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L’abbraccio tra guerra e musica

Pubblicazione ◆ Che suono hanno i conflitti? Lo racconta Carlo Piccardi nella sua ricerca storica

Davide Fersini

«La guerra non è finita! La guerra non finirà mai!» Con queste tragiche battute cantate dal reduce Gennaro Jovine si conclude Napoli milionaria!, l’ultima opera di Nino Rota su libretto di Eduardo De Filippo. E a scorrere le seicento pagine dell’ultimo volume di Carlo Piccardi per Il Saggiatore, verrebbe proprio da dargli ragione. Non importa, infatti, quanto si conosca o si ricordi della storia studiata sui libri di scuola; la prima dolorosa impressione che emerge man mano che si procede nella lettura è che non esista un decennio della vicenda europea o mondiale, che non sia stato funestato da una qualche forma di conflitto, scontro, battaglia o addirittura guerra. L’inevitabile vicinanza e la conseguente quotidianità di questa sciagura hanno modificato a tal punto le vite delle popolazioni coinvolte, da produrre un decantato artistico nel quale le infinite schegge del discorso bellico si sono conficcate in maniera profonda e indelebile. E la musica non ne è uscita indenne.

Proprio da questo assunto è partito Piccardi nella sua ricerca – quasi come un antropologo o un archeologo –per riportare alla luce le tracce lasciate dalla lunga convivenza con la guerra nella produzione musicale dal rinascimento a oggi. Una composizione via l’altra, un autore dopo l’altro, lentamente si delinea, in primo luogo, una cronaca asciutta eppure sbalorditiva del rapporto fra musica e potere: un rapporto fatto di cortigianeria e asservimento che gradualmente si trasforma in convinta partigianeria e infine, a seconda della prospettiva da cui lo si guarda, diviene fiera propaganda o radicale opposizione. Una volta terminato Il suono della guerra si matura, così, una nuova sconcertante consapevolezza: non solo la musica non è mai stata una forma d’arte indipendente, ma non ha mai nemmeno cercato di sottrarsi alla mischia; e non per una innata natura guerrafondaia dei musicisti, ma perché sarebbe stato semplicemente impossibile.

Come avrebbe potuto Händel non omaggiare con un oratorio – Judas Macabaeus – il duca di Cumberland dopo la vittoria della battaglia di Culloden; o, ancora, come si sarebbe potuto sottrarre Beethoven, nell’anno del Congresso di Vienna, alla scrittura di un pezzo inneggiante alla restaurazione quale La vittoria di Wellington; o, infine, come poteva Wagner non scrivere una cantata per esaltare i successi della Germania contro la Francia nel 1871 (All’esercito tedesco di fronte a Parigi)? In effetti si tratta solo di domande retoriche poiché, fino a quando la musica non si è potuta sganciare dalle committenze, i compositori sono stati anch’essi soldati, ossia, stando all’etimologia della parola, prestatori d’opera al soldo di un potente in grado di pagare.

D’altra parte, però, basterebbe la mera enumerazione di titoli inanellati da Piccardi nell’indice finale, per mostrare chiaramente come la torbida fascinazione esercitata sugli autori nel corso del tempo dal tema della guerra, non avrebbe potuto né sussistere né prosperare senza un corrispettivo interesse anche da parte del pubblico. Solo così si può giustificare la stima impres-

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sionante di 80’000 libretti d’opera dedicati a questo argomento nel lasso di tempo che va dall’invenzione del melodramma nel Seicento fino ai giorni nostri; un’infiltrazione tanto capillare e diffusa da determinare persino una graduale modifica nella composizione dell’orchestra e nella costruzione degli strumenti, al fine di ricreare in teatro, con maggiore realismo, gli inni e le fanfare dei campi di battaglia. Tuttavia, all’apice del proprio successo in musica, la guerra dovette pagare l’inevitabile scotto per una popolarità così esplosiva e dirompente: quelle trame cariche di pathos si trasformarono in spassosissime parodie e i personaggi gallonati in coloratissime caricature, come il General Boum de La Grande-Duchesse de Gérolstein di Offenbach, figura prototipica di tutti i militari da operetta, che fieramente se ne va A cheval sur la discipline Ma lo sforzo enciclopedico di Piccardi non si limita a raccontare le opere. Tra queste pagine dense di date, titoli e conflitti affiorano le storie personali e le tragiche vicende di musicisti che nella guerra hanno creduto al

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La cantante soprano Liudmyla Monastyrska e i musicisti dell’Orchestra ucraina per la libertà guidati dal direttore d’orchestra Kerii-Lynn Wilson. (Keystone)

Un Arlecchino muto

Concorso ◆ A teatro con «Azione»

La trama di Arlecchino muto per spavento è quella «classica» della Commedia dell’Arte, con un amore contrastato e lazzi e improvvisazioni. Il giovane Lelio, lasciata Venezia e giunto a Milano, pretende sia fatta giustizia: nella sua patria si è follemente innamorato di Flamminia, figlia di Pantalone De’ Bisognosi, ampiamente ricambiato. Ma il padre della giovane l’ha già promessa in sposa a Mario, sebbene questi ami la risoluta Silvia. Risate e colpi di scena per un appuntamento imperdibile grazie alla pièce prodotta da Stivalaccio Teatro e che sarà in cartellone il 13 e il 14 febbraio a Locarno. (www.teatrodilocarno.ch) punto da prendervi parte – per poi, in alcuni casi, non tornare più indietro –ma anche episodi inverosimili come la marcia di Toscanini con la banda divisionale dei quattro reggimenti di stanza presso la Sella del Vodice, per ascendere alle prime linee del Montesanto e, infine, il 26 agosto 1917 eseguire un concerto per le truppe che scatenò l’offensiva degli Austriaci.

L’abbraccio tra guerra e musica, insomma, fertile e al contempo mortale per diversi secoli, sembra essere rimasto inscindibile fino al conflitto del Vietnam, dopodiché più nulla. In quel momento, la guerra è uscita dal dibattito pubblico per diventare asettico reportage da regioni troppo periferiche per destare interesse; e la musica, sostiene Piccardi, insieme al resto della società, ha voltato lo sguardo. Ma il 24 febbraio 2022 le cose sono cambiate. E adesso che cosa farà la musica?

Bibliografia

Carlo Piccardi, Il suono della guerra. La rappresentazione musicale dei conflitti armati, Il Saggiatore, Milano, 2022.

Concorso

«Azione» mette in palio 5x2 biglietti per lo spettacolo Arlecchino muto per spavento che andrà in scena al Teatro di Locarno martedì 14 febbraio 2023 (ore 20.30). Per partecipare al concorso inviare una mail entro giovedì 9 febbraio 2023 a giochi@ azione.ch (oggetto: «Arlecchino») indicando i propri dati personali.

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