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Boom di miliardari nel Regno Unito

Divari ◆ Mentre oltre 13 milioni di persone vivrebbero sotto la soglia di povertà

Barbara Gallino

per conservare al PD la presidenza. Invece non è andata così.

Moratti era stata chiamata da Berlusconi e Salvini per salvare la giunta Fontana nell’infuriare del Covid. Le avevano affidato vicepresidenza e sanità con ottimi esiti. Tuttavia, quando ha capito che i due compari avrebbero ricandidato Attilio Fontana, si è staccata forte del suo passato (ex ministra dei Governi Berlusconi, ex presidentessa della RAI, addirittura evocata quale possibile successore di Sergio Mattarella al Quirinale) e del cognome pesante. Dire Moratti, il defunto marito Gianmarco, significa dire petrolio, Inter, finanza, assistenza sociale (il centro antidroga di San Patrignano). Un reticolo di rapporti capace di supportarla anche nell’urna. La sua discesa in campo ha terrorizzato il centrodestra. Se avesse ricevuto l’appoggio del PD avrebbe conquistato la Regione. Uno scacco pressoché definitivo per Salvini, la cui Lega rischia di essere doppiata da Fratelli d’Italia nella terra d’origine, un tempo serbatoio di voti (i sondaggi dicono 28% contro 14%).

Ma il PD si è erto a paladino della propria purezza con il retropensiero che la presenza di Moratti avrebbe eroso in maniera decisiva i consensi di Fontana e consentito al proprio alfiere, il solerte Pierfrancesco Maiorino, di vincere. Calcolo sbagliato: Moratti è data intorno al 20% e Fontana sarà riconfermato con una percentuale intorno al 40%. Il 33% di Maiorino servirà soltanto ad acuire i rimpianti per non aver messo Salvini nei guai – in caso di perdita della Lombardia, una larga fetta della Lega era pronto a metterlo nell’angolo – e conquistare la principale Regione italiana. Non è un caso se in cinquantadue anni il centrosinistra l’abbia guidata soltanto per diciotto mesi con Fiorella Ghilardotti, dal novembre 1992 al giugno 1994. Ne approfitterà Fratelli d’Italia: ha già fatto pesare di essere determinante chiedendo la maggioranza assoluta degli assessori e annunciando una sorta di tutela su Fontana.

Nel Lazio si sono abbattuti sul PD gli opportunismi di Conte ormai decisissimo a frantumarlo nella speranza di raccoglierne i cocci. L’infiocchettato professorino si è impossessato del M5S relegando Beppe Grillo al ruolo di santo patrono silenzioso, grazie ai 300mila euro annui di consulenza. In effetti la svolta tribunizia di Conte, dalla difesa del reddito di cittadinanza al pacifismo «putiniano» nei confronti dell’Ucraina, ha consentito ai pentastellati di salvarsi alle elezioni e di essere oggi accreditati di un 18%, che ne fa la principale forza di opposizione. Conte non ha giocato per vincere, bensì per non far vincere il PD e obbligare il prossimo segretario ad andargli al traino. Di conseguenza ha detto sì a un accordo in Lombardia, dove il M5S è da sempre in affanno, incapace di raggiungere un risultato a due cifre, attualmente sta fra il 7-8%. Mentre si è opposto alla richiesta di correre assieme nel Lazio, dove ha presentato una propria candidata, il volto televisivo Donatella Bianchi, accreditata di circa il 17%. Unito al 35% di D’Amato avrebbe significato battere il rappresentante designato dalla corte meloniana, Francesco Rocca, dato al 43%. La discesa in campo di Moratti ha terrorizzato il centrodestra. Con l’appoggio del PD avrebbe conquistato la Regione

Fino alla candidatura Rocca è stato il presidente della Croce Rossa Italiana. Prima avvocato, poi manager ospedaliero, è circondato da buona stima. Perfino la gioventù spericolata, problemi di droga con una condanna per spaccio, si è tramutata nel trionfo della riabilitazione al servizio della comunità. La sua campagna elettorale si è basata sulla difesa dei troppi vulnerabili. Tuttavia sta inanellando una gaffe dopo l’altra e, a livello personale, sembra raccogliere meno voti dei partiti, che lo sostengono. A dispetto degli avversari, la sua vera forza è la loro disarticolazione. Sembra colpire anche Azione di Carlo Calenda e Matteo Renzi, descritti in crescente dissenso e lontani dal costituire un sostanzioso terzo polo, eventuale arbitro della contesa fra destra e sinistra. Anch’essi sono a rischio ridimensionamento. Forse è il motivo dell’improvvisa sintonia con Meloni: si offrono come ancora di salvataggio in alternativa a Salvini e nella speranza di attrarre i naufraghi di Forza Italia alle prese con l’inesorabile invecchiamento di Berlusconi.

Se nell’ultimo triennio larga parte dei sudditi di Sua Maestà ha accusato i colpi delle crisi innescate da Brexit e pandemia, i super ricchi invece non sono solo diventati più ricchi, ma anche più numerosi. I titolari di patrimoni a nove zeri, infatti, dal 2020 al 2022 sono aumentati del 20%, passando da 147 a 177. Un trend in corso da tempo (nel 1990 i miliardari erano appena 15), ma che negli ultimi anni ha subito un’accelerazione anche per effetto degli interventi di Governi e banche centrali volti a contenere le ripercussioni dell’emergenza sanitaria globale. L’azione della Banca d’Inghilterra – come del resto quella di istituti di credito in altri Paesi – azzerando il tasso di sconto e pompando liquidità nell’economia, alla fine si è rivelata un’arma a doppio taglio. Ha favorito infatti un exploit di ricchezza a beneficio dei miliardari, sulla pelle delle fasce meno abbienti. A lanciare l’allarme è l’associazione britannica no profit Equality Trust, secondo la quale il tentativo di evitare una delle peggiori recessioni della storia, sostenendo imprese, famiglie e Governo con un minore costo del denaro, ha avuto l’effetto boomerang di gonfiare il prezzo dei beni a vantaggio di ricchi investitori che hanno ammassato profitti sia sul mercato mobiliare che su quello immobiliare.

Per fare un esempio, secondo un’indagine svolta da Resolution Foundation, il 10% della fascia più ricca residente in Gran Bretagna – cui fa capo quasi il 60% della ricchezza del Paese – durante la pandemia ha registrato guadagni di oltre 50mila sterline solo grazie all’aumento dei prezzi delle case la ricchezza del Paese ed è ora che il Governo intervenga». e al fatto di avere avuto meno opportunità di spesa. Intanto, secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Joseph Rowntree Foundation, sono ben 13,4 milioni le persone che vivono sotto la soglia di povertà in Gran Bretagna, la metà delle quali non può permettersi cibo, acqua e riscaldamento. Circa 1,3 milioni di poveri hanno meno di 12 anni: un bambino britannico su quattro. Sono numeri sconvolgenti che delineano un divario economico e sociale nel Regno Unito senza precedenti. Tuttavia non è una situazione irreversibile.

Dal 1990 a oggi il patrimonio nel Regno Unito dei super-ricchi è salito –tenuto conto dell’inflazione – da 53,9 ad oltre 653 miliardi di sterline, registrando così un incremento superiore al 1000% in 32 anni. I miliardari, inoltre, se a quell’epoca erano appena 15, con la regina Elisabetta in testa quando il suo patrimonio computava ancora la collezione d’arte reale, adesso sono quasi 180 e contano molti stranieri. Nel secolo scorso, nella celebre Sunday Times Rich List – la celebre lista dei Paperon de’ Paperoni del Regno compilata ogni anno dal domenicale – spiccavano aristocratici, magnati del petrolio o dello shipping. Oggi nella top ten l’unico nato in Gran Bretagna è l’imprenditore di apparecchi domestici James Dyson, che – con una fortuna di 23 miliardi sterline – svetta al secondo posto, fra due coppie di fratelli indiani: gli Hinduja, al primo posto con quasi 28,5 miliardi di sterline di patrimonio accumulato puntando sui veicoli elettrici e i Rubens, immobiliaristi con asset per oltre 22 miliardi di sterline. Nelle prime dieci posizioni figurano anche l’ucraino Lev Blavatnik, lo svizzero Guillaume Pousaz e l’indiano Lakshmi Mittal. Per entrare nella graduatoria bisogna essere nati nel Regno Unito, avere la cittadinanza britannica o la residenza nel Paese, oppure possedere ingenti risorse nel Regno. La progressiva trasformazione dell’economia britannica avviata a partire dagli anni Settanta da manifatturiera a finanziaria e i legami del Regno con ex colonie divenute paradisi fiscali, come le Isole Vergini Britanniche o le Cayman Islands, hanno sicuramente contribuito all’attrazione di capitali stranieri, alla polarizzazione della ricchezza e all’aumento dei divari nella società.

«Chiediamo al Governo di tassare la ricchezza in linea con il reddito, riformare il settore finanziario e porre fine agli schemi che incoraggiano l’elusione fiscale», ha dichiarato a «The Guardian» Jo Wittams, co-direttrice esecutiva di Equality Trust. «Due terzi dell’opinione pubblica britannica concorda che i lavoratori non percepiscono una quota adeguata del-

Come mettere lo stop a una situazione che sta diventando via via più insostenibile? Oltre all’introduzione di tasse patrimoniali progressive mirate a redistribuire la ricchezza, Equality Trust propone una profonda riforma del settore finanziario con l’implementazione di regole che mettano fine a destabilizzanti speculazioni e l’eliminazione di strumenti che creano indebiti vantaggi. Quanto ai servizi pubblici essenziali, dovrebbero tornare in mano pubblica per assicurare che i bisogni primari dei cittadini possano essere soddisfatti a prezzi ragionevoli.

L’idea di introdurre patrimoniali sui super-ricchi per ridurre le ineguaglianze esacerbate dal costo della vita ora alle stelle è stata di recente promossa anche da economisti come il premio Nobel Usa John Stiglitz e anche da alcuni super-ricchi in persona. Centinaia di miliardari e multimilionari provenienti da varie parti del mondo – inclusa l’erede Disney, Abigail Disney, e l’attore Mark Ruffalo – si sono presentati infatti al World Economic Forum di Davos con lo slogan: «Tassate noi, ultra-ricchi, adesso». Il fenomeno, infatti, non riguarda solo il Regno Unito ma ha dimensioni più vaste, come evidenziato da un recente studio di Oxfam, secondo il quale due terzi della nuova ricchezza prodotta dall’inizio della pandemia è finita nelle mani dell’1% più ricco della popolazione.

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