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Paolo Fino. Poli a Mondovì, hub di conoscenza
Il Poli a Mondovì? Hub di conoscenza
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«Non era semplice trasmettere la differenza d’approccio a un territorio che non aveva mai ospitato un polo di formazione, ricerca e trasferimento tecnologico: servivano confronto e relazioni. Con la collaborazione di Confindustria Cuneo e degli altri attori del territorio, però abbiamo raggiunto un ottimo risultato»
Maria Chiara Giacosa
Non solo didattica. Il Politecnico, tornato a Mondovì nel 2019, sperimenta qui un nuovo approccio formativo che ha al centro il trasferimento tecnologico e il rapporto con le imprese. Perché farlo a Mondovì? Perché qui si concentrano una tradizione ventennale di studi di ingegneria, con la sede distaccata di corso Duca degli Abruzzi che ha funzionato dal 1990 al 2010, e un tessuto produttivo solido, capace di stringere quel patto con la formazione e con l’innovazione indispensabile per la crescita e per la ripartenza dell’economia. «Il ritorno del Politecnico a Mondovì non poteva essere la replica di ciò che c’era stato prima, non poteva essere solo un insediamento per la formazione», spiega Paolo Fino, responsabile della sede monregalese che ha trovato casa nell’ex Scuole Battaglia e nello stabile Ferrini.
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Professore, com’è organizzato il polo accademico di Mondovì? «Punta a essere un hub di conoscenza. I tempi sono cambiati e sono mutate le prospettive degli studenti. Offrire oggi ai giovani cinque anni di formazione accademica da svolgere tutta nello stesso posto sarebbe stato antistorico e avrebbe avuto poco appeal per un mondo, quello dei ragazzi, che cerca altre cose, guarda
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all’estero con sempre maggiore interesse e immagina lo spostamento per studio o lavoro in un altro Paese come un elemento assai probabile della propria carriera formativa. Per questo abbiamo scelto di offrire a Mondovì solo i corsi del primo anno e di concentrare gli sforzi sul trasferimento tecnologico. Non è stato semplice trasmettere la differenza d’approccio a un territorio che non aveva mai ospitato un polo di formazione, ricerca e trasferimento tecnologico. È stato un lavoro lungo che ha richiesto confronto e relazioni, ma credo che, grazie alla collaborazione con Confindustria Cuneo e con gli altri attori del territorio, abbiamo raggiunto un ottimo risultato».
A che punto è l’offerta formativa? «Abbiamo avviato due master. Il primo è iniziato a novembre: “Manufacturing 4.0” per ingegneri neolaureati, per inserire nuovi profili professionali nelle aziende del territorio. Confindustria Cuneo e Politecnico di Torino hanno affettuato un’analisi per individuare le figure che le aziende cercano e non trovano: specialisti di alto livello come progettisti, sistemisti, tecnologi e responsabili di produzione. Presto, crediamo dopo l’estate, partirà un altro master, dedicato all’Ict: le aziende del territorio assumono con contratti di alto apprendistato e i ragazzi lavorano quattro giorni in azienda e il quinto giorno seguono i corsi da noi. Si tratta dell’esatta filosofia dei master: un percorso misto di eccellenza tra aziende e università».
A colloquio con il professor Paolo Fino, responsabile della sede monregalese dell’Ateneo torinese, il quale parla tra l’altro dei due nuovi master che offrono percorsi misti di eccellenza L’immaginario comune pensa tra aziende e università all’economia del cuneese come votata soprattutto all’agroalimentare e spesso si pensa alla collaborazione tra università e imprese come esclusiva delle aziende di grandi dimensioni, soprattutto nei settori come la manifattura. Come si adatta il rapporto università-aziende a un tessuto produttivo come quello della Granda, peraltro composto in prevalenza da piccole aziende? «In questo territorio abbiamo già esempi di grandi aziende che lavorano con il mondo della ricerca e dell’innovazione. Pensiamo, ad esempio, a Michelin e a Merlo: una rete che già collabora con il Politecnico e che ha partecipato alla cavalcata che ci ha portato all’assegnazione del Competence center per l’industria 4.0. Tuttavia l’obiettivo è fornire possibilità di innovazione per tutti i settori produttivi e per diverse tipologie di aziende, anche quelle TRANSIZIONE4.0 molto piccole. Nei settori dell’agroalimentare e dell’agroindustria l’innovazione può portare vantaggi: penso al riciclo di materie prime, al fine vita dei prodotti, all’eco21
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La sede di Mondovì del Politecnico di Torino lavora con numerose altre realtà al progetto per la realizzazione di un centro tecnologico per la catena agroalimentare/agroindustriale e il relativo indotto man mano che i lavori edili saranno finiti. Certo, se avessimo fortuna di essere finanziati da un progetto inserito nel Recovery fund...».
nomia circolare, alla gestione del rifiuto come nuova risorsa per produrre altro».
Avete dei progetti candidati? «Abbiamo messo a punto un progetto, a cui lavoravamo già per il dossier strategico della provincia di Cuneo 2020-2030, per la realizzazione di un centro tecnologico per la catena agroalimentare/agroindustriale e il relativo indotto, mediante il potenziamento dei laboratori in fase di installazione presso la sede di MonCome sarà strutturata questa sinergia? dovì del Politecnico di Torino, «Il PoloAgrifood, ad esempio, ha creduto nella nella sede cuneese dell’Uninostra scommessa e ha trasferito i suoi labo- versità degli studi di Torino, ratori da Tecnogranda di Dronero a Mondovì. nel campus dell’Università Qual è stata la risposta del Con l’associazione provinciale degli industriali del gusto di Pollenzo, nella tessuto produttivo? abbiamo firmato una convenzione per condi- sede cuneese del Competence «Le aziende hanno risposto videre spazi nella palazzina dell’innovazione, center Cim4.0 e nella sede del molto bene. Riscontriamo dove allestire uffici e sale riunioni. La palazzi- Miac di Madonna dell’Olmo». molta curiosità, la quale na ex Battaglia non è ancora pronta, e quindi dipende anche dal rapporto lavoriamo a Torino o nelle aziende, ma stiamo Di che cosa si tratta? sinergico tra noi e Confindu- ristrutturando gli spazi per creare laboratori «Il Centro vuole servire i stria Cuneo da una parte e tra dedicati alle imprese. Ci siamo concentrati sui diversi aspetti economici e noi e il Polo Agrifood dall’al- settori produttivi più interessanti per il terri- industriali utili alla provintra: la rete è fondamentale torio, a partire dall’agroindustria e dall’agroa- cia di Cuneo per innovare e per interagire con il mondo limentare, considerati però nell’accezione più potenziare l’economia del industriale. Per il master dedi- ampia, coinvolgendo tutti i settori della filiera. cato all’industria, ad esempio, Sono laboratori per il trasferimento tecnologiservivano una ventina di real- co e non per la ricerca. Vogliamo anzi trasfe- La ricerca declinata tà imprenditoriali interessate rire la ricerca fatta a Torino e declinarla qui in in innovazione ad accogliere gli studenti: le innovazione per le aziende locali. Di fatto è un per le aziende TRANSIZIONE4.0 abbiamo trovate subito, grazie al lavoro del team di Confindustria che ha colto l’opportunità e creato la rete. D’altra parte il polo di Mondovì nasce esattamente con questo intento: fare sinergie». nuovo tassello del Competence center del Piemonte che ci auguriamo di ampliare ancora». Quando saranno pronti i laboratori? «È difficile dirlo con la pandemia in corso: l’augurio è di aver finito la ristrutturazione entro l’anno, tuttavia qualcosa potrà partire prima, del territorio: è un tassello del Competence center del Piemonte da ampliare ancora 22
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territorio, supportare le tecnologie di servizio all’agricoltura, all’allevamento e tutte le sue filiere, oltre a favorire i processi di strutturazione e crescita delle Pmi. È un progetto che vale tra i 15 e i 17 milioni di euro e che prevede la realizzazione di numerosi laboratori. Dalle tecnologie elettronico-digitali per l’agroalimentare, in collaborazione con l’Università di Tel Aviv, alle soluzioni innovative per il packaging e la tracciabilità alimentare; dallo sviluppo delle soluzioni tipiche dell’Industria 4.0 per la catena agroindustriale, fino alle caratterizzazioni per garantire la qualità dei prodotti ad alto valore derivanti da conversioni di scarti agroalimentari. E ancora: ci saranno laboratori dedicati all’economia circolare, alla gestione ottimale dei processi di approvvigionamento e di smaltimento delle risorse idriche e alla valorizzazione delle biomasse, con particolare attenzione ai settori agricoli, boschivi e montani, oltre a un laboratorio per la diagnostica, difesa e sicurezza delle colture».
In generale dal vostro punto di osservazione qual è il giudizio sul Recovery fund? «Vedremo quali risposte sarà in grado di dare, perché al momento non si capisce quali logiche il Governo in carica utilizzerà per valutare i progetti. In generale credo che, se si faranno operazioni di sviluppo, a prescindere da quali progetti finanzieranno, sarà l’occasione per ripartire. Se invece il teorema applicato sarà quello della sussistenza, allora sarà solo un modo per rallentare una morte annunciata. Spero che ci sia forza per fare delle scelte e per mettere in campo di manovre di sviluppo».
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E sul Piano Transizione 4.0 del Ministero dello sviluppo economico? «Come la maggior parte delle iniziative del Mise, giustamente, è molto votato all’industria e poco alla ricerca, per cui ci sono poche garanzie sui tempi di finanziamento. Per fare un esempio: noi stiamo aspettando dal 2012 i fondi per il progetto Cluster. Per cui credo che sia uno strumento importante, ma poco adatto a enti senza scopo di lucro come gli atenei e i centri di ricerca pubblici».
Quali chance vede per la ripartenza di questo territorio quando sarà finita la pandemia? «Sono assai ottimista sulle nostre potenzialità. Qui c’è una cultura del lavoro molto salda, fatta di giudizio e di piccoli passi che in tempi di espansione possono essere un po’ limitanti, ma in frangenti come quelli che stiamo affrontando garantiscono solidità e fondamentali buoni. Non solo: il sistema produttivo qui è legato ad attività necessariamente vincolate ai bisogni primari. Per semplificare: in periodi di crisi si può scegliere di non acquistare l’auto nuova, ma non si può evitare di comprare cibo. In questo senso la nostra vocazione produttiva è favorevole».
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Laurea honoris causa ad Amilcare Merlo
Il Politecnico di Torino ha conferito la laurea honoris causa in ingegneria meccanica all’imprenditore cuneese Amilcare Merlo, vicepresidente di Confindustria Cuneo, «per le eccezionali capacità tecniche con cui ha guidato lo sviluppo di numerosi progetti innovativi nel campo della meccanica e per lo spirito imprenditoriale grazie al quale ha fondato e dirige un’impresa di livello internazionale di sicuro impatto economico e sociale nel territorio in cui è radicata». Il rettore, Guido Saracco, durante la cerimonia trasmessa in diretta streaming ha commentato: «Il Politecnico riconosce il grandissimo valore che hanno avuto e continuano ad avere per il nostro territorio figure come quella del cavalier Merlo, le quali hanno contribuito a sviluppare in tutto il Piemonte TRANSIZIONE4.0 realtà industriali diventate punti di riferimento internazionali. Come ateneo, ribadisco il nostro impegno a dare supporto ai principali distretti produttivi piemontesi secondo le rispettive specializzazioni ed esigenze, anche attraverso l’azione delle nostre sedi decentrate, come quella di Mondovì, nella quale simbolicamente abbiamo voluto organizzare questa cerimonia». 23