composto da pantaloni che escono da un abito che arriva sotto le ginocchia. È stretto in vita da una cintura che fa pendant con la bordatura dell’orlo e l’ampio collo da marinaretto. L’abito poteva essere blu, rosso o nero; la

fantasia del modista aveva lavorato applicando righe bianche e rosse oppure bianche e blu; il tessuto poteva essere di cotonina. Da notare come, mentre la moda castigasse l’abbigliamento delle signore, gli uomini già avevano scoperto gambe e torace. A poco a poco la moda si fa audace, la tunica marina si accorcia ancora e diventa scollata. Agli uomini e ai ragazzi tocca, e toccherà per un tempo lunghissimo, un costume intero sicuramente di lana che in acqua si inzuppava, si allungava, pizzica-

va diventando un notevole impaccio, ma era vivacizzato da una serie di righe nere o bianche, verticali o orizzontali. In Francia un’irriverente stilista, Coco Chanel, lancia nel 1915 una nuova moda da spiaggia molto osé: pantaloncini corti con il ginocchio scoperto e busto scollato. Appena nove anni prima, l’America si era indignata alla vista di una nuotatrice che durante una gara si era presentata con un costume intero quasi simile. Ma ormai la strada era aperta e tutte osavano ciò che qualche tempo prima era inimmaginabile. E se i benpensanti condannavano, uomini di mondo sorridevano e approvavano. La mise da mare che Marta Abba indossò nel 1930 destò scalpore, ma la stampa parlò di lei e fu imitata. Si cercò un rimedio che nascondesse tanta oscenità distribuendo sulla spiaggia lunghi accappatoi bianchi in spugna che permettevano ai bagnanti di uscire dall’acqua e coprirsi immediatamente per evitare scandali. E questo succedeva ovunque, anche a Viserba. Si continuò scoprendo l’ombelico, destando puntualmente la reazione delle autorità, fino a che Ester Williams propose al mondo, attraverso i suoi film, il nuo-


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vo costume di lastex che fasciava il corpo e che divenne universalmente accettato. Anche Viserba si adeguava alla nuova moda, e se il costume da bagno restava di lana, con tutti gli inconvenienti che comportava, a poco a poco le signore all’avanguardia co-

minciavano a mostrare il loro corpo. Da quel momento la storia del costume da bagno non ha piĂš tabĂš e... oggi i miei vicini di ombrellone, che indossano uno slip e un Tanga, sono gli ultimi beneficiari di un lungo processo di liberazione del corpo.

Nella pagina accanto, in alto da sinistra, la signora Anna Maria con il fratello davanti al Surcion 1951 Elena Patrignani e Fulvia Andaloni nello sbocco a mare di via Polazzi Paola Amati sulla fontana di via Roma Comitiva di amici In questa pagina da sinistra, Laura Domeniconi 1948, Alba Manzi, Tilde Domeniconi e Nubiana Conti A lato, da sinistra, Elena Patrignani, Dario Panighelli, Paola Succi


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Dietro le quinte degli eventi estivi di Maria Cristina Muccioli I foto Nicola Sammarini

Organizzare uno spettacolo, una sfilata di moda o una rustìda di pesce, ospitare un artista, predisporre mostre e presentazioni di libri, coordinare tornei sportivi… è un lavoro duro e piacevole al contempo, frutto di creatività e impegno di coloro che presentiamo in queste pagine.

Quasi ogni sera, nei mesi estivi, sulla nostra riviera gli ospiti assistono gratuitamente e liberamente ad eventi di vario tipo e per tutti i gusti, spesso senza avere la consapevolezza precisa di chi operi dietro le quinte. Sono i Comitati Turistici, associazioni di volontari che hanno a cuore il territorio e le sue attività imprenditoriali: donne e uomini del posto che

dedicano tempo e risorse per offrire momenti di svago e divertimento a chi sceglie Viserba, Viserbella, Torre Pedrera e Rivabella come meta delle vacanze. Il turista vede solo il risultato finale, col suo contorno di luci, parole e musiche, che si esaurisce in una serata. Ma si tratta di un’attività continua, anche coordinata fra le varie zone e con l’Amministrazione

Comunale come referente. Sempre ‘sul pezzo’, con incontri e riunioni durante tutto l’arco dell’anno, dove si discute di proposte, desideri, esigenze… Ognuno mette a disposizione i propri talenti: chi disegna e impagina le locandine e i programmi, chi si impegna per i permessi vari che occorrono in tutte le manifestazioni, chi contatta gli artisti, chi si occupa


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di suono e luci per gli spettacoli, chi iscrive i nuovi soci e chi registra le fatture, chi prende il microfono in mano e si trasforma in “front man” o “front woman” nelle presentazioni pubbliche, chi (tanti!) si propone come factotum per i lavori di fatica e per l’allestimento di palchi e platea. L’attività dei Comitati Turistici è disciplinata da un regolamento del Comune di Rimini (v. nota in fondo), da cui si evince che questi gruppi di cittadini sono una sorta di “accademie di filopatridi” attenti alle opportunità più piacevoli offerte dal territorio di competenza. Un piccolo esercito di “invisibili” che presentiamo in queste pagine insieme alle idee e ai programmi pensati per la stagione 2015. Comitato Turistico di Viserba Dalla stagione 2015 il Comitato Turistico di Viserba si avvale di volti nuovi, visto che da febbraio i soci hanno eletto il loro nuovo Consiglio, che opererà per il triennio 2015/2017. La nuova compagine è composta da Paolo Morolli (presidente), Roberto Mazzotti (vice presidente), Marcello Sivieri (tesoriere), Nerea Gasperoni (segretaria), Claudio Cit (responsa-

bile organizzazione tecnica e direzione artistica) e dai consiglieri Ana Cristina Silva, Emanuela Balducci, Enrico Biagini, Mirco Bianchini, Salvatore Cusentino, Tiziana Colinucci, Giorgia Giovagnoli, Elena Lazzarini, Armando Morelli, Fabio Perazzini. Dopo aver debuttato con le prime manifestazioni già in primavera (la tradizionale fogheraccia di San Giuseppe, il torneo sportivo di Tchoukball, la Festa delle Acque), il calendario estivo si preannuncia molto vario, con diverse interessanti novità. Il palcoscenico preferito continuerà ad essere quello di piazza Pascoli, dove ogni martedì tornerà la ‘Sagra dell’antiquariato e dei collezionisti’, mentre al giovedì saranno protagonisti i bambini con il loro mercatino. Gli eventi musicali saranno per tutti i gusti: dai bambini, agli anziani, passando per il rock, i revival anni 80/90 e le tribute band. Torneranno anche appuntamenti ormai tradizionali quali la sfilata di moda di fine luglio organizzata dai commercianti locali e il concorso “Figurazioni di sabbia”, evento che ha alle sue spalle una storia che risale addirittura agli anni Venti del secolo scorso.

Comitato Turistico di Viserbella Quello di Viserbella è un gruppo già affiatato e, come il cugino viserbese, molto attivo. Diverse attività vengono svolte in collaborazione con il Museo della Piccola Marineria e delle Conchiglie “E’ Scaion” e altre associazioni. Grazie all’interessamento del Comitato Turistico, recentemente Viserbella ha potuto vedere realizzati due piccoli-grandi obiettivi: la sistemazione dell’ingresso nord del paese con un’insegna luminosa e la risistemazione del muretto a mare della zona centro/sud. Il Comitato di Viserbella è così composto: Luca Donati

Nella pagina precedente, foto di gruppo del comitato turistico di Viserba. Da sinistra, in alto, Ana Cristina Silva, Nerea Gasperoni, Claudio Cit, Tiziana Colinucci, Marcello Sivieri, Emanuela Balducci, Salvatore Cusentino, Paolo Morolli. In basso, Giorgia Giovagnoli, Elena Lazzarini, Enrico Biagini, Armando Morelli, Fabio Perazzini, Mirco Bianchini, Roberto Mazzotti In questa pagina, sopra, il comitato di Viserbella. Da sinistra, Marco Pagliarani, Davide Neri, Luca Donati, Maurizio Rossi, Angela Lucchi Sotto, la fogheraccia di Viserba e, a fianco, l’evento viserbellese “esposizione di quadri e foto antiche”


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(presidente), Davide Neri (vice presidente), Daniele Donati, Maurizio Rossi, Angela Lucchi, Guerriero Bernardi, Marco Pagliarani, Marco Arlotti (consiglieri). Nel programma del 2015 ci sono due simpatiche novità: la “serata dell’arzdora e del pescatore” e il posizionamento per tutta l’estate, sul lungomare, di una ventina di pannelli con fotografie d’epoca di Viserbella appartenenti alle collezioni del Museo “E’ Scaion” e dell’associazione L’Ippocampo. Ogni giovedì si terrà il mercatino dell’artigianato, mentre il martedì ci sarà quello dedicato ai bambini. Segno distintivo resta il legame con la marineria locale, con l’organizzazione di tre rievocazioni dell’antica “pesca alla tratta” (in collaborazione con il Museo “E’ Scaion”) e due serate in cui vengono offerti ai turisti degli spiedini di ottimo pesce dell’Adriatico.

In alto, comitato turistico di Torre Pedrera. Da sinistra, Pier Paolo Pronti, Moreno Ricci, Marco Zamagni, Gianni Berardi, Daniele Sarti A lato, sfilata di auto americane d’epoca organizzata dal comitato turistico di Torre Pedrera Rustida di pesce in occasione della serata organizzata in collaborazione con il museo E’ Scaion

Comitato Turistico di Torre Pedrera Anche il Comitato Turistico di Torre Pedrera è nato su iniziativa di un gruppo di operatori locali. L’obiettivo? Valorizzare le risorse turistiche di Torre Pedrera nel quadro di una politica complessiva di immagine della città e rendere più piacevole il soggiorno sulla riviera. È dal Comitato Turistico che escono e si sviluppano le idee di creazione di manifestazioni, in collaborazione con il Comune di Rimini, per la realizzazione dei grandi eventi che coinvolgono tutto il paese sia d’estate che nei periodi di festività come Pasqua, Natale, Capodanno. Il punto di


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A lato, sfilata dei carri agricoli e una suggestiva immagine del presepe di sabbia, che viene allestito ogni anno nel periodo natalizio sulla spiaggia di Torre Pedrera

riferimento degli operatori è il presidente Gianni Berardi, stimato sia per la giovialità che per l’impegno che dimostra nelle iniziative del Comitato stesso. Altri validi collaboratori sono Moreno Ricci (rappresentante della categoria dei commercianti e fulcro per tutte le movimentazioni logistiche e non solo), Daniele Sarti ora ristoratore, il “tuttologo” del gruppo, fondamentale per le sue applicazioni tecniche e le sue uscite d’estro), Enzo Zamagni (che “nonostante i suoi problemi” organizza magistralmente il mercatino del lunedì, che negli ultimi anni è diventato una vera chicca), Pierpaolo Pronti (a cui è affidata tutta la comunicazione: web, social e non solo), Mauro Forti (altra colonna portante per l’organizzazione e la logistica). Infine, ma non ultimi, fondamentali sono i componenti del gruppo che si prodiga in cucina in tante manifestazioni preparando specialità alla vecchia maniera, soprattutto a base di pesce. Tra le varie manifestazioni storiche, molto apprezzate dagli ospiti, va ricordato l’“East Coast Festival”, uno dei principali raduni d’Italia di auto e moto d’epoca americane. Il lungomare viene chiuso al traffico per

due giorni e si trasforma al ritmo di rock and roll country. Anche la “Festa della Trebbiatura” è molto importante e richiesta dai turisti, che vedono sfilare sul lungomare numerosi carri agricoli e mezzi colorati guidati da personaggi coloriti caratteristici della cultura contadina. Dopo la sfilata, la festa continua con la dimostrazione della trebbiatura, accompagnata da musiche e canzoni e dalle immancabili piadine farcite. Il lavoro del Comitato Turistico di Torre Pedrera non è solo nella stagione estiva: infatti negli ultimi anni nel periodo natalizio viene organizzato magistralmente un enorme “Presepe di Sabbia”: in riva

al mare, all’interno di una struttura di oltre 300 mq, con tanti eventi collaterali come il bagno di Capodanno. Questa Natività speciale richiama molti dei turisti estivi, che possono così conoscere la magia del mare d’inverno.


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In alto, da sinistra, in piedi: Damiano Penny dj, Cristian Cesi, Giuliano Rocchi, Claudio Galli, Giulia Fabbri, Guido Grandi, Claudio Grappoli; sotto, da sinistra, Daniele Pari, Domenico Campidelli, Daniela Cirilli

Comitato Turistico di Rivabella Anche questo è un gruppo affiatato e dinamico, con base operativa in piazzale Adamello. Oltre al mercatino di giornalini e giocattoli dedicato e “gestito” dai bambini, che si tiene ogni martedì per tutta l’estate, altri appuntamenti già collaudati da diverse stagioni riescono a coinvolgere migliaia di persone, come la tombola benefica a favore dell’Avis che si terrà il 13

agosto, il nuovo spettacolo di Sergio Casabianca, a favore dell’associazione “Una goccia per il mondo”, che si terrà il 16 luglio, e l’esposizione di auto d’epoca “Motori al mare”, con premiazione serale, che si terrà nella giornata del 2 agosto. Un “fiore all’occhiello” del Comitato è la modalità “itinerante” con cui si svolgono molte serate, quando i gruppi scendono dal palco per offrire

la loro musica lungo la via principale di Rivabella. E infatti queste serate sono state battezzate “via Toscanelli in musica”.

Comune di Rimini. Disciplina per l’individuazione dei Comitati Turistici riminesi e per la determinazione dei criteri e modalità per l’applicazione dell’art. 12 della legge 7.8.1990 n. 241 - Allegato A della Deliberazione di G.C. n. 197 del 27.04.2004. (estratto) Natura dei soggetti beneficiari. Per Comitato Turistico, ai fini della concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di cui al precedente articolo, si intende una stabile organizzazione, legalmente costituita, senza scopo di lucro, finalizzata allo svolgimento di attività mirate alla promozione della località sulla quale il Comitato insiste, allo scopo di conservare, valorizzare e migliorare le relative risorse turistiche, ambientali e culturali. L’attività del Comitato Turistico deve essere quindi diretta: 1) alla tutela ed alla promozione del suo territorio e delle sue peculiarità turistiche, ambientali e culturali; 2) all’assunzione di iniziative turistiche, alla realizzazione di manifestazioni, di sagre locali, di pubblici intrattenimenti per la valorizzazione della località e per la migliore accoglienza del turista. Requisiti dei soggetti beneficiari. I Comitati Turistici, per poter accedere ai benefici di cui al precedente art. 1 devono inoltre: 3) essere retti da atto costitutivo e/o statuto che preveda la libera e democratica eleggibilità degli organi amministrativi; 4) svolgere l’attività istituzionale, di cui al precedente art.2, in modo continuativo; 5) rappresentare la sintesi e l’unione di tutte le risorse umane ed economiche presenti nella località (commercianti, titolari di stabilimenti balneari, titolari di pubblici esercizi in genere, titolari di strutture ricettive, imprenditori ed altri soggetti) con effettivo e reale legame all’immagine, tradizione ed economia del territorio su cui i Comitati stessi insistono; 6) collaborare, nel rispetto delle proprie finalità ed autonomia, con il Comune e con gli altri Comitati Turistici e/o realtà similari esistenti sul territorio comunale ed attivarsi per partecipare alle iniziative di programmazione turistica attinenti alle proprie attività.


I “Lunedì di Viserba” 2015 È un programma, quello organizzato da quattro anni ogni lunedì dalla parrocchia di Viserba Mare, che, facendo tesoro dell’esperienza, nel tempo è cresciuto a livello di qualità e di accoglienza e che fa da complemento alle iniziative del Comitato Turistico e di altre realtà. “Visto che siamo una parrocchia turistica, - spiega don Aldo Fonti - tutti insieme, parrocchia e operatori turistici, dobbiamo lavorare in sinergia per offrire agli ospiti giornate di vacanza/ riposo che ritemprino non solo il corpo, ma anche lo spirito. Il nostro specifico è offrire ai turisti iniziative di carattere religioso e spirituale che aiutino a tradurre la fede in cultura. E questo lo facciamo con metodologie diverse: dalla musica/messaggio al teatro, dalle conferenze, alle testimonianze…” I “Lunedì di Viserba” anche quest’anno punteranno l’attenzione su ciò che succede nel mondo, tentando un discernimento alla luce del Vangelo. Si toccheranno quindi alcuni dei grandi temi attuali: il mistero della Sindone, un viaggio nel pianeta “fame nel mondo” attraverso Expo 2015, l’Islam, le migrazioni, la nuova geopolitica. Il concerto dei “Cori uniti” sarà esempio, infine, del cammino verso una sempre maggiore integrazione delle parrocchie viserbesi.

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La freschezza degli affreschi di Maria Marzullo | foto Nicola Sammarini


29| LUOGHI DEL CUORE Grandi e giovani artisti hanno impreziosito la chiesa di San Martino in Riparotta, con un tocco volutamente ‘azzardato’ di modernismo, ma nel solco profondo della tradizione spirituale. La parrocchia di San Martino in Riparotta, grazie a don Danilo Manduchi che ne è alla guida da trentadue anni, si è distinta anche nel mondo della cultura per le sue tante iniziative; tra queste, le più note sono quelle legate al ripristino dell’orologio di Talacia (di cui abbiamo parlato in “Vis a Vis” n. 1 - dicembre 2012). La chiesa, negli ultimi decenni, è stata oggetto di grandi lavori di ristrutturazione e restauro ed è stato tanto l’impegno profuso da don Danilo per riuscire ad ottenere i permessi dalla Sovraintendenza dei beni culturali e altrettanto quello per la realizzazione dei lavori, che sono terminati nel 2004. L’impegno è proseguito anche in seguito, con la realizzazione degli affreschi che oggi valorizzano ulteriormente la storia e il nome della chiesa, dedicata fin dal 1200 a San Martino vescovo evangelizzatore delle campagne. Visitiamo la chiesa al fianco del ‘padrone di casa’ che, come la più esperta delle guide, ci illustra dettagliatamente il patrimonio iconografico, il suo valore artistico e le tecniche utilizzate, con un valore aggiunto: la descrizione della profonda motivazione spirituale che sottintende i soggetti e le storie rappresentati.

“Le scelte iconografiche dei nuovi affreschi sono innovative e moderne, - spiega don Danilo - a partire da quelle che impreziosiscono la facciata, sulla quale svetta una pala in ceramica interamente decorata a mano. L’artista è Raffaele Faetani, giovane e abile ceramista e pittore riminese. Questa pala, dando spessore e connotazione precisa alla chiesa, richiama alla santità evangelica del nostro patrono.”

All’interno, guardando il soffitto, si può ammirare un grande riquadro che ricorda le chiese settecentesche con i cieli sfolgoranti. “L’affresco, che misura circa 50 metri quadrati, spiega don Danilo - è opera di Eron, nome d’arte di Davide Salvadei, fa-

moso street artist noto a livello internazionale per la poesia e l’intensità dei suoi graffiti garbati e di grande effetto comunicativo. Mirabilmente, Eron ha illustrato le ispirazioni più belle e profonde del cuore dell’uomo (simboleggiato dall’angelo), come la pace, l’amicizia, la giustizia e l’amore. Le colombe appena abbozzate diventano autentiche, vere, reali, quando entrano nella prospettiva di Dio, nel cielo di Dio. Eron ha infatti operato con capacità e delicatezza per un risultato di grande efficacia contenutistica e grafica. La scritta evangelica ‘Se non diventerete come bambini...’ connota il dipinto come un invito a porre la vita in Cristo, colui che, facendoci compiere un percorso di conversione, dona felicità ai nostri giorni.”

Con quest’opera, intitolata ‘Forever and ever... nei secoli dei secoli...’, probabilmente per la prima volta nella storia, la Street Art entra nel tempio dell’arte per eccellenza: in chiesa, dove l’arte, con l’iconografia religiosa e le grandiose architetture, risiede


30| LUOGHI DEL CUORE

da secoli e la piccola chiesa di San Martino in Riparotta attraverso questo primato diventa unica nel mondo. “La poetica e l’elevata profondità d’animo dell’artista - afferma don Danilo - hanno saputo coniugare i diversi aspetti di quest’opera: modernità, spiritualità, intensità, bellezza… facendola rimbalzare all’attenzione locale e internazionale, rendendoci orgogliosi di averla resa possibile!” Col naso all’insù contempliamo il volo di colombe bianche nell’azzurro intenso che squarcia il velo delle nuvole e l’angioletto con la vernice spray che rappresenta la firma dell’autore e una grande commozione ci assale mentre riprendiamo il viaggio… “Per le icone della navata centrale - prosegue don Danilo nella sua esposizione - ci siamo avvalsi di un linguaggio moderno capace di comunicare con tutti: il fumetto. Nei riquadri appositamente lasciati nei fusti delle colonne, abbiamo pensato a

due tra le più importanti storie, scritte dal biografo Sulpicio Severo, tratte da ‘La vita di San Martino’ raccontate per immagini, in sequenza, come accade appunto nei fumetti, una forma d’arte del tutto rispettabile, con la capacità di trasmettere emozioni e riflessioni.” In questo caso l’artista è Mabel Morri, fumettista, anche lei riminese di nascita e attualmente residente a Senigallia, esperta soprattutto nella pubblicazione di grafic novel, genere che richiede grandissima attenzione alla sceneggiatura delle storie addirittura più che il fumetto classico. Il primo episodio (entrando in chiesa sulla destra) ci riporta la storia in cui Martino, figlio di genitori di rango elevato ma non credenti, a soli quindici anni viene costretto al giuramento che lo porterà a seguire le orme del padre, a sua volta militare. Di ritorno da una ricognizione, ad Amiens nell’anno 335, in una gelida notte d’inverno, incontra un povero

infreddolito che chiede l’elemosina, ma lui non ha nulla da dargli! Vestito della sua bella uniforme di guardia imperiale coperta dalla clamide purpurea, senza indugi sfodera la spada, divide la clamide in due, donandone metà al povero. La notte seguente, durante il sonno, Martino vede Gesù vestito della parte della clamide che aveva donato al povero per farlo riparare dal freddo. Questo gesto segna la crescita spirituale di Martino, che sin da bambino aveva indole di persona pia e religiosa e che, pur non essendo battezzato, conosceva il Vangelo: “Quello che avete fatto a uno di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Il secondo episodio (entrando in chiesa sulla sinistra) narra di quando Martino, già battezzato, affronta l’imperatore Giuliano e abbandona l’esercito. I confini dell’Impero erano minacciati dalle invasioni dei barbari e la guardia imperiale raggiunge l’imperatore per ricevere il premio che si


31| LUOGHI DEL CUORE

Gli Artisti Eron (Davide Salvadei) è nato a Rimini nel 1973. Eletto miglior street artist italiano dalla rivista specializzata AL Magazine alla fine degli anni novanta, ha continuato ad affinare la tecnica della spray painting fino ad ottenere un risultato pittorico unico e riconoscibile. Conosciuto a livello internazionale per la sua ricerca figurativa nel mondo della street art e della pittura contemporanea, Eron è stato invitato ad esporre in varie mostre personali e collettive insieme a Obey, Ericailcane, Blu, Ozmo, Dem, Andreco, Olek, Phase 2, Flavio Favelli, Gabriele Basilico, Enzo Cucchi. Con l’opera dal titolo “Forever and ever... Nei secoli dei secoli...”, per la prima volta nella storia la street art entra nel luogo dove l’arte supera i secoli: la chiesa. Nel 2012 il MMOMA magazine, rivista ufficiale del Moscow Museum of Modern Art, gli ha dedicato un ampio servizio per l’originalità e la poetica del suo stile figurativo che unisce disegno e realtà confondendone i confini. Eron realizza i suoi lavori sia in strada sia su tela, considerando sempre il contesto nel quale interviene. Le opere che Eron crea sui muri urbani toccano spesso temi sociali, mentre quando dipinge in studio la ricerca figurativa va oltre la semplice rappresentazione di un soggetto.

usava versare alla vigilia del combattimento per incoraggiare i soldati. Giunto il suo turno, Martino dice a Cesare: “Finora ho militato ai tuoi ordini, permettimi ora di militare al servizio di Dio!” L’imperatore si adira, accusandolo di non voler andare in battaglia per viltà, ma Martino, intrepido, risponde: “Se ciò è attribuito alla viltà, e non alla mia fede, domani mi porrò inerme davanti alla schiera e in nome del Signore Gesù, protetto non dallo scudo o dall’elmo, ma dal segno della croce, penetrerò sicuro tra i reparti dei nemici”. L’imperatore ordina di chiudere in carcere Martino fino all’indomani. Lui trascorre la notte in preghiera e, il mattino dopo, avanza disarmato nel campo degli avversari e ne ottiene la resa. Dopo questo episodio, che rappresenta il suo primo miracolo, Martino abbandonerà effettivamente l’esercito. “Le immagini di Mabel hanno riscontrato grande consenso anche dalle

Mabel Morri, nata a Rimini nel 1975, si è diplomata al liceo artistico e successivamente alla Scuola del Fumetto di Milano. Nel 1999 ha fondato con colleghi del corso la casa editrice indipendente Studio Monkey, con cui ha pubblicato la fanzine “Hai mai notato la forma delle mele?”. Nel 2002 ha vinto il “Premio scenario” al festival di fumetti di Lucerna (migliore sceneggiatura con la storia “22 e 37”) e nel 2004 il “Premio nuove strade” al Comicon di Napoli. Sempre del 2004 esce l’antologia “Vite comuni” per il Centro Fumetto Andrea Pazienza. Dal 2005 al 2009 pubblica alcune storie brevi per Selfcomics, raccolte poi in tre antologie edite da BlackVelvet Editrice. Nel 2009 esce il suo primo romanzo a fumetti “Io e te su Naboo”, pubblicato da Kappa Edizioni, col quale viene premiata al festival del fumetto di Sarzana, in Liguria. A marzo 2013 è uscita la sua seconda graphic novel, “Cinquecento milioni di stelle”, pubblicata sempre da Kappa Edizioni. Nel 2014 realizza le otto colonne della chiesa di San Martino in Riparotta. Sempre nel 2014 esce il volume antologico “Hai mai notato la forma delle mele?”, edito da Renbooks, e una storia illustrata nel volume “La fine dell’amore” edito da Hop Edizioni. Disegna da quasi vent’anni, durante i quali ha pubblicato oltre dieci volumi italiani e stranieri su cui sono presenti sue storie brevi.

Raffaele Faetani, ceramista e pittore riminese. Molte le sue esposizioni, fra cui quelle realizzate al museo di Rimini, quelle in occasione della mostra-mercato natalizio nella vecchia pescheria, e la partecipazione a eventi legati alla promozione della creatività e dell’artigianato locale. Apprezzato a livello nazionale e internazionale, ha esposto le sue opere in varie città, ottenendo premi e riconoscimenti. Fra le sue opere: quadri, piatti decorati, dai piccoli oggetti d’arredo fino alle grandi creazioni artistiche su progetto. Grande appassionato delle forme e dei volumi, è uno sperimentatore di nuovi connubi e incontri diversi. Ognuna delle sue creazioni nasce dalla volontà di dar vita a un oggetto che sia fatto non solo per essere osservato, ma anche toccato. Ed è così che infatti anche i suoi dipinti tendono ad abbandonare la bidimensionalità per avvicinarsi all’aspetto del bassorilievo grazie all’applicazione di più strati materici e colore.


32| LUOGHI DEL CUORE

persone più adulte. - prosegue don Danilo - Certamente le due ‘storie per immagini’ sono del tutto comprensibili e accattivanti. La narrazione alterna scene di massa ad altre più dettagliate, con una successione quasi cinematografica, che attira l’at-

tenzione. Crediamo che la finalità di trasmettere la storia del santo come un invito alla condivisione delle sue azioni sia stata raggiunta: chi guarda viene certamente coinvolto, entra a sua volta nella vicenda.” Infine, ma non da ultimo, da notare con la giu-

sta importanza, nel tondo dell’abside dietro l’altare la scritta in ferro dei versi dell’ultimo Canto della Divina Commedia di Dante, che riportano una delle più belle preghiere alla Vergine che siano mai state scritte. Don Danilo conclude dicendo con soddi-

In queste pagine e nelle precedenti, l’interno della chiesa di San Martino in Riparotta Nella navata centrale, in alto a destra, l’angioletto che dipinge le colombe rappresenta la “firma”di Eron Qui sopra, la statua di San Martino e una panoramica del colonnato decorato da Mabel Morri


33| LUOGHI DEL CUORE

sfazione che molti sono stati i visitatori anche internazionali, tra questi molti addetti ai lavori, i quali si sono complimentati per la scelta e la qualità delle opere realizzate. Il parroco descrive con entusiasmo l’impegno per creare aggregazione: “perché fraternità, festa e Vangelo significano amicizia fra le persone e con Dio.” E nel salutarci ci invita a leggere una frase riportata su un quadro alle spalle della sua scrivania, scritta da un anonimo, che cosi recita: “Se pensi ad oggi mangi pane. Se pensi ad un decennio pianti un albero. Se pensi ad un secolo educhi bambini.” Con questa bella riflessione, invitiamo a visitare la chiesa di San Martino in Riparotta, protagonista di una piccola rivoluzione artistica nel vasto mondo dell’iconografia sacra.

Sotto, una suggestiva vista dell’abside con la celebre preghiera alla Vergine del Paradiso di Dante

Stile settecentesco per una delle più antiche parrocchie L’origine della parrocchia di San Martino in Riparotta si può far risalire ai primi anni del Mille, non ancora come parrocchia in senso giuridico, ma già come luogo di culto e di aggregazione dei cristiani del territorio. Il primo riscontro nei documenti ufficiali dell’esistenza di questa chiesa si ha in una bolla di papa Nicola II nel 1059, in favore del monastero dei Santi Pietro e Paolo (oggi San Giuliano Martire, al Borgo) in cui si accenna ad una cellam sancti Martini in Riparupta. In un contratto di vendita di un campo nel 1256, sempre di proprietà dello stesso monastero, la cellam viene denominata capella sancti Martini in riva rotta. Ciò è indicativo della sua evoluzione e ampliamento come edificio e di una sempre maggior importanza data a questo luogo. Finalmente in un contratto d’affitto stipulato fra un nobilissimo signore e il monastero di San Giuliano compare un terreno in parroccia santi Martini in riparupta. Siamo nell’anno 1336. La parrocchia di San Martino in Riparotta è già costituita ed è forse officiata da un monaco delegato. (...) Rimasta la chiesa di San Martino mal ridotta dalla vetustate, venne riedificata a partire dal 1796. (da Una Chiesa, le sue chiese. Appunti di storia sulle parrocchie della Diocesi di Rimini”, di Egidio Brigliadori, Il Ponte Edizioni, 1999). Nel 1901 venne restaurato il campanile, ponendo anche un terzetto di campane. Seguirono, negli anni, vari restauri. Dopo la distruzione bellica del 1944, la chiesa venne rinnovata “com’era e dov’era”. Con un’eccezione: il campanile, che era crollato causando la morte di diverse persone, proprio per rispetto a queste fu ricostruito dalla parte opposta della facciata.


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Il paese

all’ombra della Torre di Marzia Mecozzi | foto Alfredo, archivio L’Ippocampo

Una breve storia, omaggio di Guido Giaccardi ai luoghi della sua giovinezza, raccontano Torre Pedrera nel primo cinquantennio del secolo scorso.

Come insegna la toponomastica, i nomi attribuiti ai luoghi geografici (toponimi) derivano da fattori storici, da caratteristiche del territorio o dal nome del fondatore. Lo studio della loro origine e significato, con le implicazioni linguistiche derivanti dal succedersi delle culture e delle civiltà insediate sul sito in questione, è compito appunto della toponomastica. Detto ciò, ne deriva che è proprio dal nome che possiamo risalire all’origine, all’evoluzione e alla storia di una località. Torre Pedrera non fa difetto a quanto premesso e, infatti, l’insediamento sorto sulla marina nei primi del Novecento, deve la prima parte del suo nome all’antica torre costruita nel 1672 dal Cardinale Altieri, nipote di papa Clemente X che serviva ad avvistare i pirati saraceni, mentre per quanto riguarda la seconda parte, Pedrera, anticamente Pedriera, si dice derivi dall’antica pietraia esistente in


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questo luogo in antichità. Le notizie, le informazioni e le memorie che riportiamo in queste pagine sono tratte dal testo “Torre Pedrera. Breve Storia” (2005) di Guido Giaccardi che qui ha trascorso tante estati della sua vita e che, come cita in premessa, ha a sua volta tratto da “un manoscritto redatto da qualche volonteroso bene informato”. Ora, i nostri venticinque lettori avranno certamente memoria di altro e ben più illustre manoscritto storico che la tradizione ci ha fatto conoscere per mano del brillante Alessandro Manzoni; questi

dichiarò infatti di aver tratto lo spunto del suo Romanzo da un anonimo manoscritto del XVII secolo, e prima di lui anche Miguel de Cervantes e Walter Scott avevano fatto ricorso all’anonimo cronista dietro alle celeberrime avventure di Don Chisciotte e di Ivanhoe. Ad ogni modo, che si tratti di escamotage narrativo o della testimonianza di autentici volonterosi beninformati, resta il fatto che la Breve Storia di Guido Giaccardi è un delizioso racconto a più mani: quelle degli autori del manoscritto che dettagliano date, nomi, cognomi,

Nella pagina accanto, una veduta dell’antica torre con versi vergati a mano In questa pagina, sopra un’immagine del 1957 con villa Gremigni a mare sulla via San Salvador Sotto, quella che sarebbe diventata la via Tolemaide nel 1967. In fondo si nota lo scheletro dell’hotel Mosè e a destra l’hotel Piper e l’hotel F.P. ora hotel Avila

Guido Giaccardi ha trascorso tutte le estati della sua vita a Torre Pedrera, nella villetta di famiglia in via Mogadiscio. Rientra, come lui stesso scrive nel libro “Torre Pedrera. Breve storia”, nel ristretto novero di coloro che hanno contribuito a valorizzarla (Torre Pedrera) e a farla conoscere. Chimico industriale e scrittore, è nato a Ravenna nel 1927. Nel ’39, allo scoppio della seconda guerra mondiale, seguì la famiglia ad Harar in Etiopia, dove il padre e il fratello, come molti italiani, lavoravano in quegli anni. Ad Harar, dove rimase fino al ’42, frequentò il ginnasio abitando in una villetta nel quartiere italiano. Finiti gli studi di chimica, lavorò a Forlì come chimico industriale nel gruppo Orsi Mangelli. Viaggiatore per passione e per lavoro, ha scritto diversi libri autobiografici fra cui: “Frammenti”, “A est di Turata. Dieci anni di lavoro in Cina”, “Le poesie della mia vita”.


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luoghi, attività… e quelle del protagonista che, in corsivo, sull’ossatura di una cronaca semplice, bucolica e didascalica, impreziosisce la trama narrativa con ricordi personali, aneddoti famigliari, curiosità, chiacchiere di paese… con pennellate leggere e un pizzico di poetica nostalgia che non guasta, raccontando quasi un secolo di vita della località all’ombra della Torre. Primi del Novecento. Il territorio di Torre Pedrera apparteneva alla parrocchia di San Martino in Riparotta. Le famiglie più antiche erano i Cherubini, i Biondi, i Bilancioni, i Casalboni, i Righini che si dedicavano all’agricoltura, mentre i Casadei, i Giorgetti, i Venturelli erano pescatori. Le condizioni di vita erano durissime. “Cito un ricordo di fanciullezza che risale agli anni Trenta – scrive Giaccardi – gli ortolani di Torre Pedrera erano soliti portare i loro prodotti ai mercati anche lontani e non era raro la sera attorno alle dieci vedere transitare sulla via Litoranea carretti carichi di verdura, trainati da cavalli rassegnati, con la lanterna accesa penzolante fra le stanghe e il

conducente semiassopito in vetta al carico dopo una giornata di duro lavoro. Erano diretti a Ravenna, dove sarebbero arrivati verso le quattro del mattino seguente, dopo cinquanta chilometri di strada, in tempo per l’apertura del mercato. Soltanto dopo la seconda guerra mondiale carretti e cavalli furono sostituiti dai più veloci, comodi e capienti autocarri.” Le prime case dell’attuale Torre

Pedrera sorsero attorno al 1910. La prima fu quella della signora Maria Righetti Leardini detta Manghinona dal soprannome del marito Manghin (Domenico). Poco distante, Alessandro Sacchini, detto Malètt, aprì l’Osteria dei Cacciatori unico luogo di ritrovo della zona per mangiare, bere, ballare e giocare a bocce, oltreché punto di riferimento di tutti i cacciatori che frequentavano i territori dei conti Benicelli (Tenuta di Castellabate). La strada principale era la via San Salvador che allora si chiamava via Cristoforo Colombo, familiarmente detta via Litoranea. In via Tolmetta, al centro del paese, c’era la villa della signora Cavalieri, proveniente da Roma e, sul lato opposto, la villa del provveditore degli studi di Bologna. Fra le più belle case dell’epoca c’era villa Vai degli omonimi industriali milanesi. “Questa villa aveva una particolarità - ricorda Giaccardi - i suoi proprietari non vollero mai, se non dopo molti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, allacciarsi alla rete elettrica”. Passeggiando davanti alla casa nelle sere d’estate si vede-


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vano attraverso l’uscio aperto lunghe ombre di persone proiettate sui muri dal lume incerto delle candele.” Il primo, e per lunghi anni unico, esercizio alberghiero del paese fu la pensione Mei, mentre la prima colonia ad essere costruita fu la Carlo Erba di Milano sulla via Litoranea “divenuta poi colonia SAE e infine trasformata da imprenditori tedeschi alla fine degli anni Cinquanta in birreria bavarese all’aperto… La grande colonia dell’Opera Nazionale Balilla era ubicata nell’area dell’attuale Circolo Velico e, oltre il canale di scolo, fu costruita la colonia della Latteria Soresinese in bello stile Liberty.” Il litorale verso Igea Marina era costituito da ortaglie; le case erano pochissime. Dove oggi sorge l’hotel Punta Nord c’era un acquitrino, mentre le ville dei signori Gremigni chiudevano il paese. “Queste due ville rappresentavano una sorta di colonne d’Ercole del paese, perché dopo di esse non c’erano altro che dune e sterpaglie.” Sulle dune della spiaggia dall’aspetto selvaggio crescevano le tamerici e non era raro nei giorni di festa estivi vedere famiglie di

contadini che venivano a trascorrere una giornata al mare. “Arrivavano di buon’ora, - descrive ancora Guido Giaccardi - sceglievano un tratto di spiaggia appartato, scaricavano il carro di persone e vettovaglie, liberavano i cavalli mandandoli a pascolare fra la magra vegetazione a ridosso delle dune, disponevano il carro con le stanghe in alto dopo avere steso un telone fra le stanghe stesse per ottenere un poco d’ombra. Poi iniziavano a mangiare, bere, fare bagni, divorare cocomeri…” Dal 1924 Torre Pedrera entrò a far parte della parrocchia di San Giovanni in Bagno, la cui chiesa fu fatta costruire nel 1884 dal parroco di San Martino in Riparotta don Battista Delprete. In paese non esisteva una chiesa, vi era solo una piccola cappella, costruita sul terreno di proprietà della Manghinona; nel 1930 al posto della celletta venne edificata la chiesa. Per costruirla i paesani fecero recite, lotterie, pesche e, benché molto poveri, prestarono gratuitamente parecchie ore di lavoro per terminarla. Secondo quanto affermato nel manoscritto, il 16 dicembre 1946 Torre Pedrera fu divisa

dalla parrocchia di San Giovanni in Bagno, l’incarico di dire messa fu affidato a don Pietro Lodolini fino al 15 luglio 1947 quando gli subentrò don Napoleone Succi. Dal 1953 Torre Pedrera divenne parrocchia col titolo di ‘Beata Vergine del Carmine’. Corredato di tante belle immagini che sorreggono tutta la trattazione, il libricino dedicato al paese che ha ospitato le estati di Guido Giaccardi si chiude con un ricordo personale, quello dell’orto-giardino della casa di Torre Pedrera e dell’amico d’infanzia Ebro, pescatore e albergatore. “Giocavo in questo piccolo paradiso terrestre a fare navigare barchette insieme ad altri bambini amici miei fra i quali vi era Ebro, il mio vicino di casa, figlio del pescatore d’altura che chiamavano ‘Nigroin’. Sinché un giorno Ebro, già grandicello , seguì il padre a pesca a bordo dell’Ottavio, navigò su di una vera barca e divenne anche lui ‘e Nigroin’. Più avanti negli anni, prima di ritirarsi a fare l’albergatore, passò attraverso vari motopescherecci, tutti denominati Ottavio seguito da un numero ordinale, a partire dall’Ottavio Secondo.”

Nella pagina accanto, l’antica osteria “Malet” e la colonia Marina Soresinese In questa pagina, la facciata di villa Vai nei primi anni del Novecento Accanto, una vela sponsorizzata negli anni ‘60 da foto Alfredo che ha gentilmente offerto alcune delle immagini di queste pagine


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Quel delizioso villino verde

di Maria Cristina Muccioli | foto archivio famiglia Venturi

Nell’intricato reticolo del paesaggio urbano, sono incastonati gioielli del secolo andato. Sono le ville e i villini perlopiù appartenenti a villeggianti che, da generazioni, trascorrono le loro estati in riviera.

Una sera d’agosto, con un bicchiere di buon vino in mano, facciamo quattro chiacchiere accanto al maxi schermo che proietta immagini in bianco e nero risalenti al secolo scorso. Siamo in quel di Viserbella, durante una manifestazione dedicata al nettare di Bacco, organizzata dal dinamico Comitato Turistico, che mette insieme diversi artisti e artigiani che espongono le loro opere. L’associazione L’Ippocampo, invitata per l’occasione, ha installato la sua postazione in un punto di passaggio. Gli album con la collezione di foto, le riviste “Vis a Vis”, i racconti dell’operatore al video (il socio “tuttologo”,

Roberto Drudi) colpiscono nel segno: prima quasi indifferenti, poi curiosi e infine decisamente interessati, molti residenti e turisti di ogni età e nazionalità si fermano. Guardano, ascoltano, si scambiano commenti e aneddoti del passato. Poi, come spesso accade anche a Viserba alla postazione di piazza Pascoli durante i mercatini del martedì, c’è chi desidera farsi protagonista, condividendo con l’associazione le sue esperienze, la storia di famiglia, i documenti, le fotografie. Il nuovo amico di questa calda serata di metà agosto si chiama Alberto Venturi ed è un villeggiante bolognese sui quarant’anni. Ci fa


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notare che nella nostra collezione viserbellese manca la sua villetta, che oggi divide col fratello Giorgio e i cugini, e che probabilmente è fra le più antiche della zona. E rimedia subito, regalandoci una scatola piena di vecchie fotografie. L’abitazione, modificata più volte negli anni, attira per la sua originalità e si trova

all’angolo tra viale Paglierani e via Fanelli, poco distante da piazza De’ Calboli, verso la ferrovia. “Colorata di verde pastello, unica nel suo genere - spiega Alberto la sua costruzione risale al 1907. Il mio bisnonno Luigi l’acquistò ‘chiavi in mano’ nel 1909, per la bellezza di duemila e settecento lire.

Nella pagina a fianco, il villino verde della famiglia Venturi in uno scatto dei primi del secolo Sotto, Alberto Venturi con la compagna Antonella e il figlio Luca In questa pagina, sopra, il bisnonno Luigi Venturi con sua moglie Angelina Carnevali Sotto, la spiaggia di fronte all’abitazione e uno scorcio del villino originale


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Il bisnonno era direttore scolastico e sua moglie Angelina Carnevali insegnante elementare.” Il racconto di Alberto scorre insieme alle immagini sullo schermo: la foto della famiglia durante il periodo bellico, quando tutti vennero a Viserbella come sfollati; quella dove suo padre Luigi è in braccio alla nonna Lina; quelle sulla spiaggia e sulla barca prima della creazione del Club Nautico, quelle dei momenti familiari in giardino dove la gente di Viserbella veniva a fare le foto delle cerimonie. “Il villino oggi è diviso in due, - precisa Alberto - una parte per ciascun erede dei figli di Luigi: mio nonno Pietro (che sposò la bolognese Lina) e sua sorella Amabile, insegnante (che sposò il piemontese ravennate di adozione, Giuseppe Lobietti). Nonno Pietro aveva mani d’oro: sempre impegnato in lavori e lavoretti. Si costruì da solo persino una barca! Le mani d’oro è una eredità che è poi passata a mio padre e a me e mio fratello. Oggi anche io mi diverto a lavorare il legno.” I ricordi di Alberto sono

colorati di mare, sole, spiaggia… Ma anche di volti abbronzati, come quello del papà Luigi (stesso nome del bisnonno) che questo inverno lo ha raggiunto a soli 76 anni e che, come lo zio Carlo Lobietti (84enne, che va ancora in canoa) e tutti i loro avi, non hanno mai smesso di amare Viserbella e la sua gente. “Ricordo nella mia infanzia la pescivendola Lina che passava per le vie in bicicletta col codazzo di gatti che la seguivano e i fogli di giornale come cartocci del pesce; il banco di frutta e verdura della signora Tina e del signor Dante, in piazza De’ Calboli; la signora Maria con il suo orto e i suoi modi gentili, il nonno che prendeva il caffè da Bruschi, al Bar Adriatico, e mi riempiva il fondo del cono gelato con lo zucchero delle bustine…” Salutiamo Alberto con un altro brindisi offerto dal Comitato Turistico di Viserbella, ringraziandolo per la sua testimonianza, che conferma come nella zona di Rimini Nord ci siano ancora famiglie intere di villeggianti che, generazione dopo genera-


zione, le sono rimaste fedeli. E che probabilmente lo saranno anche in futuro, visto che, come conclude l’amico Venturi, “i figli di mio fratello Giorgio, Luca e Noah, che hanno otto e dieci anni, amano tantissimo questa casa: ogni estate regala loro una vacanza unica, così come per oltre cento anni ha fatto con tutti gli altri bambini della famiglia Venturi, me compreso.”

Nella pagina accanto, in alto, in piedi, Luigi Venturi e Angelina Carnevali con, seduti, Amabile Venturi e il marito Giuseppe Lobietti A destra, in alto, il lungomare di Viserbella nel 1928 e, sotto, Pietro Venturi con Lina Lippi sulla battana qui a fianco, Lina Lippi con il figlio Luigi Venturi (junior) In alto, Lina Lippi, nonna di Alberto, con un’amica


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Italian Comics la vita in vignetta di Marzia Mecozzi | foto Nicola Sammarini, archivio Garofalo

Incontriamo Romano Garofalo: Palma d’Oro al Salone Internazionale dell’Umorismo di Bordighera, Primo Premio Cartoonist a Rapallo 1975 per Jonny Logan, vincitore del concorso “Paese Sera” per il Vigile e l’Automobilista, Nomination “Cartoon on the bay” per Sauro il Dinosauro.


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L’occhiale scuro e la ‘scapigliatura hippie’ dicono molto di lui già dal primo apparire. E per chi è cresciuto a pane e Uomo Ragno, con i Fantastici Quattro, Hulk e lo sguardo incollato alla schermata di “SuperGulp” (la popolare serie tv di Rai Due degli anni Settanta dedicata al mondo dei fumetti), sorseggiare un aperitivo nella brezza marina d’inizio estate con Romano Garofalo, papà, fra gli altri, del mitico Jonny Logan e del paffuto yeti MostrAlfonso, è uno di quei momenti topici da inorgoglire il fan. L’occasione, per la verità, non è di quelle tradizionalmente deputata all’intervista, avvolti nel chiacchiericcio confuso della ‘pazza folla’ ma, per fortuna, ci assorbe un viaggio nel tempo tutto nostro, fra gli eroi di ieri e di oggi partoriti dalla fantasia del giornalista satirico, autore di personaggi a fumetti, cartoni animati e racconti per bambini che Italian Comics, il quotidiano multimediale interattivo con approfondimento in chiave umoristico-satirica delle notizie di cronaca di politica e costume fondato da Maria della Miranda che Garofalo dirige, oggi raccoglie nella universalità e polifunzionalità del web.

Il viaggio vorrebbe iniziare nella natia Viserba buttando là quell’appellativo che gli strappa la domanda esclamata: “Io viserbese?!” accompagnata da un bel sorriso che prelude a un seguito più fulminante: “Io sono un gran bastardo!” Ed ecco qua l’artista: irriverente, mordace, pungente, che si affretta ad aggiungere: “Ti autorizzo a scriverlo!”. Le origini spagnole della famiglia, le influenze francesi da parte dello zio, il noto pittore Fernando Gualtieri, la mamma cesenate, il padre di Modica, una vita trascorsa a Milano e collaborazioni internazionali ne fanno, in effetti, se non proprio quello che dice lui, decisamente un cittadino del mondo. L’enciclopedia universale di internet però lo definisce riminese doc e, di fatto, come molti riminesi ‘per bene’ frequenta il liceo classico Giulio Cesare e si laurea in Lettere e Filosofia all’università di Bologna negli anni caldi della Contestazione; successivamente, a Milano, prosegue con gli studi di psicologia. Ed è proprio a Milano, nel clima denso di suggestioni intellettuali di quegli anni, che la sua fantasia pugnace, infarcita anche di quelle influenze geniali che la

Nella pagina accanto, Romano Garofalo ritratto in occasione della mostra Italian Comics a Rimini; sopra, un’immagine dell’artista negli anni ‘70 Sotto, alcune vignette satiriche presentate in occasione della mostra


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grande fabbrica di illusioni, che è un po’ la Rimini dei ‘riminesi grandi’, gli ha trasmesso nei risvolti del dna, lo porta a partorire nel 1972 la sua prima creatura: Jonny Logan. Il rivale italiano di Alan Ford è il protagonista dell’albo a fumetti (disegnato da Leone Cimpellin) dedicato alle avventure di uno strampalato team di cacciatori di taglie che si muove sulla scena di un’inusuale metropoli italiana, Milano. Da adolescenti non l’avevamo mica capito il risvolto culturale della serie cult! E nemmeno che le avventure dei C.T. (acronimo di Cacciatori di Taglie, trapuntato sul tutino da supereroe) facendo riferimento a fatti di cronaca, politici e sociali, portassero in scena, a cartoni animati, un genere antichissimo: la satira che, dagli autori greci in poi, ha sempre avuto una fortissima impronta politica. La satira, inoltre, per lo spessore dei temi affrontati, aggiunge alla comicità la conoscenza di fatti rilevanti e la proposta di un punto di vista, critico, dello status quo. Accanto al supereroe in calzamaglia, il peloso Alfonso che, dalle montagne giunge alla civiltà e viene adottato da una vecchietta, la Nonna, che gli insegna i principi della convivenza civile, è forse il suo personaggio più popolare a livello internazionale; pubblicato in ‘strisce’ su quotidiani, periodici e riviste per ragazzi, MostrAlfonso è stato protagonista di tanti prodotti editoriali e la sua immagine è stata utilizzata su innumerevoli prodotti commerciali per ragazzi. Sono davvero tanti i personaggi ideati da Garofalo che hanno preso vita per le matite di Leo Cimpellin, Giorgio Cavazzano, Marzio Lucchesi, del vignettista Giovanni Zaccagnini e di tanti altri noti di-

segnatori, a menzionarli tutti non la finiremmo più! Dei circa cinquanta personaggi ricordiamo: Sauro il Dinosauro, il Vigile e l’Automobilista, Slim Norton, il Barone Von Strip, il Professore, Don Scoppola, Per Giove, Osvaldo… pubblicati su quotidiani, periodici e giornali per ragazzi in Italia e all’estero. A ciascuno di essi, il quotidiano interattivo dedica un blog, con vignette, video e spazio per i commenti del pubblico. Nei blog vengono affrontate di volta in volta tematiche quali, il mondo


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dei giovani (Sauro il Dinosauro) con le loro problematiche, allargando la riflessione ai temi della sessualità, del futuro lavorativo precario; il ‘machismo’ (Slim Norton) inteso come ostentazione della ‘virilità’ analizzando la ‘forma mentis’ del macho fino a porre il quesito se questa incida o meno nella problematica della violenza sulle donne; il mondo della scuola (il Professore) dai problemi logistici delle aule, alla didattica… E temi di grande interesse sociale affrontano anche le numerose rubriche che hanno nomi strepitosi: il Vendicator Scortese, l’Evasore Scaltro, Sparliamo di… Tartassa l’Agente delle Tasse, l’Umoroskopo, ecc… Il lavoro del creativo Garofalo è una ‘regia’, nella quale il maestro dirige una orchestra composta da disegnatori, vignettisti, copywriter, animatori, musicisti, per dare vita a storie immaginarie e a storie più vere che mai. Dal punto di vista del filosofo e psicologo che è, è convinto che il fumetto e il cartone animato, con la loro componente ‘giocosa’ e leggera, riescano a trasmettere messaggi importanti, talvolta anche ‘difficili’, a

Nella pagina accanto in alto, Gina (la bimba in piedi con le trecce nere) con la famiglia nella spiaggia antistante la villa nella quale sua madre lavorava come governante A lato, Gina tra Laura e Gianna, figlie dei signori presso i quali la madre prestava servizio e un’immagine d’epoca di Villa Enrica Sopra, Gina a passeggio con l’amica Luisa

tutti i generi di pubblico, non solo ai ragazzi, ma anche agli adulti. E oggi, che le serie tv, sia a cartoni animati che quelle con persone in carne ed ossa, sono diventate il prodotto televisivo per eccellenza alle quali concorrono sia il gotha dei produttori e registi che quello degli attori di fama interplanetaria, anche Garofalo ha in serbo un grande ed ambizioso progetto: fare di ciascuno dei suoi personaggi il protagonista di una serie di cartoni animati; realizzare quindi


quarantotto serie, di cinquantadue episodi ciascuna, progetto anticipato da un lungometraggio di presentazione che, raccogliendo tutti i personaggi, sarà messo in onda da network locali al fine di testare il gradimento del pubblico. Recentemente, la Sala delle Teche del Museo di Rimini, ha ospitato una mostra dei suoi lavori, organizzata dall’amministrazione comunale e curata da Egisto Quinti Seriacopi nell’ambito della rassegna Cartoon Club; la mostra, suddivisa in sette sezioni, corrispondente ai due periodi di Garofalo, quello dell’autore di fumetti e quello di giornalista satirico e autore di cartoni animati, ha ripercorso con vignette, strisce, libri e oggetti di merchandising l’epopea di quei personaggi che, nel solco di una tradizione che si inserisce a ragion veduta nel grande libro della Letteratura per ragazzi, hanno fatto la storia del fumetto. Come scrive di lui Massimo Pulini, assessore alla cultura del Comune di Rimini, “La parola che pensa all’immagine è una parola diversa da quella nata per restare nel proprio perimetro; è

un racconto che si apre al dialogo, che lascia alla mano di altri la possibilità di aggiungere e trasformare elementi dell’opera finale. È una parola che sogna, che anticipa una visione e dirige un’orchestra che ancora non si è formata. Traccia un tema e delinea una storia che viaggerà altrove e con altre gambe.” Fra i visionari, ‘facitori’ di sogni, che questa terra ha partorito o alimentato, con giusto orgoglio annoveriamo quindi Romano Garofalo; ed oggi, che è tornato ad appropriarsi di alcune delle proprie radici, abitando nella villetta di famiglia in via Perticari all’ombra del campanile della Chiesa di Viserba Mare, appropriarci noi di lui e chiamarlo viserbese, è cosa troppo allettante!

Nella pagina precedente, Jonny Logan e MostrAlfonso, una vignetta satirica datata 1976 e una “striscia“ umoristica In questa pagina, le teche coi lavori di Garofalo presso il Museo di Rimini


RIMINIinSATIRA speriamo... È una notizia dell’ultim’ora, è una grande novità per la città di Rimini ed è un’idea che porta la firma di Romano Garofalo: RIMINIinSATIRA Quotidiano Satirico by Italian Comics. Si tratta di una mostra permanente di Satira Multimediale Interattiva a periodicità quotidiana. Interattiva e Quotidiana sono le parole chiave della mostra che unirà all’immagine grafica anche la proiezione di immagini su grande schermo e che ogni giorno permetteranno al visitatore di ‘leggere’ visivamente le vignette satiriche, accompagnate da un testo di commento. Il visitatore, se lo desidera potrà anche interagire con la redazione di Italian Comics tramite apposito computer e postare un commento su quanto letto; inoltre, le vignette e i loro testi di commento saranno ogni giorno nuovi, dando quindi la possibilità al pubblico di seguire le vicende politiche e di costume ‘in tempo reale’. Accanto alla lettura quotidiana della satira, lo spazio multimediale ospiterà eventi, premi e ‘personali’ di ogni vignettista, incontri con gli autori e molto altro… Questo è l’ultimo progetto che il vulcanico autore vuole regalare alla città di Rimini e che propone all’attenzione della amministrazione comunale e di possibili sponsor: speriamo vivamente venga accolto. Nell’attesa, possiamo divertirci con www.italiancomics.it


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Un’eredità di opere e ricordi

di Vincenzo Baietta | foto famiglia Tognacci, archivio L’Ippocampo

Nazzareno Tognacci: pittore e poeta 1911-1987). Un ricordo personale dedicato ad uno dei più brillanti artisti riminesi del Novecento.

Dai racconti di mia madre, Giannina Canini nata a Viserba in via della Stazione (attuale via Roma) il 24 giugno 1911, coetanea quindi di Nazzareno Tognacci nato a Rimini il 19 dicembre del 1911, so che la famiglia di Sante Tognacci (‘Santoz’) e di Zita Vasini con i loro tre figli: Gina (1906), Antonio (Tonino, 1909)

e Nazzareno (Neno, 1911), si trasferì a Viserba all’inizio degli anni Venti. La loro proprietà, una casa con un po’ di terreno intorno, era compresa tra l’ex via del Lavatoio (oggi via Mazzini) e la sponda destra della Fossa dei Molini. A quel tempo la fossa era ‘a cielo aperto’ e vi trovavano rifugio dalle mareggiate le piccole battane senza

albero a fondo piatto dei trattaroli viserbesi (Nandi, Gramegna, Garnela, Togna…). A ben pensarci, la casa dei Tognacci avrebbe titolo per essere definita “la casa degli artisti”. Infatti, Tonino era un meccanico qualificato ad arte dalla casa automobilistica del biscione: l’Alfa Romeo. Meccanico tanto stimato che fu più volte richiesto dall’ingegner Enzo Ferrari quando, nei suoi brevi soggiorni estivi, con la moglie e il figlio Dino villeggiava nella sua casa sul lungomare di Viserbella (via Cristoforo Colombo, oggi Porto Palos). Tonino alla passione per i motori univa quella per gli ambienti naturali, per la caccia all’anatra nelle botti (‘ti guazz’) nella tenuta dei Conti Bennicelli e quelle per la poesia, la narrativa e la pittura. I suoi olii su tela raffiguranti l’ambiente naturale delle Valli di Comacchio con la loro flora, la fauna e i casoni, sono spesso stati scelti come copertina di calendari e di numeri della rivista


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di caccia “Diana”. Anche la sorella Gina era un’artista. Appassionata di botanica, amava curare con dovizia di attenzione composizioni floreali, piante aromatiche e da frutto nel suo piccolo orto-giardino. Fiori e frutti che costituivano oggetto di nature morte da parte del marito, Adelmo Spitoni, pittore autodidatta. Non vi è dubbio, però, che il vero grande artista del casato fosse Neno che, fin da piccolo, dimostrò di possedere interesse ed innata dote per il disegno e la pittura; dote che lo porterà a frequentare l’Accademia delle Belle Arti di Ravenna e poi di conseguire l’abilitazione all’insegnamento del disegno e della pittura nella scuola. Dotato di capacità di osservazione, di creatività e genialità artistica, nel 1940 progettò per la biennale di Venezia tre originali bozzetti, uno dei quali fu scelto come manifesto ufficiale della manifestazione. Negli anni successivi (1941-42) progettò e realizzò un manifesto per l’Esposizione Universale di Roma e un manifesto per la Riviera di Rimini ove disegna una grande conchiglia bivalve, un’ostrica perlifera aperta, nel cui interno, posto al centro, appare la ‘perla’ del Tempio Malatestiano. Suoi sono anche i disegni che appaiono sul gonfalone cittadino e che rappresentano simbolicamente la città di Rimini; il disegno della fontana posta al centro della piazza Pascoli a Viserba, nonché numerosi altri disegni di sculture di sabbia, progetti di giardini e fontane pubbliche e per le ville viserbesi in stile liberty. Era il giugno del 1954 quando, per la prima volta, feci la conoscenza del professore. Avevo appena terminato la quinta elementare. Mio padre Giordano aveva impiantato un distributore della Esso in via Mazzini e quell’estate mi impegnò alle pompe di benzina. Fu così che

diventai vicino di casa dei Tognacci. Dal distributore vedevo passare tutti i giorni, all’andata e al ritorno, Nazzareno che, nella mia testa elementare con recenti reminiscenze di storia, accostavo, per l’aspetto fisico - corporatura minuta e bassa - alla figura di re Vittorio Emanuele III. Il professore mi incuriosiva per la semplicità dei modi, per la naturale riservatezza, per quel suo muoversi sempre a piedi, mai in bicicletta o in moto e tantomeno in auto, assorto nei suoi pensieri, dedito all’osservazione di piante, di fiori, di erbe spontanee, d’insetti, di lucertole e ramarri sul costone della ferrovia. A volte mi capitava d’incontrarlo lungo il corso a monte della Fossa dei Molini: al ‘pladùr’ (il mattatoio dei polli al mulino vecchio di Leli) sul retro

della bombardata corderia, nella zona in cui, a fine Ottocento, esisteva ‘la végna ‘d Baèta’. Sì lì! Su quella terra agricola dove mio nonno Pio e suo fratello Serafino per mezzo secolo avevano svolto la loro attività di contadini della corderia. Altre volte, invece, lo incontravo lungo la battigia del mare, intento a raccogliere tra ‘e’ gulmàz’, dopo le mareggiate, conchiglie di gasteropodi: garagoli, lumachine tigris o levigati opercoli iridescenti che, per la loro bellezza, i vecchi marinai chiamavano “gli occhi della Madonna”, oppure gusci di molluschi bivalve. Era noto in paese che la casa dei Tognacci era frequentata da personaggi famosi, fra questi c’erano l’ingegner Enzo Ferrari; Adriano Rodoni, presidente nazio-

Fontana realizzata su disegno di Nazzareno Tognacci


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nale dell’UCI (Unione Ciclistica Ita liana); lo sculture riminese Elio Morri, compagno di studi a Ravenna di Nazzareno; il pittore-scultore bolognese Pierino Bagli Guardigli; gli illustri romanzieri Fabio Tombari e Francesco Serantini; il dicitore di poesia vernacolare romagnola Umberto Galli con l’amico poeta dialettale Valderico Mazzotti. Tali e tante era-

no le personalità che andavano e venivano da quella casa che anch’io sognavo di poter, un giorno, varcare quella soglia! L’occasione si presentò a metà degli anni Sessanta. In autunno e in inverno, Tonino veniva nell’officina da fabbro di mio padre e di mio fratello Nello, artisti di fucina, con disegni suoi e di suo fratello Neno, inerenti oggetti da realizzare in

ferro battuto: chiavi di violino, boccioli di rosa, margherite, farfalle, cavéje romagnole con gallo ed anelli, ferri di cavallo, graziosi portavasi e portalampade, gallo in lamiera ruotante con anemometro da porre sul tetto di casa atto ad indicare direzione e misura della forza dei venti. In fucina si parlava dei lavori ma anche di poesia e di pittura. L’amicizia con Tonino e Neno crebbe al punto che per il mio matrimonio (1967) ricevetti in dono un olio su tela raffigurante due codoni in volo sulle valli, che titolò “codoni in viaggio di nozze”. Ma il dono più grande fu vedere, conoscere, poter apprezzare e gustare i meravigliosi lavori di Nazzareno, i suoi numerosi disegni raffiguranti persone (parenti e amici) e cose, momenti di guerra e di prigionia e le sue più belle opere pittoriche: dall’autoritratto del 1935, al magnifico olio su tela che raffigura la madre al lavoro della filatura, all’olio su cartone della moglie Cornelia Cevoli rappresentata con l’abito blu come i suoi occhi e come il mare. Quel mare della Viserba dagli anni Venti agli anni Sessanta che Nazzareno tanto amava. Quel mare da cui traeva sempre forte ispirazione per i suoi dipinti: ‘Natura morta con crostacei’ (1949); ‘Batane a riposo’ (1949); ‘Fuochi artificiali’ (1958); ‘Dopo la pioggia’ (1968). E ancora: il mare come sfondo e la spiaggia sulla quale, prendendo spunto dalle figure affusolate dell’amico don Antonio, il socialista pittore dipinge snelle figure di preti al girotondo (1959), al gioco (1965), alla corsa in bici d’epoca (1967). A tal proposito, desidero portare a conoscenza chi legge di un fatto simpatico noto a pochi residenti del centro-piazza di Viserba degli anni Sessanta. In quel tempo, il compaesano Virgilio Magnani, detto ‘e’ Giòn’, proprietario


della casa sul retro piazza della vecchia chiesa di don Arcangelo Biondini (casa che fu poi abbattuta nel 1966 per far posto all’attuale chiesa), uomo dotato di spirito ed arguzia, aveva soprannominato il nuovo parroco, don Antonio Filini, con il nomignolo di ‘Umbrèla’. A suo vedere, quel giovane prete dalmata dell’isola di Lussinpiccolo, alto, con la testa aguzza e la larga veste nera, dava l’idea di un ‘umbrèla ciùsa’. Non so dire se l’artista Nazzareno fosse a conoscenza di quel soprannome, ma è significativo il fatto che tutti i preti da lui magistralmente dipinti hanno la caratteristica sagoma conica dell’ombrello chiuso. È evidente, comunque sia, che ‘e’ Giòn’ e Neno abbiano avuto la stessa impressione nell’osservazione del parroco. Molto ancora potrei dire del nostro illustre compaesano, ma capisco che bisogna fermarsi. Desidero però che tutta la comunità viserbese abbia a ricordarlo con affetto e gratitudine per aver donato a noi e ai nostri discendenti un’eredità di opere preziose, personaggi e ambienti del tempo andato, a tutti così tanto cari.

Nella pagina accanto, dipinti di Nazzareno Tognacci: in alto da sinistra: Fuochi artificiali, olio su legno (1958); Mia madre, olio su cartone telato (1970); Dopo la pioggia, olio su tela (1969); Girotondo, olio su legno (1959)


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Quattro salti

nel tempo del “miracolo” di Marzia Mecozzi | foto famiglia Magnani, archivio L’Ippocampo

Mare e Monte: le due vite di Viserba nei ricordi di Domenico Magnani, da agricoltore a ferroviere viveur, assiduo frequentatore dei locali alla moda dei mitici anni Cinquanta. La marina e gli orti. Facce differenti di un paese che, dopo la costruzione della linea ferroviaria, sembra aver vissuto due vite: quella di mare e quella di terra, caratterizzate dai diversi mestieri dei loro abitanti, pescatori gli uni, agricoltori gli altri e, di conseguenza, dagli stili di vita per certi aspetti assai differenti. Di quella parte che sorge a monte della ferrovia, fatta di campi e di poche case sparse, ci racconta Domenico Magnani, classe 1927, che da Santarcangelo arrivò a Viserba nel 1950. Poco più che ventenne, qui iniziò la sua attività come orticoltore, prendendo in affitto un orto di proprietà della famiglia Naccari, in prossimità della stazione. “La mia prima abitazione sorgeva dove oggi c’è il magazzino della frutta di Silvestro, - spiega Domenico - nell’attuale via Pinzi.


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Nella pagina accanto, Domenico Magnani Sopra, la stazione di Viserba Sotto, a sinistra, una suggestiva immagine di carrozze (archivio “La Rimini che non c’è più”) e, a destra, Luigi Galli fiaccheraio

Ma allora, in quella zona, c’erano solo orti e appena sette case. Successivamente ho comprato un terreno in via Amendola, parallela della via Cavaretta (area da tutti chiamata ‘Zinganara’, probabilmente per un antico stanziamento di nomadi), dove tuttora vivo. Fra le distese di

campi abitavano allora tre famiglie: i Galli (soprannominati Pléza), i Ceccarini (Furlòn) e i Torsani (Filipòn). Più su, in direzione della corderia, c’era il mulino dei Macrelli (Lèli).” Non avendo radici in questo paese, Domenico spiega di aver conosciuto la storia di Viserba attraverso i racconti di Alberto Cevoli, capostazione a Viserba, fratello di Leopoldo (Poldo) Cevoli meccanico di biciclette; di Gino Bernardi che di professione faceva il ferraiolo e durante la stagione estiva, sempre alla stazione, faceva il facchino; e di Giuseppe Domeniconi, sarto, chiamato da tutti Peppino ad Morzli o E’gnez. Luogo dei racconti era proprio quella stazione che è stata il fulcro di gran parte della sua stessa vita, dato che, conclusa l’esperienza di agricoltore, alla fine degli anni Sessanta vinse un concorso nelle ferrovie, lavorando quindi per venticinque anni proprio lì, a pochi passi da casa. “Ricordo quando arrivavano i treni dal nord Italia,


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dall’Austria e dalla Svizzera, carichi di turisti italiani e stranieri. - racconta Domenico - Scendevano centinaia di persone con tantissimi bagagli, che riempivano il marciapiede. Fuori dalla stazione li aspettavano i fiaccherai che li avrebbero portati negli alberghi e nelle case prese in affitto. Fra questi c’erano anche Giovanni Pagliarani, (Pajaren) padre del poeta Elio, Gino Perazzini e Agostino Del Vecchio che d’inverno facevano i birocciai ed anche Albano Pari che, finito il tempo delle carrozze e dei cavalli, fu tra i primi taxisti di Viserba. Il primo taxista fu Primo Macrelli che teneva l’auto nel garage della casetta posta nel retro giardino della villa del signor Mantovani (sulla litoranea all’angolo con la via Forlì). A Primo Macrelli e ad Albano Pari fecero seguito, quali taxisti, Dante Mangianti e Guerrino Casadei.” Il flash back di Domenico ci illustra dunque le variegate attività del popolo viserbese: pescatori e agricoltori, ma anche fiaccherai e birocciai, ferrovieri, sarti, commercianti, affittacamere… fino agli anni del boom economico, quando la marina iniziò ad essere il quartiere vip del paese, fulcro della movida e meta di famosi nonché facoltosi personaggi, dallo spettacolo all’imprenditoria. “Finita la giornata di lavoro, noi ragazzi scendevamo verso la marina… - ricorda ancora Domenico – Fra i principali ritrovi serali, in piazza c’era l’albergo Stella d’Italia e il suo caffè concerto, dove andavamo per vedere i vip. All’albergo Stazione c’era il Circolo Cittadino, mentre l’élite frequentava il Circolo presso il bar Nautic. Noi eravamo habitué del bar Toscano (che si trovava dove oggi c’è il negozio di abbigliamento ‘l’Albero degli Gnomi’) e del bar dei Cacciatori. Uno dei miei amici più cari, nonché vicino

di casa, era Ermanno Navacchi, il fabbro. Quando andavamo in centro, quelli della zona a mare di Viserba, sentendosi parte di un quartiere di lusso, ci dicevano, con un po’ di disprezzo: ‘Ecco che arrivano quelli di ‘sopra la ferrovia’!”. Il sorriso di Domenico si sofferma su queste pittoresche precisazioni di ‘status’ tra ragazzi di oltre sessant’anni fa. E lui, com’era? “Beh, per quei tempi, ‘molto viveur’ - sottolinea - “Ero un assiduo frequentatore del dancing

Villa dei Pini, che apparteneva ai signori Naccari, gli stessi da cui avevo affittato il mio primo pezzo di terra. Si racconta che Neri Naccari vantasse un credito di trentasettemila lire nientemeno che da un giovanissimo Silvio Berlusconi! Con il gruppo di amici festaioli e ballerini ci spostavamo anche in via Puccini, alla Sirenetta, altro locale molto frequentato. Insomma, ogni scusa era buona per far festa insieme. Ci siamo divertiti molto! Per tutto il decennio


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del Cinquanta abbiamo scorrazzato in lungo e in largo per la Riviera. Nelle sale da ballo, da Pagnòc a Rimini, così come al Cristallo di Bellaria avevamo sempre un tavolo prenotato. Gli altri componenti della mitica compagnia erano Giuseppe Manfroni, Alfredo Vangelisti, Augusto Bronzetti detto Geppi, Adelmo Canini, Ermanno Navacchi. La voglia di ballare e di divertirmi non mi ha mai lasciato. Anzi! Dopo il matrimonio con Angelina (Galli) ho aggiunto un’altra passione, sempre da condividere con lei: quella per i lunghi viaggi. Abbiamo addirittura avuto un premio-fedeltà dalla Costa Crociere!” Ed è quindi con un po’ di invidia che salutiamo il nostro testimone, ringraziandolo per il simpatico quadro di ricordi che ci ha proposto sul passato di Viserba.

Te temp di ort di Vincenzo Baietta Tla steisa piata, fintent e’custoun, oz pina d’palazun, elt quadred e smòrt, chi querz cal tèri dolzi duvè che e’sabioun l’eva friscura d’aqua surgiva: ilè, ti timp indrì, u j era j òrt. Mi furistir che se treno da Frera e Ravena I arveva ma la stazion dla Viserba uj brileva j òcc a vaida cal praisi curedi a òrt e zardein dov cl’avniva sò: fiur dna beleza pienti da fròtt e l’urtlaia. Te temp dl’an che l’urtlen e scaceva i pumidor tal stali in primavera al bes-ci al va in amor. Te zet dla sera da la campagna zò fintent mareina us sentiva i virs strach dal mungheni e di tor i raj dla breca ad Pavach pin d’ardor i chent dal ranoci tl’aqua tèvda di fos dl’ort ad Fasola al cantedi sota lòna ad quelca zuvnota zirandlòna.

Al tempo degli orti Nella pagina a fianco, Domenico Magnani (in piedi a destra), con la compagnia degli amici storici in gita a Verona Una cartolina che ritrae il circolo del bar Nautic Sotto, Domenico Magnani con gli amici Bernardi, Alfredo Vangelisti e Augusto Bronzetti

Nella terra piatta, fino alla costa oggi piena di palazzoni alti, quadrati e spenti che coprono quelle terre morbide dove il sabbione aveva frescura di acqua sorgiva: lì tempo indietro, c’erano gli orti. Ai forestieri che, con il treno, da Ferrara e Ravenna arrivavano alla stazione di Viserba, brillavano gli occhi al vedere quei campi curati a orto e giardino dove crescevano: fiori molto belli, piante da frutto ed ortaggi. Nel tempo dell’anno che l’ortolano curava i pomodori nelle stalle in primavera le bestie andavano in amore. Nel silenzio della sera dalla campagna giù fino alla marina si sentivano i muggiti stanchi delle mucche e dei tori. I ragli dell’asina di Pavach piene di ardore i canti delle rane nell’acqua tiepida delle fosse dell’orto di Fasola i canti sotto luna di qualche giovanotta girandolona.


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La signora delle mostre

di Marzia Mecozzi | foto archivio Mara Parma

Tradizione, eleganza e ricercatezza. Sono le parole chiave che raccontano le esposizioni artistiche realizzate da Mara.

Conosciuta soprattutto attraverso il suo impegno sociale nelle parrocchie di Viserba, forse non tutti hanno avuto modo di ammirare i lavori artistici di Mara Parma, alcuni dei quali per l’associazione Rimini Ricama, e particolarmente i suoi allestimenti di importanti mostre realizzate sul territorio, da Musei, Comuni, e altre prestigiose istituzioni pubbliche. La sua famiglia è originaria di Viserba Monte, dove suo padre Vittorio (Zanzanon) ha vissuto fino al matrimonio, prima di trasferirsi con la moglie Rina in via Monteverdi, dove Mara è nata e dove tuttora vive con il marito Luigi Prioli, (già primario di fisiatria dell’ospedale di Riccione – Cattolica prima e dell’ospedale di San Marino poi), e le figlie Michela e Manuela, nella bella casa che è stata per tanti anni la Pensione Mara. Dopo gli studi all’istituto tecnico per il turismo, intrapresi per affiancare con


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Nella pagina accanto, Mara in occasione della mostra “La sacralità si ammanta di trine“ Sala dell’Arengo a Rimini, 2012 Sopra, Pinacoteca Gualtieri “Lo splendore del reale” Ivette e Fernando Gualtieri insieme a Mara nella mostra di Talamello Mara con Alberta Ferretti e Albertina Fattori. “Tributo a Salvador Dalì e Marilyn Monroe” Mostra Sala del Podestà a Rimini, 2010

professionalità la famiglia nell’ambito dell’ospitalità, si dedica a studi scientifici come tecnico di laboratorio alla facoltà di farmacia di Urbino, ma la sua creatività trova piena soddisfazione grazie all’Accademia Vetrinistica frequentata a Milano. “Come vetrinista, ho finalmente trovato la mia vera strada professionale – dichiara Mara – che mi ha regalato grandi soddisfazioni anche se non sono mancate anche grandi rinunce. Una fra tutte, la scelta di non accettare un importante incarico proposto dall’azienda Borbonese. Vivevo lontana dalla mia famiglia d’origine, a Bologna, con un marito sempre molto impegnato come medico presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli e due bambine; per loro ho scelto di rinunciare all’incarico, sicuramente prestigioso, ma inconciliabile con la famiglia.” Tornata a Viserba nel 1989, grazie ad un corso di macramè, Mara

ha conosciuto Albertina Fattori e le altre signore del ricamo che fanno parte di Rimini Ricama, associazione culturale con nobili scopi sociali, ed è iniziata una nuova importante fase della sua vita. “Per l’associazione, che si propone di preservare l’arte del ricamo e del merletto, recuperare, conservare e diffondere il patrimonio culturale e la tradizione attraverso l’arte e la letteratura degli antichi pizzi, promuovere e realizzare eventi per mostrare lavori, tecniche di ricamo e tessitura, ho rimesso in pista i miei talenti, realizzando allestimenti che mi hanno regalato tante soddisfazioni.” Mara ha curato gli allestimenti di mostre indimenticabili, fra le più significative c’è quella nel Museo Gualtieri a Talamello dedicata ai dipinti del pittore Fernando Gualtieri. Come noto, Gualfer, anche lui con un passato e origini viserbesi, ha ritratto, in numerose


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delle sue opere, tendaggi, pizzi e merletti, broccati e oggetti artistici di varia forma e natura. La mostra, messa in scena da Rimini Ricama per mano estrosa di Mara, ha ripercorso quei tratti dipinti dal Maestro dello Splendore del Reale con i veri oggetti, pizzi e tessuti rappresentati nei quadri facendo rivivere la scintilla creativa e il set dell’atelier del pittore. Un’altra importante esposizione è stata quella allestita, come direttore artistico, presso la Prefettura di Rimini in occasione delle celebrazioni per i 150 anni d’Italia . “Ciascuna mostra ha ambientazioni e motivazioni

diverse, quando immagino un nuovo allestimento - dice Mara - il mio obiettivo è sempre quello di ricercare e coniugare opere d’arte a pizzi e merletti esaltando al massimo l’eleganza dell’esposizione con l’originalità dei soggetti per andare al di là della semplice mostra e creare un evento.” Così è stato a Pennabilli a casa di Tonino Guerra o nell’Ambasciata d’Italia a San Marino o quella esclusiva su Marilyn Monroe con una scultura di Salvador Dalì. Ma è sicuramente con la mostra ‘La sacralità si ammanta di trine’ (Sala dell’Arengo, Rimini, Ottobre 2012)


che Mara raggiunge il suo apice espositivo e scenografico, anche per profondità dei contenuti. Oggetti di grande valore artistico e sacro sono stati messi a disposizione da istituti religiosi e parrocchie del territorio: stole, pianete, stendardi, quadri e oggetti da altare, persino un ombrello vescovile da processione. Reduce dall’ultimo successo, l’allestimento scenografico della mostra mercato Manidoro che si è recentemente tenuta al Palcongressi di Bellaria Igea Marina, dove ha stupito i visitatori con l’imponente istallazione di una dama in corsetto e lunga gonna di trine, alta tre metri, l’instancabile e vulcanica Mara sta già elaborando nuove idee e nuovi progetti per ‘mettere in mostra’ la bellezza, l’eleganza e il prezioso lavoro di Rimini Ricama.

Nella pagina accanto, in alto, mostra “La sacralità si ammanta di trine“ Arredi sacri da chiese, monasteri conventi di Rimini e della Valmarecchia Sala dell’Arengo a Rimini, 2012 Sotto, abito rosso da cineteca e scultura donna di Salvador Dalì, Sala del Podestà a Rimini Mostra tributo a Marilyn Monroe con divano “bocca” su disegno di Salvador Dalì e quadri di Mimmo Rotella, Sala del Podestà a Rimini Sotto, “la dama”, istallazione in apertura della mostra-mercato Manidoro, 2015


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Parola di scout

di Nerea Gasperoni e Donatella Maltoni | foto archivio Stefano Morolli

Lo scautismo, realtà che a Viserba compie quarantacinque anni, è una promessa giocata sul proprio onore. Nel Canto XXVI° dell’Inferno, Ulisse scuote i suoi compagni di viaggio toccando la loro unicità di uomini in grado di fare grandi gesti. Cosa ci fa arrivare da Ulisse a Viserba? Il ‘viaggio’ e i ‘grandi gesti’, valori fondanti dello scautismo, un’esperienza avventurosa, coinvolgente ed emozionante che oggi a Viserba compie quarantacinque anni.

Lo scautismo sbarca in Italia intorno al 1914; a Rimini si affaccia nel ‘24 ma, come ovunque, si interrompe per ordine del fascismo fino a dopo la seconda guerra mondiale. Cento anni fa, come oggi, le parole chiave rimangono: strada, disciplina, servizio, onore. Non hanno ancora vent’anni Valoris Righi e Anna Matteoni quando,


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Nella pagina accanto, Gruppo Scout Rimini 7 Qui, a fianco, le prime guide (1971), con la prima capo reparto Anna Matteoni quinta da sinistra in alto Sotto, Stefano Morolli con i suoi ragazzi in piazza Cavour

nell’ottobre del 1969, fondano a Viserba il primo Reparto di esploratori Scout, mentre le guide sarebbero nate l’anno successivo, nel 1970. Valoris, da poco fidanzato con Anna, veniva da Rimini ed era l’unico ad aver mosso i primi passi nello scautismo, nel Reparto del “Rimini 2”. In collaborazione con il cappellano di Viserba Mare ‘fondano’ la prima sede nei locali della parrocchia. Basta poco tempo per far scoccare la scintilla! Così, come in tutto il mondo, anche a Viserba lo scautismo entusiasma, contagia e vince anche quelle iniziali diffidenze delle famiglie a mandare i loro figli negli scout. Chi scrive ha militato per tanti anni nel Gruppo Scout “Rimini 7”. Per chi vi è entrato in quegli anni (nel decennio del Settanta) l’esperienza dello scautismo è stata “la strada e la casa”, perché uscivamo ancora piccoli dalla famiglia, in un’epoca in cui la libertà era ancora un lusso, soprattutto per le bambine. Chi non ricorda l’emozione di quelle prime avventurose richieste di autonomia? “Mamma, domani ho l’uscita e dormiamo in tenda!” Che meraviglia, che coraggio e che fiducia ci

voleva da parte dei nostri genitori! Ma lo scautismo ci insegnava, con la Promessa, a dare e a meritare quella fiducia e a ben guardare in quell’architettura del fantastico, dell’avventura, del gioco. Da Rivabella a Torre Pedrera i ragazzi si iscrivevano sempre più numerosi e il gruppo si allargava a tutto il quartiere n. 7: nacque il Gruppo Scout “Rimini 7”, che mantiene ancora oggi questo spirito di apertura territoriale. Oggi, infatti, quattro parrocchie (Sacramora, Viserba

Monte, Viserba Mare e San Martino in Riparotta) ospitano gruppi scout del “Rimini 7”, siano questi Lupetti o Rover, portando il gruppo agli attuali centosessanta iscritti provenienti da tutta l’area nord di Rimini. Le frequenti migrazioni, fatte a volte per motivi logistici, altre per scelte fortemente finalizzate, trovavano un alleato nello spirito avventuroso con cui ogni scout vive i cambiamenti e non sono state mai troppo destabilizzanti. Dopo lo spostamento nella nuova parrocchia


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della Sacramora, gli scout di quegli anni si recarono a Gemona a recuperare un prefabbricato utilizzato dai terremotati del Friuli e, con l’aiuto dei genitori, ne fecero la loro nuova “Casa Scout”. In seguito arrivò la decisione di aprire un Reparto (per ragazzi dagli undici ai sedici anni) a San Martino in Riparotta, per andare incontro alle esigenze di quella zona. Ci fu poi una decisione obbligata: un incendio della sede alla Sacramora costrinse ad appoggi temporanei, durante i quali si consolidò l’affiatamento con Viserba Monte e con l’allora parroco don Giovanni, grande sostenitore ed animatore scout. Oggi, da ben tre anni, anche Viserba Mare ospita nuovamente un branco di lupetti e lupette. Non sorprende, in chi come noi ha vissuto questa esperienza durante la sua giovinezza, riconoscere chi è stato uno scout: il segreto è osservare la gioia, la partecipazione appassionata, il senso di responsabilità che spesso accomuna chi ha fatto un percorso scout. A volte si riconosce dal metodo con cui si affrontano le cose, sembra antico, ma non lo è: anche quello spirito cavalleresco che fa tappa nella figura di San Giorgio, patrono degli scout, e che quale cavaliere medievale, difendeva i

miseri e gli indifesi. E non occorre declinare la buona azione quotidiana in mero buonismo, bensì leggerlo nella versione dell’attenzione alle occasioni di bene e ad una tensione ad una vita felice per se’ e per gli altri. Quella promessa recitata a dodici anni (“Sul mio onore mi impegno a fare del mio meglio per servire Dio e la patria, per aiutare gli altri in ogni circostanza e osservare la legge scout”) te la porti dentro per tutta la vita. Pensiamo a tanti viserbesi nostri coetanei che, come noi, hanno percorso a piedi la

vicina Valle del Marecchia o si sono inerpicati sul fianco degli Appennini tosco-romagnoli e marchigiani e che, pur sentendo il fiato che si spezzava, continuavano il cammino forti fino alla gioia della meta! Nei loro racconti s’intrecciano le esperienze più insolite: dalle bufere di neve ai dieci giorni a mollo nel fango, dalla veglia alle stelle attorno al fuoco, all’aver perso la strada e dover dormire all’addiaccio facendo i turni di veglia. In questo ultimo decennio lo sguardo dei nostri gruppi scout del “Rimini 7” è arrivato anche oltre le nostre zone boschive, facendo scelte di impegno attivo. “È successo che, dopo un approfondimento sulla legalità, i ragazzi abbiano fatto un campo di servizio-lavoro nelle terre di Libera, l’associazione contro le mafie, in Puglia. - racconta Stefano Morolli, capo scout e responsabile di zona - Oppure che il campo sia diventato un’occasione di servizio nella missione diocesana in Albania, o ancora che abbiano chiesto di vivere due settimane nella savana del Senegal insieme a una comunità del posto per condividere e sostenere la vita del villaggio”. Il 13 giugno di


quest’anno gli Scout dell’Agesci sono stati ricevuti in udienza generale da papa Francesco il quale riconosce al movimento scout il coraggio e il sogno di scommettere sulla speranza e di superare l’indifferenza. In fondo lo scautismo è quel paio di occhiali che, una volta indossati, ti fanno vedere le cascate del Niagara in quella pozza mezza prosciugata del Marecchia e che ti ci fanno tuffare dentro sapendo che vivrai l’avventura più incredibile che ti possa capitare.

Nella pagina accanto, momenti di campo Sotto, giovani scout di cinquant’anni fa: da sinistra, Giulio Bernabei, Renzo Morolli, Paolo Rinaldi


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Ri-vediamoci

piccoli protagonisti crescono di Silvia Ambrosini I foto archivio L’Ippocampo

Gli incontri in piazza Pascoli, le gite, i tornei canori, i giochi sulla neve: è tutto documentato nelle fotografie e nei filmini di un giovane sacerdote. Dopo più di quarant’anni il passato è vivo più che mai nelle immagini che scorrono e nel ricordo dei ragazzi di allora, oggi sessantenni. Un sabato di primavera e una cena conviviale dal titolo Ri-vediamoci: è il tributo dell’associazione L’Ippocampo alla memoria di don Ciro, che dal 1966 al 1971 fu cappellano nella parrocchia di Viserba Mare. La serata organizzata al teatro Edimar, allietata anche da una cena preparata dai volontari dell’associazione L’Ippocampo, ha visto la partecipazione di ben centotrenta viserbesi, molti dei quali intervenuti proprio per ri-vedersi nelle pellicole che, grazie a don Ciro, hanno spostato le lancette del tempo indietro di diversi decenni, mostrando volti di bambini e angoli di paese più che mai vivi nei cuori di tutti. Originario di Mondaino, il giovane sacerdote con la passione del documentarista, con macchina fotografica e cinepresa immortalò momenti di vita, di gioco, di amicizia per tutto il tempo che trascorse nel nostro paese. Un tempo purtroppo breve e presto spezzato, perché troppo giovane si ammalò di leucemia e tornò al cielo. Ma il suo ricordo è rimasto indelebile in tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo e lo dimostra l’affetto dei tanti convenuti allo speciale “amarcord”. “Don Ciro coinvolgeva tutti. – racconta il viser-

bese Giampaolo Mazzotti, ragazzo di quegli anni – Ci trasmetteva la sua passione per le cose belle, la musica, la strada… Ci portava spesso in uscite di gruppo, in montagna sulla neve o in città storiche come Verona. Ci spronava a suonare strumenti musicali e a cantare. Ricordo che formammo

anche un complessino! Lo vedevamo come un amico più grande che ci guidava verso il bene. Come scordarmi di quel sacerdote atipico che, nel bisogno, veniva persino a prendermi a casa con il suo vespino?”. Il ritrovamento delle pellicole, insieme a tante fotografie, avvenne nel 2011,


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Nella pagina accanto, olimpiadi ragazzi Santarcangelo di Romagna, 1968 A lato, festa dei genitori, teatro parrocchiale, 1966 Sotto, festa teatrino parrocchiale con don Ciro e da sinistra, Michele, Domenico, Paolo, Fiorangelo e Maurizio, 1966

come racconta Manuela Botteghi, socia dell’Ippocampo: “Insieme ad altri ex ‘ragazzi di don Ciro’ mi recai a Mondaino, dove era stata organizzata una messa per commemorare il quarantesimo anniversario della morte di don Ciro, un sacerdote che tutti noi avevamo molto amato e che ha lasciato una traccia significativa del suo passaggio nel nostro percorso di vita. Al termine della cerimonia ci presentammo al fratello, che ora vive a Brescia. Fu contentissimo di conoscerci e, venuto a sapere dell’esistenza dell’associazione L’Ippocampo e del suo lavoro sulla memoria, decise di donare a quest’ultima tutte le foto e i filmini che fino ad allora erano rimasti custoditi nella loro casa natale. La speranza era che in quel piccolo patrimonio i ‘ragazzi di don Ciro’ potessero ritrovare la loro infanzia e gioventù, magari mai documentata allo stesso modo da altri.” In quegli anni, infatti, le foto, ma soprattutto i filmini, non erano cosa diffusa come oggi; possedere un video degli anni più belli, con gli amici di allora, negli ambienti che oggi non esistono più, ascoltando voci e risate di giochi lontani, è un omaggio unico alla memoria personale e del paese.

Le foto furono mostrate al pubblico già nel 2011, mentre per i filmini il lavoro dei soci dell’Ippocampo è stato più impegnativo: catalogati per anno, arricchiti di sottofondo musicale, riversati dal vecchio formato 8 mm sui più moderni supporti digitali. Un po’ sorridendo, un po’ con le lacrime agli occhi, nella serata dedicata a don Ciro, anche gli amici Renzo Morolli, Giuseppe Bagli e Fabio Giulianelli si sono ri-visti. “Avevamo undici anni – raccontano emozionati - e da allora siamo an-

cora amici. Ognuno ha preso la sua strada professionale e familiare, ma ricordiamo bene quegli anni. Rivedere le immagini di quei momenti di vita è un’emozione grandissima! Questa sera ci siamo rivisti bambini, quando ci ritrovavamo in piazza, quando venivamo giù con gli slittini di legno dai cumuli di neve… Quante risate! Ma c’erano anche momenti seri: il canto in chiesa, l’impegno come chierichetti, il campo sportivo. E don Ciro... Soprattutto un amico.” Anna Maria Rossi, oggi settantenne,


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lo ricorda come un mistico. “Non dimentico gli incontri del sabato pomeriggio. - dice sorridendo - Lui mi ha fatto conoscere la fede vera. La sua bontà e la sua dolcezza mi sono rimaste dentro e i valori che mi ha trasmesso mi hanno aiutato molto nella vita trascorsa per molti anni a Milano.” I coniugi Enia Marchioni e Gianni Zannini si conobbero in quegli anni. “Don Ciro si dedicava col cuore a noi ragazzi. - ricordano - Fu un esempio per noi anche nella malattia. Quando andammo a trovarlo all’ospedale di Modena ci fece una gran festa, senza mai far trasparire la sofferenza.” L’amore per i ragazzi e l’impegno nella loro educazione emerge anche dal ricordo di Marcello Sivieri: “Avevo quattordici anni e devo ammettere che non frequentavo molto la parrocchia. Ma don Ciro, con tante idee e il suo modo coinvolgente di proporre cose nuove e interessanti, attirava tutti i giovani. Organizzava spesso gite fuori Rimini e la domenica pomeriggio la piazza era piena di ragazzi che si fermavano lì. In gruppi diversi, ma tutti insieme: ci saranno stati almeno cento ragazzi!” Tante le testimonianze, i ricordi, i sorrisi mentre le immagini di quelle antiche scorribande, dei giochi, delle avventure culturali, degli eventi musicali scorrono sul grande schermo del teatro Edimar. Ragazzini con pantaloni al ginocchio e sorrisi semplici, spazi liberi e con poche auto. Un gruppo di giovanotti di allora, sorridendo dell’incoscienza tipica di quell’età, ricorda anche episodi divertenti, debitamente documentati dalla cinepresa del sacerdote: “Come quella volta che, durante una gita in mare con i mosconi, il tempo cambiò in peggio e il bagnino dovette accorrere per riportarci a riva!” Al termine della serata il commento di Silvano


Perazzini ha ben sintetizzato lo spirito che ha spinto l’associazione L’Ippocampo a proporre un incontro di questo tipo. “Noto con piacere che stasera, oltre ai ragazzi di don Ciro, vi sono persone di altre parrocchie. - ha detto - Questa forma di aggregazione è molto bella: è quella che l’amico Ciro avrebbe desiderato per tutti noi, ragazzi di quarant’anni fa. Oggi siamo tutti consapevoli che proprio allora furono gettate le basi di ciò che poi ciascuno ha vissuto riguardo ai rapporti con gli altri: in famiglia, sul lavoro, nella vita sociale…” Grazie, don Ciro!

Nella pagina accanto, in alto, seminario del convegno dei chierichetti, 1967 Al centro, momenti di gita a Verona e Lago di Garda, 1968 Sotto, la squadra di calcio Vis-Viserba, 1967 Sopra, gare di pesca sugli scogli di Viserba, 1968

IL GIARDINO CHE SOGNAVI…


comunicazione istituzionale

Romagna terra delle Acque Romagna Acque: un anno di nuovi impianti e di ricerca Romagna Acque-Società delle Fonti Spa presenta quest’anno a Ravenna, venerdì 26 giugno, il proprio annuale Bilancio di Sostenibilità.

Giunto all’undicesima edizione, il documento ha non più il solo scopo di rendicontare e descrivere tutti i principali settori di attività dell’azienda, affrontandone l’impatto sulla collettività e sui vari stakeholder presenti sul territorio ma piuttosto ha assunto il ruolo di documento strategico relativo all’intera attività aziendale. Da quest’anno, in particolare, seguendo le nuove indicazioni fornite dal GRI (Global Reporting Initiative), il documento sarà ancora più semplice e chiaro, alla portata di qualsiasi lettore che voglia approfondire le tematiche ambientali, economiche, sociali dell’azienda. Nella seconda parte della mattinata, una tavola rotonda alla presenza di interlocutori di livello nazionale si occuperà di approfondire il tema del rapporto fra la ricerca, la sostenibilità ambientale e il prelievo idropotabile. La scelta di puntare su Ravenna come sede per l’annuale presentazione (negli ultimi due anni, il Bilancio di sostenibilità è stato presentato rispettivamente a Cesena e Rimini) è legata anche al fatto che per il territorio ravennate questo è un anno importante nell’attività di Romagna Acque: nel corso dell’autunno verrà infatti ufficialmente inaugurato il nuovo potabilizzatore NIP2 in via di ultimazione in zona Standiana. Un impianto fondamentale non solo per il ravennate ma per tutto il territorio romagnolo, compresa la zona di Rimini, soprattutto nella logica di utilizzare sempre più acqua di superficie e sempre meno acque di falda.

Il presidente Tonino Bernabè.

www.romagnacque.it


Il NIP2 Il grande potabilizzatore e i circa 40 km di condotte di interconnessione di grandi dimensioni ad esso collegate, rappresentano un intervento “di sistema” per l’intera area romagnola, rendendo disponibile una rilevante quantità di risorsa aggiuntiva (per almeno 20 milioni di metri cubi anno potenziali), diversificando le fonti di approvvigionamento, e consentendo ad una consistente parte del territorio di disporre di una garanzia di approvvigionamento nei casi di crisi idriche e di continuità del servizio. Il NIP2 sarà infatti interconnesso alla rete del lughese, al NIP 1 ed alla dorsale adriatica dell’Acquedotto della Romagna. L’impianto sarà alimentato con acqua del CER e avrà una potenzialità massima di 1100 litri al secondo. La sezione più importante dell’impianto è quella dell’ultrafiltrazione, ovvero la filtrazione dell’acqua attraverso membrane con cavità così piccole (0,4 micron) da trattenere oltre a tutti i solidi sospesi anche la carica batterica e spore di organismi potenzialmente patogeni. Il passaggio finale su carboni attivi permetterà invece di trattenere le ultime sostanze rimaste in soluzione nell’acqua al termine del trattamento. Il processo di potabilizzazione adottato è quello più moderno ed efficiente attualmente disponibile e permetterà di ottenere una elevatissima qualità dell’acqua potabilizzata. La costruzione del NIP2 rappresenta il più importante degli investimenti compresi nel piano pluriennale 2011-2023 approvato dall’assemblea dei Soci di Romagna Acque, un piano che complessivamente supera i 300 milioni di euro. La costruzione del NIP2 e la realizzazione delle condotte ad esso collegate prevedono complessivamente un investimento di oltre 70 milioni di euro. Il nuovo impianto NIP2 di Ravenna.

L’attività sulla ricerca Ma l’attività di Romagna Acque non si limita alla pur fondamentale realizzazione di infrastrutture in grado di assicurare l’approvvigionamento idrico. Negli ultimi decenni, il settore della gestione delle risorse idriche è stato caratterizzato da rilevanti innovazioni e cambiamenti di vedute. Il ripetuto verificarsi di situazioni di scarsità idrica - che sembrano prefigurarsi come primi effetti di mutamenti climatici in atto - ha generato nuove pressioni sugli usi delle risorse idriche. Le minacce ambientali, in continuo mutamento, condizionano anche la qualità dell’acqua prodotta. Per una Società come Romagna Acque, un’efficace gestione preventiva richiede una diffusa consapevolezza delle problematiche e dei processi di condivisione per la definizione delle possibili soluzioni, che presuppongono in ogni caso tempi lunghi. In tale contesto la Società ritiene fondamentale essere sempre in prima linea riguardo alle innovazioni, alle aperture, alle soluzioni teoriche e pratiche emerse dal dibattito accademico e scientifico, unica scelta in grado di coniugare sicurezza e qualità; ha scelto dunque di investire sulla ricerca, per essere sempre protagonista delle progressive evoluzioni delle competenze che via via si svilupperanno. È per questi motivi che in anni recenti, la Società ha incrementato e irrobustito i rapporti con diverse sedi Universitarie (fra cui quella di Scienze Ambientali di Ravenna), con altri consolidati Enti di ricerca (ad esempio il Centro Ricerche Marine di Cesenatico, per quanto riguarda la ricerca sull’inquinamento idrico e sull’eutrofizzazione) o comunque con importanti soggetti istituzionali del territorio (come l’Istituto oncologico Romagnolo, per quanto riguarda il rapporto fra la qualità dell’acqua e la salute umana): realizzando assieme a ognuno di essi convegni, corsi di aggiornamento e altre iniziative, che proseguiranno anche nei prossimi anni.


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Memorie

che suggeriscono visioni di Pierlugi Sammarini I foto archivio L’Ippocampo

Il fascino misterioso della ex corderia di Viserba, che ha suggerito a tanti appassionati del genere scenari romantici e onirici, torna su queste pagine grazie all’interessante lavoro di un giovane architetto: Serena Corbelli.

Mai come per la “corderia” tante energie sono state impiegate ed altre probabilmente ancora se ne utilizzeranno per raccontarla. Tanti viserbesi l’hanno vissuta, lavorandoci fino al 1939 ed anche successivamente ne hanno patito gli umori da operai, artigiani, magazzinieri, commercianti, ma anche ospiti forzati, come prigionieri delle ultime forze nazifasciste prima degli anni della liberazione. Già in altri momenti ne abbiamo parlato e ricordiamo l’efficace articolo di Maria Cristina Muccioli intitolato “C’era una volta una fabbrica” (pubblicato su Vis a Vis n, 2 pag. 30) che ne racconta la storia fino all’acquisto

del bene dismesso, dopo la guerra, dal finanziere milanese Ceschina. Oggi la corderia è di una nuova proprietà che ha un progetto approvato per realizzarvi residenza e commercio all’interno dei 70.000 mq. salvaguardando le sole parti tutelate.

In questi ultimi anni, il lavoro dell’Ippocampo che, facendo perno sulla memoria, intende riflettere e comprendere appieno il nostro territorio ed essere di stimolo alle scelte future per il bene dei cittadini e degli ospiti, ha osservato con interesse il lavoro


di Gabriele Bernardi (viserbese doc come lui stesso si professa). Abitando vicino alla corderia, Gabriele l’ha presa come una seconda casa, percorrendola in lungo e in largo, scoprendone la bellezza d’estate come d’inverno e vedendola progressivamente invecchiare ancora di più. La passione è culminata nel settembre del 2011 con una splendida mostra fotografica in collaborazione con Simone Mariotti tenuta a Rimini presso la Sala degli Archi in piazza Cavour dal titolo emblematico “Amarcorderia”. La scoperta di questo luogo dimenticato ha portato anche chi non è nato a Viserba ad amare e progettarvi sopra la propria tesi di laurea in architettura; è il caso del giovane architetto Serena Corbelli che, nel 2014, ha coronato mesi di lavoro e ricerca coniugando la progettazione sperimentale con l’interesse di un teorico committente nel rispetto storico ed ambientale del contesto urbano. Nelle pagine che seguono riportiamo la visione e l’idea-progetto di Serena, tratte dalla sua tesi di laurea e che, prendendo spunto dal nome della mostra di Gabriele Bernardi, si intitolano “Amarcorderia. Da relitto industriale ad approdo di nuove funzioni. Rigenerazione dell’area periurbana dell’ex corderia di Viserba” in cui, lungo 265 pagine corredate di immagini, rendering e tavole progettuali, viene prospettata la trasformazione di questo luogo in una sede polifunzionale che punta sull’enogastronomico e sul tessile, eccellenze del territorio riminese, fuse con la storia e la fisionomia del luogo. È un’idea, un suggerimento di una giovane e brava progettista che qui presentiamo con soddisfazione e plauso. Per chi volesse approfondire e conoscere i dettagli di questa interessante tesi di laurea http://issuu.com/seri_meinbau/docs.


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“Al di là del muro” di Serena Corbelli

Sopra, la planimetria del progetto, tesi di laurea di Serena Corbelli Nella pagina a fianco, la locandina della mostra di Gabriele Bernardi “Amarcorderia” e alcune suggestive immagini dell’attuale corderia

Sbucando da via D’Acquisto. È così che per la prima volta mi sono imbattuta nell’edificio in laterizi di manifesto impianto razionalista che fa da sipario alla vasta area dell’ex corderia, perimetrata da una sequenza di barriere che poco consentono alla vista e molto lasciano all’immaginazione. Incuriosita e affascinata mi sono dapprima documentata sulla storia della fabbrica, ho letto articoli inerenti alla sua agognata salvaguardia, ho osservato le numerose immagini che pullulano su internet e ho infine sentito l’irrefrenabile istinto di andare “al di là del muro” che cela, protegge e custodisce da oltre settant’anni un pezzo di storia passata dei viserbesi. Le rovine della fabbrica sono avviluppate, strette, imprigionate dall’abbraccio soffocante della vegetazione. I sentieri sono aggressivamente occupati da rovi inestricabili. I pilastri in cemento armato, spogliati dal tempo e dall’incuria, coi ferri a vista, sfoggiano drappi di rampicanti. Dal suolo emergono piante

pioniere. Un solaio crollato dà luce ad un piccolo vigoroso arbusto cresciuto tra le macerie. Dai soffitti pericolanti penzolano, sospese, edere rosse. È in queste manifestazioni che il romanticismo sconfina nel sublime, attraverso la vivida espressione della potenza dirompente della natura che si riappropria degli spazi che l’uomo le ha sottratto. Le stanze e le pareti degli edifici sono intrise di storia. I macchinari, un tempo motore dell’opificio, ora sono silenziosi e inermi. Sull’intonaco di alcune pareti sono raffigurate scene a indubbia testimonianza del secondo conflitto bellico. Nella stanza degli essiccatoi giacciono al suolo serbatoi di carburante per aerei risalenti all’ultima guerra e ciò che resta dei letti dei tedeschi che occuparono la fabbrica, profili ferrei arrugginiti avvolti da ragnatele e molle che emergono tra polveri e piume. Un posto inquietante e bellissimo. Un luogo che vive di ossimori, di accostamenti singolari, di natura e artificio, di storia e mistero, di luci e di ombre, quello della ex corderia. Un’area sottratta all’attività umana, uno “spazio indeciso”. Qui è nato il mio desiderio di ridare vita al relitto. L’abbandono dell’area periurbana è l’occasione per riflettere sulla riqualificazione di una zona industriale dismessa, una riserva di territorio strategica, uno spazio interstiziale definito tra la verticalità del quartiere costruito e l’orizzontalità del paesaggio agricolo. L’obiettivo è quello di cercare un innesco per l’area, delle funzioni che facciano da volano economico e che si integrino nel territorio e nella realtà locale; il tutto mantenendo delle tracce del passato, talvolta proprio come ruderi, valorizzando il verde, la Fossa dei Mulini, preservando il vero e proprio bosco interno all’area e ricucendo il


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fronte urbano. L’ipotesi di progetto traduce in segni e idee le suggestioni insite nel luogo, rispettandolo. L’area viene scandita secondo il principio di gradazione di tre diverse tipologie di verde che si rapportano con il contesto, le preesistenze e il nuovo. La prima è quella del verde urbano collocato verso via Marconi, strutturato e regolare, che si relaziona con il muro di cinta, con l’edificio razionalista, con gli spazi pubblici animati da giochi d’acqua (richiamo alla “Regina delle Acque”), con gli immobili residenziali e con il nuovo centro natatorio. La seconda tipologia è quella del verde boschivo, più spontaneo, irregolare, che si sviluppa nel centro dell’area e si affaccia su via Fattori; esso comprende le “arcate ruderali” scalate dall’edera che, preservate, fanno spazio ad una piazza nascosta. La terza ed ultima tipologia è quella del verde agricolo, scandito e ordinato, che segue la vena d’acqua della fossa Sortie, si affianca alle nuove vasche di laminazione naturale e si spinge verso via Marconi, come un frammento di campagna interclusa, declinata all’urbano sotto forma di


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In questa pagina: i rendering del progetto di Serena

orti didattici e terapeutici. L’edificio a portale d’accesso all’area, le case dei salariati e il mulino, riqualificati, ospitano funzioni creative e produttive nel senso più nobile del termine, che si ricollegano ad esempi virtuosi già calati sul territorio, quale quello del Mulino Carlotti. Il centro enogastronomico e tessile, fulcro dell’area, è costituito da due nuovi fabbricati (posti sul sedime di quelli demoliti) e dagli edifici recuperati che contengono i macchinari e i dipinti storici; è un luogo in cui formazione, produzione, promozione e socialità si intrecciano, tra la nuova architettura e l’esistente recuperato, tra i ruderi ed una cornice ambientale che valorizza e viene valorizzata dall’intervento. I volumi pieni sono concentrati sul bordo delle nuove architetture, verso il percorso che, dal muro abitato dell’edificio di ingresso, conduce verso l’area recuperata e la ruralità. Il passaggio permette di collegare i vari sottosistemi di verde che si integrano tra loro. La struttura puntiforme

in acciaio (che richiama quella preesistente in cemento armato), coinvolge la natura, le lascia spazio, inglobando la vegetazione e gli alberi all’interno del suo disegno.


ph. Paritani



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