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FOCUS
Il valore dell’affiliazione e come si sta accrescendo e arricchendo il rapporto tra franchisor e franchisee
L'AFFILIATO: L'ALTER EGO DELL'AFFILIANTE
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Aspetti giuridici, comunicazione, marketing e pubblicità. Tutti elementi indispensabili per lo sviluppo della rete e per il suo percorso di crescita
Dalla parte dell’affiliato. Allora ecco le prime e indispensabili informazioni che un potenziale affiliato deve controllare prima di entrare in un progetto di franchising. Innanzitutto deve conoscere bene se stesso ed essere sicuro del percorso che vuole intraprendere, approfondire la tecnica del franchising, verificare la validità del know-how, verificare la notorietà dell’insegna, controllare la documentazione fornita, contattare gli affiliati della rete di franchising, fare un’indagine di mercato sulla location ideale del punto vendita affiliato, sottoporre ad un esperto legale il contratto di franchising proposto, sottoporre al proprio commercialista le previsioni economiche e gli investimenti richiesti, chiedere eventualmente consiglio alle varie associazioni del franchising. Adesso si è pronti per intraprendere la propia attività imprenditoriale.
L’affiliazione si arricchisce soprattutto tra i franchisee e si sviluppano franchisee multi-unit che hanno più di un punto vendita e multibrand impegnati in più brand. Sarà questo il futuro?
Risponde Mirco Comparini, consulente fiscale, specializzato in franchising
Il diffuso modello del Multi-Unit Franchisee (MUF) ha avuto molto successo rispetto alla tradizionale Single-Unit Franchisee (SUF), soprattutto in paesi nei quali il franchising è più consolidato, tanto che anche in Italia i marchi internazionali lo hanno adottato da subito e nel tempo si è consolidato tanto da farne esempio per molti marchi nazionali, ma il tema, pur in un mercato molto maturo come quello statunitense è dibattuto sin dagli anni ’80 e ancora oggi trattato e analizzato in continuazione. Pertanto per sapere se il MUF sarà protagonista del futuro, occorrerebbe preliminarmente andare ad analizzare la struttura delle reti attualmente protagoniste sul territorio. Un concetto simile possiamo anche declinarlo sul Multi-Brand Franchising (MBF), pur con delle peculiarità.
SINGLE-UNIT FRANCHISEE (SUF) E MULTI-UNIT FRANCHISEE (MUF) Intanto, diciamo che, nel trattare il tema MUF, occorre considerare almeno quattro aspetti: 1. Il primo è che i due modelli non sono universali e, nella realtà quotidiana, i modelli misti sono la norma; 2. Il secondo è che non esiste un modello valido per tutte le aziende e per tutti i sistemi di franchising, determinando l’obbligo per il franchisor di dover valutare attentamente il modello da seguire sin dalla fase di progettazione e di sviluppo, cioè, in tutto il suo percorso di crescita; 3. Il terzo si basa sulla effettiva redditività che il sistema di franchising produce a favore del franchisee e, molto più importante, il cash flow che consenta anche forme di espansione progressiva e nel tempo; 4. Il quarto, infine, è l’elemento che deve considerare la durata contrattuale posta in un’ottica di sviluppo nel MLT. Secondariamente occorre prendere in considerazione che il termine Multi-Unit Franchisee (MUF) in Italia è utilizzato in una forma ridotta rispetto a quanto accade nel resto del mondo. Infatti, il MUF assorbe anche gli strumenti di sviluppo noti come Area Development Franchising (ADF) e Incremental Franchising (IF). Questa precisazione diventa determinante in termini di strategie di sviluppo e crescita e anche in termini di strategie organizzative dell’intera rete. Infatti, l’integrazione di nuove unità in un sistema di franchising avviene in uno o più dei seguenti modi: 1. Facendo affiliare un singolo franchisee che, appunto, rappresenta una singola unità in franchising (SUF); 2. Incaricando un franchisee a fungere da “sviluppatore” per l’individuazione e l’apertura di nuovi affiliati, spesso in base a un accordo anche programmato (ADF); 3. Concedendo in affiliazione una o più ulteriori
singole unità in franchising ad un affiliato già operativo e presente nella rete, talvolta anche programmato nel tempo (IF). Se da un lato risulta agevole individuare giudizi e valutazioni positive sull’adozione del MUF, dall’altro occorre anche comprenderne le insidie e gli aspetti negativi. Certamente, in termini di crescita, l’adozione di uno sviluppo con il MUF è una forma di espansione più economica per il franchisor. Si pensi alla minore attività di selezione, formazione, inserimento, avviamento, ecc. per gli affiliati, i quali sosterranno anche i relativi costi e rischi. Non di meno anche il concedere una crescita interna ai migliori franchisees è motivo di stimolo per maggiori rendimenti e ritorni più veloci degli investimenti. Da non sottovalutare, inoltre, ricollegandosi all’importanza di cui al punto 3, che un franchisee operante da anni con un franchisor e che conosce il business ed i rendimenti, sarà più portato ad investire in un nuovo punto vendita in attesa del ritorno dell’investimento.
IL MUF E IL RAPPORTO TRA FRANCHISOR E FRANCHISEE Uno di fattori maggiormente “sensibili” all’adozione del MUF è la relazione tra potere e dimensioni del franchisee e il franchisor. In sostanza, i MUF di maggiori dimensioni potrebbero influenzare le decisioni di un affiliante, incidendo nella governance della rete, ma incidendo anche nella fase di interruzione dei rapporti circa le clausole di non concorrenza. Infatti, un altro degli elementi che sono posti a confronto nelle scelte tra SUF e MUF riguarda, appunto, l’impatto dell’uso di diversi “meccanismi di controllo” di carattere operativo e organizzativo ponendo a confronto strutture basate su manager e affiliati. Come accennato, la positività che esprime il MUF, trova anche aspetti controversi, tanto da essere definiti “il paradosso del MUF”. Mi riferisco, in particolare, proprio al confronto relativo al controllo delle singole unità affiliate appartenenti ad un unico affiliato. Il paradosso è dato dal fatto che alcune problematiche attinenti a questa tematica e che sono ritenute una soluzione per il franchisor possono riapparire sul franchisee e, di norma, un franchisor dovrebbe anche prendere in considerazione questo aspetto per la salute generale del sistema di franchising. Alla luce di quanto riportato, ritengo sia molto più comprensibile e anche tecnicamente (e aziendalmente) opportuno tenere conto del fatto che per prendere in considerazione un potenziale futuro del Multi Unit Franchising (MUF) in Italia, occorre aver ben chiaro e conoscere le singole realtà e la loro reale struttura, sia essa relativa al franchisor, sia essa relativa ai franchisee: teoricamente tutto può funzionare, praticamente i fattori sono molti altri.
IL MULTI BRAND FRANCHISING (MBF) Per quanto concerne il Multi Brand Franchising (MBF), il concetto, a mio parere, è ancora più complesso e, oltre ad interessare, sia franchisor proprietari di più marchi in franchising, sia franchisee
autorizzati ad aderire a più sistemi di franchising, può essere analizzato da moltissimi altri aspetti, sia con valutazioni e giudizi positivi, sia negativi. Normalmente si tratta di considerazioni strategiche in termini aziendali. Pensando al futuro per tale sistema, in forma prospettica possiamo affermare che le esperienze di altri mercati più maturi di quello italiano determinano una valutazione positiva per ambedue i protagonisti del settore. Da parte mia rilevo un ostacolo dal gap culturale che è impossibile negare essere presente. Trattare il MBF è avere piena e totale conoscenza del franchising, in ogni suo aspetto e sua caratteristica, ma anche variabile e questo, a tutt’oggi, dal mio punto di vista, non è una situazione ancora ben consolidata, anche in chi opera sul mercato da qualche anno. Il tema, poi, si scontra con la contrattualistica e la concessione da parte del franchisor al franchisee di operare anche in rapporto con altri marchi, indipendentemente se essi siano o non siano in concorrenza. In questo caso, siamo innanzi a reti che privilegiano un rapporto effettivamente operativo del franchisee all’interno della rete e, nel caso, dedito allo sviluppo di MUF, rispetto ad altre reti che privilegiano rapporti di investimento del franchisee. È una differenza di non poco conto, visto che tali scelte sono effettuate anche da marchi di portata globale.
Ma qual è il ruolo dell’affiliato in un rapporto di franchising?
Risponde Paolo Fortina, avvocato NL Studio Legale
I veri protagonisti del franchising sono il franchisor e il franchisee. Tuttavia per poter rispondere alla domanda, sarà necessario esporre brevemente il ruolo del franchisor per poter comprendere a pieno quello del franchisee vista la tipologia di rapporto
contrattuale. L'affiliante è colui che ha inizialmente avviato la sua attività, sperimentando i propri segni distintivi e il proprio know-how e sopportando i relativi rischi e costi dovuti dall'avviamento. Una volta raggiunto il successo della sua formula sul mercato, esso può scegliere di espandere e sviluppare gradualmente la sua rete commerciale in particolare da un punto di vista quantitativo. Per fare quanto appena detto, l'affiliante si mette alla ricerca di un potenziale affiliato con il quale intraprendere il progetto di franchising. Il franchisor arriva così a condividere con il proprio affiliato tutto quel bagaglio di esperienza sul modo di lavorare, ossia il c.d. know how e dunque a trasferire all'affiliato un patrimonio di conoscenze consolidate attraverso un percorso di formazione e di manuali a questo riservati. Mentre, l'affiliato da parte sua si impegna a far proprie la politica commerciale e l'immagine, rispettando gli standard e i modelli di gestione e commercializzazione decisi dal franchisor.
L'ESPERIENZA DI ENTRARE IN UN'AZIENDA STRUTTURATA E ORGANIZZATA In questo modo, il potenziale affiliato apre un'attività con un'azienda strutturata e organizzata che sa già come muoversi per entrare con successo nel mercato. Pertanto, si potrebbe semplificare riconoscendo che l'affiliato altro non è che l'alter ego dell'affiliante. Tuttavia, come ogni rapporto contrattuale anche questo necessità di una sua disciplina che lo renda più solido e certo. Per tale ragione la legge n. 129/2004 prevede una serie di facoltà e
obblighi sia per l'affiliante che per l'affiliato, oltre alla possibilità per le parti di integrare gli stessi tramite il contratto. Ad esempio l'affiliato può chiedere la copia del bilancio degli ultimi tre esercizi, i dati relativi all'attività, l'elencazione di eventuali procedimenti giudiziari o arbitrali relativi al sistema di affiliazione commerciale in oggetto, promossi nei confronti dell'affiliante negli ultimi tre anni, le notizie relative ai marchi utilizzati e molto altro, la documentazione inerente i caratteri essenziali dell'attività oggetto di contratto di affiliazione commerciale e per finire l'elenco aggiornato degli affiliati che agiscono nel sistema. Per quanto riguarda l'affiliato, a costui sono concesse varie facoltà che mirano ad assicurare la conoscenza del maggior numero di informazioni possibili sulla rete di franchising. Inoltre, l'affiliato ha la possibilità di richiedere informazioni che riguardano il numero degli affiliati, la relativa ubicazione e la variazione anno per anno con riferimento agli ultimi tre anni. La stessa legge ha introdotto due obblighi a carico dell'affiliato: la non trasferibilità della sede senza il preventivo consenso dell'affiliante, salvo causa di forza maggiore e la tenuta di una massima riservatezza, da parte dell'affiliato e dei propri dipendenti o collaboratori, a riguardo del contenuto dell'attività oggetto del contratto. Infine, in capo all'affiliato, oltre che all'affiliante, incombe il dovere di comportarsi secondo lealtà, correttezza e buona fede e di rispettare tutte le regolamentazioni anche specifiche previste dal contratto di franchising. Insomma, è chiaro che il ruolo dell'affiliato è quello di rispecchiare l'affiliante nel rispetto della rete commerciale instaurata, godendo al contempo di tutti quei vantaggi che derivano dalla stessa e dal contratto di franchising, vantaggi che non si otterrebbero se lo stesso decidesse diversamente e di partire da zero e da solo.
E l’estero? Quali sono gli strumenti dal punto di vista legale che il franchisor può scegliere di adottare per reperire anche potenziali franchisee in terra straniera? Il franchisor può pianificare di accrescere a livello internazionale la propria rete commerciale e così di coprire gradualmente l'intero territorio di più Stati. L'espansione del franchisor in altri paesi può avvenire tramite due principali modelli organizzativi: direct franchising, ossia attraverso il coinvolgimento diretto del franchisor oppure indirect franchising, ossia attraverso l'intervento di un terzo e la conseguente marginale inclusione del franchisor nei rapporti che il terzo porrà in essere con i potenziali franchisee esteri.
IL DIRECT FRANCHISING E INDIRECT FRANCHISING: COSA SONO E COME SI REALIZZANO Il direct franchising si realizza in tre modi, noti come: Direct Unit Franchising, Multi-unit franchising (o anche Area Development) e Area Representative. In alternativa, il franchisor può scegliere di instaurare un'indirect franchising attraverso la struttura del Master Franchising. Entrambe le modalità, naturalmente, presentano vantaggi e svantaggi per il franchisor, il quale sarà l'unico a po-
ter valutare la soluzione più adatta a garantire un miglior sviluppo della propria rete commerciale e a conformarsi alle caratteristiche di mercato dello Stato prescelto nel quale il franchisor andrà a concretizzare il proprio progetto. In merito ai modelli della prima categoria, il Direct Unit Franchising è la modalità attraverso la quale il franchisor instaura direttamente i rapporti contrattuali con i franchisee esteri, costituendo una propria filiale nel paese estero prescelto (c.d. branch) o una società controllata estera (c.d. subsidiary) oppure ponendo in essere un joint venture con una società locale già avviata. Pertanto, i rapporti contrattuali posti in essere vedranno direttamente connessi il franchisor con i suoi franchisee. I principali vantaggi per il franchisor realizzati da questa struttura sono: un maggior guadagno derivante dal progetto e un maggior controllo sull'operato dei franchisee esteri, oltre che sulla qualità dei prodotti e servizi offerti da quest'ultimo nel rispetto degli standard della rete lanciata dal franchisor. Purtroppo, questa struttura potrebbe risultare più costosa per il franchisor e complicare il suo adattamento alla normativa locale e alle caratteristiche di mercato dello Stato estero.
Tali svantaggi potrebbero incidere profondamente sullo sviluppo del progetto di espansione e condannare lo stesso ad un esito negativo.
LA MULTI-UNIT FRANCHISING La seconda opzione è la Multi-unit franchising, ossia il franchisor concede in via esclusiva a una persona fisica o giuridica con sede nello Stato target il diritto di aprire proprie units in una specifica area e per un tempo determinato. Tale soggetto prende il nome di Area Developer. Con questa fattispecie il terzo potrà solo aprire punti vendita nel territorio estero prescelto, senza operare con il franchise package (potere che invece poi vedremo esser trasmesso quando di tratta di Master franchising). Brevemente, l'Area Developer si comporta come un intermediario tra il franchisor e le units. Tale struttura è principalmente caratterizzata dal programma di apertura dei punti vendita nel territorio secondo uno schema predeterminato, ossia il development schedule. Si tratta di un programma di apertura elaborato dal franchisor ed inserito all'interno del contratto stipulato tra il franchisor e l'Area Developer.
L'AREA REPRESENTATIVE Infine, ultimo modello consiste nell'Area Representative, in questa fattispecie il franchisor affida ad una persona fisica o giuridica, avente sempre sede nello Stato estero prescelto, una serie di obiettivi da raggiungere al fine di sviluppare la rete. L'agent avrà il compito di reclutare e selezionare i potenziali franchisee, trattare con questi ultimi le condizioni dei contratti di franchising e, in particolare, partecipare attivamente nell'attività degli affiliati, individuando la sede delle future units, facendo training, ispezionando e controllando l'operato dei franchisee in modo conforme agli standard prestabiliti e molte altre attività.
COME FUNZIONA IL MASTER FRANCHISING PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE In alternativa al direct franchising, il franchisor italiano può scegliere di internazionalizzare indirettamente la propria rete con il Master Franchising. Si tratta statisticamente di una tipologia più frequentemente utilizzata per espandere all'estero una rete in franchising e di origine statunitense. Il franchisor concede ad un soggetto, avente sede nel paese estero, denominato Master Franchisee, il diritto di stipulare contratti di sub-franchising in esclusiva in una determinata area e per un tempo specifico, cioè il diritto di stipulare contratti di franchising con gli affiliati (sub-franchisee), concedendo loro il diritto di utilizzare il marchio e il c.d. franchise package. Il Master Franchisee si comporta come un franchisor nel paese estero, intrattenendo rapporti diretti con i vari affiliati. Ciò sta a significare che il franchisor
intrattiene rapporti contrattuali solo con il Master franchisee, e non con i franchisee esteri, mentre quest’ultimi hanno rapporti contrattuali esclusivamente con il Master Franchisee. I vantaggi della struttura del Master Franchising sono molteplici, in quanto tale strumento consente di espandere velocemente la rete all'estero, di conformarsi in modo ottimale alle peculiarità della normativa e del mercato straniero, grazie alle conoscenze e all'esperienza del Master franchisee e di condividere il rischio con il Master franchisee, il quale è direttamente responsabile nei confronti dei sub-franchisee.
Ma quali sono i mercati dove il Made in Italy è riconosciuto come leader mondiale?
Risponde Patricia de Masi Taddei Vasoli, avvocato
Ritengo che le eccellenze italiane siano soprattutto presenti in settori meno noti a livello di consumatore, ma molto importanti da un punto di vista tecnologico e delle esportazioni. Mi riferisco alla meccanica di precisione, all’automotive, ed a tutte quelle nicchie nelle quali le nostre eccellenze sono ancora insuperabili. Per quanto il franchising le famose tre F (Fashion, Food and Forniture) stanno
attraversando un periodo di crisi, specie per quanto riguarda il Fashion se si esclude l’alta moda ed i prodotti di nicchia. Altrettanto per quanto riguarda il Design e l’arredo in generale. Penso che tutto quanto è connesso al Food mantenga un grande interesse e sia riconosciuto ovunque. Certo, quanto sto affermando dovrebbe essere accompagnato da studi di settori e dati aggiornati, tenendo anche conto della peculiare situazione che stiamo attraversando. Mi preme sottolineare che, per quanto riguarda la normativa, i recenti accordi di libero scambio, quali quello tra UE e Vietnam favoriscono sicuramente anche i Franchisor, ma che prima di valutare le vendite in un Paese straniero, occorre affidarsi ad esperti e considerare le limitazioni poste ad esempio dalla Drug and Food Administration per l’importazione negli Stati Uniti di prodotti alimentari ovvero le limitazioni poste all’esportazione in Russia.
Tutto si basa su un contratto tra franchisor franchisee. Dopo l’emergenza sanitaria cosa cambierà?
Risponde Alessandra Sonnati, avvocato Frignani Virano e Associati Studio Legale
La crisi determinata dall’epidemia da COVID-19 e le misure restrittive poste in essere dal Governo per limitare i contagi hanno causato grandi difficoltà alle parti, che si sono trovate, in alcuni casi, nella condizione di non poter adempiere ai propri obblighi contrattuali. A ciò si aggiunga che molti contratti non contenevano clausole idonee a garantire adeguata protezione rispetto a questa specifica situazione, d’altronde fino a qualche mese fa difficilmente prevedibile. Per i contratti di franchising che verranno conclusi nell’immediato futuro diventa quindi consigliabile prevedere apposite clausole per limitare le conseguenze derivanti da nuove ondate epidemiche, fino al caso in cui vengano reintrodotte nuove misure restrittive, posto che è molto probabile che nei prossimi mesi dovremo convivere con il virus. In primo luogo occorrerà verificare che le clausole di forza maggiore eventualmente presenti nei contratti attuali includano eventi quali pandemie e epidemie, ordini di chiusura delle Autorità, quarantene e così via, prestando particolare attenzione alla loro formulazione. Un altro aspetto riguarda la regolamentazione dei diritti e degli obblighi delle parti nel caso in cui una o entrambe le parti siano (nuovamente) costrette a sospendere, in tutto o parzialmente, la propria attività. Importante ad esempio sarà distinguere chiaramente i casi in cui la prestazione diventi impossibile da quelli in cui la prestazione sia resa più difficoltosa o ancora i casi in cui la prestazione sia solo ritardata, disciplinando in anticipo le sorti del contratto.
IN FUTURO SARÀ NECESSARIO PREVEDERE IL “DIRITTO ALLA RINEGOZIAZIONE” Consigliabile sarà inoltre regolare contrattualmente quali sono gli altri rimedi disponibili alle parti, prevedendo apposite clausole di limitazione della responsabilità in caso di inadempimento oppure inserendo nel contratto dei meccanismi che consentano alle parti di rivedere temporaneamente alcuni dei termini e delle condizioni contrattuali (come ad esempio i termini di consegna, eventuali penali o la previsione di minimi contrattuali, se presenti). Nel nostro ordinamento non esiste infatti un vero e proprio «diritto alla rinegoziazione» ed è lasciato alla libertà delle parti negoziare eventuali revisioni: prevedere dei meccanismi di flessibilità può senz’altro prevenire liti future. L’art. 6 della legge prevede che l’affiliante debba tempestivamente fornire, all’aspirante affiliato, ogni dato e informazione che lo stesso ritenga necessari o utili ai fini della stipulazione del contratto di affiliazione commerciale. L’attuale epidemia è certamente un fatto noto e ben difficilmente un aspirante affiliato potrebbe sostenere di non esserne a conoscenza, tuttavia il consiglio è comunque quello di valutare attentamente il documento di informativa pre-
L'evento online organizzato da WM Capital AZ FRANCHISING EXPERIENCE
Il 29 e 30 settembre in ambiente virtuale, all’interno del quale a contenuti registrati saranno abbinate sessioni in live streaming
Franchisor, Franchisee e l’intera filiera del tessuto imprenditoriale: questi i protagonisti di AZ Franchising Experience, evento online, organizzato da WM Capital, società editrice del mesile AZ Franchising. Ai franchisor si offre la possibilità di ampliare la platea di potenziali affiliati, far conoscere la propria proposta, apprendere evoluzioni e trend del mondo retail. Ai franchisee e potenziali tali verranno presentati una selezione di affilianti, che rispecchiano i requisiti di serietà, affidabilità, assistenza agli affiliati ed innovazione del modello di business. Ai protagonisti della filiera l’opportunità di presentare la propria offerta e le proprie soluzioni direttamente alla Casa Madre, per supportare la leva della ricerca e sviluppo. In programma il 29 e 30 settembre 2020 l’evento, mediante il palinsesto dedicato, produrrà uno spazio costruito grazie alle più sofisticate tecnologie di comunicazione e videocomunicazione presenti sul mercato, per favorire l’incontro tra gli operatori professionali del settore. Incontri one to one, convention, concept experience e academy saranno svolte in un ambiente virtuale, all’interno del quale a contenuti registrati saranno abbinate sessioni in live streaming. Mammina, Burger King, Mara Desideri, iDO, Primadonna, Piazza Italia, Naturhouse, Anytime Fitness, Noi Energia, RE/MAX, Primigi, Igi&Co, sono solo alcuni dei brand presenti, oltre a Confimprese, nella persona del Presidente Mario Resca. Tantissimi e interessanti i convegni in programma che tratteranno argomenti di grande attualità: da come accedere alla finanza alternativa per le reti a come costruire una rete franchising, e ancora: il contratto corretto per costruire una rete di successo, la Customer experience & Customer needs, e tanti altri. Per informazioni: Tel. +39 02 467781 marketing@azfranchising.it
contrattuale standard. Particolare attenzione dovrà poi essere prestata alla redazione dell’eventuale business plan. In particolare i franchisors dovranno valutare attentamente, ed attenendosi a criteri di prudenza e buona fede, l’incidenza dell’epidemia sul particolare settore di attività ed i possibili riflessi economici sul breve-medio periodo. Infine, i franchisor dovrebbero pensare a quali modifiche apportare al loro modello di business, ad esempio differenziando o sviluppando nuovi canali di vendita, rendendo più flessibile la supply chain, incrementando l’utilizzo di piattaforme informatiche, e così via. In conclusione, è opportuno che i franchisors per il futuro rivedano i propri modelli contrattuali, per adattarli a questa nuova (e non più imprevedibile) situazione.
Una buona strategia di comunicazione interna ed esterna in un franchising può essere un acceleratore della crescita. Quali gli strumenti efficaci?
Risponde Stefania Giuseppetti, esperta di comunicazione
Come qualsiasi entità ogni azienda, se esiste, non può non comunicare. Chi pensa di non comunicare, in realtà sta lanciando un messaggio ben preci-
so, e, di fatto, sta comunicando. Per tale ragione è più opportuno farlo nel modo migliore, sia che si tratti di comunicazione interna, ovvero tra i soggetti appartenenti all’azienda (franchisor e franchisee, oppure franchisee e collaboratori), sia che si tratti di comunicazione esterna, tra l'impresa e i soggetti esterni (consumatori, i fornitori, i clienti, i concorrenti, ecc). Ogni azienda, che sia franchisor o franchisee, quindi, comunica in maniera bilaterale: verso l’esterno, per accrescere il proprio apprezzamento sul pubblico, e verso l’interno, per aumentare la percezione del proprio valore sui dipendenti e collaboratori. Analizzando il concetto che l’azienda è anche ciò che comunica, l'immagine del franchisor assume un’importanza fondamentale, in quanto è proprio uno degli elementi che il franchisee “compra” quando sottoscrive un contratto di franchising.
COMUNICAZIONE INTERNA ED ESTERNA: UNA SOMMA DI SINERGIA Tutte le attività di comunicazione devono essere integrate tra loro, affinché siano percepite all’interno e all’esterno dell’azienda come una somma di comunicazioni in sinergia. Per questo è fondamentale che l’azienda stabilisca il proprio piano di comunicazione per individuare cosa comunicare (temi su cui è necessario realizzare le iniziative di informazione), a chi (target - tipologia e numero anche approssimativo dei destinatari per scegliere il tipo di canali e strumenti da utilizzare) quando (l’arco di tempo ritenuto più opportuno per realizzare l’iniziativa) e dove (area geografica di azione). Gli strumenti che permettono di raggiungere gli obiettivi di comunicazione sono potenzialmente infiniti, perché ogni pubblico e ogni area di attività evidenziano possibilità operative diverse. Secondo l’annuale ricerca di We Are Social, per il 2020 si conferma la necessità di comunicare, raccontare e rafforzare la propria identità tramite il “video”. L’incontro tra internet e la telefonia mobile materializza la possibilità della connessione da qualsiasi punto e della reperibilità totale. Un fenomeno ‘always on’ che ha prodotto un nuovo stile di vita. L’indipendenza spazio/temporale e l’emancipazione dalle forme tradizionali di interazione cambia le modalità di fruizione degli strumenti di comunicazione come la televisione, la radio, i giornali, ecc. Il digitale/online supera il tradizionale/cartaceo: non occorre trovarsi in uno spazio determinato per essere raggiunti, perché l’accesso alla comunicazione si svincola dal luogo e ci segue dappertutto.
Quali sono gli elementi fondamentali di un progetto di visual per creare un’esperienza all’affiliato e invogliarlo ad aprire il suo negozio?
Risponde Alessandro Luciani, Retail Design
Un buon progetto è sempre frutto di molto lavoro, esperienza, conoscenza e ricerche. Il suo sviluppo può durare anche mesi e dovrà essere espressione di un pensiero, avere una filosofia, una personalità, essere innovativo e pratico, esprimere un concetto e raccontare i valori del brand e dialogare sempre di più con i clienti su tutti i canali. L'esperienza per un affiliato diventa tale e memorabile solamente quando viene coinvolto dal reale e complesso valore del progetto, dalla consapevolezza che esso è l'espressione di tante competenze straordinarie che generano un forte valore aggiunto rispetto alle proprie conoscenze o al semplice concetto di “Arredare per vendere”. Un progetto di grande valore può portare a dei risultati difficilmente raggiungibili da soli.