Arte concettuale

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Arte Contemporanea Performance • Body Art • Land Art • Video Art

Aurora Lisi • Graphic Design III


Arte Contemporanea Performance • Body Art • Land Art • Video Art

Performance

Vito Acconci Joseph Beuys Yayoi Kusama

Body Art

Gina Pane Yasumasa Morimura Marina Abramovic Urs Luthi Hiroshi Sugimoto Andres Serrano

Land Art

Christo Richard Long

Video Art

Nan June Paik Matthew Barney Bill Viola


Performance

L

a Performance è una forma di arte di non facile definizione, si potrebbe chiamare Arte che si esplicita durante l’azione. Ha inizio intorno agli anni ‘70 del 900 e consiste nell’esecuzione di un determinato insieme di azioni da parte dell’artista di fronte a un pubblico, in cui l’interesse degli artisti non si concentra sull’oggetto artistico, ma mira a produrre sensazioni , inquietudini, impressioni, emozioni, mediante l’azione dell’artista-performer, innescando un rapporto diretto con lo spettatore e il pubblico. L’opera d’arte diventa l’azione stessa, un evento che non è riproducibile, ma può essere fissato o riproposto mediante fotografie o filmati, oppure nel momento in cui l’azione viene ripetuta. L’azione performativa coinvolge il tempo

e lo spazio e può essere eseguita in qualsiasi luogo e senza limiti di durata. Le esperienze artistiche che ne fanno parte sono principalmente la Body Art (corpo), la Land Art (ambiente naturale) e la Video Art (apparecchiature video). Un fattore in comune tra queste esperienze consiste nella cosiddetta dematerializzazione dell’oggetto artistico, la possibilità cioè, di un’arte fondata sul tempo anziché sullo spazio. Esperienze precedenti si possono ritrovare negli Happening e in Fluxus - eventi performativi in luogi pubblici esterni che promuovevano l’effimero, il mutevole e il legame tra arte e vita.


Performance

Vito Acconci

V

ito Acconci è uno degli esponenti più significativi dell’arte performativa; videomaker, body artist e progettista d’architettura attivo dagli anni ‘60 del Novecento. Dopo le prime esperienze come videopoeta, sul finire degli anni ‘60 comincia ad operare nel campo delle arti visive e della Body Art, esplorando intimità e relazioni interpersonali.

Le sue performaces, incentrate sull’utilizzo del proprio corpo come mezzo espressivo, sono cariche di sofferenza , dolore, rishio e pratiche maschistiche, che gli permettono di ampliare i propri orizzonti percettivi e di definire i limiti del proprio corpo. In esse è importante il luogo in cui si svolge l’azione - piccole stanze o celle - dove

rappresentare il proprio agire in privato. (Seed-bed) Affronta temi come lo stress (Three Adaptation Studies), la morte, il tema del cambiamento e della sessualità (Conversions) e lo spettatore agisce come spia che guarda un’attività privata, dandogli la possibilità di scegliere se partecipare allo stato emotivo del’artista o andare via. Dalla metà degli anni ‘70, abbandona l’azione performativa e si dedica alla realizzazione di architetture e installazioni spaziali che prevedevano il coinvolgimento dei sensi dello spettatore. L’artista è comunque presente, se non con il corpo, questa volta con la voce, con la quale si rivolge al pubblico per avvicinarlo nello spazio.


Performance

Joseph Beuys

J

oseph Beuys è uno degli artisti più emblematici del secondo 900.

Quando si arruola in guerra da ragazzo, rimane ferito in un incidente aereo e racconta di essere stato poi salvato da una tribù nomade, e curato con del grasso e del feltro. Questa esperienza segnerà tutta la sua carriera artistica e la sua produzione: i feltri e gli elementi naturali saranno una presenza costante. E’ un artista profondamente critico verso la società dei consumi e auspica in una società popolata da uomini liberi e creativi. Secondo le sue idee l’uomo, per essere considerato tale, deve ritrovare il legame con la natura e il mondo spirituale. Realizza azioni concettuali, installazioni, performance sociali, naturalistiche e ambientalistiche in cui è direttamente coin-

volto. In ogni sua opera è alla continua ricerca di armonia con se stesso, con gli uomini e con la natura, diventano per lui impegno morale e politico. Ha uno scopo ben preciso: attuare una sorta di sensibilizzazione dell’uomo nei confronti della natura, per rieducarlo ad una criticità nei confronti del mondo; possibile - secondo lui - solo attraverso la collaborazione reciproca. Per diffondere questa sensibilià ecologica tra la gente, realizza il progetto “Difesa della Natura” (dal 1982), una piantumazione di 14.000 alberi tra le città di Kassel e Bolognano, Trasformando così un’azione ordinaria in un grande rito collettivo. Con la sua filosofia diffuse collaborazione tra gli uomini e e rispetto per l’ambiente.


Performance

Yayoi

Kusama

P

rotagonista dell’arte contemporanea giapponese, ha fatto della sua arte il mezzo per esorcizzare e combattere le sue allucinazioni, causate da disturbi ossessibo-compulsivi di cui soffriva già all’età di 10 anni. La sua attività prende forma in modo definitivo intorno agli anni ‘60; la sua arte è un processo sinestetico, fisico e mentale, intenso e delicato: ci permette di entrare nel suo mondo psichedelico e surreale, dominato da pois, nervi biomorfi , zucche e giganteschi fiori colorati. L’elemento che l’ha resa nota è il pois, che rappresenta la forma del Sole - simbolo dell’energia del mondo e della vita - e la forma della Luna - che trasmette un senso di calma. Tondo soffice, colorato, diventa nelle sue opere movimento e un modo d’intendere l’infinito cosmico. L’intento della sua arte è proprio condurre un’indagine sul concetto di percezione del

cosmo e dell’infinito, oltre che inneggiare alla bellezza della vita. I pois ricoprono non solo sculture ma anche pavimenti, pareti, fino a tappezzare anche il suo corpo: in questo modo la sua arte si estende, assorbendo oggetti e persone, al punto di contagiare anche il mondo della moda. Nel 2012 infatti, collabora con la Louis Vuitton, ricoprendo di pois capi d’abbigliamento, scarpe e borse, articoli di piccola pelletteria e anche l’intero spazio espositivo. La sua creatività si apre alla performance, installazioni e alla costruzione di environment e ambienti sinestetici, in cui pallini, reticolati, e tutto ciò che mette in crisi la percezione, comunicano allo spettatore lo stesso profondo disagio dell’artista. Il suo stile diventa contestazione in favore del pacifismo, dell’autonomia femminile e della libertà sessuale.


Body Art

L

a Body Art è sorta in Europa e, diffusasi poi principalmente in America e Giappone, si sviluppa a partire dal 1968. Nasce dall’esigenza di contestazione sociale e culturale, contro la logica del capitalismo che impone un’estetica standardizzata. Inoltre riflette sulla perdita d’identità e sul dolore dell’esistenza umana.

Il corpo è l’oggetto stesso, sia materiale che mezzo d’espressione e, attraverso le azioni più disparate - spesso difficoltose ed estreme - vi è la volontà di provocare, scuotere e stravolgere lo spettatore, cercando di trovare in queste manifestazioni lo sfogo e la liberazione delle proprie angosce. Le performance sono documentate da fotografie, video e registrazioni audio e la loro durata, che avviene nei luoghi più disparati, spesso corrisponde con la capacità di resistenza dell’esecutore.


Body Art

Gina

Pane

A

rtista emotiva e raffinata, Gina Pane si colloca all’interno della corrente della Body Art e dell’arte performativa. Dopo un’iniziale approccio alla pittura geometrica e alla scultura, negli anni ‘60 - con le prime rivolte femministe e le sommosse contro il Capitalismo - decide di servirsi dell’arte come forma di protesta per i diritti ambientali e umani. E’ da questo momento che hanno inizio le prime performances, ma che vertono più verso la Land Art; infatti protagonista è l’ambiente - che lei definisce “ corpo ecologico”. Alcune azioni la vedono inginocchiarsi su un prato mentre sposta pietre da una zona in ombra a una di luce; o aggrapparsi ad una roccia. L’intento è evidente: esprimere il desiderio di ristabilire una relazione con la natura, fonte primigenia di ogni energia. Da un “corpo ecologico”, passa negli anni

‘70 ad un “corpo sociologico e carnale”. Da qui il suo percorso nella Body Art, con le prime azioni in pubblico, nelle quali agisce sul proprio corpo, scrutandone e studiandone soprattutto la dimensione dolorosa e la resistenza. Si procura ferite, tagli, lesioni come fossero parte di un rituale, azioni che sono testimoniate da serie di fotografie, concepite come storyboard. Ognuno di questi gesti però va oltre l’autolesionismo. Il taglio, il dolore, il sangue, sono gesti che aprono un dialogo nella coscienza dello spettatore; tagliarsi significa mostrare all’altro il proprio dolore, un segno che evidenzia la situazione di violenza a cui siamo sottoposte. Il suo intento infatti è quello di provocare nel pubblico una profonda riflessione sulla condizione della donna negli anni difficili del femminismo.


Body Art

Yasumasa

Morimura

M

orimura è un fotografo concettuale che si è affermato nei primi anni ‘90 e fa parte della ormai nota esperienza della Body Art. L’arte del travestimento è la chiave attraverso cui rilegge la cultura, i miti e la storia del XX secolo.

Elabora immagini fotografiche di opere di grandi pittori - di Leonardo, Van Gogh, Frida Kahlo - e icone universali della storia, dei mass-media e dela cultura popolare - Marilyn, Brigitte Bardot, Hitler - interpretandole in prima persona. Realizza infatti degli autoritratti, perfettamente curati nei minimi particolari, con stoffe, accessori ricercati e si aiuta anche con il fotoritocco. I tratti somatici mai modificati, sono l’unico mezzo che ha per rivendicare la sua

origine. Ciò che lo spinge a reinterpretare le opere dei grandi pittori, o a calarsi nei panni delle dive hollywoodiane, non è la necessità di inscenare parodie irriverenti; le sue opere risentono della costante tensione tra Oriente e Occidente ed ha l’esigenza di sottolineare il disagio che il popolo giapponese prova nel subire la cultura occidentale e gli influssi del Capitalismo. Impersona donne e uomini senza distinzioni, lasciando riflettere il pubblico sul tema del gender e del sesso.


Body Art

Marina

Abramovic

A

rtista serba, Marina Abramovic svolge la sua ricerca nell’ambito della Body Art, indagando, anche con violenza, sui limiti fisici e psichici del proprio corpo e della mente. La sua attività ha inizio nei primi anni 70, quando con le sue performance sperimentò i primi ambienti sonori e le video installazioni.

Dal ‘76 all’88, ha collaborato con Ulay, elaborando, attraverso sofferte esperienze fisiche, psichiche e spirituali, performances incentrate su temi quali la sofferenza - considerata un necessario percorso catarchico - l’amore - mostrato con una serie di fotografie che li mostrano in pose d’effetto teatrale - e il contatto con culture diverse - attraverso lunghi viaggi per il mondo. Insieme suscitavano una nuova energia.

Successivamente si dedicò all’arte autobiografica. Il suo è un lavoro sociale, che indaga non l’autonomia dell’opera d’arte, bensì quella dell’essere umano, che esplora il rapporto tra performer e pubblico. Nelle sue performances usufruisce del corpo sia come mezzo che come oggetto, mettendo alla prova i propri limiti fisici e mentali, in un assoluto autocontrollo e dalla straordinaria capacità di tollerare ogni fatica. Il pubblico, che assiste alle sue azioni, è attivo e si fa giudice della situazione, psicologicamente costretto a reagire alla continua ricerca di trasformazioni emotive e spirituali.


Body Art

Urs

Lüthi

A

rtista eccentrico e malinconico, Urs Luthi è uno dei personaggi più particolari presenti nella Body Art e nell’arte performativa.

Tra il 1971 e 72 infatti, realizza una serie di autoritratti, usufruendo il proprio corpo, la sua fisionomia e il proprio volto, per investigare sui valori della persona.

Inizia l’attività artistica nel 1966, e si capisce subito che la sua è un’arte sottilmente provocatoria, che combina elementi autoironici ad una precisa ricerca formale ed estetica.

Identità, specularità e seduzione: sono gli

Come lui stesso afferma, “l’aspetto più significativo e creativo del mio lavoro è l’ambivalenza come tale”. Non parla semplicemente di ambiguità, né di sola imago intersessuale, ma di ambivalenza , cioè l’idea di esprimere un doppio valore. Dal punto di vista iconografico, riprende il tema dell’autoritratto, intriso di una sottile ed esplicita provocazione identitaria.

aspetti sui quali si concentra, portandoci a riflettere sull’identità di noi stessi. Nonostante le pose esplicitate e l’uso della fotografia portino a pensare ad una staticità dell’opera, tuttavia il suo lavoro è estremamente dinamico: ci proietta in una dimensione identitaria che è altra da noi e, allo stesso tempo ci porta a una consapevolezza del duplice aspetto.


Body Art

Hiroshi

Sugimoto

A

rtista giapponese, attivo dalla seconda metà delgi anni ‘70, Sugimoto è uno dei più grandi interpreti della fotografia contemporanea. Utilizza il mezzo fotografico per indagare le tracce della storia nel nostro presente, ritraendo soggetti che ricreano momenti di un passato distante e luoghi geograficamente lontani. Ha conservato il lato estetico e pragmatico di fare arte creando immagini minimal e belle da contemplare. Le sue fotografie, raggruppate in serie, sono immagini mentali , concetti , scattate in bianco e nero su pellicola in gelatina d’argento e utilizzando una macchina fotografica a soffietto non automatica. La sua ricerca tende a rappresentazioni che rivelino un’essenza immutabile, non

condizionata dall’attimo fuggente. Gli scatti che ci propone hanno a che fare con i concetti di tempo e spazio e con il

rapporto tra ciò che è transitorio e ciò che è eterno; cerca di materializzare questi

concetti attraverso lunghissimi tempi d’esposizione, liquefacendo le prospettive e confondendo e sfumando la materia. Le serie di scatti più noti e oggetto di mostre mondiali sono: • Theaters, fotografie, con tempi di esposizione lunghissimi, di sale cinematografiche degli anni ‘20 e ‘30; • Seascapes, che immortalano il cielo, il mare e la linea d’orizzonte che li divide. • Portraits, ritratti delle statue dei musei delle cere.


Body Art

Andres

Serrano

S

errano esordisce come fotografo negli anni ‘80; più che fotografo, lui stesso si definisce “pittore della macchina fotografica”. Considerato uno degli artisti più controversi della Body Art, ha un linguaggio spesso forte e scioccante, ma comunque semplice e comprensibile. E’ caratterizzato da uno stile classico, influenzato dai colori forti e dalle nature morte della pittura barocca e rinascimentale. Il suo lavoro è incentrato sulla forma (inquadratura, taglio, composizione, trattamento della luce) e si articola attorno a temi legati al concetto di corpo, vita e morte e provocatori come sesso, povertà, religione, violenza. Le sue fotografie non si limitano alla semplice raffigurazione del corpo, ma le persone raffigurate si coprono di sangue, liquido seminale, latte materno. Qualunque cosa immortali, Serrano cerca di renderla bella. Raccoglie le sue opere in serie e ognuna

richiama uno dei suoi temi più ricorrenti: • Immersions e Body Fluid, a tema religioso e con l’utilizzo di liquidi corporei come l’urina e lo sperma. • Nomads, The Kla, America, rivolti all’umanità, alla sofferenza, riproposti col ritratto. • The Morge, il tema della morte. Nei primi anni ‘90 realizza proprio The Morge, serie di foto che ritraggono cadaveri, ma mostrati come fossero dipinti, per la luce e i colori dei drappi. L’opera più famosa e oggetto di critiche e vandalismi, è Piss Christ (1987), fotografia in rosso e giallo di un crocefisso immerso nell’urina dell’artista, a simboleggiare il rapporto bivalente tra sacro e immondo. In merito alle critiche subite, in un’intervista dichiara che vede le sue opere come uno specchio e che è la stessa reazione del pubblico a parlare per lui. Le sue opere acquistano valore positivo o negativo in base alla reazione che gli si mostra di fronte.


Land Art

L

a Land Art è sorta negli Stati Uniti d’America intorno al 1967. E’ una corrente che si esprime mediante interventi diretti e performances sul paesaggio e gli ambienti naturali. Il modo, questo, con cui gli artisti intendono recuperare il legame con la natura , intervenendo su di essa, modificandola e lasciando tracce del loro passaggio. Le opere hanno per lo più carattere temporneo e restano affidate alla documentazione fotografica e video, a progetti e schizzi. Ciò che interessa agli artisti non è tanto il risultato, ma il processo e la realizzazione di esperienza esemplare. Li accomuna la volontà di distruggere il concetto di oggetto d’arte - e far quindi ritorno all’oggetto naturale. In questo modo dimostrando che anche gli stessi fenomeni naturali, possono costituire degli eventi artistici.


Land Art

Christo

C

hristo ha rivoluzionato la Land Art, “impacchettando” isole, monumenti e paesaggi in tutto il mondo. Dagli inizi degli anni ‘60 comincia la sua collaborazione con la compagna JeanneClaude; nelle loro opere Christo ci mette l’idea e disegna il progetto, Jeanne-Claude si occupa di trasformare le sue idee in realtà.

Sviluppa da tempo la tecnica dell’empaquetage (impacchettamento); si tratta di interventi provvisori che vedono l’”imballaggio” di monumenti, isole e paesaggi. Lo scopo dei loro lavori è semplicemente quello di rendere il mondo “un luogo più bello” o di creare nuovi modi di vedere i paesaggi familiari. L’elemento che caratterizza l’opera dei due artisti è la rivelazione attraverso il celare, nascondere e evidenziare l’oggetto allo

stesso tempo, lasciando alla fantasia dello spettatore il compito di immaginare cosa si celi sotto la tela. Christo non ha portato l’arte tra la gente, ma la gente nell’arte. Non vogliono trasmettere messaggi, ma “solo” la sensazione della gioia e della bellezza. Sono opere temporanee, e i due artisti non hanno mai chiesto sovvenzioni o sponsorizzazioni per i loro lavori, per non subire le influenze dei committenti. Si autofinanziano vendendo i disegni dei loro lavori, i progetti o i modellini. L’ultima installazione risale ala scorsa estate, The Floating Piers, un sistema di pontili galleggianti che unisce alla terraferma l’isola di San Paolo nel Lago D’Iseo, in Lombardia, che da al visitatore l’illusione di passeggiare sulle acque del lago.


Land Art

Richard

Long

S

cultore, attore e fotografo inglese, si è affermato tra i protagonisti della Land Art realizzando opere incentrate cui concetti di spazio e tempo, in costante relazione armonica con la natura. Cominciò la sua carriera d’artista intorno agli anni ‘70 e nel suo lavoro ha indagato molto il rapporto con il paesaggio. L’uomo vive lo spazio fisico, lo fa proprio e, intervenendo su di esso, lo trasforma in luogo specifico e diverso da tutti gli altri, attribuendogli un senso. Ci si ritrova in una dimensione spaziale in cui si avvertono aria, luce, mobilità atmosferica, vibrazioni naturali; le sue opere coinvolgono nella realtà fisica, facendo circolare energie primordiali e primitive. L’essenza della sua arte è costituita e rivelata dai materiali che usa, che sono

tutti elementi naturali , (pietra, legno, zolle erbose, fango) riorganizzandoli in nuove forme essenziali (cerchi, spirali,) a cominciare dal suo primo lavoro “A line made by walking” (1967), che consiste nell’attraversare un prato in linea retta, osservando la traccia lasciata dal suo passaggio sull’erba alta. Le sue mani tracciano con forza forme, segni: imprimono generando sgocciolature, impronte sulla materia, trasmettendo l’essenza viva della natura e il suo mistero.


Video Art

L

a Video Art comincia a vedersi intorno agli anni ‘50, ma si sviluppa solo dalla fine degli anni ‘60. Il padre fondatore è Paik, che nel ‘63 espone un’installazione di immagini ferme interagenti con il pubblico e manipolate attraverso una serie di distorsioni. La video art nasce in un periodo in cui la tecnica tradizionale viene rifiutata a favore delle sperimentazioni di nuovi medium, usati per precise finalità comunicative e non più solo per pura documentazione della realtà. Testimonia il desiderio e il tentativo di un confronto tra artista, opera d’arte e pubblico, e utilizza in modo originale il linguaggio televisivo: proiezioni, sincronizzazione con il sonoro e spesso lo mescolano ad altri linguaggi, pittura o architettura.

Nonostante siano in così stretto rapporto con la televisione, in realtà le opere della video art non verranno mai proiettate attraverso di essa, ma all’interno di gallerie d’arte, rassegne, festival di arte contemporanea. Le principali caratteristiche dei video d’artista sono il rifiuto di una forma strutturata sulla fiction - cioè su un testo imposto e già scritto - e il desiderio di non essere a scopo di lucro, ma semplicemente fruibili nell’ambito delle arti visive. Ormai l’opera d’arte non è più considerata come oggetto in senso tradizionale, ma come situazione, azione, ricerca di nuovi processi, sperimentazione: non esistono più pennelli, supporti, pigmenti, ma solo flussi di luci capaci di prendere qualsiasi forma e colore in continua mutazione, connessi con spazio e tempo.


Video Art

Nam

June Paik

N

am June Paik è stato un’artista statunitense di origine sudcoreana. Inizia il suo percorso come videoartista e grande sperimentatore mediatico a partire dai primi anni 60, e si lega giovanissimo all’irriverente movimento dei Fluxus che univa arte, musica e poesia in happening coinvolgenti, un fluire interrotto di gesti quotidiani apparentemente casuali per un nuovo senso estetico.

Exposition of music-electronic television (1963), un’installazione di 13 apparecchi televisivi con emissione di immagini distorte.

Le sue video-installazioni, sono delle rappresentazione artistiche nelle quali le dimensioni di spazio e tempo si fondono con la dimensione di un’arte totale.

Inizialmente l’opera potrebbe sembrare autonoma nella sua possibilità di funzionare, anche a prescindere dalla presenza dello spettatore; ma successivamente ci si accorge che ha la capacità oggettiva, data dalla sua capacità di produrre una sua temporalità, di controllare la presenza del pubblico.

Studia il disturbo provocandolo distorcendo le immagini elettroniche. Le fonde, come fonde suoni, televisori, pianoforti, oggetti vari, lampadine, strumenti musicali, ecc. Il suo primo esperimento con il video è

Stabilità e dinamismo si susseguono e lo spettatore diventa parte integrante dell’opera. Concepisce il mezzo televisivo non più al servizio della riproduzion meccanica del reale, ma della sua manipolazione.


Video Art

Matthew

Barney

B

arney è uno degli artisti più visionari del panorama contemporaneo, che lavora sulla metamorfosi , la trasformazione dell’uomo, e sulla ricerca infinita e mai conclusa della propria identità , esprimendosi attraverso opere multimediali, installazioni, scultura, fotografia e disegno. La sua produzione attraversa diversi ambiti culturali, creando un linguaggio artistico trasversale e unico nel suo genere; mescola frammenti di tutte le mitologie prodotte nella storia dell’umanità, dando vita a una nuova cosmogonia ibrida e mettendo al centro del suo linguaggio l’uomo e il suo corpo. La sua opera più nota è The Cremaster (1994-2002), ciclo di 5 corti in cui mostra un universo visivo di miti e modelli di diverse culture. Una mescolanza di leggende celtiche, riti massonici e religiosi...

Costruisce una mitologia personale di uomini, macchine, creature fantastiche dalla sessualità polimorfa, dove il corpo e la genetica sono in continua mutazione. Al centro dell’opera c’è l’uomo - impersonificato da se stesso - e il mutare del suo corpo nell’assorbire correnti e tendenze culturali, mostrandoci come esso si relaziona col mondo e il modo in cui reagisce al caos contemporaneo. Con la sua visionarietà , ha saputo esprimere in immagini, i numerosi pensieri, sogni e incubi che si annidano nell’inconscio di ogni essere umano.


Video Art

Bill

Viola

B

ill Viola è uno dei pochi artisti contemporanei a far uso del video non solo come sperimentazione tecnologica, ma anche contemporanea e estetica. Ciò che caratterizza il lavoro di Viola è il connubio tra tecnica , pensiero e arte; utilizza in modo magistrale sofisticate tecnologie multimediali per esplorare gli aspetti spirituali e percettivi dell’esperienza umana, ponendo l’attenzione su temi universali del genere umano: il passaggio tra vita e morte, il senso della vita, la trascendenza, la scoperta della coscienza di sé, la dilatazione del tempo infinito della natura. La materia prima nei suoi lavori è il

tempo, un tempo che gli piace far durare, replicare, rallentare, come per mostrare tutte le linee e le forme, e la cui impronta caratteristica è l’uso dello slow motion, un movimento talmente lento da permettere di cogliere l’evoluzione del momento. Con la sua narrazione analitica e essenziale, crea opere destabilizzanti mostrando ambienti sublimi e interattivi, attraverso

sequenze di forte impatto emotivo, dense di significati metaforici. Prende come fonte d’ispirazione le iconografie della pittura rinascimentale italiana; i suoi lavori somigliano a dei quadri in movimento. Immortala l’individuo, la coppia, il gruppo, negli scambi , incontri , scontri , nella solitudine, nella partecipazioe a uno stesso destino. Sono eventi e azioni queste che presenta attraverso la metafora di elementi naturali come l’acqua (sottoforma di mare, fiumi, cascate trascinanti e dove immergersi e sprofondare) e il fuoco (elemento vivace e distruttore). Le azioni nelle sue opere vengono registrate dal vivo ad alta velocità, ma montate al rallentatore, per sottolinearne l’intensità e l’impatto esplosivo dell’acqua. Si genera un legame forte e magnetico tra il gesto creativo e la mente dello spettatore, che è chiamato ad ascoltarsi in un’intima meditazione.


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