Cooperativa Migros Ticino
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Ambiente e Benessere Patologie degli arti: ne parliamo con i chirurghi Jochen Müller e Daniele De Spirito
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXI 12 novembre 2018
Azione 46 Politica e Economia Donald Trump reintroduce le sanzioni all’Iran per strappare concessioni
Cultura e Spettacoli L’editore Dadò ripropone Quando tutto va male del ticinese Guido Calgari
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Riscatto a metà per l’altra America
Viaggio nell’impegno di Migros per cultura, formazione e socialità
di Peter Schiesser
di Sidler, Lüönd, Vogt, Wuthrich, Stutz, Ramezani
pagine 2-6
Quando negli Stati Uniti hai di fronte il più polarizzante presidente degli ultimi decenni e dalla tua parte la tradizione secondo cui con un presidente il cui apprezzamento popolare è al di sotto del 50 per cento il suo partito perde in media 37 seggi alla Camera dei rappresentanti, una riconquista della camera bassa con un guadagno di 30 seggi equivale al massimo ad una vittoria ai rigori. Trump può davvero esultare (il suo narcisismo non gli permetterebbe comunque di ammettere una sconfitta): con il Senato saldamente in mano ai repubblicani, lui non rischia l’impeachment. Tutto il resto conta di ottenerlo con il suo stile: martello e invettive. Ma un po’ hanno perso tutti, quindi gli Stati Uniti interi, il fossato dell’odio reciproco che ha favorito la presidenza Trump due anni fa si conferma drammaticamente. I due fronti non hanno quasi più nulla in comune. Il presidente ha voluto personalizzare le elezioni di Midterm e anziché far leva sul buono stato dell’economia appropriandosene i meriti ha preferito scagliarsi contro gli immigrati, che fanno rima con criminali, puntare al «noi contro loro», inteso come repubblicani contro democratici. E la base del suo partito lo ha seguito con slancio. Oggi il partito repubblicano è Trump, non c’è molto spazio per i moderati. Dal canto loro, i democratici hanno vinto presentando un misto di candidati di centro e di sinistra. Alcuni con un’agenda più politica (con in primis la difesa di Obamacare e una legislazione più severa sulle armi), altri in funzione anti-Trump. Comunque, gli azzurri, come sono definiti i democratici rispetto ai rossi repubblicani, in reazione alla misoginia del presidente hanno saputo mobilitare molte donne, con un successo dignitoso e a volte spettacolare, e motivare i giovani (spesso simpatizzanti di Bernie Sanders) ad andare alle urne. Inoltre, se in passato i democratici erano forti nei centri urbani e i repubblicani nelle zone rurali e negli agglomerati, questa volta i primi sono riusciti a sfondare anche negli agglomerati. Se pure il risultato concreto è stato di soli 30 seggi in più alla Camera, uno sguardo alla cartina nazionale del voto indica complessivamente uno spostamento a sinistra del 10 percento dei voti. Un risultato che può essere episodico e non per forza una tendenza, ma che potrà servire da base ai democratici per definire la strategia per affrontare le presidenziali fra due anni (quindi le primarie fra poco più di un anno). E ora, che cosa cambierà? A Washington il presidente verrà un po’ più imbrigliato, magari lui e i suoi dovranno dedicare più tempo alle inchieste che i democratici potranno iniziare su Trump, sui suoi trascorsi fiscali, sulla Russia-connection, ma il presidente avrà ancora mano libera sulle nomine (di competenza del Senato) e farà di tutto per imporre la sua agenda se l’opposizione non vorrà fare compromessi con lui. Forse avremo uno stallo politico, o forse il pragmatismo che alla fine i politici sanno (quando vogliono) sfoderare porterà a decisioni politiche più moderate, ciò che potrebbe essere balsamo sulle ferite della divisione della società statunitense. Ma importante è anche ciò che avverrà nei singoli Stati: in concomitanza con le elezioni di medio termine c’erano quelle per i governatori, e qui i democratici ne hanno guadagnati 7, portandosi a 22 rispetto ai 25 repubblicani (con Obama i democratici ne avevano persi 13). I singoli Stati hanno molti poteri e influsso sulla politica nazionale. I governatori possono per esempio ridisegnare i collegi elettorali, per creare feudi sicuri per il proprio partito. Anche questo, un piccolo mal di pancia per Trump. Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Attualità Migros
Attualità Migros
«L’impegno Migros si misura in fatti, non a parole» Intervista Cosa significa al giorno d’oggi l’impegno sociale per la Migros? Che ruolo ricoprono i suoi clienti a questo riguardo? Come cambierà la promozione della cultura?
Lo abbiamo chiesto a Sarah Kreienbühl, responsabile dell’impegno sociale della Federazione delle cooperative Migros Ovviamente, c’è un limite anche alle nostre risorse. Ecco perché stabiliamo delle priorità e investiamo primariamente in tre pilastri: educazione, socialità e cultura. In primo piano c’è sempre il nostro obiettivo di rafforzare la coesione sociale in Svizzera. È questo impegno che, secondo me, rende la Migros così unica. Nel frattempo quasi tutte le aziende hanno iniziato a impegnarsi per qualche buona causa.
Effettivamente, si tratta di una tendenza volta a ottenere credibilità. Indipendentemente da questo, lo reputo un fatto prezioso, perché l’impegno sociale del settore economico promuove la coesione nazionale. Posso senz’altro immaginare che la Migros serva da modello per qualche altra azienda. Il nostro impegno a favore della collettività risale al nostro fondatore Gottlieb Duttweiler ed è iniziato negli Anni 60, un’epoca in cui l’interesse per la socialità da parte dell’economia era ancora poco diffuso. Questo impegno a favore della collettività ha radici profonde e rappresenta un dovere permanente fissato negli statuti della Migros, che non è vincolato ad alcuna controprestazione.
Sandra Bleser
E cosa significa in concreto?
Daniel Sidler Signora Kreienbühl, ma Lei ha davvero abbastanza tempo per visitare tutte le innumerevoli offerte culturali promosse dalla Migros, come ad esempio quelle finanziate dal Percento culturale?
Certo, mi prendo intenzionalmente il tempo per farlo. Prima di tutto perché m’interessa la cultura in tutte le sue sfaccettature e scopro sempre qualcosa di nuovo e di inaspettato che mi ispira. E poi perché voglio vedere cosa succede con i soldi della Migros e quale impatto ha il nostro impegno. Ovviamente, con tutta questa varietà di progetti, non posso essere presente ovunque; allora mi lascio rappresen-
tare sul posto dai miei numerosi e competenti colleghi.
Qual è stato finora l’evento che Le è piaciuto di più?
Non mi permetto di valutare i progetti e le manifestazioni in base alle mie preferenze personali. Ci sono stati molti incontri ed eventi che mi hanno arricchito. Uno degli appuntamenti salienti è stato il recente concerto nell’ambito dei Migros-Kulturprozent-Classics eseguito dall’Orchestra filarmonica di Rotterdam, con molte giovani promesse della musica di domani nel pre-concerto e l’esibizione dell’incomparabile violinista Pinchas Zukermann e del giovane talentuoso direttore d’orchestra Lahav Shani. Quest’anno è stato indimenticabile
anche il festival della danza «Steps», durante il quale ho avuto il piacere di assistere a fantastici spettacoli con ballerini straordinari.
L’anno scorso il Gruppo Migros ha finanziato progetti culturali, sociali e di pubblica utilità per oltre 138 milioni di franchi. Lei riesce ad avere la panoramica completa?
Per la Migros è un privilegio poter restituire alla società svizzera una somma così cospicua. Abbiamo eccellenti professionisti ed équipe di esperti, che si dedicano con passione e trasporto ai nostri progetti e manifestazioni. Da loro ricevo una visione d’insieme dell’impegno della Migros, che mi sorprende di continuo. Sembra non esserci niente che la
Migros non sostenga.
In effetti, dovrebbe esserci una proposta adatta ad ogni cliente. Per esempio con la Scuola Club Migros che, con le sue 50 sedi sparse in tutta la Svizzera e il motto «Formazione per tutti», permette ogni anno l’accesso alla formazione continua a molte fasce della popolazione. Il Percento culturale finanzia anche i quattro parchi divertimento immersi nel verde e la ferrovia del Monte Generoso, incluso il ristorante in vetta di Mario Botta, dove non solo si mangia divinamente ma si gode anche di una vista panoramica fantastica. Un’altra iniziativa che personalmente ritengo molto importante è «Tavolata», con i suoi pasti conviviali tra persone anziane.
Contrariamente a molte imprese, la Migros non si limita a investire una parte dell’utile, ma ogni anno versa volontariamente per il bene comune una percentuale del suo fatturato globale. Ciò significa che non versa un importo calcolato sui franchi che restano dopo aver dedotto tutti i costi, ma che una parte di ogni franco che entra alla Migros viene restituita alla collettività. Più i margini sono ridotti, più questo investimento pesa. È un compito che svolgiamo per convinzione e dobbiamo ringraziare i nostri clienti. Con ogni loro acquisto, anche il più piccolo, la Migros può restituire alla comunità qualcosa da destinare a una buona causa. Quindi i clienti pagano il Percento culturale attraverso prezzi maggiorati? Ciò significa che alla Migros il pane o il latte costano di più?
Una cosa del genere sarebbe totalmente in contraddizione con i principi di Migros e del suo fondatore Gottlieb Duttweiler. E rappresenterebbe una politica sociale controproducente. È invece nel DNA di Migros offrire ai propri clienti il miglior rapporto prezzo/qualità con l’aggiunta di un ampio impegno sociale. Di conseguenza i
Cultura dalle regioni Teatro per bambini e adulti, ballo popolare o sfilata di moda nelle vie della città, sostegno alle filarmoniche o concerti nel territorio: il Percento culturale delle dieci Cooperative regionali Migros sostiene molti progetti, piccoli e grandi. Migros Zurigo Febbre della danza in stazione
Ogni anno, alla fine di giugno la Stazione Centrale di Zurigo si trasforma nella più grande sala da ballo della Svizzera: nella hall principale un’orchestra classica esegue valzer viennesi, oppure le Big Band di Pepe Lienhard e di Dani Felber propongono al pubblico melodie più moderne. Una schiera composta da ben 6000 ballerini rotea davanti al palco. In questa grande notte estiva della
danza non è previsto nessun dress-code particolare: le t-shirt e i jeans convivono senza problemi con smoking e vestiti da sera. www.sommernachts-ball.ch Migros Ginevra Un sostegno logistico
Situata intenzionalmente al centro di Ginevra, nel luogo in cui il pubblico potenziale è più numeroso, la biglietteria del Servizio culturale di Migros Ginevra non mette in vendita soltanto biglietti per i propri eventi ma propone anche quelli di organizzatori terzi. In questo modo più di una trentina di teatri e di sale da concerto di Ginevra possono usufruire della logistica e delle competenze dei collaboratori del servizio. A questo si aggiungono delle misure promozionali come il lancio di borse della spesa con annunci delle
Conosce bene le 15 tesi di Gottlieb Duttweiler?
Naturalmente ho dimestichezza con gli ideali di Gottlieb Duttweiler, anche se non conosco a memoria ogni singola frase. Tuttavia mi piace citare quella riguardante l’impegno sociale: «L’interesse generale va anteposto a quello delle cooperative Migros. Per questo dobbiamo affiancare alla nostra crescente potenza materiale prestazioni sociali e culturali ancora maggiori».
Come interpreta questa affermazione se riportata ai nostri giorni?
Per me questa tesi è una pietra miliare della Migros ed è più attuale che mai. Essa significa che un successo sostenibile si può ottenere solo mantenendo l’equilibrio tra interesse economico e responsabilità sociale. Crescita e successo sono legati direttamente agli obblighi sociali che la Migros si è data. L’impegno sociale dipende dalla crescita e viceversa. Un aspetto è legato all’altro. In che modo questo effetto ricade sui clienti?
Per i clienti l’effetto è duplice: da un lato, sanno che con la Migros una parte di quello che essi pagano per gli acquisti nei negozi del Gruppo Migros viene riutilizzata per una buona causa e ciò – come detto – senza alcun aumento di prezzo. Contemporaneamente, i nostri clienti approfittano di proposte convenienti, come ad esempio i corsi della Scuola Club, le nostre strutture per il tempo libero o i concerti a prezzo ridotto. Ritengo straordinariamente visionario il fatto che Gottlieb Duttweiler e sua moglie Adele abbiano ancorato negli statuti questo ideale già nel lontano 1957, facendone uno scopo aziendale. Lei afferma che si può fare la spesa alla Migros con la coscienza tranquilla. Ma il Percento culturale e tutto il resto non sono solo un mezzo intelligente per farsi pubblicità?
Ad un’analisi superficiale si potrebbe anche pensarlo. Ma non è così. Non misuriamo l’efficacia del Percento culturale, del Fondo di sviluppo e del Fondo di sostegno Engagement Migros con le parole, ma con i fatti. Negli ultimi 60 anni, solo con il Percento culturale la Migros ha messo a disposizione 4,6 miMigros Vallese Coltivare il vivaio
Percento Culturale U n caleidoscopio di proposte Michael West
clienti ne approfittano doppiamente. È ciò che Gottlieb Duttweiler ha instillato nella Migros sin dall’inizio ed è per questi valori che tutt’oggi ci battiamo con convinzione.
manifestazioni o l’esposizione di manifesti nei negozi. Si tratta di un aiuto particolarmente apprezzato da quelle piccole strutture che non hanno i mezzi per mettere in opera una biglietteria propria o per investire nella pubblicità. www.culturel-migros-geneve.ch Migros Vaud Più vicini agli artisti
A Cossonay, il festival tascabile «Le Pendrillon» si svolge nel quadro delle attività del Théâtre du Pré-aux-Moines, diretto da Camille Destraz. Lo spazio, riconfigurato per accogliere il pubblico in un ridotto intimista, si presta molto bene per spettacoli da one-man-show. Per l’edizione 2019, che avrà luogo dal 7 al 10 febbraio, è già annunciata la presenza degli umoristi vodesi Simon Romang, Tiphanie Bovay-Klameth, del
La Via Lattea propone itinerari musicali nel territorio. (teatrodeltempo.ch)
duo di clown Garlic e Dangle, e della cantautrice Phanée de Pool. Sbrigatevi: i biglietti vanno già a ruba... www.preauxmoines.ch/programme Migros Neuchâtel-Friborgo Tutti insieme
Il primo Neuchâtel Arts Festival si è tenuto lo scorso settembre, dedicando spazio alla multidisciplinarietà (musica, arti visive, film) in numerosi luoghi: nella sala da concerti della Case
à Chocs, nel ristorante Interlope, nel cinema Minimum, all’Accademia De Meuron e al Teatro della Poudrière. Vi hanno preso parte, durante un giorno e una notte, cinquanta artisti. Obiettivo della manifestazione era quello di rilanciare la scena artistica locale, valorizzare la ricchezza culturale del Canton Neuchâtel e offrire un luogo di incontro tra pubblico, artisti, e istituzioni. La scommessa è stata vinta. www.neuchatelartsfestival.ch
«La vita senza la musica sarebbe un errore» scriveva Nietzsche. Partendo da questa constatazione, il servizio culturale di Migros Vallese sostiene dal 2005 l’Associazione cantonale delle bande vallesane (ACMV). Il sodalizio cura la diversità di proposte e la qualità artistica delle società impegnate nella musica per fiati dell’Alto e Basso Vallese. Migros Vallese sostiene con particolare attenzione le filarmoniche, le fanfare e le brass-band in cui si esibiscono giovani musicisti e direttori d’orchestra. www.acmv.ch Migros Basilea Favole accattivanti
Il Teatro Arlecchino sul Walkeweg di Basilea mette in scena le favole più celebri e i libri per l’infanzia, in modo che gli spettatori piccoli e grandi possano esserne attratti e affascinati. Così la storia di Biancaneve, di Anna dai capelli rossi, e molti altri racconti famosi prendono vita sul palco con grande vivacità. E i bambini presenti non sono soltanto degli spettatori, ma
liardi di franchi. Questi soldi non sono confluiti in pubblicità, ma in iniziative concrete e visibili, come ad esempio i concerti a prezzo ridotto, i progetti di sviluppo sociale ed ecologico oppure le offerte di formazione sovvenzionate. Si tratta di un reale valore aggiunto, non di parole al vento. Se con le nostre campagne pubblicitarie raggiungiamo un vasto pubblico in tutta la Svizzera, siamo invece piuttosto riluttanti a rendere noto il nostro grande impegno sociale. Diciamo pure che facciamo un sacco di bene, ma parliamo relativamente poco della dimensione del nostro coinvolgimento. Il fatto stesso che il Percento culturale sia fissato negli statuti Migros sin dal 1957 sottolinea come si tratti di un impegno reale. Il Percento culturale è noto a molti, ma cosa fa il «Fondo di sostegno Engagement Migros»?
Questo fondo è stato creato nel 2012 quale espressione dell’impegno volontario delle aziende del Gruppo Migros, come Denner, Banca Migros, Migrol e Migrolino. Il Fondo di sostegno Engagement Migros si concentra su progetti pionieristici legati alla trasformazione sociale. Nel far ciò teniamo conto del fatto che sviluppi quali la digitalizzazione o la mobilità svolgono un ruolo importante per gli esseri umani e trasformano la società. Attraverso il fondo, l’anno scorso abbiamo sostenuto 55 differenti progetti con quasi 15 milioni di franchi.
A proposito di Sarah Kreienbühl Sarah Kreienbühl è membro della direzione generale della Federazione delle cooperative Migros dall’inizio del 2018. In quanto direttrice del Dipartimento risorse umane, comunicazione, cultura e tempo libero è anche la massima responsabile per l’impegno sociale della Migros. Prima di lavorare alla Migros è stata membro della direzione dell’azienda svizzera di apparecchi acustici Senova, di cui era responsabile per i settori risorse umane, comunicazione e responsabilità sociale d’impresa. Sarah Kreienbühl siede anche nel consiglio di fondazione della Hear The World Foundation.
possono diventare a loro volta degli interpreti. Durante le vacanze estive il Teatro si trasferisce nel Parco Im Grünen di Münchenstein. Grazie al sostegno di Migros Basilea, l’entrata agli spettacoli è gratuita. www.theater-arlecchino.ch Migros Aare La strada come passerella
L’evento «Loufmeter» porta ogni primavera nuove collezioni di modelli a sfilare sulle vie della città vecchia di Berna e, in questo modo, direttamente a contatto con il pubblico. I vicoli antichi diventano in questo modo quasi una passerella acciottolata per i défilé. Una quarantina di modelle indossano le creazioni di stiliste e stilisti del Canton Berna. Per le aziende della regione l’occasione rappresenta un’importante vetrina e la manifestazione è resa possibile dal sostegno del Percento culturale di Migros Aare. www.loufmeter.ch
Cosa intende per «progetti pionieristici legati alla trasformazione sociale»?
Ne fanno parte, ad esempio, la Startup Academy che sostiene giovani imprese innovative con l’assistenza di coach e di esperti durante due anni. Un altro esempio è l’organizzazione Foodbridge, una piattaforma online che serve a distribuire in modo efficiente generi alimentari alle persone bisognose. In iniziative del genere noi vediamo un beneficio sociale molto concreto.
In base a quali criteri la Migros decide chi e cosa va o non va sostenuto?
Per quanto riguarda il Percento culturale, i contributi possono essere sollecitati semplicemente con una richiesta via Internet. Esistono chiare direttive a seconda dell’argomento e dell’ambito del finanziamento, che spaziano dal teatro per giovani e bambini alla musica o al cinema. Per quanto riguarda invece il Fondo di sostegno Engagement Migros, i nostri esperti cercano attivamente i progetti adatti. Sintetizzando si può dire: il fattore decisivo è che il progetto offra un valore aggiunto per la società, vale a dire per la popolazione. E come fa la Migros a controllare che i progetti patrocinati siano effettivamente utili alla collettività?
È una domanda importante. Infatti, verifichiamo regolarmente che tutti i progetti soddisfino il loro scopo e raggiungano i loro obiettivi. Avviene così anche per la Startup Academy, nell’ambito della quale giovani imprenditori con idee avveniristiche ricevono un supporto secondo il principio «aiutati che ti aiuto». Dopo la fase costitutiva, quando i pionieri riescono ad andare avanti da soli, interrompiamo le nostre prestazioni. E contemporaneamente si liberano fondi per nuovi progetti. Lasciamo che i nostri lettori diano uno sguardo al futuro. Migros potrà sempre permettersi un Percento culturale?
Per quel che mi riguarda, non c’è alcun dubbio. Una Migros senza questo impegno a favore della collettività non sarebbe più la Migros. Posso comunque immaginarmi che alcune priorità si stiano in parte spostando, perché stanno mutando le condizioni quadro della società e le esigenze legate alla cultura. Mi sembra importante impegnare i mezzi a disposizione laddove la Migros può fare il più possibile per la coesione della popolazione svizzera. zera orientale. Fino ad oggi sono stati sostenuti due locali musicali e dieci festival: tra questi ultimi il «Chräen Openair» di Neftenbach e l’appenzellese «Clanx», oltre ad eventi di maggiori dimensioni come l’«Openair» di San Gallo. Gli organizzatori di queste manifestazioni offrono a gruppi musicali della regione la possibilità di esibirsi in pubblico e in questo intento sono sostenuti da Migros Svizzera orientale. Per le band i concerti sono
Promuovere e sostenere
Impegno culturale e sociale Lo scorso
anno Migros ha devoluto oltre 138 milioni di franchi. Ecco i dati che mostrano la portata e la destinazione di questo impegno Reto Vogt Nel 2017 il Percento culturale ha devoluto 122,4 Mio. di franchi, di cui 64,1 milioni nella formazione (Eurocentres Fondazione centri linguistici e formativi; Scuola Club; Gottlieb Duttweiler Institut). Migros si impegna con forza nell’insegnamento: lo scorso anno durante 54’140 corsi impartiti dalla Scuola Club si sono formate 354’010 persone in tutta la Svizzera. Nel settore della cultura sono confluiti 29,1 milioni di franchi, ripartiti in opere d’arte, residenze artistiche, sostegno alla musica, alla danza e ai nuovi media, al teatro, all’arte educativa. Oltre a questo, nell’impegno di mediazione musicale ha permesso a 184 giovani artisti di prodursi in concerto. In più, un totale di 43 giovani talenti hanno ottenuto un sussidio allo studio, mentre oltre 30’000 persone hanno partecipato ai 23 concerti della serie «Classics», prodotti dal Percento culturale. Nel 2018 circa 30’000 persone hanno partecipato alle 83 esibizioni delle 12 Compagnie invitate al festival della danza Steps, che ha animato 36 palchi in tutta la Svizzera. Una curiosità storica: L’unico concerto tenuto in Svizzera dalla diva dell’Opera Maria Callas, si era tenuto per interessamento di Migros. Per ciò che riguarda il tempo libero, Migros ha destinato al settore 12,9 milioni di franchi: in Svizzera esistono quattro parchi pubblici destinati allo svago della popolazione; oltre a ciò Midelle importanti occasioni per farsi conoscere. www.startrampe.ch Migros Lucerna Persone come opere d’arte
La mostra «Menschenschau» è un’esposizione con oggetti d’arte viventi. Nella Schulhaus St. Karli di Lucerna alcuni attori rivestono i panni di personalità del mondo politico e dell’economia ma anche fisionomie fantasti-
Migros Svizzera orientale Band sul trampolino di lancio
Il progetto «Startrampe» si propone di dare visibilità ai musicisti della Sviz-
«Loufmeter», la sfilata di moda nelle vie di Berna. (loufmeter.ch)
gros gestisce la ferrovia di montagna e il ristorante del Monte Generoso. Nel settore sociale, 7,3 milioni di franchi sono andati a progetti che si occupano dei rapporti di convivenza sociale con particolare riguardo ai rapporti intergenerazionali, i temi di genere e quelli legati al tema delle migrazioni. Un contributo agli studi economici di 3,1 milioni è attribuito all’università di San Gallo dove studenti della cattedra di Management commerciale internazionale del Gottlieb Duttweiler Institut seguono una post-formazione. Oltre a questo, vengono sostenuti il Forum Elle e vari ambiti di economia politica. Il fondo di sostegno Engagement Migros, dotato nel 2017 di 14,8 milioni di franchi, sostiene progetti pionieristici in ambiti importanti e attuali. I lavori cercano di imboccare nuove vie sul tema del cambiamento sociale e diffondono in seguito i loro risultati. Informazioni sul sito engagement-migros.ch Il Fondo di sviluppo (un tempo detto «Fondo d’aiuto») sostiene iniziative utili all’uomo e alla natura. Ogni anno un milione di franchi viene messo a disposizione per progetti legati alla cooperazione e lo sviluppo, in Svizzera e all’estero. Se si volesse quantificare ciò che Migros ha destinato dal 1957 al 2017 al suo impegno culturale e sociale, sommando i 4,6 miliardi destinati al Percento culturale con i 45,1 milioni del Fondo di aiuto 45,1 e i 39 milioni del Fondo di sostegno, si arriva alla cifra totale di 4,6841 miliardi di franchi. che e inquietanti. Ognuna delle figure interpreta pienamente il suo ruolo: i visitatori possono, se lo desiderano, scoprire cosa esse abbiano da raccontare e ascoltare i loro racconti. Migros Lucerna ha assegnato a «Menschenschau» il Premio di sostegno per la Svizzera centrale. www.menschenschau.ch Migros Ticino Viaggio artistico
Con il poema «l’Opera della notte», presentato sabato 10 novembre all’Auditorio Stelio Molo di Lugano, si è concluso il percorso de «La Via Lattea 15 – Notte e sogni». Questa iniziativa culturale, già sostenuta in passato da Migros Ticino, si configura come un’esplorazione del territorio ticinese in un itinerario con varie stazioni da raggiungere. Ognuna di esse propone al pubblico un concerto dal vivo, una performance o una proiezione. Un vero e proprio pellegrinaggio musicale che coinvolge teatro, letteratura, cinema, danza, filosofia e che invita a riscoprire il paesaggio da una prospettiva inconsueta. www.teatrodeltempo.ch
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Attualità Migros
Attualità Migros
«L’impegno Migros si misura in fatti, non a parole» Intervista Cosa significa al giorno d’oggi l’impegno sociale per la Migros? Che ruolo ricoprono i suoi clienti a questo riguardo? Come cambierà la promozione della cultura?
Lo abbiamo chiesto a Sarah Kreienbühl, responsabile dell’impegno sociale della Federazione delle cooperative Migros Ovviamente, c’è un limite anche alle nostre risorse. Ecco perché stabiliamo delle priorità e investiamo primariamente in tre pilastri: educazione, socialità e cultura. In primo piano c’è sempre il nostro obiettivo di rafforzare la coesione sociale in Svizzera. È questo impegno che, secondo me, rende la Migros così unica. Nel frattempo quasi tutte le aziende hanno iniziato a impegnarsi per qualche buona causa.
Effettivamente, si tratta di una tendenza volta a ottenere credibilità. Indipendentemente da questo, lo reputo un fatto prezioso, perché l’impegno sociale del settore economico promuove la coesione nazionale. Posso senz’altro immaginare che la Migros serva da modello per qualche altra azienda. Il nostro impegno a favore della collettività risale al nostro fondatore Gottlieb Duttweiler ed è iniziato negli Anni 60, un’epoca in cui l’interesse per la socialità da parte dell’economia era ancora poco diffuso. Questo impegno a favore della collettività ha radici profonde e rappresenta un dovere permanente fissato negli statuti della Migros, che non è vincolato ad alcuna controprestazione.
Sandra Bleser
E cosa significa in concreto?
Daniel Sidler Signora Kreienbühl, ma Lei ha davvero abbastanza tempo per visitare tutte le innumerevoli offerte culturali promosse dalla Migros, come ad esempio quelle finanziate dal Percento culturale?
Certo, mi prendo intenzionalmente il tempo per farlo. Prima di tutto perché m’interessa la cultura in tutte le sue sfaccettature e scopro sempre qualcosa di nuovo e di inaspettato che mi ispira. E poi perché voglio vedere cosa succede con i soldi della Migros e quale impatto ha il nostro impegno. Ovviamente, con tutta questa varietà di progetti, non posso essere presente ovunque; allora mi lascio rappresen-
tare sul posto dai miei numerosi e competenti colleghi.
Qual è stato finora l’evento che Le è piaciuto di più?
Non mi permetto di valutare i progetti e le manifestazioni in base alle mie preferenze personali. Ci sono stati molti incontri ed eventi che mi hanno arricchito. Uno degli appuntamenti salienti è stato il recente concerto nell’ambito dei Migros-Kulturprozent-Classics eseguito dall’Orchestra filarmonica di Rotterdam, con molte giovani promesse della musica di domani nel pre-concerto e l’esibizione dell’incomparabile violinista Pinchas Zukermann e del giovane talentuoso direttore d’orchestra Lahav Shani. Quest’anno è stato indimenticabile
anche il festival della danza «Steps», durante il quale ho avuto il piacere di assistere a fantastici spettacoli con ballerini straordinari.
L’anno scorso il Gruppo Migros ha finanziato progetti culturali, sociali e di pubblica utilità per oltre 138 milioni di franchi. Lei riesce ad avere la panoramica completa?
Per la Migros è un privilegio poter restituire alla società svizzera una somma così cospicua. Abbiamo eccellenti professionisti ed équipe di esperti, che si dedicano con passione e trasporto ai nostri progetti e manifestazioni. Da loro ricevo una visione d’insieme dell’impegno della Migros, che mi sorprende di continuo. Sembra non esserci niente che la
Migros non sostenga.
In effetti, dovrebbe esserci una proposta adatta ad ogni cliente. Per esempio con la Scuola Club Migros che, con le sue 50 sedi sparse in tutta la Svizzera e il motto «Formazione per tutti», permette ogni anno l’accesso alla formazione continua a molte fasce della popolazione. Il Percento culturale finanzia anche i quattro parchi divertimento immersi nel verde e la ferrovia del Monte Generoso, incluso il ristorante in vetta di Mario Botta, dove non solo si mangia divinamente ma si gode anche di una vista panoramica fantastica. Un’altra iniziativa che personalmente ritengo molto importante è «Tavolata», con i suoi pasti conviviali tra persone anziane.
Contrariamente a molte imprese, la Migros non si limita a investire una parte dell’utile, ma ogni anno versa volontariamente per il bene comune una percentuale del suo fatturato globale. Ciò significa che non versa un importo calcolato sui franchi che restano dopo aver dedotto tutti i costi, ma che una parte di ogni franco che entra alla Migros viene restituita alla collettività. Più i margini sono ridotti, più questo investimento pesa. È un compito che svolgiamo per convinzione e dobbiamo ringraziare i nostri clienti. Con ogni loro acquisto, anche il più piccolo, la Migros può restituire alla comunità qualcosa da destinare a una buona causa. Quindi i clienti pagano il Percento culturale attraverso prezzi maggiorati? Ciò significa che alla Migros il pane o il latte costano di più?
Una cosa del genere sarebbe totalmente in contraddizione con i principi di Migros e del suo fondatore Gottlieb Duttweiler. E rappresenterebbe una politica sociale controproducente. È invece nel DNA di Migros offrire ai propri clienti il miglior rapporto prezzo/qualità con l’aggiunta di un ampio impegno sociale. Di conseguenza i
Cultura dalle regioni Teatro per bambini e adulti, ballo popolare o sfilata di moda nelle vie della città, sostegno alle filarmoniche o concerti nel territorio: il Percento culturale delle dieci Cooperative regionali Migros sostiene molti progetti, piccoli e grandi. Migros Zurigo Febbre della danza in stazione
Ogni anno, alla fine di giugno la Stazione Centrale di Zurigo si trasforma nella più grande sala da ballo della Svizzera: nella hall principale un’orchestra classica esegue valzer viennesi, oppure le Big Band di Pepe Lienhard e di Dani Felber propongono al pubblico melodie più moderne. Una schiera composta da ben 6000 ballerini rotea davanti al palco. In questa grande notte estiva della
danza non è previsto nessun dress-code particolare: le t-shirt e i jeans convivono senza problemi con smoking e vestiti da sera. www.sommernachts-ball.ch Migros Ginevra Un sostegno logistico
Situata intenzionalmente al centro di Ginevra, nel luogo in cui il pubblico potenziale è più numeroso, la biglietteria del Servizio culturale di Migros Ginevra non mette in vendita soltanto biglietti per i propri eventi ma propone anche quelli di organizzatori terzi. In questo modo più di una trentina di teatri e di sale da concerto di Ginevra possono usufruire della logistica e delle competenze dei collaboratori del servizio. A questo si aggiungono delle misure promozionali come il lancio di borse della spesa con annunci delle
Conosce bene le 15 tesi di Gottlieb Duttweiler?
Naturalmente ho dimestichezza con gli ideali di Gottlieb Duttweiler, anche se non conosco a memoria ogni singola frase. Tuttavia mi piace citare quella riguardante l’impegno sociale: «L’interesse generale va anteposto a quello delle cooperative Migros. Per questo dobbiamo affiancare alla nostra crescente potenza materiale prestazioni sociali e culturali ancora maggiori».
Come interpreta questa affermazione se riportata ai nostri giorni?
Per me questa tesi è una pietra miliare della Migros ed è più attuale che mai. Essa significa che un successo sostenibile si può ottenere solo mantenendo l’equilibrio tra interesse economico e responsabilità sociale. Crescita e successo sono legati direttamente agli obblighi sociali che la Migros si è data. L’impegno sociale dipende dalla crescita e viceversa. Un aspetto è legato all’altro. In che modo questo effetto ricade sui clienti?
Per i clienti l’effetto è duplice: da un lato, sanno che con la Migros una parte di quello che essi pagano per gli acquisti nei negozi del Gruppo Migros viene riutilizzata per una buona causa e ciò – come detto – senza alcun aumento di prezzo. Contemporaneamente, i nostri clienti approfittano di proposte convenienti, come ad esempio i corsi della Scuola Club, le nostre strutture per il tempo libero o i concerti a prezzo ridotto. Ritengo straordinariamente visionario il fatto che Gottlieb Duttweiler e sua moglie Adele abbiano ancorato negli statuti questo ideale già nel lontano 1957, facendone uno scopo aziendale. Lei afferma che si può fare la spesa alla Migros con la coscienza tranquilla. Ma il Percento culturale e tutto il resto non sono solo un mezzo intelligente per farsi pubblicità?
Ad un’analisi superficiale si potrebbe anche pensarlo. Ma non è così. Non misuriamo l’efficacia del Percento culturale, del Fondo di sviluppo e del Fondo di sostegno Engagement Migros con le parole, ma con i fatti. Negli ultimi 60 anni, solo con il Percento culturale la Migros ha messo a disposizione 4,6 miMigros Vallese Coltivare il vivaio
Percento Culturale U n caleidoscopio di proposte Michael West
clienti ne approfittano doppiamente. È ciò che Gottlieb Duttweiler ha instillato nella Migros sin dall’inizio ed è per questi valori che tutt’oggi ci battiamo con convinzione.
manifestazioni o l’esposizione di manifesti nei negozi. Si tratta di un aiuto particolarmente apprezzato da quelle piccole strutture che non hanno i mezzi per mettere in opera una biglietteria propria o per investire nella pubblicità. www.culturel-migros-geneve.ch Migros Vaud Più vicini agli artisti
A Cossonay, il festival tascabile «Le Pendrillon» si svolge nel quadro delle attività del Théâtre du Pré-aux-Moines, diretto da Camille Destraz. Lo spazio, riconfigurato per accogliere il pubblico in un ridotto intimista, si presta molto bene per spettacoli da one-man-show. Per l’edizione 2019, che avrà luogo dal 7 al 10 febbraio, è già annunciata la presenza degli umoristi vodesi Simon Romang, Tiphanie Bovay-Klameth, del
La Via Lattea propone itinerari musicali nel territorio. (teatrodeltempo.ch)
duo di clown Garlic e Dangle, e della cantautrice Phanée de Pool. Sbrigatevi: i biglietti vanno già a ruba... www.preauxmoines.ch/programme Migros Neuchâtel-Friborgo Tutti insieme
Il primo Neuchâtel Arts Festival si è tenuto lo scorso settembre, dedicando spazio alla multidisciplinarietà (musica, arti visive, film) in numerosi luoghi: nella sala da concerti della Case
à Chocs, nel ristorante Interlope, nel cinema Minimum, all’Accademia De Meuron e al Teatro della Poudrière. Vi hanno preso parte, durante un giorno e una notte, cinquanta artisti. Obiettivo della manifestazione era quello di rilanciare la scena artistica locale, valorizzare la ricchezza culturale del Canton Neuchâtel e offrire un luogo di incontro tra pubblico, artisti, e istituzioni. La scommessa è stata vinta. www.neuchatelartsfestival.ch
«La vita senza la musica sarebbe un errore» scriveva Nietzsche. Partendo da questa constatazione, il servizio culturale di Migros Vallese sostiene dal 2005 l’Associazione cantonale delle bande vallesane (ACMV). Il sodalizio cura la diversità di proposte e la qualità artistica delle società impegnate nella musica per fiati dell’Alto e Basso Vallese. Migros Vallese sostiene con particolare attenzione le filarmoniche, le fanfare e le brass-band in cui si esibiscono giovani musicisti e direttori d’orchestra. www.acmv.ch Migros Basilea Favole accattivanti
Il Teatro Arlecchino sul Walkeweg di Basilea mette in scena le favole più celebri e i libri per l’infanzia, in modo che gli spettatori piccoli e grandi possano esserne attratti e affascinati. Così la storia di Biancaneve, di Anna dai capelli rossi, e molti altri racconti famosi prendono vita sul palco con grande vivacità. E i bambini presenti non sono soltanto degli spettatori, ma
liardi di franchi. Questi soldi non sono confluiti in pubblicità, ma in iniziative concrete e visibili, come ad esempio i concerti a prezzo ridotto, i progetti di sviluppo sociale ed ecologico oppure le offerte di formazione sovvenzionate. Si tratta di un reale valore aggiunto, non di parole al vento. Se con le nostre campagne pubblicitarie raggiungiamo un vasto pubblico in tutta la Svizzera, siamo invece piuttosto riluttanti a rendere noto il nostro grande impegno sociale. Diciamo pure che facciamo un sacco di bene, ma parliamo relativamente poco della dimensione del nostro coinvolgimento. Il fatto stesso che il Percento culturale sia fissato negli statuti Migros sin dal 1957 sottolinea come si tratti di un impegno reale. Il Percento culturale è noto a molti, ma cosa fa il «Fondo di sostegno Engagement Migros»?
Questo fondo è stato creato nel 2012 quale espressione dell’impegno volontario delle aziende del Gruppo Migros, come Denner, Banca Migros, Migrol e Migrolino. Il Fondo di sostegno Engagement Migros si concentra su progetti pionieristici legati alla trasformazione sociale. Nel far ciò teniamo conto del fatto che sviluppi quali la digitalizzazione o la mobilità svolgono un ruolo importante per gli esseri umani e trasformano la società. Attraverso il fondo, l’anno scorso abbiamo sostenuto 55 differenti progetti con quasi 15 milioni di franchi.
A proposito di Sarah Kreienbühl Sarah Kreienbühl è membro della direzione generale della Federazione delle cooperative Migros dall’inizio del 2018. In quanto direttrice del Dipartimento risorse umane, comunicazione, cultura e tempo libero è anche la massima responsabile per l’impegno sociale della Migros. Prima di lavorare alla Migros è stata membro della direzione dell’azienda svizzera di apparecchi acustici Senova, di cui era responsabile per i settori risorse umane, comunicazione e responsabilità sociale d’impresa. Sarah Kreienbühl siede anche nel consiglio di fondazione della Hear The World Foundation.
possono diventare a loro volta degli interpreti. Durante le vacanze estive il Teatro si trasferisce nel Parco Im Grünen di Münchenstein. Grazie al sostegno di Migros Basilea, l’entrata agli spettacoli è gratuita. www.theater-arlecchino.ch Migros Aare La strada come passerella
L’evento «Loufmeter» porta ogni primavera nuove collezioni di modelli a sfilare sulle vie della città vecchia di Berna e, in questo modo, direttamente a contatto con il pubblico. I vicoli antichi diventano in questo modo quasi una passerella acciottolata per i défilé. Una quarantina di modelle indossano le creazioni di stiliste e stilisti del Canton Berna. Per le aziende della regione l’occasione rappresenta un’importante vetrina e la manifestazione è resa possibile dal sostegno del Percento culturale di Migros Aare. www.loufmeter.ch
Cosa intende per «progetti pionieristici legati alla trasformazione sociale»?
Ne fanno parte, ad esempio, la Startup Academy che sostiene giovani imprese innovative con l’assistenza di coach e di esperti durante due anni. Un altro esempio è l’organizzazione Foodbridge, una piattaforma online che serve a distribuire in modo efficiente generi alimentari alle persone bisognose. In iniziative del genere noi vediamo un beneficio sociale molto concreto.
In base a quali criteri la Migros decide chi e cosa va o non va sostenuto?
Per quanto riguarda il Percento culturale, i contributi possono essere sollecitati semplicemente con una richiesta via Internet. Esistono chiare direttive a seconda dell’argomento e dell’ambito del finanziamento, che spaziano dal teatro per giovani e bambini alla musica o al cinema. Per quanto riguarda invece il Fondo di sostegno Engagement Migros, i nostri esperti cercano attivamente i progetti adatti. Sintetizzando si può dire: il fattore decisivo è che il progetto offra un valore aggiunto per la società, vale a dire per la popolazione. E come fa la Migros a controllare che i progetti patrocinati siano effettivamente utili alla collettività?
È una domanda importante. Infatti, verifichiamo regolarmente che tutti i progetti soddisfino il loro scopo e raggiungano i loro obiettivi. Avviene così anche per la Startup Academy, nell’ambito della quale giovani imprenditori con idee avveniristiche ricevono un supporto secondo il principio «aiutati che ti aiuto». Dopo la fase costitutiva, quando i pionieri riescono ad andare avanti da soli, interrompiamo le nostre prestazioni. E contemporaneamente si liberano fondi per nuovi progetti. Lasciamo che i nostri lettori diano uno sguardo al futuro. Migros potrà sempre permettersi un Percento culturale?
Per quel che mi riguarda, non c’è alcun dubbio. Una Migros senza questo impegno a favore della collettività non sarebbe più la Migros. Posso comunque immaginarmi che alcune priorità si stiano in parte spostando, perché stanno mutando le condizioni quadro della società e le esigenze legate alla cultura. Mi sembra importante impegnare i mezzi a disposizione laddove la Migros può fare il più possibile per la coesione della popolazione svizzera. zera orientale. Fino ad oggi sono stati sostenuti due locali musicali e dieci festival: tra questi ultimi il «Chräen Openair» di Neftenbach e l’appenzellese «Clanx», oltre ad eventi di maggiori dimensioni come l’«Openair» di San Gallo. Gli organizzatori di queste manifestazioni offrono a gruppi musicali della regione la possibilità di esibirsi in pubblico e in questo intento sono sostenuti da Migros Svizzera orientale. Per le band i concerti sono
Promuovere e sostenere
Impegno culturale e sociale Lo scorso
anno Migros ha devoluto oltre 138 milioni di franchi. Ecco i dati che mostrano la portata e la destinazione di questo impegno Reto Vogt Nel 2017 il Percento culturale ha devoluto 122,4 Mio. di franchi, di cui 64,1 milioni nella formazione (Eurocentres Fondazione centri linguistici e formativi; Scuola Club; Gottlieb Duttweiler Institut). Migros si impegna con forza nell’insegnamento: lo scorso anno durante 54’140 corsi impartiti dalla Scuola Club si sono formate 354’010 persone in tutta la Svizzera. Nel settore della cultura sono confluiti 29,1 milioni di franchi, ripartiti in opere d’arte, residenze artistiche, sostegno alla musica, alla danza e ai nuovi media, al teatro, all’arte educativa. Oltre a questo, nell’impegno di mediazione musicale ha permesso a 184 giovani artisti di prodursi in concerto. In più, un totale di 43 giovani talenti hanno ottenuto un sussidio allo studio, mentre oltre 30’000 persone hanno partecipato ai 23 concerti della serie «Classics», prodotti dal Percento culturale. Nel 2018 circa 30’000 persone hanno partecipato alle 83 esibizioni delle 12 Compagnie invitate al festival della danza Steps, che ha animato 36 palchi in tutta la Svizzera. Una curiosità storica: L’unico concerto tenuto in Svizzera dalla diva dell’Opera Maria Callas, si era tenuto per interessamento di Migros. Per ciò che riguarda il tempo libero, Migros ha destinato al settore 12,9 milioni di franchi: in Svizzera esistono quattro parchi pubblici destinati allo svago della popolazione; oltre a ciò Midelle importanti occasioni per farsi conoscere. www.startrampe.ch Migros Lucerna Persone come opere d’arte
La mostra «Menschenschau» è un’esposizione con oggetti d’arte viventi. Nella Schulhaus St. Karli di Lucerna alcuni attori rivestono i panni di personalità del mondo politico e dell’economia ma anche fisionomie fantasti-
Migros Svizzera orientale Band sul trampolino di lancio
Il progetto «Startrampe» si propone di dare visibilità ai musicisti della Sviz-
«Loufmeter», la sfilata di moda nelle vie di Berna. (loufmeter.ch)
gros gestisce la ferrovia di montagna e il ristorante del Monte Generoso. Nel settore sociale, 7,3 milioni di franchi sono andati a progetti che si occupano dei rapporti di convivenza sociale con particolare riguardo ai rapporti intergenerazionali, i temi di genere e quelli legati al tema delle migrazioni. Un contributo agli studi economici di 3,1 milioni è attribuito all’università di San Gallo dove studenti della cattedra di Management commerciale internazionale del Gottlieb Duttweiler Institut seguono una post-formazione. Oltre a questo, vengono sostenuti il Forum Elle e vari ambiti di economia politica. Il fondo di sostegno Engagement Migros, dotato nel 2017 di 14,8 milioni di franchi, sostiene progetti pionieristici in ambiti importanti e attuali. I lavori cercano di imboccare nuove vie sul tema del cambiamento sociale e diffondono in seguito i loro risultati. Informazioni sul sito engagement-migros.ch Il Fondo di sviluppo (un tempo detto «Fondo d’aiuto») sostiene iniziative utili all’uomo e alla natura. Ogni anno un milione di franchi viene messo a disposizione per progetti legati alla cooperazione e lo sviluppo, in Svizzera e all’estero. Se si volesse quantificare ciò che Migros ha destinato dal 1957 al 2017 al suo impegno culturale e sociale, sommando i 4,6 miliardi destinati al Percento culturale con i 45,1 milioni del Fondo di aiuto 45,1 e i 39 milioni del Fondo di sostegno, si arriva alla cifra totale di 4,6841 miliardi di franchi. che e inquietanti. Ognuna delle figure interpreta pienamente il suo ruolo: i visitatori possono, se lo desiderano, scoprire cosa esse abbiano da raccontare e ascoltare i loro racconti. Migros Lucerna ha assegnato a «Menschenschau» il Premio di sostegno per la Svizzera centrale. www.menschenschau.ch Migros Ticino Viaggio artistico
Con il poema «l’Opera della notte», presentato sabato 10 novembre all’Auditorio Stelio Molo di Lugano, si è concluso il percorso de «La Via Lattea 15 – Notte e sogni». Questa iniziativa culturale, già sostenuta in passato da Migros Ticino, si configura come un’esplorazione del territorio ticinese in un itinerario con varie stazioni da raggiungere. Ognuna di esse propone al pubblico un concerto dal vivo, una performance o una proiezione. Un vero e proprio pellegrinaggio musicale che coinvolge teatro, letteratura, cinema, danza, filosofia e che invita a riscoprire il paesaggio da una prospettiva inconsueta. www.teatrodeltempo.ch
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Attualità Migros
Attualità Migros
Non di solo pane
Le star di domani
Storia di una visione L’idea della cooperativa, l’impegno politico, il Cristianesimo dell’azione, il Percento culturale:
ecco tutto quello che Gottlieb Duttweiler ha creato oltre al commercio al dettaglio
Karl Lüönd Senza l’esperienza nata dal fallimento, l’esistenza di Gottlieb Duttweiler (1881-1962) non sarebbe stata la stessa. Infatti, dopo la prima guerra mondiale fa bancarotta speculando sulle materie prime. Poi ci riprova con una piantagione di caffè in Brasile. La fondazione della Migros è, come egli stesso amava ricordare, la sua ultima opportunità. Gli alti e bassi sperimentati in giovane età gli insegnarono a mantenere le distanze dalle cose materiali. Anche quando era ormai diventato milionario, aborriva gli status symbol. Viveva in un appartamento di tre locali e mezzo, guidava una Fiat Topolino e in treno viaggiava in terza classe. 1925: quando Gottlieb Duttweiler fonda la Migros sono tempi duri. Dopo la prima guerra mondiale il nazionalismo era tornato a impregnare l’economia. In nome della lotta alla crisi, il Consiglio federale e l’amministrazione governavano l’economia con la legge d’emergenza. Assieme a una combriccola di associazioni e cartelli. Proprio mentre la Migros osava mettere piede in Romandia, una coalizione di contadini, commercianti e sindacalisti metteva a segno un feroce attacco: il divieto di aprire filiali del 1933. Duttweiler rispose fondando l’Anello degli Indipendenti e nel 1935 entrò in
Consiglio nazionale con sette rappresentanti. Dichiarò sempre di essere stato costretto a entrare in politica. Le basi ideologiche del movimento le fornirà solo successivamente. Sull’onda dell’attualità dell’epoca e consapevole della reazione che avrebbe provocato, Duttweiler attacca il Fronte nazionale filonazista: «L’Anello è il simbolo che si oppone al Fronte nazionale, con il suo Führer e la sua folla obbediente. L’Anello vuole riunire tutti, di destra e di sinistra, contrariamente ai fronti di destra e sinistra che hanno sempre bisogno di paventare un fronte opposto». Più tardi «Dutti» approfondirà quello che la NZZ aveva deriso come un «cumulo di affari e filosofia», chiamando «Cristianesimo dell’azione» quell’idea forse imprecisa ma filantropica e vicina al popolo. Legata ad essa era la problematica ambientale, riconosciuta in anticipo sui tempi. Molto prima della concorrenza, la Migros inizia a impegnarsi per un’alimentazione sana, un’agricoltura biologica, la protezione dei consumatori e un atteggiamento razionale nei confronti dell’energia e dei rifiuti. Dopo una lunga esperienza, il motto di Duttweiler ha messo radici: l’uomo non vive di solo pane! Sulla stessa linea di sviluppo sta la decisione più importante della sua
Nel 1940 Duttweiler trasforma in cooperativa la Migros e regala le quote ai clienti. (Keystone)
vita. Nel 1940 Duttweiler trasforma la Migros da società per azioni in cooperativa e ne regala le quote ai suoi clienti. Naturalmente questo gesto generoso
L’autore – Karl Lüönd Svizzero-tedesco, 73 anni, di professione pubblicista, Karl Lüönd è un profondo conoscitore della Migros e della sua storia. Ha infatti scritto una biografia di Gottlieb Duttweiler che traccia un ritratto vivido dell’uomo e dell’imprenditore e rende comprensibili a un vasto pubblico i suoi principi e le sue passioni (v. in basso). Ex caporedattore di «Blick» e «Züri-Woche», direttore del Medieninstitut e autore di una trentina di biografie di imprenditori, Lüönd è un ammiratore critico di Duttweiler, del quale dice: «Nessuno svizzero del XX secolo ha fatto di più per i consumatori». Oggi la biografia di Duttweiler scritta
da Karl Lüönd (Un’idea con un futuro) è esaurita. È considerata una delle opere di riferimento sul fondatore di Migros e fornisce una buona panoramica del suo lavoro, ritraendo bene l’origine dell’idea Migros. Qualche data fondamentale
1944 – Lancio della Scuola Club: i corsi di lingue diventano accessibili a tutti. 1948 – Primi concerti Club: musica classica per un vasto pubblico. 1956 – Nascita delle scuole di lingue Eurocentres all’estero. 1957 – Il Percento culturale viene inserito negli statuti della Migros.
1963 – Gottlieb Duttweiler Institut: apertura del think-tank della Migros . 1980 – Grün 80: la Migros garantisce il mantenimento del parco per 100 anni. 1988 – Viene lanciato «Steps» che presto diventa il maggiore festival della danza in Svizzera. 1996 – Inaugurazione del «Museum für Gegenwartskunst». 2006 – Progetto Innovage: i pensionati mettono la loro esperienza al servizio dei giovani imprenditori. 2018 – Monte Generoso: riapertura del ristorante in vetta disegnato da Mario Botta.
aveva anche un risvolto di «Realpolitik», come confermò anni dopo Adele Duttweiler. Suo marito, infatti, aveva ipotizzato una vittoria bellica di Hitler e intendeva anticipare una possibile espropriazione della propria azienda. Mettere in pratica tutte quelle idee per promuovere la cultura nelle ristrette condizioni degli Svizzeri dell’epoca, specialmente in anni di crisi e di guerra, fu un risultato unico. Tra il 1940 e il 1962 Duttweiler diventa di gran lunga il maggior sponsor culturale della Svizzera. Nel 1943 partecipa alla fondazione della Praesens-Film AG, rendendo possibili importanti progetti dedicati alla difesa dello spirito nazionale. Nel 1950 consolida la comunità del libro Ex Libris: senza le sue licenze editoriali non sarebbero state stampate decine di importanti opere letterarie. Ma il progetto più duraturo è il Percento culturale, ancorato negli statuti della Migros dal 1957, che rappresenta un caso unico di obbligo permanente datosi volontariamente
da un’impresa. Nel 2017 sono stati distribuiti 122,4 milioni di franchi per progetti nell’ambito della cultura, della socialità, della formazione, del tempo libero e dell’economia. Il concetto di cultura è inteso in modo estremamente ampio: all’inizio includeva anche l’agenzia di viaggio Hoteplan, in seguito ne hanno beneficiato le scuole di lingue (Eurocentrs), le Scuole Club e i centri fitness. «Engagement Migros» è un’estensione del Percento culturale e promuove progetti pionieristici, che aprono nuove strade nella trasformazione sociale. «La Migros è della gente!», recita lo slogan 2018, di cui Gottlieb Duttweiler ha gettato le fondamenta durante i suoi 37 anni di Migros. La particolarità di Migros è che il suo fondatore non solo ha capito i bisogni materiali dei clienti, ma anche quelli culturali e politici. Gottlieb Duttweiler lo esprimeva così: «Dobbiamo affiancare alla nostra crescente potenza materiale prestazioni sociali e culturali ancora maggiori».
Ai quattro angoli della Svizzera Tempo libero Parchi, musei, ferrovie: il Percento culturale di Migros finanzia numerosi luoghi di svago
che permettono di evadere dalla quotidianità
Altre attività nella regione: visita al LAC di Lugano dell’esposizione dedicata a Magritte. Lo sapevate? Da ragazzo Mario Botta amava salire di notte a piedi sul Monte Generoso per poter ammirare l’alba. Info e orari: www.montegeneroso.ch
Pierre Wuthrich Ticino – Monte Generoso
Dove: domina il Lago di Lugano, a 1704 m. Accesso con i trasporti pubblici: dalla stazione FFS di Capolago con il treno a cremagliera del Monte Generoso. Nascita: la linea ferroviaria è stata inaugurata il 4 giugno 1890 e in seguito salvata dal fallimento da Gottlieb Duttweiler nel 1941. Lunghezza della linea: 9 km (dislivello: 1420 m). Attività: panorama a 360° (uno dei più belli del Ticino); visita della nuova costruzione Fiore di pietra (foto) di Mario Botta, che ospita due ristoranti e una piccola sala da esposizione; via ferrata; mountain bike; osservatorio astronomico; cenone di Natale e veglione di San Silvestro; vari tipi di animazione gastronomica e culturale. Prezzo: Fr. 54.– (biglietto per il treno del Monte Generoso andata/ritorno per un adulto).
Arco Lemanico – Parco Pré Vert Signal de Bougy
Sfida la fortuna «Azione» e la Ferrovia Monte Generoso mettono in palio 20 biglietti del valore di 54.– franchi per la salita alla vetta con il trenino. Per partecipare al concorso vai alla pagina web www.azione.ch/concorsi e segui le istruzioni. Buona Fortuna!
Dove: sulla costa del lago, tra Nyon e Morges. Accesso con i trasporti pubblici: autopostale dalla stazione di Rolle. Inaugurazione: 2 luglio 1971. Superficie: 55 ha. Attività: parco con animali; spazio giochi, moto e battelli per i più piccoli; minigolf; spettacoli; atelier pizza e piccola fattoria; percorso avventura sugli alberi; tè danzante, ecc. Prezzo: l’accesso al parco, gli spettacoli e numerose altre attività sono gratuite. Alcune delle proposte sono a pagamento (ad es.: minigolf, Fr. 5.50 per i bambini).
Balcone sul Lemano, il Signal de Bougy offre un panorama unico.
dalla stazione FFS di Basilea (fermata «Neue Welt»). Inaugurazione: 12 aprile 1980. Superficie: 130’000 mq. Attività: spazio giochi; minigolf; maneggio; dinosauro gigante; giardino di rose; due ristoranti (à la carte e selfservice); ecc. Prezzo: l’accesso al parco è gratuito. Alcune attività sono a pagamento (ad esempio mini-golf: Fr. 6.– per gli adulti, ribasso del 50% per i membri Famigros).
Dove: alle porte di Basilea. Accesso con i trasporti pubblici: tram 10
manifestazioni legate alla scena musicale ticinese offre l’occasione ai giovani talenti di misurare le loro doti Nel gruppo delle varie attività musicali dedicate alla musica live sostenute dal Percento culturale di Migros Ticino (come l’Open-air al Lagh di Locarno, Festate a Chiasso e Bellinzona Blues) Palco ai giovani di Lugano ha una fisionomia molto originale. Da 25 anni coagula attorno a sé la passione dei giovani musicisti dilettanti ticinesi e con il suo concorso ne ha fatto crescere le schiere, finalizzando i loro progetti alle esibizioni dal vivo sul palco di Piazza Manzoni a Lugano. Per i gruppi locali di giovanissimi musicisti ha rappresentato un’occasione di impegno e di lavoro, ma anche d’incontro, che ha permesso il coronamento di un progetto creativo. Se Palco ai Giovani è il «termometro» della passione per la musica dei giovani, i risultati raggiunti segnano una «febbre» espressiva calda e vigorosa. I concerti sono seguitissimi, anche perché l’esibizione delle band emergenti è accompagnata da concerti di musicisti professionisti già affermati, i quali rappresentano certamente uno stimolo e un confronto positivo per i giovani in lizza. Come tutti gli eventi vivi e dinamici, Palco ai Giovani ha conosciuto nel corso degli anni un’evoluzione costante. L’edizione 2019 segnerà un nuovo importante passo in questo percorso
Münchenstein sa sedurre in particolare con il suoi giochi d’acqua, alle porte di Basilea.
I Drunky Funk si sono aggiudicati l’edizione 2018. (Ashli Sartorelli)
evolutivo a livello di identità e di formula della proposta, presentandosi al pubblico con una serie di novità che sapranno confermarne e rinnovarne l’attrattiva. La Divisione eventi e congressi della Città di Lugano, organizzatrice dell’evento, presenterà a inizio 2019 i dettagli di questo «nuovo corso» dell’evento. La band vincitrice dell’edizione 2018 è stata il sestetto Drunky Funk, un gruppo di ragazzi ventenni, amici e, in qualche caso, anche compagni di scuola. Alcuni autodidatti, altri studiosi di musica, assieme hanno dato vita ad un mix eccezionale. «Il nostro gruppo era nato da relativamente poco, ma ave-
va del potenziale», racconta Ricardo, chitarrista. «Ci sentivamo qualificati, anche se suonavamo assieme da meno di un anno. Abbiamo arrangiato alcune canzoni scritte all’ultimo momento e abbiamo deciso di tentare». Il pezzo suonato dal gruppo, Pinkhole, è un pezzo funky. Una scelta coraggiosa, dal momento che si tratta di un genere musicale non semplice, al quale spesso viene preferito il punk o il rap. «Il funk è il genere che ascoltiamo di più, oltre al jazz e al soul. Poi ovviamente dipende. Ognuno di noi è più influenzato da un genere o da un artista piuttosto che da un altro. Io personalmente sono molto affezionato al cantautorato e alla musica strumentale» spiega Ricardo. Vincere Palco ai Giovani ha sicuramente dato ai Drunky Funk una nuova consapevolezza e una grande motivazione. «Abbiamo pensato che ottenere un risultato del genere non era una cosa da poco e abbiamo iniziato a credere seriamente di avere realizzato qualcosa di buono» conclude il chitarrista. È uscito da poco il loro secondo pezzo, Breakfast, pubblicato sul profilo Facebook della band. Per la cronaca, il secondo gradino del podio di Palco ai giovani 2018 era andato al rapper Mr Gru, mentre al terzo posto si era classificata la cantantautrice Julie Meletta.
Impegno al reinserimento Integrazione M odi concreti per intervenire nel sostegno ai disabili Da oltre 25 anni Migros Ticino mantiene un rapporto di collaborazione a sfondo sociale con la Fondazione Diamante, un’istituzione attiva nel reinserimento socio-professionale delle persone diversamente abili. In questo modo la Cooperativa ticinese vuole sottolineare la sua presenza attiva sul territorio e la sua attenzione ai temi sociali e culturali importanti per la realtà del cantone. La collaborazione prevede due tipi di intervento: da un lato la creazione di una équipe interna alla struttura aziendale, nella Centrale di Sant’Antonino, in cui dodici utenti della Fondazione sono inquadrati nel Servizio di logistica e si occupano di varie mansioni. Nel corso di quasi trent’anni di esperienza, in effetti, i settori di impiego si sono costantemente incrementati: dal recupero dei materiali riciclabili e il loro invio allo smaltimento, alla consegna della posta, all’aiuto nel lavoro di immagazzinaggio e imballaggio, e altro ancora. Nell’attività quotidiana Altre attività nella regione: il giardino inglese del parco Merian lì vicino è incantevole. Lo sapevate? Il parco si trova nell’area in cui si è tenuta «Grün 80». Dal giorno dell’inaugurazione di quella esposizione temporanea sui giardini, visitata anche dalla Regina Elisabetta d’Inghilterra, Migros si è impegnata a gestire questo grande spazio verde per i prossimi cento anni. Info e orari: www.parkimgruenen.ch Zurigo – Parco im Grüene Rüschlikon
Altre attività nella regione: l’Arboretum nel vallone dell’Aubonne con le sue 4000 piante lignee merita una visita. Lo sapevate? Adele Duttweiler in persona ha dato il suo assenso per la vendita di vino nel Ristorante Signal de Bougy. Info e orari: www.signaldebougy.ch Basilea – Parco im Grünen Münchenstein
Percento Culturale Migros Ticino Una delle più interessanti
Dove: a sud di Zurigo. Accesso con i trasporti pubblici: bus 165, da Zurigo (Bürkliplatz). Inaugurazione: fine 1946. Superficie: 50’000 mq Attività: parco giochi; trenino; teatro delle marionette; esposizione sulla vita di Gottlieb Duttweiler; ristorante; ecc. Prezzo: l’accesso al parco è gratuito. Alcune attività sono a pagamento (per. es.: passeggiata a dorso d’asino, Fr. 1.–).
questi collaboratori sono seguiti da due educatori della Fondazione Diamante, che coordinano il lavoro e prestano un’attenzione particolare, mediando le capacità individuali e le esigenze quotidiane dell’attività nella Centrale. In questo modo si realizza un percorso professionale «protetto» che in alcuni casi ha portato persino alcuni utenti a intraprendere, in un secondo tempo, un corso di formazione professionale all’interno dell’azienda. Un altro importante settore di attività è collegato alla produzione di specialità alimentari, vendute nei supermercati di Migros Ticino all’interno della gamma dei «Nostrani del Ticino». Sei laboratori esterni della Fondazione Diamante contribuiscono alla ricchezza di questo assortimento regionale con numerosi prodotti. Il successo commerciale dell’iniziativa mostra come essa sia particolarmente apprezzata dalla popolazione ticinese, grazie soprattutto alla qualità della proposta.
I laboratori di produzione sono coordinati da educatori specializzati che accompagnano gli utenti nella pratica quotidiana. Il lavoro è improntato a una dinamica stagionale, in modo da poter proporre prodotti che utilizzino le materie prime fresche offerte da ogni periodo dell’anno. Vengono quindi preparate marmellate e conserve di vario tipo, vari tipi di pasta fresca e, fiore all’occhiello dell’attività, diverse specialità di pane. I proventi della vendita di questa serie di prodotti e di quelli preparati da altri laboratori protetti (per una cifra d’affari complessiva generata da 15 articoli che nel 2017 è stata di quasi 160’000 franchi) sono completamente devoluti da Migros Ticino alle Fondazioni Diamante, La Fonte, OTAF, San Gottardo (specializzata in tisane e spezie) e Sant’Angelo di Loverciano (che propone lo zafferano). Un modo per riconoscere in modo concreto il valore dell’impegno professionale di questo progetto di reinserimento. Zurigo – Museo Migros di arte contemporanea
Il parco di Rüschlikon: un oasi di verde per gli zurighesi.
Altre attività nella regione: nei pressi del parco, l’Oranger Garten racconta in modo interattivo la storia di Migros. A circa 10 km da lì, il Parco Seleger Moor di Rifferswil (ZH) ospita la maggiore concentrazione di rododendri e azalee della Svizzera. Questo giardino è sostenuto in parte dal Percento culturale Migros. Lo sapevate? Il parco è la vecchia proprietà di Gottlieb Duttweiler, che l’ha donato alla Svizzera. Info e orari: www.parkimgruene.ch
Dove: nell’area Löwenbräu-KunstAreal, Kreis 5 di Zurigo. Accesso con i trasporti pubblici: tram 4, 11 et 17 dalla stazione di Zurigo. Inaugurazione: 4 maggio 1996. Superficie: 1300 mq. Attività: esposizioni temporanee d’arte contemporanea svizzera e internazionale. Visite guidate (in italiano su richiesta), pomeriggi per le famiglie (in tedesco) e vernissage per i bambini (in tedesco).
Dutti per tutti Scuola Club Migros Ticino Le radici e le ali:
una scuola al servizio di una grande visione Perché mai un imprenditore affermato come Gottlieb Duttweiler, fondatore di Migros, decide, nel lontano 1944, di investire tempo, pensiero e risorse nel far partire corsi di lingue per tutti e dare il via a quella straordinaria esperienza di incontro e apprendimento che saranno le Scuole Club? In tempi di rapidi cambiamenti c’è bisogno di aggiornare gli strumenti per comprendere le trasformazioni in atto e sapersi muovere con senso di responsabilità in direzione del futuro. Duttweiler questo lo aveva intuito, nella consapevolezza che non c’è vera crescita economica senza crescita sociale e culturale. Così, da grande visionario quale era, scommise sulla formazione con un’idea rivoluzionaria che lasciò il segno. Anzitutto, veniva sconvolta l’idea che l’apprendimento fosse cosa di pochi. «Formazione per tutti!», in ogni fase di vita, diventò lo slogan di una strategia volta all’inclusione economica e sociale. Non soddisfatto, Duttweiler ripensò la formazione come occasione di socialità, scambio e coesione: la scuola doveva essere anche un club! Da qui la proposta di gruppi misti, uomini e donne, classi sociali diverse, che, seduti fianco a fianco, si ritrovavano a confrontarsi e a condividere una medesima scommessa a costruire un domani migliore. Per questo le Scuole Club dovevano essere luoghi aperti, belli, piacevoli e proporre una serie ampia di corsi per tutti i gusti e le necessità che, nel tempo, andarono efficacemente a rispondere ai bisogni formativi emergenti – dalle lingue alla contabilità, dalla programmazione informatica alla cucina, dal movimento al benessere a tutto tondo. Il sogno di Duttweiler è ancora vivo anche grazie alle sue scuole che non hanno mai cessato di riattualizzare in forme sempre nuove questa grande visione. E i numeri del Ticino lo confermano: circa 15’000 partecipanti ai corsi e 280’000 ore di formazione nel 2017.
Prezzo: Fr. 12.– (adulti). Altre attività nella regione: ammirare il panorama urbano dal bar della Prime Tower (126 m), visita del Museo nazionale svizzero. Lo sapevate? Iniziata da Gottlieb Duttweiler, la collezione Migros possiede ormai 1400 opere, tra cui: Pipilotti Rist (foto), Ugo Rondinone, Maurizio Cattelan e molti altri. Info e orari: www.migrosmuseum.ch Berna – Gurten-Park im Grünen
Dove: sulle colline attorno a Berna. Accesso coi trasporti pubblici: funivia dalla stazione di Berna (fermata Wabern bei Bern), poi funicolare. Inaugurazione: la funicolare è stata inaugurata il 12 settembre 1899, e un albergo è stato costruito sulla cima della collina nel 1901. Il 31 dicembre 1999, il luogo è stato ufficialmente ripreso da Migros. Superficie: 100’000 mq. Attività: parco giochi; trenino; slittino-
Con le sue 4 sedi che capillarmente innervano l’intero territorio, la Scuola Club di Migros Ticino ogni giorno, da più di 60 anni, rinnova questa stessa eredità, accogliendo, ascoltando e rispondendo con professionalità al bisogno di formazione di centinaia di persone di ogni età, condizione sociale ed economica, profilo e professione, interessi e aspirazioni. Per questo la Scuola Club, anche grazie al Percento Culturale di Migros Ticino, continua ad investire in aree strategiche per le persone, le aziende, le istituzioni di questo territorio, garantendo aggiornamento professionale, accompagnamento alla certificazione delle competenze e riqualificazione dei percorsi lavorativi. Non meno prioritarie restano le finalità inclusive che animavano Duttweiler, come attestano i corsi nati dalle recenti partnership con la Federazione Svizzera dei Sordi e con la Società Svizzera di Sclerosi Multipla; i moduli di integrazione linguistica nel quadro fide; gli eventi «oltre l’aula» di Living the Room o Vivere la formazione; e, non da ultimo, l’investimento nel movimento e nel benessere, con i programmi nazionali iMpuls. Una realtà, quella della Scuola Club di Migros Ticino, dalla forte identità e dallo stile inimitabile, che trae energia dal confronto continuo con una storia straordinaria proposta anche alle nuove generazioni con la lettura teatrale «Partita Doppia», dove la toccante interpretazione dell’attrice Laura Curino ha confermato la prorompente attualità di Duttweiler e delle sue intuizioni. È stato, per la Scuola Club, un momento di festa, ma anche un’occasione per rilanciarsi in una navigazione appassionante che vuole puntare al largo, senza paura, a servizio del suo territorio e nel ricordo del suo intramontabile capitano «Dutti».
Sul Gurten, ci si diverte in tutte le stagioni.
via; discogolf; ristoranti; albergo; serate tematiche. Prezzo: Fr. 10.50 (funicolare andata/ ritorno, prezzo per adulti). L’accesso al parco è gratuito, così come molte attività. Altre attività nella regione: visita del Palazzo federale. Lo sapevate? La prima competizione sciistica in Svizzera con concorrenti stranieri si era tenuta sul Gurten, nel 1902. Info e orari: www.gurtenpark.ch
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Attualità Migros
Attualità Migros
Non di solo pane
Le star di domani
Storia di una visione L’idea della cooperativa, l’impegno politico, il Cristianesimo dell’azione, il Percento culturale:
ecco tutto quello che Gottlieb Duttweiler ha creato oltre al commercio al dettaglio
Karl Lüönd Senza l’esperienza nata dal fallimento, l’esistenza di Gottlieb Duttweiler (1881-1962) non sarebbe stata la stessa. Infatti, dopo la prima guerra mondiale fa bancarotta speculando sulle materie prime. Poi ci riprova con una piantagione di caffè in Brasile. La fondazione della Migros è, come egli stesso amava ricordare, la sua ultima opportunità. Gli alti e bassi sperimentati in giovane età gli insegnarono a mantenere le distanze dalle cose materiali. Anche quando era ormai diventato milionario, aborriva gli status symbol. Viveva in un appartamento di tre locali e mezzo, guidava una Fiat Topolino e in treno viaggiava in terza classe. 1925: quando Gottlieb Duttweiler fonda la Migros sono tempi duri. Dopo la prima guerra mondiale il nazionalismo era tornato a impregnare l’economia. In nome della lotta alla crisi, il Consiglio federale e l’amministrazione governavano l’economia con la legge d’emergenza. Assieme a una combriccola di associazioni e cartelli. Proprio mentre la Migros osava mettere piede in Romandia, una coalizione di contadini, commercianti e sindacalisti metteva a segno un feroce attacco: il divieto di aprire filiali del 1933. Duttweiler rispose fondando l’Anello degli Indipendenti e nel 1935 entrò in
Consiglio nazionale con sette rappresentanti. Dichiarò sempre di essere stato costretto a entrare in politica. Le basi ideologiche del movimento le fornirà solo successivamente. Sull’onda dell’attualità dell’epoca e consapevole della reazione che avrebbe provocato, Duttweiler attacca il Fronte nazionale filonazista: «L’Anello è il simbolo che si oppone al Fronte nazionale, con il suo Führer e la sua folla obbediente. L’Anello vuole riunire tutti, di destra e di sinistra, contrariamente ai fronti di destra e sinistra che hanno sempre bisogno di paventare un fronte opposto». Più tardi «Dutti» approfondirà quello che la NZZ aveva deriso come un «cumulo di affari e filosofia», chiamando «Cristianesimo dell’azione» quell’idea forse imprecisa ma filantropica e vicina al popolo. Legata ad essa era la problematica ambientale, riconosciuta in anticipo sui tempi. Molto prima della concorrenza, la Migros inizia a impegnarsi per un’alimentazione sana, un’agricoltura biologica, la protezione dei consumatori e un atteggiamento razionale nei confronti dell’energia e dei rifiuti. Dopo una lunga esperienza, il motto di Duttweiler ha messo radici: l’uomo non vive di solo pane! Sulla stessa linea di sviluppo sta la decisione più importante della sua
Nel 1940 Duttweiler trasforma in cooperativa la Migros e regala le quote ai clienti. (Keystone)
vita. Nel 1940 Duttweiler trasforma la Migros da società per azioni in cooperativa e ne regala le quote ai suoi clienti. Naturalmente questo gesto generoso
L’autore – Karl Lüönd Svizzero-tedesco, 73 anni, di professione pubblicista, Karl Lüönd è un profondo conoscitore della Migros e della sua storia. Ha infatti scritto una biografia di Gottlieb Duttweiler che traccia un ritratto vivido dell’uomo e dell’imprenditore e rende comprensibili a un vasto pubblico i suoi principi e le sue passioni (v. in basso). Ex caporedattore di «Blick» e «Züri-Woche», direttore del Medieninstitut e autore di una trentina di biografie di imprenditori, Lüönd è un ammiratore critico di Duttweiler, del quale dice: «Nessuno svizzero del XX secolo ha fatto di più per i consumatori». Oggi la biografia di Duttweiler scritta
da Karl Lüönd (Un’idea con un futuro) è esaurita. È considerata una delle opere di riferimento sul fondatore di Migros e fornisce una buona panoramica del suo lavoro, ritraendo bene l’origine dell’idea Migros. Qualche data fondamentale
1944 – Lancio della Scuola Club: i corsi di lingue diventano accessibili a tutti. 1948 – Primi concerti Club: musica classica per un vasto pubblico. 1956 – Nascita delle scuole di lingue Eurocentres all’estero. 1957 – Il Percento culturale viene inserito negli statuti della Migros.
1963 – Gottlieb Duttweiler Institut: apertura del think-tank della Migros . 1980 – Grün 80: la Migros garantisce il mantenimento del parco per 100 anni. 1988 – Viene lanciato «Steps» che presto diventa il maggiore festival della danza in Svizzera. 1996 – Inaugurazione del «Museum für Gegenwartskunst». 2006 – Progetto Innovage: i pensionati mettono la loro esperienza al servizio dei giovani imprenditori. 2018 – Monte Generoso: riapertura del ristorante in vetta disegnato da Mario Botta.
aveva anche un risvolto di «Realpolitik», come confermò anni dopo Adele Duttweiler. Suo marito, infatti, aveva ipotizzato una vittoria bellica di Hitler e intendeva anticipare una possibile espropriazione della propria azienda. Mettere in pratica tutte quelle idee per promuovere la cultura nelle ristrette condizioni degli Svizzeri dell’epoca, specialmente in anni di crisi e di guerra, fu un risultato unico. Tra il 1940 e il 1962 Duttweiler diventa di gran lunga il maggior sponsor culturale della Svizzera. Nel 1943 partecipa alla fondazione della Praesens-Film AG, rendendo possibili importanti progetti dedicati alla difesa dello spirito nazionale. Nel 1950 consolida la comunità del libro Ex Libris: senza le sue licenze editoriali non sarebbero state stampate decine di importanti opere letterarie. Ma il progetto più duraturo è il Percento culturale, ancorato negli statuti della Migros dal 1957, che rappresenta un caso unico di obbligo permanente datosi volontariamente
da un’impresa. Nel 2017 sono stati distribuiti 122,4 milioni di franchi per progetti nell’ambito della cultura, della socialità, della formazione, del tempo libero e dell’economia. Il concetto di cultura è inteso in modo estremamente ampio: all’inizio includeva anche l’agenzia di viaggio Hoteplan, in seguito ne hanno beneficiato le scuole di lingue (Eurocentrs), le Scuole Club e i centri fitness. «Engagement Migros» è un’estensione del Percento culturale e promuove progetti pionieristici, che aprono nuove strade nella trasformazione sociale. «La Migros è della gente!», recita lo slogan 2018, di cui Gottlieb Duttweiler ha gettato le fondamenta durante i suoi 37 anni di Migros. La particolarità di Migros è che il suo fondatore non solo ha capito i bisogni materiali dei clienti, ma anche quelli culturali e politici. Gottlieb Duttweiler lo esprimeva così: «Dobbiamo affiancare alla nostra crescente potenza materiale prestazioni sociali e culturali ancora maggiori».
Ai quattro angoli della Svizzera Tempo libero Parchi, musei, ferrovie: il Percento culturale di Migros finanzia numerosi luoghi di svago
che permettono di evadere dalla quotidianità
Altre attività nella regione: visita al LAC di Lugano dell’esposizione dedicata a Magritte. Lo sapevate? Da ragazzo Mario Botta amava salire di notte a piedi sul Monte Generoso per poter ammirare l’alba. Info e orari: www.montegeneroso.ch
Pierre Wuthrich Ticino – Monte Generoso
Dove: domina il Lago di Lugano, a 1704 m. Accesso con i trasporti pubblici: dalla stazione FFS di Capolago con il treno a cremagliera del Monte Generoso. Nascita: la linea ferroviaria è stata inaugurata il 4 giugno 1890 e in seguito salvata dal fallimento da Gottlieb Duttweiler nel 1941. Lunghezza della linea: 9 km (dislivello: 1420 m). Attività: panorama a 360° (uno dei più belli del Ticino); visita della nuova costruzione Fiore di pietra (foto) di Mario Botta, che ospita due ristoranti e una piccola sala da esposizione; via ferrata; mountain bike; osservatorio astronomico; cenone di Natale e veglione di San Silvestro; vari tipi di animazione gastronomica e culturale. Prezzo: Fr. 54.– (biglietto per il treno del Monte Generoso andata/ritorno per un adulto).
Arco Lemanico – Parco Pré Vert Signal de Bougy
Sfida la fortuna «Azione» e la Ferrovia Monte Generoso mettono in palio 20 biglietti del valore di 54.– franchi per la salita alla vetta con il trenino. Per partecipare al concorso vai alla pagina web www.azione.ch/concorsi e segui le istruzioni. Buona Fortuna!
Dove: sulla costa del lago, tra Nyon e Morges. Accesso con i trasporti pubblici: autopostale dalla stazione di Rolle. Inaugurazione: 2 luglio 1971. Superficie: 55 ha. Attività: parco con animali; spazio giochi, moto e battelli per i più piccoli; minigolf; spettacoli; atelier pizza e piccola fattoria; percorso avventura sugli alberi; tè danzante, ecc. Prezzo: l’accesso al parco, gli spettacoli e numerose altre attività sono gratuite. Alcune delle proposte sono a pagamento (ad es.: minigolf, Fr. 5.50 per i bambini).
Balcone sul Lemano, il Signal de Bougy offre un panorama unico.
dalla stazione FFS di Basilea (fermata «Neue Welt»). Inaugurazione: 12 aprile 1980. Superficie: 130’000 mq. Attività: spazio giochi; minigolf; maneggio; dinosauro gigante; giardino di rose; due ristoranti (à la carte e selfservice); ecc. Prezzo: l’accesso al parco è gratuito. Alcune attività sono a pagamento (ad esempio mini-golf: Fr. 6.– per gli adulti, ribasso del 50% per i membri Famigros).
Dove: alle porte di Basilea. Accesso con i trasporti pubblici: tram 10
manifestazioni legate alla scena musicale ticinese offre l’occasione ai giovani talenti di misurare le loro doti Nel gruppo delle varie attività musicali dedicate alla musica live sostenute dal Percento culturale di Migros Ticino (come l’Open-air al Lagh di Locarno, Festate a Chiasso e Bellinzona Blues) Palco ai giovani di Lugano ha una fisionomia molto originale. Da 25 anni coagula attorno a sé la passione dei giovani musicisti dilettanti ticinesi e con il suo concorso ne ha fatto crescere le schiere, finalizzando i loro progetti alle esibizioni dal vivo sul palco di Piazza Manzoni a Lugano. Per i gruppi locali di giovanissimi musicisti ha rappresentato un’occasione di impegno e di lavoro, ma anche d’incontro, che ha permesso il coronamento di un progetto creativo. Se Palco ai Giovani è il «termometro» della passione per la musica dei giovani, i risultati raggiunti segnano una «febbre» espressiva calda e vigorosa. I concerti sono seguitissimi, anche perché l’esibizione delle band emergenti è accompagnata da concerti di musicisti professionisti già affermati, i quali rappresentano certamente uno stimolo e un confronto positivo per i giovani in lizza. Come tutti gli eventi vivi e dinamici, Palco ai Giovani ha conosciuto nel corso degli anni un’evoluzione costante. L’edizione 2019 segnerà un nuovo importante passo in questo percorso
Münchenstein sa sedurre in particolare con il suoi giochi d’acqua, alle porte di Basilea.
I Drunky Funk si sono aggiudicati l’edizione 2018. (Ashli Sartorelli)
evolutivo a livello di identità e di formula della proposta, presentandosi al pubblico con una serie di novità che sapranno confermarne e rinnovarne l’attrattiva. La Divisione eventi e congressi della Città di Lugano, organizzatrice dell’evento, presenterà a inizio 2019 i dettagli di questo «nuovo corso» dell’evento. La band vincitrice dell’edizione 2018 è stata il sestetto Drunky Funk, un gruppo di ragazzi ventenni, amici e, in qualche caso, anche compagni di scuola. Alcuni autodidatti, altri studiosi di musica, assieme hanno dato vita ad un mix eccezionale. «Il nostro gruppo era nato da relativamente poco, ma ave-
va del potenziale», racconta Ricardo, chitarrista. «Ci sentivamo qualificati, anche se suonavamo assieme da meno di un anno. Abbiamo arrangiato alcune canzoni scritte all’ultimo momento e abbiamo deciso di tentare». Il pezzo suonato dal gruppo, Pinkhole, è un pezzo funky. Una scelta coraggiosa, dal momento che si tratta di un genere musicale non semplice, al quale spesso viene preferito il punk o il rap. «Il funk è il genere che ascoltiamo di più, oltre al jazz e al soul. Poi ovviamente dipende. Ognuno di noi è più influenzato da un genere o da un artista piuttosto che da un altro. Io personalmente sono molto affezionato al cantautorato e alla musica strumentale» spiega Ricardo. Vincere Palco ai Giovani ha sicuramente dato ai Drunky Funk una nuova consapevolezza e una grande motivazione. «Abbiamo pensato che ottenere un risultato del genere non era una cosa da poco e abbiamo iniziato a credere seriamente di avere realizzato qualcosa di buono» conclude il chitarrista. È uscito da poco il loro secondo pezzo, Breakfast, pubblicato sul profilo Facebook della band. Per la cronaca, il secondo gradino del podio di Palco ai giovani 2018 era andato al rapper Mr Gru, mentre al terzo posto si era classificata la cantantautrice Julie Meletta.
Impegno al reinserimento Integrazione M odi concreti per intervenire nel sostegno ai disabili Da oltre 25 anni Migros Ticino mantiene un rapporto di collaborazione a sfondo sociale con la Fondazione Diamante, un’istituzione attiva nel reinserimento socio-professionale delle persone diversamente abili. In questo modo la Cooperativa ticinese vuole sottolineare la sua presenza attiva sul territorio e la sua attenzione ai temi sociali e culturali importanti per la realtà del cantone. La collaborazione prevede due tipi di intervento: da un lato la creazione di una équipe interna alla struttura aziendale, nella Centrale di Sant’Antonino, in cui dodici utenti della Fondazione sono inquadrati nel Servizio di logistica e si occupano di varie mansioni. Nel corso di quasi trent’anni di esperienza, in effetti, i settori di impiego si sono costantemente incrementati: dal recupero dei materiali riciclabili e il loro invio allo smaltimento, alla consegna della posta, all’aiuto nel lavoro di immagazzinaggio e imballaggio, e altro ancora. Nell’attività quotidiana Altre attività nella regione: il giardino inglese del parco Merian lì vicino è incantevole. Lo sapevate? Il parco si trova nell’area in cui si è tenuta «Grün 80». Dal giorno dell’inaugurazione di quella esposizione temporanea sui giardini, visitata anche dalla Regina Elisabetta d’Inghilterra, Migros si è impegnata a gestire questo grande spazio verde per i prossimi cento anni. Info e orari: www.parkimgruenen.ch Zurigo – Parco im Grüene Rüschlikon
Altre attività nella regione: l’Arboretum nel vallone dell’Aubonne con le sue 4000 piante lignee merita una visita. Lo sapevate? Adele Duttweiler in persona ha dato il suo assenso per la vendita di vino nel Ristorante Signal de Bougy. Info e orari: www.signaldebougy.ch Basilea – Parco im Grünen Münchenstein
Percento Culturale Migros Ticino Una delle più interessanti
Dove: a sud di Zurigo. Accesso con i trasporti pubblici: bus 165, da Zurigo (Bürkliplatz). Inaugurazione: fine 1946. Superficie: 50’000 mq Attività: parco giochi; trenino; teatro delle marionette; esposizione sulla vita di Gottlieb Duttweiler; ristorante; ecc. Prezzo: l’accesso al parco è gratuito. Alcune attività sono a pagamento (per. es.: passeggiata a dorso d’asino, Fr. 1.–).
questi collaboratori sono seguiti da due educatori della Fondazione Diamante, che coordinano il lavoro e prestano un’attenzione particolare, mediando le capacità individuali e le esigenze quotidiane dell’attività nella Centrale. In questo modo si realizza un percorso professionale «protetto» che in alcuni casi ha portato persino alcuni utenti a intraprendere, in un secondo tempo, un corso di formazione professionale all’interno dell’azienda. Un altro importante settore di attività è collegato alla produzione di specialità alimentari, vendute nei supermercati di Migros Ticino all’interno della gamma dei «Nostrani del Ticino». Sei laboratori esterni della Fondazione Diamante contribuiscono alla ricchezza di questo assortimento regionale con numerosi prodotti. Il successo commerciale dell’iniziativa mostra come essa sia particolarmente apprezzata dalla popolazione ticinese, grazie soprattutto alla qualità della proposta.
I laboratori di produzione sono coordinati da educatori specializzati che accompagnano gli utenti nella pratica quotidiana. Il lavoro è improntato a una dinamica stagionale, in modo da poter proporre prodotti che utilizzino le materie prime fresche offerte da ogni periodo dell’anno. Vengono quindi preparate marmellate e conserve di vario tipo, vari tipi di pasta fresca e, fiore all’occhiello dell’attività, diverse specialità di pane. I proventi della vendita di questa serie di prodotti e di quelli preparati da altri laboratori protetti (per una cifra d’affari complessiva generata da 15 articoli che nel 2017 è stata di quasi 160’000 franchi) sono completamente devoluti da Migros Ticino alle Fondazioni Diamante, La Fonte, OTAF, San Gottardo (specializzata in tisane e spezie) e Sant’Angelo di Loverciano (che propone lo zafferano). Un modo per riconoscere in modo concreto il valore dell’impegno professionale di questo progetto di reinserimento. Zurigo – Museo Migros di arte contemporanea
Il parco di Rüschlikon: un oasi di verde per gli zurighesi.
Altre attività nella regione: nei pressi del parco, l’Oranger Garten racconta in modo interattivo la storia di Migros. A circa 10 km da lì, il Parco Seleger Moor di Rifferswil (ZH) ospita la maggiore concentrazione di rododendri e azalee della Svizzera. Questo giardino è sostenuto in parte dal Percento culturale Migros. Lo sapevate? Il parco è la vecchia proprietà di Gottlieb Duttweiler, che l’ha donato alla Svizzera. Info e orari: www.parkimgruene.ch
Dove: nell’area Löwenbräu-KunstAreal, Kreis 5 di Zurigo. Accesso con i trasporti pubblici: tram 4, 11 et 17 dalla stazione di Zurigo. Inaugurazione: 4 maggio 1996. Superficie: 1300 mq. Attività: esposizioni temporanee d’arte contemporanea svizzera e internazionale. Visite guidate (in italiano su richiesta), pomeriggi per le famiglie (in tedesco) e vernissage per i bambini (in tedesco).
Dutti per tutti Scuola Club Migros Ticino Le radici e le ali:
una scuola al servizio di una grande visione Perché mai un imprenditore affermato come Gottlieb Duttweiler, fondatore di Migros, decide, nel lontano 1944, di investire tempo, pensiero e risorse nel far partire corsi di lingue per tutti e dare il via a quella straordinaria esperienza di incontro e apprendimento che saranno le Scuole Club? In tempi di rapidi cambiamenti c’è bisogno di aggiornare gli strumenti per comprendere le trasformazioni in atto e sapersi muovere con senso di responsabilità in direzione del futuro. Duttweiler questo lo aveva intuito, nella consapevolezza che non c’è vera crescita economica senza crescita sociale e culturale. Così, da grande visionario quale era, scommise sulla formazione con un’idea rivoluzionaria che lasciò il segno. Anzitutto, veniva sconvolta l’idea che l’apprendimento fosse cosa di pochi. «Formazione per tutti!», in ogni fase di vita, diventò lo slogan di una strategia volta all’inclusione economica e sociale. Non soddisfatto, Duttweiler ripensò la formazione come occasione di socialità, scambio e coesione: la scuola doveva essere anche un club! Da qui la proposta di gruppi misti, uomini e donne, classi sociali diverse, che, seduti fianco a fianco, si ritrovavano a confrontarsi e a condividere una medesima scommessa a costruire un domani migliore. Per questo le Scuole Club dovevano essere luoghi aperti, belli, piacevoli e proporre una serie ampia di corsi per tutti i gusti e le necessità che, nel tempo, andarono efficacemente a rispondere ai bisogni formativi emergenti – dalle lingue alla contabilità, dalla programmazione informatica alla cucina, dal movimento al benessere a tutto tondo. Il sogno di Duttweiler è ancora vivo anche grazie alle sue scuole che non hanno mai cessato di riattualizzare in forme sempre nuove questa grande visione. E i numeri del Ticino lo confermano: circa 15’000 partecipanti ai corsi e 280’000 ore di formazione nel 2017.
Prezzo: Fr. 12.– (adulti). Altre attività nella regione: ammirare il panorama urbano dal bar della Prime Tower (126 m), visita del Museo nazionale svizzero. Lo sapevate? Iniziata da Gottlieb Duttweiler, la collezione Migros possiede ormai 1400 opere, tra cui: Pipilotti Rist (foto), Ugo Rondinone, Maurizio Cattelan e molti altri. Info e orari: www.migrosmuseum.ch Berna – Gurten-Park im Grünen
Dove: sulle colline attorno a Berna. Accesso coi trasporti pubblici: funivia dalla stazione di Berna (fermata Wabern bei Bern), poi funicolare. Inaugurazione: la funicolare è stata inaugurata il 12 settembre 1899, e un albergo è stato costruito sulla cima della collina nel 1901. Il 31 dicembre 1999, il luogo è stato ufficialmente ripreso da Migros. Superficie: 100’000 mq. Attività: parco giochi; trenino; slittino-
Con le sue 4 sedi che capillarmente innervano l’intero territorio, la Scuola Club di Migros Ticino ogni giorno, da più di 60 anni, rinnova questa stessa eredità, accogliendo, ascoltando e rispondendo con professionalità al bisogno di formazione di centinaia di persone di ogni età, condizione sociale ed economica, profilo e professione, interessi e aspirazioni. Per questo la Scuola Club, anche grazie al Percento Culturale di Migros Ticino, continua ad investire in aree strategiche per le persone, le aziende, le istituzioni di questo territorio, garantendo aggiornamento professionale, accompagnamento alla certificazione delle competenze e riqualificazione dei percorsi lavorativi. Non meno prioritarie restano le finalità inclusive che animavano Duttweiler, come attestano i corsi nati dalle recenti partnership con la Federazione Svizzera dei Sordi e con la Società Svizzera di Sclerosi Multipla; i moduli di integrazione linguistica nel quadro fide; gli eventi «oltre l’aula» di Living the Room o Vivere la formazione; e, non da ultimo, l’investimento nel movimento e nel benessere, con i programmi nazionali iMpuls. Una realtà, quella della Scuola Club di Migros Ticino, dalla forte identità e dallo stile inimitabile, che trae energia dal confronto continuo con una storia straordinaria proposta anche alle nuove generazioni con la lettura teatrale «Partita Doppia», dove la toccante interpretazione dell’attrice Laura Curino ha confermato la prorompente attualità di Duttweiler e delle sue intuizioni. È stato, per la Scuola Club, un momento di festa, ma anche un’occasione per rilanciarsi in una navigazione appassionante che vuole puntare al largo, senza paura, a servizio del suo territorio e nel ricordo del suo intramontabile capitano «Dutti».
Sul Gurten, ci si diverte in tutte le stagioni.
via; discogolf; ristoranti; albergo; serate tematiche. Prezzo: Fr. 10.50 (funicolare andata/ ritorno, prezzo per adulti). L’accesso al parco è gratuito, così come molte attività. Altre attività nella regione: visita del Palazzo federale. Lo sapevate? La prima competizione sciistica in Svizzera con concorrenti stranieri si era tenuta sul Gurten, nel 1902. Info e orari: www.gurtenpark.ch
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Attualità Migros
Pionieri coraggiosi Engagement Migros Le idee innovative rendono la Svizzera ancora un po’ migliore. Vi presentiamo alcuni dei
progetti finanziati dal fondo di sostegno Engagement Migros, creato nel 2012, alimentato su base volontaria da Denner, Banca Migros, Migrol e Migrolino. Finora Engagement Migros ha investito circa 60 milioni di franchi in 72 progetti
Lisa Stutz Carvelo2go
È un mezzo di trasporto ancora piuttosto sconosciuto: la cargo-bike, detta Carvelo (foto). Siccome dispone di trazione elettrica e molto spazio di carico, vi si possono trasportare anche oggetti pesanti. «Oggi in Svizzera molti trasporti si svolgono con la bicicletta da carico. E spesso sono più comodi, veloci ed efficienti di quelli effettuati con l’automobile», afferma convinta Sybille Suter di «carvelo2go». Grazie alla piattaforma di condivisione lanciata nel 2015, chiunque può noleggiare una Carvelo in tutta la Svizzera. Finora si sono registrati 11 000 utenti, che si servono di oltre 250 veicoli stazionati in una cinquantina di comuni. L’obiettivo: facilitare la vita quotidiana delle persone e dare un contributo a risolvere i sempre più acuti problemi di traffico nelle città. Rifugiati imprenditori
«Ci portano via il lavoro!», si sente spesso riecheggiare ai tavoli dei bar a proposito dei richiedenti l’asilo. Affermazioni del genere spiazzano completamente Seraina Soldner e Tina Erb, fondatrici di SINGA Factory, il cui scopo è di dare la possibilità a rifugiati e migranti di fondare un’azienda propria. «Molti rifugiati hanno alle spalle un passato imprenditoriale, ma in Svizzera non trovano un posto adatto», spiega Seraina Soldner. Con una propria ditta, invece, si garantirebbero un reddito e forse creerebbero addirittura dei posti di lavoro. La prima organizzazione SINGA è nata a Parigi nel 2012. Dopo il successo ottenuto in Francia e Germania, nel 2016 le due svizzere hanno ripreso il concetto base, ampliandolo con un programma per avviare delle startup: per sei mesi SINGA sostiene i richiedenti stranieri con un’assistenza professiona-
le individuale e corsi inerenti argomenti economici. «Lo sforzo finanziario per un programma del genere non è irrilevante e confluisce soprattutto nell’organizzazione e nel coordinamento», racconta Seraina Soldner. La maggior parte del capitale di partenza è stato messo a disposizione dal Fondo di sostegno Engagement Migros, che ogni anno stanzia tra i 10 e i 15 milioni di franchi per progetti pionieristici. È una strada coraggiosa quella intrapresa dalle due fondatrici assieme ai partecipanti. L’imprenditorialità, infatti, è sempre connessa a molti rischi. «Noi però crediamo fermamente nelle persone e nei loro progetti». Come testimonia la vicenda dell’indiana Smriti Chhabra, che con l’aiuto di SINGA ha aperto di recente un
proprio servizio di catering con l’aggiunta di corsi di cucina. Ed ha già ottenuto i primi incarichi. Madame Frigo
Peperoni, pomodori, yogurt… e tutte le scorte di cibo che si tengono in casa. Ma le abitudini stanno inesorabilmente cambiando: si mangia da amici o al ristorante o si ordina un piatto cinese. E così il cibo acquistato va a male e finisce nella spazzatura. Questo non deve succedere, hanno pensato Jana Huwyler e Nina Fassbind, fautrici del progetto Madame Frigo (foto). L’idea: installare dei frigoriferi pubblici in cui riporre i generi alimentari che non si consumano, mettendoli così a disposizione gratuitamente di altre persone. Il progetto ha già riscosso molto interesse in varie
città svizzere ed ora le due giovani donne vorrebbero estenderlo a tutto il Paese. In questo modo intendono minimizzare i rifiuti alimentari delle economie domestiche e sensibilizzare il pubblico sull’argomento. Le cifre parlano da sole: il 45% dello spreco alimentare in Svizzera è provocato dai nuclei familiari. A titolo di paragone: solo il 4% è originato dalla grande distribuzione. «Abbiamo una visione chiara e molta passione. In questo ambito si può ottenere molto», afferma Jana Huwyler. Staatslabor
È risaputo: ogni giorno nascono nuove app, nuovi strumenti e sistemi informatici. Ma come funziona Snapchat? In questo mondo in continua evoluzione, cresce anche la complessità. E ciò non
vale solo per i comuni cittadini, ma anche per molte amministrazioni pubbliche, che riconoscono il potenziale insito nelle nuove tecnologie ma non lo utilizzano a sufficienza. È qui che interviene «staatslabor», ossia il «laboratorio dello Stato»: esso rielabora le conoscenze e le rende fruibili alle amministrazioni, realizzando progetti per migliorare la qualità del servizio pubblico ai cittadini. «In Svizzera l’efficienza del nostro sistema statale contribuisce in modo significativo all’alta qualità della vita. Tuttavia Comuni, Cantoni e Confederazione devono padroneggiare in permanenza nuove conoscenze per affrontare le sfide del presente», spiega Alenka Bonnard, direttrice e co-fondatrice di staatslabor, che nel 2016 ha lanciato assieme a un gruppo di persone motivate l’idea di creare una piattaforma per innovare il settore pubblico. Dall’anno scorso il gruppo opera come associazione di pubblica utilità con sede a Berna. Secondo Alenka Bonnard, «la gente delle amministrazioni con cui lavoriamo è molto più coraggiosa di noi. Lo staatslabor è in un certo senso il posto del coraggio organizzato». Plateforme10
A pochi metri dalla stazione di Losanna è stato costruito un quartiere artistico. La «PLATEFORME10» (foto) è un progetto comune del Museo cantonale delle Belle arti Mcb-a, del Museo del design e delle arti applicate Mudac e del Museo della fotografia Musée de l’Elysée. «Creiamo spazi per contatti, scoperte, tempo libero e vita quotidiana per il Canton Vaud e tutta la Svizzera, ma anche per i turisti», spiega Tatyana Franck, direttrice del Musée de l’Elysée. L’obiettivo è raggiunto già prima della conclusione del progetto, prevista per il 2021: presentare la ricchezza dei tre musei su una piattaforma digitale.
Pietre secolari Fondo di sviluppo Migros In lotta con la natura sfidando le sue forze: i muri a secco sono stati per secoli
l’unica possibilità di costruire solide strade attraverso il Gottardo. Una piccola associazione ha voluto conservare per le generazioni future queste testimonianze, uniche nel loro genere Kian Ramezani Fino al termine della costruzione della Gotthardbahn, avvenuta nella seconda parte dell’800, la gola del Piottino in Val Leventina aveva rappresentato il passaggio obbligato sul lato meridionale del Gottardo. Nei secoli precedenti il transito di persone e di merci era stato permesso dalla realizzazione di strade sostenute da muri a secco. Gli Urani, che avevano strappato la valle nel 1478 ai Milanesi, riuscirono a metà del XVI secolo a costruire con questa tecnica particolare la prima mulattiera attraverso le Gole. Nel 1803, dopo essere diventato un cantone indipendente, il Ticino aprì la prima strada carrozzabile attraverso questa strettoia naturale: il tragitto riprendeva essenzialmente il percorso della vecchia mulattiera, denominata «Strada Urana». Nel giro di cinquant’anni questa storica arteria del cantone si modificò, fino a dar luogo a un paesaggio fortemente influenzato dalla sua vocazione di via del traffico, con bei ponti, contrafforti, muri di sostegno e gallerie. Nel 1934, poi, è stato realizzato un nuovo percorso stradale, che scavalcava il Piottino con un tunnel. Dopo la sua chiusura alle automobili, la vecchia
Sulle gole del Piottino, la tipica costruzione muraria «a secco» ha scritto un capitolo affascinante nella storia dei trasporti svizzeri.
strada cantonale è stata lasciata in un progressivo abbandono, prima di tornare agli onori della politica del traffico nel momento della costruzione, nel 1963, dell’autostrada attraverso la Leventina. Dopo lunghe discussioni venne trovata una soluzione, che preservava quasi completamente le Gole. Ma nel
momento in cui non ci si preoccupò più del problema, il declino naturale riprese inevitabilmente. Il fatto che questa struttura muraria unica, costruita a secco, rimanesse un elemento caratteristico del paesaggio, si deve all’Associazione Pro Media Leventina. Dopo un costoso lavoro di
risanamento, nel 2003 l’antica strada di transito del Gottardo è stata riaperta come sentiero. Per quanto possano apparire antichi e indistruttibili, i muri a secco del Piottino sono minacciati spesso dalla caduta di pietre, dalla forza del ghiaccio e dell’acqua. Dopo un forte temporale, nel 2013, un muro a secco di sostegno di sei metri, ricostruito poco tempo prima, è crollato sotto la spinta di grandi masse d’acqua. Grazie a sollecite misure di intervento, Pro Media Leventina è riuscita a mettere in sicurezza il manufatto. Per la piccola associazione i regolari interventi di manutenzione sono un grande impegno economico, che può essere sostenuto solo grazie al sostegno di sodalizi, fondazioni e della popolazione. Anche il Fondo di sviluppo Migros ha potuto partecipare nel 2017 con un contributo finanziario al mantenimento di questo affascinante museo all’aperto di storia dei trasporti. Per l’uomo e per la natura
Dal momento della sua fondazione nel 1979, il Fondo di sviluppo Migros sostiene progetti ecologici e sociali per l’aiuto allo sviluppo, in Svizzera e all’estero. È dotato di un capitale di un milione di franchi all’anno. Fino ad oggi
sono stati investiti più di 37 milioni di franchi. I progetti che entrano nella considerazione del Fondo di sviluppo hanno l’obiettivo di sostenere le minoranze e di coinvolgere popolazioni regionali. Devono essere organizzati in modo professionale, seguendo il principio dell’aiuto all’auto-aiuto, e devono essere orientati verso un approccio sostenibile. Normalmente i progetti ricevono un sostegno economico che si situa tra i 40’000 e i 100’000 franchi. Seguendo le intenzioni di Gottlieb Duttweiler, Migros con il suo Fondo mira agli interessi di gruppi che richiedono sostegno particolare, tra cui bambini, giovani e donne. Un gruppo di lavoro dell’Assemblea dei delegati della Federazione delle Cooperative Migros si riunisce tre-quattro volte all’anno per valutare le richieste. Informazioni
www.migros.ch/unterstuetzungsfonds È possibile inoltrare richieste al Fondo di Sviluppo anche utilizzando la piattaforma del Percento Culturale a livello nazionale: https://www. percento-culturale-migros.ch/richiesta-di-sostegno.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Società e Territorio A scuola con lo smartphone C’è chi ne vorrebbe sfruttare le potenzialità anche didattiche e chi invece preferirebbe vietarlo nelle sedi scolastiche: lo smartphone è un argomento che divide pagina 8
Tex Willer, un eroe senza tempo Una mostra al Museo della Permanente di Milano celebra i 70 anni del cow-boy creato da Gianluigi Bonelli e disegnato dal mitico Galep pagina 10
OpenStreetMap è un progetto aperto al pubblico come Wikipedia.
Per una mappa del Ticino
Open Science Con «Prova il tasto modifica» la SUPSI invita cittadini e istituzioni a partecipare alla mappatura
online dei luoghi di cultura, creatività ed espressione di tutto il Cantone Loris Fedele Il Canton Ticino è un territorio ricco di luoghi di cultura, espressione e creatività. Lo afferma un comunicato stampa del Dipartimento ambiente costruzioni e design della SUPSI, che aggiunge: esistono ben 1478 operatori culturali, tra i quali 116 musei, 184 biblioteche e 41 archivi, ma finora solo una minima parte di essi è reperibile online su OpenStreetMap, Wikipedia e Wikidata. Per esempio, solo il 7% dei musei del territorio è presente su Wikipedia. Sono dati ricordati in occasione della settimana Open Science SUPSI: con la «Scienza Aperta» si vuole potenziare il collegamento tra università e società nel modo più ampio possibile. Nello scorso ottobre il Campus di Lugano Trevano ha ospitato un convegno e una serie di eventi che hanno in particolare promosso e sostenuto l’impegno a collaborare nella produzione e distribuzione di contenuti e dati aperti, e quindi accessibili, per la ricerca, per l’educazione e per gli interessati in generale. Lo si è fatto con l’iniziativa «Prova il tasto modifica. Partecipa a mappare i luoghi di cultura, creatività ed espressione del Ticino». L’iniziativa è partita dal Laboratorio cultura visiva della stessa SUPSI in collaborazione con l’Osservatorio cul-
turale del Canton Ticino e ha ottenuto, tra l’altro, un sostegno dal Percento culturale di Migros Ticino. In sostanza si sono invitati i cittadini e le istituzioni culturali a contribuire a mappare autonomamente i luoghi di cultura presenti sul territorio ticinese, arricchendo così la documentazione online di posti meritevoli di attenzione e valorizzazione. Chi ha partecipato ha potuto apprendere in due laboratori a rilevare, caricare e aggiornare le informazioni online. Wikipedia è la famosissima enciclopedia libera online alla quale chiunque può contribuire. Ha 500 milioni di lettori e circa 40 milioni di articoli pubblicati in diverse lingue (che per ora sono 302). Rendere disponibile del nostro materiale per Wikipedia significa aumentare tantissimo la visibilità del nostro territorio e quindi collegare meglio il Ticino al mondo. Iolanda Pensa, responsabile del settore di ricerca «Cultura e Territorio» del Laboratorio cultura visiva della SUPSI, promotrice e guida dell’iniziativa «Prova il tasto modifica», è una collaboratrice molto attiva nella comunità di Wikipedia. Mi conferma che il Canton Ticino è poco rappresentato su questi progetti e che le voci di questa enciclopedia libera sono sempre un po’ deboli quando non ci sono abbastanza persone che se
ne prendono cura. Migliorano quando sono supportate da una comunità che ci tiene e si interessa all’argomento, che è in grado di controllarlo, di correggere gli eventuali errori. Si migliora il contenuto aggiungendo una fotografia, inserendo un altro paragrafo, aiutando nella traduzione. «Invitare i cittadini come abbiamo fatto noi – dice la dottoressa Pensa – a partecipare con la loro conoscenza e con il loro amore per il territorio a un progetto importante come quello di Wikipedia, è un modo per garantire che la fonte di informazione più consultata al mondo riporti una rappresentazione solida e corretta delle ricchezze del Canton Ticino. Volevamo anche potenziare la collaborazione tra le istituzioni cantonali e questo progetto. L’Osservatorio culturale del Cantone Ticino già da diversi anni si occupa proprio di documentare e valorizzare i luoghi della cultura del nostro territorio. Nella banca dati c’erano circa 1400 luoghi. Come laboratorio di ricerca abbiamo lavorato sul materiale esistente per renderlo più accessibile, caricandolo sui due siti Wikipedia e OpenStreetMap». OpenStreetMap è anch’esso un progetto aperto al pubblico, finalizzato a creare mappe e cartografie. Tutti possono collaborarvi arricchendo o correggendo i dati. La caratteristica fonda-
mentale dei dati geografici presenti su OpenStreetMap è che possiedono una licenza libera e quindi è possibile utilizzarli liberamente per qualsiasi scopo con il solo vincolo di citarne la fonte. Su questa piattaforma si può anche documentare un negozio, la propria casa, la fontana del paese, quasi tutto. È un progetto molto più inclusivo rispetto agli altri. Il materiale d’archivio, già di pubblico dominio, riceve una grande visibilità da questi progetti. Anche le istituzioni ticinesi potrebbero partecipare attivamente, rendendo disponibili delle immagini delle loro collezioni, ma anche invitando il pubblico a documentare meglio i progetti. La presenza su un’enciclopedia libera può essere un alleato nella missione di qualsiasi istituzione culturale. Una cinquantina di persone hanno risposto all’appello della SUPSI e si sono iscritti partecipando ai laboratori. Il Laboratorio di cultura visiva ha prodotto circa 500 nuove schede su Wikidata, che è il database che raccoglie dati strutturati che forniscono supporto a Wikipedia. Wikidata è anche un database secondario, che non registra solo le dichiarazioni ma anche le relative fonti e i collegamenti con altri database: in questo modo rispecchia la varietà delle conoscenze e permette di verificare l’at-
tendibilità dei dati. Dentro queste schede la SUPSI ha collocato le informazioni ammissibili: sono stati inseriti i musei, le biblioteche, i teatri e le istituzioni benvenute nel progetto. Poi si è verificato che fossero tutte messe su OpenStreetMap, per far sapere dove trovarle. Oltre una ventina di persone hanno segnalato quali istituzioni c’erano già e quali mancavano. Durante la settimana sono state raccolte anche immagini nuove da unire a quelle a disposizione. Una Associazione di donne del Ticino ha partecipato proponendo biografie di protagoniste della cultura del nostro territorio. «Mi ha fatto piacere – commenta Iolanda Pensa – perché una associazione che ha finalità precise e ricchezza di contenuti è perfetta per Wikipedia. Svolge un lavoro interessante e utile per la divulgazione della conoscenza. Il nostro ruolo nell’università è quello di facilitare questi processi che possono continuare da soli. Il contributo del pubblico è fondamentale per aggiornare i dati. Chiunque può andare nella pagina e cliccando su modifica può cominciare a intervenire. È una magia e una rivoluzione. Una volta erano in pochi che scrivevano le enciclopedie. Oggi tutti quanti possono essere al tempo stesso dei fruitori e degli autori del sapere universale. Il progetto resta aperto».
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Società e Territorio
Smartphone a scuola Ragazzi C’è chi lo ritiene uno strumento utile, c’è chi vorrebbe
vietarlo: le riflessioni di due esperti sulle norme attuali
Un costruttore di luoghi Archittetura A Mendrisio una mostra
indaga il legame tra Louis Kahn e Venezia Alberto Caruso
La scuola promuove l’educazione a un uso consapevole delle risorse tecnologiche. (Ti-Press)
Stefania Hubmann Uno strumento utile, da non sottovalutare, da non demonizzare. Al suo uso si va educati dalla famiglia e dalla scuola come avviene per altri ambiti. Con il cellulare in tasca (di fatto un piccolo computer) si può crescere bene anche se pone indubbiamente nuove sfide. Di fronte all’accelerazione dello sviluppo tecnologico si cercano, in particolare a livello scolastico, strategie per affrontare la realtà in modo da sfruttare i valori aggiunti e contenere i rischi. La tendenza generale di puntare sull’educazione e la consapevolezza è però messa in discussione anche in Ticino da alcune visioni più rigide, come dimostra la recente mozione dei parlamentari Giorgio Fonio (PPD), Henrik Bang (PS) e Maristella Polli (PLR): «Vietiamo gli smartphone nelle scuole dell’obbligo». Ma quali sono le norme attualmente in vigore nella scuola ticinese? Su quale visione si fondano? Quali spunti di riflessione offre al riguardo un esperto del comportamento umano chiamato a seguire da vicino i giovani in difficoltà, a volte proprio a causa di abusi compiuti con lo smartphone? Hanno risposto ad «Azione» Daniele Parenti, direttore del Centro di risorse didattiche e digitali (CERDD) e lo psicologo e psicoterapeuta FSP Pierre Kahn.
«La scuola svolge un ruolo importante ma complementare, i primi limiti sono i genitori a doverli porre» «Fino allo scorso anno scolastico – spiega innanzitutto il direttore del CERDD – ogni scuola media aveva la facoltà di definire le proprie regole sull’uso dei dispositivi mobili personali (cellulari, tablet). Era però già attivo un Gruppo di lavoro che abbiamo istituito nel 2015/16 per valutare l’uso di tali mezzi anche dal punto di vista didattico. Il Gruppo – composto da rappresentanti di ogni ordine di scuola e dei settori pedagogico, tecnico e giuridico – ha evidenziato la responsabilità educativa della scuola a livello di protezione e di sviluppo delle competenze. Di conseguenza ha elaborato una serie di norme raccomandando alle direzioni di introdurle nel regolamento interno di istituto a partire da quest’anno». Il primo punto ribadisce che «nel perimetro dell’istituto scolastico i dispositivi tecnologici di comunicazione personali, se non spenti, devono essere non visibili e in modalità “aereo”». Alla direzione o a un’istanza scolastica designata è concessa la facoltà di definire se e quando è possibile scostarsi da questa regola. L’approccio, pragmatico e aperto, tiene in considerazione tre aspetti:
psicopedagogico-didattico, giuridico e tecnico. Il primo concede ampio margine di scelta al docente per l’utilizzo attivo dei dispositivi a fini didattici. È la missione della scuola quella di educare e quindi questi nuovi strumenti possono essere integrati nell’insegnamento. Si tratta di un uso consapevole che permette di ragionare con gli allievi sui valori aggiunti e sui rischi ad esempio quando si compie una ricerca. Dal punto di vista giuridico gli allievi sono portatori di diritti costituzionali che impediscono un ritiro sine die del cellulare. Secondo Daniele Parenti è quindi valida la prassi applicata in situazioni analoghe con richiami al rispetto delle regole e un ritiro semmai limitato a prima del rientro a domicilio. Infine, per quanto riguarda l’aspetto tecnico, il Gruppo di lavoro privilegia l’impiego delle attrezzature scolastiche. Le nuove regole mettono in guardia anche su fotografie, filmati e registrazioni e il necessario consenso delle persone oggetto di tali atti. «Gli eventi critici a questo livello – rileva il direttore del CERDD – non possono essere esclusi, ma non devono mutare il ruolo della scuola. Richiedono un intervento educativo come per fatti analoghi che avvengono senza l’uso di questi strumenti». Daniele Parenti ricorda pure l’impegno profuso da due anni a questa parte nella formazione dei docenti. «In ogni scuola media viene formato un gruppo di 4-5 insegnanti che fungono da guida e punto di riferimento per il resto del corpo docente. Gli obiettivi sono l’uso consapevole delle risorse tecnologiche e la costruzione di itinerari didattici mirati». La visione dello smartphone quale strumento utile di cui fare un uso consapevole è condivisa da Pierre Kahn. Per lo psicologo e psicoterapeuta il cellulare può anche rivelarsi uno strumento relazionale, permettendo ad esempio ai più timidi di socializzare con maggiore facilità. «Occorre certamente fissare delle regole e porre dei limiti, in modo che il suo uso sia adeguato al contesto» spiega lo specialista. «I bambini e gli adolescenti hanno bisogno di questi “paletti”, che vanno però motivati e spiegati. Classe e scuola sono due contesti diversi. Nel primo sono d’accordo di vietare l’uso dello smartphone, soprattutto perché fonte di distrazione. L’attivazione ha un senso solo a fini didattici su richiesta degli insegnanti. Durante le pause, a livello di scuola media, sarei invece più cauto. È vero che esistono zone grigie a rischio elevato, come gli spogliatoi prima e dopo le lezioni di educazione fisica. Ancora una volta si deve sensibilizzare ed educare. Questo compito spetta sì alla scuola, ma prima ancora alla famiglia». Pierre Kahn riferisce al riguardo anche la sua esperienza di padre che, seppure a fatica e in una realtà diversa
poiché risalente ad una decina di anni fa, ha concesso il cellulare ai figli solo con l’inizio del Liceo. Chi regala oggi lo smartphone a bambini sempre più piccoli? Nella quasi totalità dei casi sono i genitori e per lo psicologo «questo gesto dovrebbe essere accompagnato da un modo d’uso non tanto tecnico quanto mentale. Le informazioni trasmesse dai genitori sono essenziali. Bisogna evidenziare e discutere rischi e pericoli a cominciare da quelli più semplici come i costi. Alla base vi sono la comunicazione con i figli e l’esempio che viene loro trasmesso. A questo livello la scuola svolge un ruolo importante ma complementare; i primi limiti sono i genitori a doverli porre». Nel suo studio a Mendrisio lo psicoterapeuta è confrontato regolarmente con le conseguenze di usi impropri dei cellulari. Pierre Kahn: «I fenomeni di cyberbullismo e sexting negli ultimi anni sono aumentati e la collaborazione con i genitori resta determinante per superare le difficoltà, spiegare agli adolescenti le conseguenze di alcuni loro atti a volte inconsapevoli (come inviare al fidanzato foto sessualmente esplicite) e più in generale insegnare ad usare questo mezzo di comunicazione in modo responsabile». Da rilevare, riguardo al valore dell’educazione, l’esperienza positiva delle sedi di scuola media più aperte che già da anni hanno sviluppato una cultura della tecnologia. Daniele Parenti cita l’esempio di Tesserete, dove l’uso del cellulare è autorizzato durante le pause. L’accresciuta presenza di giochi tradizionali offre agli allievi la possibilità di relazionarsi in modi diversi, tutti sfruttati e apprezzati. Nel resto della Svizzera la tendenza è all’apertura. Se il Canton Vaud – al quale fa riferimento la mozione ticinese – ha appena scelto di testare per quattro mesi in alcuni istituti il divieto di usare il cellulare durante le pause accompagnandolo con misure formative, Zurigo e San Gallo privilegiano invece da tempo l’investimento in mezzi e formazione. La Città di Zurigo, ad esempio, ha dotato di tablet ogni allievo di quinta elementare. Sul piano europeo al recente divieto di usare gli smartphone a scuola introdotto dalla Francia si contrappongono numerosi approcci più permissivi, in particolare nei Paesi del Nord e nella vicina Italia. Lo smartphone, come gli altri dispositivi mobili personali, dovrebbe quindi sempre essere posto in modalità «responsabilità» sia esso nelle mani di adulti, adolescenti o bambini. Per questo non esiste però un semplice tasto, bensì i principi educativi e di convivenza civile che famiglia e scuola trasmettono alle nuove generazioni non senza fatica e cadute. Queste ultime, per chi lavora a stretto contatto con i giovani, significano però anche esperienze dalle quali potersi rialzare più forti.
La mostra inaugurata il 12 ottobre scorso al Teatro dell’Architettura di Mendrisio non è interessante soltanto per gli specialisti e gli appassionati di architettura, come spesso avviene per le mostre sul lavoro degli architetti. È interessante anche per il grande pubblico, perché il fondale della messa in scena espositiva è Venezia e lo straordinario paesaggio della città lagunare. L’oggetto della mostra è il progetto di due edifici – il Palazzo dei Congressi e il Padiglione della Biennale, siti entrambi ai Giardini – che accompagna il visitatore a scoprire l’architettura di Louis Kahn attraverso la conoscenza della genesi e delle ragioni di un progetto importante di trasformazione della città. Una mostra, quindi, che introduce all’architettura con efficace realismo didattico. «Io sono un costruttore, non mi piace chiamare edifici quelli che faccio. Preferisco chiamarli luoghi…». L’affermazione di Kahn sintetizza in modo eloquente l’atteggiamento progettuale dell’architetto americano, le cui opere principali, costruite tra gli anni 50 e la fine degli anni 70 negli USA, in India e nel Pakistan hanno segnato un passaggio importante del pensiero moderno, un passaggio da diversi anni rimosso dalla cultura contemporanea più diffusa. Nato in Estonia e trasferito in tenera età a Filadelfia, ha più volte viaggiato in Europa, in particolare in Italia, dove ha completato la sua formazione. Kahn considerava suoi maestri Brunelleschi, Bramante, Michelangelo e Palladio. L’architettura di Roma e di Venezia («la più costruita delle città») hanno influenzato in modo decisivo la sua opera, capace di stabilire una relazione feconda con il passato e necessaria ad una evoluzione originale della modernità, che sfugge alle facili classificazioni manualistiche di architettura razionalista o organica. Opere come l’Art Gallery dell’Università di Yale, il Salk Institute di La Jolla, i grandi edifici pubblici di Dacca e di Ahmedabad, la biblioteca di Exeter e il museo Kimbell di Fort Worth hanno conferito all’architettura del dopoguerra la potenza costruttiva ed espressiva che il cosiddetto «stile internazionale» stava impoverendo. È stato Giuseppe Mazzariol, l’intellettuale e politico veneziano che aveva già promosso la chiamata di Le Corbusier per il progetto dell’ospedale e di Wright per il Masieri Memorial, a volerlo a Venezia nel 1968 per progettare il palazzo dei Congressi e il Padiglione della Biennale. Mazzariol era consapevole della fragilità sociale, oltre che fisica, della città e sosteneva la necessità della sua rigenerazione culturale e produttiva, per sottrarla al destino di svuotamento dei residenti e museificazione cui oggi sembra irrimediabilmente condannata. A fronte dei grandi progetti di rinnovamento urbano allora concepiti, le misure dirette a contenere il numero dei turisti – come quella recente dei tornelli collocati all’ingresso della città – appaiono in tutta la loro miseria intellettuale.
Il grande modello di Venezia esposto al Teatro dell’Architettura. (Enrico Cano)
Il grande edificio del Palazzo dei Congressi era concepito come un anfiteatro a scena centrale, sollevato dal suolo in modo da formare una piazza coperta e appoggiato a terra ai due estremi. Il sito era il viale alberato parallelo alla riva dei Giardini, dove da qualche anno hanno posizionato le biglietterie della Biennale. Perpendicolare al Palazzo, il Padiglione era formato da una piazza delimitata da due edifici loggiati a più piani. In fondo alla piazza, un allargamento del rio dei Giardini consentiva di formare una darsena per un nuovo collegamento via acqua con la laguna. Liberati dalla recinzione, i Giardini sarebbero tornati a far parte della città e le attività di produzione culturale avrebbero funzionato tutto l’anno. Il Palazzo, pensato come un’agorà, luogo dell’incontro e della riflessione collettiva e il Padiglione come una stoà, luogo della pratica e dell’esposizione, sono forme geometriche assolute coincidenti con la loro struttura. Un architetto costruttore, che ha insegnato a capire la città assimilando la sua storia, per rinnovarla con forme architettoniche elementari e comprensibili. Il silenzio che da anni gli è stato riservato dalla critica è stato rotto da questa mostra (curata da Elisabetta Barizza in collaborazione con Gabriele Neri) che illustra insieme una città e un progetto di architettura, dimostrando lo spessore civile che può avere il mestiere dell’architetto quando l’orizzonte del progetto è la costruzione di un luogo. Successivamente, quando cominciarono a prevalere le opposizioni alla realizzazione del progetto, fu chiesto a Kahn di adattarlo ad un altro sito, all’interno del recinto dell’Arsenale, a cavallo di un bacino. Anche se il sito era suggestivo, la forza della proposta insediativa era certamente più debole ed era la premessa all’ennesima rinuncia, da parte delle autorità cittadine, ad un progetto che avrebbe conferito a Venezia una nuova spinta al rinnovamento. La questione della presenza di attività lavorative all’interno delle compagini storiche delle città, come strumento di permanenza e vitalità sociale (e anche, addirittura, di conservazione dei manufatti edilizi) è importante e spesso sottovalutata. Il grande spazio del Teatro dell’Architettura è stato oscurato, senza tuttavia impedire l’ingresso filtrato della luce naturale, creando un effetto efficace per presentare i grandi modelli e i disegni originali fortemente espressivi, soprattutto quelli coloratissimi eseguiti con pastelli a cera. È singolare e significativo, infine, che oggi in Ticino siano aperte al pubblico contemporaneamente due mostre sulle città, questa su Venezia e quella a Castelgrande su Bellinzona. Proprio quando Lugano e Bellinzona, ingrandite a seguito delle aggregazioni, devono dotarsi di nuovi Piani Regolatori e devono ripensarsi in quanto città, queste stimolanti esposizioni sono un invito all’avvio di un largo confronto, concentrato sui modi di «fare città».
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Società e Territorio
Per tutti i diavoli, Tex compie 70 anni! Fumetti Il Museo della Permanente di Milano celebra con una grande mostra l’eroe creato da Bonelli
Kirottua! Kuka on pååssyt jåljilleni? È la prima frase (tradotta in finlandese, ma avremmo potuto citarla in molte altre lingue) pronunciata da Tex Willer all’inizio della sua saga, 70 anni fa. In italiano la mitica battuta originaria suonava così: – Per tutti i diavoli, che mi siano ancora alle costole? Da questa frase possiamo già inferire almeno tre cose: Tex è stato tradotto in varie lingue ed è noto anche ben fuori dai confini italiani (e europei); il suo linguaggio è una deliziosa miscela di esclamazioni-imprecazioni-iperboli da una parte e eleganti congiuntivi dall’altra, duro e gentiluomo al contempo, proprio come lui; la dinamicità contraddistingue ogni minuto della sua vita e i momenti in cui può tirare il fiato sono ben pochi, perché là fuori c’è sempre un cattivo, «alle costole», da affrontare. Basterebbero questi pochi spunti per comprendere il suo straordinario successo. Sono passati settant’anni, l’Italia ha visto la ricostruzione dopo la guerra, il boom economico, gli anni di piombo, la rivoluzione digitale, l’immigrazione di massa e mille altri cambiamenti culturali, politici e sociali, eppure Tex resta un’icona. È straordinario, se ci si pensa: dopo settant’anni, Tex resta il fumetto più longevo e più venduto in Italia. E anche se non lo si è mai comprato, dici Tex e ti viene in mente quel cow-boy. Quell’uomo dall’espressione volitiva e malinconica che non si tira indietro di fronte alle ingiustizie e ai soprusi. Non solo nel suo West, ma anche nel nostro mondo, c’è sempre un po’ di male da affrontare. Quote variabili di arroganza e violenza da sconfiggere. Per questo amiamo Tex. Perché ci servirebbe, uno come lui; perché in fondo vorremmo tutti essere lui. Poi c’è la dimensione dell’avventura, che ti trascina dentro, e soprattutto c’è quell’atmosfera epica e fuori dal tempo che, anche settant’anni dopo,
non lo fa invecchiare. Anzi, è proprio quel rimanere fedele a se stesso, senza cedere alle mode passeggere, né cercare facili compiacimenti per rendersi «attuale», che lo rende più credibile e gli dà spessore. Il primo albo di Tex uscì il 30 settembre del 1948: gli edicolanti che quel giorno lo vendettero non potevano immaginare che quel personaggio, creato da Gianluigi Bonelli e realizzato graficamente da Aurelio Galleppini, sarebbe diventato un eroe amato da molte generazioni, come testimoniano, oltre che i numeri delle vendite, anche i ragazzi che in questi giorni, con i padri e i nonni, abbiamo visto visitare la bella mostra che lo celebra a Milano. La mostra si intitola Tex. 70 anni di un mito, è aperta dal 2 ottobre 2018 al 27 gennaio 2019 al Museo della Permanente di Milano ed è curata da Gianni Bono, storico e studioso del fumetto, in collaborazione con la redazione di Sergio Bonelli Editore. È una mostra allestita molto bene, che attraverso disegni, fotografie, materiali rari e installazioni a tema ripercorre l’epopea dell’eroe, coinvolgendo i visitatori e dando la possibilità, anche a coloro che non ne conoscono le storie, di comprenderne il valore e le ragioni del successo. Attraverso Tex, ci si immerge anche in sette decenni di storia italiana e si entra nel tessuto culturale e sociale che ne ha via via definito i mutamenti. Inoltre, la mostra è una straordinaria lezione sul fumetto: ammirando sia le numerose tavole, realizzate dagli artisti che si sono succeduti e che si alternano nel dare vita al personaggio, sia l’interessante filmato che spiega le varie tappe e le varie competenze nella realizzazione di un fumetto, si comprende tutta la complessità e la ricchezza di questo genere narrativo fatto di parole, di immagini e di vere e proprie «messe in scena». L’inizio fu artigianale e partì dalla Redazione Audace – oggi Sergio Bonelli
Il personaggio creato da Gianluigi Bonelli fu realizzato graficamente da Galep, cioè Aurelio Galleppini. (Sergio Bonelli Editore)
Editore – fondata a Milano da Gianluigi Bonelli, che inventò Tex e ne creò le storie originarie, affidandosi, per le immagini, ad Aurelio Galleppini (in arte Galep). Il ruolo imprenditoriale venne gestito dalla moglie di Bonelli, Tea Bertasi, che insieme al figlio Sergio completava il personale di questa piccola azienda di famiglia, come ebbe a ricordare nel ’98, in occasione del cinquantesimo, lo stesso Sergio Bonelli: «la Casa editrice è formata da mia madre, da una
segretaria e da me che faccio il fattorino. Gli ambienti di casa sono diventati la redazione[...]. Aurelio vive e lavora in una stanza-studio di fianco a quella in cui dormo io. Quando all’una di notte, dopo aver letto a lungo, spengo la lampada sul comodino, la luce della stanza di Galep filtra ancora attraverso la porta. Non so dire fino a che ora rimane al lavoro. Ma quando mi alzo per andare a scuola, eccolo di nuovo seduto al suo tavolo a mostrarmi un mucchietto di
Strano, Babbo Natale è tutto verde Anteprima e concorso Nei cinema ticinesi
è in arrivo il nuovo film di animazione con il divertente, cattivissimo Grinch. In palio 20 inviti per l’anteprima al Cinestar di Lugano e 5 pacchi regalo
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Letizia Bolzani
È verde, peloso, e sempre di cattivo umore. Odia l’allegria e la gioia e vive solo sulla cima di una montagna. La cosa che detesta di più, però, è il Natale, la festa piena (appunto) di gioia e allegria. Quando gli abitanti del paese che sta alle falde della sua montagna entrano nello spirito natalizio il suo furore aumenta fino a diventare insopportabile. Il Grinch non può starsene con le mani in mano. Il suo malumore e la sua rabbia si trasformano un piano per rovinare la festa a tutti. Nato dalla fantasia creativa di Theodor Seuss Geisel, autore di storie per bambini, il Grinch è oggi una figura entrata nell’immaginario collettivo. Come il suo antenato Ebenezer Scrooge, odia il Natale, ma alla fine della sua avventura nemmeno lui saprà resistere alla forza della festività più bel-
la dell’anno. Il Grinch, nel corso degli anni, si è incarnato in numerose forme di spettacolo, dal fumetto al cartone animato, dallo spettacolo teatrale al musical. Una delle sue più popolari apparizioni è stata nel film omonimo del 2000, in cui l’attore Jim Carrey aveva interpretato il suo ruolo coperto da una maschera impressionante e indimenticabile. Ed ora il cattivone verde è pronto a tornare in scena in un film di animazione realizzato da alcuni dei maggiori specialisti del settore, Peter Candeland, Yarrow Cheney, Matthew O’Callaghan, che hanno già dato prove della loro bravura con film quali Cattivissimo me, Pets-Vita da animali e Sing. Per partecipare al concorso visitate la pagina web del sito di «Azione» all’indirizzo www.azione.ch/concorsi.
strisce ricche di immagini dinamiche e affascinanti: è nato Tex Willer». In anticipo sui tempi, Tex è anche un intelligente e lungimirante esempio di rispetto per le altre culture: nelle sue storie, i nativi americani non sono gli antagonisti cattivi né gli ingenui selvaggi. Sono persone, con la loro dignità e la loro individualità specifica. «Buoni» o «cattivi», proprio come i bianchi. Lui stesso, integra nella sua persona entrambi i mondi: ranger infallibile per i bianchi, saggio capo Aquila della Notte per i Navajos. Suo figlio ha sangue misto, perché l’amata e mai dimenticata moglie di Tex – poi uccisa dai bianchi – è Lilyth, la figlia del vecchio capo indiano. Sarà spesso al suo fianco, questo figlio, insieme all’amico bianco Kit Carson, più anziano e brontolone ma sempre forte e coraggioso, e all’amico navajo, il fiero e imperturbabile Tiger Jack. Sullo scalone che porta alla Mostra campeggiano le locandine delle tante mostre (più piccole di questa ma pur sempre notevoli) dedicate negli anni a Tex. Tra di esse, una attira la nostra attenzione: è del 1994, si intitola Tex a Lugano, è promossa dalla Città di Lugano, da Sergio Bonelli Editore e da Innovazione. L’immagine, del grande Galep, fa comparire Tex, in sella al suo Dinamite, in Piazza Dante. La chiesa di Sant’Antonio a sinistra, i grandi magazzini di fronte, via Luvini e via Pessina che si profilano a sinistra. È bello pensare che gli zoccoli del suo cavallo imprimano il loro passo anche sulle nostre strade: nella sua ruvida semplicità, il coraggio di Tex nel mantenersi fedele ai valori conforta e incoraggia. Dove e quando
Tex. 70 anni di un mito, Museo della Permanente, Milano (via Filippo Turati 34). Fino al 27 gennaio 2019. Orari: tutti giorni, 9.30-20.00 (gio fino alle 22.30) www.lapermanente.it, www.tex70lamostra.it
Il Grinch, al cinema dal 29 novembre, anche in 3D La Universal Pictures International Switzerland e Migros Ticino invitano i lettori di «Azione» a partecipare al concorso dedicato al Grinch (www.ilgrinch.it), film di animazione realizzato dai creatori di Cattivissimo Me. In palio dieci coppie di biglietti gratuiti per partecipare alla proiezione di anteprima ufficiale, domenica 25 novembre al Cinestar di Lugano. Il programma della manifestazione propone alle 10.30 l’accoglienza degli invitati nel foyer all’entrata, una colazione offerta e la presenza di 5 make-up artists che truccheranno i bimbi inspirandosi al Grinch. Alle 11.00 inizierà poi la proiezione del film in anteprima. Oltre a questo sono a disposizione di 5 fortunati altrettanti pacchi regalo che contengono gadget griffati del film, tra cui: ■ set matita, riga, gomma ■ portachiavi ■ shopping bag Biglietti a pagamento per l’anteprima e altre informazioni su: www.arena.ch/lugano
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Società e Territorio Rubriche
Lo specchio dei tempi di Franco Zambelloni Tra desiderio e rifiuto Periodicamente l’Organizzazione Mondiale della Sanità lancia segnali per mettere in guardia contro nuovi rischi per la salute; tra i fenomeni segnalati, quelli denominati DCA (disturbi del comportamento alimentare) sono tra i più indicativi delle tendenze del nostro tempo. In particolare, sorprende che fenomeni come l’anoressia e la bulimìa siano sempre più diffusi tra i giovani: dopo gli incidenti stradali, i disturbi del comportamento alimentare sono la maggior causa di morte tra le ragazze adolescenti. Il sesso femminile è infatti il più incline a tendenze anoressiche, tanto che in passato si riteneva che questa patologia colpisse soltanto le femmine; ma ultimamente i dati raccolti indicano che molti disturbi alimentari coinvolgono anche i maschi, nella misura del dieci per cento circa della statistica patologica. Il comportamento patologico dei
maschi sembra però almeno parzialmente diverso e assume nuove forme (per le quali, ovviamente, si coniano nuovi termini clinici): «ortoressia» è chiamata l’ossessione per un’alimentazione sana; un’altra ossessione che comporta ansie alimentari concerne il volume muscolare («bigoressia»). Non serve molta fantasia per congetturare che alla base di queste forme ossessive vi sia anche la pressione psicologica esercitata dai media: da un lato, se un ragazzino vuole essere ammirato deve esibire una muscolatura atletica, deve imitare i divi sportivi e cinematografici; dall’altro, il martellante risuonare degli allarmi salutistici, la denuncia di possibili effetti dannosi di un’alimentazione sbagliata possono ingenerare paure eccessive in tanti giovani inclini all’ansietà. Però ci sono anche i tanti – o troppi – casi di obesità: gli Stati Uniti sono il Paese dove la condizione obesa rischia di diventare addirittura un’e-
mergenza sanitaria, coinvolgendo più del 40% della popolazione. Insomma, tra carenze ed eccessi alimentari sembra che un rapporto equilibrato e corretto con il cibo divenga sempre più difficile. Se in passato ci furono tempi nei quali la gente moriva di fame, oggi – almeno alle nostre latitudini – si muore assai più per gli eccessi alimentari che per la mancanza di cibo. Il che conferma che, come sempre, si passa da un eccesso all’altro: solo che, nel caso delle carestie del passato, l’eccesso del digiuno era soprattutto subíto, imposto dalla miseria; oggi, nell’era dell’abbondanza, l’abbuffata è voluta e s’inquadra perfettamente nella logica consumistica prevalente. I poveri affamati della letteratura ottocentesca – quelli narrati da Dickens o da Victor Hugo – non esistono più; di poveri, beninteso, ce ne sono ancora, ma di altro tipo – quelli che soffrono di esclusione, precarietà, miseria culturale e
sociale, ma che ben difficilmente sono costretti alla fame. Comunque, il rapporto con il cibo è sempre stato ben più che un semplice bisogno fisiologico. Tra l’alimentazione e l’affettività c’è un legame che la psicologia ha evidenziato da tempo: l’anoressia nervosa, in particolare, si lega spesso a turbe affettive. Ma anche la cultura ha sempre introdotto curiosi valori simbolici tra il cibo e la bocca: si pensi agli alimenti ammessi e a quelli proibiti dalle diverse religioni, a ciò che è «puro» e ciò che è «impuro», alle stravaganti prescrizioni alimentari del Levitico, all’obbligo del digiuno nei periodi del sacro e della penitenza. Ci sono santi, come Girolamo e tanti altri Padri del deserto, le cui pratiche di digiuno sembrano incredibili e veramente sovrumane, se si deve dar retta ai loro biografi. Ma ci sono anche studiosi come Rudolph Bell, che nel suo libro La santa anoressia riconosce,
nelle testimonianze su grandi mistiche cristiane come Chiara d’Assisi e Caterina da Siena, palesi indizi clinici e psichiatrici di ossessioni anoressiche. E poi ci sono figure letterarie – come il Pantagruel di Rabelais – nelle quali la voracità viene esaltata fino all’inverosimile. Insomma, il rapporto con il cibo può sempre essere ambivalente e oscillare tra l’avidità e il rifiuto: un poeta come Leopardi, ad esempio, ha scritto versi – tra i meno noti – in cui inveisce contro i maccheroni, che a Napoli non volle neppure assaggiare; o altri versi ancora in cui esprime il suo disgusto per una minestrina: «Ora tu sei, minestra, dei versi miei l’oggetto, / e dirti abominevole mi apporta un gran diletto». La superiorità dell’Homo sapiens si vede dunque non solo nel fatto che siamo l’animale onnivoro, ma anche perché insaporiamo il cibo di vari condimenti, compresi versi poetici.
ca durante un numero di varietà al Folies Bergère di Parigi. Il Laurent ce li indica laggiù oltre la strada, ai margini dei campi, tra gli alberi. Ricordo che Tobleroni giganti in beton li avvistavo spesso dal treno, tra Ginevra e Losanna, e mi sorprendevano ogni volta. Giriamo intorno alla casa, per terra mele gala incomprese, il campo da golf è proprio qui dietro. Una vecchia golfista, vestita tutta di rosso con la visiera bianca, sferra ora un colpo. In garage, tra due bei cedri della California, c’è una mitragliatrice. Elettrizza un po’ il gruppo, siamo in nove. Un tipo vestito da ciclista che non parla francese e ha tutta l’aria di essersi fermato qui per caso, continua a far foto. I garage sono due, uno chiuso e uno aperto ; sopra altre tre finestre trompe-l’œil con le tendine a righe dipinte. Da questa stessa angolatura – con le porte del garage ovviamente chiuse e il rosa più stinto – qualche passo più indietro, più di una dozzina di anni fa, è stata ritratta da Christian Schwager. Fotografo di Winterthur
classe 1966, autore di Falsche Chalets (2004) dove oltre a Villa Rose, sono riuniti altri centosei bunker camuffati alla perfezione in stalle, granai, case di vacanza, casette da weekend, capanne di montagna, chalet. Entriamo in casa, la bucalettere qui è fatta per buttare fuori una granata. La mitragliatrice dentro ha tutto il campo da golf sotto tiro: volendo uno potrebbe fare una strage di golfisti. «Se vuole vendere questa casa un agente immobiliare non dovrebbe mai fare entrare nessuno» ci dice il Laurent aggiungendo che «i metri quadrati sono molto meno di quello che sembra fuori». Due metri e mezzo sono spesse le mura di cemento armato, non rimane molto spazio. Lo spazio è quello claustrofobico classico dei bunker. In realtà le mitragliatrici sono tre. Due dietro le porte dei garage, mentre una tiene di mira la strada. Fortino di fanteria agguerrito, altro che pacifica casetta di campagna. Scendiamo in cantina da una botola, giù per una scaletta verticale. Qui dormivano i militari, c’è ancora il letto
a castello in legno. Su un tavolino, musealmente sono disposte carte da gioco, gamelle, scodelle con la croce svizzera, borracce. Attira l’attenzione, tra questo armamentario da mercatino delle pulci, il viso sorridente di una giovane badessa sull’etichetta di un Clos des Abbesses del 1944. Un chasselas grand cru che producono ancora oggi a Echandens, una trentina di chilometri da qui. Strappa un sorriso un po’ a tutti lo sketch innescato dalla nostra guida con il ciclista qui a sbalzo. In un angolo c’è una specie di monociclo stanziale che serviva a generare energia elettrica e su proposta del Laurent, con la scusa di fargli una bella foto, il ciclista si fa convincere a montare in sella. Solo che poi ci prova un gusto imbecille a continuare a pedalare inutilmente senza intenzione di smettere, divertendo quasi tutti. «Gli albori del fitness» conclude il Laurent alla fine del nostro giro dentro la casamatta rosina, mimetizzata a meraviglia, nei campi pigri della placida Côte in pieno autunno.
mobili funzionali e modesti che a suo avviso contribuivano ad elevare il suo pensiero e a metterlo in una condizione passiva necessaria per poter scrivere. Anche per Schiller lo studio era il rifugio dove ritirarsi a leggere, riflettere, scrivere le sue tragedie e corrispondere con il suo amico Goethe. C’è chi ha scritto che la scrivania per lui era una cura, un riparo dalle malattie, Schiller era di salute cagionevole, morì di polmonite a soli 45 anni. Ma quello che è importante ai fini della riflessione intorno alla scrivania è quello che comporta e significa. Le prime parole che mi vengono in mente: rituali e abitudini. In proposito è interessante il libro uscito qualche anno fa Musenküsse: Die täglichen Rituale berühmter Künstler (Verlag Kein & Aber) che racconta di come Schiller tenesse nel cassetto della sua scrivania alcune mele lasciandole lì a marcire perché l’odore del deperimento e del decadimento lo ispiravano e lo
aiutavano a trovare il giusto mood per la scrittura. Ora non siamo certo tutti grandi scrittori ma la ricerca di un ritmo, di abitudini che ritornano, di rituali che si ripetono è un qualcosa che tutti ricerchiamo nella nostra vita quotidiana e che contribuiscono a dare una cadenza, un equilibrio e una profondità alla nostra esistenza che ha bisogno anche di momenti di silenzio, ritiro, concentrazione, momenti vuoti in cui viaggiare con il pensiero. E mi pare che nel nostro tempo, in cui tendiamo a rendere tutto mobile e portatile, questa dimensione stia svanendo. Possiamo portarci dietro il pc, il telefono ma non la nostra scrivania, il nostro studio, le loro atmosfere, odori e silenzi. Voglio dire che forse la nostra idea di umanità mobile, produttiva ed efficiente in ogni dove e tempo, nel lungo termine, sia soltanto una grande illusione alimentata dalla vertigine digitale della nostra epoca che sempre di più mette a dura prova i nostri equilibri interiori.
A due passi di Oliver Scharpf Villa Rose a Gland Se ci passate via in bici, non noterete niente di strano, in questo villino rosa a metà strada tra Losanna e Ginevra. Ma neanche a piedi, ci scommetto quello che volete. Eppure dietro l’apparenza di tranquilla villa residenziale, rosa confetto perdipiù, si nasconde un fortino militare armato di tutto punto. Villa Rose a Gland, dove scendo dal treno all’una meno un quarto di un pomeriggio in novembre, è stata costruita nel 1940. Nell’ambito della mobilitazione scaturita dallo scoppio della seconda guerra mondiale (19391945). Dovrebbe essere vicina al campo da golf. Al numero otto della route Suisse, la cantonale che corre dritta tra i campi di mais. Dopo una grande quercia, sulla strada, scorgo Villa Rose (403 m): rosa confetto chiaro. Da vicino invece, di preciso sembra molto il rosa della salsa rosa nei tramontati toast, tagliati a triangolo, all’epoca del bar Portici. Le persiane sono verde scuro e le finestre sono a trompel’œil. Mica poi tanto ingannatrici per l’occhio, se siete lì sotto, a un passo da
questo dissimulato bunker di fanteria con tetto spiovente in tegole. Ma da una certa distanza, con le tendine e tutto, tra i rami di ciliegio, funzionano. I vasi di gerani poi sviano subito dal pericolo e accrescono l’innocuità di questa fittizia casa campagnola qualunque dove adesso, lì davanti, c’è un gruppetto di persone. Oggi ci sono le porte aperte, arrivo giusto in tempo per l’inizio di una delle visite guidate. La guida si chiama Laurent e ci dice subito che la casa fa parte di una linea fortificata lunga otto chilometri, dai primi contrafforti del Giura al Lemano. Chiamata linea della Promenthouse per via del torrente il cui corso viene ricalcato per la gran parte del tragitto, oggi è meglio nota come Sentiero dei Tobleroni. I tremila blocchi di beton posti in fila indiana come ostacolo ai carri armati, assomigliano infatti al famoso cioccolato inventato nel 1908 a Berna. Per la cui forma si è scomodato il Cervino, la piramide come simbolo massonico, lo spazio vuoto creato da una fila di gambe in fuga prospetti-
La società connessa di Natascha Fioretti Ode alla scrivania Non so quale sia il vostro angolo preferito della casa, quello dove vi ritrovate più spesso e vi sentite davvero comodi e in pace con il mondo. Per me è lo studio, anzi, la mia scrivania. Di legno chiaro, fatta artigianalmente con tavoloni rustici che mostrano tutti i loro nodi e le loro venature, un piano di lavoro ampio che misura un metro per due e poggia su due semplici cavalletti di legno. Un regno tutto per me con vista sul mondo. Sin da quando ero ragazzina, da quando ai tempi del liceo ho iniziato a studiare letteratura tedesca e inglese, la scrivania è sempre stata uno dei miei luoghi preferiti. Dico luogo, anche se la scrivania di per sé è un oggetto, perché le ore trascorse qui spesso conducono altrove. Mio nonno ne aveva una in legno massiccio scuro, quando era a casa si rintanava nel suo studio in mansarda, il suo regno, la sua isola dal frastuono quotidiano. Le mie riflessioni sulla scrivania, il suo essere un luogo
identitario e creativo sono nate nella mia testa mentre la settimana scorsa, a passi veloci, camminavo per le vie di Amburgo e mentre sedevo nei diversi Starbucks a lavorare con il mio pc por-
La scrivania di Schiller nella sua casa a Weimar.
tatile, le mie cuffie, il mio telefono. Non a caso la prima schermata del nostro pc si chiama desktop – cioè scrivania o tavolo da lavoro. La scrivania nell’epoca digitale è soprattutto un concetto mobile, impalpabile che si materializza non appena troviamo una fonte di energia elettrica o wi-fi. Può essere quasi ovunque, in mezzo al frastuono e all’andirivieni di persone. Cosa ne penserebbero Goethe e Schiller? Faccio questi due nomi, se ne potrebbero fare tanti altri, perché mi sono tornate in mente le loro case a Weimar che visitai durante un Interrail estivo ai tempi dell’Università. Lo studio di Goethe è verde perché il verde secondo la sua teoria dei colori conferisce «vero appagamento», dunque il colore perfetto per la stanza nella quale trascorreva gran parte del suo tempo. Solitamente al mattino dedito a concludere alcune delle sue ultime grandi opere, ad esempio la seconda parte del Faust. Per il resto dello studio Goethe scelse
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Ambiente e Benessere La vorace bottatrice Un pesce dei nostri laghi la cui ingordigia è persino diventata proverbiale pagina 15
I Georgofili e la storia enologica La famosa accademia fiorentina ha studiato in modo approfondito il modo per migliorare la coltivazione dell’uva
Marketing da ridere Per rilanciare il turismo, alcune località scarse di attrattive hanno puntato sullo humour
Lara è in un film Un documentario che fa riflettere ci presenta un ritratto inedito della sciatrice ticinese
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Le patologie di mano, piede e caviglia Medicina Le risposte alle domande più
frequenti sulle patologie degli arti: all’USI conferenza pubblica dei chirurghi della mano e ortopedici EOC
Maria Grazia Buletti Giovedì 15 novembre, nell’Aula magna dell’Università della Svizzera italiana a partire dalle 18.00, si parlerà delle patologie della mano e del piede nell’ambito del Ciclo di conferenze aperte al pubblico proposte dall’Unità di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Regionale di Lugano. Chi non ha mai sentito parlare della sindrome del tunnel carpale? Dei problemi di artrosi o di tendiniti alle mani? E quanti si sono già confrontati con la distorsione dei legamenti di una caviglia, con qualche frattura o con quel fastidiosissimo alluce valgo? Ma andiamo a conoscere un po’ meglio le patologie più frequenti delle nostre estremità con cui spesso ci troviamo a dover fare i conti, e lo facciamo con il chirurgo specializzato in chirurgia della mano Daniele De Spirito e il chirurgo ortopedico Jochen Müller (entrambi caposervizio dell’Unità di Traumatologia e Ortopedia ORL) che ci parleranno delle patologie di mano, piede e caviglia. Formicolii frequenti e disturbanti alle mani che spesso si manifestano la notte («ma pure di giorno») fino a ostacolare il sonno, accompagnati da una sensibilità alterata che compromette la funzionalità della mano interessata (al punto da creare problemi nel prendere in mano oggetti), pesantezza dell’arto interessato e dolore (sintomo aspecifico): questi sono i sintomi della sindrome del tunnel carpale che, insieme alle tendiniti e all’artrosi, sono fra le patologie più comuni che il dottor De Spirito si trova a diagnosticare ai suoi pazienti. «Le tendiniti sono molto frequenti e abbastanza diffuse fra uomo e donna, a qualsiasi età adulta, mentre nei bambini sono rare. Di norma può capitare che una richiesta straordinaria e insolita del movimento provochi un’infiammazione che non riesce a guarire spontaneamente per una condizione anatomica particolare», esordisce lo specialista che accenna pure all’artrosi: «Alquanto diffusa nella mano, per la quale però si possono intraprendere dei trattamenti conservativi (terapie antinfiammatorie), mentre si giunge ad eseguire interventi chirurgici solo quando i disturbi diventano invalidanti». Ad ogni modo, fra le patologie più frequenti che affliggono la mano, la più
comune rimane in assoluto proprio la sindrome del tunnel carpale, di cui abbiamo riferito i sintomi, che porta la persona a rivolgersi allo specialista. «Il nervo mediano passa attraverso il polso percorrendo il cosiddetto “tunnel carpale”. Quando, per diverse ragioni, questo passaggio diviene un po’ troppo stretto, allora il primo a soffrirne è proprio il nervo mediano che, in base al grado di sofferenza, provoca i disturbi che abbiamo elencato». Sindrome, quella del tunnel carpale, soggetta alle variazioni ormonali e perciò più frequente nelle donne, a partire dai 20 anni: «Non è solo ad appannaggio delle persone anziane, ma potrebbe presentarsi anche con le variazioni ormonali della gravidanza, ad esempio». Comunque, quando questi sintomi si presentano, è opportuno recarsi dal medico senza perdere tempo. «Con il tempo, i disturbi potrebbero peggiorare e il nervo mediano potrebbe continuare a soffrire fino a far perdere progressivamente la sensibilità alle dita». Inoltre, se la diagnosi clinica del chirurgo della mano propende per un intervento chirurgico, «appurata la rilevanza dei sintomi, l’unico trattamento possibile è l’intervento chirurgico; il resto è palliazione e può peggiorare la sofferenza del nervo che, nel tempo, potrebbe perdere la sua funzionalità, compromettendo l’esito dell’intervento chirurgico tardivo», spiega il dottor De Spirito che durante la serata aperta al pubblico risponderà a tutte le ulteriori domande e le questioni inerenti questo tema molto sentito, a cominciare dall’intervento («dura una decina di minuti, si esegue in Day Hospital e la mobilità della mano va ripresa immediatamente»), fino alla prognosi («ottima se l’intervento è eseguito prima possibile»). Dalla mano all’avampiede e alla caviglia, per cui le patologie elettivamente più frequenti sono l’alluce valgo e la distorsione della caviglia, ci spiega il dottor Jochen Müller. «L’alluce valgo è una patologia abbastanza frequente e non sempre sintomatica; l’80 percento dei pazienti sono donne ed è perciò molto meno frequente nell’uomo». Ecco che proprio sull’alluce valgo «inciampano» i tacchi a spillo e le scarpe dell’universo femminile! Infatti, insieme alla genetica, la moda e la forma
I chirurghi dottor Jochen Müller e Daniele De Spirito. (V. Cammarata)
delle scarpe ne sono la causa principale. «Parliamo di una deformazione sintomatica dell’alluce verso laterale, la cui terapia interventistica dipende dalla sintomatologia: un alluce valgo che non ci causa dolore non deve assolutamente essere operato, mentre uno che fa male (e ci si rende conto soprattutto in primavera e in autunno col portare le scarpe chiuse), deve essere affrontato con un intervento individualizzato al problema del singolo paziente», afferma il dottor Müller che rende comunque attenti sul fatto che le donne che hanno la fortuna di avere un piede senza problemi dovrebbero evitare scarpe non idonee che nel tempo potrebbero causare proprio un alluce valgo. E veniamo, infine, alla distorsione della caviglia, una delle maggiori affezioni di questa articolazione, seguita dalle fratture, dalle artrosi, dalle lesioni osteocondrali e dalle lesioni e tendinopatie al tendine d’Achille. «A quasi tutti è capitato di avere una “storta alla caviglia” per cui, statisticamente, l’80 per
cento guarisce benissimo e il 20 percento presenta ancora disturbi nel tempo. Problemi che si manifestano con dolori a livello laterale della caviglia, o come una certa insicurezza e instabilità per la quale non si riesce a riprendere l’attività consueta». Questi, secondo il dottor Müller, sono i pazienti che devono presentarsi dal medico specialista per una valutazione diagnostica della distorsione: «Valutiamo la postura del piede, eventuali danni cartilaginei o tendinei che, nel sospetto specifico, appuriamo non solo con la radiografia ma con esami più consoni che ci permettono di vedere bene anche le parti molli». Anche in questo caso lo specialista ortopedico valuterà il paziente in modo individuale: «Tenendo conto dell’età, dell’attività fisica, dell’eventuale prestazione in caso si tratti di un atleta: tutto questo avrà un peso sulla scelta della terapia più adeguata, secondo le esigenze di stabilizzazione essenziale della caviglia interessata». Dalle 18.00 di giovedì 15 novembre, all’USI e nell’ambito del-
la conferenza pubblica «Le domande più frequenti sulle patologie della mano e del piede», i medici dell’Unità di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Regionale di Lugano risponderanno ai quesiti che il pubblico vorrà porre non solo in relazione a quanto discusso, ma anche a proposito del famoso Achille, il cui punto debole era il tendine che ha preso il suo nome.
Video intervista Sul canale Youtube di «Azione» e su www.azione.ch la videointervista con Müller e De Spirito.
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Ambiente e Benessere
Un ingordo proverbiale
Pesci La Bottatrice (Lota lota) vive nei nostri
Franco Banfi
Franco Banfi
La bottatrice non è un pesce che si vede quotidianamente, nemmeno fra i banchi della pescheria, dove non fa concorrenza alle specie ittiche maggiormente conosciute e richieste, pur avendo un sapore di tutto rispetto. Anche fra gli assidui frequentatori dei laghi, un incontro diurno è estremamente insolito. Per vederla è necessario immergersi a medie profondità, nelle zone più fresche, e cercarla appositamente sotto qualche riparo, un tronco affondato o una sporgenza rocciosa, dove lei si nasconde, schiva e all’erta, manifestando le sue caratteristiche di predatore se qualche preda si aggira nei paraggi ed attira il suo interesse. È un pesce di fondo, prettamente notturno, che trascorre il giorno inattivo e nascosto. Ciononostante, la bottatrice è uno dei pesci d’acqua dolce più monitorati, essendo stata oggetto di rilevanti studi inerenti la predazione e gli ecosistemi lacustri, sia nel lago di Costanza (rif. D. Bäumgartner e Karl-Otto Rothhaupt, Università di Costanza), sia nel lago Superiore.
Gli adulti sono predatori voraci, ghiotti di perche, leucischi rossi e gobioni. La bottatrice è anche, notoriamente, una divoratrice di fregolo che può danneggiare notevolmente la fauna ittica pregiata. Mangia in maggior misura d’inverno, meno d’estate, quando si trattiene in acque più profonde. In particolare, gli studi condotti nel Lago Superiore – che hanno monitorato anche la batimetria fra i 140 ed i 366 metri tramite l’impiego di un sommergibile – hanno riguardato tre diversi ambienti: quello più profondo, ricoperto da sedimento molto soffice e ricco di fango; quello dei banchi argillosi e degli smottamenti della parete del bacino; quello meno profondo dei cunicoli e delle scarpate argillose. Dalle ricerche è emerso che le bottatrici sono presenti in molte aree profonde del lago, sebbene la loro quantità e frequenza resti ancora sconosciuta, e che creano dei nascondigli differenziati, in base alla tipologia ed aspetto del fondale. Questo comportamento suggerisce che ci sia stata una «necessità evoluzionistica», ad esempio un predatore di taglia maggiore o più vorace
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laghi ed è conosciuta come Butrisa o Bosa
– ora non più presente nel lago –, che abbia indotto le bottatrici a creare nascondigli, differenti in base alla natura e morfologia del fondale, nei quali rifugiarsi. Questi nascondigli oggi enfatizzano la tecnica di caccia delle bottatrici, soprattutto quando sostano nelle trincee, in attesa di cogliere di sorpresa le proprie prede. Gli studi condotti nel lago di Costanza, nelle aree rocciose litoranee, si riferiscono invece alla predazione ai danni delle comunità di macro-invertebrati degli esemplari più giovani di bottatrice, durante il breve periodo di vita che trascorrono nella zona costiera. I risultati del monitoraggio sono interessanti. Durante lo studio, le bottatrici hanno guadagnato circa il 15% in lunghezza ed il 60% in volume. La voracità nella predazione da parte delle giovani bottatrici è un elemento molto rilevante nella strutturazione della comunità degli invertebrati, nella tipologia (qualità) e nella quantità della fauna bentonica. Sebbene le piccole bottatrici esercitino una grande pressione predatoria ai danni degli invertebrati, le principali variazioni nella comunità bentonica sono tuttavia determinate da altri fattori, come la schiusa delle uova, la sopravvivenza delle larve dovute a fattori climatico-ambientali, la migrazione verso aree di minore pressione alimen-
tare. Le bottatrici inoltre, una volta raggiunta la lunghezza di circa 20 cm, lasciano le zone costiere e cambiano alimentazione, diventando prevalentemente piscivore. Osservando il suo aspetto, noteremo che la bottatrice ha testa larga, un barbiglio sulla mandibola, un corto barbiglio per ogni narice, il corpo allungato con ventre tondeggiante, compresso lateralmente in posizione posteriore e che le squame sono piccole, quasi rudimentali. La prima pinna dorsale è ridotta, la seconda pinna dorsale e la pinna anale sono estremamente sviluppate e si interrompono sulla coda. La linea laterale è larga e colorata di chiaro. La bottatrice è affine alla molva, alla quale assomiglia, tranne che per la livrea screziata che varia da lago a lago. Qualche volta si osservano le cosidette «bottatrici dorate» di un colore tendente al giallo-rosso. Nei laghi alpini esse possono raggiungere i 40 cm di lunghezza e pesare 500 grammi, raggiunta l’età di quattro–sei anni. Si conoscono, soprattutto in Siberia, esemplari lunghi sino ad un metro, che raggiungono i 25-30 kg di peso ad un’età stimata di 15-20 anni. La bottatrice è una delle specie ittiche fra le più diffuse al mondo. Si trova in tutto l’emisfero settentrionale, vive in laghi e fiumi con corrente non trop-
po rapida, in acque fredde e limpide. Si incontra anche in acque salmastre, nelle lagune tedesche come pure nel Baltico orientale. Depone le uova d’inverno, da dicembre a marzo, con una temperatura dell’acqua di pochi gradi superiore allo zero, ad una profondità dai 2 ai 50 metri, su fondo ghiaioso o sabbioso o su argilla compatta. Molti individui, soprattutto i giovani, migrano nei fiumi per la fregola. Il numero delle uova è di 35’000-5’000’000 per ogni femmina, in base alle sue dimensioni. Le uova misurano solo 1 mm, sono trasparenti come l’acqua e presentano un grosso globulo di grasso, che assicura loro un peso specifico pari a quello dell’acqua. Tuttavia, in acqua immobile esse spesso cadono sul fondo, dove il maschio le divora. Con una temperatura di 2°C le uova impiegano un mese e mezzo a schiudersi. Le larve, lunghe solo 3 mm, si disperdono negli strati superficiali della massa d’acqua, dove, consumato il sacco vitellino, cominciano a nutrirsi di plancton. In autunno, i giovani pesciolini misurano 10-15 cm, sono neri, quasi color carbone ed è possibile rintracciarli sotto le pietre, presso la riva. La crescita varia molto da un lago all’altro. In genere la bottatrice impiega due–tre anni per raggiungere la maturità, raramente quattro. Annuncio pubblicitario
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Ambiente e Benessere
Dagli scarti, rivestimenti sostenibili e commestibili per alimenti I progetti del futuro A Pisa, il team di ricerca della professoressa Annamaria Ranieri studia come utilizzare
Amanda Ronzoni Il 5 giugno scorso si è celebrata la Giornata mondiale per l’ambiente 2018 (http://worldenvironmentday.global/) e la sfida lanciata quest’anno riguardava il netto contrasto alla dipendenza che l’uomo moderno ha sviluppato per la plastica, in particolare per quella monouso. #BeatPlasticPollution (abbattiamo l’inquinamento da plastica) è l’hashtag scelto per la campagna. Si tratta di una sfida titanica, se pensiamo che, secondo il Programma per l’Ambiente dell’Onu (UNEP), ogni anno vengono riversati in mare 8 milioni di tonnellate di plastica, che da soli costituiscono l’80 per cento dei rifiuti oceanici. Secondo il rapporto «Improving Markets for Recycled Plastics: Trends, Prospects and Policy Responses», rilasciato dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) lo scorso 24 maggio, servono maggiori incentivi per una progettazione responsabile di beni in plastica, soprattutto per facilitarne il processo di riciclaggio. Non possiamo permetterci di fallire, sicuramente non possiamo continuare a sottovalutare il problema. Se molto dobbiamo a questo materiale moderno e versatile, facciamo tuttavia un uso irresponsabile soprattutto di prodotti monouso (il 50 per cento dei prodotti che utilizziamo), con ricadute
pesantissime sull’ambiente, in particolare sull’ecosistema marino. I numeri parlano da soli: ogni anno, al mondo, vengono utilizzati più di 5 trilioni di sacchetti in plastica, mentre ogni minuto vengono vendute 1 milione di bottigliette di acqua, sempre di plastica. Circa un terzo del packaging che utilizziamo sfugge ai sistemi di raccolta, con il risultato che in mare finiscono circa 13 milioni di tonnellate di plastica all’anno. Questi rifiuti fanno il giro del mondo anche quattro volte l’anno e il loro tempo di biodegradazione può arrivare a 1000 anni. Quello che abbiamo fino a poco tempo fa sottovalutato è l’impatto di questo elemento sulla nostra catena alimentare. L’allarme lanciato ormai da qualche anno sulle ricadute negative per la salute sia del pianeta che degli esseri umani, ha dato impulso ad una serie di ricerche per trovare soluzioni alternative e sostenibili che contengano l’utilizzo di materie plastiche e che possano contribuire a contenere gli sprechi che si realizzano lungo tutta la catena alimentare dal «campo alla tavola». In questo solco si trovano anche le attività del gruppo di ricerca guidato dalla professoressa Annamaria Ranieri, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’università di Pisa, che sta appunto studiando il riutilizzo degli scarti di produzione
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gli scarti della produzione agro alimentare per realizzare bio rivestimenti edibili per frutta e verdura
alimentari per la realizzazione di bio rivestimenti edibili, in grado di proteggere i valori nutritivi di alcuni alimenti (la sperimentazione è stata fatta su mele e pomodori) senza alterarne il gusto. La ricerca è stata pubblicata sulle riviste «Journal of Food processing and Preservation» e il «LWT – Food, Science and Technology». «Come comunità scientifica ci poniamo il problema della gestione virtuosa e sostenibile degli scarti della produzione agroalimentare – spiega la professoressa dell’ateneo pisano – dall’altra parte l’obiettivo è dare ai consumatori prodotti che, dalla raccolta alla tavola, riescano a mantenere
l’aspetto e le proprietà organolettiche e salutistiche». Il focus della ricerca è l’utilizzo di biopolimeri naturali ed edibili per mantenere le proprietà nutraceutiche della frutta durante la conservazione. In particolare, sono stati condotti due studi: il primo sulle mele Fuji e il secondo sui pomodori. Nel caso delle mele, i ricercatori hanno utilizzato come rivestimento la gelatina, polimero a base di collagene ottenuto dalla lavorazione dei tessuti connettivi animali e già ampiamente utilizzato nell’industria farmaceutica per i rivestimenti delle capsule. Nel caso dei pomodori, invece, il rivestimento utilizzato è il chiosano, po-
limero derivante dalla chitina, sostanza presente negli esoscheletri di crostacei e nelle pareti cellulari dei funghi. Entrambi i rivestimenti, che sono comunque commestibili, possono essere facilmente eliminati con un lavaggio in acqua dell’alimento così rivestito. Si è riscontrato un rallentamento della maturazione di circa tre giorni, testimoniato da un picco di accumulo di composti importanti dal punto di vista nutrizionale, come carotenoidi, acidi fenolici e flavonoidi. Un ulteriore obiettivo della ricerca, al momento in corso in collaborazione con il Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, consiste nel verificare la possibilità di aggiungere a queste pellicole commestibili, composti salutari, come ad esempio le vitamine, in modo da potenziare gli alimenti e renderli ancora più benefici per il nostro organismo (super food). Nell’ottica delle campagne per la riduzione delle materie plastiche e soprattutto nel contesto di una economia circolare, «La maggiore conservabilità nel tempo – conclude la professoressa Ranieri – potrebbe inoltre contribuire ad evitare lo spreco alimentare in differenti punti della filiera dalla raccolta al consumo». Perfettamente in linea allo slogan «If you can’t reuse it, refuse it» (Se non puoi riciclarlo, rifiutalo), coniato per il World Environment Day di quest’anno. Annuncio pubblicitario
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Ambiente e Benessere
Torta al cocco e pompelmo
Migusto La ricetta della settimana
Dessert Ingredienti: 250 g di cantuccini · 200 g di cioccolato bianco · 4 fogli di gelatina · 2 dl di latte di noce di cocco · 2 dl di panna semigrassa · 40 g di zucchero · 2 pompelmo, ad es. rosa · 1 cucchiaio di zucchero di canna.
migusto.migros.ch/it/ricette Per diventare membro di Migusto non ci sono tasse d’iscrizione. Chiunque può farne parte, a condizione che un membro della sua famiglia possieda una Carta Cumulus.
1. Mettete i cantuccini in un sacchetto per surgelati e sbriciolateli con un matterello, oppure macinateli in un tritatutto. Spezzettate il cioccolato e fatelo sciogliere in una scodella a bagnomaria. Mescolate il cioccolato fuso con i cantuccini. Foderate la tortiera con carta da forno. Versate la massa di cantuccini e cioccolato nella tortiera e con un cucchiaio distribuitela sul fondo e formate il bordo. Schiacciate bene e mettete in frigo. 2. Per la crema, fate ammorbidire la gelatina in abbondante acqua fredda. Portate a ebollizione il latte di cocco con la panna e lo zucchero. Togliete la pentola dal fuoco e lasciate intiepidire un po’ il liquido. Strizzate la gelatina e fatela sciogliere nel latte di cocco. Lasciate raffreddare il liquido, finché inizia a consolidarsi. Versatelo sul fondo di cantuccini e lasciate consolidare in frigo per almeno 2 ore. Pelate a vivo i pompelmi. Con un coltello affilato liberate gli spicchi dalle pellicine che li separano, avendo l’accortezza di raccogliere il succo. Strizzate bene le pellicine. Fate ridurre il succo raccolto con lo zucchero, finché diventa come uno sciroppo. Lasciate raffreddare. Poco prima di servire, decorate la torta con i filetti di pompelmo e irrorate con lo sciroppo. Preparazione: ca. 30 min. + refrigerazione ca. 2 h. Per ca. 6 pezzi e per 1 tortiera di ca. 22 cm Ø Per persona: circa 10 g di proteine, 34 g di grassi, 54 g di carboidrati, 570 kcal/2350 kj)
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Ambiente e Benessere
Non c’è niente da fare qui
Viaggiatori d’Occidente Alcune recenti campagne di promozione turistica hanno fatto
molto discutere
Un emigrante su due poi torna a casa Bussole I nviti a
letture per viaggiare
Claudio Visentin Sapete dov’è il Nebraska? E qual è la sua capitale? Uno, due, tre… D’accordo, ve lo dico io. Il Nebraska sta al centro degli Stati Uniti e la sua capitale è Lincoln, anche se la città più importante è Omaha, sul fiume Missouri. Abitato da diverse tribù indiane – Sioux, Pawnee, Cheyenne – fu popolato da coloni bianchi intorno alla metà dell’Ottocento. Oggi è un grande produttore di carne, grano e soia con coltivazioni estensive. A parte qualche memoria del selvaggio West e della frontiera però non ci sono famose attrazioni. Il vicino Kansas per esempio si propone come la terra del Mago di Oz (e pazienza se è un personaggio di fantasia) mentre il Sud Dakota sfoggia un perfetto luogo da cartolina come Mount Rushmore, con i volti dei presidenti americani scolpiti nella roccia. Il paesaggio del Nebraska invece è considerato piatto e noioso: «Non c’è niente da fare qui!» dicono persino i suoi abitanti. Secondo una recente ricerca della società di marketing MMGY, è all’ultimo posto tra i cinquanta Stati nelle preferenze dei viaggiatori USA.
L’uso dell’umorismo nei messaggi pubblicitari è pagante ma può dare adito a inattese reazioni spiacevoli Senza farsi cattivo sangue, a partire dallo scorso ottobre il Nebraska ha proposto un’originale campagna pubblicitaria riassunta nello slogan: «Onestamente, non è per tutti». Invece di nascondere le difficoltà, ci ha scherzato sopra. Certo si prova a rintuzzare qualche luogo comune, per esempio mostrando una cascata nella foresta con lo slogan: «Un altro giorno nelle pianure polverose». Ma più spesso si propongono momenti di rilassato divertimento, per esempio la discesa del placido fiume Platte (la parola Nebraska in lingua indiana vuol dire proprio «acqua calma») dentro una tinozza del
«Di tutti gli emigranti sbarcati in America nei primi decenni del XX secolo, più della metà tornò in seguito al suo Paese d’origine. Questo è un dettaglio che omisero, durante la gita scolastica di terza media a Ellis Island. … Quando visitai Ellis Island ero già emigrato da un capo all’altro del mondo quattro volte, saltando avanti e indietro tra i continenti come un elettrodomestico a doppio voltaggio. I miei genitori erano scienziati indiani, divisi tra patria e vocazione. Per due volte si trasferirono in America e per due volte tornarono indietro. Erano riluttanti a lasciare il loro Paese ed erano incapaci di restare…».
Il Nebraska non gode di una buona reputazione turistica ma tenta vie originali. (Nebraska Tourism)
bestiame. Potrebbe funzionare: dopo tutto la condizione del turista è spesso assai faticosa, tra visite, musei, acquisti e tante altre tappe obbligate. Un Paese senza troppo da mostrare, semplice e con poche pretese, potrebbe anche avere il suo fascino. Queste campagne promozionali possono dare un grande contributo nel far conoscere una destinazione, se già non è famosa, perché si diffondono gratuitamente attraverso la rete e, con un po’ di fortuna, possono diventare virali. Bisogna però stare attenti a non commettere errori… L’ufficio turistico di Hong Kong ha diffuso un video dove si vede una ragazza in partenza. Andrà all’estero per studiare fotografia ma prima deve trovare il suo passaporto: dove diavolo si sarà ficcato? Invece del documento trova il primo messaggio di una caccia al tesoro organizzata dal suo (ex?) fidanzato; lui nel frattempo è sparito e al suo cellulare risponde solo la segreteria. Per scoprire i successivi indizi la protagonista dovrà ritornare nei luoghi più significativi della loro relazione, sino alla sorpresa finale: il ragazzo si materializza in un negozio di fotografia per regalarle una nuova macchina,
chiedendole di appendere una sua fotografia nella stanza all’università. Il video si conclude con dei sorrisi inteneriti ma qualcuno si è invece parecchio arrabbiato e ha lasciato in rete commenti di fuoco, come la femminista Rachel Zadar: «Lui sta nascostamente manipolando la situazione per controllare la possibilità della donna di partire. È una coercizione ed è abusiva!». È andata ancora peggio all’ufficio del turismo di Singapore quando nel 2014 ha diffuso un video promozionale da molti considerato tra i più cheesy (sdolcinato, scadente) di sempre. Si racconta il primo anniversario di una coppia di giovani sposi filippini, festeggiato con un viaggio a Singapore. Dopo molti «Amore, guarda!» e «Andiamoci!», nella cena finale lui le regala un gioiello, ma lei ha di meglio: in un elegante astuccio c’è un test di gravidanza positivo… La maggior parte dei commenti ha ricalcato quello dell’autorevole quotidiano inglese «The Independent»: «Acuto imbarazzo» e le parodie in rete si sono moltiplicate. Dapprima Singapore ha scelto di stare al gioco, pubblicando le più divertenti sui suoi canali, ma alla fine ha preferito ritirare
il video, nonostante fosse stato molto apprezzato sul più tradizionale mercato filippino, per il quale dopo tutto era stato pensato. Una prova in più di come non sia facile parlare ai viaggiatori nel tempo del turismo globale, quando nello stesso spazio si confrontano culture, religioni e sensibilità diverse. Anche la Lituania si è fatta notare. Poche settimane fa ha diffuso una nuova, audace tagline (uno slogan breve e diretto) pensata per i giovani viaggiatori di Gran Bretagna e Germania: «Nessuno sa dov’è, ma quando lo trovi è straordinario. Vilnius: il Punto G dell’Europa». Sopra il testo, l’immagine di una ragazza distesa sulla mappa dell’Europa, gli occhi chiusi dal piacere, la Lituania stretta nella mano. L’idea nel suo insieme è piaciuta (è opera di due giovani studenti di comunicazione) anche se qualcuno ha criticato la scelta dei tempi (mancavano solo poche settimane alla visita di Papa Francesco a Vilnius), l’uso strumentale della sessualità femminile, il timore di incoraggiare il turismo sessuale con le sue ricadute negative (prostituzione, alcol ecc.). Ma quanto meno adesso tutti sanno dov’è (Vilnius, non il Punto G).
Anche Calcutta può sembrare bisognosa di una promozione turistica più efficace, ma è davvero così? Un tempo perla della colonia britannica, poi la città più industrializzata dell’India, negli ultimi decenni è stata scavalcata da Bombay e Delhi. A Calcutta niente quartieri storici perfettamente conservati per i turisti, né vibranti aree residenziali e uffici; al loro posto tanta miseria e un miscuglio indistinto di epoche ed edifici. E tuttavia è una città vera, con una voce sua. Un giovane studente indiano originario di Calcutta, presto emigrato negli Stati Uniti, studia nella prestigiosa università di Princeton ma proprio quando potrebbe raccogliere i frutti delle sue fatiche sceglie invece di tornare a Calcutta per lavorare in un prestigioso quanto decaduto quotidiano. Un percorso non facile raccontato in un libro leggero, divertente, originale. Bisogna partire, per cogliere la diversità del mondo. Bisogna poi tornare, per comprendere quel luogo lasciato alle spalle che chiamiamo casa, fare i conti col proprio passato: ascoltare, pagare pegno, dominare le voci. E tuttavia è un passaggio inevitabile, pena lo sradicamento. E solo a quel punto saremo veramente pronti per spingerci verso altre città. Bibliografia
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sono ottime per stimolare la memoria
Eliana Bernasconi Stiamo entrando rapidamente nel futuro, e sarà il futuro di una società di anziani, di «vecchi». Lo dicono, chiare e spietate, le cifre. La parola «anzianità» – così come il termine infido di «vecchio» – si presta alle più diverse interpretazioni. Evocava fino a poco tempo fa immagini di declino, di decadimento, nella migliore delle ipotesi di tristezza. Oggi, fortunatamente, la mentalità si è evoluta ed essere anziani significa sia godere di un patrimonio di esperienza, di saggezza e di affetti, ma anche possedere la certezza che nessuna età può dirsi migliore di un’altra, perché si parla piuttosto di longevità, di rinnovata voglia di vivere, di scoperta di nuovi orizzonti. Eppure diventare anziani comporta sempre, anche se in forme molto diverse per ognuno, l’arrivo di un leggero decadimento di alcune funzioni, comporta l’accettazione del calo di alcune prestazioni mentali, che possono riguardare la vista, l’udito, la prontezza mentale, la concentrazione, e prima di tutto la memoria. Questa funzione in-
finitamente complessa e delicata della nostra mente, che ci consente di conservare le informazioni, recuperarle, restituirle, è oggetto oggi di continue ricerche. Come noto, sono molti i tipi di memoria, quella a breve termine è la più insidiosa, è quella che ti fa innervosire quando il nome di una persona o di una località «viene in mente» con inspiegabile ritardo, è quella che ti fa dimenticare cosa stavi facendo poco prima, o dove avevi collocato un oggetto. Si può fare molto, naturalmente, per la sua riattivazione. Da più parti ormai si insiste sullo stile di vita, sull’alimentazione, sul fatto che aiutino la continua curiosità, il mantenersi in contatto con gli stimoli esterni, l’esercizio costante, e anche la meditazione, come sostengono alcuni; sul mercato sono facilmente disponibili pubblicazioni e corsi per aggiornarsi. Ma dall’alba dei tempi abbiamo loro, le piante medicinali che hanno dato origine alla moderna farmacologia e che da sempre ci attendono per essere sperimentate, per donarci il loro aiuto. Le piante indicate per curare i disturbi
della memoria e il rallentamento delle funzioni cognitive, sono quelle che producono un’azione dilatatrice delle arterie, delle vene, dei capillari e che con questo favoriscono la microcircolazione cerebrale: sono la curcuma, il garofano, il ginkgo, la pervinca, la quercia, la rodiola, la sequoia. Un cervello meglio irrorato non può che funzionare meglio, inoltre la certezza di essere protetti dall’azione di queste piante medicinali non può che infondere sicurezza e fiducia in sé, effetto placebo o no. Tuttavia, ci raccomandiamo: non si finirà mai di sconsigliare di curarsi senza una guida valida. Le piante sono potenti, e occorre essere pienamente consapevoli che non sono mai del tutto prive di pericolosità. Originario del continente asiatico, il Ginkgo biloba L. è un albero leggendario, antichissimo e sacro. Considerato l’ultimo sopravvissuto della sua stirpe, affonda le proprie radici nel suolo di 250 milioni di anni or sono, tanto da essere ritenuto un fossile vivente. Un esemplare arrivò per la prima volta in Europa nel 1750, e pare sia quello presente nell’orto botanico di Padova. È simbolo
della capitale di Tokyo, alberi di Ginkgo antichissimi si trovano in Cina, nei pressi dei monasteri, piantati nei secoli dai monaci, e sei esemplari tuttora esistenti sono sopravvissuti alle radiazioni della bomba atomica di Hiroshima. Il tronco può raggiungere 25 o 40 metri di altezza, e le sue foglie (caduche e utilizzate in fitoterapia), sono di un tenerissimo verde d’estate e di un bel giallo dorato in autunno. Anche il nome, ovviamente, è di derivazione orientale, mentre il secondo termine, «biloba», deriva dal latino e fa riferimento alla forma particolarissima delle sue foglie. Di fatto significa avere due lobi. Osservando dunque questi due lobi, non fanno pensare ai due emisferi del cervello umano? Preparati di Ginkgo vengono appunto usati per il trattamento di lievi e moderate insufficienze cerebrali che presentano sintomi di deficit mnemonico, difficoltà di concentrazione, stati depressivi emotivi, vertigini, cefalee, possono inoltre liberare dal dolore persone affette da arteriopatie periferiche (come nel caso della claudicatio intermittens) e trattare malattie dell’orecchio interno,
I due lobi della foglia di un Ginkgo Biloba. (pxhere.com)
come le vertigini di origine vascolare e involutiva. Recenti ricerche farmacologiche cinesi hanno suggerito la possibilità di curare con questi estratti anche le disfunzioni coronariche relative all’avanzamento dell’età. Johann Wolfgang von Goethe amava molto questo maestoso albero, e così ne scriveva: «La foglia di quest’albero, affidato / dall’Oriente al mio giardino, / sensi segreti fa gustare / al sapiente e lo conforta / è una cosa viva che / in se stessa si è divisa / O son due che hanno scelto / le si conosca in una? / In risposta alla domanda / in senso giusto l’ho trovato: / non avverti nei miei canti, / che son duplice e sono uno?». Bibliografia
Gabriele Peroni, Driope. Trattato di fitoterapia, Nuova Ipsa Ed.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Ambiente e Benessere
Fenomenologia di Lara Gut
Sportivamente «Come è quella storia che non si riesce ad essere profeta a casa propria?» Castelli e Lara stessa, mi hanno confortato. Non ero fuori strada. Schierandomi dalla parte dei buonisti, ho provato sovente tenerezza nei confronti di Lara. Altri, invece, magari partendo da sensazioni simili alle mie, hanno sviluppato astio ed antipatia. Nel film, così come nella chiacchierata fatta col pubblico dopo la proiezione, è stata più volte pronunciata la parola «svolta», un repentino e deciso cambiamento di rotta avvenuto quel pomeriggio del 10 febbraio dello scorso anno, quando Lara si stava riscaldando fra i paletti in attesa dello slalom della Supercombinata ai Mondiali di Sankt Moritz. Un infortunio apparentemente banale, ma il verdetto è spietato: la rottura del crociato del ginocchio sinistro. È stato l’inizio di una nuova vita. La ragazza, che nel frattempo stava diventando una donna, si è presa il suo tempo, ha ridisegnato le sue gerarchie esistenziali, è tornata a lavorare duramente, ma più serenamente, nell’ottica di nuovi successi, si è innamorata, si è sposata. Insomma è cambiata. Almeno così sostiene. E quella nota stonata va7dissolvendosi 8 nel vento. La si1percepisce appena. Si ha l’impressione di ascoltare un’ex ragazzina prodigio che desidera essere una donna,3prima ancora che un’atleta di vertice. E allora, e 2 soprattutto9a chi non la ama, mi rivolgo perché non darle credito? In fondo basterebbe 2 ricordarsi che il «tifo contro» è un fenomeno da stadio, e che nello sci, nel tennis, nel ciclismo e in mille altre 9 3 4 discipline sportive il pubblico manifesta simpatia e affetto per tutti. Con3 tutti, 1 Lara5compresa, sapevole che per ogni ricompensa è figlia di duri, a volte durissimi, 8 sacrifici. 6 5
Giancarlo Dionisio Ho incontrato Lara Gut rare volte, in contesti non professionali, e non ho nessun elemento per esprimere giudizi sulla sua persona. Del resto se anche la conoscessi meglio con quale diritto potrei giudicare. Mi stupisce per contro l’astio nei suoi confronti che si percepisce nei bar reali, così come in quelli virtuali. Dopo aver assistito all’anteprima di Looking for Sunshine – Un anno nell’universo di Lara Gut, un politico locale ha espresso su Facebook le sue impressioni positive sul film-documentario realizzato dal regista ticinese Niccolò Castelli, ed ha affermato di averci visto una Lara Gut coraggiosa e vera. Massaggino ai polpastrelli ed ecco che, ai «like» ed alle testimonianze di affetto e di stima, si aggiungono commenti come: «Che piangiüda... con questo documentario non diventa certo più simpatica«; «Da vero ticinese, come la maggioranza dei ticinesi, tifo CONTRO l’antipatica Lara Gut, una che non sa cosa sia l’umiltà»; «...mah... diario di una cafona mi sembra il titolo più adatto». Nonostante lei abbia un ruolo pubblico di spicco, capisco benissimo la sua decisione di prendere distanza dai social media, scelta fatta pochi giorni dopo anche dal marito Valon Behrami. Questo livore mi suscita infatti un paio di interrogativi. Perché? Di quali colpe si è macchiata? Mi stupisce questa avversione nei suoi confronti. Il ciclista Bradley Wiggins è simpatico come un calcio in mezzo alle gambe, eppure nel Regno Unito l’hanno idolatrato e nominato Baronetto. Il suo illustre collega Bernard Hinault è uno dei personaggi più ruvidi e spoc-
Giochi Cruciverba Lo squalo bianco ha solo due temibili nemici, scopri quali leggendo a soluzione ultimata, le lettere evidenziate. (Frase: 1, 4, 1, 2, 11, 6)
Giochi per “Azione” - Novembre 2018 Stefania Sargentini
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chiosi che io abbia mai incontrato, ed in Francia, ancora oggi, è considerato 10 11 un supereroe. L’immagine pubblica di John McEnroe era quella di un odiosissimo 13 e viziatissimo rompiscatole,14 ma per gli americani era ed è tuttora un’icona del tennis. 15 16 Lara Gut, a casa sua, e sottolineo a casa sua, poiché vive nel Luganese, vie21 snobbata22 23 Eppure ne sovente e vilipesa. è indiscutibilmente la nostra numero 1 dello sport da26alcuni decenni: 25 27 1 gene28 rale di Coppa del Mondo con 24 gare, 3 Coppe di Specialità, 5 medaglie ai 31 1 ai Giochi 32Olimpici. QualMondiali, cuno saprebbe trovare, dopo Michela Figini,36un atleta ticinese, uomo o don-
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na che sia, che ha saputo vincere altrettanto? Non sprecate tempo in google, vi 12 anticipo la risposta: nessuno-nessuna. Oggi, lo si voglia o no, la nostra principale ambasciatrice nel mondo è lei: Lara Gut. Nessun altro ticinese riesce ad avere altrettanto visibilità nei me17 18 19 20 dia, neppure Mario Botta, considerato come uno dei grandi maestri dell’archi24 tettura contemporanea, ma la cui fama è confinata all’interno di un’élite. Quindi, ripeto, perché?30 Un atleta 29 deve per forza essere simpatica? La simpatia me la aspetto da un 33 34attore comico, un ven35 cabarettista, un ditore, un conduttore televisivo. Da uno sportivo, non necessariamente. Mi 37 38
N.V41AFACILE L E A L Schema attendoAper contro serietà, impegno, L I I M O rispetto delle regole e delle persone e, eventualmente, dei buoni risultati. Si Ndoti che A nonTfanno difetto I alla I Z tratta di ragazza di Comano che, ricordiamolo, ha solo I27 anni, Ne che,Aquando N ne aveE7 I va 16-17 si è trovata sommersa da telecamere, microfoni e taccuini, perché D C V3 U O T allora, lei, era il Fenomeno emergente. Scrivevo poco sopra che3non 4 intendo I tuttavia A I N E giudicare, vorrei L esprimere qualche considerazione personale. A 6 1 volte ho avuto l’impressione che nelle N G U E I D sue interviste ci fosse una nota stonata. 9 7 2 Mi mancava un pizzico di autenticità. I come N unaO P a disaI A I La sentivo ragazzina gio, prigioniera del suo ruolo. 7 Il film di4 A R I A O T O
(N. 43 - L’orca e il coccodrillo marino) 1
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L O R Soluzione: Scoprire 3 I iD E numeri corretti da inserire nelle C colorate. I O caselle E O O R
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N. 42 D A MEDIO C A A L E 8 5C 6 D O 3 C I F E 8L I D 7 3 2 U B I N I A C E R A S 7 6 3 A R I 6 N A V A 5
Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch
A T I S A E A R T A I I
1 7 Vinci una delle 3 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba 5 con6 il sudoku9 8 1 e una delle 2 carte regalo da 50 franchi
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ORIZZONTALI 1. Imbrattata, sporca 6. Gruppi sociali chiusi 11. Alta aspirazione 13. Gran disordine 14. Pronome dimostrativo 15. Remissivi, condiscendenti 17. Le iniziali del regista Olmi 18. Famiglia di mammiferi carnivori 20. Pietre preziose 21. Pronome personale 22. Servizio vincente a tennis 23. Moneta bulgara 24. Le iniziali del noto Arbore 25. Grava sul basto 26. Passano mormorando... 27. Il capitano di «Lady Hawke»
SUDOKU PE
(N. 42 - Le valli, i monti innevati, il sangue dei patrioti)
Immagine dalla locandina del 1 2 film. (lookingforsunshine.ch) 7
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S T E A O S 7 L I 6 3 I D 4 L I 9 L E V 8 1 O M A I N 1 5 4 R R O 7
VERTICALI 21. Modulo lunare Giochi per “Azione” - Novembre 2018 - NOVEMBRE 2018 SUDOKU PER AZIONE 1. Prepara all’università 23. Fiume francese affluente del Soluzione della Sargentini settimana precedente Stefania N. 41 FACILE 2. Non si deve nutrire Sarthe LA BANDIERA ITALIANA – Significato dei colori verde, bianco e rosso della 3. Se si pesca, si mette al fresco... concessione italiana: LE VALLI, I MONTI INNEVATI, IL SANGUE DEI PATRIOTI. Schema Soluzione (N.25. 42Esprime - Le valli, i monti innevati, il sanguebandiera dei patrioti) 4. Le Le iniziali del cantautore Vecchioni 1 iniziali2dell’attore 3 4 5 26. 6 1 2 3 4 5 6 Abatantuono 2 9 5 7 3 8 6 4 1 L 7 E 8 V A A1 L 8 9 5. Stella più luminosa della costellazione 7 8 1 7 9 6 4 2 3 5 7A L I I3 M O 8 7 del Toro 10 11 12 4 6 3 5 2 1 9 8 7 3 2 9 N A T I I Z 7. Reagiscono con le basi 13 14 3 4 8 2 1 5 7 6 9 3 4 8. Si9sciolgono nel bagno 10 I I 2N A N E 15 17 18 19 20 Vincitori del16concorso Cruciverba 9. Pronome personale francese 6 5 1 8 9 7 3 2 4 6 1 D9 C 3 V U4 O T A T I su «Azione 44», del 29.10.2018 10. Le iniziali dell’attore 21 22 23 24 11 9 7 2 6 4 3 1 5 8 9 7 2 I A3 L1 5 I N E S A Solfrizzi A. Ciocco, I.28Barloggio, T. Lodigiani 25 26 27 29 30 7 2 4 1 8 6 5 9 3 7 4 8 6 5 N G U E I D E A Vincitori del concorso Sudoku 12. L’energia del vento... 31 32 3314 34 12per film... 1344», del 15 16 35 16. Una teca su «Azione 29.10.2018 1 8 9 3 5 2 4 7 6 1 I N O P I7 A I R T A 18. C’era una volta... S. Luraschi, L. Montorfani 36 37 38 5 3 6 4 7 9 8 1 2 5 6 A R I 9 A8 1 O2 T O I I 19.17 Un mobile confortevole 18
( N. 44 - ... ma nell’avere nuovi occhi)
N. 43 DIFFICILE
9 M A N I E R O6 2 5 I vincitori O L E D E 7L 1 ' 2 L' T V 7I S I O G 7A 5 T 4 T O 2R E N I V E N T O 6O 8 4 S A 5 V I O C U L T N. 42 MEDIO (N. 43 L’orca e il coccodrillo marino) I premi, cinque carte regalo Migros Partecipazione online: inserire la luzione, corredata da nome, cognome, è possibile un pagamento in contanti del 19 valore di 50 franchi, saranno sor- 20 soluzione del cruciverba o del sudoku indirizzo, dei premi. saranno 49 7I vincitori 14 8 5 3 6avvertiti 9 22 8 5 email del partecipante deve ' ' O Rspedita DDA a «Redazione C O A S Azione, T E C per E O I O I teggiati tra i partecipanti che avranno nell’apposito formulario pubblicato Lessere iscritto.TIl nome dei vincitori sarà 6 5 3 2 9 4 1 8 7 6 3 7 I D E A L E C A O S fatto21pervenire la soluzione corretta sulla pagina del sito. Concorsi, C.P. 6315, 6901 Lugano». pubblicato su «Azione». Partecipazione 22 23 5 riservata 2 esclusivamente 9 87 1 7 6a lettori 4 3 che 6 3corrispondenza sui entro il venerdì seguente la pubblica- Partecipazione postale: la lettera o 8 siOintratterrà CNonIS D O C I L W I U D A L T2 5 1 C D 5 zione del gioco. la cartolina postale che riporti la7 sorisiedono 7 in 3 Svizzera. 9 8 4 6 3 2concorsi. Le vie legali 4 sono escluse. Non 1
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Politica e Economia Trump, presidente zoppo L’ha definita una grande vittoria, ma i prossimi due anni non saranno facili con la Camera in mano ai democratici
La Pink Wave I veri vincitori delle elezioni di midterm americane sono le donne: entrate alla Camera per i democratici, hanno strappato la maggioranza ai repubblicani di Trump
Lo sciopero del 1918 100 anni fa la Svizzera fu sull’orlo di uno scontro fratricida – Una lettura storica pagina 31
Contro i giudici stranieri Presentazione dell’iniziativa popolare UDC sull’autodeterminazione, in votazione il 25 novembre
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AFP
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Obiettivo: mettere all’angolo l’Iran Politica estera Usa Washington ha ufficialmente reintrodotto le sanzioni contro gli ayatollah
che erano state sospese dopo l’accordo sul programma nucleare di Teheran del 2015, poi revocato in maggio dal presidente Trump Lucio Caracciolo Dopo aver superato quasi indenne la prova delle elezioni di mezzo termine, compattando il suo partito attorno a sé e garantendosi il controllo del Senato, Donald Trump può dedicarsi alla politica estera con relativa tranquillità. Un fronte importante, in questo campo, è quello mediorientale. Qui la priorità è mantenere in piedi l’Arabia Saudita, impedendo che il disastroso comportamento del giovane principe ereditario Mohammad bin Salman nel caso Khashoggi e non solo finisca per minare le basi del regime, e contemporaneamente mantenere la pressione sull’Iran. Avendo come obiettivo massimo la liquidazione della Repubblica Islamica e il ritorno della Persia su posizioni meno ostili all’America, e come scopo minimo tagliare le unghie al presunto imperialismo regionale iraniano. In particolare, impedire il
consolidamento dell’asse Beirut-Damasco-Baghdad-Teheran (perno centrale)- Herat, che disegna la vasta area d’influenza regionale dell’Iran. Questo «crescente sciita», secondo la definizione del re di Giordania, minaccia la stabilità dei regimi arabosunniti nella regione. Allo stesso tempo, cementa la loro strana alleanza con Israele, benedetta e protetta dagli Stati Uniti. Lo Stato ebraico ha bisogno di un nemico esistenziale per compattare la sua società eterogenea e divisa, e il paese degli ayatollah e dei pasdaran svolge alla perfezione questa funzione. D’altra parte, per i sauditi, custodi delle sacre moschee di La Mecca e Medina, i persiani sciiti sono il nemico esistenziale per eccellenza, che a loro avviso minaccia di penetrare nella Penisola arabica e nel mondo arabosunnita. Su questo sfondo, il rinnovo delle sanzioni contro l’Iran deciso da
Trump, scattato il 5 novembre, ha una funzione strategica. Se davvero le esportazioni di energia (idrocarburi) iraniane fossero bloccate, il regime avrebbe pochi mesi di vita. Ma non è e non sarà così. Il Paese dispone di un efficiente sistema di commercializzazione privata del greggio attraverso società offshore e navi fantasma, oltre a canali finanziari opachi che gli permettono di aggirare le sanzioni finanziarie, che gli impediscono di servirsi liberamente del sistema Swift. Inoltre, per paesi come la Cina e l’India, si tratta di un fornitore di prima grandezza. Pechino e Delhi – quest’ultima in teoria alleata di Washington – faranno di tutto per mantenere in funzione l’importazione di idrocarburi iraniani, troppo rilevanti per la loro economia. In più, contro l’opinione di Bolton e di altri «falchi» presenti nell’amministrazione, Trump ha deciso di con-
cedere un periodo di grazia (sei mesi) ad alcuni paesi, tra cui oltre a Cina e India anche l’Italia, durante il quale potranno continuare a importare petrolio dall’Iran. E non è detto che il semestre non possa essere allungato. Allo stesso tempo, la mossa di Trump ha prodotto la reazione franco-britannico-germanica. I tre paesi europei che con Usa, Russia e Cina avevano firmato l’accordo sul nucleare iraniano poi revocato dal presidente americano hanno promesso di mettere in piedi un sistema di transazioni finanziarie alternativo che consenta di preservare i «commerci legittimi» con Teheran. Aperta sfida alle sanzioni, che accentua la crisi interna all’Alleanza atlantica. In specie fra Stati Uniti e Germania. Sul fronte interno iraniano, il presidente Rohani è in bilico. Dopo aver scommesso tutto sull’accordo per il nucleare, si trova in mano un pugno
di mosche. L’opposizione dei duri del regime, soprattutto dell’ala più antiamericana dei pasdaran, si sta facendo sentire. Contrariamente a quanto Trump dichiara di preferire, se ci sarà un cambiamento politico a Teheran non sarà a favore delle «colombe», ma dei «falchi». Mentre la gente fa incetta di dollari e euro, l’inflazione galoppa al 300% e alcuni generi di prima necessità cominciano a scarseggiare, il rischio di manifestazioni violente e di attentati cresce ogni giorno di più. Nello scenario peggiore, avremmo quindi una doppia paradossale crisi: i due nemici per la pelle – Iran e Arabia Saudita – si troverebbero ad affrontare contemporaneamente una fase di grave instabilità domestica. Con le conseguenze geopolitiche ed energetiche che si possono immaginare. A cominciare dal prezzo del petrolio, che minaccerebbe di impennarsi ben oltre i 100 dollari al barile.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Politica e Economia
Una mezza vittoria per Trump 6 novembre Il presidente non si lascia ridimensionare nel ruolo di anatra zoppa, non accetta che la sua
diventi una presidenza dimezzata e subito licenzia il suo ministro della Giustizia per non aver sabotato l’inchiesta sul Russiagate Federico Rampini Il presidente ha perso? Ha vinto? Ha pareggiato? Tutt’e tre le cose al tempo stesso. Il verdetto finale sul voto del 6 novembre, in cui si rinnovavano tuttala Camera, un terzo del Senato, e 36 governatori, forse lo conosceremo solo nel 2020. Quando cioè si eleggerà di nuovo il presidente degli Stati Uniti. Da qui a là assisteremo ad una complessa partita a scacchi. La sinistra è meno marginale e impotente oggi, in confronto a prima del 6 novembre. Ma non è detto che sappia usare al meglio il vantaggio che ha conquistato. L’opposizione democratica conquista la maggioranza alla Camera dei deputati, inaugurando un secondo biennio in cui la presidenza di Donald Trump sarà indebolita e contrastata. È durato solo per i primi due anni di questo presidente il «monocolore» repubblicano, quando la destra ha cumulato il potere esecutivo, i due rami del Congresso, e la Corte suprema. Si apre una fase più conflittuale in cui l’opposizione avrà il potere di bloccare gran parte dell’azione di governo. Il partito del presidente però mantiene e rafforza il controllo del Senato, limitando i danni di questa elezione legislativa di midterm. Il verdetto degli elettori è negativo per il presidente, ma quest’ultimo può consolarsi ricordando che prima di lui Barack Obama, George Bush e Bill Clinton subirono sconfitte ben più pesanti alle elezioni di mid-term. Non si è realizzata quella che certi media avevano pronosticato come una «onda blu», una riscossa democratica di ampie proporzioni. Il forte aumento di affluenza alle urne non è stato a senso unico: la figura di Trump ha aiutato la sinistra a motivare i propri elettori e a portarli in massa ai seggi, ma lo stesso effetto di mobilitazione è avvenuto anche nella base di destra. L’elezione si risolve in una sconfitta ai punti, non un k.o. per il presidente. L’aspettativa creata dalle manifestazioni di piazza, o dai pronunciamenti delle celebrity, o dalle condanne corali dei media progressisti, era di un plebiscito antiTrump che alla fine non c’è stato.
Trump è talmente a suo agio in campagna elettorale che già incomincia la seconda, indicando la sua strategia per il prossimo biennio Il secondo biennio inizia in salita per il presidente. La maggioranza democratica alla Camera significa che qualsiasi legislazione di rilievo – in particolare tutte le leggi di bilancio – andrà negoziata e concordata con la sinistra o finirà su un binario morto. Inoltre la Camera eserciterà la sua funzione costituzionale di controllo sul presidente, aprendo inchieste parlamentari sulle sue finanze, le sue tasse, gli scandali e i conflitti d’interessi che pullulano attorno a lui e al suo business familiare. È una situazione inedita per un presiden-
Azione
Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni
Il giuramento di Jeff Sessions, ministro della Giustizia, nello studio Ovale lo scorso febbraio. (AFP)
te che nei primi due anni non era stato sfidato né controllato dal Congresso e ora dovrà prendere le misure di un’opposizione in grado di contenerne le iniziative. Subito il partito democratico aprirà i giochi per designare la sua nuova leadership e si manifesteranno presto le prime candidature per la nomination presidenziale del 2020. Una lezione appresa il 6 novembre è che non bisogna mai sottovalutare la tempra di combattente di Trump. Il presidente si è gettato nella mischia nelle ultime settimane e probabilmente è stato decisivo per contenere i danni in casa repubblicana. La possibilità di una sua rimonta nel 2020 non va scartata. La sinistra dovrà decidere come investire il capitale politico della sua maggioranza alla Camera, che tipo di opposizione fare; per Trump comincia subito la campagna elettorale per la rielezione. Peserà sugli equilibri interni al partito democratico il fatto che sono stati sconfitti alcuni degli esponenti del rinnovamento, che avevano fatto campagna con posizioni radicali: Beto O’Rourke non è riuscito a impedire la rielezione di Ted Cruz come senatore del Texas; Andrew Gillum non ha conquistato il governo della Florida. Da qui al 2020 andrà aggiornata anche la mappa elettorale. I democratici hanno consolidato il loro dominio sui due Stati costieri della California e di New York espugnandovi alcune «enclave» repubblicane; hanno conquistato alcuni seggi parlamentari in Texas che è una roccaforte repubblicana. La Florida però è rimasta a destra. E il partito repubblicano ha confermato il radicamento nella classe operaia del Midwest estendendolo al Minnesota, uno Stato dove l’immigrazione storica dai paesi scandinavi aveva consentito in altri tempi la nascita di un forte partito socialista.
Trump trasforma una mezza sconfitta in una «grande vittoria», alterna offerte e minacce verso i democratici. Subito regola i conti con il suo segretario alla Giustizia, Jeff Sessions: lo licenzia in tronco perché non si è prestato a controllare o sabotare l’inchiesta sul Russiagate. Trump non si lascia ridimensionare nel ruolo di «anatra zoppa», non accetta che la sua diventi una presidenza dimezzata, vigilata, inquisita. «Le elezioni di mid-term sono sempre state un disastro per i presidenti», dice nella conferenza stampa post-elettorale. Sottolinea con ragione che la disfatta dei repubblicani è stata modesta rispetto a quel che subirono i democratici sotto Obama nel 2010. «Tutto merito della mia popolarità – dice Trump – con cui ho compensato l’enorme afflusso di fondi da parte dei donatori democratici». Trasformando un’elezione legislativa in un referendum su se stesso, Trump ha giocato d’azzardo ma ha ristabilito un equilibrio. I rapporti di forze tra «le due Americhe» restano grosso modo quelli di due anni fa. Il «Muro rosso» delle roccaforti repubblicane ha tenuto. Trump è talmente a suo agio in campagna elettorale che già comincia la seconda, indicando la sua strategia per il prossimo biennio. «Coi democratici posso trovare accordi, dagli investimenti nelle infrastrutture al controllo sui prezzi dei medicinali». Ecco il piano A verso la rielezione: ricompare il volto di un Trump che avevamo scordato in America, ma che si è visto all’opera con Kim Jong Un. È il businessman pragmatico, che bada al sodo, negozia anche col diavolo se serve a raggiungere risultati. «Con Nancy Pelosi (capogruppo democratica alla Camera) posso lavorare, si faccia avanti con le proposte e avremo un bel rapporto bipartisan». Trump sa di infilare un cuneo dentro le divisioni della sinistra: l’anima cen-
trista e moderata dei democratici non vuole andare al muro contro muro, non vuole regalare alibi al presidente. Il quale è pronto a trasformarsi in un capo dell’opposizione, girando il Paese per due anni a denunciare l’ostruzionismo della sinistra. Poi scopre il piano B: le minacce. Trump parte all’attacco: «Se giocano il gioco delle inchieste su di me, noi possiamo farlo meglio perché abbiamo in mano il Senato». Quel Senato repubblicano gli avallerà la nomina di un nuovo ministro della Giustizia certamente più docile. L’anno scorso Matthew Whitaker ri-twittò un articolo così intitolato: «Avviso ai legali di Trump: non cooperate con Mueller e la sua folla assetata di linciaggio». Ora Whitaker è il nuovo ministro della Giustizia ad interim. È il nuovo superiore gerarchico di Robert Mueller, super-inquirente o «special counsel» che indaga sullo scandalo detto Russiagate: la possibile collusione fra Donald Trump e la Russia durante la campagna elettorale del 2016; ed eventuali altri reati come la «ostruzione della giustizia», punibili con l’impeachment. Non solo ha cacciato Sessions, non solo lo ha sostituito pro tempore con un fedelissimo che non nasconde la sua ostilità a Mueller, ma Trump ha anche esautorato il numero due del Dipartimento di Giustizia, il tecnico Rod Rosenstein: colui che aveva prima scelto e poi protetto Muller. Il ribaltone è totale, a qualcuno ricorda un «golpe» organizzato da Richard Nixon nel ministero di Giustizia, in un estremo tentativo di insabbiare lo scandalo del Watergate che portò alle sue dimissioni (1974). Il colpo di mano contro Mueller è una conferma che Trump si sente al tempo stesso rafforzato e assediato, dopo i risultati dell’elezione di midterm. È più forte al Senato dove la mag-
gioranza repubblicana si è allargata. È più forte dentro il partito repubblicano, visto che l’intervento personale di Trump in campagna ha salvato alcuni senatori pericolanti. È al tempo stesso assediato perché l’altro ramo del Congresso ha il potere di varare inchieste sui suoi conflitti d’interessi, le sue tasse. Trump si sta mettendo in assetto di guerra. Il Dipartimento di Giustizia, che nella tradizione americana gode di una certa indipendenza ed è protetto da una serie di filtri, deve diventare il braccio armato del presidente stesso. Whitaker è la persona giusta, quando era chief of staff di quel ministero i colleghi parlavano di lui come una spia della Casa Bianca. In un periodo precedente faceva il commentatore per la Cnn e in una delle sue opinioni disse: «Mueller si sta spingendo troppo avanti nella sua inchiesta. Se si allarga alle finanze della famiglia Trump questa diventa una caccia alle streghe». L’espressione «caccia alle streghe» ricorre sempre, quando il presidente stesso parla di quell’indagine. Che cosa può fare adesso Whitaker per sabotare l’inchiesta di Mueller? Due le ipotesi più estreme. La prima: licenziare Mueller prima ancora che abbia consegnato il suo rapporto conclusivo sul Russiagate. La seconda: lasciargli finire il rapporto ma decidere di non pubblicarlo. Tutt’e due rientrano nelle facoltà presidenziali anche se si tratta di gravi strappi alla tradizione. Trump non è tipo da preoccuparsi in quanto a strappi alla consuetudine. Come reagirebbe la nuova Camera a maggioranza democratica, che s’insedia a gennaio? Ha poteri di «subpoena» cioè d’interrogare sotto giuramento come un tribunale. Qualora la Casa Bianca insabbi il rapporto Mueller sulla collusione con la Russia, la Camera potrebbe obbligarlo comunque a rendere pubbliche le sue conclusioni.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Politica e Economia
La Blue Wave non convince
Gli anti-Trump I democratici si sono ripresi la Camera ma gli americani hanno confermato lo schema del 2016.
E che il modo trumpiano di fare politica non è frutto del caso ma è il nuovo stile di fare politica fra i conservatori
Christian Rocca I democratici americani hanno conquistato la camera bassa del Congresso di Washington alle elezioni di mid-term di martedì scorso e, probabilmente, questo successo peserà parecchio nei prossimi due anni del mandato di Donald Trump, con inchieste e audizioni potenzialmente molto pericolose per il presidente, ma il dato più rilevante del voto, al di là del conteggio delle schede, delle percentuali e dei seggi guadagnati e perduti, è che quel grande riscatto politico, sociale e popolare contro l’immobiliarista di New York, eletto a sorpresa e nello sgomento generale nel novembre di due anni fa, un riscatto che era stato promesso da imponenti marce delle donne, dal movimento #metoo e da un rinnovato orgoglio liberal alimentato da un’infinità di scandali, arresti e rivelazioni scottanti, be’, è fallito. Trump ha perso seggi alla Camera dei rappresentanti ma ne ha guadagnati al Senato, e ha dimostrato che la sua parabola politica non è un incidente della storia. L’America, insomma, non ha ripudiato Trump. Anziché trincerarsi e difendersi, il presidente americano ha condotto una battaglia in prima persona, girando il Paese, facendo comizi per i suoi candidati e personalizzando la contesa elettorale: il risultato è che non ha perso il referendum sulla sua persona, anzi. È vero che è molto odiato e temuto, ma è altrettanto vero che è molto amato e che incarna alla perfezione il suo elettorato, se possibile ancora più di due anni fa. La Blue Wave, l’ondata blu, che avrebbe dovuto riscattare l’America progressista dall’usurpatore e dall’impostore della Casa Bianca invece ha stentato: certo, ha vinto dove doveva vincere, riacciuffando la Camera, circostanza non affatto scontata, ma non è riuscita a convincere del tutto l’America né a sconfiggere i repubblicani dove ha generosamente provato a fare il col-
Con la riconquista della Camera Nancy Pelosi è tornata alla ribalta. (AFP)
po grosso, come in Texas con l’astro nascente del partito Beto O’Rourke contro il conservatore Ted Cruz, e in altri Stati importanti e decisivi, a cominciare dalla Florida dove ha perso, di poco e salvo riconteggio, sia con il senatore uscente, moderato e centrista, Bill Nelson sia con il candidato governatore, nero e progressista, Andrew Gillum. «Tremendous success», un successo straordinario, ha twittato con la solita protervia Trump a risultati conseguiti. Il presidente americano può certamente vantare la vittoria al Senato, dove non solo ha mantenuto la maggioranza, ma ha guadagnato anche due seggi. L’ottimo risultato per i repubblicani nella camera alta è però condizionato dal fatto che il Senato si rinnova ogni due anni soltanto per un terzo dei suoi membri e, in questo ciclo elettorale, dei 35 seggi in ballo, 26 erano occupati dai democratici e 9 dai repubblicani, quindi un risultato diverso sarebbe stato pressoché impossibile. Non solo, essendo il mandato senatoriale di sei anni, alle elezioni di martedì si rinnovavano i seggi dei senatori eletti con l’ondata obamiana del 2012 che, allora, aveva trascinato alcuni Stati molto conservatori a votare
per la riconferma del presidente afroamericano alla Casa Bianca e per i candidati del suo partito al Senato. Diversa la storia alla Camera, dove invece ha votato la totalità degli elettori americani per rinnovare i 435 seggi. I democratici hanno guadagnato 30 deputati, strappando la maggioranza ai repubblicani. È un dato importante, ma anche in linea con quanto succede più o meno sempre alle elezioni di metà mandato, quando gli americani tendono a riequilibrare il voto presidenziale dei due anni precedenti. In oltre cento anni, soltanto tre volte il partito del presidente ha guadagnato seggi nel mid-term: nel 1934 con Franklin Delano Roosevelt nel 1998, con Bill Clinton e, un anno dopo l’11 settembre 2001, con George W. Bush. In tutti gli altri casi, chi sta alla Casa Bianca ha subito una sconfitta. Barack Obama perse 63 seggi alla Camera, subito dopo la straordinaria elezione a presidente; e anche il primo mid-term di Clinton fu catastrofico, con meno 54 seggi. I seggi persi dal partito di Trump sono comunque dolorosi perché adesso i democratici guideranno i lavori dell’aula e delle commissioni e non solo
potranno impedire l’approvazione del programma presidenziale, a cominciare dall’abolizione della riforma sanitaria di Obama, ma soprattutto accoglieranno con favore militante le eventuali conclusioni colpevoliste dell’inchiesta federale del procuratore speciale Robert Mueller sui rapporti tra i russi e il team Trump durante le elezioni presidenziali del 2016. La contromossa di Trump non si è fatta attendere: il giorno successivo del voto di mid-term ha licenziato l’Attorney General, ovvero il ministro della Giustizia Jeff Sessions, ritenuto responsabile di non aver impedito la nascita dell’inchiesta Mueller, e lo ha sostituito con il Chief of staff del Dipartimento della Giustizia, Matthew Whitaker, un trumpiano di ferro notoriamente critico dell’operato di Mueller. La decisione di Trump dimostra che il presidente è ancora molto forte, ma anche molto spaventato, come si è visto nella conferenza stampa post elettorale dove ha promesso di lavorare con spirito bipartisan con i democratici alla Camera ma anche che sarà «bellicoso» se i suoi avversari proveranno a metterlo sotto inchiesta. La conferenza stampa, inoltre, si è chiusa con il solito armamentario di accuse alla CNN, e in particolare al suo corrispondente Jim Acosta, definito «un nemico del popolo», cui poi è stato ritirato l’accredito per entrare alla Casa Bianca. I democratici sottolineano gli aspetti positivi del voto di martedì, come l’elezione di candidati giovani e progressisti, di molte donne, di molti politici espressione di minoranze, come le prime due deputate musulmane, le due deputate native-american e il primo governatore apertamente gay, ma allo stesso tempo la strategia trumpiana di focalizzarsi sugli elettori bianchi, in particolare maschi, delle zone rurali ha funzionato altrettanto bene. Insomma non è cambiato nulla, quanto a strategia, rispetto alle elezioni presidenziali di due anni fa, con il voto po-
polare allora a favore di Hillary e la vittoria finale di Trump dove più contava. Due anni dopo, gli americani hanno confermato lo schema del 2016 e questo schema dimostra che il modo trumpiano di fare politica, centrato sulla difesa dell’identità nazionale e sulla paura di contaminazioni esterne, non è frutto del caso né appare destinato a sparire, ma è il nuovo modo di fare politica, perlomeno nel mondo conservatore. Il voto di mid-term, per esempio, ha sancito che il movimento dei «NeverTrumper», i repubblicani contrari a Trump, non ha alcuna presa nell’elettorato, come si è vantato lo stesso presidente commentando la vittoria dei suoi alleati e la sconfitta dei repubblicani che hanno cercato di differenziarsi da lui (altri, invece, hanno proprio rinunciato a candidarsi). Tra due anni, alle presidenziali del 2020, Trump sarà un avversario difficile da battere per il mondo liberal ancora incerto se provarci con una piattaforma politica moderata o con un programma fortemente progressista. I dati dell’economia e della disoccupazione, al momento straordinariamente positivi anche per ragioni che esulano dalle politiche della Casa Bianca, non lasciano grande spazio di manovra a chi prefigurava disastri epocali causati da Trump. In ogni caso stiamo parlando di un presidente controverso ma capace di resistere a scandali, inchieste, dimissioni, ammissioni di colpa e arresti dei suoi principali collaboratori e, inoltre, a relazioni extraconiugali raccontate da pornostar, al movimento culturale #metoo e a rivelazioni grottesche sulla disorganizzazione della sua Casa Bianca. Difficile immaginare che cosa potrà scalfirlo, forse soltanto le conclusioni di Mueller e la nuova stagione, intesa come stagione di una serie televisiva, nel caso l’inchiesta riuscisse a provare il coinvolgimento del team Trump nelle operazioni russe contro la democrazia americana. C’è da restare sintonizzati.
Mid-term: le donne che cambieranno il volto degli States Pink Wave La maggior parte di loro sono state votate alla Camera dei rappresentanti
Luisa Betti Dakli «Hai sentito? È il rumore del soffitto di cristallo che s’infrange». Con questo incipit i giornali americani hanno accolto le 117 donne che nelle elezioni di mid-term ce l’hanno fatta, alzando di due punti la percentuale femminile al Congresso degli Stati Uniti (22%). Una risposta alle politiche di Donald Trump che arrivò alla Casa Bianca due anni fa quando, il giorno del suo giuramento, sfilarono 500mila persone sotto la bandiera della Women’s march contro il machismo del neo presidente e in nome dei diritti. Un’onda rosa arrivata anche in politica dopo che il movimento #metoo ha cambiato per sempre le relazioni tra i sessi, portando alla luce l’enorme quantità di molestie e violenza su donne che ogni giorno rimanevano in silenzio per paura di perdere il lavoro, dando così nuova credibilità alla parola di un mondo fin troppo discriminato e screditato: quello femminile. Sul «New York Times», Kate Zernike scrive che «se il 2018 passerà alla storia come l’anno delle donne non sarà solo per il record di candidate, ma anche e soprattutto per l’ondata di atti-
vismo che è esplosa tra le donne», che nelle elezioni di metà mandato si sono presentate in 272 (185 democratiche e 52 repubblicane) su un totale di 964 candidati. Oggi la maggior parte delle elette al midterm sono alla Camera, dove i dem hanno strappato la maggioranza ai repubblicani di Trump, e anche se per Donna Shalala, ex segretaria alla Salute, «il fatto che le donne abbiano deciso di mettersi in prima linea è importante sia che siano repubblicane o democratiche», è ormai chiaro da che parte stiano le donne: la stragrande maggioranza di loro (6 su 10) ha infatti votato dem e ha partecipato attivamente alla campagna elettorale di quel partito, anche finanziandola. Una scelta di cui Trump ha tracciato il sentiero, grazie alla sua politica machista, catalizzando forze femminili e femministe già durante la sua campagna elettorale, e spingendo in prima linea le stesse donne che un tempo sarebbero rimaste nelle retrovie. Nelle sfide in cui erano in corsa un uomo e una donna, in campo democratico hanno prevalso le donne al 69%, mentre in campo repubblicano nel 34% dei casi (Cook Political Re-
port), con una presenza imponente di candidate che già dalle primarie sono riuscite a battere avversari maschi, bianchi e di lunga data. Come la giovanissima dem Alexandria Ocasio-Cortez (foto) che a 29 anni è la più giovane congressista nella storia degli Stati Uniti, e che ha sconfitto il repubblicano Anthony Pappas di 72 anni, senza mai perdere un colpo durante la campagna elettorale. Cresciuta nel quartiere di Parkchester, nel Bronx, dove vive in un bilocale con il fidanzato, Ocasio-Cortez si dichiara socialista e ha conquistato il suo elettorato con parole d’ordine come i diritti delle donne, la difesa delle minoranze, la tutela dell’ambiente, la sanità per tutti, e i giovani. Nata da una madre cristianoevangelica di Porto Rico che faceva le pulizie, e da un padre architetto morto di cancro a 48 anni, dopo aver studiato alla prestigiosa Yorktown High School, nel Westchester, ha lavorato come cameriera in un ristorante di Union Square e due anni fa si è arruolata come volontaria nella campagna elettorale di Bernie Sanders di cui si dichiara seguace. Donne che portano al Congresso una ventata di novità per la loro svaria-
ta provenienza sociale ed etnica, come le democratiche Debra Haaland e Sharice Davids che sono le prime native americane che approderanno alla Camera, con Davids, un’avvocata di Kansas City con la passione per le arti marziali cresciuta nella tribù Ho-Chunk Nation del Wisconsin, che sarà la prima deputata pubblicamente lesbica. Le dem Rashida Tlaib, Ilhan Omar e Anna Eskamani sono invece le prime musulmane a mettere piede a Capitol Hill: Tlaib, nata a Detroit, è figlia d’immigrati palestinesi, Omar è una somalo-americana fuggita dalla guerra civile e sarà la prima rifugiata africana al Congresso, ed Eskamani è la prima iraniana a essere eletta alla Camera. Tra le senatrici sono arrivate al podio la repubblicana Marsha Blackburn in Tennessee e la democratica Tammy Baldwin, che in Wisconsin ha sconfitto Leah Vukmir. Insieme a loro ci sono 9 governatrici, tra cui la repubblicana Kristi Noem in Sud Dakota, e la dem Lou Leon Guerrero, prima eletta nel territorio di Guam. Ma cosa accomuna queste donne? L’aver imparato a muoversi in politica, presentandosi alle elezioni non solo
AFP
e sono quasi tutte democratiche
con istanze femministe, che comunque la maggior parte proclama, ma anche con proposte su ambiente, sanità, istruzione, armamenti, minoranze, e sui diritti in generale. Ayanna Presley, democratica eletta a Boston, è la prima afroamericana del Massachusetts a entrare nel Congresso: «Sono immensamente onorata di condividere questo momento con le tante donne visionarie e coraggiose che hanno alzato la mano per candidarsi alle cariche pubbliche», ha detto dopo essere stata eletta, «e so per certo – ha aggiunto – che nessuna di noi si è candidata per fare la storia, ma per realizzare un cambiamento». Una Pink Wave da cui potrebbero uscire candidate per la sfida presidenziale del 2020 contro l’odiato Trump: «Donne – dice la senatrice Elizabeth Warren – che non avevano mai corso, e che hanno deciso di candidarsi rifiutandosi di lasciare che qualcuno le zittisse mettendosi di traverso».
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Politica e Economia
I tre giorni che sconvolsero la Svizzera
Anniversario E sattamente cent’anni fa lo sciopero generale rischiò di far precipitare il paese in una guerra civile
Orazio Martinetti Sull’orlo della guerra civile: cent’anni or sono la Confederazione rischiò di precipitare nell’abisso di un conflitto fratricida, com’era già accaduto nel 1847 con il «Sonderbund». Ma questa volta lo scontro sarebbe avvenuto non tra due eserciti, ma tra le truppe comandate dal generale Wille e i lavoratori, con conseguenze inimmaginabili. Lo sciopero generale, preceduto da una giornata di protesta il 9 (sabato), si svolse dal 12 al 14 novembre del 1918, con epicentro nei centri urbani e industriali della Svizzera tedesca. La grande guerra era terminata l’11 con l’armistizio firmato a Compiègne, comune francese situato nel dipartimento dell’Oise; tra Italia e AustriaUngheria i cannoni tacevano già dal 4 novembre. L’atmosfera rimaneva però arroventata; voci di moti insurrezionali in atto nelle potenze sconfitte, soprattutto in Germania e in Austria, mantenevano esplosiva la tensione sociale; inoltre in quei giorni cadeva il primo anniversario della rivoluzione d’Ottobre, l’ascesa al potere dei bolscevichi, la costituzione dei Soviet. Dall’Est arrivava un vento nuovo, portatore di promesse e di speranze per le classi subalterne di tutto il continente. La proclamazione dello sciopero avvenne in modo inatteso; spesso, nei mesi precedenti, il Comitato d’Azione di Olten, la cabina di regia dell’agitazione, aveva alzato la voce per farsi ascoltare dalle autorità federali. Ma in quei giorni, sia Robert Grimm (il carismatico leader sindacale) sia Felix Calonder (per quell’anno presidente della Confederazione) ritenevano che il peggio fosse passato e che si potesse continuare sulla via del dialogo e della concertazione. In realtà, i vertici dell’esercito e la borghesia impaurita dalle gesta di Lenin la pensavano diversamente. Agli operai e ai sindacati occorreva impartire una severa lezione, se del caso ricorrendo alle armi. La mobilitazione delle truppe produsse l’effetto sperato: i militi, provenienti soprattutto dai cantoni rurali, occuparono gli snodi strategici, interruppero le comunicazioni telegrafiche e sostituirono i macchinisti con personale in grigioverde; al terzo giorno, per timore di un bagno di sangue, il Comitato di Olten decise di interrompere l’agitazione. La decisione fu accolta dalle frange più intransigenti come una resa,
Le rivendicazioni del Comitato d’azione 1. Rielezione immediata del Consiglio nazionale su base proporzionale; 2. Introduzione del diritto di voto attivo e passivo per le donne; 3. Obbligo per tutti di esercitare un’attività lavorativa; 4. Introduzione della settimana di 48 ore in tutte le aziende pubbliche e private; 5. Riorganizzazione dell’esercito in un’ottica di esercito popolare; 6. Garanzia dell’approvvigionamento alimentare in accordo con i produttori agricoli; 7. Assicurazione vecchiaia e superstiti; 8. Monopolio di Stato sull’import e l’export; 9. Estinzione del debito pubblico da parte dei possidenti.
12 novembre 1918: l’esercito interviene contro i manifestanti a Zurigo, sulla Paradeplatz. (Keystone)
una capitolazione, una bruciante sconfitta che ricacciava nel limbo tutto il movimento operaio.
La lettura degli storici dello sciopero generale mutò nel corso dei decenni, oggi non si propende più per una interpretazione monocausale Ma come si giunse a quel drammatico confronto, per quali vie? Per comprenderne cause e ragioni bisogna tener presente il clima socio-economico che si era creato nel paese dopo l’inizio delle ostilità. Nell’agosto nel 1914 nessuno pensava che il conflitto sarebbe stato lungo e devastante; perfino la Germania imperiale riteneva possibile soggiogare la Francia repubblicana entro Natale. Le operazioni presero invece un’altra piega, e ben presto le economie belligeranti dovettero attrezzarsi per alimentare un fronte ch’era sprofondato nel fango delle trincee. Così avvenne anche per l’economia elvetica, i cui canali d’approvvigionamento iniziarono a contrarsi, soprattutto dopo l’entrata in guerra del regno d’Italia (maggio 1915). Il rapido aumento dei prezzi (cereali, carbone, latte) e le cicliche mobilitazioni parziali avevano impoverito gli operai e gli impiegati attivi nei centri industriali e nelle principali città, mentre le grandi fattorie dell’Altopiano potevano beneficiare delle ordinazioni dell’apparato militare. L’economia di guerra aveva approfondito il solco tra chi traeva vantaggi dalle commesse belliche della Germania (siderurgia, metalmeccanica, orologeria, chimica) e chi invece doveva accontentarsi di un magro salario, vieppiù eroso dall’inflazione. Le agitazioni, rimaste sotto traccia nella prima parte della guerra, ripresero nel 1917, per culminare nei disordini novembrini di Zurigo (4 morti). L’idea di introdurre un servizio civile obbligatorio universale nel febbraio del 1918 suscitò l’indignazione dei sindacati e delle sezioni socialiste. Nel contempo montava la protesta sociale nei centri urbani, animata da gruppi spontanei femminili, maestranze metalmeccaniche
(Winterthur), tramvieri (come a Lugano nel mese di luglio) e bancari (Zurigo, fine settembre). A quest’ampia ondata di scioperi e di concentrazioni di piazza, le autorità risposero mobilitando reggimenti ritenuti fedeli e sordi alla propaganda degli scioperanti. All’acuirsi delle disuguaglianze s’aggiunsero le divisioni politico-culturali che avevano lacerato le comunità linguistiche nel periodo d’anteguerra: un’aperta germanofilia della Svizzera tedesca contro una non meno decisa francofilia presente nella pubblicistica romanda e ticinese. «Oggi – annotava nel 1917 l’avvocato conservatore Giuseppe Cattori – le simpatie del Ticino per l’Italia sono più ardenti che in passato, perché combatte, colle sue alleate, in favore d’una idea che varca i confini nazionali». Da un lato, insomma, un’ammirazione per il Kaiser, dall’altro un’accesa simpatia per la Terza Repubblica francese. I romandi non avevano approvato la promozione di Ulrich Wille a comandante supremo dell’esercito, ufficiale imbevuto di marzialità prussiana e amico di Guglielmo II. Il sospetto di connivenza tra gli stati maggiori dei due paesi divenne poi certezza in occasione di un «affare» venuto alla luce nel gennaio del 1916: si era infatti scoperto che due colonnelli addetti al servizio informazioni, Karl Egli e Friedrich Moritz von Wattenwyl, avevano intrattenuto una corrispondenza segreta con le gerarchie tedesche. Un altro caso delicato si verificò nel giugno del 1917, allorché Robert Grimm e il capo del Dipartimento politico, Arthur Hoffmann, proposero a germanici e russi i loro buoni uffici per chiudere il fronte orientale con una pace separata. Anche qui l’opinione pubblica romanda e ticinese insorse, ravvisando in questa manovra una crassa violazione della neutralità. La vicenda costrinse Hoffmann alle dimissioni: fatto che permise alla Romandia di affiancare a Camille Decoppet un secondo rappresentante di lingua francese, nella persona di Gustave Ador. Lo sciopero generale si svolse complessivamente nella calma, tranne che a Grenchen; nella cittadina solettese, al terzo e ultimo giorno di cortei, la truppa fece fuoco sulla folla uccidendo tre giovani orologiai (in precedenza, il 10 novembre, un milite era stato colpito a morte sulla Fraumünsterplatz di Zurigo nel corso di violenti tafferugli). Al Sud delle Alpi l’appello ad incrociare le brac-
cia giunse svigorito, per una molteplicità di ragioni, che andavano dalla debolezza del settore secondario all’instabilità delle comunicazioni, dalla diffidenza antiteutonica alle insufficienze organizzative di uno schieramento politicosindacale ancora prigioniero di logiche locali. La brusca interruzione dell’agitazione gettò nello sconforto gli elementi più radicali, tra cui il futuro Consigliere federale Ernst Nobs, di cui divenne celebre l’esclamazione «c’è da piangere». Le reazioni dei ceti dominanti e delle cerchie militari non si fecero attendere. Il timore di un colpo di mano ispirato dai bolscevichi indusse il blocco borghese ad istituire un servizio d’ordine privato (guardie civiche); parallelamente la giustizia militare mise sotto accusa 3500 scioperanti, in gran parte ferrovieri, nonché i principali artefici dello sciopero. Robert Grimm approfittò della pena inflittagli (sei mesi di detenzione) per scrivere una storia della Svizzera in un’ottica marxista. In quell’anno, tuttavia, l’insidia peggiore non arrivò dalle piazze in fermento, ma dall’epidemia influenzale, la famigerata «spagnola» che tra l’estate e l’autunno fece quasi venticinquemila vittime. Anche la grippe, di fatto una pandemia che percorse tutti i continenti con la furia di una tromba d’aria, divenne motivo di polemiche e di recriminazioni, con l’esercito che accusava il movimento operaio di aver favorito la propagazione del contagio attraverso i continui assembramenti.
Le agitazioni ripresero anche nei mesi successivi, a Zurigo e Basilea, ma senza dar luogo ad iniziative di portata nazionale. Rimaneva in sospeso il catalogo delle rivendicazioni, i nove punti elencati dal Comitato di Olten. Il sistema proporzionale, già approvato dal popolo, fu applicato alle elezioni del 1919, permettendo ai socialisti di raddoppiare i seggi; la settimana lavorativa di 48 ore ebbe un percorso più accidentato, così come l’AVS (1948) e il voto alle donne (1971). Gli anni ’20 furono ancora contraddistinti da un’elevata conflittualità sociale. Come leggere lo sciopero generale, questo «unicum» nella storia svizzera, a cent’anni di distanza? Nella prima metà del Novecento prevalse la tesi del «complotto bolscevico», fortunatamente sventato dall’esercito e dalla determinazione del governo; nel secondo dopoguerra s’impose la «tesi dell’impoverimento», secondo la quale furono le gravi ristrettezze economiche in cui versavano larghi strati della popolazione la causa prima della protesta. Negli ultimi anni gli storici hanno allargato lo sguardo e integrato la documentazione esistente con nuovi materiali provenienti da archivi pubblici e privati. L’interpretazione monocausale (solo economica o solo politica) è stata abbandonata per privilegiare un approccio diversificato, multilivello (locale, nazionale, europeo) e non deterministico. Ma per un bilancio meno sommario bisognerà attendere la fine delle commemorazioni.
Le iniziative per il centenario Numerose, in tutto il paese, le iniziative in calendario per ricordare il centenario dello sciopero generale, tra pubblicazioni, conferenze, mostre, spettacoli teatrali, dibattiti. Sul versante editoriale, segnaliamo due raccolte di saggi: Lo sciopero generale del 1918. Crisi, conflitti, controversie, opera bilingue (tedesco/francese) curata dalla rivista Traverse in collaborazione con i losannesi «Quaderni di storia del movimento operaio» (del caso ticinese si occupa Gabriele Rossi); Lo sciopero generale. La Svizzera nel novembre 1918, volume curato dagli storici Roman Rossfeld, Christian Koller e Brigitte
Studer e pubblicato dalla casa editrice di Baden Hier und Jetzt (in tedesco). La commemorazione vera e propria si è svolta sabato 10 novembre nelle vecchie officine FFS di Olten, cittadina che accolse le prime riunioni del Comitato omonimo. Due sono le esposizioni: la prima – già in corso dal 3 marzo – è stata allestita nei locali del nuovo museo di Bienne: «1918: guerra e pace» (fino al 30 dicembre 2018); la seconda – «Lo sciopero generale del 1918» – la si potrà vedere dal 3 novembre a Zurigo, negli spazi del Museo nazionale (chiusura il 20 gennaio 2019).
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Politica e Economia
Autodeterminazione: difficile da interpretare
Votazioni federali 25 novembre L’iniziativa popolare promossa dall’UDC che vuole sancire la prevalenza
del diritto elvetico su quello internazionale è contestata per le ripercussioni che può avere sulle relazioni con l’estero
Alessandro Carli Lanciata dall’UDC, l’iniziativa per l’autodeterminazione chiede di modificare la prassi seguita dalla Svizzera in caso di «contraddizione» tra un trattato internazionale e il proprio diritto costituzionale. In questo senso intende sancire la prevalenza generale di quest’ultimo sul diritto internazionale e obbligare le autorità ad adeguare e, all’occorrenza, a denunciare i trattati internazionali che contraddicono la nostra Costituzione. Un’operazione non da poco, sia per la complessità delle disposizioni in vigore per l’approvazione dei trattati internazionali, sia per le conseguenze che ne potrebbero scaturite.
L’iniziativa sull’autodeterminazione nasce dalle difficoltà incontrate nell’applicazione di alcune iniziative popolari dell’UDC Con questo progetto, l’UDC ha reagito alle difficoltà riscontrate nell’applicazione delle sue iniziative popolari, non ultima quella «Contro l’immigrazione di massa», accolta da popolo e cantoni il 9 febbraio 2014 con una maggioranza risicata del 50,3%. L’UDC cita in particolare i casi dell’accordo sulla libera circolazione, prioritario sull’articolo costituzionale (121a) sulla regolazione dell’immigrazione, o dell’accordo istituzionale che la Svizzera sta negoziando con l’Unione europea (UE). Per i democentristi, tutto ciò è la prova che la Svizzera non ha più voce in capitolo, nonostante la volontà popolare espressa chiaramente nelle urne. In caso di accettazione dell’iniziativa, gli oppositori temono invece proprio la denuncia dell’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE, appunto perché rischierebbe di entrare in conflitto con l’articolo costituzionale contro l’immigrazione di massa. Tale denuncia potrebbe ripercuotersi sull’insieme dei bilaterali. A promuovere il lancio dell’iniziativa sull’autodeterminazione è stata una sentenza del Tribunale federale (TF) del 2012: allora i giudici di Losanna annullarono l’espulsione di un trafficante di droga macedone, ritenendo che l’iniziativa sul rinvio dei criminali stranieri, lanciata dall’UDC e approvata dal popolo il 28 novembre 2010, non poteva essere applicata a questo caso e che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), entrata in vigore per la Svizzera nel 1974, aveva la precedenza sulle disposizioni costituzionali. Con questa decisione – sostiene l’UDC – il TF ha capovolto la giurisprudenza. A suo modo di vedere, i tribunali non dovrebbero poter ribaltare decisioni prese dal popolo. Non è giusto che criminali condannati invochino il diritto internazionale per non essere rinviati nel loro paese d’origine. Occorre dunque ristabilire l’ordine precedente al 2012. Perciò, il consigliere nazionale democentrista zurighese e professore di diritto Hans-Ueli Vogt ha messo a punto la citata iniziativa popolare. Essa stabilisce (art. 5, cpv. 4) appunto che «La Costituzione federale ha rango superiore al diritto internazionale e prevale su di esso, fatte salve
L’iniziativa dell’UDC è fortemente contestata anche dagli ambienti economici; nella foto una manifestazione organizzata da Economiesuisse davanti al Palazzo federale. (Keystone)
Gli iniziativisti consegnano alla cancelleria federale 116’428 firme valide, il 12 agosto 2016. (Keystone)
le disposizioni cogenti (ossia obbligatorie) del diritto internazionale», come il divieto della tortura, del genocidio o della schiavitù. In caso di «contraddizione» (art. 56a, cpv. 2) tra un trattato internazionale e il diritto costituzionale elvetico, il diritto svizzero prevale su quello internazionale (principio cardine), fatte salve sempre le disposizioni cogenti del diritto internazionale. Tuttavia, il progetto sottoposto al Sovrano prevede nel contempo (art. 190) che «Le leggi federali e i trattati internazionali il cui decreto d’approvazione sia stato assoggettato a referendum sono determinanti per il Tribunale federale» e vanno quindi applicati anche se si contrappongono alla Costituzione federale. Qual è dunque il vero senso dell’iniziativa? A ogni modo, ove non si raggiungesse un’intesa in caso di «contraddizione», la Svizzera non applicherebbe più il trattato in questione che dovrebbe essere rinegoziato e, «se necessario», denunciato. Hans-Ueli Vogt si è però affrettato a sottolineare che nessun trattato internazionale sarebbe direttamente interessato da questa minaccia di disdetta. A suo modo di vedere, l’iniziativa preserva le regole imperative del diritto internazionale. L’UDC è convinta che con la sua modifica costituzionale le iniziative accolte dal popolo potranno essere applicate alla lettera, ciò che rafforzerà la democrazia diretta. Durante il dibattito parlamentare, i sostenitori dell’iniziativa non hanno
esitato a definire il primato del diritto internazionale sulle leggi elvetiche «un colpo di Stato». «Noi non ci stiamo a dare la precedenza al diritto internazionale rispetto al nostro diritto», ha sottolineato la consigliera nazionale Roberta Pantani della Lega dei Ticinesi, precisando che «non si capisce perché giudici stranieri dovrebbero decidere sulla nostra libertà». Per l’UDC, il diritto internazionale e il potere delle organizzazioni internazionali sono armi impiegate da Parlamento, amministrazione e tribunali contro il popolo. Il TF pone regolarmente il diritto internazionale al di sopra della Costituzione federale. La competenza di decidere ciò che ha la precedenza non spetta al TF, ma al popolo. Insomma, i cittadini devono avere l’ultima parola in tutte le decisioni politiche importanti. Per questo, con il termine «autodeterminazione», sicuramente accattivante, l’UDC vuole difendere l’unicità della democrazia diretta svizzera e la certezza del diritto. Ma proprio il rigido sistema proposto dall’iniziativa – sostiene invece Simonetta Sommaruga, responsabile del Dipartimento federale di giustizia e polizia – toglie voce ai cittadini e dunque «non è amica della democrazia diretta». Per il Consiglio federale, se la Costituzione federale dovesse avere la precedenza sul diritto internazionale, fatta eccezione di quello cogente succitato, la Svizzera diventerebbe un partner inaffidabile. Il testo in votazione metterebbe in pericolo gli accordi in-
ternazionali firmati dalla Svizzera per «garantire la tutela dei nostri interessi», minacciandone la stabilità, ricorda il governo. Altro argomento contrario citato da Simonetta Sommaruga: l’iniziativa non porterebbe maggiore autodeterminazione, visto che la Svizzera già oggi sceglie da sola quali accordi firmare e quali no. Parlamento e popolo hanno poi modo di dire la loro e accettare solo intese che portano vantaggi al nostro Paese. La conclusione di trattati internazionali permette di proteggere gli interessi nazionali, ma anche i diritti dei cittadini e quelli umani. Modificare tutto ciò, significa mettere il nostro Paese, se costretto a trattare sotto pressione, in una posizione scomoda, debilitando proprio quell’autodeterminazione che l’iniziativa pretende di rafforzare.
I contrari mettono in evidenza i rischi per l’economia e per la credibilità del Svizzera verso l’estero Il progetto dell’UDC – ha dal canto suo affermato il consigliere federale Johann Schneider-Ammann – avrebbe ripercussioni anche sull’economia, poiché le imprese hanno bisogno di certezze per proporre investimenti e creare posti di lavoro, nonché di rapporti stabili con
i paesi vicini e con il resto del mondo. L’iniziativa «indebolirebbe la posizione della Svizzera all’estero e nuocerebbe alla certezza del diritto, minando la fiducia». Le dichiarazioni di SchneiderAmmann trovano riscontro negli ambienti economici. Economiesuisse e l’Usam sono preoccupati: La Svizzera ha concluso 5000 accordi internazionali, 600 dei quali rivestono un’importanza capitale per l’economia e sono in pericolo. Infatti, rinegoziando o abrogando accordi, la Svizzera rischia di non più essere credibile. Gli stessi ambienti economici osservano che per quasi 100’000 imprese è indispensabile conservare un accesso stabile e sicuro ai mercati internazionali. Se alcune associazioni economiche sostengono che l’iniziativa venga meno alla certezza del diritto – replica l’UDC – significa che «vedono nella democrazia diretta un pericolo per la legge». Per le organizzazioni non governative (ONG), l’iniziativa costituisce un attacco frontale alla Convenzione dell’ONU contro la tortura o a quella sui diritti del bambino. Secondo la ministra di giustizia e polizia, la Svizzera potrebbe soprattutto non più soddisfare le norme della CEDU. Il Consiglio federale potrebbe vedersi costretto a rinegoziarla o, addirittura, a denunciarla. Tutto ciò non corrisponde al vero, replica l’UDC. I diritti dell’uomo non sono minacciati dal momento che sono da tempo ancorati anche nella Costituzione federale. La CEDU continuerà dunque a essere rispettata. Soltanto la Costituzione federale avrà la precedenza sui verdetti di Strasburgo. In caso di conflitto con una legge federale, il TF potrà continuare a dare la precedenza alla giurisprudenza della CEDU. Per i sostenitori dell’iniziativa, le vittime dell’amianto o le organizzazioni degli invalidi potranno sempre ricorrere alla Corte europea. Difficile districarsi in questa «battaglia giuridica» e non è facile interpretare ciò che potrebbe succedere se l’iniziativa fosse accolta. Se è vero, com’è vero, che la volontà popolare espressa grazie alla democrazia diretta non è sempre stata applicata alla lettera dal parlamento (ciò che ha dato origine al progetto in votazione) e che le soluzioni legislative sono sovente sofferte, occorre poter capire se questa iniziativa dell’UDC riesca effettivamente a rafforzare la nostra democrazia diretta e l’autodeterminazione del popolo svizzero. La prima è solida e, anche in futuro, non sembra correre pericoli tali da minacciarne l’esistenza. La seconda ci chiama ogni anno regolarmente alle urne, com’è il caso la prossima volta, persino per esprimerci sulle corna delle mucche, tanto da chiederci se, in questo frangente, non sia il caso di parlare di «valori democratici strapazzati». Dunque, che cosa cambierà? Probabilmente non molto, visto che per una gran parte dei trattati il diritto al referendum è garantito e che il testo in votazione concerne soltanto i trattati internazionali in vigore o da approvare senza possibilità di referendum. Gli oppositori, diversamente dai fautori, temono che con l’iniziativa si debbano rinegoziare o denunciare numerosi trattati, cominciando da quelli sulla libera circolazione e sui diritti dell’uomo. Resta da sapere se tutto ciò ci metterebbe in difficoltà e sarebbe controproducente.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Politica e Economia
Il motore dell’economia svizzera sta girando a pieno regime La consulenza della Banca Migros Thomas Pentsy
La crescita economica svizzera si indebolirà nel 2019 PIL
Consumi privati
Consumi pubblici
Investimenti nell’edilizia
Investimenti nelle attrezzature
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Importazioni -1
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Variazione rispetto all’anno precedente in %
Svizzera rallenti leggermente. Con una crescita del PIL pari presumibilmente all’1,6%, l’economia svizzera continuerà tuttavia a incrementare la propria solida crescita. Sono diversi i motivi responsabili della normalizzazione del ritmo di crescita; in particolare, il vento a favore proveniente dal contesto internazionale che si placherà l’anno prossimo.
2 2018
3 2019
Nell’Unione europea, ad esempio, è già iniziato un rallentamento della crescita dovuto a incertezze politiche (ad esempio in Italia e in Gran Bretagna), a problemi di capacità e all’aumento del prezzo del petrolio. Gli Stati Uniti, la cui congiuntura ha ricevuto quest’anno un ulteriore stimolo grazie alla riforma fiscale, dovrebbero subire
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Fonte: BAK Economics
Thomas Pentsy è analista di mercato e dei prodotti presso la Banca Migros
Grazie a una solida economia mondiale, a una congiuntura interna inalterata e a un franco leggermente più debole, attualmente l’economia svizzera si sta sviluppando in modo ottimale. Secondo la valutazione della Banca Migros, il prodotto interno lordo (PIL) reale si espanderà nel confronto annuo del 3% rispetto allo scorso anno, facendo crescere notevolmente la performance economica svizzera come non avveniva più da tempo. Anche il mercato del lavoro riflette il buon andamento economico: dall’inizio dell’anno le aziende hanno aumentato dell’1,9% il numero dei dipendenti (in termini di equivalenti a tempo pieno). La forte crescita registrata attualmente dall’economia svizzera si basa in parte su fattori straordinari positivi. Dal momento che importanti associazioni sportive internazionali sono domiciliate in Svizzera, nell’anno in corso il PIL beneficia delle entrate delle licenze della Federazione internazionale di calcio FIFA e del Comitato Olimpico Internazionale (COI). Nel complesso le entrate delle licenze della FIFA e del COI in seguito ai campionati mondiali di calcio e ai giochi olimpici invernali portano a una crescita del PIL di quasi 0,3 punti percentuali nel 2018: un impulso che non si ripeterà nel prossimo anno. È pertanto prevedibile anche che nel 2019 la dinamica congiunturale in
un indebolimento nel 2019, dato che il ciclo congiunturale statunitense è molto avanzato e si prevede un ulteriore inasprimento della politica monetaria. A ciò si aggiungono i minori impulsi di crescita attesi dai mercati emergenti. Saremmo lieti di offrirvi la nostra consulenza in tema di investimenti. Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Politica e Economia Rubriche
Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi Crescita dell’economia ticinese e frontalieri I dati più recenti sull’evoluzione dell’economia ticinese riguardano i pernottamenti in settembre, l’evoluzione dell’effettivo dei frontalieri nel terzo trimestre del 2018 e la stima per la crescita del Pil nel 2016. Dell’andamento del turismo nel 2018 abbiamo già avuto modo di parlare in altri articoli. Oggi ci occuperemo quindi di crescita del Pil e di frontalieri. Che tra queste due variabili debba correre una relazione è facile da spiegare. Il Prodotto interno lordo è un indicatore della prestazione complessiva dell’economia. È la somma,
se vogliamo, del valore aggiunto dalle quasi trentamila aziende localizzate nel nostro Cantone. Ora anche i non economisti sanno che per produrre questo valore aggiunto è necessario far ricorso a fattori come il capitale fisico e il lavoro, per non parlare del progresso tecnico e di altri fattori di produzione meno importanti. Nell’economia ticinese è particolarmente importante il contributo del fattore lavoro. Così si può dimostrare che quando cresce il Pil cresce anche l’effettivo delle ore lavorate e, quasi sempre, anche la manodopera
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tasso di variazione annuale del Pil nominale cinese
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tasso di variazione annuale dell'effe vo dei frontalieri
2 0 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 -2 -4
Tasso di variazione annuale dell’effettivo dei frontalieri e del Pil nominale ticinese.
occupata. Nel caso contrario il totale delle ore di lavoro e l’occupazione diminuiranno. Siccome, a partire dal 2008 circa, i frontalieri hanno ricoperto un ruolo centrale nell’aumento della manodopera occupata e delle ore lavorate nell’economia ticinese si può anche aggiungere che quel che vale per il rapporto fattore lavoro/ Pil vale anche per i rapporto frontalieri/Pil. L’aumento del Pil è, in generale, accompagnato da un aumento dell’effettivo dei frontalieri occupati nel Cantone. Come si può rilevare dal grafico, questa relazione vale per quasi tutti gli anni del periodo successivo alla crisi del 2008. In questo periodo, tra il tasso di variazione annuale del Pil nominale del Ticino e il tasso di variazione annuale dell’effettivo di frontalieri è esistita una correlazione significativa. Di conseguenza, in questo periodo, l’evoluzione del contingente di frontalieri è sempre stato un buon indicatore dell’andamento della congiuntura. In media, a un aumento annuale del contingente di frontalieri del 3% ha corrisposto un
aumento del Pil nominale pari all’1%. La notizia della scorsa settimana, stando alla quale l’effettivo dei frontalieri occupati in Ticino è diminuito nel terzo trimestre del 2018 di circa il 3% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente potrebbe quindi far nascere qualche preoccupazione circa la crescita del Pil di quest’anno (che, per i ritardi inevitabili della statistica, conosceremo solo nell’ottobre del 2020). Invece del risultato positivo che gli specialisti della congiuntura regionale si attendono, il regresso del contingente dei frontalieri potrebbe far pensare che l’economia ticinese sia entrata, da un paio di trimestri, in una recessione. Di fatto però queste preoccupazioni sembrano essere eccessive. L’andamento delle curve dei tassi di variazione del Pil e dell’effettivo dei frontalieri, riportato nel grafico suggerisce infatti che, a partire dal 2015, il rapporto tra la crescita dei frontalieri e la crescita del Pil ticinese è sostanzialmente cambiato. Dal 3 a 1 del periodo 2008-2016 è sceso all’1 a 1 nel corso degli ultimi due anni. In altre parole, a
partire dal 2015, nell’economia ticinese, occorrono molti meno frontalieri per conseguire un aumento del Pil pari a 1%. A questo punto sarebbe interessante indagare sulle ragioni di questo improvviso aumento di efficienza nell’utilizzazione della forza lavoro frontaliera. Ci sarà di sicuro chi lo attribuirà alle misure di freno all’immigrazione del tipo «Prima i nostri» che, se non hanno fatto aumentare l’occupazione indigena sono per lo meno servite a contenere l’immigrazione dei frontalieri. Altri invece sosterranno che la rivalutazione del franco, seguita alla decisione della BNS di abbandonare la parità con l’euro a 1.20, a metà gennaio del 2015, ha obbligato le aziende ad adottare misure di razionalizzazione della produzione che hanno fatto aumentare la produttività del lavoro e, di conseguenza, ridotto la necessità di ricorrere ad ulteriore manodopera frontaliera. Se abbiamo la pazienza di aspettare, la ricerca ci dirà, tra qualche anno, quale delle due ipotesi meglio risponde alla realtà che abbiamo cominciato ad osservare.
La tv di Trump è allo stesso tempo la prima fonte di informazione del presidente e la sua grancassa principale, e il cortocircuito è evidente: si crea un circolo di idee che non sono necessariamente confermate o reali, ma che sono il combustibile imprescindibile delle continue fiammate di Trump. Il caso della carovana dei migranti in arrivo dal Centro America al confine con il Messico è paradigmatico: come si sa, questa marcia di uomini, donne e bambini è ancora a circa 800 chilometri dal confine, ha un’alta probabilità di dispersione (per stanchezza, perché le autorità messicane fanno dei controlli, perché la strada è lunga) e soprattutto non è un esercito di immigrati illegali. Sono richiedenti asilo, e sta all’America accogliere o respingere le richieste. Trump l’ha però trasformata in un’invasione e si è messo in assetto da emergenza: soldati al confine, lotta ai finanziatori (i democratici, e il solito mostro, George Soros), allarmismo
continuo. La teoria dell’emergenza ha preso il sopravvento su tutto, e la Fox ha mandato degli inviati vicino al confine, appostati come degli investigatori, pronti a cogliere sul fatto degli illegali (non sono illegali!) che sono lontani centinaia di chilometri. Questa carovana ha dominato la campagna elettorale, per esplicita volontà del presidente, e i giornali, anche quelli critici, hanno dedicato alla questione decine di articoli (come sto facendo io adesso). La stessa cosa è successa all’indomani del voto di metà mandato. In conferenza stampa per celebrare «la vittoria straordinaria» (che non è straordinaria, ma ancora: il presidente decide di cosa si parla e di come se ne parla) Trump ha litigato con il corrispondente alla Casa Bianca della Cnn, Jim Acosta, un altro «mostro» del trumpismo: agli eventi dei repubblicani, Acosta è sui cartelloni spesso circondato da un mirino, e viene insultato. La stampa «nemica del popolo», grande classico
di questa Amministrazione, è come una carovana permanente, è il modo con cui questo presidente evita di parlare dei problemi veri, evita di fare ogni tanto qualche riflessione anche critica su se stesso: voi siete i nemici, so già che cosa avete da dire, ma imparerete a tacere. Così in un attimo la storia non è più il ritorno dei democratici alla Camera o il licenziamento del ministro della Giustizia o il fatto che ora il Congresso potrà chiedere conto (almeno) della famosa denuncia dei redditi che il presidente si ostina a nascondere. La storia è che i giornalisti si ritrovano a dover difendere il loro lavoro, a dover ricordare che a furia di essere chiamati «nemici del popolo» ci sarà bisogno di una scorta, a pensosi commenti sullo stato del pluralismo mediatico e sulla democrazia americana. Trump sfodera un’altra arma di distrazione di massa, come la carovana. È così che si è creato il suo scudo, che è forte, accidenti se è forte.
a dipendenza dell’ammontare delle pigioni, dei servizi offerti, dell’accesso ai mezzi pubblici, della disponibilità di parchi, scuole, giardini, negozi, ritrovi. Segnalare possibili derive nell’anonimato è compito di tutta la cittadinanza. Alle municipalità il dovere di monitorare costantemente la situazione; ai pianificatori e agli architetti il compito di progettare insediamenti a misura d’uomo, non grigi casermoni ma edifici decorosi. Sul destino del nostro territorio l’allarme è scattato da tempo, ma le forze in campo paiono incontrastabili. Le poche voci che ancora osano sollevare dubbi circa l’attuale modello di sviluppo non fanno breccia nella coscienza della popolazione, che pare arrendersi rassegnata all’avanzare di gru e betoniere. Spesso ci chiediamo che cosa direbbero oggi intellettuali come Piero Bianconi, Guido Calgari, Tita Carloni, sentinelle di un Ticino
non ancora del tutto alienato, scrigno prezioso di saperi e di testimonianze. Ogni tanto amiamo rileggere qualche loro pagina, sicuri di appartenere ormai – come diceva Calgari – al novero degli «illusi». Piero Bianconi (1981): «Sempre meno verde, sempre più cemento. Alzo gli occhi sulla collina di Brione, conto cinque gru, cinque sagome patibolari che stanno partorendo cinque nuove case o casupole o casoni su questo pelato pendio gremitissimo di costruzioni lì a contendersi avidamente il sole meridionale (quando c’è), ma il sole per fortuna non si divide, la terra sì e fra poco con ci sarà assolutamente più posto, tutto ausverkauft, e pace». E Calgari, ancora prima (1961): «Secondo me – fa dire ad un suo personaggio immaginario – quando un popolo perde la sua terra non è più niente. La patria? Gli resta sulla carta… un pezzo di carta, ma i padroni sono gli altri». Nel «Tessiner-Reservat»
gli abitanti non sono felici come i nuovi governanti vorrebbero: «La gente ha sguardi dimessi e malinconici, tra cui raramente lampeggia un ricordo dell’antica virtù; questa fu infatti una stirpe che diede all’Europa, per secoli, schiere di costruttori, di architetti, di artisti (più tardi, alla Svizzera, schiere di ferrovieri e di funzionari: cosa meno gloriosa eppure utile). Sono tristi, in complesso; vecchi anche di spirito, direi, oltre che di anni; bambini se ne scorgono pochissimi e ciò stupisce, visto che altrimenti non hanno niente da fare e pensando che sono meridionali…». Brontolii di vecchi nostalgici del tempo che fu? Vediamola pure così, se fa comodo, se consola. Ma intanto questo nostro piccolo lembo è sempre meno riconoscibile e sempre più amorfo; una terra profumata perché sa di colonia. Ma è difficile rifarsi una personalità nel deserto della storia e della memoria.
Affari Esteri di Paola Peduzzi Trump e i «nemici del popolo» Il voto di metà mandato in America ha confermato alcune cose che sapevamo già: i democratici sono ancora inattrezzati per dare una spallata a Donald Trump e Donald Trump è un «teflon president», pare indistruttibile. È passato in mezzo a scandali e polemiche che avrebbero distrutto chiunque, ma è rimasto solido, con una strategia banale ma potente: chi mi critica è un nemico, non badate alle sfumature, è noi contro di loro, e ogni arma è accettata. Il rapporto con la stampa e con i giornalisti è parte consistente di questa strategia, e quando pensiamo di aver visto tutto, di aver capito le dinamiche, accade qualcosa che non avevamo previsto. In questa campagna elettorale abbiamo imparato che Fox News è diventata la tv di Trump. È sempre stato così? No. È naturalmente una televisione vicina al mondo conservatore, ha guidato le trasformazioni di questa parte della politica e del suo elettorato con grande determinazione: i Tea Parties e la loro
rinascita, per dire, sono stati imposti da Fox News. L’arrivo di Trump però ha preso la rete alla sprovvista: Rupert Murdoch, che è il padrone, era molto scettico (eufemismo) nei confronti di questo candidato atipico, improvvisato, ingombrantissimo. Poi il loro rapporto si è ricucito, Murdoch e anche il Partito repubblicano hanno imparato in fretta un metodo di collaborazione, Trump è pur sempre il presidente che ha vinto, che resiste, che fa un’opposizione brutale ai democratici, è un testimonial eccellente. Ma quel minimo di indipendenza che c’era sempre stato – perché dentro a Fox erano convinti che ad avvicinarsi troppo a Trump, ad appiattirsi su di lui, lui se li sarebbe, come dire, mangiati: il populismo è cannibale – è saltato. Al punto che anche commentatori conservatori trumpiani hanno iniziato a sentirsi a disagio nei confronti della loro ammiraglia, che dal punto di vista del pubblico e del successo è a livello da record.
Cantoni e spigoli di Orazio Martinetti Bauland Tessin Due servizi televisivi, due facce della febbre edilizia che nel nostro cantone non pare calare, complici i bassi tassi ipotecari e gli investimenti delle casse pensioni alla ricerca del miglior rendimento, da riversare poi agli affiliati. Il primo – epicentro il Locarnese – accende i riflettori su un insediamento principesco, destinato a forestieri facoltosi. Niente di nuovo, si dirà, i comprensori lacustri sono ambìta preda di agenzie e di investitori fin dai tempi della «Gottardbahn», allorché i viaggiatori d’oltralpe scoprirono l’anticamera del cielo d’Italia e i gai costumi del popolo ticinese, rustico ma spensierato, amante del vino e del canto. Il secondo servizio mette invece l’accento su alcune isole di degrado urbano, emerse soprattutto a Lugano e a Massagno (e qualche mese prima a Chiasso): alcuni casi di miserie umane cresciute all’ombra di palazzi poco
curati e scarsamente seguiti dalle amministrazioni condominiali. Per tutti sono Bronx, quartieri-sentina in cui il disagio sociale macera, una condizione che la scarsa qualità edilizia e l’incuria finiscono per aggravare anziché alleviare. Il cortocircuito è così completo: l’area trascurata attira i ceti più disagiati, che a loro volta nulla fanno – o possono fare – per rimetterla in sesto. Non siamo di fronte alle desolate periferie che caratterizzano le megalopoli, a ghetti controllati dalla malavita, a covi di spacciatori, a centrali della prostituzione: niente di tutto questo; sono però segnali di una possibile metastasi, da aggredire e bloccare tempestivamente. Gli urbanisti lo sanno bene: ogni agglomerato è, almeno in potenza, un incubatore di disuguaglianze. Autoctoni e stranieri, giovani e anziani, famiglie numerose e persone singole si distribuiscono in modo difforme nel perimetro urbano,
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Cultura e Spettacoli Libri che bruciano All’Elfo Puccini di Milano ritorna in scena Libri da ardere di Amélie Nothomb
Elogio tardivo di Vivian Maier Dopo il documentario Alla ricerca di Vivian Maier, escono due libri che cercano di ricostruire l’immagine di una fotografa affascinante e misteriosa
Paul McCartney al top Grazie a un nuovo album l’ex Beatle scala le classifiche all’età di settantasei anni
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Al LAC con «Azione» Il nostro settimanale mette in palio dei biglietti per il concerto dell’OSI che si terrà il 22 novembre al LAC di Lugano
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Raccolta delle patate a Catto, 1939. (Archivio storico della Città di Lugano, Fondo Vincenzo Vicari)
Come va il mondo quando va male Recensioni La precoce risposta di Calgari agli idilli del Libro dell’alpe Pietro Montorfani Sarei tentato di proporre un piccolo esperimento: stipare gli scaffali delle librerie di una città notoriamente allergica alla jella (diciamo pure Napoli) con decine di copie della raccolta di Guido Calgari Quanto tutto va male e altri racconti tristi, recentemente riedita da Armando Dadò. Di fronte a un titolo simile, inconcepibile a certe latitudini, è da credere che sarebbero molti i gesti scaramantici alla ricerca di materiali ‒ legno, ferro, attributi del più vario genere ‒ in un disperato tentativo di contenere l’onda nera prossima ad abbattersi sui malcapitati lettori. In una libreria di Lugano probabilmente non si batterebbe ciglio. La differenza sarà anche di natura antropologica e culturale, ma è certo che, con quell’opera e con quella copertina, un Calgari non ancora trentenne (1933) aveva inteso dichiarare in esplicito le proprie intenzioni: «Vita, fatti, disgrazie reali delle alte Valli ticinesi; il duro lavoro quotidiano per strappare i suoi frutti a una terra avara, il destino di certe famiglie, amareggiate e disperse dalle sciagure domestiche o dai tranelli
della montagna…» (e via di questo passo, dalla quarta di copertina di allora). Il cuore di quel progetto editoriale, concepito con non poco coraggio, oscillava tra i due aggettivi citati poc’anzi: «reale» e «quotidiano», perché nella forbice tra le cose che succedono veramente, e quelle che succedono tutti i giorni, non è concesso scampo ai protagonisti delle storie evocate da Calgari. Sullo sfondo si celavano un desiderio di cronaca, dato che tutti i racconti «sono veri, scrupolosamente veri», e una più ambiziosa indagine sulle origini della fuga in massa dalle terre ticinesi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo: «se il futuro storico vorrà tracciare un quadro completo della nostra emigrazione, nelle sue cause e nei suoi effetti, addentrandosi nelle Valli che gli offriranno maggior copia di materiale, dovrà preoccuparsi di registrare la vita durissima, penosa dei nostri montanari, la loro desolata povertà. […] Questo libro vorrebbe, modestamente, inserirsi in quel quadro». Non andrebbe dimenticato infatti che una decina di anni avanti, nel 1922, era uscita la prima edizione del Libro dell’alpe di Giuseppe Zoppi, un quadro
davvero troppo idillico della vita nelle valli ticinesi per non suscitare reazioni anche in forma letteraria: l’ultima della serie, e giustamente la più nota, Il fondo del sacco di Plinio Martini (1970). La risposta di Calgari, che se non cita esplicitamente Zoppi non lascia comunque dubbi di sorta («contro la concezione arcadica della montagna… fiorellini, caprette, polenta fragrante»), colpisce per la sua precocità. Nativo di Biasca e cresciuto a Faido, l’autore osserva quanto ha sotto gli occhi in un raggio ristretto di chilometri e in un’epoca che potrebbe essere quella della sua infanzia, prima del suo trasferimento a Bologna per frequentare l’università (1924). Nelle sue pagine sfilano così il Bélo, che scende timoroso da Dalpe a Bellinzona per cercare di convincere l’autorità militare a lasciargli almeno il quarto figlio, Mario, essenziale per il lavoro sull’alpe; il vecchio Vitali di Altanca cui muore una mucca «torata», con tanto di vitello in arrivo; il Povero Togni «badola», vittima del lavoro nelle gole del Piottino, al cui funerale la moglie non riesce ad assistere «per difficoltà di frontiera»; e molti altri personaggi memora-
bili, ai margini della vita e del mondo. Nella prefazione alla nuova ristampa, Nelly Valsangiacomo ricostruisce con competenza e passione il quadro storico nel quale si inseriscono queste tristi storie, senza però addentrarsi in questioni di natura letteraria. È essenziale invece chiedersi come scriveva Calgari, quali erano i suoi riferimenti stilistici, i suoi modelli, perché non era affatto scontato, per un ticinese del primo Novecento, anche soltanto pensare di mettere mano a una raccolta di racconti. Una spia giunge dalle primissime righe del libro, in cui i «ciottoli ineguali» su cui sobbalza il calesse del Bélo riecheggiano le «cime inuguali» dell’Addio ai monti di Manzoni, così come gli avvocati della pagina successiva, «capaci di assieparti in una pagina una Valle di Giosafat di tranelli e di sottili imbrogli», non sono altro che degni eredi dell’Azzeccagarbugli («Non se ne scappa: ci son tutti: è come la valle di Giosafat»). O ancora la fuga di Martino (p. 78), così simile a quella di Renzo nei Promessi sposi; e si potrebbe continuare. Che Manzoni potesse rappresentare un modello stilistico per il giovane Calgari non è cosa che stupisca, stupisce
invece lo scarto sul piano morale: meno ironico, meno ottimista, meno «lieve» lo scrittore di Faido, che a volte si compiace di parentesi truculente e di repentini colpi di scena, simile in questo al manzonismo sarcastico e un po’ freddo di un Francesco Chiesa. Mentre si annuncia per la prossima primavera una riedizione del Voltamarsina di Francesco Alberti, la collana «La rondine» dell’editore Dadò si offre sempre più come il luogo privilegiato per la riscoperta delle migliori pagine di prosa della letteratura ticinese del Novecento. Con alcune significative eccezioni: I giorni della vita di Giorgio Orelli (Lerici, poi Marcos y Marcos) e L’anno della valanga di Giovanni Orelli, ora nel catalogo di Casagrande assieme allo stesso Fondo di Martini, stampato a Bellinzona e non a Locarno ‒ anche questa è storia ‒ grazie alla generosa intercessione di Virgilio Gilardoni. Bibliografia
Guido Calgari, Quando tutto va male e altri racconti tristi, Armando Dadò 2018, 194 pagine.
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Cultura e Spettacoli
Bruciare i libri o morire di freddo? In scena Un dramma di Amélie Nothomb (e un omaggio a Glauco Mauri)
Giovanni Fattorini Autrice prolifica di romanzi e racconti, Amélie Nothomb ha scritto un solo testo teatrale, Les Combustibles (1994). Tradotto in italiano col titolo Libri da ardere, il dramma è stato adattato e messo in scena nel 2006 da Cristina Crippa, attrice e cofondatrice del Teatro dell’Elfo, diventata nel corso del tempo anche autrice e regista. Accolto con grande favore, lo spettacolo è stato replicato all’Elfo e in tournée fino al 2010. Dodici anni dopo il suo debutto (al Festival di Asti), Libri da ardere è stato ripreso, con due cambiamenti nel cast (gli attori sono tre) e con rinnovato successo di pubblico.
L’unico testo teatrale scritto da Amélie Nothomb ritorna al Teatro dell’Elfo con due cambiamenti Siamo in una città senza nome, stremata dal gelo invernale e dal prolungato assedio di imprecisati nemici che i personaggi del dramma chiamano «i barbari». L’azione si svolge interamente in una stanza della casa di un docente universitario di letteratura (un uomo sarcastico e arrogante) che ospita il suo assistente, Daniel (la cui abitazione è stata distrutta) e una giovane allieva, Marina, amante di turno di quest’ultimo (le relazioni sentimentali di Daniel hanno la durata di un anno accademico). Fisicamente fragile, forse anoressica, Marina è tormentata dal freddo che ha invaso la casa del professore, dove tutti gli oggetti di legno, ad eccezione di due sedie, sono già stati bruciati per riscaldare l’ambiente. In tono fra l’angosciato e lo scherzoso, Marina propone
Elio De Capitani, Carolina Canetti e Angelo Di Genio (da sin.) in Libri da ardere. (elfo.org; foto Luca Del Pia)
di usare come combustibile i numerosi libri che si trovano nella stanza del soggiorno: sarà anche una specie di gioco: un modo di rispondere concretamente alla domanda: «che libro distruggeresti con minor dolore?». Il professore reagisce con sdegno alla proposta («il giorno in cui saremo costretti a bruciare dei libri vorrà dire che avremo perso sul serio la guerra»). Ma la fame, il freddo, il desiderio di sopravvivere finiscono col prevalere. La situazione di emergenza e il bruciamento dei libri (i cui titoli e i cui autori sono tutti inventati) modificano e smascherano i rapporti sentimentali e
di potere fra i tre personaggi; alterano i giudizi di merito e le immagini di sé. Nei dialoghi variamente ritmati (con momenti di tensione e di accensione che arrivano allo scontro fisico), i tre parlano, fra l’altro, di guerra, di letteratura, del rapporto tra arte e vita. Quando rimane un solo volume da bruciare, non è il suo valore letterario ciò che conta. Quel libro superstite è una testimonianza dell’umano, della capacità di pensare e immaginare. E a difenderne la sopravvivenza contro la volontà egoisticamente distruttrice del cinico professore è la fragile e ostinata Marina. Costruito con perizia e adattato
con intelligenza, il dramma di Amélie Nothomb coinvolge costantemente lo spettatore grazie a una commistione di serietà e umorismo, di fisicità e astrazione, valorizzata appieno dal ritmo incalzante della regia di Cristina Crippa, dall’interpretazione del bravissimo Elio De Capitani (già presente nell’edizione del 2006), e da quella dei due bravi, giovani attori: Carolina Cametti (Marina) e Angelo Di Genio (Daniel). E ora vorrei rendere brevemente omaggio a un attore che giovane non è: a Glauco Mauri, che ha 88 anni e per dodici giorni, al Piccolo Teatro Grassi, ha interpretato il cieco e paralitico
Hamm nel beckettiano Finale di partita messo in scena da Andrea Baracco. (Accanto a lui, bravissimo nel ruolo di Clov, Roberto Sturno, compagno d’arte da 37 anni). Samuel Beckett occupa un posto di particolare rilievo nella formazione culturale e nella carriera artistica di Mauri, che considera la lettura di Molloy (il romanzo che inaugura la cosiddetta «trilogia» dello scrittore irlandese) uno degli incontri più importanti della sua vita. Nel 1961 – suscitando reazioni vivissime – Mauri è stato il primo in Italia a interpretare, sotto la direzione di Franco Enriquez, L’ultimo nastro di Krapp, un testo che nell’arco di sei decenni ha affrontato diverse volte, rendendo sempre più credibile e toccante la figura e il soliloquio di un uomo che ascolta la propria voce registrata nel corso del tempo su numerosi nastri magnetici. Dello spettacolo che ho visto al Piccolo Teatro vorrei ricordare a lungo il tono di voce e il gesto di stizzoso e sadico tiranno con cui Hamm, a intervalli irregolari, reclama e getta lontano da sé il cane di peluche che il vessato Clov sta confezionando per lui. Sono momenti che da soli valgono a illustrare la singolarità e il livello di un attore. E vorrei ricordare l’immagine balenata a spettacolo concluso. Durante gli applausi finali, alla quarta chiamata, il sipario si è riaperto prima del dovuto, e gli spettatori hanno colto il grande attore con un’espressione di sorpresa sul volto mentre si dirigeva a passo lento, quasi a fatica, verso le quinte. Di colpo l’ho rivisto nei panni di re Lear, di cui Hamm, secondo Jan Kott, è una versione degradata. Dove e quando
Milano, Teatro Elfo Puccini, fino al 22 novembre.
Riusciti equilibri di fragilità Teatro A lla Schauspielhaus di Zurigo Le affinità elettive, adattamento teatrale del capolavoro di Goethe Marinella Polli In Die Wahlverwandschaften di Goethe (Le Affinità elettive, in italiano), il grande scrittore tedesco paragona le affinità elettive fra persone con quell’affinità esistente fra gli elementi chimici, per cui questi tendono a legarsi con alcuni piuttosto che con altri. Per Goethe, anche le passioni umane sono la conseguenza di questa legge della natura e pertanto anche gli uomini, vittime di queste loro passioni e incapaci di sfuggire al loro destino, a dispetto di ogni ragione stringono rapporti tra loro spesso destinati a un luttuoso epilogo, come nel caso del capolavoro in questione, nel quale un neonato annegherà e due dei protagonisti non sopravviveranno. Il romanzo goethiano va certamente considerato uno dei massimi della letteratura, e un suo adattamento teatrale è di primo acchito un’impre-
sa disperata, come lo è quello di tutti i grandi romanzi. Nella consapevolezza di ripeterci, vien qui fatto di chiedersi come mai i registi di oggi, all’innegabile presenza di numerose opere in ogni epoca scritte appositamente per il teatro, debbano preferirne altre che invece per il teatro non sono state scritte. Ma tant’è, il contenuto delle Affinità elettive, offrendo una profonda analisi psicologica del comportamento umano e, nella fattispecie, del funzionamento o non funzionamento di una coppia, è già di per sé oltremodo drammatico. Anche l’equilibrio di una coppia come quella composta da Charlotte (Julia Kreusch) e Eduard (Matthias Neukirch), perfettamente felice all’apparenza, si romperà ineluttabilmente all’arrivo di Otto (Hans Kremer), amico di Eduard, e di Ottilie (Elisa Plüss), figlioccia di Charlotte. Una vita prima tranquilla si trasformerà in un’inevita-
bile quanto pericolosa (per la stabilità della coppia ufficiale) partita a quattro, nella quale sono però le affinità elettive a vincere. Eduard non potrà che innamorarsi follemente di Ottilie la quale, malgrado i grandi sensi di colpa, lo ricambierà con giovanile ardore, e anche Otto e Charlotte si innamoreranno l’uno dell’altra ancorché, in virtù del loro carattere più freddo e razionale, meno appassionatamente. Alla snella ma introspettiva messinscena attualmente in programma alla Schauspielhaus di Zurigo, e proposta dalla regista tedesca Felicitas Brucker (apparato scenografico di Viva Schudt, costumi odierni di Sarah Schwartz, musica di Marcel Blatti, light design di Christoph Kunz) va riconosciuto il rigore nel rispettare il corposo ed eloquente testo e, almeno in parte, la sua doviziosa simbologia, dunque nell’evidenziare i toni della trama: la
Un momento delle Affinità elettive. (Foto/©: Toni Suter/ T+T Fotografie)
Brucker lascia agire i quattro personaggi ora da protagonisti ora da concisi ma precisi narratori del sentire e dell’agire degli altri. Si punta anche molto
sull’ambientazione, con musiche, suoni e rumori e, soprattutto, con una scenografia per così dire doppia, in quanto rispecchiata dal basso all’alto grazie a un’indovinata struttura di specchi; una scenografia perfettamente in grado di trasmettere, anzi di visualizzare, quell’inesorabile attrazione fra elementi, in questo caso fra corpi, anime e menti, che è il motivo centrale della storia. Bravissimi, plausibili e perfettamente calati nei loro personaggi, i quattro attori menzionati. Alla fine della première, applausi entusiastici e interminabili, e a giusta ragione, all’indirizzo di tutti i partecipanti. Dove e quando
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Cultura e Spettacoli
La vita riflessa di Vivian Maier
Pubblicazioni La fotografa-Mary Poppins americana non smette di fare parlare di sé: sono appena usciti
due libri che cercano di ricostruire il ritratto di una donna straordinaria Mariarosa Mancuso Fu l’affare migliore di sempre, nella categoria «tesori scoperti ai mercatini o svuotando soffitte, pochi soldi e molta resa». John Maloof aveva una certa esperienza in materia, il padre comprava e vendeva roba vecchia, il nonno aveva fatto lo stesso mestiere. Neanche lui però avrebbe immaginato che 380 dollari, offerti a un’asta per uno scatolone pieno di negativi e rullini fotografici, potevano fruttare tanto (in aggiunta, c’erano vestiti, cappellini, ricevute, rimborsi delle tasse mai incassati: materiale pignorato a un’inquilina indietro con l’affitto). Cercava fotografie per illustrare un libro su Chicago, scoprì una Grande Fotografa Americana.
Prima ancora di soccorrere o aiutare una persona in difficoltà Vivian Maier sentiva la necessità di fotografarla Nel 2007, anno della fortunatissima asta, il nome di Vivian Maier era ignoto a Google. Oggi il motore di ricerca sputa in meno di un minuto dieci milioni di pagine (e sono molte di più, calcolando la ricchezza del sito ufficiale e le raccolte di fotografie). John Maloof non aveva usato i rullini e i negativi per il libro, ma conservò gli scatoloni (non si campa saccheggiando i mercatini se
non sì è, almeno un pochino, accumulatori seriali: potevano tornare utili più avanti). Quando riguardò le fotografie, e capì quanto erano belle, le mise su Flickr – pensatelo come il social network dei fotografi: grande successo di pubblico mentre i galleristi erano meno entusiasti. Un paio d’anni dopo, capitò sotto gli occhi di John Maloof l’annuncio mortuario della misteriosa Vivian Maier. Si mise a far ricerche, e assieme a Charlie Siskel girò il documentario Alla ricerca di Vivian Maier. C’erano altre scatole piene di roba, nella casa di Chicago dove era morta a 83 anni. Niente parenti: di lei si occupava qualcuno degli ex bambini che l’aveva avuta come tata e ancora ne ricordava il passo marziale e le scarpe stringate. Per quarant’anni, Vivian Maier era stata a servizio, amatissima dai piccoli e dai genitori che le pagavano lo stipendio. Smessi i panni di Mary Poppins diventava Diane Arbus, e non sempre le due personalità riuscivano a restare separate. Portava i bambini a passeggio nei quartieri malfamati, sempre con la Rolleiflex appesa al collo (la maggior parte delle foto sono scattate in strada, accanto alle signore eleganti compaiono barboni e alcolizzati). Se un ragazzino cadeva dalla bicicletta, lei prima scattava e poi portava soccorso. La fotografia non lascia dubbi: il piccino con le ginocchia sbucciate è per terra, la mamma accorre, la tata sceglie l’inquadratura giusta per riprendere entrambi.
Un autoscatto della grande fotografa diventata celebre per caso. (AFP)
Questo sapevamo finora di Vivian Maier, dopo aver visto il documentario di Maloof&Siskel (nella collezione Feltrinelli Reel Cinema). Sottotitolo La tata con la Rolleiflex, per lancio una frase di Alessandro Baricco: «Una storia troppo bella per essere vera». Troppo
bella anche per non ingolosire un romanziere, anzi due. Da Chiarelettere è appena uscito Vivian di Christina Hesselholdt. Da Neri Pozza è appena uscito Dai tuoi occhi solamente di Francesca Diotallevi. In copertina, Vivian Maier riflessa
nello specchio con la Rolleiflex, i capelli corti, il nasino all’insù che contrasta con la corporatura imponente e mascolina. Quasi la stessa foto – un cappello fa la differenza. Graficamente rielaborata nei toni dell’azzurro per la scrittrice danese, che smonta la biografia in un mosaico di voci. Lasciata al naturale per l’italiana, che confeziona un romanzo più tradizionale. In Dai tuoi occhi solamente, torna la passeggiata con i bambini – sulla spiaggia, questa volta. Tra le dune, vedono un ubriaco – o forse un poveretto accasciato per un malore. Vivian Maier si prepara per lo scatto, invece di soccorrerlo. È uno dei pochi momenti in cui la Miss Maier del documentario e la Miss Maier del romanzo si somigliano. Francesca Diotallevi ha studiato, questo è certo – ritroviamo la disastrosa infanzia, il soggiorno in Francia, tutto quel che ci deve essere. Aggiunge però un sovrappiù di interpretazione, di consapevolezza, di retorica (sull’arte, gli artisti, la fotografia, i derelitti) poco in sintonia con il personaggio. E ancor meno con la magnifica semplicità degli scatti diventati nel frattempo famosi. Gente per la strada, ricchi e poveracci, donne e uomini, ma sempre individui: non simboli, non metafore, non immagini da interpretare. Può darsi che Vivian Maier, alla maniera di Roland Barthes o di Susan Sontag, riflettesse nella solitudine della sua cameretta sullo statuto della fotografia. Può darsi. Ma esistono anche i talenti naturali, che non si tormentano prima di scattare. Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Cultura e Spettacoli
Paul ha ancora molto da dire
Musica Gli esercizi di stile di Paul McCartney: l’ex Beatle schizza in testa alle classifiche con un album riuscito,
sebbene non immune dalle tendenze commerciali
Benedicta Froelich Quando si è ormai varcata la soglia della terza età, e ci si ritrova, già da decenni, a essere universalmente considerati vere leggende viventi del pop-rock, i rischi di rimettersi in gioco con una nuova opera possono essere, paradossalmente, ancor più insidiosi che per una giovane promessa: le aspettative di un pubblico ben più che intergenerazionale, e la facilità a condannare un artista come ormai «datato», finiscono spesso per spingere i «grandi vecchi» a produrre opere senza infamia e senza lode, figlie del rassicurante espediente dell’abitudine. Eppure, in barba a chi pensava che, dopo quasi sessant’anni di carriera, il baronetto Sir Paul non avesse più molto da dire, ecco che Macca, come lo chiamano i suoi fan, stupisce tutti con un ennesimo disco, nel quale sembra apparire di colpo come il ragazzo di un tempo, con tutta l’energia e l’entusiasmo della giovinezza. Certo, il piacente ribelle anni ’60 che inneggiava a una possibile revolution si è imborghesito, e il suo finto accento «posh» suona un po’ ridicolo a chi ancora ricorda l’aria verace dei Beatles degli esordi; eppure, in questo nuovo Egypt Station Paul sembra scendere dal piedistallo per prodursi in una complessa combinazione tra brani spensierati e quasi goliardici, e gli abituali elementi del suo songwriting malinconico e raffinato. Per rendersene conto basta, in effetti, il primo singolo
estratto dall’album, l’irresistibile Come On to Me: eppure, McCartney si spinge ancora più in là con altri brani orecchiabili, come l’ammiccante e «scandaloso» Fuh You, il cui titolo (in barba alle liriche ufficiali, attente a legittimarne il senso tramite un banale trucco fonetico) rappresenta un palese quanto volgarotto doppio senso. E sebbene diverta vedere Paul prodursi in un tentativo di musica «trendy» alla tenera età di 76 anni, resta una certa amarezza nel constatare come un ex Beatle avverta la necessità di strizzare tanto l’occhio al pop più mainstream e banale. D’altra parte, ciò che più salta agli occhi in Egypt Station è il recupero delle sonorità scanzonate e assai radio friendly dei tempi degli Wings, la band capitanata da Paul insieme alla moglie Linda negli anni ’70; e il vero limite dell’album risiede proprio nel fatto che parecchi brani provocano, nell’ascoltatore più smaliziato, un marcato senso di déjà-vu. Infatti, se l’agrodolce Confidante appare pressoché indistinguibile da certe ballate romantiche incise da Paul negli anni ’80-’90, nel caso di Who Cares ci si ritrova davanti a riff di chitarra che suonano come un vero e proprio plagio di certe hit di Robert Palmer dello stesso periodo – rimarcando come McCartney stia facendo del suo meglio per accattivarsi il pubblico più giovane e, forse, meno raffinato. Per fortuna, il CD si avventura anche in sperimentazioni di carattere meno commerciale, che a tratti richia-
Sir Paul McCartney, 76 anni e non sentirli.
mano i migliori exploit acustici firmati dai Beatles – a partire dalla metafisica traccia di apertura, dall’emblematico titolo di Opening Station, quasi un possibile outtake degli album sperimentali tanto cari ai ragazzi di Liverpool nel decennio dei Seventies; anche se ciò, purtroppo, spinge Paul a tentare anche pezzi scoraggianti quali l’insulso Back
in Brazil e, soprattutto, il confuso e logorroico Despite Repeated Warnings, didattica canzone di protesta dalle fallimentari velleità art-rock. Per fortuna, quando torna a concentrarsi sui sentimenti, McCartney ritrova la sagacia di un tempo: se, con i suoi languidi passaggi di chitarra, Happy With You ricorda da vicino le suggestioni dell’in-
dimenticato White Album, la toccante I Don’t Know potrebbe essere tratta direttamente da un classico quale Let It Be, con cui condivide una certa, trattenuta disperazione, stemperata dal senso di rassegnata fatalità che ne caratterizza la melodia. A sua volta, la riflessiva introspezione del delicato Hand in Hand, forse uno dei brani migliori del CD, non ha niente da invidiare alle più riuscite ballate composte dal Paul solista. Simili elementi hanno indotto molti a salutare Egypt Station come il miglior album di Macca dai tempi dell’eccellente Flaming Pie (1997): sebbene ogni suo sforzo non possa che ricordare agli ascoltatori un’innegabile quanto amara verità – ovvero che, a differenza del compianto John Lennon, il buon Paul non è mai del tutto riuscito a riprodurre, nel proprio lavoro solista, i fasti dell’inarrivabile epoca dei «Fab Four», finendo per subordinare un’indiscussa maestria musicale al desiderio di compiacere il pubblico con sonorità un po’ troppo accattivanti. Tuttavia, il solo fatto che, all’alba del 2018, McCartney sia ancora in grado di sfornare un disco di livello più che buono (e di condurlo addirittura in cima alle chart) non può che scaldare il cuore a chiunque ricordi con affetto anche solo un passaggio di una qualsiasi canzone firmata dai Beatles; e dopotutto, nella lunga vita di Sir Paul ci sono state abbastanza canzoni indimenticabili da potergli oggi concedere di indugiare, infine, in un poco di sano divertimento. Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Cultura e Spettacoli Il pianista Piotr Anderszewski.
Realtà celate e sogni virtuali
Teatro e danza Q uando l’amore viene
dall’Est: realtà difficili raccontate con grazia Giorgio Thoeni
Mondi mozartiani
Musica I l pianista Piotr Anderszewski si esibirà con l’OSI al LAC
il 22 novembre; «Azione» mette in palio biglietti per il concerto
Enrico Parola K 491 e 492: la prima parte del programma che Vladimir Ashkenazy dirigerà giovedì 22 novembre accosta due opere di Mozart catalogate con numeri successivi; il Concerto per pianoforte e orchestra in do minore venne presentato a Vienna il 3 aprile 1786 al Burgtheater dove, il primo maggio, il sipario si alzò sulle Nozze di Figaro, il capolavoro teatrale di Amadeus qui rappresentato dall’ouverture. Nonostante la prossimità temporale le opere evocano mondi lontani: atmosfere spumeggianti ed eccitate nell’ouverture, assorte e tormentate nel Concerto. Ancor prima che irrompano i fiati con forti accenti, basterebbe l’incipit dell’ouverture, un rapidissimo seppur sussurrato arabesco degli archi che rompono il silenzio come una scarica elettrica, per essere travolti dalla frenesia della musica,
Come partecipare «Azione» offre alcuni biglietti per il concerto del 22 novembre al LAC di Lugano (ore 20.30) che sarà trasmesso in diretta su Rete Due. Dirigerà Vladimir Ashkenazy, al pianoforte Piotr Anderszewski. Per partecipare all’estrazione vogliate seguire le istruzioni indicate sulla pagina web www.azione.ch/concorsi
specchio della «folle giornata» immaginata da Beaumarchais. Una girandola di inganni e disinganni, sotterfugi e macchinazioni, camuffamenti e agnizioni dove il popolo può irridere la nobiltà (non a caso il soggetto era stato proibito e solo dopo lunghe insistenze Mozart e il suo librettista Da Ponte riuscirono a convincere la censura e l’imperatore a farlo rappresentare), mentre Figaro e la promessa sposa Susanna sbeffeggiano il Conte libertino con la complicità della Contessa. Un ritmo frenetico che percorre l’intera vicenda e l’intera ouverture, giustamente considerata un capolavoro essa stessa e in quanto tale spesso proposta a sé. Anche l’esordio del Concerto K 491 è sommesso e strisciante, ma di umore opposto: è lento, non dà la sensazione di un’energia contenuta a stento e pronta a esplodere da un momento all’altro, ma di un pensiero che voglia andare ancor più al fondo dell’animo umano. All’ascoltatore d’oggi, abituato a Beethoven e a romantici come Chopin e Mendelssohn, Brahms o Schumann, un Concerto in do minore non desta l’impressione e la sorpresa che suscitava nel pubblico viennese di fine Settecento: all’epoca i compositori riuscivano a far conoscere la propria musica innanzitutto suonandola; Mozart e ancora Beethoven si imposero a Vienna prima come pianisti e poi come autori. I concerti erano organizzati da loro, a sottoscrizione, cioè a pagamento: se si riusciva ad intercettare i gusti del momento si poteva
guadagnare bene, si vendeva la propria musica e si poteva essere ingaggiati dai nobili per lezioni private molto ben retribuite. Il Concerto solistico, cioè con uno strumento che spicca sull’orchestra e vi dialoga, era considerato un genere di intrattenimento, abbastanza leggero e perciò era sempre scritto in una tonalità maggiore, luminosa e accomodante. Lo stesso Mozart usò nei suoi 27 Concerti solo due volte quella minore; nel K 466 in re minore, più drammatico e vibrante, e nel K 491. In entrambi l’entrata del pianoforte è un recitativo intimo, un pensiero confessato ad alta voce; se tesi, corruschi e a tratti anche tragici sono i dialoghi tra il solista e l’orchestra nei due movimenti veloci, il Larghetto centrale è un’oasi di pace, col pianoforte e gli altri strumenti a condividere una purissima melodia. Solista sarà Piotr Anderszwski, che l’ha suonato anche alla Scala di Milano. Nella seconda parte risuoneranno le musiche di scena composte da Sibelius per il Pelléas et Mélisande di Maeterlinck, andato in scena per la prima volta in Finlandia il 17 marzo 1905, ad Helsinki. Le nove parti accompagnano le varie scene del dramma: Alle porte del castello con una melodia vaporosa, il corno inglese è Mélisande, una densa melodia di valzer accompagna i protagonisti fino a Una fontana nel parco, il momento più intenso e spettacolare è Mélisande all’arcolaio, anche se il finale, seguendo Maeterlinck, racconta la morte della protagonista.
Nataša prende il bus. Storie di badanti, di mogli e di figlie è il titolo dell’esordio narrativo di Sara Rossi Guidicelli. Il libro, pubblicato recentemente dalle Edizioni Ulivo, si accompagna da qualche giorno, a uno spettacolo teatrale dal titolo accorciato in Natasha ha preso bus. La scorsa settimana la pièce ha avuto il suo debutto al Teatro Sociale di Bellinzona che lo ha anche prodotto affidando la regia e la collaborazione drammaturgica all’autrice e attrice torinese Laura Curino, senza dubbio fra i migliori interpreti del teatro di narrazione italiano. A condurre per mano i numerosi spettatori c’è Ioana Butu, attrice, marionettista e cantante romena, in scena con Daniele Dell’Agnola alla fisarmonica, autore di tutta la nutrita parte musicale. Lo spettacolo riprende appetitosamente le mosse dalla ricetta del Sarmale di foglie di cavolo, piatto tradizionale romeno, raccontato dalla prima protagonista della galleria di donne raccontate da Ioana. Un invito gastronomico per passare al piatto forte costituito da una carrellata elegante, garbata, ironica, con punte di toccante verità e sincera emozione che l’attrice trasforma con sobria, sicura e efficace teatralità in un viaggio fra volti e storie di donne venute dall’Est a portare amore. Se la pagina letteraria è il frutto di un accurato ascolto di una serie di interviste a badanti, una realtà importante e ancora sommersa, la dinamica teatrale dello spettacolo muove i personaggi interpretati nel monologo con grande sapienza registica sotto le luci di Alessandro Bigatti, mettendo in evidenza la bravura dell’attrice con un racconto a più voci, appassionato, intenso, senza manierismi, con l’aggiunta di riusciti momenti cantati. Se il percorso iniziato con «Questa mamma a chi la do?», visto nel 2014 al Festival Territori, era ancora incerto, con Natasha ha preso il bus ha dimostrato di essere solido e pronto a farsi conoscere con altrettanta leggerezza e profondità da altre platee, da altri meritati applausi. Danza e realtà virtuale al LAC
Definirlo un kolossal è esagerato, ma dopo aver assistito al debutto di HU_robot, l’ultima fatica di Avventure in Elicottero Produzioni (AiEP) sul palco del LAC, bisogna riconoscerne
La copertina del libro di Sara Rossi Guidicelli.
l’importanza sul piano multidisciplinare. HU_robot è uno spettacolo suggestivo e accattivante nato dalla vena creativa di Ariella Vidach e Claudio Prati, coppia che da trent’anni naviga nell’esplorazione pionieristica di nuove rotte per la danza contemporanea nell’incontro col mondo digitale: un linguaggio interattivo in continua evoluzione. HU_robot è una riuscita e affascinante combinazione artistica in cui l’espressività drammaturgica emerge da una narrazione condivisa sul palco occupato da un braccio robotizzato e da un gruppo di giovani danzatori, otto per l’esattezza, del Balletto di Roma. È straordinario assistere alla presenza in crescita di quell’occhio meccanico articolato, protagonista e deus ex machina di forme e magie luminose, di proposte interattive per i corpi distribuiti nello spazio e per i loro movimenti, costruiti per l’insieme ma sulle individualità, dalle coreografie della Vidach. Un dialogo trascinante e paradossale, in cui i movimenti sono avvolti da mura di suoni, scricchiolii, note lunghe e suadenti liberate nella scenografia virtuale di Prati; riflessioni infinite che terminano in una miniatura, una casa-dibambole, dove i danzatori, in una dimensione imprigionata dal sogno, si trasformano, segnando la vittoria di Hu_robot e lanciando un messaggio inquietante. Un’intensa navigazione che ci auguriamo non rimanga spiaggiata sulle rive del Ceresio.
Un’Opera della notte per La Via Lattea Rassegne Lo scorso sabato all’Auditorio l’opera di Pagliarani su testi di Scabia Zeno Gabaglio «Quando il blackout è iniziato, lì per lì ho provato paura. Eppure appena la musica è cominciata la paura è svanita. Questo capolavoro contemporaneo trasforma la sala da concerto in un luogo di misteriosi brividi, suggerendo che la via della verità passa attraverso il buio». È con queste parole che Alex Ross – il celebre critico americano, da molti ritenuto la più autorevole voce della musica del nuovo millennio – ha voluto descrivere il Quartetto n. 3 di Georg Friedrich Haas. Una descrizione che mette in primo piano il fattore esperienziale dello spettatore, quello che ci succede dentro una volta messi in condizioni d’ascolto particolari. E dove mai – nella Svizzera italiana – si può sperare d’incontrare una proposta musicale che sia innanzitutto esperienza? Un luogo in cui l’eti-
co – in senso ampio, se non addirittura etimologico – vada a braccetto con l’estetico? Da quindici anni ormai la risposta è una sola: La Via Lattea. Non è una rassegna, non è un festival, non sono concerti, non sono passeggiate (anche se spesso il pubblico cammina per diverso tempo): si potrebbe dire che l’invenzione di Mario Pagliarani è un concetto realizzato, che a sua volta – di anno in anno – avvicina altri concetti per affrontare percorsi paralleli e interdisciplinari in cui la musica fa da stimolo ma anche da accompagnatrice alle esperienze: dialettiche, sorprendenti e immancabilmente sempre forti. Il tema prescelto per il 2018 è stato «Notte e sogni», declinato in tre Movimenti, un Intermezzo al buio e un Finale. Il Quartetto n. 3 di Haas era stato proposto – nella convincentissima interpretazione del giovane Quartetto
Maurice – lo scorso 30 settembre nei sotterranei dell’Accademia di architettura di Mendrisio. E nell’oscurità quasi totale il pubblico ha vissuto un’intensa ora di «scricchiolii e rumori, sciami di
Il compositore svizzero Georg Friedrich Haas, classe 1953. (Keystone)
pizzicato, scatti acuti acuti, gemiti di glissando» attraversando una «bellezza ultraterrena» di quel romanticismo «esoterico che dimora sulla maestà e il terrore del sublime» (le parole sono sempre quelle di Alex Ross). Il gran finale – è proprio il caso di dirlo – de La Via Lattea 2018 (anche quest’anno sostenuta dal Percento culturale di Migros Ticino) è però andato in scena lo scorso sabato 10 novembre presso l’Auditorio Stelio Molo della RSI a Lugano, con quell’Opera della notte scritta dallo stesso Mario Pagliarani su testi di Giuliano Scabia (che già li aveva letti «en plein air» fra il 23 e il 26 agosto scorsi lungo il cammino notturno tra Como e Lugano) adattata in una nuova versione da camera. Il corpo del poeta è però scomparso, in questa performance, lasciando spazio unicamente alla propria voce registrata: un sentiero narrativo per tre strumenti (il
flauto di Manuel Zurria, il violoncello di Francesco Dillon e il pianoforte di Emanuele Torquati) incamminati in una progressiva sostituzione tra reale e fantastico. Lo spunto della narrazione (rintracciabile anche nel libro omonimo pubblicato da Scabia per Einaudi nel 2003) è stato quello di un viaggio a piedi attraverso i monti dell’Appennino, un peregrinare reale che però si fa visionario nell’attraversamento delle «regioni oscure dell’essere». E per evocare questo spirito – nume tutelare dell’esperienza – nessuna parola è certo migliore di quelle di Scabia scelte anche come motto dell’intera Via Lattea 2018: «Ehi, notte, dove vai? Dove porti noi e le galline, i bruchi, le poiane, i grilli e tutto ciò che sai? O bestie della notte – chi siete? E voi, piante? E voi stelle? E tu, notte, tu chi sei?»
Stato: 07/2018_CH1804812821
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 novembre 2018 • N. 46
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Cultura e Spettacoli Rubriche
In fin della fiera di Bruno Gambarotta La fede nel Dio-Bio La fede in Bio è la nuova religione del nostro tempo: Bio è in mare, in cielo, in terra e soprattutto nei nostri cuori. I riti della nuova religione sono celebrati negli empori dove si vendono prodotti Bio. Lì si aggirano le vestali del Bio indossando sottane lunghe, i loro visi non conoscono l’onta del trucco, dei capelli tinti e meno che mai quella del chirurgo plastico; di tanto in tanto sostano per leggere i testi sacri, qui rappresentati dalla lista degli ingredienti, lunghissima e scritta in caratteri minuscoli. Talvolta sono assalite dai dubbi e telefonano alle amiche: «Qui dice che può contenere tracce di glutine, soia, sesamo e lupino. Cosa mi consigli, lo prendo ugualmente? Non c’è il rischio che mi faccia male?». Nei prodotti a base di farine non si trova la parola «lievito», ma «agenti lievitanti» tutt’altra cosa. Scoprire che questi agenti sono composti da carbonato di sodio e carbonato di ammonio, ci rassicura. Se proprio lo si deve denunciare, allora deve essere
«lievito madre», con la precisazione «l’impasto riposa 24 ore». Si fa presto a dire farina, bisogna distinguere: farina di frumento, di riso, farro o kamut? Mi piacerebbe bendare un esperto, fargli assaggiare quattro pani confezionati con queste farine e vedere se riesce a distinguerle. Magari, con mio scorno, ce la fa. Le informazioni non ci bastano mai, vorremmo saperne sempre di più: la pasta è «trafilata al bronzo», ma da dove proviene questo bronzo? Perché la confezione indica il paese di coltivazione del grano e tace sul paese della molitura? Punto di forza sono le uova, prodotte da galline felici, «allevate a terra». Già, ma quale terra? Saremmo più tranquilli se conoscessimo, sia pure con una certa approssimazione, la composizione chimica di questa terra destinata ad accogliere le uova. Sappiamo che quando escono dalla sede Bio delle galline e planano a terra, una rete di sensori fa partire l’Inno alla Gioia. La maggiore rassicurazione prodotta dalle
informazioni stampate sulle confezioni è indotta non tanto dall’elenco dei componenti quanto dall’assenza di certi altri: «senza lattosio, senza glutine, senza olio di palma, senza zucchero, senza burro, senza solfiti, senza sale, ecc. ecc.». Per ogni «senza» aumenta il prezzo del relativo prodotto, si vede che eliminare questi componenti ha un costo. L’indicazione che apre al fedele le porte del paradiso Bio è: «Anti ossidante». Trovarla sull’etichetta fa spalancare sorrisi, non ho mai osato chiedere cosa significa. Dalla massa dei praticanti la religione del Bio si distacca un’aristocrazia ancora più rigorosa nel suo stile di vita: sono i vegani, che allontanano da sé tutto quello che ha origine animale, compresi gli indumenti, le scarpe, i medicinali. Non li invidio, fanno una vita d’inferno, nella vita quotidiana ci scappa sempre qualcosa di origine animale, dalla colla di pesce per fare la gelatina, al portafoglio in pelle che ti regala la zia per il tuo compleanno, al pennello per dare la
tinta. Fra gli scaffali si aggirano anche le «mamme Bio», con i bambini dentro il carrello ma, a differenza dei bambini strillanti che scorrazzano nei centri commerciali, i figli delle mamme Bio sono silenziosi ed educati. E i mariti? Ci sono anche loro, spingono il carrello ma seguono le mogli a qualche metro di distanza, vergognandosi, sperando di passare inosservati, di non incontrare un collega. Se, sbucando da una fila di scaffali, incrociano un altro marito scambiano con lui uno sguardo eloquente, è come se si comunicassero l’un l’altro: anche tu ci sei cascato? In quello sguardo c’è anche una sorta di consolazione: non sono solo. C’è in tutto questo, una placida rassegnazione, un dolce abbandono al fato. Nell’emporio Bio siamo tutti più buoni, più gentili, nessuno alza la voce, nelle file alle casse è tutto un «prego, passi prima lei». L’emporio del Bio dovrebbe attrezzarsi per ospitare le assemblee di condominio, sarebbe un affare per tutti. C’è anche la specie
del «maschio Bio fin dalla prima ora», è magro, ascetico, con jeans sdruciti, gli infradito d’estate e gli zoccoli d’inverno, i capelli lunghi raccolti a coda di cavallo. Lo spauracchio del Bio, il suo Angelo Nero è «la data di scadenza»: guai a sorpassarla. I prodotti che stanno per scadere guadagnano l’etichetta «In Offerta», con sconti consistenti e sono accumulati nell’angolo delle offerte, un po’ nascosto. Se pensiamo di consumarli subito li compriamo, perché no? Nel caso del tonno e delle acciughe in scatola, arrivo alla perversione di mangiarli dopo che sono scaduti perché sono molto più gustosi. Non fatelo sapere alle vestali del Bio, sarebbero capaci di scomunicarmi. Lo confesso: poco per volta anch’io sono diventato cultore della fede in Bio e da allora non ho mai più avuto problemi legati alla nutrizione. Però non posso più tornare indietro: la volta in cui mi sono concesso del salame non bio mi sono subito ricoperto di macchioline rosse.
Stem, infatti, è che insegnano, per dirla con Galileo Galilei, «come vadi il cielo» ma non «come si vadi al Cielo», dove in questo frangente intendiamo per Cielo una situazione umana ottimale, anche su questa terra. Insegnano il che cosa e come, non il perché, quando, se. Se dalla nostra vita escono del tutto le scienze umane, in fretta dimenticheremo la grandezza e la complessità dell’umano e ci penseremo uguali alle macchine che costruiamo. Suddivideremo le persone in utili e inutili in base al loro contributo alle tecniche, considereremo perdenti, e forse anche un po’ stupidi, coloro che dedicano la loro vita alla filosofia o alle lettere. Ma perché parlo al futuro? È già così. Chi si occupa di scienze umane ha stipendi bassi, poca visibilità, poca stima in generale. Quindi anche chi si iscrive a storia, lettere, filosofia. Infatti persone come Sergio Marchionne e Carlo Azeglio Ciampi sono da considerare oscuri esempi di un’umanità fallita,
tristi personaggi degni di un racconto di Tolstoj. Quegli impiegatucci dai vestiti lisi e poco puliti, quei Fantozzi che hanno intristito ogni epoca. Perché Marchionne, si sa, era laureato in filosofia, mentre Ciampi aveva studiato alla Normale di Pisa: lettere antiche, con una tesi in filologia greca su Favorino d’Arelate e la consolazione dell’esilio. Favorinus, nato nell’attuale Arles, vissuto tra il primo e il secondo secolo d.C., era un oratore greco, una figura decisamente secondaria, occuparsene è da intendersi come un segno di grande passione per la lingua greca antica e i suoi rappresentanti. Ma non parliamo solo di personaggi legati all’Italia e a generazioni passate, si potrebbe sempre dire che una volta era diverso, importava meno la preparazione tecnica, bastava essere bravi e si scalavano le posizioni lavorative. Guardiamo all’oggi, al mondo dei social, dove senza uno schermo siamo perduti, altro che radicamento nell’essere metafisico. Per
esempio, che studi avrà fatto l’inventore di LinkedIn, uno dei pochi network ancora ben attivo dopo quindici anni? Reid Hoffman nel 1993 aveva concluso i suoi studi a Harvard con un master in filosofia, nel 2003 fondava LinkedIn, che nel 2017 superava i 500 milioni di utenti. Parliamo invece di un mito, quel Jack Ma, il magnate cinese fondatore del fortunatissimo Alibaba (oggi valutato circa trenta miliardi di dollari): laureato in lingua e letteratura inglese. E ora una donna, anzi due: Sheila Bair e Susan Wojcicki. Sheila, laureata in filosofia all’Università del Kansas, è stata presidente della Federal Deposit Insurance Corporation statunitense proprio negli anni dell’ultima crisi, quella iniziata nel 2008. Susan, laurea a Harvard in storia e letteratura, è attualmente amministratore delegato di YouTube, il paradiso dei tecnologi. Chissà se non avessero seguito le loro passioni, magari oggi avrebbero un posto sicuro in un laboratorio.
regolare le pendenze fiscali sui diritti di immagine maturati all’estero. Esibire orologi e macchine di stralusso, matrimoni sontuosi, bagordi milionari è un’abitudine ripugnante in generale, ma ancora più immonda se, togliendosi provvisoriamente i bigliettoni da 500 euro dagli occhi, ai riccastri in questione basterebbe accendere un televisore per accorgersi della miseria del mondo. Ebbene, una blogger che si chiama Chiara Ferragni ha organizzato la festa di compleanno del marito, un cantante rap che si chiama Fedez, in un supermercato invitando un sacco di amici autorizzati a prendere direttamente la merce dagli scaffali e a consumarne a volontà, senza limiti né ritegno. Questa tale Ferragni è diventata molto famosa e ricca come «influencer di moda più importante al mondo». Ed essendo l’«influencer» un individuo capace di orientare i comportamenti di acquisto della gente comune grazie al seguito di cui gode su internet, questa tale Ferragni che ha milioni e milioni di amici,
con un ghigno, un birignao o una frasetta riesce a far vendere vagonate di scarpe, mutande e gioielli. Grazie alla gigantesca abbuffata spaccona del supermercato, i due simpatici spacconi (voto: –1 milione) sono però stati ricoperti di insulti sui social per via dello scialo di cibo che hanno esibito senza inutili scrupoli morali nei confronti dei tanti che quotidianamente vanno a fare la spesa con gli spiccioli contati. Avendo saputo in tempo reale della sollevazione indignata e avendo capito al volo che i milioni di seguaci rischiavano di ridursi andando a scalfire il potere di «influency» della «influencer», i due giovani cafoni hanno pensato: «Perché non diciamo che il cibo lo diamo in beneficenza?». Anzi, non l’hanno solo pensato ma se lo sono sussurrato. Cadendo così nella trappola più beffarda (un contrappasso dantesco): perché siccome tutto ciò che fanno vogliono che sia filmato e trasmesso in diretta, sono stati traditi dalla loro stessa forza. Insomma, il labiale è stato subito sma-
scherato: «Diciamo che il cibo lo diamo in beneficenza». Ma il peggio è arrivato dopo. Con le scuse pacchiane della ricca «influencer»: «Volevamo organizzare una festa a sorpresa a Fede, e festeggiarla in una location diversa dal solito… Mi sembrava di realizzare uno dei miei sogni da bambina, e di poter far vivere anche a Fede e a tutti gli invitati un’esperienza unica». E avanti farneticando sulla location e sulla «simpatia» e sulla «goliardia» dei balli da bulli con le verdure e la frutta tra le mani, del lancio dei panettoni, delle bottiglie infrante, delle corse con i carrelli. Tutto molto molto carino (voto complessivo per la coppia: doppiamente inclassificabile) e pensato con tutto il cuore a vantaggio dei bisognosi e dei poveri: «In più occasioni abbiamo dimostrato di tenerci e di avere un occhio di riguardo per chi non ha avuto la stessa fortuna». Quale fortuna? La cafonaggine, la sfacciataggine o l’imbecillità? O la fortuna di essere «influencer» disponendo delle tre qualità insieme?
Postille filosofiche di Maria Bettetini Materie umanistiche, perché studiarle? Stem! Stem! Un solo grido si sente nelle famiglie di ragazze e ragazzi agli ultimi anni del liceo. Stem, ossia Science, Technology, Engineering and Mathematics, è l’acronimo con cui si intendono le cosiddette «scienze dure», che a buona ragione sono considerate un ottimo investimento nel campo degli studi. È vero, chi studia chimica, ingegneria, matematica difficilmente rimarrà senza lavoro, soprattutto se raggiunge un livello accettabile di preparazione; avrà inoltre maggiori probabilità di ottenere borse di studio e poi un’assunzione anche all’estero. Il fatto che siano corsi di laurea scelti perlopiù da maschi porta grande agitazione, tanto che marzo, il mese dell’8 marzo per intenderci, è anche il «mese delle Stem», costellato da premiazioni e concorsi per studentesse di queste discipline. Non è da disapprovare la lodevole intenzione di incoraggiare tutti, soprattutto le ragazze, a dedicarsi a materie utili, magari un po’ aride, cer-
tamente non sempre facili e comunque in grado di garantire un posto di lavoro. Alcuni governi non si limitano a premi e concorsi, avanzano proposte molto più integrali: il Giappone per esempio sta esaminando la possibilità di eliminare del tutto i corsi di laurea in materie umanistiche, o di consentirli solo nelle (poche) università private, una sorta di passatempo per ricchi, come le scuole che in Gran Bretagna preparano a essere ricca moglie di ricchi. D’altra parte, a cosa serve studiare letteratura, storia, filosofia? L’infarinatura delle scuole – sempre comunque eccessiva – è sufficiente per non fare brutta figura nelle conversazioni o per capire dove è ambientato un film. Non saranno certo la poesia o la pittura a favorire la scoperta della cura per il cancro o della soluzione al riscaldamento globale. D’altra parte, però, non sono loro nemmeno a inventare nuove armi o nuovi velenosi prodotti alimentari chimici a buon mercato. Il «problema» delle
Voti d’aria di Paolo Di Stefano L’influenza del cafone Vi ricordate il magnifico monologo pronunciato dal replicante Roy Batty sotto la pioggia nel film Blade Runner? «Io ne ho viste di cose che voi umani non potreste nemmeno immaginarvi, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andavano perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire». Commovente, splendida confessione che ha segnato la storia del cinema (6– tanto per essere cauti). Era l’esperienza fantascientifica del replicante che prova sentimenti più umani dei sentimenti umani e avverte sulle mutazioni terribili che potrebbero arrivare dal futuro. Ebbene, io ne ho viste di notizie che noi umani non potremmo o non avremmo potuto neanche immaginare. Per esempio, notizie sulle «buste paga» di certi sportivi, manager, attori, imprenditori, liquidazioni faraoniche, ingaggi mostruosi, cachet spaventosi: da lasciare a bocca
aperta i poveri umani che tirano avanti con stipendi più o meno normali nel tempo della crisi interminabile. Alla faccia del migliore dei mondi possibili (così gli esperti definiscono la democrazia occidentale), le disparità fanno girare la testa come se vivessimo in un film fantascientifico o in un romanzo distopico. Valore dell’orologio indossato da Cristiano Ronaldo durante una conferenza stampa: due milioni di euro. È un cronografo tempestato di diamanti bianchi e rossi realizzato da Jacob & Co, di cui il giocatore della Juventus è testimonial dal 2013. Da notare che Ronaldo è lo stesso straordinario campione (6) che prima di trasferirsi in Italia è stato condannato dal fisco spagnolo per quattro reati fiscali (1): ha evitato due anni di carcere dichiarando la propria colpevolezza e pagando 19 milioni di euro per sanare il reato. In compenso, in Italia, grazie alla cosiddetta flat tax per i ricchi, se la caverà versando la «miseria» di 100 mila euro all’anno per
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Idee e acquisti per la settimana
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shopping Da sciogliersi in bocca
Attualità Il lesso di manzo è un piatto semplice e saporito che non manca mai nella tradizionale cucina invernale Il piancostato, la punta, il collo e l’aletta di manzo sono i tagli più indicati per un ottimo lesso. I primi due hanno una sottile fascia di grasso che rende la carne particolarmente tenera, il collo è invece la parte più magra, mentre l’aletta contiene un tendine che durante la cottura diventa gelatinoso e contribuisce a lasciare il pezzo di carne meno asciutto. Grazie alla lenta bollitura nel brodo la carne acquista una tenerezza e un aroma capaci di conquistare i buongustai più esigenti. E cosa c’è di meglio se non gustare il ricco brodo come antipasto, oppure utilizzarlo per preparare uno squisito risotto o dei delicatissimi tortellini? Per un bollito ben riuscito, è bene utilizzare delle pentole di materiali in grado di condurre bene il calore oppure, per ottimizzare i tempi di cottura, si può anche far uso della pentola a pressione. Durante la cottura la carne deve sempre essere coperta di liquido. Per rendere il brodo delicato e aromatico, si consiglia di aggiungere una cipolla senza buccia precedentemente rosolata in padella fino all’annerimento della superficie. Altre verdure classiche per il brodo sono carote, porro e sedano, come pure spezie quali foglie d’alloro, chiodi di garofano e un poco di sale. Aggiungere la carne al brodo in ebollizione, in modo tale che i pori si chiudano e i succhi della carne rimangano all’interno, e cuocerla semicoperta a fuoco dolce per almeno due ore. La carne è ben cotta quando, infilzandola con un forchettone, quest’ultimo di stacca facilmente.
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Il frutto degli dei
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Attualità Il cachi: colore vivace e sapore zuccherino
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Il cachi, tipico frutto tardo autunnale, è originario della Cina e del Giappone. Un frutto, che grazie al suo esuberante colore arancio si fa mangiare con gli occhi, ancor prima di assaporarne, con il palato, il suo intenso sapore zuccherino che ricorda melone e albicocca. È apprezzato anche per il suo importante valore nutrizionale, dal momento che è ricco di glucosio, pregiate proteine e beta-carotene. La varietà Loto di Romagna, molto diffusa anche nei giardini delle nostre case, possiede un’invitante polpa gelatinosa da mangiare con un cucchiaino. Questo «classico» cachi deve essere consumato quando i frutti sono ben maturi, altrimenti risulta aspro e allappante. Altre tipologie di cachi, come il Persimon o lo Sharon conosciuti come cachi-mela, hanno invece una consistenza compatta e possono essere consumate interamente.
Persimon Si consuma intero, con la buccia, a spicchi come fosse una mela. Anche se non completamente maturo, è possibile comunque mangiarlo senza problemi, poiché possiede un contenuto di tannini molto basso. È ottimo sotto forma di carpaccio accompagnato da formaggio di capra o mozzarella.
Cachi Il cachi «classico», conosciuto come Loto di Romagna, deve essere mangiato quando è maturo, altrimenti «lega» i denti. La sua buccia è poco appetibile. È molto apprezzato nello yogurt al naturale o con la panna, come pure per chutney, composte e marmellate.
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Idee e acquisti per la settimana
Ecco il calendario dei Nostrani del Ticino 2019 Attualità A partire dai prossimi giorni
potrete ritirare gratuitamente la vostra copia in tutti i punti vendita Migros
Sergio Simona, autore delle illustrazioi del nuovo Calendario dei Nostrani del Ticino.
Si rinnova anche quest’anno l’ormai tradizionale appuntamento autunnale con il Calendario dei Nostrani del Ticino Migros. A partire da questa settimana lo potrete ritirare gratuitamente presso l’Accoglienza Clienti di tutti i punti vendita di Migros Ticino. Alla luce dei commenti positivi ricevuti negli scorsi anni, anche per il nuovo calendario si è voluto mantenere la forma «disegno», grazie all’ottima collaborazione con il grafico/illustratore locarnese Sergio Simona, autore delle illustrazioni. In ognuna delle dodici pagine della pubblicazione ritroverete altret-
tante immagini con integrati alcuni tra i più apprezzati prodotti Nostrani, con tanto di relativo produttore, il tutto in un contesto alquanto divertente. Dal burro alla tisana, dal pane nostrano ai pomodori bio, dallo zafferano allo iogurt, passando per il miele, la formaggella e fino ai ravioli e alla gazosa… il nuovo calendario non mancherà di sorprendere. «È ormai il quarto calendario che realizzo per Migros Ticino, e non nascondo la mia soddisfazione», spiega Sergio Simona. «Come tema per il calendario 2019 ho voluto porre ulteriormente l’accento sul chilometro
zero, rendendo il tutto particolarmente divertente. Da qui l’idea di inserire i produttori in un contesto domestico o in situazioni paradossali direttamente a contatto con il cliente, eliminando la fase intermedia. Nei due calendari precedenti avevo utilizzato l’acquarello e, per variare lo stile, visto anche il contenuto più leggero, ho adottato un disegno più simile ad una vignetta. Ho eseguito il disegno a matita, ripassato i contorni con la china nera, e dopo aver scansionato il foglio ho colorato il tutto con il computer usando la tavoletta grafica», conclude Sergio Simona.
Degustazione di spätzli di riso Attualità Dal 15 al 17 novembre
al Centro Migros di S. Antonino vi aspetta la «Risomobil» della Riseria Taverne con i suoi golosi assaggi
La Riseria Taverne, azienda manifattrice di riso più grande e innovativa della Svizzera, appartenente al Gruppo Migros, tra i suoi molti prodotti di qualità presenti sugli scaffali Migros, propone anche la speciale farina di riso nella pratica confezione da 500 g. Naturalmente senza glutine, questo prodotto rappresenta un’alternativa moderna e versatile alla classica farina di frumento. È adatta alle persone intolleranti al glutine, affette da celiachia o per chi, semplicemente, predilige un’alimentazione leggera e sana. È ideale per molteplici pietanze: è perfetta per legare, oppure per preparare le paste più svariate, gnocchi, prodotti da forno o dolci. Una vera delizia sono per esempio i delicatissimi spätzli di riso, una ricetta originale che potrete scoprire e gustare in occasione della
presenza della «Risomobil» presso il Centro Migros S. Antonino, i prossimi giovedì, venerdì e sabato. Trovate la ricetta degli spätzli e molti altri gustosissimi piatti e informazioni interessanti sul tema del riso sul sito: www.riseria.ch/it/ricette
Farina di riso senza glutine 500 g Fr. 1.90* invece di 2.40 *Azione valida solo nella filiale di S. Antonino, dal 15 al 17.11
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Idee e acquisti per la settimana
Chi vuol fare il panettone? Perché aspettare il Black Friday?
Occasione imperdibile per tutti gli amanti del panettone, il dolce natalizio per eccellenza. Offriamo infatti la possibilità a 20 lettori di «Azione» di prendere parte ad una serata nelle panetterie della casa di S. Antonino e Serfontana, dove potranno vedere e toccare con mano la
produzione dell’ottimo panettone firmato Jowa. I partecipanti saranno seguiti da un esperto panettiere-pasticcere e avranno l’opportunità di preparare il proprio panettone da portare a casa. L’interessante serata si terrà martedì 27 novembre 2018, dalle ore 18.30 alle 21.00 ca., ed è riservata
a 10 partecipanti per ogni filiale Migros. Per partecipare è necessario iscriversi telefonicamente, chiamando il numero 091 850 82 76, giovedì 15 novembre 2018 a partire dalle ore 10.30. Il concorso è riservato a chi non ha partecipato alle ultime serate in panetteria.
… quando puoi approfittare del nostro Orange Weekend? Da venerdì 16 a sabato 17 novembre, a partire dalle 06.00 del mattino, alla Migros ti aspettano due giorni di incredibili promozioni da non lasciarsi sfuggire. È infatti previsto il 15% di riduzione su tutto
l’assortimento non solo di tutti i supermercati Migros del Ticino, ma anche dei negozi specializzati quali Melectronics, Do it + Garden, SportXX, Micasa, nonché nei Ristoranti e De Gustibus. Insomma, alzarsi presto la mattina non è mai stato così stimolante… Annuncio pubblicitario
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Idee e acquisti per la settimana
Merz
Capelli nutriti dall’interno I ricercatori di Merz Spezial hanno sviluppato un integratore alimentare di cui è stata dimostrata la capacità di migliorare la struttura del capello e di contribuire a mantenere una capigliatura sana, che ha così maggior volume. Il principio attivo delle capsule per capelli di Merz Spezial fornisce alla radice sostanze come rame, tè verde, vitamina B e L-cisteina.
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Specialità affumicate
Prosciutti e spallette subito pronti Micarna, azienda produttrice di carne della Migros, nelle sue sedi di Bazenheid e Courtepin, elabora specialità di carne affumicata seguendo metodi e ricette tradizionali. In tal modo ciò che esce dai forni di cottura e dalle sale di affumicatura ha l’apprezzato sapore del passato. «L’affumicatura avviene con legno di faggio, che garantisce un colore bello e appetitoso e un gusto ineguagliabile», ci dice Fabian Fleisch, che presso Micarna è responsabile dei diversi tipi di prosciutto cotto. Il prosciutto di spalla, la noce e l’arrotolato di spalla sono i più adatti per un ottimo pasto che si prepara in fretta, in particolare la mini spalletta affumicata: sono precotti e devono semplicemente essere riscaldati.
Fabian Fleisch, macellaio e tecnologo alimentare, con una spalletta appena affumicata.
Prosciuttino di spalla arrotolato, affumicato Svizzera, al kg Azione 50% di sconto Fr. 9.90 invece di 20.– fino al 31 dicembre
Noce di prosciutto affumicata Svizzera, per 100 g Azione 40% di sconto Fr. 1.80 invece di 3.– fino al 24 dicembre
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Idee e acquisti per la settimana
Sun Queen
Un aperitivo che richiama l’oriente
Noci miste Sun Queen 170 g Fr. 5.20
Datteri e fichi dolci come lo zucchero, delicati bocconcini di pesca e noci croccanti: nelle specialità di Sun Queen si racchiude il sole. Sono prodotti naturali della migliore qualità. E hanno un gusto straordinariamente intenso, sia come snack, per l’aperitivo o quale ingrediente per squisite pietanze.
Frutta secca, noci e pesche sciroppate: questo è un buffet che piace a tutti.
Datteri secchi Sun Queen 300 g Fr. 2.80
Fichi secchi Sun Queen 500 g Fr. 7.60
Suggerimenti
I datteri si prestano ottimamente per preparare raffinati stuzzichini farciti, nei dolci come alternativa allo zucchero. Noci e frutta secca conferiscono un tocco esotico alle insalate festive.
Foto e Styling Claudia Linsi
Fette di pesca con succo Sun Queen 130 g Fr. 1.10
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche quelli della linea Sun Queen.
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Idee e acquisti per la settimana
Mondo animale
Una leccornia come ricompensa I gatti sono cacciatori e necessitano di movimento. Per questo motivo bisognerebbe giocare frequentemente con loro, in particolare con i gatti d’appartamento. Quattro suggerimenti su come i vostri beniamini possono facilmente essere stimolati al gioco
presso la Federazione attrice per social media red ), (43 r ste Ku tte ne Jea , con Holli (15) delle cooperative Migros
Correre e saltare Un modo affinché il gatto dia veramente fondo alle sue energie. Non è necessario avere dispendiose attrezzature per il gioco. Sono sufficienti per esempio una cordicella con una pallina di carta o una palla in gomma da lanciare.
Giochi per la mente Su una superficie stabile, fissare diversi contenitori, come per esempio i rotoli in cartone della carta igienica, al loro interno una ghiottoneria. A questo punto il gatto deve trovare il modo migliore per ottenere il cibo.
Esplorare nascondigli Con una vecchia scatola di cartone di può ricavare un nascondiglio. I gatti amano perlustrare i luoghi oscuri e sconosciuti. Ancor di più se lungo il percorso trovano anche un bocconcino.
Concludere il gioco nel modo giusto Con il gatto il gioco non andrebbe interrotto bruscamente. È meglio rallentare progressivamente il ritmo e alla fine riporre il gioco. In tal modo si evita che il gatto si senta frustrato.
1
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I miei gatti
Gli affabili persiani Jeanette, da quanto tempo i tuoi gatti sono parte della famiglia? Quando sono arrivati avevano entrambi circa quattro mesi. Da dove provengono? Abbiamo preso sia Holli che Lana dallo stesso allevatore, sul lago di Zurigo. Sono sorellastre, dal momento che hanno lo stesso padre.
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Per quale motivo hai scelto i gatti persiani? Sono cresciuta con i gatti, tra i quali un persiano. Era il mio preferito. I gatti persiani hanno un carattere tranquillo, sono particolarmente affabili. Anche questo è stato un criterio nella mia scelta. Hanno qualche singolarità? Quando era piccola Holli mi si arrampicava sempre addosso e si sedeva sulla mia spalla sinistra. Oggi è troppo grande per arrampicarsi, ma le piace comunque ancora stare sulla mia spalla. E davvero, sempre e solo sulla sinistra. Amano giocare? Quando erano giovani giocavano molto. Oggi meno, ma quando i miei figli le stuzzicano con una cordicella, la rincorrono come facevano una volta.
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Idee e acquisti per la settimana
M-Classic
Foto Christine Benz; styling Vera Guala
Una fondue croccante
La fondue rivisitata: delle prelibatezze a base di fondue moitié-moitié servite con un’insalata verde.
La stagione della fondue è iniziata. E per assaporarla non c’è più bisogno del caquelon: una semplice padella è ormai sufficiente! La saporita miscela moitiémoitié con il più fine gruyère DOP e il vacherin friborghese DOP fonde all’interno della tasca di pasta croccante dei nuovi sofficini M-Classic. Per un periodo limitato questi sofficini a base di fondue moitié-moitié completano l’offerta di delizie M-Classic.
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Idee e acquisti per la settimana
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3.75 invece di 4.70 Le Gruyère grattugiato in conf. da 2 2 x 120 g
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12.60 invece di 15.80 Filetto di salmone con limone e coriandolo in vaschetta per la cottura in forno d’allevamento, Norvegia, 400 g
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Spezzatino di vitello TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g
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Pasta fresca Garofalo per es. ricotta e spinaci, in sacchetto da 500 g
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Tutti i prodotti natalizi Merci e Toffifee per es. Toffifee, 125 g, 2.10
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di riduzione Tutti i biscotti natalizi in sacchetto (confezioni miste escluse), 500 g, per es. stelline alla cannella, 4.90 invece di 5.90
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Idee e acquisti per la settimana
Valflora
Il meglio per il brunch I prodotti Valflora, un marchio proprio Migros, vengono elaborati nel paese partendo da latte svizzero. Il brunch dell’avvento è l’occasione per una raffinata rivisitazione di latte, panna e burro con aromi natalizi. Perché con arancia, cannella e cardamomo il periodo che precede il Natale ha sapori ancor più buoni.
Latte UHT Valflora 1 l Fr. 1.30 Azione 20% di sconto 12 x 1 l Fr. 12.45 invece di 15.60 dal 12 al 18 novembre
Cioccolata calda
1 con panna alla cannella Preparare la cioccolata calda. Montare la panna intera e aromatizzarla con un po’ di cannella. Adagiarla sulla cioccolata e cospargere la cannella. Panna UHT Valflora 500 ml Fr. 3.20
Cappuccino
2 al cardamomo Aromatizzare un espresso con un po’ di cardamomo, aggiungere la schiuma di latte e cospargere con cardamomo.
Morbido burro all’arancio 3 Mescolare il burro con zucchero in polvere, succo e scorza di arancio.
Panna per caffè Valflora 250 ml Fr. 1.10
Burro speciale Valflora 100 g Fr. 1.50
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche i latticini Valflora.
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Idee e acquisti per la settimana
Migros Sélection
Un aperitivo semplice ma pregiato Delicate terrine, squisite capesante o croccanti grissini alle olive: sono solo alcuni dei circa 80 prodotti «Migros Sélection», disponibili come Limited Edition nel periodo natalizio e fino al 31 dicembre. Ingredienti per aperitivi molto speciali e per i festosi menu con gli ospiti. I prodotti di alta qualità hanno quel certo non so che in più, il meglio per ogni occasione mondana fino allo scoccare della fine dell’anno.
Miscela di fiori Sélection bio 4 g Fr. 6.50
Grissini casarecci alle olive Sélection 200 g Fr. 3.90
Tartine al formaggio di capra e pesto di pomodoro Sélection 12 pezzi Fr. 6.40 Nelle maggiori filiali
Maggiori informazioni sulle Limited Edition di Sélection: selection.migros.ch Un pregiato aperitivo: perché complicarsi la vita quando la bontà può essere così semplice?
Carpaccio di manzo Sélection 100 g Fr. 7.50 Nelle maggiori filiali
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Idee e acquisti per la settimana
Farm Chips
Varietà da sgranocchiare
Foto Veronika Studer
Queste Farm Chips dai colori vivaci sono prodotte con patate rosse e blu. Così come succede con le Nature Chips, mentre le si sgranocchiano si fanno notare non solo per l’aspetto, bensì anche per il sapore. Abitualmente tagliate un po’ più spesse del solito, per fare le Farm Chips si utilizzano unicamente patate svizzere. Vengono lavorate con la buccia e fritte in olio di girasole svizzero. La variante Red Nature è disponibile solo fino alla fine di dicembre.
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche le Farm Chips.
Farm Chips Red Nature 150 g* Fr. 3.– Azione 20X Punti Cumulus dal 13 al 26 novembre
Farm Chips Blue Nature 150 g* Fr. 3.– *Nelle maggiori filiali
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Idee e acquisti per la settimana
Alimentazione per bebè
Bio per i più piccoli Per i piccoli di ogni età Mibébé offre un assortimento variegato e dalle ottime proprietà con un buon rapporto qualità prezzo. I succhi, gli snack e le pappe vengono prodotti in Svizzera con ingredienti naturali, ad alto valore nutrizionale e sulla base di rigorosi criteri qualitativi. I prodotti Mibébé non contengono zuccheri aggiunti e sono adatti alle esigenze dei bambini.
Suggerimenti
L’alimentazione nel primo anno di vita Tra l’inizio del 5° mese di vita e la fine del 6° è possibile cominciare a dare le prime pappe. Se il vostro baby è pronto, lo si capisce dal suo comportamento: è incuriosito da ciò che mangiate a tavola, riesce a stare seduto, ad afferrare un oggetto e portarlo alla bocca. Prestate attenzione a questi aspetti: • usare un cucchiaio piccolo e iniziate con piccole porzioni. I primi tentativi di mangiare dovrebbero aiutare il bambino a prendere confidenza con i cibi solidi. • dopo il pasto offrire il seno o il biberon, più avanti acqua o tisana. • pazienza: mangiare con il cucchiaio richiede abitudine e pratica. • osservate i segnali di sazietà del vostro bambino e non obbligatelo a mangiare. • non portate voi stessi il cucchiaio del bambino alla bocca. La saliva degli adulti contiene batteri che causano la carie.
Barretta ai cereali, mela e lampone Mibébé 6 x 30 g Fr. 4.50
Pappa di riso Mibébé 200 g Fr. 3.30
Succo di mela dolce con finocchio Mibébé 250 ml Fr. 1.90
Mix di frutta Mibébé 90 g Fr. 1.50
Fonte: Dipartimento della sanità, Basilea Città
Prodotto con latte in polvere svizzero (senza olio di palma): Novità Porridge alla banana con cuoricini integrali Mibébé 200 g* Fr. 6.95
Flips riso e banana Mibébé 60 g Fr. 2.75
Essiccazione delicata, senza aggiunta di zucchero, grassi o aromi: Novità Spicchi croccanti di mela Mibébé 15 g* Fr. 1.95
Zucca e patate Mibébé 190 g Fr. 1.70
*Azione 20x Punti Cumulus dal 13 al 26 novembre
Consigli pratici e informazioni sull’alimentazione di bebè e bambini piccoli su www.famigros.ch
Gli agricoltori bio lavorano in armonia con la natura. Si prendono cura di animali, piante, terreno e acqua.
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Alimentazione per bebè
Bio per i più piccoli Per i piccoli di ogni età Mibébé offre un assortimento variegato e dalle ottime proprietà con un buon rapporto qualità prezzo. I succhi, gli snack e le pappe vengono prodotti in Svizzera con ingredienti naturali, ad alto valore nutrizionale e sulla base di rigorosi criteri qualitativi. I prodotti Mibébé non contengono zuccheri aggiunti e sono adatti alle esigenze dei bambini.
Suggerimenti
L’alimentazione nel primo anno di vita Tra l’inizio del 5° mese di vita e la fine del 6° è possibile cominciare a dare le prime pappe. Se il vostro baby è pronto, lo si capisce dal suo comportamento: è incuriosito da ciò che mangiate a tavola, riesce a stare seduto, ad afferrare un oggetto e portarlo alla bocca. Prestate attenzione a questi aspetti: • usare un cucchiaio piccolo e iniziate con piccole porzioni. I primi tentativi di mangiare dovrebbero aiutare il bambino a prendere confidenza con i cibi solidi. • dopo il pasto offrire il seno o il biberon, più avanti acqua o tisana. • pazienza: mangiare con il cucchiaio richiede abitudine e pratica. • osservate i segnali di sazietà del vostro bambino e non obbligatelo a mangiare. • non portate voi stessi il cucchiaio del bambino alla bocca. La saliva degli adulti contiene batteri che causano la carie.
Barretta ai cereali, mela e lampone Mibébé 6 x 30 g Fr. 4.50
Pappa di riso Mibébé 200 g Fr. 3.30
Succo di mela dolce con finocchio Mibébé 250 ml Fr. 1.90
Mix di frutta Mibébé 90 g Fr. 1.50
Fonte: Dipartimento della sanità, Basilea Città
Prodotto con latte in polvere svizzero (senza olio di palma): Novità Porridge alla banana con cuoricini integrali Mibébé 200 g* Fr. 6.95
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Essiccazione delicata, senza aggiunta di zucchero, grassi o aromi: Novità Spicchi croccanti di mela Mibébé 15 g* Fr. 1.95
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Idee e acquisti per la settimana
Frey
Che dolce attesa Dalle fabbriche del produttore di cioccolato Chocolat Frey, i deliziosi profumi delle raffinate specialità natalizie sono già nell’aria. Tra le seducenti creazioni possiamo trovare le palline cioccolato al latte con ripieno di acero, noci e pezzetti di noci caramellati, come pure il mix speciale di palline nelle varianti Caramello-Sale marino, Pistacchio e Brownie. Nuove sono infine le amate Crunchy Clouds nelle qualità Milanesini e Stella alla cannella come edizione natalizia.
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Frey Freylini Palline Special Mix Caramel-Seasalt, Brownie e Pistacchio 500 g* Fr. 10.80
Frey Freylini Palline Maple-Walnut Limited Edition 500 g Fr. 10.80
Frey Crunchy Clouds Stella alla cannella 150 g* Fr. 4.90
Frey Crunchy Clouds Milanesini 150 g* Fr. 4.90 *Nelle maggiori filiali
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Idee e acquisti per la settimana
Emporia
Elegante e facile da utilizzare
Emporia Smart.2 Azione Fr. 199.– invece di 249.– dal 12 al 19 novembre disponibile da Melectronics e www.melectronics.ch
L’Emporia Smart.2 ha un disign elegante e moderno, e l’incredibile facilità di utilizzo lo rende davvero un telefonino accattivante. Queste particolarità ne fanno il cellulare perfetto per tutti i senior. Il grande display, come anche l’accumulatore di lunga durata, sono gli altri vantaggi di questi telefonini. Nelle istruzioni per l’uso è accluso un libretto che spiega nei minimi dettagli il funzionamento dell’apparecchio. L’Emporia Smart.2 dispone anche di un pulsante d’emergenza ed è particolarmente indicato per le persone con capacità uditive e visive limitate. Altre info su www.emporia.at Annuncio pubblicitario
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Idee e acquisti per la settimana
Papeteria
Ambiente festivo in ufficio Grazie agli utili articoli della collezione Papeteria «X-Mas Edition» in festivi toni dorati o in caldi colori naturali, le atmosfere natalizie arrivano anche sul posto di lavoro. Tutti gli articoli aggiungono un tocco festivo all’ambiente, cominciando dagli astucci brillanti o dai temperamatite a forma d’ananas. Proposti in belle confezioni, sono delle eccellenti idee regalo. Ma non bisogna tardare troppo se si vuol fare piacere a una persona cara, perché la Papeteria «X-Mas Edition» è disponibile solo per un periodo limitato.
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Grazie agli articoli della collezione Papeteria «X-Mas Edition», le atmosfere natalizie arrivano anche sul posto di lavoro.
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