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Buono cultura
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Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura
edizione
08 MONDO MIGROS
Pagine 4 / 6 – 7 ●
SOCIETÀ
TEMPO LIBERO
ATTUALITÀ
CULTURA
Fino a quando avremo ancora dei ghiacciai in Ticino? Forse solo fino al 2030
La storia di Primo Carnera, pugile tanto gigante quanto amato, nella graphic novel di Davide Toffolo
Il 3 marzo siamo chiamati al voto per la tredicesima AVS e l’innalzamento dell’età pensionabile
Dal Locarnese alla Francia: Renato Martinoni e Lorenzo Planzi raccontano storie di emigrazione
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◆
Quei nasi così importanti
Stefania Prandi
Lady Gaga. (Keystone)
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L’amore ai tempi della guerra Carlo Silini
Cinque giorni fa, mentre ci arrabattavamo per portare a casa delle rose e una confezione di truffes per San Valentino, Cupido ci ha trafitto non col dardo dell’amore, ma con quello del dubbio suggerendoci una domanda scomoda e necessaria: come si può celebrare la festa degli innamorati in tempo di guerra? Si può, naturalmente. Anzi, si deve. È un antidoto alla violenza che ci accerchia. Ma, quest’anno, il contrasto tra le notizie dai fronti bellici e l’aura romantica e leggera della festa da noi era più stridente del solito. Non disponiamo di statistiche sul numero di vedove e vedovi nei «nuovi» conflitti. Del resto, a Gaza e in Israele il discorso è complicato: non c’è una battaglia simmetrica tra eserciti nemici con le donne a casa e gli uomini al fronte. La razzia dei macellai di Hamas il 7 ottobre si è scatenata sulle e sui civili israeliani
con assoluta disparità di mezzi aggressivi e difensivi. Lo stesso vale per la replica degli israeliani, checché ne dica Netanyahu: non riesce a selezionare solo obiettivi militari e/o terroristici, ma colpisce un groviglio di donne, vecchi, uomini e bambini, che – senza possibilità di scelta e di fuga – ingloba i militanti di Hamas. In quello scenario d’odio e cancellazione del nemico, su un fronte e sull’altro, di storie d’amore spezzate se ne contano già a migliaia. In Russia, invece, l’unico accenno di dissidenza a Putin viene dalle mogli dei soldati che lasciano mazzi di fiori davanti al Tumulo del Milite Ignoto, vicino al Cremlino, e chiedono il ritorno dei mariti e la fine delle ostilità. Mentre in Ucraina esiste un’associazione che sostiene più di tremila donne che hanno perso il compagno in battaglia. Una delle loro leader, Oksana Borkun, ha rilasciato un’intervista straziante: «Dopo aver
perso il mio amato, mi sono trovata nel buio più completo, senza aria, con mille aghi nel corpo e un abisso senza fondo nel petto. È come svegliarsi ogni mattina e morire ancora e ancora». La storia dell’arte propone il tema mitologico dell’amore tra Venere e Marte mettendo in scena l’armonia dei contrari. Nel dipinto di Sandro Botticelli conservato nella National Gallery di Londra che illustra questa passione, Venere, dea dell’amore, osserva Marte, dio della guerra, abbandonato al sonno tra una corona di piccoli fauni che giocano con le sue armi. Solo l’amore può disarmare e addormentare la pulsione alla guerra. Non a caso l’umanista Marsilio Ficino, coevo di Botticelli, sosteneva la superiorità di Venere su Marte. E noi con lui. Ma è una superiorità solo morale, purtroppo, perché – come sa Oksana Borkun – sul campo di battaglia (e fuori) vince quasi sempre l’odio e, con esso, la morte.
Pensiamo al messaggio di quel quadro e immaginiamo i tanti soldati e gli innumerevoli civili che svaniscono nella pazzia delle guerre, lontano dalle persone che accendono la loro gioia, alcuni – giovanissimi – prima ancora di scoprire l’amore. C’è una colonna sonora per questo: O surdato 'nnammurato, canzone scritta nel 1915 da Aniello Califano e musicata da Enrico Cannio. Un soldato al fronte nella Prima guerra mondiale canta: «Oje vita, oje vita mia oje core ’e chistu core si’ stata ’o primmo ammore e ’o primmo e ll’urdemo sarraje pe’ me!» (O vita, o vita mia, o cuore o questo cuore, sei stato il primo amore, il primo e l’ultimo sarai per me). Un inno alla vita che potrebbe essere il canto delle e degli ucraini, russi, palestinesi e israeliani che hanno perso o non hanno avuto il tempo di trovare le anime e i corpi di chi li avrebbe resi perdutamente felici.
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Settimanale di informazione e cultura
Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
azione – Cooperativa Migros Ticino
MONDO MIGROS
Competizioni e giochi sulla neve
Raclette Airolo sarà teatro il 24 febbraio della gara Grand Prix Migros e il 25 del Migros Ski Day: al Bellavista
Sponsoring ◆ un’indimenticabile giornata di famiglia sulle piste da sci (nel segno dell’inclusività)
La nuova stagione del Grand Prix Migros è stata inaugurata a Saas-Fee il 7 gennaio. Dopo le seguenti dieci gare di qualificazione in diversi comprensori sciistici della Svizzera, la manifestazione si concluderà in grande stile con la finale della stagione (Hoch-Ybrig, tra il 21 e il 24 marzo), in cui i bambini e i ragazzi più veloci delle rispettive gare di qualificazione si sfideranno in due giornate di gara.
Momenti indimenticabili sulla neve per grandi e piccoli.
Concorso ◆ Vincete i due ticket in omaggio per la serata del 2 marzo 2024 all’insegna dell’amato piatto
Un ricordo digitale Per ogni partecipante verrà realizzato un video individuale che comprenderà un intervento di Jann Billeter (presentatore TV svizzera) e la gara individuale del partecipante. Questo video, offerto e finanziato da Migros e Sunrise, sarà disponibile gratuitamente per i partecipanti alla gara subito dopo il rispettivo evento.
Ski Day fa tappa ad Airolo
are che anche le famiglie con bambini e ragazzi affetti da disabilità sono benvenuti al Migros Ski Day. L’iscrizione avviene allo stesso modo, per mezzo del modulo d’iscrizione al Migros Ski Day.
Sabato 24 febbraio ad Airolo di terrà il Grand Prix Migros e domenica 25 le famiglie che amano lo sci potranno approfittare del Migros Ski Day, un’indimenticabile giornata sulle piste a un prezzo speciale: ci si potrà scatenare sugli sci o sullo snowboard coi membri della propria famiglia per soli Fr. 95.–*. Il Migros Ski Day è uno Unified Event ufficiale e si svolge in collaborazione con la fondazione Special Olympics Switzerland (presente in veste ufficiale ad Airolo il 25 febbraio): ci teniamo a sottoline-
Condizioni di partecipazione e costi • 3-5 persone per famiglia, con sci o snowboard • A lmeno un bambino nato nel o dopo il 2010, massimo due adulti
• Possibilità di un massimo di due partecipazioni per famiglia e per stagione. La tassa d’iscrizione ammonta a Fr. 120.– per famiglia. * I membri di Famigros e di SwissSki usufruiscono di uno sconto di Fr. 25.– e pagano per la giornata sciistica con tutta la famiglia solo Fr. 95.–. Info e iscrizioni www.gp-migros.ch/it www.migros-ski-day.ch/it
In tandem al museo, perché no?
Sponsoring ◆ Avete voglia di una visita al museo ma preferireste non andarci da sole o da soli? La soluzione è «TaM – Tandem al Museo»
Avete in programma una gita in Svizzera con tanto di visita in un Museo, ma avreste voglia di andarci in buona compagnia? Oppure vorreste conoscere un angolo del Ticino che non avete ancora visitato, ma vi piacerebbe avere qualcuno con cui condividere le impressioni della vostra visita, così da dare il via a uno scambio arricchente per entrambe/i? «TaM – Tandem al Museo» vi incoraggia a visitare un museo con persone che non avete mai incontrato prima o che conoscete appena e che, in veste di volontarie (in tutta la Svizzera sono oggi già più di 300), mettono al servizio del prossimo la propria passione per l’arte e i luoghi che la ospitano.
Come funziona? Non c’è bisogno di molto per TaM.
Al museo in due per un’esperienza condivisa.
Solo la curiosità per un museo, il desiderio di conoscere un’altra persona e di condividere tempo e pensieri. Sul sito dell’iniziativa potete selezio-
nare la regione e il museo di vostro interesse, nonché la persona dalla quale vorreste essere accompagnate/i. Potrete a quel punto contattarla per email e pianificare insieme la vostra visita. I musei ticinesi che hanno aderito all’iniziativa sono, per il Sopraceneri: Casa Anatta ad Ascona, Museo Villa dei Cedri a Bellinzona, Museo di Val Verzasca a Sonogno, Centro Elisarion a Minusio, Walserhaus a Bosco Gurin, Casa Suore Don Guanella a Maggia, Museo Mecrì a Minusio. Per il Sottoceneri: Museo Vela a Ligornetto, Fondazione Gabriele e Anna Braglia a Lugano, Fondazione d’arte Erich Lindenberg a Porza, Museo Hermann Hesse a Montagnola, Museo Plebano ad Agno, Museo Cantonale di storia naturale a Lugano e m.a.x. Museo a Chiasso. TaM è gratuito.
Le storie Tam Potrete diventare anche voi parte di questo progetto in modo molto semplice: durante la vostra visita al Museo fotografate l’oggetto che vi ha maggiormente colpito e pensate a un commento che lo possa riguardare o raccontare, scattate un vostro selfie, compilate il formulario online e in un attimo il vostro contributo sarà sul sito. Se lo desiderate, potete diventare anche volontarie o volontari. Informazioni www.tim-tam.ch/it Coordinatrice per la Svizzera italiana: Loana Butu, tel. 079 471 25 92.
Nel corso di tutto l’inverno il Buffet Bellavista, situato a 1200 metri lungo la linea che porta in vetta al Monte Generoso, offrirà una serie di serate all’insegna della buona cucina regionale. Il ristorante, da poco ristrutturato, grazie a un’atmosfera intima e curata, incanterà gli ospiti. «Azione» estrarrà a sorte settimanalmente due ticket per scoprire la bellezza del Monte Generoso. Il prossimo 2 marzo ritorna l’amato appuntamento con la raclette. Il menù comprende salumi, raclette con cetriolini, patate, cipolle e il Tiramisù TiraminVetta. Dove e quando Serata raclette sabato 2 marzo 2024, Buffet Bellavista. Orari: partenza da Capolago ore 19.00, discesa da Bellavista ore 21.30. Prezzi: Trenino e menù a 3 portate, bevande escluse: adulti CHF 60.–; ragazzi 6-15 anni CHF 40.–; bambini 0-5 anni treno gratuito. Info e prenotazioni www.montegeneroso.ch
Concorso «Azione» mette in palio due ticket per il 2 marzo 2024 che includono ciascuno un biglietto andata e ritorno a bordo del trenino a cremagliera e la cena di tre portate. Per partecipare al concorso mandare una e-mail a giochi@azione.ch (oggetto «raclette»), indicando i propri dati, entro domenica sera 25 febbraio 2024 (estrazione 26 febbraio). Buona fortuna!
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azione
Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Abbonamenti e cambio indirizzi tel +41 91 850 82 31 lu–ve 9.00–11.00 / 14.00–16.00 registro.soci@migrosticino.ch
Redazione Carlo Silini (redattore responsabile) Simona Sala Barbara Manzoni Manuela Mazzi Romina Borla Natascha Fioretti Ivan Leoni
Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Telefono tel + 41 91 922 77 40 fax + 41 91 923 18 89 Indirizzo postale Redazione Azione CP 1055 CH-6901 Lugano
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Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino tel +41 91 850 81 11 Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria – 6933 Muzzano Tiratura 97’925 copie
Settimanale di informazione e cultura
Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
azione – Cooperativa Migros Ticino 5
SOCIETÀ ●
L’anno bisestile del Drago verde Tra realtà e finzione, per l’oroscopo orientale sono iniziati dodici mesi dedicati al segno più potente dello zodiaco astrologico cinese
Più residenze collettive che unifamiliari La grande rampa al centro della SUPSI di Mendrisio ospita la mostra del Premio SIA 2024 aperta al pubblico fino all’8 marzo
L’inarrestabile fusione dei ghiacciai Basòdino, Valleggia, Bresciana e Corno sono ormai agli sgoccioli nonostante un’annata climaticamente meno traumatica della precedente
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Una questione (anche privata) di naso
Pubblicazioni ◆ Caro Verbeek è un’esperta di nasi, nel suo libro racconta le molteplici maniere usate, nel corso dei secoli, per raffigurarli, connotarli, esaltarli e metterli in ridicolo Stefania Prandi
Caro Verbeek potrebbe essere definita una «nasologa», se la parola esistesse. Dato che però questo neologismo non è ancora stato creato, posso soltanto permettermi di definirla un’«esperta di nasi». Una specializzazione particolare: Verbeek non ha fatto una scuola ad hoc per studiare i nasi, ma ha seguito un percorso iniziato a partire dalla sua esperienza. Lei e i suoi genitori, infatti, sono stati tutti benedetti da un naso – per usare le sue parole – «prominente». Sua madre, da bambina, a scuola veniva soprannominata «Ringo», come il batterista e cantante dei Beatles «dotato di un organo olfattivo particolarmente evidente». Anche il padre di Verbeek «aveva una proboscide formidabile». La combinazione dei geni dei suoi genitori è stata responsabile della forma e delle dimensioni del punto centrale del suo viso. Da adolescente, Verbeek si vergognava a tal punto del suo profilo che per anni, andando in bicicletta, non osava superare nessuno, perché temeva di ricevere qualche commento spiacevole. Il disagio è continuato anche da adulta. Una volta un presentatore televisivo l’ha annunciata con le parole: «Una donna di gran fiuto». Anni dopo un musicista professionista le ha detto, fissandola: «Hai proprio un naso grosso. È per questo che ti occupi degli odori, vero? Anche i musicisti hanno sempre le orecchie grandi».
Cleopatra era rappresentata con un importante profilo aquilino per emulare quello dei potenti sovrani maschi Verbeek non si è persa d’animo. Anzi, ha deciso di puntare su questa sua caratteristica: è diventata storica dell’arte e ricercatrice specializzata in Storia culturale dei sensi. Insegna alla Vrije Universiteit di Amsterdam e dal 2010 progetta tour olfattivi e laboratori per musei e altre istituzioni. E ha appena pubblicato Sul naso. Una storia culturale (Il Saggiatore), volume nel quale disquisisce della parte che più di ogni altra sta – letteralmente – sotto ai nostri occhi, e delle molteplici maniere usate, nel corso dei secoli, per raffigurarla, connotarla, esaltarla e metterla in ridicolo. Una rassegna che parte dal profilo aquilino di Cleopatra, esagerato nelle rappresentazioni per emulare quello dei potenti sovrani maschi, e passa a quello storto di Michelangelo, conseguenza di un pugno ben assestato e causa della sua ossessione estetica per i nasi fini, arrivando fino al naso «impossibile» di Barbie. Verbeek spiega ad «Azione» che nel suo libro ha delineato come le va-
rie forme del naso siano state interpretate nelle diverse epoche. Da storica dell’arte, ha notato che i ritratti su tela erano spesso adornati con nasi particolarmente grandi e caratteristici. «Per millenni si è creduto che la forma del naso fosse l’espressione del carattere o della professione. I dipinti di grandi personaggi arrivati a noi non erano fotografici, ma dovevano riflettere l’aspetto interiore. Un naso aquilino, per esempio, al tempo di Dante era visto come l’espressione di talento poetico. Anticamente il naso adunco rappresentava, invece, qualcuno dotato di coraggio e lealtà, mentre nel 1700 indicava un desiderio di potere e un temperamento volitivo». I canoni di bellezza, però, cambiano. Purtroppo per chi di noi ha profili irregolari o importanti, l’ammirazione per i nasi grossi è caduta in disgrazia un secolo fa, soppiantata dal modello piccolo, chiamato «celestiale». Nel 1956 Barbie ha rappresentato un passaggio epocale: secondo la studiosa Alexandra Jaudio nessun altro prodotto ha influito sugli standard estetici quanto la bambola dai lineamenti «perfetti». Comunque c’è chi sta iniziando – finalmente – a ribellarsi a certe regole. I nasi non conformi alla norma, scrive Verbeek, non vengono più evitati dai mezzi di comunicazione tradizionali. «Rivoluzionaria è stata, per esempio, la copertina del “Wall Street Journal Magazine” che mostrava il profilo deciso della regista Sofia Coppola». Da giovane, la figlia di Francis Ford Coppola si sentì dire da un chirurgo plastico che «sarebbe stata molto bella» se si fosse sottoposta a un intervento al naso. Ma lei ha preferito rinunciare al bisturi. Un’altra celebrity che non ha accettato di piegarsi alla chirurgia estetica è Lady Gaga. Agli inizi della sua carriera le dissero di farsi ritoccare il naso, ma lei non ascoltò il consiglio perché «voleva restare quella che era». Barbra Streisand è stata una pioniera della difesa del profilo autentico e non ha mai ceduto alle seduzioni della rinoplastica. «La sua bellezza – osserva Verbeek – affascina in un modo che trattiene lo sguardo, senza che si riesca a capire il perché. I suoi occhi misteriosi, un po’ malinconici, sicuramente contribuiscono all’effetto, ma non quanto il centro del suo volto». Nel suo libro Verbeek non racconta solo l’estetica, ma anche il «naso interno», e quindi l’olfatto. Stando a quanto scoperto dallo scienziato Andreas Keller, siamo in grado di distinguere dieci miliardi di odori diversi. Se abbassassimo il naso fino al suolo, come molti animali, saremmo capaci di seguire anche bendati una traccia olfattiva (per esempio di cioccolata)
Una bellissima Barbra Streisand; l’attrice è stata una vera pioniera della difesa del profilo autentico e non ha mai ceduto alle seduzioni della rinoplastica. (Wikimedia)
sul terreno, secondo gli studi di Noam Sobel e Jess Porter dell’Università di Berkeley. E il rinomato psicologo olandese Ep Köster ha dimostrato che abbiamo tutti un odore di famiglia e che siamo in grado di riconoscerlo. C’è una spiegazione evolutiva per il fatto che disponiamo di un olfatto così acuto: ne abbiamo bisogno. Il naso sembra essere un impor-
tante consigliere soprattutto sul piano sociale. Monique Smeets e Jasper de Groot, ricercatori all’Università di Utrecht, hanno provato che possiamo fiutare le emozioni degli altri e farle nostre per rendere più saldi i rapporti sociali: se un mammifero diffonde l’odore della paura quell’emozione «contagia» il resto del gruppo, mettendo tutti in allerta.
Ma «i nasuti» possiedono un fiuto migliore degli altri, viene spesso chiesto a Verbeek? Probabilmente no, risponde l’autrice. «La quantità di recettori che può ospitare un nasino grazioso differisce assai poco da quella di un pronunciato naso aquilino». L’unico beneficio potrebbe essere che, con le narici più larghe, arriva più velocemente ossigeno ai polmoni.
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Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
azione – Cooperativa Migros Ticino
MONDO MIGROS
Un taglio di carne versatile
Attualità ◆ Con l’aletta di manzo si possono preparare saporiti piatti della tradizione, ideali per ogni occasione Mettetevi alla prova con una gustosa ricetta, approfittando anche dell’offerta speciale di questa settimana
La ricetta Brasato di manzo al peperoncino Ingredienti per 4 persone • 1,5-2 kg d’aletta o arrosto spalla di manzo • 10 peperoncini rossi • 1 cucchiaino di sale • 200 g di sedano rapa • 200 g di porri • olio per la cottura • 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro • 5 dl di vino rosso • 3 dl di fondo di manzo • ¼ di mazzetto di prezzemolo Come procedere
Che si tratti del classico brasato, di un saporito arrosto o stracotto, oppure ancora di un tenero bollito, l’aletta di manzo permette di realizzare piatti semplici ma ricchi di aroma. Il taglio viene ricavato dalla parte anteriore corrispondente alla spalla dell’animale. Si caratterizza per la sua buona marmorizzazione di grasso e la presenza di tessuto connettivo, i quali, sciogliendosi durante la cottura, rendono la carne particolarmente saporita e succosa. Per questa ragione l’aletta si presta molto bene per le cotture lente, dolci e prolungate che permettono di ammorbidire la carne conservandone tutti i succhi e i sapori, arricchendosi al contempo degli aromi degli altri ingredienti presenti nella preparazione, come verdure e condimenti vari.
Carne svizzera di qualità
Azione 27% Aletta di manzo IP-SUISSE per 100 g Fr. 2.70 invece di 3.70 dal 20.2 al 26.2.2024
La carne di manzo certificata IP-SUISSE proviene da animali nati e allevati in Svizzera nel rispetto delle esigenze dei programmi della Confederazione relativi al benessere animale. I manzi sono allevati in gruppo in stalle illuminate con luce naturale e lettiera. Il bestiame può muoversi liberamente e può uscire regolarmente all’aperto su un pascolo erboso nei mesi caldi o comunque in un recinto esterno nei pressi della fattoria.
1. Dimezzate i peperoncini per il lungo e privateli dei semini. Con un coltello appuntito infilzate la carne e infilate mezzo peperoncino in ogni taglio. Salatelo tutt’intorno. Tagliate il sedano e i porri a bocconi. 2. Scaldate il forno statico a 180 °C. Fate rosolare la carne in un tegame capiente nell’olio a fuoco alto per circa 5 minuti. Toglete la carne dal tegame e nella stessa fate rosolare le verdure nel fondo di cottura. Unite il concentrato di pomodoro e fatelo rosolare poi sfumate con il vino e lasciate ridurre un po’ il liquido. Aggiungete il fondo di manzo, estraete le verdure e mettetele da parte. Accomodate nuovamente la carne nel tegame. L’arrosto dovrebbe essere immerso nel liquido per circa due terzi. 3. Coprite il tegame con il coperchio e lasciate cuocere la carne in forno a 180 °C per circa 90 minuti (prova cottura) finché si ammorbidisce. Estraete la carne dal sughetto, avvolgetela nella carta alu e lasciatela riposare nel forno spento per circa 10 minuti. Aggiungete le verdure messe precedentemente da parte nel sughetto e lascia ridurre un po’ il liquido. Affettate il brasato, accomodate le fette di carne sulle verdure e irrorate con la salsa. Guarnite con prezzemolo.
Invitante delizia
Novità ◆ I nuovi cioccolatini Baci Perugina Original Dark promettono momenti di piacere unici
Il celebre marchio italiano Baci Perugina arriva sugli scaffali di Migros Ticino con i noti cioccolatini Original Dark. Queste fondenti delizie si caratterizzano per il loro morbido cuore al gianduia e croccante granella di nocciole, il tutto arricchito con una nocciola intera e infine ricoperto da un doppio strato di finissimo cioccolato fondente Luisa. Ispirati alla ricetta originale del 1922 di Luisa Spagnoli, anche queste irresistibili creazioni contengono naturalmente il tradizionale cartiglio recante le più belle frasi d’amore. Insomma, un’esperienza speciale ideale come regalo per ogni occasione.
Baci Perugina Classico Fondente Luisa Original Dark 175 g Fr. 9.40
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Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
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azione – Cooperativa Migros Ticino
MONDO MIGROS
Un pane tutto da gustare in edizione limitata
Novità ◆ I pani dal forno a pietra Migros allettano il palato grazie alle loro caratteristiche uniche. Attualmente sugli scaffali vi aspetta quello alle patate dolci. Ma attenzione, è disponibile per un periodo limitato
Una nuova specialità entra a far parte della famiglia dei pani cotti nel forno a pietra, il twister alle patate dolci. Questa croccante bontà, disponibile solo fino a metà aprile, contiene curcuma che regala al pane un caratteristico colore e una nota dolciastra, mentre le patate dolci aggiunte all’impasto di frumento gli donano quel goloso tocco in più leggermente nocciolato. La superficie è cosparsa di semi di girasole. È un pane che si abbina ottimamente a companatici sia dolci sia salati.
Migros propone una decina di varietà di pane cotto nel forno a pietra. La gamma spazia dal twister rustico al twister bianco con farina chiara, dal twister alla zucca alla classica baguette, passando per il pane d’altri tempi, la ciabatta, il rombo scuro fino ad alcuni formati più piccoli come il panino vital, il panino chiaro e il panino a base di farina scura.
I pani dal forno a pietra Migros si distinguono per il loro sapore pronunciato, gli ingredienti 100% naturali e la lunga lievitazione di almeno sei ore. Queste specificità, insieme alla cottura su una piastra di granito, fanno sì che i prodotti possano mantenersi freschi più a lungo, conservando al meglio la croccantezza della crosta e la morbidezza della mollica. Nell’assortimento disponibile nei maggiori supermercati Migros ognuno troverà sicuramente il suo pane favorito.
Twister alle patate dolci dal forno a pietra 400 g Fr. 3.30 In vendita nelle maggiori filiali Migros
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Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
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azione – Cooperativa Migros Ticino
SOCIETÀ
Il «ritorno» del mostro alato
Mondoanimale ◆ Abbia inizio l’anno bisestile del Drago Verde di Legno
Il Capodanno cinese, il 10 febbraio, ha sancito l’anno del Drago verde di legno. Nell’Oroscopo orientale il Coniglio d’acqua lascia dunque il testimone a questa figura mitologica considerata il segno più potente. «Il Drago è l’unico segno zodiacale dei dodici a essere una figura mitologica, mentre tutti gli altri sono animali veri. Simboleggia l’imperatore, il potere magnanimo dei cieli, ed è considerato simbolo di potere e ricchezza tanto che, in Cina, si registrano spesso molte più nascite in occasione degli anni a esso dedicati; avere figli di questo segno è considerata, infatti, una grande benedizione dato che acquisiscono tutte le forze della sua natura, utili poi a ottenere ciò che vogliono». Lo spiega Alessandra Arrigoni Ravasi che ha vissuto qualche anno in Oriente, e che osserva pure un fatto curioso: «Il Drago cade sempre in un anno bisestile. I segni si ripetono ogni dodici anni e gli anni bisestili ogni quattro: dunque è inevitabile». Lo spunto per parlare di draghi «in squame e ossa» ce lo porge l’autorevole rivista scientifica «Nature» che ha pubblicato una ricerca attribuita ai tre studiosi australiani Andrew Hamilton, Robert May ed Edward Waters, meritevoli di aver scoperto delle antichissime carte nella Biblioteca Bodleiana dell’Università di Oxford (una delle più antiche del mondo) che dimostrano l’esistenza dei draghi.
Stando al loro studio, i draghi sarebbero stati particolarmente presenti e prolifici nel Medioevo «a causa del clima favorevole e dell’abbondanza di cavalieri che peraltro costituivano il loro pasto principale». Queste condizioni favorevoli avrebbero quindi incentivato il successo di questa forma di vita nel passato. Sempre secondo gli scienziati, il progressivo calo delle temperature e la minor disponibilità di cibo ne avrebbero segnato l’inevitabile declino: «A partire dall’inizio del XV secolo questi possenti animali hanno vissuto una lunga ibernazione, un “sonno” interrotto in decenni recenti da una serie di cambiamenti, a partire da quelli climatici». Elementi che, sempre secondo i documenti forniti con tanto di fonti verificabili, «potrebbero spingere i mostri volanti a risvegliarsi». Ecco le ragioni per cui gli studiosi australiani hanno suggerito ulteriori ricerche in materia e approfondimenti su materiali ignifughi. Per permettere le opportune verifiche «Nature», rivista scientifica di autorevole serietà divulgativa, si è premurata di fornire anche i contatti dei tre studiosi. Peccato che questo studio rivoluzionario sia stato pubblicato in una data molto sospetta: il primo aprile 2015. Anche se «Nature» ha strizzato l’occhio ai giornalisti scientifici cercando di fornire loro le basi per le ve-
rifiche del caso, è palese che un bel pesce d’aprile con le squame, ma pur sempre solo un pesce, abbia carpito il posto ai novelli draghi. Eppure, tornando con i piedi per terra, in natura i draghi esistono davvero e stavolta non si tratta di uno scherzo: la rivista «Focus» documenta alcuni esempi molto affascinanti di animali viventi (per davvero) che hanno sembianze e talvolta nome di drago. Nessuna scoperta sensazionale, solo la realtà che, nell’anno del Drago, ci permette di presentare alcuni «draghi dei giorni nostri». Innanzitutto, quelli veri non sputano fuoco e non volano («al massimo planano») e alcuni arrivano a pesare anche 70 chili come la più grossa specie di lucertola esistente: il Drago di Komodo (Varanus komodoensis), un temibile cacciatore che può superare i tre metri di lunghezza, noto pure come Varano di Komodo. È carnivoro e si nutre principalmente di carcasse ma gli esperti mettono in guardia: «È in grado di catturare maiali, cervi e bufali indiani vivi». Inoltre ha una lingua biforcuta che gli permette di localizzare le prede da ampie distanze. Dal grande drago a quello piccolo: il Millepiedi dragone (Desmoxytes purpurosea) vive nel Sud-est asiatico. Di colore rosa, è stato scoperto in Thailandia nel 2007 ed è lungo tre centimetri. La sua particolarità sta nelle sue ghiandole che emana-
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Maria Grazia Buletti
no acido cianidrico per cui odora di mandorle amare. Sempre nella stessa regione vive il Drago volante (Draco) che non supera i 25 centimetri, si nutre di formiche ed è dotato di due ali, simili a quelle dei pipistrelli, che gli permettono di planare da un albero a un altro fino a raggiungere gli otto metri di distanza. E i draghi, sempre quelli veri, li troviamo anche sott’acqua come i Dragonetti: pesci tropicali della zona oceanica indo-pacifica che devono il loro nome alle pinne che in alcune specie ricordano le ali di un drago. Molti hanno colori che si mimetizzano con la sabbia per proteggersi dai predatori; per contro, il Pesce mandarino ha colori molto appariscenti. Infine, che dire della Dragonfly (nella foto)? Così si chiama in inglese la Libellula, annoverata tra i veri draghi del regno animale. Vive in tutti i continenti salvo l’Antartide. La specie più grande (Petalura ingentissima) è la più antica (i fossili risalgo-
no addirittura al Giurassico), misura dodici centimetri e vive in Australia. Infine c’è Grisù, e non parliamo del gas combustibile inodore e incolore, bensì del piccolo draghetto che sogna di diventare un pompiere ed è pronto a entrare in servizio ogni volta che arriva un allarme, salvo sputare fuoco suo malgrado invece che erogare acqua per spegnere l’incendio. Certo, Grisù è frutto della fantasia dei cartoni animati ideati nel 1964 dai fratelli Nino e Toni Pagot: storie che lo vedono «realmente» protagonista. Ad ogni modo, conclude Alessandra: «Il drago cinese è immaginario, ma è pur sempre composto da nove animali “reali”: lunga coda simile a un serpente, testa come un cammello, occhi da coniglio, corna come un cervo, bocca da coccodrillo, baffi come un pesce-gatto, criniera del leone, zampe di una tigre, squame come un pesce e artigli d’aquila». A modo suo è un po’ reale pure lui, o no? Annuncio pubblicitario
Settimanale di informazione e cultura
Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
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azione – Cooperativa Migros Ticino
SOCIETÀ
Nuove tendenze nell’architettura ticinese
Esposizione ◆ In mostra a Mendrisio i progetti del Premio SIA 2024, a seguito di scelte ed esclusioni ben argomentate
La grande rampa situata al centro dell’edificio della SUPSI di Mendrisio ospita la mostra del Premio SIA 2024, aperta al pubblico fino all’8 marzo. È il risultato della sesta edizione della manifestazione che seleziona le migliori opere costruite in Ticino e che indica, con l’approssimazione derivante dall’autocandidatura dei partecipanti, qualche significativa tendenza insediativa. I progetti di abitazioni unifamiliari, per esempio, nelle prime edizioni del premio prevalevano, mentre oggi si sono ridotti al 17% delle 54 opere presentate, superati dal 22% delle residenze collettive. Nella cultura diffusa si fa strada, seppur lentamente, il concetto di risparmio dell’uso del suolo e cala l’allontanamento dalla socialità urbana.
Il progetto che ha vinto il premio è l’esito eccellente di un lungo lavoro di analisi e confronto con i residenti Il premio è stato assegnato al progetto di riqualificazione degli spazi pubblici di Monte di Castel S. Pietro di Studioser Architects, Lugano-Zurigo. Una menzione è stata assegnata al Campus SUPSI di Mendrisio di BCMA architectes di Ginevra (nella foto), una menzione all’ampliamento e risanamento dell’ICEC di Bellinzona di Canevascini & Corecco di Lugano e una menzione under 40 alla mensa scolastica della scuola elementare di Viganello di Inches Geleta Architetti di Locarno. Tutti i progetti selezionati sono opere pubbliche (le tre menzioni sono progetti di scuole) e i mandati sono stati conferiti a seguito di concorsi. Il progetto che ha vinto il premio è l’esito eccellente di un lungo lavoro di analisi e confronto con i residenti, praticato da due giovani architetti colti e sensibili, che hanno saputo interpretare il carattere di questo borgo antico, in mezzo ai boschi della valle
di Muggio. Il rinnovo dei pavimenti, le sedute, i corrimani, le fontane e altri manufatti dal disegno elementare ed elegante hanno attrezzato i minuti spazi pubblici del borgo, favorendo soprattutto la frequentazione degli anziani. Un intervento nel suo genere esemplare e già pluripremiato in altre competizioni. La menzione dedicata ai professionisti under 40 è stata conferita all’ampliamento della Scuola di Viganello, costruita negli anni Settanta da Sergio Pagnamenta. Lo spazio per la mensa e per il doposcuola è costruito sulla copertura della scuola, con una struttura metallica leggera e trasparente, sovrapposta ai volumi cementizi dei piani inferiori. A volte succede che l’ampliamento di un edificio preesistente appaia come necessario, nel senso che la condizione precedente, ripensata dopo l’intervento, sembra mancante della parte che è stata aggiunta. Questa «necessità» è una qualità propria delle architetture migliori. Le due menzioni di architettura per la SUPSI di Mendrisio e la «scuola commerciale» di Bellinzona riguardano edifici di grande scala, che si confrontano con il territorio e le sue importanti problematiche. Il primo rinnova in modo significativo la tradizione costruttiva ticinese, introducendo la prefabbricazione pesante. I muri perimetrali portanti, ereditati dagli edifici in pietra, vengono sostituiti da un sistema costruttivo basato sull’assemblaggio di componenti. La colorazione rossa di tutte le parti – un artificio già adottato da Tita Carloni nella scuola gialla di Stabio – conferisce una forte unità alla fabbrica. Il suo aspetto industriale ben si accompagna alla macchina scientifica della formazione universitaria di architetti e ingegneri e rivela all’interno una spazialità inusitata. La lunga rampa distribuisce tutti i locali e forma uno spazio di rara bellezza, che si presta agli usi collettivi più diversi. L’occupazione di suolo minima necessaria e l’adiacenza alla stazione FFS sono
A. Caruso
Alberto Caruso
qualità anch’esse rare di sostenibilità territoriale e sociale. L’ampliamento dell’edificio della scuola commerciale di Bellinzona di Augusto Jäggly – oggetto anche di un raffinato rinnovo interno – è un altro esempio di scelta insediativa intelligente, che stabilisce relazioni contestuali radicalmente nuove. Il rapporto della città con il fiume è stato oggetto di molti progetti moderni diretti a connettere i due paesaggi storicamente contrapposti. L’ampliamento è un nuovo edificio dal fronte razionale e rigoroso, parallelo al primo e sollevato dal suolo, a formare un lungo spazio coperto che ristabilisce la continuità spaziale con i prati della golena fluviale. Non sono invece stati assegnati i previsti riconoscimenti specificamente dedicati ai committenti e alla soste-
nibilità. I lettori appassionati di architettura possono leggere il verbale della giuria (presieduta da Damiano Realini) che motiva le scelte con una capacità critica che si incontra raramente nei verbali dei concorsi, riferite sia ai premi sia alle esclusioni. In sintesi, la giuria ha invitato i committenti privati e pubblici (cioè la politica) a formulare finalmente proposte rivolte, per esempio, a superare i limiti costituiti dalle proprietà, per concepire progetti di più grande scala e capacità trasformativa. Riguardo alla sostenibilità, ha espresso critiche all’uso delle numerose certificazioni labels, invitando a mirare alle questioni fondamentali della cultura della costruzione, facendosi forza con il motto di Luigi Snozzi: «Ogni intervento comporta un dispendio di energia. Costruisci e consuma con senno e sobrietà».
Nelle discussioni tra il pubblico che ha partecipato all’inaugurazione della mostra abbiamo colto una questione ricorrente: perché assegnare un premio così autorevole – che indica le scelte progettuali più adeguate per affrontare le criticità della realtà contemporanea – mettendo in competizione, in una stretta graduatoria, un progetto di cura dei piccoli spazi urbani, con progetti che affrontano temi insediativi di scala territoriale, come quelli di Mendrisio e di Bellinzona? Non sarebbe più efficace al perseguimento degli obiettivi della SIA un sistema come quello della Distinction Romande d’Architecture, che seleziona a pari merito un gruppo più numeroso di progetti meritevoli, invitando a esaminare con attenzione soluzioni a scale diverse e altrettanto esemplari?
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Viale dei ciliegi Simone Saccucci L’ultima ferita Giralangolo (Da 11 anni)
Tanti ingredienti ribollono nel calderone denso di questo romanzo: un percorso adolescenziale di crescita, alla scoperta di sé, un viaggio nel tempo, una riflessione sul potere salvifico delle storie, accenni di lezione su storia e teoria della fiaba. Al netto di quest’ultimo apporto, che a tratti rischia qualche pesantezza didascalica, ad esempio con la citazione d’ordinanza di Jack Zipes (autorevole studioso di fiabe ma certo non l’unico), o con l’addentrarsi aristotelicamente nel discorso dell’«ordine» che le storie apportano alle vicende, contrapposto all’entropia della vita vera, occorre comunque sottolineare gli aspetti interessanti di questo romanzo, in cui possiamo immaginare che l’autore metta tanto di sé, della sua vita professionale di educatore e di cantastorie. La protagonista è Maya, una ragazzina alle soglie dell’adolescenza, che da Parigi si trasferisce con i genitori in un villaggio della Normandia, nella casa dei nonni, i quali per lei rappresentano, e rappresenteranno, un riferimento
di Letizia Bolzani
affettivo forte. Un giorno in cui accompagna il nonno nel bosco, da una guaritrice, Maya viene ferita da un paio di forbici. Questa ferita (tema cruciale nel romanzo, nella sua doppia declinazione di sofferenza e guarigione), aprirà per lei un portale verso un Altrove a ritroso nel tempo, nel XVII secolo, dove si ritroverà nelle vesti di dama di compagnia di Marie-Catherine d’Aulnoy, personaggio realmente esistito e donna dalla vita rocambolesca, nota soprattutto come Madame D’Aulnoy, autrice di celebri fiabe. Maya viaggerà avanti e indietro nel tempo, vivrà avventure tra Francia e Spagna al fianco di Marie,
ma sarà anche un’adolescente contemporanea, unica figlia di due genitori preoccupati e tuttavia non sempre in grado di ascoltarla veramente. Quello che Maya troverà, grazie ai nonni, a Marie, e soprattutto grazie alla magia illuminante e curativa delle storie, è il coraggio di percorrere gioiosamente la strada verso sé stessa, nel suo tempo, qui e ora. Senza paura di sbagliare e accettando l’imperfezione, che fa parte della vita. Quella vita unica per ognuno di noi, quella vita che per ognuno di noi è la più bella storia. In fondo, come dicevano gli antichi, dentro ogni storia troviamo noi stessi. De te fabula narratur. Tina Oziewicz-Aleksandra Zajac, La Pazienza ama le fragole. Storie che abitano dentro di noi Terre di Mezzo (Da 4 anni)
I libri dedicati alle emozioni non mancano nell’editoria per l’infanzia, ed è evidente che, nella quantità, non tutto brilla per qualità. Tra le proposte che invece si distinguono, c’è La Pazienza ama le fragole, di due autrici polacche, Tina Oziewicz, docente universitaria di filosofia, e Aleksan-
dra Zajac, grafica, pittrice e scultrice. Nel loro precedente libro, Ci conosciamo?, era forse più alle illustrazioni che si affidava la forza comunicativa del libro, dal momento che si trattava «soltanto» (ma un «soltanto» molto profondo, suscitatore in chi legge di altre condivisioni, narrazioni, riflessioni) di un inventario di stati d’animo, descritti con poche parole evocative e immagini che davano a ognuno un carattere, rendendolo personaggio («la Serenità accarezza un cane», «la Pazienza ha un bel giardino», «la Fiducia costruisce ponti»…). Qui invece tutto diventa più articolato perché i vari sentimenti ed emozioni per-
sonificati si incontrano, entrando in relazioni di vario tipo e dando vita a una storia più complessa, condotta in armonia da testo e immagini. Si comincia con la Nostalgia, che come ogni dicembre tira fuori le decorazioni per l’albero di Natale e «intere scene se ne stanno chiuse nella sfera di vetro del tempo. La scuoti, e i ricordi iniziano a vorticare come la neve…». Ma ecco che altre amiche vengono a fare compagnia alla Nostalgia, tra cui la Gratitudine. E si creano legami, come quello tra Coraggio e Fiducia, ad esempio. A volte i personaggi assumono inaspettate connotazioni positive (come quando la Testardaggine diventa Determinazione), o negative (la Memoria, come osserva la Gratitudine, ficca spesso nei cassetti più nascosti le cose belle, mettendo invece quelle brutte bene in vista). Tra questi adorabili personaggi, la creatura più poetica è l’Inutilità, che conduce una vita mite in un bidone della spazzatura, tra piccole cose scartate o dimenticate, in una stanzetta arredata con tre poltroncine di seta fatte con bustine triangolari di tè Earl Grey, disposte attorno a un tavolino fatto con una scatola di fiammiferi. Un libro per ogni età.
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SOCIETÀ
Quando finirà l’agonia dei ghiacciai ticinesi?
Crisi climatica ◆ L’inarrestabile fusione ha ridotto ormai agli sgoccioli Basodino, Valleggia, Bresciana e Corno, nonostante un’annata meno traumatica della precedente Elia Stampanoni
Negli anni Ottanta-Novanta, quando s’iniziava a discuterne in modo un po’ più audace, si parlava di fine secolo (questo secolo) oppure, i meno prudenti, del 2050. Sembrava una scadenza lontana, ma ora, complici il trascorrere del tempo e l’accelerazione dei cambiamenti climatici, la data dello scioglimento definitivo dell’ultimo dei ghiacciai sulle montagne ticinesi pare avvicinarsi inesorabilmente. Secondo i recenti studi, potrebbe già avverarsi nel 2030 (confermando quanto ipotizzava, vent’anni or sono, il noto meteorologo Giovanni Kappenberger, in un articolo uscito ne «Il Giornale»: «Se dovessero continuare a presentarsi calde estati, come quest’ultima – ndr. era il 2003 – e miti inverni con poca neve, nel giro di vent’anni i ghiacciai ticinesi non esisteranno più»), mettendo così la parola fine a un arretramento iniziato attorno a metà Ottocento. Realistico fu anche chi nel 2011 diede alle stampe la guida Sentiero glaciologico del Basodino, per conto del Dipartimento del territorio (DT ). In merito al ghiacciaio più esteso tra quelli ticinesi con i suoi 1,6 km2 (misurazione del 2020) – e il primo su cui sono state registrate le misurazioni (dal 1892) – veniva accennato il 2030 come probabile termine in cui «potrebbero restare solo pochi residui di ghiaccio a ridosso delle creste più alte». Come indicato nei dati pubblicati dal DT sul suo portale informativo, il Basodino s’è accorciato di 796 metri in circa 120 anni, ossia nel periodo compreso tra il 1899 e il 2022. Inizialmente le diminuzioni erano ancora limitate a pochi metri all’anno: nel 2001 si registrò per esempio un arretramento di «soli» tre metri per il Basodino o il Valleggia, di 14 metri per il Bresciana e addirittura una situazione ancora «stazionaria» per i più piccoli Val Torta (Cristallina) e Croslina (Campo Tencia), sempre secondo la Relazione annuale 2001 della Sezione forestale del DT. Oggi, invece, si osservano di-
minuzioni annue vicine ai trenta metri, come emerso dagli ultimi rilievi.
Dalla bindella al satellite
Fusione inferiore ma rilevante Le ultime misurazioni annuali dei ghiacciai ticinesi effettuate dall’Ufficio dei pericoli naturali, degli incendi e dei progetti (Upip) sono state presentate dal DT a fine 2023 e hanno evidenziato e confermato le previsioni e le sensazioni emerse nel corso dell’estate: «Almeno inizialmente, la fusione dei ghiacciai ticinesi sarebbe stata più contenuta rispetto a quella subita l’anno precedente». Complice di questo cauto ottimismo sono stati soprattutto gli accumuli di neve della tarda primavera nonché alcune settimane con temperature più fresche nel corso dell’estate. Condizioni che hanno permesso di contenere il ritiro dei ghiacciai ticinesi, almeno fino alla metà di agosto, nonostante un inverno, quello 2022-2023, caratterizzato da scarse precipitazioni nevose. Tuttavia, il periodo canicolare della seconda metà di agosto e le temperature elevate di settembre e ottobre (largamente al di sopra dei valori medi del periodo di riferimento 19912020), hanno riportato a un aumento della fusione. Le misurazioni, svolte nel corso del mese di settembre 2023 sui quattro maggiori ghiacciai ticinesi hanno così evidenziato l’ennesimo anno deficitario: il Basodino ha subito un arretramento di quasi 15 metri (contro i 29,3 metri del 2022), il Valleggia pressappoco 29 metri (quasi come nel 2022), il Bresciana poco più di 23 metri (18,5 m nel 2022) e il Corno 7,4 metri (15,8 m nel 2022). In sostanza quindi un altro importante arretramento che, seppure meno marcato, s’è rilevato significativo. Tra le cause che spiegano queste diversità tra le quattro posizioni, subentrano un minore innevamento a est del Ticino rispetto all’ovest, nonché differenze nella morfologia dei ghiacciai. Per le misure
Il Basodino, dieci anni fa. (Paebi, 2013)
dello spessore, rilevate in due soli siti, si sono invece registrati valori mediamente raddoppiati rispetto alle medie pluriennali degli scorsi anni: per il Valleggia è stata stimata una perdita media di spessore di circa cinque metri tra il 2021-2022 e il 2022-2023, per il ghiacciaio del Corno di sette metri. Nella sua valutazione, il DT stima che, in base ai dati rilevati, «qualora si dovessero prefigurare nuovamente degli anni particolarmente sfavorevoli come il 2022 e il 2023, durante i quali il 10% del volume dei ghiacciai svizzeri è stato perso (6% nel 2022 e
un ulteriore 4% nel 2023), inevitabilmente, nei prossimi 5-10 anni i ghiacciai ticinesi scompariranno in buona parte e rimarranno solo alcune placche di ghiaccio isolate». Un triste scenario, da anni annunciato, ma che già si palesa sulle nostre montagne. Infatti, sempre nell’esempio del Basodino, due placche di ghiaccio separate sono visibili in prossimità dell’estremità nord-occidentale del ghiacciaio e, inoltre, due grandi isole rocciose affiorano dal 2022 nel settore nord-occidentale, a un’altitudine compresa tra i 2700 e i 2900 metri di altitudine.
Riserve idriche Ma perché i ghiacciai sono così importanti? Oltre ad essere un valore aggiunto per il paesaggio, l’ambiente e la natura, con conseguenti ricadute positive su molti altri settori, i ghiacciai svolgono un importante ruolo di riserva idrica, essendo un serbatoio che conserva le precipitazioni per poi ripartirle sul periodo estivo e autunnale. Riserve d’acqua che coprono parte dei nostri consumi e bisogni, sia nelle economie domestiche o nell’agricoltura, ma anche in par-
ticolare delle centrali idroelettriche. Questi e altri aspetti sui ghiacciai ticinesi si potranno anche scoprire visitando l’esposizione La memoria dei ghiacciai che, a cura del DT, sarà di nuovo allestita dalla prossima primavera. La mostra, che nel 2022 e 2023 ha fatto tappa in diverse località della Svizzera italiana, propone un viaggio nell’evoluzione dei ghiacciai ticinesi, con fotografie, documenti e un filmato che raccontano anche il prezioso lavoro di misurazione.
All’inizio gli strumenti di misurazione erano delle «semplici» bindelle metriche: scegliendo sempre gli stessi punti si determinava la distanza dal fronte del ghiacciaio e quindi le variazioni. Ancora oggi il monitoraggio si basa su elementari principi di matematica, geometria e trigonometria, ma è divenuto più preciso grazie all’ausilio di strumenti ben diversi da quelli usati nell’Ottocento e per buona parte del Novecento. Per più di tre decenni i ghiacciai ticinesi sono stati misurati con il teodolite, dove un operatore si piazzava su un posto fisso e un’altra persona rilevava il fronte con un riflettore. Da qualche anno le misure sono eseguite con un GPS ad alta precisione, che non necessita di punti di riferimento sul terreno ed è indipendente da eventuali ostacoli visivi (GPS: Global Positioning System, ossia un sistema di posizionamento globale che sfrutta i satelliti). Inoltre, ulteriore vantaggio, i punti rilevati sono oggi registrati direttamente su un dispositivo, pronti all’elaborazione e all’analisi. Grazie al continuo sviluppo di queste e altre tecniche di rilevamento, inclusi droni e programmi informatici, è ora possibile ottenere anche dei dati su tutta la superficie del ghiacciaio, rilevando non solo l’arretramento del fronte, ma pure i cambiamenti di spessore. Per il monitoraggio di parti instabili, in alcune parti della Svizzera vengono pure impiegati dei radar che permettono di riconoscere in tempo reale eventuali movimenti di grosse masse e garantire così un efficace sistema di preallarme. Link e informazioni Dipartimento del territorio: www.ti.ch/ghiacciai Rete di monitoraggio dei ghiacciai svizzeri GLAMOS: www.glamos.ch Annuncio pubblicitario
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SOCIETÀ / RUBRICHE
L’altropologo
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azione – Cooperativa Migros Ticino
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di Cesare Poppi
Senato sedato
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Chi abbia la fortuna di visitare quel piccolo gioiello che è Sarsina, luogo natale non lontano da Rimini del grande Plauto, il Fellini della Romanità, non mancherà di visitare il Museo Nazionale Romano. Qui spiccano una serie di grandi statue di divinità orientali assieme a un gruppo monumentale al quale è stato dato il titolo di Trionfo di Dioniso. Il tutto di ottima fattura. Fra il II e il III secolo d.C. Sarsina era un emporio internazionale che controllava le vie del commercio fra Spina/Adria, Ravenna e Roma. Punto d’intersezione del commercio globale che importava operatori e commercianti dall’Egitto e dall’Oriente – e con loro le divinità di un Impero guardingo e allo stesso tempo pragmatico e tollerante – Sarsina vedeva sorgere edicole e templi dedicati alle più diverse entità soprannaturali. Le statue sono state ricostruite dopo
essere state fatte a pezzi così come furono trovate dagli archeologi in tempi moderni. Risultato delle ingiurie degli Uomini e non di quelle del Tempo: facce e volti sono stati poi infatti sistematicamente obliterati, ridotti in schegge al punto da farne risultare impossibile il recupero restaurativo. Chi fu il vandalo antelitteram? Difficile – se non impossibile – nominare il peccatore. Più facile puntare il dito a una generica folla di hooligans senza volto di tutti i tempi, variante locale di quei circumcelliones nordafricani, misteriosa, bizzarra e coloratissima setta eretica di sedicenti «monaci» di ispirazione cristiana votati – a sentire Agostino (che li denunciava come brigantes) e altre fide dignes autorità – a una varietà d’imprese che andavano dalla gozzoviglia con prostitute da redimere al castigo di coloro che praticassero ancora il paganesimo. Secoli difficili quelli del Tardo Im-
La stanza del dialogo
pero. Incerti e imprevedibili. Più che mai, venuta meno l’automatica forza persuasiva/coercitiva di un Imperium ormai stirato all’estremo – come un elastico pronto a rinculare – fino ai confini geografici del logisticamente praticabile, ci si rende conto che la forza centripeta di Roma è ormai agli estremi: «Ogni cosa crolla/il centro non può reggere» (Yeats/Achebe). Quella romano/latina era stata da tempi non sospetti società liquida di sedicenti autoproclamati immigrati – e proprio per questo fluida ed efficiente, ovvero, nella sua capacità di cooptare correnti culturali confluenti per empatia quando non obtorto collo (Latini, Greci, Etruschi…). Qui in molti si adeguavano e adeguarono attorno a una linea mediana comune, koinè populista di un mediano paganesimo comprensibile/condivisibile a tutti (Numa Pompilio docet) finché tenuto in riga. Spazio peraltro sempre più
angusto e incerto rispetto all’apparato Imperiale in espansione. Nei secoli del Tardo Impero, III/V, si stava invece addensando un liquame viscoso a mano a mano che nuove comparse premevano ai cancelli e varchi dell’Impero, ciascuno con le sue speciali rivendicazioni. Occorreva individuare un nuovo orizzonte lungo il quale tracciare le linee di un Patto Sociale/New Deal globale, comprensivo e universale. In grado non tanto di trascendere il caos delle istanze particolari laddove ormai ciascuno aveva il proprio Dio esclusivo – e soprattutto competitivo/alternativo – dopo i tempi d’oro del «tutti insieme appassionatamente» del Primo Impero. Ai tempi dell’affermazione del Cristianesimo – ricordiamo – le Legioni Romane optavano en masse per il Mitraismo, religione di salvezza in concorrenza aperta col Cristianesimo «dalla parte del gladio» – che non fu
argomento di poco conto. E divennero, le Legioni, arbitre e/o mallevatrici di una moltitudine di Elezioni a furor di gladio di Imperatori sul merito dai quali un Senato sedato – ridotto a bolso Circolo Anziani Pensionati «SPQR – Senatus Populus Quirites Romani» – era andato invece ar Bar pe’ caffè e ppennichella – con le onorate eccezioni. Ci provò Costantino nel gennaio del 313. Forse intuì che l’ultima spiaggia per un collante che cementasse la varietà di centrifughe identitarie ormai in lotta potesse essere sdoganare il Cristianesimo Universalista col suo Editto. Toccò, ahilui, a suo figlio, Costanzo II, il 19 gennaio 334 decretare il Cristianesimo sola e unica Religio Imperii. Un pasticcio fotonico. Risultato auspicato dal Legislatore? Con le dovute eccezioni, Altropologicamente parlando, perlomeno controvertibile.
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di Silvia Vegetti Finzi
L’illusione di una vita di coppia sempre felice ◆
Gentile dottoressa, non avrei mai pensato di scriverle e invece eccomi qui. Sposata da trent’anni con un imprenditore di successo, mi sono sempre considerata fortunata anche se il nostro matrimonio non è stato coronato dalla nascita di figli. Abbiamo fatto insieme tante cose: costruito e arredato due splendide ville, viaggiato in tutto il mondo, seguito grandi manifestazioni musicali e artistiche. Ci siamo circondati di amici meravigliosi con cui ricambiamo visite, crociere e festeggiamenti vari. Non chiedevo altro alla vita e invece la vita ha chiesto altro a me. Come succede a tante donne, ma non credevo di essere tra queste, ho scoperto che mio marito aveva da tempo una relazione con la segretaria, che ha diciotto anni meno di lui. Ora mi spiego tanti sotterfugi! E mi chiedo come ho fatto a non accorgermene prima. Sono sconvolta, frastornata e non so da che parte ricominciare. La mia miglior amica mi consiglia di lasciarlo subito per
non farmi compiangere da tutti. «Meglio invidiati che compianti» è il suo motto. Ma non so cosa fare: ho perso ogni cosa, compresa me stessa. / Eleonora Per prima cosa, cara Eleonora, datti tempo, fermati e pensa. Diffido delle persone che, come la tua amica, sanno sempre quello che devono fare gli altri. Una buona amica ascolta, conforta ma non esprime sentenze stereotipate. I tempi cambiano e mutano i comportamenti. Un tempo l’ingiunzione rivolta alle donne era di aver pazienza e di difendere il matrimonio restando al proprio posto di moglie e di madre. Ora, al contrario, il comando è di essere orgogliose e di separarsi al più presto dimostrando così autonomia e indipendenza. Penso che in questi casi spetti a ognuno/a decidere il da farsi a partire da sé, dalla propria storia, dai propri desideri profondi, spesso ignorati.
La nutrizionista
La tua biografia mi sembra caratterizzata dalla convinzione, rivelatasi un’illusione, che tutto sarebbe proceduto di bene in meglio accumulando ricchezze, relazioni sociali, piaceri e onori. In realtà tutte le vite sono a rischio: è sempre possibile che intervengano ostacoli, trabocchetti, inciampi, interruzioni e perdite. Negare la nostra fragilità, la nostra vulnerabilità ci lascia particolarmente sprovveduti dinnanzi agli imprevisti, che non mancano mai. «Il tradimento ci pone di fronte – scrive Gabriella Turnaturi, in Tradimenti – alla più grande tragedia dei rapporti umani: l’inconoscibilità dell’altro». Io aggiungerei: e di noi stessi. Certo, d’ora in poi nulla sarà più come prima ma i cambiamenti non sono sempre catastrofici. Se ti confronti con tuo marito senza rabbia, rancore, voglia di vendetta, vedrai che anche lui è spaventato da una
passione che, avendolo colto sul viale del tramonto, fatica a gestire. Credo che atteggiamenti diversi dovrebbero caratterizzare le differenti stagioni della vita. All’irruenza della giovinezza dovrebbe far seguito la riflessione della tarda maturità. Se vi siete scelti e avete felicemente convissuto per trent’anni significa che vi lega una affinità elettiva, una segreta sintonia. La vostra vita è stata così fortunata, così facile, che non avete avuto bisogno di rinnovare il rapporto, di chiedervi: «Qual è il senso della nostra vita?». Non vorrei fare un elogio del dolore secondo la morale tradizionale. Penso che non il dolore, ma l’elaborazione del dolore, lo scavo interiore che provoca, ci renda migliori, più attenti al bisogno degli altri, al grido di aiuto che si leva da chi soffre, da chi rimane solo. Perciò non obbligarti a reagire subito, a cancellare la frustrazione e l’umi-
liazione che ogni tradimento provoca. Ristabilire la gaia spensieratezza precedente non può essere una priorità. Procedere come se «nulla fosse» immobilizza la freccia del tempo in un eterno presente governato dalla coazione a ripetere che impedisce di apprendere dall’esperienza. Soltanto quando avrai compreso chi sei e che cosa vuoi potrai riprendere il racconto della tua vita e procedere verso un progresso che non sia soltanto accumulo di beni e di piaceri ma ricchezza interiore, capacità di empatia e di solidarietà. Informazioni Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6901 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch
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di Laura Botticelli
Verdure: crude o bollite? ◆
Buongiorno Laura, posso farle una domanda un po’ provocatoria? Perché dovrei mangiare il minestrone se la bollitura mi fa perdere le vitamine delle verdure? La cottura a vapore è migliore o è meglio mangiarle solo crude (quelle che si possono consumare tali)? / Alice Buongiorno Alice, mi permetto di risponderle in modo provocatorio pure io: in generale quasi tutte le verdure vengono alterate in qualche modo prima di arrivare nel nostro piatto già attraverso la raccolta, la preparazione, e qualsiasi altra cottura, non solo con la bollitura. Ogni tipo di cottura infatti può causare cambiamenti nel contenuto di vitamine sensibili al calore come le vitamine idrosolubili: la vitamina C e le vitamine del gruppo B, il folato, la tiamina, la riboflavina, l’acido pantotenico e così via. Ciò significa che durante l’ebollizione, questi nutrienti si sciolgono nell’acqua e la verdu-
ra ne conterrà meno dopo la cottura. Non tutte le vitamine e i nutrienti però sono ugualmente influenzati dal processo di cottura. Le vitamine liposolubili (D, E, K) sono più stabili e resistono meglio al calore. In alcuni casi, l’ebollizione può pure aumentare la disponibilità di nutrienti, il calore infatti rompe le spesse pareti cellulari delle piante e favorisce l’assorbimento da parte del corpo di alcuni nutrienti che sono legati a quelle pareti cellulari. Carote cotte, spinaci, funghi, asparagi, cavoli, peperoni e molte altre verdure forniscono più antiossidanti al corpo da cotte, come carotenoidi e acido ferulico, rispetto a quando sono crudi. In sintesi, se da una parte alcuni alimenti sono più nutrienti se consumati crudi, dall’altra, alcuni lo sono dopo essere stati cotti. Il minestrone viene apprezzato da molte persone perché la cottura ren-
de le fibre delle verdure più morbide e più facili da digerire, e le verdure stesse possono rilasciare minerali come il potassio che non vengono persi durante la cottura. Per massimizzare il contenuto nutrizionale del minestrone si consiglia di utilizzare una varietà di verdure colorate per avere un ampio spettro di nutrienti. È importante aggiungere quelle a foglie verdi solo verso la fine del tempo di cottura per preservarne le vitamine. A parte queste ultime, il resto delle sostanze nutritive si trovano nel brodo quindi è importante mantenere l’acqua di cottura all’interno della zuppa. È opportuno anche cucinare le verdure per un tempo minore o a temperature più basse dove possibile. Ma non essendo obbligatorio mangiare minestrone, se preferisce le verdure preparate al vapore sono effettivamente quelle che mantengono meglio tutte le vitamine e le sostanze nutriti-
ve perché con questo sistema si evita il contatto con il mezzo solubilizzante (l’acqua) e quindi si riduce quasi a zero la perdita di sostanze nutritive solubili. Con la pentola a pressione, inoltre, si può accorciare notevolmente il tempo di cottura, limitando al minimo la distruzione delle vitamine. Detto ciò, la scienza non giustifica né una dieta completamente cruda né una completamente cotta perché sia la verdura cruda sia quella cotta apportano diversi benefici per la salute, tra cui un minor rischio di malattie croniche. La verità è che per stabilire se una pietanza debba essere consumata cruda o cotta occorre tenere in considerazione sia la sua tipologia sia i nostri gusti. Per concludere, ritengo che un buon minestrone caldo, soprattutto in questo periodo dell’anno, non può che fare bene. Il brodo che dovesse avanzare sarebbe poi un vero peccato non riutilizzarlo. Ad esempio lo si potrebbe be-
re come fosse un tè, oppure utilizzare come base per creme e zuppe. In alternativa può sostituire il sale, o far da base di un frullato di verdure. Il brodo può essere adoperato al posto dell’acqua di cottura non solo per cuocere il riso ma anche la quinoa, il cous-cous e tutti quei cereali che assorbono completamente l’acqua di cottura mentre si cucinano, così da arricchirli di sostanze nutritive e ulteriore sapore. Un uso alternativo può essere infine quello di trasformare il brodo in un fertilizzante naturale per innaffiare le piante di casa o del giardino. Insomma, un buon minestrone può fare del bene sia a noi sia alla natura. Informazioni Avete domande su alimentazione e nutrizione? Laura Botticelli, dietista ASDD, vi risponderà. Scrivete a lanutrizionista@azione.ch
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Settimanale di informazione e cultura
Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
azione – Cooperativa Migros Ticino 13
TEMPO LIBERO ●
In cammino con il nemico In una serata dedicata all’ultimo lavoro di Massimo Lolli si parlerà di retorica imperiale romana
La perla dell’Albania A Gjirokastër un curioso bazar, il castello dalla storia interessante e costruzioni di epoca ottomana
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Una minestra bella nutriente Carne, brodo di pollo, verza e orecchiette, con la freschezza di due spruzzate di succo di limone
Another Code Recollection Simpatia della protagonista, ottimo doppiaggio e presentazione rendono il gioco assai apprezzabile
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Primo Carnera, la montagna che cammina
Graphic novel biografiche ◆ La storia del pugile raccontata da Davide Toffolo rievoca in ogni immagine il candore di un’anima tanto amata dalla sua gente Benedicta Froelich
Date le origini per molti versi «popolari» del fumetto, non dovrebbe stupire il fatto che, nell’ambito delle graphic novel biografiche, gli eroi dello sport siano da sempre tra i soggetti favoriti dal genere; così come non sorprende il fatto che il fumetto d’autore italiano, da sempre molto legato alla non fiction, si sia distinto non poco in questo filone solo apparentemente di nicchia – spesso per mano di alcuni tra i nomi di maggior rilievo della scuola fumettistica tricolore.
Grazie a uno sguardo delicato e partecipe, vediamo Carnera rivivere in tutte le proprie molteplici sfumature Un esempio perfetto di tali exploit ce lo offre Davide Toffolo, classe 1965 (a molti noto come bassista della punk band dei Tre Allegri Ragazzi Morti, ma in primis ottimo narratore della letteratura disegnata), distintosi come uno dei primi autori italiani a tentare la carta della graphic novel all’inizio degli anni Duemila, periodo a cui risale l’interessante Carnera, la montagna che cammina: un volume che, inizialmente pubblicato dalle Edizioni Biblioteca dell’Immagine nel 2001, ha conosciuto rinnovato successo grazie a ben due riedizioni a opera della prestigiosa Coconino Press, casa editrice specializzata nel fumetto di qualità – l’ultima delle quali, datata 2012, vanta addirittura un aggiornamento a opera dell’autore, che ha ritoccato le tinte monocromatiche delle tavole originali al fine di renderle più espressive. Del resto, non è difficile comprendere quale attrattiva il più celebre pugile italiano possa rivestire per un autore del calibro di Davide Toffolo. Anche Carnera è infatti un friulano D.O.C., essendo originario del piccolo borgo di Sequals, nell’ex provincia di Pordenone, città natale del fumettista: una terra contadina, abitata da molti italiani di modesta estrazione sociale che, a cavallo tra le due guerre, emigrarono all’estero in cerca di una vita migliore. Proprio come lo stesso Carnera, che in Francia avrebbe mosso i primi passi sul ring, divenendo una sorta di fenomeno da baraccone a causa dell’altezza e stazza fisica fuori del comune. Da lì al pugilato professionale il passo sarebbe stato breve, portando in poco tempo alla nascita di uno dei più grandi miti sportivi italiani – mito che Toffolo decide di rivisitare in chiave quasi onirica. D’altra parte, uno dei «fiori all’occhiello» di Davide è sempre stata la natura estremamente accattivante del suo tratto: uno stile definibile non so-
lo come oltremodo «fumettoso» — in effetti, quasi caricaturale nelle sue migliori caratterizzazioni — ma anche, per così dire, «gustoso», secondo un termine che i cartoonist amano utilizzare per descrivere la godibilità del segno. In breve, se quella di Toffolo è una mano da sempre in grado di infondere forte personalità in ogni figura del suo parco personaggi, in La montagna che cammina questo talento viene sfruttato al massimo, approfittando della natura gioiosa del personaggio (nonché dell’atmosfera clownesca degli esordi di Carnera) per enfatizzare al massimo la mimica e i movimenti del nostro eroe; e la scelta di virare verso lo stile grottesco fa sì che la graphic novel ne guadagni in forza e potenza evocativa.
Dall’infantile innocenza con cui interpreta il mondo intorno a sé fino alla gratitudine per l’incredibile successo ottenuto Oltre che per il codice grafico molto personale e riconoscibile, Toffolo si distingue infatti per l’empatia con la quale affronta ogni argomento con cui si cimenti; e ciò significa che non ha paura di esplorare le contraddizioni e i misteri che ancora circondano la figura di Carnera, per molti ammantata di ambiguità e controversia a cau-
sa del suo ruolo di «eroe nazionale» del ventennio fascista – un ruolo imposto dall’alto, e che Primo avrebbe pagato caro. In tutto ciò, Carnera appare come una sorta di Maciste del popolo: forse non esattamente una «cima» in termini intellettuali, ma un uomo di rara bontà e onestà, fino al punto da sembrare quasi naif. Allo stesso tempo, la graphic novel non trascura di soffermarsi sui momenti in cui la spietata realtà si è insinuata in tutta la sua durezza a spazzare via i sogni in bianco e nero dell’ingenuo ragazzone friulano: su tutti, la morte del pugile statunitense Ernie Schaaf, sconfitto da Primo in uno storico match nel febbraio 1933. La vittoria, che lo condusse all’incontro finale per il titolo di campione del mondo (da lui infine conquistato il 29 giugno dello stesso anno, primo italiano a riuscire nell’impresa), costò infatti la vita al suo avversario, destinato a spegnersi pochi giorni dopo per emorragia cerebrale – portando Carnera a un passo dal ritiro a causa dei sensi di colpa: un argomento che, sfortunatamente, Toffolo sceglie di non approfondire troppo. E sebbene Primo abbia presto deciso di trascorrere la sua vita negli Stati Uniti, destinati a divenire una nuova patria anche per la sua famiglia (il figlio Umberto sarebbe addirittura divenuto un medico molto stimato in Florida), il suolo natìo non fu mai
lontano dai suoi pensieri – al punto da scegliere di tornare a Villa Carnera, in quel di Sequals, nel momento in cui sentì la morte avvicinarsi a causa della cirrosi epatica. Questi sentimenti solo apparentemente scontati diventano così il fulcro del racconto di Toffolo. Grazie al suo sguardo delicato e partecipe, vediamo Carnera rivivere in tutte le proprie molteplici sfumature: dall’infantile innocenza con cui interpreta il mondo intorno a sé (si veda la scena in cui tesse le lodi di Mussolini come farebbe un bambino ammirato), fino allo sguardo stuporoso e grato con il quale guarda quasi incredulo al successo ottenuto – per non parlare dell’eterno buonumore espresso attraverso il disarmante sorriso. Un risultato che Toffolo ottiene grazie all’uso sapiente di ripetuti primi piani a valorizzare il volto del pugile e la sua irresistibile mimica da «gigante buono», nonché
all’efficacia del chiaroscuro monocromatico, la cui scala di grigi sfumati cattura perfettamente le atmosfere vintage degli anni Trenta – soprattutto nelle lunghe sequenze ambientate negli States, vero cuore della vicenda; il che permette di perdonare qualche eccesso di sintesi nella narrazione. Tuttavia, ciò che fa di La montagna che cammina un’opera tanto accattivante è proprio il protagonista: nella rievocazione di Davide Toffolo, la figura di Carnera conserva in ogni momento tutta la sua umanità, ma, soprattutto, l’intrinseca complessità di un’anima forse mai del tutto compresa dal mondo, mostrando, nella propria schiettezza e ingenuità, una forma di paradossale, struggente saggezza; e ricordandoci come, a volte, non sia la mente a governare le nostre vite, ma piuttosto il mondo interiore che ognuno di noi si costruisce tramite le proprie intenzioni e sensazioni.
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TEMPO LIBERO
Un viaggio nell’antichità, culla di ordine e caos Editoria ◆ Durante una serata dedicata all’ultimo lavoro di Massimo Lolli, si verrà portati per mano dallo stesso autore tra epiteti morali e fisici Leonardo Marchetti
Appassionato ricercatore nell’ambito del IV secolo d. C., Massimo Lolli ha messo a frutto il suo tempo libero dando alle stampe Turpitudinum notae. La caratterizzazione dell’usurpatore nei Panegyrici Latini tardoantichi, un libro che in pochi mesi è andato esaurito, a conferma di quanti appassionati di storia saranno ora interessati a trascorrere una serata alternativa e certamente speciale. Mercoledì 21 febbraio, presso il foyer (primo piano) del Cinema Teatro di Chiasso, avrà infatti luogo un incontro con l’autore, filologo classico di formazione e attualmente docente liceale di Latino e Greco in Ticino. La serata, prevista a partire dalle 18, vedrà coinvolto anche Jean-Jacques Aubert, professore all’Università di Neuchâtel.
Mercoledì 21 febbraio, presso il foyer del Cinema Teatro di Chiasso, avrà luogo un incontro con l’autore, a partire dalle 18 A introdurre la discussione sarà invece Alessandro Stroppa, storico dell’antichità; mentre leggerà alcuni brani scelti, Maria Luisa Cregut, soprano e attrice. Ma veniamo dunque all’opera. Racconta Eusebio di Cesarea che nella città di Costantinopoli, in una tavola dipinta a encausto visibile (ndr: tecnica di pittura in uso presso gli antichi) nel vestibolo d’ingresso del palazzo imperiale, Costantino imperatore si sarebbe fatto raffigurare in piedi, affiancato dai figli, nel duplice atto di calpestare e trafiggere con
la lancia un monstrum serpentiforme ricacciato nelle profondità del mare. La testimonianza contenuta nell’eusebiana De Vita Constantini, al di là delle interpretazioni cristiane della scena fornite dal presule, apre uno scorcio particolarmente illuminante sulla dinamica della propaganda imperiale romana: il vincitore regnante, Costantino Victor, che mostra in un luogo pubblico, l’atrio del suo palazzo, ciò che i suoi sudditi potevano già toccare con mano sulle monete del biennio 324-326, vale a dire la sconfitta del rivale Licinio a Christopolis sulle sponde della Propontide, in Asia, incarnata in un grande serpente, un draco, trafitto dal labaro costantiniano. Nella più consueta delle celebrazioni pubbliche del potere imperiale all’insegna dell’evocativo e duraturo mito romano della Vittoria eterna deificata, avremmo dunque assistito alla tradizionale celebrazione dell’unità dell’Impero trasfigurata questa volta nel combattimento dello Stato contro il nemico, dell’ordine contro il disordine, del Kosmos contro il Chaos, luce e tenebra. Credenze, valori e principi che all’epoca di Costantino erano stati ampiamente metabolizzati dall’ideologia imperiale a giustificazione e a sostegno del sistema di governo in atto da secoli, dal principato al dominato. Una ideologia che ricorreva a ogni strumento disponibile, e non solamente all’indubbio potere delle immagini. Oggetti, architetture, testi, feste, tutto concorreva a plasmare il più possibile presso il pubblico la nitida figura dell’imperatore consoAnnuncio pubblicitario
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Specialista informatico/ Sistemista (f/m/d) Contratto Indeterminato (80-100%)
Data d’inizio Da concordare
Mansioni Gestione e amministrazione dell’infrastruttura IT nell’ambito: – rete WAN/LAN/WLAN (Cisco) – infrastruttura VMware – sistemi operativi Unix e Windows – IT security Partecipazione e implementazione dell’infrastruttura IT e delle componenti ad essa connessa nei progetti di aperture e ristrutturazioni filiali Partecipazione e implementazione di progetti IT regionali / nazionali Supporto utenti (raccolta e analisi delle esigenze) con interlocutori tecnici e funzionali Servizio picchetto specializzato (dopo fase di introduzione) Requisiti Formazione in ambito informatico e/o elettrotecnico con conoscenze IT a livello universitario, SUP o equivalente Esperienza di almeno 3 anni nella gestione di infrastruttura IT; Buona conoscenza del tedesco e dell’inglese Iniziativa e capacità di generare idee Propensione al lavoro indipendente e relazionato al gruppo di lavoro Intraprendenza nell’affrontare situazioni impreviste Resistenza alle sollecitazioni Spiccate capacità organizzative (lavoro con scadenze e priorità) Candidature da inoltrare entro il 10.3.2024, collegandosi al sito www.migrosticino. ch, sezione «Lavora con noi» - «Posizioni disponibili».
Battaglia di Costantino contro Massenzio (dettaglio) opera di Giulio Romano.
lidandone il potere e l’autorità attraverso una retorica elogiativa che esaltasse le virtù meta-umane del vertice dell’Impero, stigmatizzando i rivali del momento. Nemici ai quali la sperticata opera di celebrazione filoimperiale revocava senza appello la dignità di esseri umani, ora ridotti a mostri ora a creature subumane, ricetto di ogni nefandezza, di ogni bruttezza, fisica e morale. Il Corpus dei Panegyrici Latini è in questo senso una testimonianza straordinaria perché, nel raccogliere e tramandare discorsi celebrativi pronunciati da oratori di corte all’indirizzo di alcuni tra gli imperatori più significativi del III e IV secolo d.C., da Diocleziano a Massimiano a Costanzo Cloro e Costantino fino a Teodosio, ci consente di comprendere da un lato la retorica e la propaganda imperiali in un periodo compreso tra l’esperienza della tetrarchia dioclezianea e il regno di Teodosio, mentre dall’altro ci mostra quali sono stati e come si sono adattati modificandosi i micidiali meccanismi retorici del processo di disumanizzazione del nemico in ambito romano. È in questa doppia opera di lettura e analisi, quindi di studio, che si innesta il lavoro di Massimo Lolli il quale, dell’intero Corpus miracolosamente giunto fino a noi grazie al lavoro dell’umanista Giovanni Aurispa nel XV secolo, che scoprì e trasmise il codice contenente il testo antico, si concentra in specifico su otto discorsi pronunciati in momenti diversi, e in onore di vari imperatori, per illustrare fino a che punto la caratterizzazione del nemico emerga come un elemento chiave nella costruzione dell’identità imperiale in un periodo storico particolarmente turbolento per la storia dell’Impero Romano, perturbato da rivolte e instabilità eterogenee alle quali si tentava di contrapporre stabilità e ordine. Non stupisce che Lolli scelga allora di focalizzarsi sugli usurpatori, uomini che tentarono di assumere o di conservare il comando supremo senza tuttavia riuscirci e che, oltre alla morte, subirono la damnatio memoriae, apostrofati come figure pericolose, bestiali e profondamente immorali.
All’incalzare delle ribellioni e delle infruttuose prese di potere, gli oratori oppongono la luminosa opera degli imperatori che di volta in volta vincono e sbaragliano i propri nemici creando ad arte un contrasto netto tra il sovrano celebrato e il nemico denigrato. Un procedimento che – sottolinea l’autore – si regge in larga misura sull’uso sapiente di specifici epiteti morali e fisici, scelti per rafforzare questo contrasto e consolidare così facendo nell’uditorio il sostegno all’autorità imperiale e dunque allo Stato. Bene lo dimostrano i primi tre panegirici esaminati dall’autore e pronunciati da Mamertino negli anni 289, 291 e 297 in risposta alla crisi politica e militare innescata dalla ribellione di Carausio e Alletto fra Gallia e Britannia dove era stata tentata la creazione di un impero separato. Una volta approfondito il contesto storico e la retorica impiegata, Lolli mette in luce l’abilità di Mamertino nel costruire narrazioni, plasmando un’immagine positiva degli imperatori attraverso la presentazione della pietas e della concordia come fondamenti della stabilità dell’Impero Romano, mentre Carausio, insieme ai suoi accoliti, è dipinto come un traditore minaccioso e oscuro, un prodigium (cioè un segno mostruoso), un pirata, anzi un archipirata, perché responsabile di violenze e illegalità nei confronti dell’unità, della stabilità e infine della prosperità dello Stato. È in particolare l’uso del termine prodigium che attira l’attenzione, giacché nella prospettiva romana considerare un nemico un prodigium indicava che le sue azioni fossero percepite come contrarie alla volontà divina o che la sua stessa esistenza fosse una deviazione dalla norma stabilita dagli dèi. Kosmos contro Chaos, ancora una volta. Ancora più emblematico è poi l’esempio offerto dalla parabola di gloria e caduta dell’Augusto Massimiano, 305-311. La figura di Massimiano è presentata attraverso il prisma della sua abdicazione nel 305 e dei successivi tentativi di recuperare il potere. Le descrizioni lo dipingono come un personaggio ingrato e il suo desiderio di ritorno al potere viene chiaramente
definito un errore. Questa caratterizzazione serve a giustificare le azioni di Costantino, presentato come colui che preserva l’ordine contro un usurpatore ingrato. L’uso di espressioni come immaturum otium e foedum facinus contribuisce a dipingere Massimiano come un sovrano che abbandona il suo dovere in cambio di un ozio egoistico e che successivamente compie azioni indegne di un imperatore. Tale rappresentazione serve non solo a discreditare Massimiano personalmente ma anche a giustificare l’azione di Costantino nel liberare l’Impero da un capo considerato debole e moralmente compromesso al fine di preservare e garantire il progresso dell’Impero. Lolli prosegue poi esaminando i panegirici del 313 e 321, dai quali si staglia sulla scena la figura di Costantino, ormai padrone dell’Occidente, vincitore di un nemico definito senza mezzi termini come un tiranno, l’Augusto Massenzio. Gli epiteti denigratori come monstrum e hostis rei publicae creano un’immagine di lui come minaccia all’ordine politico e alla stessa esistenza dello Stato. La dettagliata descrizione fisica e morale contribuisce a demonizzarlo, costruendo una figura odiata e temuta. Massenzio viene infatti etichettato come monstrum, un mostro, e prodigium, una mostruosità, un essere anomalo e distorto, sia fisicamente sia moralmente. Come giustamente sottolinea Lolli, epiteti morali e fisici forti come quelli citati poco sopra erano concepiti per colpire emotivamente il pubblico e per minare la reputazione del nemico. Una finalità rafforzata e sostenuta dall’uso di dettagli grafici e descrittivi a creazione di immagini vivide del nemico nella mente del pubblico al fine di rendere più persuasiva la denigrazione, influenzando le opinioni degli ascoltatori. Nel contesto della vituperazione del nemico nei Panegyrici Latini, la creazione di immagini vivide risulta in effetti essenziale per suscitare emozioni, catturare l’attenzione dell’uditorio e consolidare la negatività associata al nemico influenzando emotivamente la comprensione dei fatti. In conclusione, l’analisi attenta condotta da Massimo Lolli sugli esempi tratti dai Panegyrici Latini rivela l’indubbia abilità degli autori tardoantichi nel plasmare l’immagine dei nemici attraverso una varietà di strategie retoriche che spaziano dall’uso di immagini vivide alle metafore penetranti, alle descrizioni dettagliate, ma non solamente. Se da un lato lo studio di Lolli consente a chiunque voglia accostarvisi di comprendere fino a che punto il metus hostilis, la paura del nemico, sia stata dirimente nella politica e nella retorica imperiale romana, dall’altro un testo come questo permette a mio avviso, in filigrana, di squarciare il velo della propaganda di ogni tempo per sporgersi al di là di essa e vedere infine quale complessità abiti la faticosa costruzione di un potere necessitato comunque e sempre a giustificare sé stesso e il proprio diritto a esistere. Bibliografia Massimo Lolli, Turpitudinum notae, La caratterizzazione dell’usurpatore nei Panegyrici Latini tardoantichi, Schwabe Verlag, Basel 2023, pp. 193.
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TEMPO LIBERO
Gjirokastra, la perla dell’Albania
Reportage ◆ Incontri artigianali lungo le cinque strade che compongono lo storico bazar della Fortezza argentata Simona Dalla Valle, testo e foto
Le strade che collegano i quartieri vecchi e nuovi di Gjirokastra (Gjirokastër in albanese, Argirocastro in italiano secondo l’origine greca, che letteramente significa «Fortezza argentata») si incontrano nella piccola piazza Qafa e Pazarit, centro del bazar e fulcro della città storica. Da questo punto strategico, mentre si riprende fiato dopo la ripida salita, si può ammirare il castello della città, uno dei più grandi dell’area balcanica. Il cronista Giovanni VI Cantacuzeno, già imperatore bizantino, fece per la prima volta il nome di questa graziosa città albanese in un documento del 1336 nel quale descriveva una rivolta del popolo Arberi contro l’impero bizantino in una città chiamata «Argyrokastron», che nel 1419 fu occupata dall’impero ottomano. Il nome «Argyro» era legato alla leggenda di una principessa che saltò da una rupe con il suo bambino per sfuggire agli ottomani. E guarda caso Gjirokastra si estende sul fianco di una collina alta 1200 metri, simile a una gigantesca nave di pietra.
Una particolare forma a raggiera delle strade compone il mercato collegandolo a molti punti della città vecchia Iscritta all’UNESCO nel 2005, Gjirokastra è considerata un raro esempio di carattere architettonico tipico del periodo ottomano. Situata nella valle del fiume Drinos, nel sud dell’Albania, la città presenta infatti una serie di case a due piani sviluppatesi nel XVII secolo, una moschea del XVIII secolo e due chiese dello stesso periodo. Il centro storico della città è notevolmente ben conservato, soprattutto per quanto riguarda gli edifici vernacolari, che furono ininterrottamente abitati dall’antichità fino ai giorni nostri. Gjirokastra fu costruita da importanti proprietari terrieri e, intorno all’antica cittadella del XIII secolo, presenta le abitazioni caratteristiche della regione balcanica, dotate di torrette. Il centro contiene diversi esempi di case di questo tipo, che risalgono al XVII secolo, ma anche esempi più elaborati che risalgono all’inizio del XIX secolo. Anche il vecchio bazar, chiamato dai locali Qafa e Pazarit, risale al XVII secolo, ma in realtà di quel periodo non è rimasto molto. L’area fu distrutta da un incendio alla fine del XIX secolo e in seguito completamente ricostruita riproducendo l’architettura originale. Gli edifici affacciati sul bazar erano a due o a tre piani e simili tra loro per funzione, con il piano terra utilizzato come luogo di lavoro dagli artigiani e gli altri adibiti ad abitazione. Alcune botteghe avevano una porta sul retro, mentre davanti vi era un marciapiede per il passaggio delle persone, cosa rara in altri bazar dello stesso periodo. Osservando la città dall’alto è possibile notare la particolare forma a raggiera delle strade che compongono il mercato e che lo collegano a molti punti della città vecchia. Sono un centinaio i negozi che costeggiano i lati delle cinque strade che si diramano dalla piazza. Ancora oggi vi sono artigiani che, lavorando secondo i dettami della tradizione, tramandano l’artigianato alle nuove generazioni. In questo bazar si possono acquistare souvenir, oggetti di artigianato
Sono cinque le strade che compongono il bazar. Sotto, in questo bazar si possono acquistare souvenir, oggetti di artigianato locale e cibi tipici della regione di Gjirokastra; a destra, Violetta mentre mostra un lenzuolo finemente ricamato. In basso, vista dall’alto di Gjirokastra.
locale e cibi tipici della regione di Gjirokastra così come le conserve locali che spesso sono preparate in famiglia, come mi racconta un bottegaio mentre con precisione sistema sul bancone le marmellate preparate dalla madre. A farla da padrone sui tavoli di molte bancarelle, insieme ai tappeti di ogni forma e colore, è il legno: taglieri, utensili da cucina ma anche tavole e decorazioni da appendere al muro. Colpita da alcuni tessuti finemen-
te ricamati esposti all’ingresso di un negozio, entro a curiosare. Violetta, la proprietaria, insiste nel mostrarmi gli elaborati ricami di un lenzuolo, srotolandolo sul pavimento: è talmente grande che neanche in due riusciamo ad aprirlo del tutto. Mi spiega che per completarlo ci sono voluti oltre due mesi, e che la produzione avviene in spirito comunitario: artigiane diverse si occupano ciascuna di una parte del ricamo, quindi si assemblano le varie
parti e si confeziona il prodotto finale. L’attività di Violetta si serve del lavoro di quaranta artigiane e la produzione avviene interamente a Gjirokastra. Oltre ai lunghi tempi di lavorazione, anche i materiali pregiati contribuiscono agli alti prezzi della merce: il prezzo di un filo per ricamo è di 90 centesimi. Il giovane Aurel ha aperto un negozio di bigiotteria da tredici anni e da otto produce gli accessori che vende. Conviene procurarsi i metalli fuori dall’Albania, dice, perché i costi sono più bassi, e come nel caso dei tessuti la lavorazione avviene qui in città in quello che è un vero e proprio lavoro di squadra. Aurel si occupa del design dei pezzi, mentre le pietre sono inserite dai suoi collaboratori. Di mestiere Mona fa invece la tessitrice e ha un fare premuroso, quasi materno. Appena entro nella sua bottega chiede scusa per il buio, ma le è appena scoppiata una lampadina e non l’ha ancora potuta cambiare. Lavora da sola con il telaio, mentre mi spiega che per fare un metro di tappeto ci vogliono cinque giorni. Nell’ultima bancarella prima della salita che porta al castello si è creato un capannello di persone: sigaretta alla bocca, un uomo dai capelli grigi
intaglia a mano le pietre tradizionali con uno scalpello e aggiunge un gancio sul lato posteriore ai clienti che glielo chiedono. È stato il padre, racconta, a trasmettergli l’abilità e la passione per questo lavoro fin da quando lui era bambino. Anche se sono passati centinaia di anni dalla sua costruzione, gli abitanti di Gjirokastra lo chiamano ancora «il nuovo bazar» per distinguerlo dal bazar originale, sulle cui rovine è sorto quello attuale. Di recente sono stati scoperti tratti di ciottolato a circa 1,5 metri sotto il livello attuale della strada insieme a spazi sotterranei e catacombe. I ritrovamenti indicano la presenza di un ulteriore livello del bazar antico e fanno luce sulla stratificazione storica della città di pietra. La rivitalizzazione dell’area e il restauro delle facciate degli edifici come dei tetti, delle finestre e delle persiane e un miglioramento dell’illuminazione di tutto il centro storico hanno dato un impulso vitale non solo al turismo e al commercio, ma anche all’artigianato stesso e agli antichi mestieri di Gjirokastra. Informazioni Su www.azione.ch, si trova una più ampia galleria fotografica.
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Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
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Minestra di pollo al limone con orecchiette ●
Ingredienti
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Piatto principale Ingredienti per 4 persone
1. Staccate la pelle dalle cosce di pollo.
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4 cosce di pollo di ca. 250 g ciascuna 1 limone 8 dl di fondo di pollame 5 dl di brodo di pollo Sale 150 g di verza 200 g d’orecchiette ½ cc di curcuma 2 rametti di rosmarino 4 c d’olio d’oliva 1 cc di pepe misto, ad esempio rosa e nero
2. Spremete il limone. Cuocete le cosce di pollo nella miscela di fondo, brodo e succo di limone a fuoco basso e incoperchiate per circa 30 minuti. 3. Estraete le cosce dal brodo e lasciatele intiepidire un po’. 4. Disossate le cosce, spezzettate grossolanamente la carne e mettetela da parte. 5. Regolate il brodo di sale. Tagliate la verza a striscioline e aggiungetele al brodo assieme alle orecchiette e alla curcuma. 6. Cuocete la pasta al dente per circa 10 minuti. Staccate gli aghi di rosmarino dai rametti e rosolateli nell’olio insieme con la carne di pollo messa da parte. 7. Aggiungete la carne alla minestra. Cospargete con una macinata di pepe e servite. Consigli utili Guarnite a piacimento con fette di limone. La miscela di fondo di pollame e brodo di pollo rende particolarmente saporita questa minestra. Il brodo può essere preparato anche solo con il fondo di pollame e condito in seguito a piacimento. Preparazione: circa 15 minuti; sobbollitura: circa 40 minuti Per persona: circa 43 g di proteine, 30 g di grassi, 42 g di carboidrati, 620 kcal
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Torna Ashley in una nuova versione di Another Code Videogiochi ◆ Recollection è il risultato di un lavoro che stravolge in modo significativo i giochi originali Davide Canavesi
Non sono molti i fan dei giochi Nintendo che ricorderanno Another Code. Con soli due giochi pubblicati, il primo su Nintendo DS (Another Code: Two Memories) e il secondo su Wii (Another Code R – Viaggio al Confine della Memoria), la serie ha messo i giocatori nei panni della giovane Ashley Mizuki Robbins, impegnata a risolvere puzzle, rompicapi e misteri. Era una serie incentrata sull’esplorazione, l’ingegno e con una particolare attenzione alla componente narrativa, che nel corso degli anni è finita un po’ nel dimenticatoio. Almeno fino all’uscita di Another Code: Recollection, un progetto che modernizza i due giochi originali per proporli in un unico pacchetto su Nintendo Switch.
Grazie alla grafica e allo stile particolare del gioco, la parte narrativa è originale e assai piacevole da seguire Another Code Recollection rifà calare il giocatore nei panni di Ashley, una giovane ragazza che ha tragicamente perso sua madre in tenera età. Ossessionata da ricordi inquietanti che non riesce a riportare completamente alla memoria, la giovane vedrà la sua vita capovolta sottosopra quando, pochi giorni prima del suo quattor-
dicesimo compleanno, riceve un invito imprevisto dal padre, che vuole incontrarla sull’oscura isola chiamata Blood Edward. Una volta lì, Ashley farà conoscenza con un fantasma di nome D, affetto anche lui da una forma di amnesia. Insieme, i due esplorano l’isola alla ricerca dei suoi segreti; Ashley scopre la verità sui suoi genitori, mentre D recupera i suoi ricordi perduti. Nel seguito, ambientato due anni dopo, Ashley si ritrova di nuovo con suo padre per un viaggio in campeggio nel bosco, un’escursione anch’essa zeppa di misteri. Nella nuova edizione, le due storie vengono trattate non come due giochi distinti, ma semplicemente come due archi narrativi che fondono ciò che erano in origine i due giochi in uno solo. A differenza di molte altre riedizioni che si accontentano di modernizzare il minimo indispensabile, Recollection è un lavoro che stravolge in modo significativo i giochi originali. Il primo titolo su DS proponeva una telecamera dall’alto, mentre il secondo su Wii proponeva un sistema ibrido di puntare e cliccare a scorrimento. Ora, tutto si svolge in terza persona, con la telecamera dietro le spalle della protagonista e ambienti in tre dimensioni pienamente esplorabili. Quello che è rimasto invariato è la presentazione: la storia viene raccontata sia attraverso dialoghi sia tra-
mite il monologo interiore di Ashley, ma anche con cinematiche che assomigliano più a un manga che a un videogioco. Grazie alla grafica e allo stile particolare del gioco, la parte narrativa è originale e assai piacevole da seguire, sebbene non brilli per una straordinaria originalità nelle sue premesse. Amnesie e segreti perduti non sono forse tra gli artifici narrativi più fantasiosi, ma la simpatia della protagonista, il buon lavoro svolto con il doppiaggio e la presentazione, rendono questo gioco assai apprezzabile. I cambiamenti non si limitano all’aggiornamento della grafica e dell’esplorazione. Another Code rimane un gioco di puzzle e non esita a proporre diversi enigmi duran-
Giochi e passatempi Cruciverba Risolvendo il cruciverba troverete una parola e il suo significato, leggendo, a soluzione ultimata, le lettere evidenziate. (Frase: 12 - 8, 8)
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24. Posta in Inghilterra 26. Un numero 28. Hanno due facce curve 29. Un condimento VERTICALI 1. Svincolata dall’autorità ecclesiastica 2. Vendita all’incanto 3. Lettera dell’alfabeto greco 4. Tiro, getto 5. Stato dell’Asia 7. Le iniziali dell’attore Orlando 10. Malevoli, rancorose
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ORIZZONTALI 1. Le iniziali dell’attore Arena 3. Sinistre sentinelle 6. Figurano nelle carte da gioco 8. Lettere in bianco 9. Andato... per Cicerone 10. Congiunzione inglese 11. Le iniziali dell’attore Amendola 12. Porte 13. Qualità morale 17. Nome femminile 18. «Al di là» nello sport 19. Il suo simbolo chimico è Na 20. Gli antichi padri 21. Le iniziali dello scrittore Ungaretti 22. Satellite di Giove
Vinci una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba e una carta regalo da 50 franchi con il sudoku
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te le quattordici ore necessarie per completarlo. L’originale su Nintendo DS sfruttava le caratteristiche peculiari della console portatile, come ad esempio i due schermi che si ripiegavano su loro stessi. Su Nintendo Switch, alcuni enigmi sono stati adattati ma rimangono interessanti e non troppo impegnativi. Gli sviluppatori hanno anche introdotto qualche concessione più moderna. Ad esempio, c’è un sistema di suggerimenti crescenti. Nel caso il giocatore si ritrovi bloccato davanti a qualche enigma, può ottenere dei suggerimenti per la risoluzione. Inizialmente gli aiuti sono piuttosto generici, ma diventano via via più completi se il suggerimento precedente non è stato sufficiente a sbloccare l’impasse. Allo stesso mo-
do, è abbastanza facile perdersi qualche elemento o indizio, quindi c’è un’opzione che permette di attivare una freccia direzionale che indica sempre il prossimo obiettivo. Another Code è un titolo dal ritmo più lento e rilassato rispetto ad altre produzioni simili. Sia i toni della storia sia il senso d’urgenza (o piuttosto, della sua mancanza) rispecchiano il carattere sensibile e posato della protagonista. Se da un lato Recollection ha successo nel modernizzare presentazione e meccaniche di gioco, dall’altro delude un po’ dal punto di vista visivo. Le ambientazioni sono interessanti ma graficamente scarse e visivamente datate, specialmente per quanto riguarda gli ambienti esterni. È difficile dire se si tratti di una limitazione della console o del lavoro profuso nella realizzazione, ma la prima opzione sembra la più logica. Il gioco è in italiano, ma le voci sono disponibili unicamente in inglese o giapponese, con quest’ultima di particolare pregio. Another Code Recollection è un buon gioco, che sarà particolarmente apprezzato da un pubblico adolescente, ma che in realtà è adatto a tutti. Un’avventura dal ritmo più lento, ma con il suo fascino e una protagonista che riesce a distinguersi dai soliti cliché sugli adolescenti scontrosi e problematici, tanto cari a troppe altre produzioni.
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12. Corsi d’acqua dei deserti africani 13. Al femminile galleggia al maschile striscia 14. Scontate, naturali 15. Una preposizione 16. Un terzo di trenta 17. Fuori combattimento 19. Preposizione articolata 21. Un anagramma di già 23. Fonte di ogni realtà 24. Prima di me e di te 25. Nota musicale 27. Cuore di pietra
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Soluzione della settimana precedente Una nuvola di medie dimensioni può pesare all’incirca Risposta risultante: CINQUECENTOMILA CHILI
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Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch I premi, tre carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco. Partecipazione online: inserire la soluzione del cruciverba o del sudoku nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la soluzione, corredata da nome, cognome, indirizzo del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 1055, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.
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Il re è malato, viva il re! I problemi di salute di Carlo III e Kate restituiscono alla monarchia il ruolo di guida nei momenti difficili
Craxi, grande statista o ladro? Un ritratto inedito del leader storico del Partito socialista italiano nato a Milano novant’anni fa
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I temi al voto il 3 marzo La tredicesima AVS piace, molto meno la proposta di innalzare l’età pensionabile
Sulla concorrenza fiscale Zugo tra le realtà più favorevoli alle aziende e non solo mentre il Ticino si trova in fondo alla classifica
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Se non si troverà rapidamente una soluzione alla crisi di Gaza i riflessi per la sicurezza del Canale di Suez, nella foto, saranno notevoli. (Keystone)
E ora il commercio globale rischia grosso
L’analisi ◆ Gli stretti attraverso cui passano le rotte marittime transoceaniche sono in pericolo o in difficoltà. Uno sguardo d’insieme Lucio Caracciolo
Il commercio mondiale è a rischio. Sappiamo che i traffici mercantili su scala globale sono per i nove decimi affidati alle rotte marittime transoceaniche. Mai come in questa fase storica gli stretti attraverso cui passano tali rotte sono in pericolo o in difficoltà. Uno sguardo su scala planetaria offre infatti il seguente spettacolo. Primo. Il canale di Panamá, che connette l’Atlantico al Pacifico ed è ovviamente vitale per l’economia americana, soffre di mancanza d’acqua a causa del cambiamento climatico. Fenomeno evidentemente strutturale e che non può essere risolto in un tempo ragionevole. Questo determina un rallentamento dei transiti marittimi e la ricerca di rotte alternative, che per il momento non ci sono. A meno di non considerare il periplo del Continente americano via Capo Horn. Non esattamente il più economico e tranquillo dei percorsi. Secondo. Attraversiamo l’Atlantico e ci troviamo di fronte a Gibilterra. Questo stretto, per noi europei il più importante di tutti, non a caso sotto tutela e sovranità britannica, è stato recentemente oggetto di minacce da parte iraniana. Un autorevole esponente delle Guardie rivoluzionarie (pasdaran) ha fatto sapere che il
suo Paese sarebbe in grado di colpire Gibilterra. Terzo, lo Stretto di Sicilia. Da quando la Turchia si è installata in Tripolitania e la Russia in Cirenaica, questo passaggio mediterraneo è diventato bollente. Si nota in particolare una crescente presenza navale russa, soprattutto sottomarina. Considerando il rilievo non solamente del transito di superficie ma anche degli snodi dei cavi Internet e dei collegamenti energetici, questo stretto spazio che divide il Continente europeo da quello africano è potenzialmente oggetto di intenzioni ostili. Il tutto aggravato dall’essere al centro dei principali flussi migratori dal cuore dell’Africa verso il cuore dell’Europa. Quarto. La guerra fra Israele e Hamas si svolge a poche decine di chilometri dal Canale di Suez, snodo fra Mediterraneo e Mar Rosso. Abbiamo potuto constatare non troppi mesi fa come il blocco per un incidente di Suez possa colpire l’economia europea e globale. Se non si troverà rapidamente una soluzione alla crisi di Gaza, i riflessi per la sicurezza del canale sotto giurisdizione egiziana saranno notevoli. Tanto più che scendendo il Mar Rosso verso l’Oceano Indiano si
passa da una zona di crisi e di guerra all’altra (Sudan, Eritrea-Etiopia, Yemen, Corno d’Africa). Quinto, Bāb al-Mandab, ovvero il collo di bottiglia che lega il Mediterraneo allargato all’Oceano Indiano. Da un paio di mesi il transito delle grandi navi da e per il Mediterraneo è sotto scacco a causa degli attacchi degli huthi. In genere si tende a dipingere questo gruppo come una fazione ribelle, una delle tante che animano la scena mediorientale. Niente di più deviante. Si tratta di fatto di uno Stato, lo Yemen, che per l’essenziale è sotto il controllo di questa armatissima fazione locale. Apparentemente si tratta da parte yemenita di una reazione contro l’attacco israeliano a Gaza, ma questa è solo una parte della realtà. Più profondamente, gli huthi vogliono essere riconosciuti come potenza regionale dall’Arabia Saudita e dai Paesi del Golfo, contro cui conducono a intermittenza una vera e propria guerra a più dimensioni. La presenza di navi militari occidentali non può certamente risolvere una partita di tali dimensioni. Sesto. Attraversiamo l’Oceano Indiano in direzione degli stretti malesi e indonesiani. In particolare Malacca e
Lombok. Siamo all’imbocco dell’area del Mar Cinese Meridionale, teatro principale della tensione tra Stati Uniti e Cina. Qui americani e alleati locali ed europei hanno schierato consistenti forze aeronavali per impedire che Pechino assuma il controllo del passaggio fra Oceano Indiano e Oceano Pacifico. A ciò si aggiunga la crescita di movimenti jihadisti in Malesia e in altre parti della regione, che potrebbero sconvolgere i piani delle grandi potenze con azioni mirate contro i traffici tra Estremo Oriente, Africa ed Europa. Settimo e decisivo, lo Stretto di Taiwan. Quella che Pechino considera una provincia ribelle da riportare a casa si trova all’incrocio tra Mar Cinese Meridionale e Orientale, equidistante dalla costa della Repubblica Popolare Cinese e da Giappone e Filippine, dove l’America ha schierato i propri contingenti militari più robusti e agguerriti nella regione. Xi Jinping continua a minacciare di risolvere il nodo taiwanese in un modo o nell’altro entro il 2049 e si muove di conseguenza. A questo punto Washington non può arretrare di un millimetro senza perdere la faccia nel teatro regionale e su scala mondiale. In una prospettiva di medio termine, inoltre, la tensione tra
Giappone e Cina è destinata a crescere anche per il riarmo giapponese. Ottavo e finale, la cosiddetta rotta nordica che potrebbe collegare l’Estremo Oriente all’America attraverso l’Oceano Artico su cui si affaccia la Russia. Questa rotta risulta di fatto bloccata per gran parte dell’anno dai ghiacci, però in via di rapida fusione. Molto lascia prevedere che nei prossimi decenni questo collegamento commerciale e strategico sarà uno dei massimi contenziosi geopolitici nel triangolo Cina-Russia-Stati Uniti, dove si gioca il futuro degli equilibri mondiali. La crisi delle principali rotte marittime mondiali ha anzitutto un rilievo economico. I costi dei traffici marittimi per le principali economie mondiali sono destinati a crescere, insieme ai conflitti locali che infestano le aree prossime ai colli di bottiglia transoceanici. Per chi voglia farsi un’idea di come i famosi «pezzi di terza guerra mondiale» possano congiungersi, uno sguardo d’insieme a queste aree strategiche è il primo esercizio da fare. E per chi tiene a salvare la pace e con essa la salute dell’economia su scala mondiale, la libertà di navigazione resta il compito principale.
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Il re è malato, evviva il re!
Regno Unito ◆ I problemi di salute di Carlo e Kate rendono umana la monarchia, le restituiscono il ruolo di guida nei momenti difficili
In nessuna telenovela si poteva pensare di fare uscire di scena per un po’ tre personaggi in un colpo solo: il re, la bella principessa e una delle «cattive» più riuscite della storia di Buckingham Palace. Carlo (nella foto), Catherine e Sarah Ferguson sono tutti alle prese con problemi di salute; nei primi due casi il valore simbolico della faccenda è altissimo. Non solo perché un re malato è una grande novità per una monarchia che ha sempre mantenuto uno strettissimo riserbo sulla salute dei suoi membri, ma perché Kate rappresenta il futuro radioso di un Paese che attraversa da anni una stagione di insicurezza. L’idea che lei, così atletica e solare, possa in realtà essere fragile è un elemento perturbante per la psiche nazionale, educata nei secoli a reagire in maniera emotiva all’immagine della Royal Family. Kate è sparita da più di un mese dopo una non meglio precisata «operazione all’addome» e tornerà forse dopo Pasqua, mentre Carlo ha iniziato le terapie a Londra e, senza partecipare a eventi ufficiali, non intende comunque nascondersi del tutto. Sa che sarebbe sbagliato anche se le cure gli si leggeranno addosso, forte della lezione di sua madre Elisabetta, che di sé diceva: «Devo essere vista per essere creduta». Al momento dunque ci sono due sole persone al comando: William e, a sorpresa, Camilla. Nel primo caso la faccenda è meno naturale di quello che potrebbe sembrare. Non solo l’erede al trono non può permettersi di oscurare il padre o di dare l’impressione che si sia vicini a una successione, ma l’opinione pubblica lo apprezza soprattutto come rassicurante padre di famiglia: se lasciasse Kate da sola in questo momento difficile la sua immagine ne risentirebbe. E quindi, poiché la monarchia sopravvive anche grazie alla mistica che la circonda, è bene che questa mistica resti intatta. E qui arriva Camilla, che in molti faticavano a vedere nel ruolo di regina consorte, e che invece si sta ritrovando con tutti i riflettori addosso e il compito di interpretare – benissimo a dire il vero – il mantra nazionale «keep calm and carry on» (manteniamo la calma e andiamo avanti). Con i suoi 76 anni portati senza infamia né lode, la sua evidente disinvoltura davanti al protocollo, vestita come
Keystone
Cristina Marconi
50 anni fa e l’eterno ghigno che pare nasconda un’ironia travolgente, la ex «donna più pigra d’Inghilterra», secondo la definizione affettuosa di chi la conosce bene, sta procedendo con passo sicuro attraverso tutti gli impegni noiosi e fondamentali che formano l’agenda della famiglia reale. Perché lavorano, i royals. Inaugurano di tutto, tagliano nastri, fanno discorsi, presenziano a funzioni, vengono presi e portati in giro in angoli remoti del Paese per far sentire la presenza della Corona, per alimentare quel senso di eccezionalità che viene con l’essere una monarchia. Non tutti scaldano i cuori come Kate, certo, ma è raro che si apra un nuovo ospedale senza che almeno la principessa Anne, la più stakanovista di tutti con una media di dodici eventi a settimana, venga stringere mani, a dire due parole, a prendere il tè con qualche comitato locale di anziane attiviste o giovani produttori di formaggio. Re Carlo ha voluto restringere la squadra dei working royals al minimo, in linea con la sobrietà imposta dai tempi, anche per ridurre il numero di persone la cui vita deve essere costantemente sotto esame. Suo fratello Andrew è stato fatto uscire di scena per i suoi rapporti con il finanziere pedofilo Jeffrey Epstein, mentre Meghan e Harry, che invece facevano sognare eccome, hanno fatto danni irreparabili. Le figlie di Andrew e Sarah
Ferguson, Beatrice ed Eugenie, sono giovani e amate, ma hanno entrambe un impiego normale – una lavora in un’azienda di software, l’altra dirige una galleria d’arte – e fanno vite ormai diverse. Insomma, quello dei «reali attivi» è un team anzianotto e un po’ spento, in cui al momento splende Camilla, che invece sta gestendo gli impegni pubblici della monarchia con una sobria fattività che ricorda in tutto e per tutto quella di Elisabetta. Dall’ufficio stampa di Buckingham Palace è un continuo invio di comunicati che spiegano che Camilla è lì, che The Queen inaugura qualcosa. D’altra parte l’ufficio stampa di Buckingham Palace per la prima volta nella sua storia si è trovato a scrivere la parola «prostata», rompendo in modo netto con la tradizione. Anche la vecchia regina madre, morta a quasi 102 anni, ebbe a che fare con un tumore negli anni Sessanta ma la faccenda venne gestita con la massima discrezione e, quando fu ricoverata, ormai anzianissima, per aver ingoiato una spina di pesce, se la cavò con una battuta: sono solo i salmoni che si vendicano, disse lei, appassionata di pesca. Ma certo né lei né le regine del passato dovevano vedersela con i social network e con i canali all news e quindi Carlo ha fatto bene a far sapere di avere il cancro, tenendo segreto il tipo per evitare congetture e speculazioni. I contribuenti, che di fatto mantengo-
no la monarchia, hanno diritto di conoscere lo stato di salute della persona che, seppur con un ruolo cerimoniale, ne è al centro: negare questo sarebbe negare l’importanza stessa del re, relegarlo a un attore di seconda fila, a un simbolo che non ha neppure bisogno di essere in condizione di lavorare. Inoltre ha contribuito a strappare quel velo di imbarazzo che inspiegabilmente ancora avvolge troppo spesso i malati oncologici. Meno apprezzata la scelta di farsi accompagnare ancora una volta da un medico omeopata, pur seguendo i protocolli delle cure tradizionali. Il premier Rishi Sunak ha detto che la malattia fortunatamente è stata «presa presto», ma le sue parole sono cadute nel vuoto, il palazzo non vuole dare dettagli, del re si sa che ha il cancro e di Kate si sa che non ha il cancro, niente fa pensare a situazioni troppo preoccupanti. Lei sarebbe finalmente uscita di casa, anche se non ha voluto farsi fotografare, forse per non scendere al di sotto degli estenuanti standard di perfezione che da sempre raggiunge a chissà quale prezzo.
Solo il 29% dei britannici crede che la monarchia sia «molto importante»: non sono mai stati così pochi Carlo se ne starà tra Sandringham e Highgrove e viaggerà in macchina, senza vetri fumé, per togliere ai fotografi il gusto di rubare scatti. Continuerà a vedere il primo ministro – Sunak, e chiunque ci sarà dopo di lui dopo le elezioni – ogni settimana, magari su Zoom. Per ora non sono stati nominati i «consiglieri di Stato», ossia le persone, tra cui Camilla, che possono sostituirlo in caso di emergenza, e questo fa pensare che si tratti di una situazione gestibile. Oggi solo il 29% dei britannici, secondo un recente sondaggio, crede che la monarchia sia «molto importante». Non sono mai stati così pochi. Però in un momento in cui delle ferite si parla e l’idea del superuomo non è mai stata così fuori moda, la fragilità del monarca non è per forza la fragilità della monarchia: paradossalmente la rende attualissima, umana, e le restituisce il suo ruolo di guida nei momenti difficili, il ruolo che da sempre le viene meglio
Fra i Libri di Paolo A. Dossena
Peter Foster, «What Went Wrong With Brexit: And What We Can Do About It», Canongate Books, 2023 Quando Boris Johnson lascia il «Daily Telegraph» come corrispondente da Bruxelles è sostituito da Peter Foster. L’ostilità verso l’Ue era forte nella sinistra (cioè i laburisti di Jeremy Corbin) che vedeva nell’Unione il «club dei ricchi». Le corrispondenze di Johnson erano invece indirizzate a un pubblico conservatore, che accettò sue dubbie affermazioni come: gli «eurocrati» stanno per dettare quale curva debba avere una banana per essere commercializzata e decideranno il limite della potenza degli aspirapolveri. In Grand Bretagna la gente si è quindi convinta che occorresse liberarsi del «red tape», la burocrazia, l’espressione chiave del successo di Brexit (un altro importante fattore è stato quello dell’immigrazione, con un milione di profughi dalla Siria nel 2015). Ma «red tape» è un concetto basilare anche dell’esposizione di Foster per un altro motivo: è proprio a causa di Brexit che la burocrazia si è, per gli esportatori verso il Continente, mostruosamente ingigantita. Il Regno Unito è uscito dal blocco e viene ora trattato come un corpo estraneo, con tutte le complicazioni doganali e i formalismi che ne conseguono. Quindi la burocrazia non è diminuita, è bensì molto aumentata e il commercio non si è espanso ma si è contratto, con danni colossali per le aziende britanniche di ogni dimensione (nell’ultima parte del saggio di Foster sono contenute proposte concrete per mitigare alcuni degli effetti più disastrosi della Brexit). Foster spiega la faciloneria dei ciarlatani come Johnson che vendevano i loro prodotti (prima giornalistici e poi elettorali) servendo argomenti come «Global Britain» (Gran Bretagna globale) e «freedom» (libertà) dalla «palla al piede» della Ue, colpevole della «castrazione» del Regno Unito. Luogo dove comunque, fin dai tempi di Napoleone, il pubblico era già prevenuto verso i progetti europei d’integrazione, con malumori verso il Trattato di Roma del 1957, verso l’ingresso britannico, nel 1973, nel «club europeo» e verso il Trattato di Maastricht del 1992. A metà strada tra la storia (di Brexit) e l’economia (le conseguenze finanziarie del «leave») il saggio di Foster è il punto di vista di un «remainer» (persona contraria a Brexit) centrista. L’autore sottolinea i costi non solo economici ma anche politici di un disastro annunciato. Annuncio pubblicitario
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ATTUALITÀ
Bettino Craxi, grande statista o ladro?
Storia ◆ Novant’anni fa nasceva a Milano il leader storico del Partito socialista italiano a cui Roberto Benigni inviò una cartolina... Roberto Festorazzi
L’antico adagio del «così fan tutti» non poteva essere invocato a circostanza attenuante: la situazione era grave Va del resto ricordato che molti tra i più abili uomini di Stato non sono candidi agnelli. Sono piuttosto mentitori seriali e, sul loro comodino, non tengono i Vangeli ma le massime di Niccolò Machiavelli. Craxi venne travolto dall’inchiesta giudiziaria «Mani pulite» che nel 1992 scoperchiò la pentola maleodorante di Tangentopoli, ossia il diffuso sistema di corruttele che stritolava la Penisola come una piovra tentacolare, sia sotto la forma macroscopica dei finanziamenti illegali ai partiti, sia sotto il profilo delle fortune economiche ascendenti dei singoli personaggi politici. Ora, su Craxi siamo in grado di ri-
velare un aneddoto che ci è stato raccontato da una fonte a lui assai vicina che vuol restare anonima, un suo ex collaboratore: un velenoso sfottò che ricevette dal regista e attore Roberto Benigni. Proprio nel pieno della bufera scatenata dall’inchiesta dei magistrati di «Mani pulite», il 3 luglio 1992 il segretario socialista pronunciò, alla Camera, un famoso discorso nel quale denunciò: «Fioriscono e si intrecciano casi di corruzione e di concussione che come tali vanno definiti, trattati, provati e giudicati. E tuttavia, d’altra parte, ciò che bisogna dire e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare od illegale». Poi, con minacciosa spavalderia, lanciò il guanto di sfida all’intero arco dei partiti: «Non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro». Nessuno si levò in piedi per contraddirlo. Ma Craxi aveva peccato di sicumera. Se l’intervento denotava un indubbio coraggio, sul piano dell’assunzione di responsabilità (quanto meno come incipit potenziale di un processo di rifondazione di un sistema andato fuori controllo), tuttavia aveva il grande difetto di essere debole nelle argomentazioni addotte. L’antico adagio del «così fan tutti» non poteva essere invocato a circostanza attenuante, o sminuente, rispetto alla gravità della degenerazione che affliggeva il Belpaese. Un colpo di spugna, sul piano giudiziario, o anche politico, non poteva giungere attraverso una sentenza di riprovazione, o presa d’atto, così sommaria. L’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, fu più lungimirante. Propose l’istituzione di una Commissione d’inchiesta che, mediante quella che definì «la grande confessione», facesse piena luce su tutto quanto era accaduto in Italia, concludendo i propri atti con la certi-
bete che lo avrebbe, di lì a pochi anni, condotto alla tomba. Forse il male aveva lesionato la sua lucidità politica. Non era più l’uomo che, ai tempi dell’affaire di Sigonella, del 1985, aveva sfidato la potenza americana, impedendo che gli Usa mettessero le mani su un Abu Abbas, capo del gruppo paramilitare Fronte per la Liberazione della Palestina, che volava su un aereo intercettato dai caccia statunitensi e fatto atterrare in una base Nato in Sicilia.
Si spense in Tunisia dove si era stabilito, sottraendosi ai processi, ritenendosi vittima di una giustizia «politica»
Keystone
Il 24 febbraio 1934, circa novant’anni fa, nasceva a Milano Bettino Craxi (nella foto), leader storico del Partito socialista italiano (PSI), che guidò dal 1976 al 1993. Pochi uomini politici della Penisola sono divisivi come fu – e tuttora è considerato – lui. Al punto che, se si dovesse compiere un sondaggio tra i suoi connazionali che ancora lo ricordano, o sanno chi sia stato, probabilmente la metà lo giudicherebbe un ladro mentre l’altra metà lo vorrebbe consegnato alla storia come un grande statista. La verità è come sempre più complessa, perché Craxi in qualche modo fu l’una e l’altra cosa. Fu infatti un uomo di Stato di elevate capacità, di cui diede prova quando fu primo ministro, tra il 1983 e il 1987, ma allo stesso tempo appartiene alla categoria dei più grossi manigoldi per il suo sprezzante cinismo, che lo portò a trasformare il PSI in una mostruosa «macchina da guerra» mangiasoldi che rubava ovunque, per poter disporre dei mezzi per battere, a sinistra, il primato del Partito comunista.
ficazione della morte e del fallimento dell’intero sistema, e la convocazione di elezioni per un’Assemblea costituente che varasse una nuova Repubblica presidenziale. È giunto il momento di raccontare l’inedito retroscena che si cela dietro l’episodio del famoso discorso parlamentare di Craxi. Poco dopo averlo pronunciato, il segretario socialista ricevette
una cartolina illustrata nella quale era scritto: «Caro Bettino, un bel tacer non fu mai scritto». Firmato: Roberto Benigni. Il cineasta, con quel messaggio, beffardo e malizioso, intendeva pungolare Craxi, rimproverandogli di aver a suo modo aperto una breccia nell’omertà che allignava tra i partiti. Il capo del PSI, a quel tempo, era già afflitto dalla grave forma di dia-
Craxi, che aveva mediato con Yasser Arafat il rilascio di 454 persone che viaggiavano a bordo della nave da crociera Achille Lauro, prese in ostaggio da un commando palestinese, fece circondare dai carabinieri e dalla vigilanza aeronautica militare gli uomini del reparto speciale americano che volevano prelevare con la forza Abu Abbas per processarlo negli Stati Uniti. La controreazione di Sigonella, che avrebbe potuto sfociare in uno scontro armato senza precedenti tra potenze della Nato, consentì ad Abu Abbas di lasciare l’Italia da uomo libero. Il Craxi del 1992, viceversa, si aggirava per le stanze della sede del suo partito, in via del Corso, sventolando la cartolina di Benigni, e chiedendo lumi su che significato potesse avere. Ciò la dice lunga sull’appannamento della sua ben nota perspicacia. Il premio Oscar, vicino al Partito comunista, aveva colto che l’intervento di Bettino in Parlamento aveva preso di mira soprattutto il PCI per la questione dei finanziamenti sovietici che questo soggetto politico riceveva. La fine di Craxi è nota. Ritenendosi vittima di una giustizia «politica» si rifugiò ad Hammamet, in Tunisia, sottraendosi a processi e condanne. E là si spense, il 19 gennaio del 2000. Annuncio pubblicitario
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MONDO MIGROS
LA GOMMA DA MASTICARE FARÀ PRESTO DIMAGRIRE? Una cicca che contiene fibre alimentari dovrebbe aiutare a perdere peso L’inventrice Maria Luisa Balmer spiega come funziona e cosa c’entra la Migros Testo: Barbara Scherer
Signora Balmer, è già possibile acquistare la gomma da masticare dimagrante «FibreGum» alla Migros? Purtroppo no. Questa gomma non è ancora disponibile sugli scaffali Migros. Attualmente la stiamo testando nel quadro di uno studio sui bambini in sovrappeso in collaborazione con l’Ospedale pediatrico di Berna. L’obiettivo però è quello di lanciare questa gomma da masticare nei prossimi anni, anche alla Migros.
«La nostra speranza è che possa modificare la flora intestinale a lungo termine»
E non appena sarà disponibile, l’acquisterò anch’io... La «FibreGum» non è un rimedio miracoloso con il quale perdere 10 o 20 chili. Non sostituisce una dieta equilibrata né un sufficiente esercizio fisico. Questa gomma da masticare integra invece i convenzionali metodi per la perdita di peso. La nostra speranza è che possa modificare la flora intestinale a lungo termine.
Le persone affette da obesità patologica presentano spesso una minore quantità di certi batteri che si nutrono di queste fibre. Aumentando l’assorbimento delle fibre si ripristina il microbiota intestinale. È qui che entra in gioco la «FibreGum».
Come funziona? Funziona grazie alle fibre alimentari solubili contenute nella gomma. Si tratta di fibre naturali come quelle presenti nelle verdure e nei legumi, che fungono da alimento per importanti batteri intestinali.
Maria Luisa Balmer
E questi batteri fanno dimagrire? Non i batteri in sé, ma i sottoprodotti che si formano quando essi digeriscono le fibre alimentari. Tra questi figurano ad esempio gli acidi grassi a catena corta. Questi ultimi regolano l’appetito. In parole semplici, se si hanno questi acidi grassi nel sistema, ci si sente sazi più in fretta e si mangia meno. Ma non è solo una questione di perdita di peso...
Bensì? Ci sono le complicazioni associate all’obesità, come il diabete e l’ipertensione. Sulla base degli studi esistenti presumiamo che i batteri intestinali giusti stimolino anche la combustione dei grassi e il metabolismo degli zuccheri nell’organismo. E questo può prevenire il diabete. Quindi in realtà dovrei semplicemente mangiare più verdure... Certo. La «FibreGum» rimane però in bocca più a lungo e può anche stimolare i batteri benefici. Essi producono già in bocca importanti metaboliti, che a loro volta entrano in circolo attraverso le mucose e vengono trasportati direttamente agli organi importanti. Probabilmente la gomma da masticare aiuta anche le persone a ridurre gli spuntini. La gomma da masticare sa di verdura? (Ride) No. La «FibreGum» è indistinguibile dalle altre gomme da masticare. Presenta un colore bianco e ha un sapore di menta piperita. Producete voi questa gomma? No, l’abbiamo sviluppata in collaborazione con l’impresa Delica della Migros (vedi riquadro). È lei che la produce.
Perché la gomma da masticare viene testata solo sui bambini? Semplicemente perché lo studio doveva iniziare da qualche parte. Dato che molti adulti in sovrappeso riferiscono di aver avuto problemi di peso già da bambini, ha senso iniziare a combattere l’obesità, ovvero il sovrappeso grave, sin dall’infanzia. Inoltre gran parte dei bambini ama le gomme da masticare, il che li rende un perfetto gruppo di studio.
La professoressa
Maria Luisa Balmer è specializzata in medicina interna ed è responsabile del gruppo di ricerca dell’Università di Berna.
La Migros produce «FibreGum» La «FibreGum» è un progetto di ricerca dell’Università di Berna. In uno studio su questo tema, la gomma da masticare viene somministrata per 6 mesi a circa 100 bambini partecipanti al programma sull’obesità dell’Ospedale pediatrico di Berna. La «FibreGum» è prodotta dall’affiliata Migros Delica di Buchs (AG). La Delica ha partecipato attivamente allo sviluppo di questa gomma da masticare per garantire gusto e consistenza confacenti. La gomma è stata sviluppata gratuitamente in quanto si tratta di un progetto di ricerca. Il team di ricerca ha dovuto farsi carico unicamente dei costi del materiale d’imballaggio.
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ATTUALITÀ
La tredicesima AVS piace all’elettorato
Berna ◆ La proposta di innalzamento dell’età pensionabile sembra invece destinata a fallire. Appuntamento alle urne il 3 marzo Alessandro Carli
Se si dovesse tener conto solo delle conseguenze finanziarie citate da chi la combatte, l’iniziativa popolare «per una 13.ma mensilità AVS», in votazione popolare il 3 marzo prossimo, sarebbe condannata. Ma a pesare vi è una forte componente sociale, tanto che – secondo i sondaggi – l’iniziativa otterrebbe l’approvazione della maggioranza dell’elettorato svizzero. È vero – e l’esperienza ce lo insegna – questo pronostico favorevole può perdere velocità nelle ultime settimane o inciampare nella doppia maggioranza (popolo e Cantoni) necessaria affinché un’iniziativa popolare venga approvata. Per il momento le cittadine e i cittadini potrebbero accogliere la proposta dei sindacati, sostenuta dal Partito socialista e dai Verdi, di regalarsi una 13.ma rendita AVS, destinata ad aumentare il potere d’acquisto, proposta che raccoglie simpatie anche negli ambienti borghesi.
Sembra invece compromesso il destino dell’altra iniziativa popolare «per una previdenza vecchiaia sicura e sostenibile», promossa dai giovani PLR, che chiede di portare l’età di pensionamento a 66 anni per entrambi i sessi entro il 2033, data a partire dalla quale il limite verrebbe innalzato automaticamente in base all’aumento della speranza di vita media. Il pensionamento a 67 anni è previsto dal 2043 e a 68 dal 2056. La proposta dei giovani radicali è sostenuta dal PLR, dall’UDC, dalle organizzazioni economiche e da certe sezioni cantonali del Centro, ma non piace a tutti gli altri. Governo e Parlamento raccomandano di respingere questo progetto, come pure la 13.ma mensilità. Il pensionamento a 66 anni è contestato. Appena 18 mesi dopo il risicato sì all’aumento a 65 anni (25 settembre 2022) dell’età di pensionamento delle donne (riforma AVS 21), entrato in vigore quest’anno e che sarà attuato a tappe dal 2025 al 2028, gli svizzeri dovrebbero pronunciarsi su un nuovo aumento. Secondo i giovani radicali, la loro iniziativa vuole stabilizzare l’AVS e garantire le rendite senza gravare sui giovani. Una proposta volta al fallimento, anche perché l’aumento dell’età pensionabile non ha mai sollevato entusiasmi. Per i contrari, il testo ignora la realtà vissuta da molti pensionati e non farebbe che esacerbare le inuguaglianze sociali. L’AVS, che si basa sulla solidarietà tra generazioni, è entrata in vigore nel lontano 1948. L’articolo 112 della Costituzione svizzera prevede che le rendite AVS coprano il fabbisogno vitale degli assicurati. Cosa che non avviene sempre. Ecco perché è stata lanciata la proposta per una 13.ma mensilità AVS. Oggi sono circa 2,5 milioni i beneficiari di una rendita AVS. Per le persone singole, quella mensile varia tra un minimo di 1225 e un massimo di 2450 franchi. Le coppie sposate ricevono fino a 3675 franchi, pari al 150% della rendita massima individuale. Le uscite annuali dell’AVS raggiungono i 50 miliardi di franchi e rispettano an-
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L’articolo 112 della Costituzione svizzera prevede che le rendite AVS coprano il fabbisogno vitale degli assicurati. Cosa che non avviene sempre
cora il principio di non superare il capitale (circa 47 miliardi a fine 2022). Le entrate provengono in primis dai contributi della popolazione attiva e dei datori di lavoro e da altre fonti (contributo della Confederazione, una parte dell’IVA e altre imposte). In caso di accettazione dell’iniziativa, a partire dal 2026 la rendita di vecchiaia verrebbe erogata tredici volte all’anno, pari a un aumento mensile dell’8,3%. Le prestazioni complementari rimarranno comunque intatte. Il fabbisogno AVS aumenterà di 4,1 miliardi, di cui 800 milioni a carico della Confederazione. Dal 2031 la fattura supplementare sarà di 5 miliardi di franchi. L’iniziativa non dice come far fronte a questa maggiore necessità finanziaria. Toccherà al legislatore rispondere. È ipotizzabile un aumento dei contributi salariali pari allo 0,4% ciascuno per impiegati e datori di lavoro, una crescita
dell’IVA dall’8,1% al 9,1% e delle imposte. Il Consiglio federale ricorda che, anche senza il versamento della 13.ma, nei prossimi anni l’importo totale delle rendite di vecchiaia crescerà a causa del raggiungimento dell’età pensionabile della generazione del baby boom (l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali parla di 500700’000 casi) e dell’invecchiamento della popolazione. Se al momento ci sono ancora 3 attivi per finanziare la rendita di un pensionato (nel 1948 erano 6,5), dal 2035 – mette in guardia il Consiglio federale – si scenderà a 2,1 attivi per pensionato. Nel 2032 il fabbisogno annuo complessivo salirà a 63,5 miliardi. Per gli oppositori della 13.ma mensilità è una mera questione di finanze. Comunque quest’evoluzione deve indurre alla prudenza, sebbene i fautori dell’iniziativa sostengano – come anche il Consiglio federale – che dal
La 13.ma rendita AVS è percepita da chi si avvicina alla pensione come una «manna dal cielo». (Keystone)
2026 l’AVS registrerà eccedenze annue pari a 3,5 miliardi, ciò che coprirebbe in parte i costi della 13.ma AVS. Alla fine del decennio, sempre secondo i sindacati, l’AVS disporrà di un patrimonio di 67,5 miliardi di franchi, malgrado gli «scenari catastrofici» prospettati dagli oppositori. Per loro la 13.ma è dunque finanziabile.
In Ticino – ricorda Pro Senectute – il 29,5 per cento degli over 65 vive in condizioni precarie, ovvero con un reddito mensile inferiore ai 2300 franchi In un contesto caratterizzato dagli aumenti degli affitti, dei premi malattia, dell’elettricità, dei trasporti e da una perdita del potere d’acquisto, una 13.ma AVS sembra sedurre un elettorato che va ben oltre la sinistra. I pensionati hanno bisogno di maggior sostegno. Secondo il presidente dell’Unione sindacale svizzera Pierre-Yves Maillard (PS) non si può rimanere indifferenti verso chi deve «tirare la cinghia in modo inaccettabile». In Ticino – ricorda Pro Senectute – il 29,5% degli over 65 vive in condizioni precarie (reddito mensile inferiore ai 2300 franchi). Per Maillard l’AVS non adempie dunque più al mandato costituzionale di garantire il fabbisogno vitale. Secondo gli avversari, l’iniziativa vuole ridistribuire «denaro che non c’è». Essi sono poi contrari a una «politica dell’annaffiatoio» che attribuisce la 13.ma AVS anche a coloro che non ne hanno bisogno. Ma l’USS replica che chi si oppone alla 13.ma perché aumenta anche la rendita dei ricchi, in realtà contesta l’intera AVS, basata sul principio assicurativo. I contra-
ri chiedono misure più mirate e meno costose. L’attuale ponderazione delle rendite potrebbe essere riveduta in favore di quelle più basse. Un’opinione condivisa dalla consigliera federale socialista Elisabeth Baume-Schneider che, in linea con il Governo, si trova a combattere l’iniziativa, contro la volontà del suo partito. Affermando che non vi è margine di manovra finanziaria per l’introduzione di una 13.ma AVS, ha promesso che «farà proposte per una via mediana» nell’ambito della prossima riforma dell’AVS, che il Consiglio federale presenterà entro il 2026. A suo modo di vedere, è meglio dare la precedenza a soluzioni adattate alle persone che vivono nella precarietà. Un altro aspetto sostenuto dagli avversari dell’iniziativa sono le rendite AVS/AI versate all’estero (nel 2022 erano più di un milione per un valore mensile di 627 milioni di franchi). A causa della forza del franco svizzero – affermano – queste rendite hanno già guadagnato notevolmente in fatto di potere d’acquisto e la 13.ma AVS è dunque superflua. Ciò non vale però per i pensionati rientrati in patria per i quali l’AVS è sovente la sola fonte di sostentamento. Per gli avversari, con l’iniziativa il sistema pensionistico svizzero compie un «salto nel buio». Secondo i fautori, gli argomenti degli oppositori sono unilaterali: la situazione non è drammatica e l’AVS non è affatto sull’orlo della bancarotta. La 13.ma rendita AVS – come detto – sembra avere il vento in poppa, sostenuta pure dall’incognita del segreto dell’urna: il pensionato (o chi è prossimo alla pensione), pur non avendone veramente bisogno, potrebbe chiedersi, con una punta di egoismo, se sia veramente il caso di rinunciare a questa «manna dal cielo».
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ATTUALITÀ
Sulla concorrenza fiscale fra i Cantoni
Svizzera ◆ Zugo rimane tra le realtà più favorevoli alle aziende e non solo, mentre il Ticino si trova negli ultimi posti della classifica
Potrebbe sembrare un vistoso paradosso il fatto che il Canton Ticino possa dotarsi di una legge fiscale meno penalizzante (soprattutto per i redditi più alti), mentre sta votando un preventivo con oltre un centinaio di milioni di franchi di disavanzo. È del resto questo uno dei motivi per cui, contro la modifica votata lo scorso dicembre dal Gran Consiglio, è stato lanciato un referendum. Quindi il carico fiscale in Ticino potrebbe aumentare, già con il coefficiente cantonale che passerà dall’attuale 97% al 100%, mentre non verrebbero corrette nemmeno le distorsioni dell’attuale regolamentazione sulle donazioni e successioni (in particolare per le aziende), sul prelievo di capitale della previdenza professionale e sui redditi più elevati. Situazione per cui il Ticino si trova negli ultimi posti della classifica dei Cantoni in campo fiscale. Come avviene già da qualche anno, il professor Pascal Hinny, esperto fiscale di Zurigo e docente all’Università di Friburgo, ha anticipato i dati ufficiali sulla fiscalità in Svizzera. L’esame si è concentrato sulle imposte cantonali, sul reddito e la sostanza, e comunali nel Comune del capoluogo cantonale, da pagare dalle persone fisiche, nonché le imposte sugli utili a carico delle persone giuridiche nel 2024. Le cosiddette imposte dirette coprono in Svizzera il 60% delle entrate fiscali di Confederazione, Cantoni e Comuni.
Dallo studio risulta che la media delle aliquote d’imposta più elevate nei capoluoghi cantonali è attualmente del 33,3%. Rispetto all’anno precedente questa media è scesa dello 0,3%. I Cantoni che hanno diminuito le imposte sono Grigioni, Lucerna, Neuchâtel, Vaud e Zurigo. Le hanno invece leggermente aumentate i Cantoni di Nidvaldo, Obvaldo e Zugo. Tra i Cantoni che hanno aliquote d’imposta inferiori si possono vedere grandi divergenze. Per le aliquote di punta si costata per esempio il 20% a Freienbach, nel canton Svitto, e il 46% in vari Comuni del Canton Ginevra. Le statistiche mostrano che il «turismo fiscale» si può vedere già a partire da redditi di alcune centinaia di migliaia di franchi. La riduzione dell’onere fiscale sui redditi più alti viene comunque in parte compensata soprattutto da due fattori: il maggior costo dell’abitazione e i contributi all’AVS. Circa quest’ultimo punto si deve considerare che il contributo all’AVS, a causa del livello massimo consentito per la rendita, a partire da un reddito di 100’000 franchi diventa in pratica un’imposta. L’imposta effettiva da pagare potrebbe perciò aumentare di circa il 10% per i salari interessati. Bisogna inoltre tener conto che sulla sostanza più alta, l’imposta può variare dallo 0,1 allo 0,7%, a cui si aggiunge l’imposta sul reddito della sostanza stessa. Da quest’anno si deve anche tener conto dell’impo-
sta massima del 15% per la tassazione dei redditi dei grandi gruppi di aziende. Finora 18 Cantoni su 26 chiedevano un’imposta inferiore, per cui devono applicare un aumento d’imposta sugli utili di aziende con una cifra d’affari superiore ai 750 milioni di franchi. Questo particolare onere fiscale era già, in media, del 14,6%. L’eventuale aumento del gettito resta acquisito al Cantone se fatto di propria iniziativa. Se invece è conseguente all’applicazione dell’accordo internazionale, un quarto del gettito va alla Confederazione. Nei confronti intercantonali il Ticino (compresi alcuni Comuni) è già al 19,16%. Se però si dovesse aumentare il moltiplicatore cantonale, l’aliquota salirebbe ancora. Per il momento il Comune più favorevole è Castel San Pietro con il 17,12%, mentre più «cari» per le aziende potrebbero essere vari Comuni che chiedono il 17,52% sugli utili. Il capoluogo del Cantone più favorevole è sempre Zugo, che applica ancora un tasso dell’11,88%, seguito da vicino da Nidvaldo (11,97%) e da Lucerna con il 12,9% (media cantonale). Tra le imposte per le persone fisiche, troviamo in testa Zugo (22,2%), con il comune più favorevole in tutta la Svizzera, e cioè Muheim, che però applica il 23% in totale, seguito da Appenzello Interno (23,8%), Obvaldo (24,5%), Svitto (25%), Nidvaldo e Uri (25,3%). Come già accennato, il Cantone più «caro» è Ginevra (46%) con
Keystone
Ignazio Bonoli
il Comune più caro della Svizzera che è Genthod. Il Ticino è al quartultimo posto con una media cantonale del 40,1% e vari Comuni più «cari» con il 41,2%. Anche queste cifre dimostrano che la concorrenza fiscale fra Cantoni è sempre d’attualità e che l’aliquota unica per le grandi aziende non cambia molto la situazione. Anzi ha accentuato lo spostamento della tassazione delle aziende verso la tassazione delle persone fisiche, dei redditi individuali. Negli ultimi tempi tanti Cantoni si sono mossi nella direzione di una diminuzione della pressione fiscale sul reddito. Il Canton Grigioni ha ridotto le imposte del 5%, Vaud del 3,5%, mentre il Ticino propone una riduzione dal 15% al 12% dell’aliquota più alta e una riduzione dell’1,66% per gli altri contribuenti. Per le aziende con cifra
d’affari inferiore a 750 milioni, molti Cantoni si danno da fare per attirare anche piccole e medie aziende. Perfino Zurigo vuole ridurre l’aliquota dal 7 al 6%. Da notare che oggi in Ticino il 26,6% dei cittadini non paga imposte, mentre lo 0,5% dei contribuenti con reddito oltre i 500’000 franchi paga il 20% delle imposte e il 26% con oltre 200’000 franchi di reddito paga il 35,7% delle imposte. Il Consiglio di Stato ha rilevato che tra il 2016 e il 2022 ben 395 grandi contribuenti hanno lasciato il Cantone, mentre ne sono arrivati 190, per cui il Ticino ha perso 10 milioni all’anno di entrate fiscali. Dato che in tutti i Cantoni le prestazioni a favore dei cittadini e altri fattori di attrattività si equivalgono, il fattore fiscale diventa più importante nella concorrenza fra Cantoni. Annuncio pubblicitario
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Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
azione – Cooperativa Migros Ticino 33
CULTURA ●
Milano cittadella della cultura Attraverso le voci di personaggi memorabili come Roberto Cerati e Giulio Einaudi, Alberto Saibene fa rivivere la sua città del cuore quando era fitta di librerie e di cultura
La Primavera di Pina Bausch al LAC In arrivo a Lugano a fine febbraio, Salomon Bausch racconta l’opera cardine della coreografa e ballerina tedesca scomparsa nel 2009 e di come ne tiene in vita l’eredità
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Prestito permanente © Kunsthaus Zürich
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La controversa collezione d’arte di Emil Bührle
Mostra ◆ Il nuovo allestimento voluto da Ann Demeester al Kunsthaus di Zurigo permette al pubblico un confronto con la storia Emanuela Burgazzoli
Ann Demeester lo aveva promesso e, a meno di un anno dalla sua entrata in carica alla direzione del Kunsthaus di Zurigo, il più grande museo d’arte in Svizzera, ha inaugurato la nuova mostra dedicata alla controversa collezione d’arte di Emil Bührle, fabbricante d’armi, collezionista e mecenate, che questa volta mette al centro il contesto storico e il dialogo con il pubblico. Nel 2021 la prima e molto mediatizzata presentazione della collezione nel nuovo sfarzoso edificio firmato da David Chipperfield era stata preceduta da accese polemiche sulla mancanza di una vera documentazione storica e di una ricerca aggiornata sulla provenienza delle opere. Ora il nuovo allestimento, che resterà aperto per un anno, espone circa centoventi opere delle duecento concesse in prestito al Kunsthaus dalla Fondazione Bührle e punta sul dialogo con il pubblico e sulla trasparenza, con un titolo che suona come un programma: Un futuro per il passato: arte, contesto, guerra, conflitto. La collezione, rinomata internazionalmente per il suo nucleo di dipinti impressionisti e postimpressionisti con capolavori di Van Gogh, Monet (nell’immagine Le Bassin aux nymphéas, reflets verts, 1920/1926) Renoir, Degas e Manet, è stata infatti costituita da Emil Bührle a partire
dal 1936 grazie agli ingenti profitti derivanti dalla vendita di armi alla Germania nazista e ad altri Paesi durante la Guerra fredda. Un commercio che ha reso in pochi anni l’industriale di origini tedesche l’uomo più ricco della Svizzera. La collezione, si legge sui grandi pannelli dedicati alla biografia di Bührle nella sala delle grandi Ninfee di Monet (due di queste donate dal collezionista al Kunsthaus, come del resto la celebre Porta dell’Inferno di Rodin), ha rappresentato uno strumento di ascesa sociale per accedere alle élite zurighesi: il destino del fabbricante d’armi si è infatti legato rapidamente a quello del Kunsthaus e alla Società di belle arti zurighese, tanto che a due anni dalla sua morte, nel 1958, gli viene intitolata la nuova grande galleria.
È una mostra che risuona soprattutto di voci; quelle critiche del presente che riflettono su una collezione che appartiene a un capitolo molto controverso della storia svizzera Se due anni fa la documentazione era relegata a una piccola sala separata dalle opere, ora l’allestimento mette in evidenza l’intreccio tra storia e
arte. Certo le opere sono senza colpa, ma sono anche testimoni di un’epoca storica drammatica. Affissi secondo l’ordine di acquisizione lungo le sale, i dipinti restituiscono pure un ritratto del collezionista Bührle, attratto anche dall’arte sacra e da alcuni maestri della modernità, come Picasso o Kokoschka, che ritrae il ricco industriale. Ma questa è una mostra che risuona soprattutto di voci; le voci critiche del presente che riflettono su una collezione che appartiene a un capitolo molto controverso della storia svizzera e nella così detta «sala della risonanza» i visitatori incontrano e ascoltano (su grandi schermi) le riflessioni di personalità della società civile come Ralph Lewin, presidente delle Federazione svizzera delle comunità israelite o quelle degli storici Erich Keller, autore del saggio lI museo contaminato e Jacques Picard, ex commissione Bergier. In altre sale è stata registrata la testimonianza di persone comuni: una giovane artista ucraina rifugiata in Svizzera, una docente di storia e un ex operaio della Oerlikon-Bührle. Ma il Kunsthaus ha voluto anche porsi all’ascolto del pubblico: un po’ ovunque si può rispondere a sondaggi e lasciare i propri commenti, su temi quali il rapporto tra arte e denaro, la provenienza delle opere, le respon-
sabilità sociali di un museo. Inoltre ogni mercoledì pomeriggio c’è la possibilità di incontrare direttamente i conservatori del museo, inclusa la direttrice Ann Demeester. Ma nonostante tutti questi sforzi di trasparenza e dialogo, il comitato scientifico di esperti del progetto si è dimesso in blocco poco prima dell’apertura della mostra. Il motivo? La prospettiva delle vittime è ancora sottorappresentata; le voci dei precedenti proprietari e collezionisti ebrei che nella Germania nazista e nella Francia occupata si sono visti confiscare i loro beni o hanno dovuto svendere le loro opere d’arte per finanziarsi una precipitosa fuga (che il diritto svizzero definisce Fluchtgut, distinguendola, non senza suscitare critiche, dall’arte trafugata), sono relegate in un’unica sala che raccoglie poco più di una decina di casi sospetti, dove però i brevi testi non contengono elementi nuovi, né chiariscono fino in fondo le circostanze della loro vendita e acquisizione, come nel caso del dipinto La strada di Paul Gauguin appartenuto all’imprenditore di Berlino Richard Semmel. Su queste zone d’ombre ci si aspetta che faccia luce la nuova ricerca sulla provenienza dei dipinti della collezione condotta dallo storico Raphael Gross, i cui risultati sono attesi per l’estate e potranno es-
sere integrati nella mostra, come dimostrano i cassetti lasciati vuoti dai curatori nella sala dedicata alla ricostruzione della storia del capolavoro di Manet La Sultana, altro caso controverso del dipinto appartenuto al famoso collezionista e industriale berlinese Max Silberberg (morto ad Auschwitz) che lo aveva venduto nel 1937. Si esce da questa mostra quasi frastornati dal continuo intreccio di passato e presente, storia e arte, politica, voci e immagini, ma di certo non indifferenti. L’impressione è che anche questa volta domini la figura di Emil Bührle, «iscritto nel DNA del museo», come ama ripetere Demeester che promette: «La mostra resta il primo passo di un lungo processo che intende continuare il dibattito attorno alla collezione anche fuori dal museo». Osservando di nuovo il ritratto della giovane Irène Cahen d’Anvers di Renoir, capolavoro che apre il percorso, nello sguardo lievemente malinconico della bambina dal nastro blu, cogliamo ora un presagio di perdita e sofferenza. Dove e quando A Future for the Past, Kunsthaus Zürich, fino al 31.12.2024. Ma-do 10.00-18.00; gio 10.00-20.00. www.kunsthaus.ch
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Una saga emigratoria che voleva
Editoria – 1 ◆ Renato Martinoni e Lorenzo Planzi raccontano l’emigrazione ticinese dalle valli di Blenio e Leventina e dal Locarnese ve Natascha Fioretti
gozio. Ho avuto modo di conoscere i lontani cugini che vivono ancora a Parigi e con loro ho avuto la possibilità di consultare degli archivi, a cominciare dal loro archivio famigliare e, passo dopo passo, ricostruire una storia che attendeva di essere scritta. Determinanti sono stati anche i contatti con la sezione parigina di Pro Ticino e il suo presidente Gérard Solari che negli anni ha messo insieme un prezioso archivio nella sua casa alla periferia di Parigi a La Garennes /Colombes. Consultarlo mi ha permesso di allargare lo sguardo trasformando una storia di famiglia nella storia globale di una colonia, di una vera comunità ticinese che si è prolungata per un secolo e mezzo. La foto scelta per la copertina del libro, la stessa che vediamo qui a lato, ci racconta proprio della bottega della sua famiglia… Esattamente, ritrae i miei bisnonni, Louis e Marta Baggi con le due figlie, la mia nonna, e Marguerite che è la bambina più piccola, la mia prozia, la prima a raccontarmi questa storia.
Archivio Baggi, Locarno
«Lorenzo Planzi è partito dai racconti della sua famiglia e poi da storico ha fatto le sue ricerche negli archivi pubblici e privati ricostruendo questa storia dei ticinesi a Parigi che lui chiama “saga” per il fatto che ha una sua continuità nel tempo» ci dice lo scrittore e professore emerito di Letteratura italiana all’Università di San Gallo Renato Martinoni, curatore della prefazione del volume Ticinesi a Parigi. Una saga emigratoria, crocevia delle culture (1800-1945). «Questo lavoro – continua Martinoni – ha il merito di colmare una lacuna importante nella nostra storia dell’emigrazione che resta un fenomeno importante». Lorenzo Planzi nel volume uscito per Dadò ricostruisce la storia dei migranti che a cavallo tra Ottocento e Novecento abbandonano la Valle di Blenio, la Leventina o il Locarnese per andare a Parigi in cerca di un lavoro per sopravvivere all’asprezza della vita contadina. A metà Ottocento, tra maronatt, vetrai, spazzacamini, intraprendenti commercianti e gelatai, i ticinesi che vivono a Parigi sono circa tremila. Martinoni, che ha studiato i movimenti migratori ticinesi verso la vicina penisola italiana e più lontano verso la West Coast americana e l’Australia, dice che «questa è un’emigrazione diversa, più cittadina, meno avventurosa, più povera, un’emigrazione anche più moderna che permette una scalata sociale simile a quella che faranno gli italiani nel dopoguerra qui da noi». Poi ricorda come la nostra emigrazione fosse legata a un certo tipo di professione e di geografia. «Già nel Settecento i bleniesi sono noti perché vanno in Italia a Milano a fare i cioccolatai, i maronai, i cuochi. Quelli dell’alta Valle Maggia, della Val Lavizzara andavano a Roma a lavorare dai cardinali e facevano gli stallieri. Quindi c’è un’emigrazione legata a un certo tipo di professione e a un certo tipo di geografia. I bleniesi erano bravi nel campo della ristorazione, pensiamo ai Gatti a Londra. Nella saga di Planzi c’è la storia del ticinese che diventa il primo gelataio di Francia. L’emigrazione, soprattutto all’inizio, naturalmente è dura e non tutti riescono. Ci sono figure interessanti come quella di Cherubino Patà, verzaschese di Sonogno, pittore che nel 1868 va a Parigi ed esporrà al Salon. A proposito della città dice che è bella ma i parigini sono difficili». Uniti dalla stessa passione per la sto-
ria della migrazione, entrambi, Renato Martinoni e l’autore Lorenzo Planzi sono di Minusio. Classe 1984, un Dottorato in storia e la licenza canonica in teologia conseguita presso l’Università Gregoriana di Roma, Lorenzo Planzi attualmente è ricercatore senior presso il Dipartimento di storia contemporanea all’Università di Friburgo. In attesa della presentazione del volume il prossimo 29 febbraio alle 20:00 nell’ambito del FestivaLLibro di Muralto (che
giunge quest’anno alla sua quinta edizione e si terrà dal 28 febbraio al 2 marzo), gli abbiamo fatto qualche domanda. Lei è partito studiando i suoi legami famigliari? Sì. Mia nonna è nata a Parigi e così anche la mia prozia Marguerite Baggi che ho conosciuto bene e che ha vissuto nella colonia ticinese gli anni drammatici della Seconda guerra mondiale dell’occupazione tedesca.
Sin da bambino sono stato affascinato dalle storie che raccontava: penso alla vita della colonia ticinese, ai momenti difficili del rastrellamento degli ebrei nel Marais. Marguerite Baggi aveva una bottega di castagne, gelati e alimentari. Mi raccontava degli incontri della Pro Ticino, di questa colonia ticinese vivace e anche di alcuni suoi scontri con gli ufficiali nazisti quando aveva voluto prendere le difese di alcune persone perseguitate, ebrei che venivano nel loro ne-
A proposito di storie: un bel capitolo del libro ci porta nel cuore di alcune storie di ticinesi a Parigi. Iniziamo da un ritratto femminile, quello di Elsa Franconi-Poretti. A proposito di storie femminili è importante dire che questa colonia ticinese all’inizio era quasi esclusivamente maschile nel senso che l’emigrazione ticinese a Parigi è cominciata come fenomeno stagionale. Erano soprattutto gli uomini a lasciare le valli di Blenio e la Leventina per passare qualche mese in Francia. Erano chiamati les hirondelles en hiver perché arrivavano a Parigi in autunno e rientravano in primavera. Poi questo movimento migratorio da stagionale è diventato più stabile e sono arrivate anche le donne. Va ricordato che spesso le donne erano assenti dalle corrispondenze perché erano di più gli uomini a scrivere; ma il loro ruolo è stato fondamentale. In verità, sappiamo che erano loro a portare avanti le famiglie. Elsa Franconi-Poretti è stata corrispondente del «Corriere del Ticino» ma anche della radio della Svizzera italiana da Parigi negli anni tra le due Guerre mondiali e poi ancora alla fine della Seconda. Il suo era un modo molto coraggioso e spigliato di raccontare Parigi al Ticino attraverso le cronache e le corrispon-
Claudia Quadri Infanzia e bestiario
Odile Cornuz Fucile
Casagrande (2022)
Gabriele Capelli (2024)
Nel 2015 Claudia Quadri vinse il Premio svizzero di letteratura con Suona, Nora Blume e ora la scrittrice e giornalista ticinese ripete la magia con Infanzia e bestiario che qui ricordiamo visto che la settimana scorsa le è valso, per la seconda volta, l’ambito premio letterario. Un libro di racconti con qualche incursione poetica che prende forma in quel che un tempo fu l’albergo dei genitori dell’autrice, un edificio che sa di infanzia, di tempi, atmosfere e magie andati, di luoghi luganesi che nel tempo sono cambiati o non esistono più. Proprio come l’albergo, definito in una delle poesie una sorta di «Wunderkammer», abbattuto dalle ruspe. Protagonisti dei vari racconti, dunque, sono i ricordi ma anche gli animali, elementi vitali nell’esistenza di Claudia Quadri, come in Boxer, il capitolo che narra di una coppia zurighese, cliente abituale dell’albergo per 40 anni, sempre accompagnata dal suo cane.
In uscita in libreria il prossimo 26 febbraio questo romanzo è l’opera prima della poetessa e scrittrice svizzera di lingua francese Odile Cornuz, per quest’occasione tradotta da Carlotta Bernardoni-Jaquinta. Il tema è quello della relazione tossica, dell’amore che non è amore ma tedio, abitudine, trappola e, peggio ancora, violenza fisica e psicologica. «Desideravo nominare ciò che non lo è abbastanza – dice l’autrice – quella violenza che spesso non è definita come tale, e tendere uno specchio alle persone che non capiscono di essere intrappolate in questo tipo di relazione tossica. Mi sono ispirata a esperienze vissute personalmente ma anche all’osservazione delle disfunzioni di altri, purtroppo molto comuni, e ho voluto partire da semplici oggetti, intesi come materia grezza, che fossero significativi per i personaggi e diventassero punto di partenza per la costruzione dei capitoli».
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CULTURA
essere raccontata
Grandi ritratti
Editoria – 2 ◆ Milano, cittadella della cultura, e le voci degli intellettuali che l’hanno animata
erso la Francia avvenuta a cavallo tra Otto e Novecento
L’abbiamo già menzionata ma a questo punto vogliamo tornare sulla figura di Marguerite Baggi Planzi… Nata nel 1918 a Parigi ha vissuto gli anni difficili sotto l’occupazione tedesca. Era sarta di professione ma aiutava i genitori a mandare avanti la bottega di famiglia e raccontava, ad esempio, che in questi anni così difficili poteva dormire poco perché alle due, alle tre di notte doveva alzarsi per andare a mettersi in fila in queste lunghe code che si formavano ai mercati di Les Halles per poter comprare un pezzo di pane o un pezzo di carne. Raccontava anche dei bombardamenti tedeschi e poi inglesi e americani, del fatto che non erano mai al sicuro. Si sentiva molto francese. Quando è rientrata in Ticino insieme al marito Luigi Planzi ha animato il Caffè Milano a Locarno che era un po’ il caffè degli artisti e degli scrittori. La mia prozia si è sempre sentita un po’ parigina e un po’ ticinese. La sua era una doppia identità. Del resto tanti ticinesi sono rimasti un po’ francesi e tanti francesi sono ancora oggi un po’ ticinesi. Mia zia parlava quasi sempre in francese, insomma, anche quando aveva 90 anni diceva qualche parola in italiano, ma la sua lingua del cuore era il francese anche se poi ha vissuto per decenni nel Locarnese. Si è sempre portata nel cuore Parigi, la città dove è nata e cresciuta. ll volume è arricchito da un notevole apparato iconografico e tra le tante immagini trovo meravigliosa questa di Victor Bagi con Joséphine Baker (sopra, a destra). Lui era titolare della celebre gelateria al numero 38 di rue d’Amsterdam, aperta già alla fine del 1800. Tra i clienti abituali della gelateria c’era
Archivio Baggi, Malvaglia
denze. Aveva anche un occhio critico. Non ho il libro con me, ma cito un esempio a memoria: in occasione di un’esposizione svizzera si era fatta avanti per dire che il Ticino era totalmente assente visto che a rappresentarlo c’era soltanto una foto del campanile di Morcote. Aveva uno sguardo coraggioso e una voce critica che non aveva paura di far sentire. Inoltre è stata cofondatrice del giornale «Le messager suisse de Paris» una testata che da una parte cercava di raccontare la realtà parigina, dall’altra di tenere al corrente gli emigrati ticinesi e svizzeri di quello che succedeva in patria.
proprio lei – la perle noir – Joséphine Baker. Ma c’era di più, con lei Victor Baggi aveva anche un rapporto di amicizia e di affetto. Alla fine della guerra nel 1949 è stato addirittura proclamato premier glacier de France, un titolo davvero ambito. Mentre mi raccontava sfogliavo le immagini: sono parte di fotografie di famiglia o anche in questo caso l’apporto degli archivi è stato fondamentale? Queste foto vengono piuttosto da archivi famigliari che mi sono stati aperti grazie ai tanti incontri e alle interviste che ho fatto a Parigi. Ad esempio c’è Marzio Snozzi che era direttore della Maison de champagne MUMM e in quel caso ho incontrato la figlia che mi ha messo a disposizione la foto. Per Gino Arrigoni è successa la stessa cosa: la figlia Carla mi ha messo a disposizione la foto. Per Victor Baggi, il figlio Willy. Il lavoro di ricerca negli archivi famigliari è stato fondamentale. Sono stato spesso anche in viaggio tra Parigi, Berna, l’archivio federale e poi anche in Ticino. Poi la storia orale ha dato il suo contributo fondamentale perché parte di questa galleria di
ritratti è potuta essere scritta grazie alle interviste che ho fatto con i figli di alcune di queste personalità. Altre immagini provengono dall’archivio della Pro Ticino. Per un progetto come questo si parte sempre con idee e visioni di quello che sarà. Quando si è trovato alla fine, c’è stato un elemento inaspettato, un valore aggiunto che non aveva considerato? Mi ha sorpreso innanzitutto l’ampiezza di questa comunità, a cominciare dalle cifre. Non avrei mai pensato che alla vigilia della Seconda guerra mondiale a Parigi vivessero addirittura tremila ticinesi. A colpirmi in positivo è stato anche lo spirito di comunità che ho scoperto esserci tra loro. C’era un forte legame tra i ticinesi a Parigi, erano lontani da casa ma uniti nella grande metropoli, uniti dal legame con la loro terra. Questo spirito comunitario mi ha positivamente impressionato. Bibliografia Lorenzo Planzi, Ticinesi a Parigi. Una saga emigratoria, crocevia delle culture (1800-1945), Armando Dadò, Locarno, 2023.
Tra gli anni Cinquanta e Novanta del ventesimo secolo, forse in nessun altro Paese come in Italia gli istituti bancari hanno avuto una funzione così spiccatamente culturale finanziando la pubblicazione di volumi di altissima qualità. L’iniziatore di questo rinnovato fermento culturale è stato Raffaele Mattioli, per molti anni presidente della Banca commerciale italiana. Quasi fosse l’ultimo mecenate rinascimentale, Mattioli ha contribuito grandemente alla ripresa culturale di un’Italia prostrata dalla guerra, attivando una sorta di rapporto osmotico tra finanza e cultura, in cui la prima consentiva il fiorire della seconda, ma senza che quest’ultima ne fosse l’ancella. La sua creazione più illustre è stata la monumentale collana della Letteratura italiana. Testi e studi della Ricciardi, strumento indispensabile per ogni italianista. Proprio questa figura costituisce l’origine ma anche il fil rouge di una ricca raccolta di ritratti, incontri e interviste realizzati da Alberto Saibene a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Si rimane sbalorditi per l’abbondanza e la qualità delle testimonianze raccolte: l’autore è riuscito a farsi aprire le porte di salotti e dimore esclusivi. Il suo «carniere» conta nomi illustri: Roberto Einaudi, Roberto Cerati, Corrado Stajano, Umberto Eco (nella foto), Tullio De Mauro, Goffredo Fofi, Piergiorgio Bellocchio, Elena Croce e Antonio Cederna, solo per citarne alcuni. I personaggi ritratti nel volume sono tutti memorabili, ma tra di essi mi sembra emergano soprattutto quattro figure: nel campo dell’editoria Roberto Cerati, «il monaco dell’Einaudi», come è stato chiamato, colui che fu presente alle innumerevoli «riunioni del mercoledì», testimone delle leggendarie sfuriate di Giulio Einaudi e già per questo figura eroica. Tra alti e bassi, finché poté, Cerati tenne ben saldi i cordoni dell’azienda, ma quando Einaudi volle lanciarsi nella babilonica impresa dell’Enciclopedia, neppure lui ebbe la forza di reggere il colpo e fu il tracollo. Successivamente, la casa editrice venne assorbita dalla Mondadori e Giulio Einaudi dovette per forza di cose ricevere la visita dell’odiato Berlusconi. Di quell’incontro tra due personaggi agli antipodi le cronache riportano la battuta del Cavaliere: «Io e lei siamo come il diavolo e l’acqua santa. Ma non sono sicuro chi dei due sia il diavolo». Splendide sono le pagine dedicate a Corrado Stajano, il Truman Capote italiano, sempre sul crinale tra giornalismo e letteratura, instancabile indagatore dei misteri d’Italia, il quale fu
Wikipedia
Manuel Rossello
spinto a diventare giornalista dall’indignazione per la morte «accidentale» dell’anarchico Pinelli. Indimenticabili sono pure i capitoli in cui si delineano i ritratti di due intellettuali che hanno fatto della difesa dell’ambiente, del paesaggio e delle innumerevoli bellezze d’Italia il terreno delle loro battaglie: Elena Croce e Antonio Cederna. Si deve essenzialmente a loro e a Giulia Maria Crespi la creazione di Italia Nostra e del FAI, due iniziative benemerite che hanno dato una spinta decisiva per salvare almeno una parte degli innumerevoli tesori artistici della Penisola. Ma l’impressione più duratura (e malinconica) che si ricava da questo bellissimo libro è che gli anni Novanta del ventesimo secolo appaiono come il decennio che ha segnato il congedo da molti «grandi testimoni» di una generazione. È come se Saibene avesse fatto appena in tempo a intervistarli, dopodiché, uno dopo l’altro, ci hanno lasciati. Milano emerge come la sua città del cuore, una gloriosa cittadella della cultura in cui fino a pochi anni fa nelle vie centrali si poteva contare su una fitta rete di librerie, tra cui Milano Libri di Annamaria Gandini, ormai in gran parte sostituite da boutiques. Ogni volta che scendevo a Milano – se posso chiudere con un ricordo personale – non mancavo di passarci per carpirle qualche dritta sulle novità. Lei, già molto in là con gli anni, se ne stava sprofondata in una poltrona tra pile di libri. «Si legga Limonov di Carrère», mi suggerì una delle ultime volte che la incontrai, «è un farabutto, ma che stile!». Mi è sempre rimasto il dubbio su chi tra i due scrittori fosse il destinatario dell’epiteto. Bibliografia Alberto Saibene, Storie di un’altra Italia. Incontri e ritratti, Bellinzona, Casagrande, 2023.
Gilberto Isella La furia dell’angelo
Salvatore Maria Fares Il giardino delle agavi
Giampiero Casagrande Editore (2023)
Morellini Editore (2023)
Sei racconti che partono dalla quotidianità, da evidenze tangibili per poi traghettarci nel metafisico, in quella dimensione dove non vigono le leggi della razionalità in cui tutto è una causa-effetto lineare. D’altra parte ce lo dice il titolo riferendosi all’angelo «creatura polimorfa, imprendibile» che racchiude la nostra eterna tensione umana, quell’«andare oltre noi stessi, trascenderci». Meglio ancora Gilberto Isella ce lo dice con le parole di Goethe tratte dagli Aforismi sulla natura: «Occorre una certa duttilità di spirito, per comprendere nel suo modo più proprio la realtà informe, e saperla distinguere dalle chimere, che tuttavia si impongono con una certa parvenza di realtà». Tenete a mente queste parole quando leggete di spazi fisici di cui riappropriarsi in modo nuovo, di ascensori rotti e iguane da riaccompagnare al loro appartamento o di foglie indisciplinate che volano via dal sacco del signor Radicoli, vedovo, naturalista per diletto e appassionato di giardinaggio.
Tre donne, tre storie d’amore raccontate da due uomini. Il narratore protagonista Jacopo M. Lanzer e il suo amico che investito di piena fiducia funge da testimone, persona esterna al corrente dei fatti che ci regala uno sguardo omnicomprensivo di ciò che accade. In verità nulla più di quanto una moderna storia d’amore potrebbe tenere in serbo: un matrimonio e due figli con Laura, un’amante di sedici anni più giovane, Delphina, un amore giovanile, quello con Nicole De Rahm che tornerà utile in sede di divorzio. Sullo sfondo la Lugano degli anni Ottanta e Novanta – le corse in moto risalendo la collina di Castagnola, le cene al Motto del Gallo, le passeggiate in via Nassa prima di Natale e i caffè in Piazza Riforma ma anche le estati in Toscana. Una girandola di sentimenti, promesse, tradimenti, illusioni che si rincorrono e poi si infrangono contro la realtà e l’inclemenza del tempo.
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azione – Cooperativa azione Migros – Cooperativa Ticino Migros Ticino
CULTURA
Una saga emigratoria che voleva L’opera di Pina Bausch al LAC La zona d’interesse
Spettacoli ◆ Salomon Bausch racconta l’arte di far vivere l’eredità della madre Cinema ◆ Il film di Jonathan Glazer ci parla all’insegna condivisione e dello scambio Planzi attraverso la sua fondazione in modo inedito grande forza dell’Olocausto ◆ Renato Editoria – 1della Martinoni e Lorenzo raccontano l’emigrazione ticinese dalle valli edicon Blenio e Leventina e dal Locarnese
«A «Lorenzo volte è semplicemente Planzi è partitolavoro. dai racIl valore contiaggiunto, della sualafamiglia soddisfazione e poi daarrivastono ricocon ha progetti fatto le sue come ricerche questonegli – lo spetartacolo chivi pubblici che mette e privati insieme ricostruendo in due tempi La questa Sagra storia della deiPrimavera ticinesi a Parigi e common che ground[s]. lui chiamaIn “saga” questo permomento il fatto chesiamo ha in unatournée sua continuità ed è bello nel realizzare, tempo» ci ditoccare ce lo con scrittore manoe l’effetto professore cheemerito lo spettacolo di Letteratura ha sul pubblico. italiana Ma all’Universianche per gli attori tà di San sullaGallo scena, Renato per i danzatori Martinoni, e le danzatrici curatore della è unprefazione bel momento del volume di confronto, Ticinesidi a Parigi. scambio, Una di saga crescita emigratoe osservare ria, crocevia tutto questo delle culture è molto(1800-1945). gratificante. Quando «Questo lavoro tutto funziona, – continuainsomma, Martino-ti rendi ni – haconto il merito che èdi uncolmare grande una privilegio lavivere cuna importante tutto questo; nella al tempo nostrastesso storiariesco dell’emigrazione a percepire, ache sentire restavicino un fenoil lavoro menodiimportante». mia madre e questo per me è molto Lorenzo bello». Planzi nel volume usciA to dirlo per Dadò è Salomon ricostruisce Bausch,laclasse storia1981, dei figlio migranti di Pina che aBausch cavalloetra fondatore Ottocento della e Novecento Pina Bauschabbandonano Foundation, realtà la Valle nata all’indomani di Blenio, la Leventina della morteo della il Locarnegrande coreografa se per andare e ballerina a Parigitedesca, in cercainnovadi un trice lavorodella per sopravvivere danza con il all’asprezza suo ensemble Tanztheater della vita contadina. Wuppertal A metà nato Ottonel 1973. È cento, grazie traamaronatt, lui e al lavoro vetrai,della spazzacafondazione mini, se intraprendenti l’opera di Pina commercianti Bausch contie nua gelatai, a vivere i ticinesi e adche essere vivono rappresentata a Parigi sul sono palco circae tremila. se avremo modo di assistere Martinoni, anche noiche quiha a Lugano studiato ii prossimi mo28 vimenti e 29 febbraio migratorinella ticinesi Salaverso Teatro la del LAC vicinaapenisola quello che italiana è stato e più il suo lontalavoro coreografico no verso la West più importante, Coast americana diventae to l’Australia, un’opera chiave dice che del«questa suo repertorio è un’e- e del migrazione suo concetto diversa, di teatrodanza più cittadina, in cui gli meno elementi avventurosa, recitativi piùcome povera, l’usoun’edella parola migrazione e del anche gesto teatrale più moderna si uniscono che al permette movimento una scalata e alla danza sociale perseguensimile do a quella precise chefinalità farannodrammaturgiche. gli italiani nel Nei dopoguerra lavori diqui Pina da Bausch noi». Poii ricordanzatori dadella comesua la nostra compagnia emigrazione sono coinvolfosse ti legata nellaacreazione un certo tipo delledipièces professioattraverso ne el’improvvisazione di geografia. «Giàednel è per Settecenquesto che to i bleniesi per lorosono è stata noticoniata perchélavanno parola «danzattori». in Italia a Milano a fare i cioccolatai, Salomon i maronai,Bausch i cuochi. subito Quelli all’inizio dell’al-della ta nostra Valle Maggia, intervistadella ha fatto Valriferimento Lavizzara al andavano lavoro eaciRoma ritorna a lavorare quando dai gli chiecardiamo dinali edifacevano sceglieregli duestallieri. o tre parole Quindi per descrivere c’è un’emigrazione quanto vedremo legata ainunscena certotra qualche tipo di professione giorno. «Lae prima a un certo parola tipo che mi di geografia. viene in mente I bleniesi è “scambio”, erano bravi soprattutto nel campo se penso della al ristorazione, duetto che vede pen-protagoniste siamo ai Gatti Germaine a Londra. Acogny Nellaesaga Malou di Planzi Airaudo c’è la nello storia spettacolo del ticinese common che ground[s] diventa il .primo Poi penso gelataio allediparole Francia. “curiosità” L’emigrazione, e “lavoro”. soprattutto Sì, perchéall’inialla base di zio,tutto naturalmente c’è un lavoro è dura costante e nonfatto tuttidi prove riescono. e impegno». Ci sono figure Paroleinteressanche mi hanno ti come fatto quella veniredi inCherubino mente un’intervista Patà, fatta verzaschese a Pina di Bausch Sonogno, nel 2004, pittoreinche cui inel giornalisti 1868 va aAndreas Parigi edWilink esporràe Ulrich al SaDeuter lon. A proposito le chieserodella se il città successo diceper cheleiè era bellaunmatema i parigini importante. sono difficili». Lei rispose: «Non Uniti dalla ho niente stessadipassione cui parlare per oltre la sto-al lavoro. E questo perché il teatrodanza è uno spettacolo dal vivo. Questa è la parte difficile o la parte bella. Anche se è stata una meravigliosa serata condivisa insieme, questa serata è unica e irripetibile. In questa vivacità risiede l’essenza del mio lavoro». Pina Bausch poi continua sottolineando la grande dedizione, la forza e la volontà che ci vogliono ogni volta nella cura dei dettagli, delle piccole cose finché si crei il giusto feeling. Il suo è sempre stato un lavoro fatto di tante emozioni e ripartenze, di timori anche. «A volte ho paura, altre sono emozionata, a volte posso rallegrarmi che qualcosa sia andato bene – e poi dopo uno spettacolo o dopo le prove espiro, lascio andare». Tornando al presente, Salomon Bausch sottolinea come La Sagra della Primavera di Pina Bausch sulla favolosa musica di Igor Stravinsky sia andata in scena per la prima volta il
Per Alfonso Cuarón (il regista di Ro- obiettivi e inquadratugozio. Hograndangolari avuto modo di conoscere ma, con il quale ha vinto l’Oscar per re geometricamente centrate (un po’ i lontani cugini che vivono ancora a la Miglior regia nel 2019) è «probabil- alla Kubrick, per ho capirci), l’obietParigi e con loro avuto con la possibimente il film più importante di que- tivo eliminaredegli tuttoarchivi, ciò cheaassolità didiconsultare costo secolo, sia per il suo approccio ci- miglia alladal bellezza. Da unfamigliare lato «voleminciare loro archivio nematografico che per la complessità vamo chedopo la telecamera fosse come e, passo passo, ricostruire unaun del tema che tratta». Stiamo parlando occhio», spiegato di il direttore della storia chehaattendeva essere scritde La zona d’interesse, il film del bri- fotografia Lukaszsono Zal (già ta. Determinanti stati candidato anche i tannico Jonathan Glazer, che è arri- due voltecon all’Oscar perparigina i suoi prececontatti la sezione di vato nelle sale della Svizzera italiana denti lavoriecon Pawel Pawlikowski), Pro Ticino il suo presidente Gérard dopo numerosi riconoscimenti come che hache lavorato quasiha esclusivamente Solari negli anni messo inil Gran Premio della Giuria a Cannes con fonti luce naturali o diegetiche. sieme un di prezioso archivio nella sua e le cinque Nominations agli Oscar. D’altro era importante casa allalato periferia di Parigi raffreddaa La GaLiberamente ispirato all’omoni- re l’ambientazione: «Non bisognava rennes /Colombes. Consultarlo mi mo romanzo di Martin Amis, usci- estetizzare nulla, doveva restare tutto ha permesso di allargare lo sguardo to in italiano per Einaudi, l’opera di piatto. In questo certrasformando unasenso storiaabbiamo di famiglia Glazer usa tutti i mezzi che il cinema cato non globale manipolare l’immagine». nelladi storia di una colonia, di mette a disposizione (suono, immagi- Ed fornita anche la spiegaziouna ecco vera comunità ticinese che si è ni, recitazione e montaggio) per crea- ne dei movimenti macchina molto prolungata per un di secolo e mezzo. re un immaginario disturbante, origi- precisi, lenti e in definitiva trasparenti nale e probabilmente anche definitivo agli occhi del pubblico. La foto scelta per la copertina sull’Olocausto. parte, delPerfetti libro, lanella stessa cheChristian vediamo FrieIniziamo dal titolo: La zona d’in- del Hüller (già protagonista qui ea Sandra lato, ci racconta proprio della teresse (in tedesco Interessengebiet) era di Anatomia unafamiglia… caduta). Se il pribottega delladisua il nome usato dalle SS naziste per de- mo è un Hössritrae freddo, pacato, anche Esattamente, i miei bisnonscrivere l’area di 40 chilometri qua- amorevole i figli, la seconda è più ni, Louis econ Marta Baggi con le due drati immediatamente circostante sfacciata, diretta e anche – come è tifiglie, la mia nonna, e Marguerite il campo di concentramento di Au- pico nuovi ricchi volgare.laInmia altre che èdei la bambina più–piccola, schwitz, ed era un eufemismo per ri- parole, davanti a un tipico funprozia, siamo la prima a raccontarmi quecordare la morte che circonda quel zionario sta storia.delle SS che ha scalato la getragico luogo. rarchia militare fino a divenire il capo Ed è questo, il primo, importan- del campo didi concentramento e la sua A proposito storie: un bel capite, segnale, per comprendere come il consorte. Interessante, incuore proposito, tolo del libro ci porta nel di film di Glazer non mostri il campo quello dicediaticinesi «Positif»a la stessa atalcuneche storie Parigi. di concentramento, ma quello che ci trice: «Glazer voleva evitare di riproIniziamo da un ritratto femminile, sta attorno: in termini cinematogra- durre solo quello che era già stato quellonon di Elsa Franconi-Poretti. fici generali non filma il campo, ma filmato sul tema, ma anche quelloè che A proposito di storie femminili il controcampo. La pellicola raccon- si era già sentito. Questo non signifiimportante dire che questa colonia ta la quotidianità della famiglia Höss, ca che quanto sia era stato realizzato ticinese all’inizio quasi esclu- fidel comandante di Auschwitz, e non nora non fosse buono, che non sivamente maschile nelma senso che era la vita dei detenuti. Mostra la felicità adatto al film». E per afarlo haèusato l’emigrazione ticinese Parigi codei bambini di Höss e non la soffe- una tecnica particolare edstagioè la stessa minciata come fenomeno renza di quelli che stanno entrando attrice a precisarlo: «La messa in scena nale. Erano soprattutto gli uomini nelle camere a gas. Ciò che noi vedia- sulla qualelesivalli basadiil Blenio film è molto spea lasciare e la Lemo è la routine di una famiglia tede- rimentale. stato come partecipare ventina perÈpassare qualche mese ina sca borghese durante il secondo con- una seduta spiritica e questo ha solFrancia. Erano chiamati lesmi hironflitto mondiale. Il fatto agghiacciante, lecitato recitare in un modo diverso delles en ahiver perché arrivavano a quello che disturba la nostra visione da quanto non avessi mai fatto».inUn Parigi in autunno e rientravano e il nostro pensiero, è che il tutto si dispositivo consisteva nel piazzaprimavera. che Poi questo movimento svolge nello spazio di pochi metri: la re diverse camere nell’abitazione degli migratorio da stagionale è diventaroutine e la tragedia convivono nel- Höss agli attori quale to piùsenza stabilefare sapere sono arrivate anche la stessa zona d’interesse, separate so- stesse filmando. In questo le donne. Va ricordato chemodo spessosono le lo da un muro di cinta (come si vede stati lasciati di recitare. Una sordonne eranoliberi assenti dalle corrisponnell’immagine). Sin da bambino sono stato affascinata di grande attori denze perchéfratello eranoentro di piùcui gligli uomiTuttostorie ciò è che messo in evidenza to dalle raccontava: pen-da- si trovatima «soli davanti ni sono a scrivere; il loro ruoloall’orrore è stato gli strumenti delcolonia cinema. Anzitutto so alla vita della ticinese, ai che stavamo interpretando». fondamentale. In verità, sappiamo dal tappeto acustico. La colonna so- cheInfine momenti difficili del rastrellamento montaggio, che erano illoro a portare l’aspetto avanti le fanora la classica musi- da degli non ebreiè nel Marais.partitura Marguerite Ėjzenštejn in giù è considerato miglie. Elsa Franconi-Poretti è sta-lo cale sottolineare i momenti topici, «specifico Baggia aveva una bottega di castagne, filmico»,del ovvero la disciplita corrispondente «Corriere del alla Schindler’s List per gelati e alimentari. Mi intenderci, raccontava ma na propria cinema. questo caso Ticino» madel anche dellaInradio della èdegli un costante e fastidioso rumore incontri della Pro Ticino, di di èSvizzera strettamente funzionale aderente italiana da Parigi enegli anfondo. È il suono che sente e la al questa colonia ticinese vivaceHöss e anche messaggio e quindi alternae scene ni tra le due Guerre mondiali poi sua famiglia vicini campo interne di alcuni suoivivendo scontri con glialufficiali alla fine casadella a quelle in giardino; ancora alla Seconda. Il suo di concentramento. il suono provo- voci nazisti quando avevaÈvoluto prendere onmodo a quelle fuori campo; dialoera un molto coraggioso e spicato dal filo spinato caricoperseguidi elettri- ghi le difese di alcune persone inerenti la vita famigliare ad algliato di raccontare Parigi al Ticino cità muro cinta. Ma non nesolo. tri tate,del ebrei che di venivano nel loro che parlano della soluzione finaattraverso le cronache e le corrisponIn lontananza, si sentono i colpi d’ar- le. Un’alternanza costante tra gli spazi mi da fuoco, le urla, i passi di marcia: filmati nell’abitazione verde e fiorita Odile Cornuz tutto il paesaggio sonoro della morte. con quelli tragici uditi del campo di Fucile Anche le immagini contribuiscono sterminio. Una dicotomia centrale del Gabriele Capellie (2024) alla sensazione di disagio. Il regista film che solleva una domanda: oggi, la sua équipe hanno infatti utilizzato come ieri, siamo davvero innocenti? In uscita in libreria il prossimo 26 febbraio questo romanzo è l’opera prima della poetessa e scrittrice svizzera di lingua francese Odile Cornuz, per quest’occasione tradotta da Carlotta Bernardoni-Jaquinta. Il tema è quello della relazione tossica, dell’amore che non è amore ma tedio, abitudine, trappola e, peggio ancora, violenza fisica e psicologica. «Desideravo nominare ciò che non lo è abbastanza – dice l’autrice – quella violenza che spesso non è definita come tale, e tendere uno specchio alle persone che non capiscono di essere intrappolate in questo tipo di relazione tossica. Mi sono ispirata a esperienze vissute personalmente ma anche all’osservazione delle disfunzioni di altri, purtroppo molto comuni, e ho voluto partire da semplici oggetti, intesi come materia grezza, che fossero significativi per i personaggi e diventassero punto di partenza per la costruzione dei capitoli».
glia, saranno protagoniste di common ground[s] un progetto che nasce dalla collaborazione della Pina Bausch Foundation con l’École des Sables (Senegal) – centro internazionale per le danze africane tradizionali e contemporanee – e Sadler’s Wells (Regno Unito). La Airaudo – come ricorda Salomon Bausch – ha iniziato a lavorare con Pina Bausch sin dalla fondazione della compagnia nel 1973. «È stata uno dei volti più caratteristici, ha ballato i ruoli più importanti come ad esempio in Ifigenia in Tauride. Anche ne La Sagra della Primavera ha danzato nel ruolo della “prescelta” e, insomma, è sempre stata una delle danzatrici più importanti». Insieme sul palco la Airaudo e l’Acogny formano un binomio perfetto, sono «due poli energetici che si attraggono». Incredibile se si pensa alla loro età: «Sì, è davvero una magia quella che avviene in scena» commenta Salomon Bausch che sarà a Lugano con la compagnia a fine febbraio. Studi in giurisprudenza, il suo futuro in origine se lo era immaginato diversamente. Ma quando Pina Bausch muore nel 2009, il destino lo chiama e lui risponde impegnandosi totalDall’Africa a Lugano mente per la Pina Bausch Foundation. Cuore della Fondazione, ci racconta, è La Sagramigrazione, della Primavera che andrà ricco quest’anno archivio chealla comprende molti ria della entrambi, Re-in il giunge sua quinta scena al LAC e erappresenterà un pri- materiali nato Martinoni l’autore Lorenzo edizione escritti, si terràma dalsoprattutto 28 febbraiotanto al mo tempo spettacolo, sarà intertestimonianza prezioPlanzi sonodello di Minusio. Classe 1984, materiale 2 marzo),video, gli abbiamo fatto qualpretata da una in compagnia danzatori sa lavoro della ballerina e coreograun Dottorato storia e ladilicenza chedel domanda. provenienti quattordici Paesipresafri- fa, utile a portare avanti il suo messagcanonica in da teologia conseguita cani. Fedele allaGregoriana composizione di Stra- gio il suo concetto di teatrodanza. so l’Università di Roma, Lei èe partito studiando vinsky, coreografia mette èinricerscena Prezioso per studiare i suoi spettacoLorenzolaPlanzi attualmente i suoi legami famigliari? un rituale, il sacrificio di un «prescel- li, al meglio catore senior presso il DipartimenSì.per Miaraccogliere nonna è nata a Parigiil esuo cosìinto» trasforma l’inverno all’Uniin prima- segnamento. DiversiMarguerite materiali Bagsono to diche storia contemporanea anche la mia prozia vera. a torsoInnudo e donne disponibili online: versitàUomini di Friburgo. attesa della in anche gi che ho conosciuto bene www.pinae che ha abiti leggeri danzano un rito bausch.org. presentazione del volume il sacrificale prossivissuto nella colonia ticinese gli anasciutto e violento un palcoscenico Salomon Bausch ha raccolto l’eremo 29 febbraio allesu20:00 nell’ambini drammatici della Seconda guerra ricoperto di terra. della madre, se n’è fattotedesca. portavoce to del FestivaLLibro di Muralto (che dità mondiale dell’occupazione Nel secondo tempo ci sarà il duetto per preservare ma soprattutto per condi due pesi massimi della danza, quel- dividere questo inestimabile patrimoClaudia Quadri e docenti Germai- nio culturale con le altre compagnie lo delle coreografe Infanzia ne Acogny ee bestiario Malou Airaudo. Classe che vogliono avvicinarsi e portare in Casagrande (2022) 1944 la prima, originaria del Benin, scena le sue opere. «Non sono un balclasse 1948 la seconda, nata a Marsi- lerino, tantomeno un coreografo. Ad Nel 2015 Claudia Quadri vinse il Premioaiutarmi svizzero sono di let-state le connessioni, le teratura con Suona, Nora Blume e ora la scrittrice gior- che sin da giovane ho relazionieprivate nalista ticinese ripete la magia con Infanzia e bestiario condiviso conche il mondo di mia madre. Con «Azione» al LAC qui ricordiamo visto che la settimana scorsa le è valso, per spettacoli, viaggiaAssistevo ai suoi la seconda volta, l’ambito premio letterario. di incontrato e conosciuvo Un conlibro lei, ho «Azione» in incursione palio alcunipoetica biracconti conmette qualche che prendepersone. forma Da subito mi è stato molte Sagra delinglietti quel per chelounspettacolo tempo fuLa l’albergo dei genitori dell’autrice, to chiaro che la conoscenza artistica e la edificio Primavera ground[s] in un che/ common sa di infanzia, di tempi, atmosfere e mail sapere coreografico ce lo avrebbero programma LAC luganesi giovedì 29 gie andati, di al luoghi chefebnel tempo sono cambiamesso altri. A me importa mettere in 20.30 nella Sala Teatro. tibraio o nonalle esistono più. Proprio come l’albergo, definito in contatto le persone, creare occasioni di Perdelle partecipare al concorso inviate una poesie una sorta di «Wunderkammer», incontro,abbatdi scambio e lavoro condiviunadalle mail aruspe. giochi@azione.ch, tuto Protagonisti oggetdei vari racconti, dunque, so. Talvolta il mio nome aiuta ad aprire to «Primavera» i vostri dati (no- elementi sono i ricordi macon anche gli animali, dellevitali porte.nell’ePer il resto, la mia profesme, cognome, indirizzo, no.come di telesistenza di Claudia Quadri, in Boxer, il capitolo chee ogni volta che nelle sione mi diverte fono)dientro domenica 25 febbraio narra una coppia zurighese, cliente abituale dell’alberpersone avverto le trasformazioni che goalle per24.00. 40 anni, sempre accompagnata dalnascono suo cane. dal contatto profondo con l’opera di Pina Bausch, mi sento grato».
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3 dicembre del 1975 all’Opernhaus di Wuppertal segnando un cambio di paradigma nell’estetica del teatro. «Credo sia un’opera che per mia madre ma anche per la sua compagnia è sempre stata molto significativa. Era uno spettacolo che andava in scena regolarmente e che come pochi altri ha girato il mondo con un grande impatto sugli spettatori, ma anche sui danzatori e le danzatrici che venivano profondamente toccati da questa esperienza. E posso dire che vale ancora oggi. In questi giorni con la nostra produzione siamo in California, qualche settimana fa eravamo a Los Angeles, in questo momento siamo a Berkeley. La Sagra della Primavera insieme a Café Müller andò in scena a Los Angeles nel 1984 in occasione delle Olimpiadi. C’ero anch’io, anche se ero molto piccolo. E, insomma, a teatro qualche giorno fa ho incontrato persone che mi hanno raccontato di esserci state allora e di quanto gli fosse piaciuto; altri mi hanno raccontato di essersi persi l’occasione nell’84 e di essere felici di aver avuto ora l’opportunità di vivere questa speciale esperienza».
Archivio Baggi, Locarno
Nicola Mazzi
Maarten-Vanden-Abeele
Natascha Fioretti
Settimanale di informazione e cultura
Anno LXXXVII 19 febbraio 2024
azione – Cooperativa Migros Ticino
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CULTURA
In fin della fiera
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di Bruno Gambarotta
Il pollo alla Marengo di Napoleone ◆
Montecarlo. L’invito a prendere parte a una conferenza sul tema della gastronomia è per me lo stimolo a riprendere in mano i tanti libri di storia dell’alimentazione. Da queste letture emerge un fenomeno a cui non avevo mai fatto caso. Ovvero la frequenza con la quale l’origine di prodotti o di piatti diventati celebri è attribuita al caso, all’emergenza, a una distrazione, alla necessità di rimediare a un errore. Mai al preciso disegno di creare un nuovo prodotto. Qualche esempio fra i tanti. Un mandriano sta riportando la sua mandria dalla pianura all’alpeggio. Si accorge che le vacche sono stanche, decide di fare una sosta, di mungerle sul posto e da quel latte ricavare una forma di formaggio prima di riprendere il viaggio. Poi se lo dimentica. Mesi dopo ritorna in pianura e nel punto della sosta precedente ritrova quel formaggio che, trasformato dalle muffe, non solo
è ancora commestibile ma ha un ottimo sapore. Il nuovo prodotto prende il nome dal luogo dove era stata fatta la sosta, Gorgonzola. Grazie a un mandriano distratto possiamo godere di un formaggio che si presta a molti usi. Restiamo nei latticini e parliamo dell’origine del Castelmagno che prende il nome dal Comune in provincia di Cuneo dove viene prodotto. Attorno all’anno mille un contadino possiede una sola mucca e il suo latte non è sufficiente per realizzare una forma di formaggio. Così, contravvenendo a tutte le regole, lo realizza con una doppia mungitura, una serale e una mattutina, con una doppia rottura della cagliata e perciò una doppia lavorazione. Il Castelmagno d’alpeggio, nell’ideale classifica degli appassionati, è al vertice in compagnia del Gorgonzola e del Bettelmatt. In Italia esistono anche città fondate
sulla fama di un piatto. Il Tapulon è un antico stufato d’asino tipico del novarese. Un gruppo di pellegrini di ritorno dall’isola di San Giulio sul lago d’Orta fece tappa nel punto in cui oggi sorge Borgomanero e non avendo più nulla da mangiare pensarono di uccidere il vecchio asino che all’andata era stato utilizzato per il trasporto delle provviste. Siccome la carne era molto dura pensarono di tritarla con il coltello (in piemontese «tapulela» o «ciapulela» da cui il nome della specialità) e farla stufare nel vino rimasto, con aglio e alloro e qualcuno dice anche con cavolo verza. I pellegrini si trovarono tanto bene in quel posto che decisero di rimanervi fondando la città di Borgomanero e continuando a preparare quello stufato che li aveva sfamati. E lì bisogna andare per trovare il Tapulon sul menù di qualche osteria. Sono numerosi i piatti creati in condizioni di emergen-
za per far fronte a una necessità impellente. In questo capitolo non potevano mancare gli Agnolotti piemontesi. L’arte della pasta ripiena è antichissima e non solamente italiana. Ne parla il Boccaccio in una sua novella. Sono anche un’occasione per il recupero degli avanzi. Questa che segue è la narrazione della nascita degli Agnolotti in Piemonte, sarebbe interessante compararla con quella delle altre regioni. Il Marchese del Monferrato dopo essere stato assediato dal Principe d’Acaja, volle festeggiare la vittoria. Però, dato il lungo assedio, le materie prime erano scarse e il cuoco, un certo «Angeloto» preparò della pasta ripiena con quella poca carne e verdure che aveva a disposizione; quella preparazione piacque a tutti e divenne l piat d’Angelot. Da «Angelot» a «agnolot» il passo è breve. Ancora un piatto generato dalla necessità di soddisfare un’esigen-
za impellente è Il Pollo alla Marengo. 14 giugno 1800. Dopo aver sconfitto gli austriaci Napoleone aveva fame. Il suo cuoco preparò alla svelta un piatto, con polli rubati ai contadini, olio d’oliva, burro, prezzemolo, uova, funghi, brodo e vino bianco. Dicono che Napoleone sia rimasto fedele in ogni occasione al suo pollo alla Marengo, perché gli ricordava il giorno di una gloriosa vittoria. I grandi piatti devono avere un’origine degna del loro rango. Gli storici dell’alimentazione, quando riportano queste genesi si premurano di specificare che si tratta di leggende. Ma perché, se sono leggende, continuano a essere citate e raccontate? Forse l’invenzione di un nuova ricetta è considerata un dono e perciò passibile della vendetta degli dèi gelosi. Forse il ricordo della punizione inflitta da Zeus al titano Prometeo proietta ancora la sua ombra nelle nostre cucine.
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Voti d’aria
di Paolo Di Stefano
Troppo vecchi e troppo giovani ◆
Risale a circa un mese fa la nomina di Gabriel Attal a primo ministro francese. Tutti a stupirsi della sua giovane età, 34 anni, ed è vero che i precedenti premier della Repubblica di Francia erano tutti più vecchi di questo ex socialista amico di Macron, già ministro dell’Educazione nazionale. Troppo giovane? C’è da stupirsi, piuttosto, che mai nessuno abbia ricoperto quel ruolo in età più precoce, se si pensa che Carlo Magno fu incoronato re dei Franchi a 26 anni e che all’età di Attal Napoleone stava per diventare imperatore ed era già al potere da qualche anno. Per fortuna, non serve essere coetanei di Matusalemme per guadagnarsi un posto nella storia. A 21 anni Gobetti inventò «La Rivoluzione liberale», una delle riviste più tenaci d’opposizione al fascismo; Gramsci trentenne fondò il Partito comunista; Giulio Einaudi era ventenne quando aprì a Torino una delle case edi-
trici oggi più importanti d’Europa. E si potrebbe continuare, senza necessariamente arrivare al caso limite di Federico di Hohenstaufen diventato re di Sicilia a tre anni e imperatore sedicenne. Oggi un sedicenne ha difficoltà a governare la sua cameretta. Altro stupore per Attal, oltre alla «giovane» età, l’omosessualità dichiarata: ma perché tanta enfasi? Di fronte a certe notizie (2-), non si rimpiange mai abbastanza la delicata rubrica E chi se ne frega di «Cuore» (6), il celebre settimanale satirico di resistenza umana, che trionfava negli anni Novanta. Pensate che liberazione sarebbe poter esclamare «E chi se ne frega», che ne so, dopo aver sentito la classifica dell’ultimo Sanremo. Oppure: Amadeus lascia il Festival? E chi se ne frega. Salvini attacca la Ue? E chi se ne frega. Nuove accuse tra Totti e Ilary Blasi? E chi se ne frega. La sorella di Giorgia Meloni non si candida alle
A video spento
Europee? Davvero? E chi se ne frega. A proposito di età. Sarebbe più interessante sapere come mai non esiste un candidato alla presidenza degli Stati Uniti (1 agli Stati Uniti) che abbia meno di 78 anni. O un presidente abbastanza lucido da non confondere l’Egitto con il Messico. In attesa di saperlo, mi leggo l’ultimo libro di Goffredo Fofi, un eterno giovane di 86 anni (6), che in Quante storie (altraeconomia Edizioni) racconta le vite di Danilo Dolci e di Aldo Capitini, due nonviolenti che oggi farebbero sentire alte le loro voci. Oppure la parabola dell’imprenditore illuminato Adriano Olivetti, che concepì l’idea di comunità dentro la sua fabbrica (dove c’erano anche biblioteche e servizi sociali), trovando nemici nella politica e nel potere economico. Sempre a proposito di età, a 58 anni Olivetti morì di trombosi, in territorio svizzero, su un treno diretto a Losanna. Né gio-
vane né vecchio. Ma comunque, morì troppo presto. Sono esperienze di «azione sociale», quelle che ricostruisce Fofi. E tra queste, c’è anche la battaglia di Margherita Zoebeli, maestra elementare di Zurigo che nel 1936, su sollecitazione dei sindacati socialisti svizzeri, arrivò a Barcellona in pullman per salvare dalla guerra civile gli orfani della Repubblica spagnola. Nel 1945, dopo aver soccorso i partigiani della Val d’Ossola, fu chiamata a Rimini dai socialisti italiani: arrivò avventurosamente navigando lungo il Po su una barca. A Rimini fondò un centro educativo che i bambini del posto chiamavano «il villaggio», in mezzo alle macerie della guerra, poi trasferito nel verde vicino alla stazione e ancora in auge nonostante le disavventure e gli ostacoli che Zoebeli dovette superare come direttrice e fautrice del cosiddetto «metodo globale» di apprendimento. C’è
poi, tra molte altre, la storia rocambolesca di don Zeno Saltini, ex bracciante, presbitero ribelle, eretico e anche un po’ velleitario (così lo definisce Fofi) che inventò Nomadelfia, una comunità (anche agricola) del comune di Grosseto improntata ai dettami di vita evangelici e finita nei guai di una gestione spericolata. La abitavano famiglie regolari e irregolari, con bambini poveri e orfani. Quando Fofi, pauperista reduce dall’esperienza siciliana con Dolci, si avvicinò a don Zeno dicendosi entusiasta di tanta gente umile e autentica, si sentì rispondere: «Goffrè, ricorda sempre che i poveri puzzano». Era un tipo un po’ brusco, don Zeno. Smessa la vita attiva, avrebbe passato gli ultimi anni sulle spiagge del Tirreno, accompagnato da un’orchestrina, cantando e ballando per i turisti. Morì a ottant’anni, quando avrebbe potuto candidarsi a governare una superpotenza.
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di Aldo Grasso
Egemonia della cultura, senza destra o sinistra ◆
Si parla molto di egemonia culturale. È un vecchio concetto gramsciano anche se nei Quaderni del carcere l’espressione «egemonia culturale» ricorre una volta sola, nel paragrafo 3 del Quaderno 29, databile al 1935, intitolato Focolai di irradiazione di innovazioni linguistiche nella tradizione e di un conformismo nazionale linguistico nelle grandi masse nazionali. È opportuno citare il brano che la contiene: «Ogni volta che affiora, in un modo o nell’altro, la questione della lingua, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi: la formazione e l’allargamento della classe dirigente, la necessità di stabilire rapporti più intimi e sicuri tra i gruppi dirigenti e la massa popolare-nazionale, cioè di riorganizzare l’egemonia culturale». Nella prima metà del secolo scorso, quando Gramsci osservava le contraddizioni della società in cui viveva, l’egemonia culturale era rappresentata dalla borghesia. Questa aveva il domi-
nio sui proletari, quella classe operaia venuta fuori dalla proliferazione della società industriale. I proletari, dal momento che la borghesia era la classe egemonica, rappresentavano la classe subalterna. Secondo Gramsci, le classi subalterne erano tali perché non avevano il potere di auto-rappresentarsi di fronte al divenire della storia. Oggi, invece, il concetto di «egemonia culturale» è diventato una sorta di cavallo di battaglia e di rivendicazione delle destre europee. Per esempio, come è stato osservato da più parti, da quando la maggioranza di destra è arrivata al governo in Italia, il tentativo di declinare una «nuova» egemonia culturale si è articolato attraverso due direttrici diverse. Da un lato, vi è stata una volontà di occupare tutti i luoghi del potere culturale, facendo coincidere la nuova egemonia con una semplice e abituale occupazione dei posti offerti dal pallottoliere dello spoils system. Dall’altro lato, vi è stata una volontà
di intendere, per paradosso, un esercizio dell’egemonia culturale proprio in senso gramsciano: ricerca di occasioni per manifestare una forma di «dominio culturale», rispolverando un album di famiglia di pensatori di destra, tra cui Giuseppe Prezzolini, il cui archivio si trova presso la Biblioteca Cantonale di Lugano. Per decenni abbiamo sentito parlare dell’«egemonia della sinistra». Dall’inizio del nuovo secolo, la frase è diventata un tormentone ripetuto ossessivamente, con senso di rivalsa, dagli esponenti dei governi berlusconiani che sono stati in carica dal 1994 al 2011. Ma l’egemonia culturale della sinistra è già da tempo defunta, caduta sotto i colpi dell’industria culturale (il cinema dei fratelli Vanzina, le commediacce all’italiana, i bestseller di consumo, il pop), dell’ideologia berlusconia espressa con perizia nelle sue tv (ma anche in Rai), dal declino delle élite e dall’idolatria del consumo
e dell’individualismo. Alla catastrofe della sinistra, Edmondo Berselli aveva già dedicato un libro nel 2008, Sinistrati (Mondadori). Secondo Giuseppe Vacca, storico, a lungo presidente della Fondazione Istituto Gramsci di Roma, la vera egemonia politica in Italia è stata esercita prima dalla Democrazia Cristiana, poi da Silvio Berlusconi. «Il Cavaliere – ricorda Vacca – dichiarò che i milioni di italiani che avevano votato per lui erano il pubblico che in quindici anni era stato plasmato e fidelizzato dalle sue televisioni». Nella pratica, la politica culturale di chi governa si sostanzia sempre nell’occupazione sistematica di tutte le reti della tv pubblica, portando alle estreme conseguenze le abituali lottizzazioni di tutti i governi, e nella trasformazione della scuola pubblica in «una fabbrica del consenso». Bisognerebbe riuscire a scindere la parola «egemonia» dall’aggettivo «culturale». Come suggerisce il filosofo
Massimo Cacciari, quando si chiede se esiste una cultura di destra: «Vi è cultura “di destra”? Certo che sì, e anche grande, come quella vera “di sinistra” ha sempre saputo. Potremmo allora pensare a qualcosa sullo “scontro tra civiltà” alla luce di Terra e Mare di Carl Schmitt (...). Magari potremmo allargare l’orizzonte e con una serie di mostre e convegni illustrare, studiare le conseguenze del crollo del sacro e delle tradizioni religiose in Occidente accompagnati dai meravigliosi saggi dei Guenon e dei Coomaraswamy. E poi con Pavel A. Florenskij opporre l’arte dell’icona orientale a quella della civiltà europea occidentale. Sul piano, poi, della filosofia politica – se vi fossero istituzioni a ciò dedicate – una “cultura di destra” d’alto profilo riprenderebbe e aggiornerebbe le formidabili analisi critiche della democrazia liberale fornite dai Mosca e dai Pareto». Egemonia della cultura, senza destra o sinistra.
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Grana Padano grattugiato Da Emilio 3 x 120 g, (100 g = 1.67), offerta valida dal 22.2 al 25.2.2024
a partire da 2 pezzi
50% Tutto l'assortimento L'Oréal Paris (confezioni da viaggio e confezioni multiple escluse), per es. mascara Volume Million Lashes, il pezzo, 12.50 invece di 24.95, offerta valida dal 22.2 al 25.2.2024
Settimana Migros 20. 2 – 26. 2. 2024
conf. da 2
30% 3.85 invece di 5.50
Carré d'agnello M-Classic
37% 4.95 invece di 7.90
Bratwurst dell'Olma di San Gallo IGP Svizzera, 2 x 2 pezzi, 640 g, (100 g = 0.77)
per 100 g, in self-service
1.– Mele Gala
a partire da 2 pezzi
a partire da 3 pezzi
33% Tutte le capsule Café Royal incl. CoffeeB
Svizzera, in vaschetta da 500 g, (100 g = 0.20)
30%
l mi Tre pompe c o a un f r a n
Tutto l'assortimento di sottaceti e di antipasti, Condy per es. pannocchiette di granoturco Fairtrade, 190 g, 2.– invece di 2.80, (100 g = 1.05)
per es. al caramello, 10 capsule, 3.35 invece di 4.95
1.– 40%
Pompelmi rossi Spagna, retina con 3 pezzi
Batteria di pentole Pro Kitchen & Co. per es. padella a bordo basso, Ø 24 cm, il pezzo, 29.95 invece di 49.95
Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide dal 20.2 al 26.2.2024, fino a esaurimento dello stock.
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Migros Ticino
14.02.2024 16:59:47
Frutta e verdura
Una sferzata di colore e vitamine
2 arance coprono il fabbisogno gior nalie ro di vitamina C di un adul to
21% 2.75 invece di 3.50
40% 3.90
Arance bionde Spagna, rete da 2 kg, (1 kg = 1.38)
26% –.70
Cipollotti Italia, il mazzo
invece di –.95
Extra Mirtilli Marocco, 250 g
invece di 6.50
45% 1.95
Pomodori Perla Italia, 500 g, (100 g = 0.39)
invece di 3.60
38% 2.95 invece di 4.80
Carciofi cuore Italia, 400 g, (100 g = 0.74)
29% 1.95
Finocchi Italia, al kg
invece di 2.75
Migros Ticino 2
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14.02.2024 16:59:38
Pesce e frutti di mare
Bontà ittiche su un letto di ghiaccio
mare , A llev ati in ac qua di naturale o in vasc he con te rren
20%
20%
25%
Tutto il salmone affumicato Migros Bio
Filetti di sogliola limanda freschi
per es. al naturale, d'allevamento, Irlanda/Norvegia, 100 g, 7.60 invece di 9.50
per es. selvatico, Oceano Atlantico nord-orientale, M-Classic, per 100 g, 4.95 invece di 6.20
11.95
invece di 16.05
Gamberetti tail-on cotti Migros Bio d'allevamento, Ecuador, in conf. speciale, 240 g, (100 g = 4.98)
Consig lio: cuoc ere prima il lato de lla pe lle , poi girarlo
30%
44%
12.95 Filetti di salmone con pelle Migros Bio invece di 18.75
d'allevamento, Norvegia, in conf. speciale, 300 g, (100 g = 4.32)
Migros Ticino
10.95 Filetti di pangasio Pelican, ASC invece di 19.80
prodotto surgelato, in conf. speciale, 1,5 kg, (100 g = 0.73)
Offerte valide dal 20.2 al 26.2.2024, fino a esaurimento dello stock. 3
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14.02.2024 16:59:49
Carne e salumi
Bontà pezzo dopo pezzo Con pe zzi di manzo magri
21% 3.– invece di 3.80
Prosciutto di coscia cotto Puccini Rapelli Svizzera, per 100 g, in self-service
conf. da 3
34% 4.75 invece di 7.20
20% 6.35 invece di 7.95
Carne secca dei Grigioni IGP Svizzera, 100 g, in self-service
conf. da 5
Party Sticks Malbuner Svizzera, 3 x 40 g, (100 g = 3.96)
Hit 9.60
Wienerli M-Classic Svizzera, 5 x 4 pezzi, 1 kg, in self-service, (100 g = 0.96)
25% 6.15 invece di 8.25
15% 3.55 invece di 4.20
Piatto misto di affettati ticinesi prodotto in Ticino, in confezione da 150 g, (100 g = 3.83)
Spezzatino di vitello IP-SUISSE per 100 g, in self-service e al banco
C a r ne d par t ic olar a al le v ame nt o me n t e r de l la spe c i spe t t oso ie
20x CUMULUS
20% 4.75 invece di 5.95
Novità Bratwurst Migros Bio Svizzera, 2 pezzi, 280 g, in self-service, (100 g = 1.70)
2.–
Scaloppine di coscia di maiale M-Classic Svizzera, per 100 g, in self-service
Migros Ticino 4
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14.02.2024 16:59:34
30% 2.50 invece di 3.60
27% 2.70 invece di 3.70
31% 1.50 invece di 2.20
26% 9.55
Mini filetti di pollo Optigal Svizzera, in conf. speciale, per 100 g
invece di 13.–
40% 1.25
Aletta di manzo IP-SUISSE
invece di 2.10
per 100 g, in self-service
Sminuzzato di maiale IP-SUISSE per 100 g, in self-service
30% 1.60 invece di 2.30
20x
20x
Novità
Novità
CUMULUS
1.60
Svizzera, per 100 g, in self-service
Migros Ticino
1.65
Svizzera, in conf. speciale, 4 pezzi, al kg
Cotolette di collo di maiale, marmorizzate, IP-SUISSE per 100 g, in self-service
LO SAPEVI? Cotolette di lombo di maiale, magre, IP-SUISSE per 100 g, in self-service
CUMULUS
Sminuzzato di maiale M-Classic
Cosce di pollo Optigal, al naturale o speziate
Costolette di maiale M-Classic, magre
Il pezzo tra spalla e coscia fa parte della schiena ed è uno dei tagli più pregiati del maiale. Verso il collo, la carne con l'osso è saporita e ricca di grasso. Nella parte posteriore è magra, tenera e succosa. Entrambi i pezzi sono ottimi cucinati sia in padella che alla griglia.
Svizzera, per 100 g, in self-service
Offerte valide dal 20.2 al 26.2.2024, fino a esaurimento dello stock. 5
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14.02.2024 16:59:45
Formaggi, latticini e uova
Di tutto e di più per piatti caldi e freddi
C o n se r v a r e la a pe r t a i n m o z z a r e l l a salamoia
conf. da 3
20% 5.40 invece di 6.75
Palline di mozzarella Galbani 3 x 150 g, (100 g = 1.20)
IDEALE CON
conf. da 6
20% 7.20
a partire da 2 pezzi
30% Pomodori triturati Longobardi
Tutti i rösti M-Classic
6 x 400 g, (100 g = 0.30)
per es. Original, 500 g, 1.75 invece di 2.50, (100 g = 0.35)
invece di 9.–
Migros Ticino 6
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14.02.2024 17:00:02
Pane e prodotti da forno
21% 2.05 invece di 2.60
16% 2.05 invece di 2.45
Fontal Italiano per 100 g, confezionato
Grana Padano DOP 700/800 g, per 100 g, (100 g = 2.05)
20% 1.55 invece di 1.95
20% 2.– invece di 2.55
–.50 di riduzione
Vacherin Fribourgeois dolce AOP circa 250 g, per 100 g, prodotto confezionato
Formaggella Blenio «Ra Crénga dra Vâll da Brégn» per 100 g, confezionata
di riduzione
conf. da 3
20% 4.40 invece di 5.55
Yogurt ai frutti di bosco Emmi Mix it 3 x 250 g, (100 g = 0.59)
Migros Ticino
Tutte le trecce precotte per es. treccia al burro IP-SUISSE, 550 g, 2.80 invece di 3.50, (100 g = 0.51)
20%
1.50
per es. drink alla fragola, 500 ml, 1.45 invece di 1.85, (100 ml = 0.29)
360 g, confezionato, (100 g = 0.75)
Ricco snac k spezzafame
conf. da 4
Tutti gli yogurt e i drink, Bifidus
invece di 3.20
Twister cotto su pietra Migros Bio, chiaro e rustico
20%
al g ior no Una por zione e st ione aiuta la dig
20%
2.70
da cucina 13.50 Burro M-Classic invece di 15.–
21% 4.95 invece di 6.30
panetto, 4 x 250 g, (100 g = 1.35)
Uova da allevamento al suolo d'importazione in conf. speciale, 18 x 53 g+
Fagottini di spelta alle pere Migros Bio, bastoncini alle nocciole o fagottini alle pere per es. fagottini di spelta alle pere Migros Bio, 3 pezzi, 225 g, 2.80 invece di 3.50, prodotto confezionato, (100 g = 1.24)
Hit 5.95
Cornetti alla crema in conf. speciale, 4 pezzi, 280 g, (100 g = 2.13)
Offerte valide dal 20.2 al 26.2.2024, fino a esaurimento dello stock. 7
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14.02.2024 17:00:16
Dolci e cioccolato
Sono arrivate le primizie pasquali!
conf. da 10
Hit
17.95
Hit Tavolette di cioccolato Lindt assortite, 10 x 100 g
19.95
Ac quist a ora, nasc ondi a Pasqua
20% Uova maxi Lindt Lindor
Tutti gli ovetti di cioccolato Freylini Frey
720 g, (100 g = 2.77)
per es. al pistacchio, 200 g, 3.95 invece di 4.95, (100 g = 1.98)
20x conf. da 3
20%
20%
12.95 Biscotti Walkers invece di 16.20
CUMULUS
a partire da 2 pezzi
Highlanders o Chocolate Chip Shortbread, per es. Highlanders, 3 x 200 g, (100 g = 2.16)
Novità
Tutti i gelati Crème d'Or in vaschetta da 500 ml e 1000 ml prodotti surgelati, per es. vaniglia Bourbon, 1000 ml, 8.80 invece di 10.95
Ovetti mini Lindt Nature Range per es. ovetti mini, 100 g, 4.50, (100 g = 4.50)
Il tradizionale dolce di Pasqua italiano 20x
20x
20x
Novità
Novità
Novità
CUMULUS
8.50
CUMULUS
Colomba al cioccolato Battistero 750 g, (100 g = 1.13)
8.50
CUMULUS
Colomba Classica Battistero 1 kg
Pesca 14.95 Colomba Balocco
750 g, (100 g = 1.99)
8
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14.02.2024 17:00:05
Bevande
Dissetanti in vari gusti
Con polpa di frutta
conf. da 6
40% 8.10 invece di 13.50
conf. da 6
Orangina Original o Zero, 6 x 1,5 l, (1 l = 0.90)
conf. da 10
invece di 16.95
33% Vittel
San Pellegrino
6 x 1,5 l, (1 l = 0.36)
in confezioni multiple, per es. acqua minerale, 6 x 1,25 l, 4.40 invece di 6.60, (1 l = 0.59)
invece di 6.50
conf. da 6
conf. da 8
32% 11.50
50% 3.25
conf. da 6
Succo multivitaminico M-Classic 10 x 1 l, (1 l = 1.15)
25% 9.30 invece di 12.40
Rivella rossa, blu o refresh, 6 + 2 gratis, 8 x 500 ml, (100 ml = 0.23)
33% 3.30
Sanbittèr 6 x 10 cl, (100 ml = 0.55)
invece di 4.95
Offerte valide dal 20.2 al 26.2.2024, fino a esaurimento dello stock. 9
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14.02.2024 17:00:20
Scorta
Prego, per far scorta da questa parte!
sost e nibile i e n o i z u d o Pr e die nt r g n i i l g i t pe r t ut
conf. da 3
a partire da 2 pezzi
25%
20%
Tutti i tipi di olio M-Classic
Pasta refrigerata Migros Bio
per es. olio di arachidi, 1 l, 4.50 invece di 5.95, (1 l = 4.50)
spätzli, tortelloni ricotta e spinaci o gnocchi rigati, in confezioni multiple, per es. spätzli, 3 x 500 g, 8.85 invece di 11.10, (100 g = 0.59)
conf. da 3
conf. da 3
33%
20%
Lasagne Anna's Best
Pizze La Trattoria
alla bolognese o alla fiorentina, in confezioni multiple, per es. alla bolognese, 3 x 400 g, 7.90 invece di 11.85, (100 g = 0.66)
prodotti surgelati, alla mozzarella, al prosciutto o al tonno, per es. alla mozzarella, 3 x 330 g, 5.40 invece di 6.75, (100 g = 0.55)
conf. da 3
25% Sughi Agnesi in confezioni multiple, alla napoletana, all'arrabbiata, pesto genovese, alla bolognese, per es. alla napoletana, 3 x 400 g, 6.60 invece di 8.85, (100 g = 0.55)
a partire da 2 pezzi
conf. da 2
20%
23%
Tutte le conserve di pesce Rio Mare e Albo
11.55
per es. tonno rosa all'olio d'oliva Rio Mare, 3 x 52 g, 5.60 invece di 7.–, (10 g = 0.36)
invece di 15.–
Tortine al formaggio M-Classic prodotti surgelati, 2 x 12 pezzi, 2 x 840 g, (100 g = 0.69)
10
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14.02.2024 16:59:33
Snack e aperitivi
Per i fan degli stuzzichini
conf. da 2
20% 6.20 invece di 7.80
Salse liquide Thomy disponibili in diverse varietà, per es. salsa olandese, 2 x 250 ml, (100 ml = 1.24)
A l t i ssima q ua l sv i z z e r a , i t à p r o do t t a n el r de l l'ambie i spe t t o nt e
a partire da 2 pezzi
Lo snac k r pe e ne rg e t ic o t iv e p e r s o ne a t
20% Tutto l'assortimento di barrette ai cereali Farmer (barrette singole Farmer Nuts escluse), per es. Soft Choc alla mela, 288 g, 3.65 invece di 4.60, (100 g = 1.27)
30%
20%
Tutte le farine M-Classic
Tutte le noci e le miscele di noci Sun Queen Apéro, salate e tostate
per es. farina per treccia, IP-SUISSE, 1 kg, 1.50 invece di 2.10
12% 5.85 invece di 6.70
per es. noci di macadamia, 125 g, 3.50 invece di 4.40, (100 g = 2.80)
20% Nutella
Tutti i salatini da aperitivo Party
in conf. speciale, 1 kg, (100 g = 0.59)
per es. cracker salati, 210 g, 1.65 invece di 2.10, (100 g = 0.79)
Offerte valide dal 20.2 al 26.2.2024, fino a esaurimento dello stock. 11
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14.02.2024 16:59:46
Bellezza e cura del corpo
Tanti bei prodotti profumati per Barbie e Ken
conf. da 2
a partire da 3 pezzi
33% Tutto l'assortimento Le Petit Marseillais
27% 6.35 invece di 8.80
(confezioni multiple e da viaggio escluse), per es. docciacrema ai fiori d'arancio, bio, 250 ml, 2.35 invece di 3.50, (100 ml = 0.94)
conf. da 2
20% Shampoo o balsamo Pantene Pro-V per es. shampoo antiforfora, 2 x 300 ml, (100 ml = 1.06)
Shampoo Head & Shoulders per es. Classic Clean, 2 x 300 ml, 8.45 invece di 10.60, (100 ml = 1.41)
Le nisce il prurito e le ir ritazioni de l cuoio cape ll uto
20x CUMULUS
Novità
3.60
Shampoo Sensitive Power Nivea Men
Hit 9.95
250 ml, (100 ml = 1.44)
Hit Shampoo Pantene Pro-V Repair & Care, Lisci Effetto Seta o Corpo e Volume, in confezione speciale, 1 litro
10.95 Shampoo Head & Shoulders
Classic Clean, Citrus Fresh o Apple Fresh, 800 ml, (100 ml = 1.37)
ic c ic a N o n si a p p i c a pe l l i a a l l a pe l l e , f e r i t e o al l e
20x
20x
20x
Novità
Novità
Novità
CUMULUS
CUMULUS
6.95
Colorazione per barba Schwarzkopf Men Perfect 80 castano scuro, il pezzo
9.95
CUMULUS
Colorazione per capelli Schwarzkopf Live Ultra Brights 085 Vibrant Orange, il pezzo
3.50
Benda autoadesiva per dita M-Plast 2,5 cm x 5 m, 1 pezzo
12
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14.02.2024 16:59:42
Fiori e giardino Con tre ste li
50% Tutti i rasoi Gillette e Gillette Venus (esclusi lame di ricambio, rasoi usa e getta e conf. multiple), per es. Venus Deluxe Smooth Sensitive, il pezzo, 9.75 invece di 19.50
Hit 5.80
invece di 39.90
invece di 11.20
33% Rasoi usa e getta Gillette Blue II in conf. speciale, 20 pezzi
conf. da 2
15% Rasoio usa e getta Simply Venus Gillette 8 pezzi
32% 26.95
20% 8.95
set da 2
Testine di ricambio Oral-B Precision Clean 8 pezzi
Assorbenti e salvaslip, Always Ultra in confezioni multiple o speciali, per es. Normal, 2 x 76 pezzi, 8.75 invece di 10.30
Hit 5.90
Tampax Regular, Super o Super Plus in conf. speciale, 30 pezzi
19.95
invece di 29.90
Hit 4.95
Hit 5.95
Phalaenopsis, 3 steli disponibile in diversi colori, in vaso, Ø 12 cm, il set
Tulipani disponibili in diversi colori, mazzo da 12, il mazzo, (1 pz. = 0.41)
Minirose disponibili in diversi colori, mazzo da 14, lunghezza dello stelo 40 cm, il mazzo, (1 pz. = 0.43)
Offerte valide dal 20.2 al 26.2.2024, fino a esaurimento dello stock. 13
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14.02.2024 16:59:54
Varie
Comodità e praticità LO SAPEVI? Per prevenire il mal di schiena, non bisognerebbe portare borse che pesano più del 10% del proprio peso corporeo né zaini superiori al 20%. Se di solito la spesa è più pesante, i carrelli sono una buona opzione.
conf. da 2
20% 19.– invece di 23.90
50% Detersivo per capi delicati Yvette in conf. di ricarica, per es. Wool & Silk, 2 x 2 l, (1 l = 4.75)
per bucato 24.95 Detersivo in gel Persil invece di 51.80
Universal, Color o Sensitive, 3,6 l, (1 l = 6.93)
a in Ce st ini di Pasqu pire em v ari colori da ri
30%
Hit 3.95
Cestino di bambù con paglia disponibile in diversi colori, il set
Carta per uso domestico Twist in conf. speciali, per es. Classic, FSC®, 12 rotoli, 10.90 invece di 15.60
20%
20%
Tutte le borse e i trolley per la spesa
Tutto l'assortimento di biancheria da letto, lenzuoli tesi, piumini e cuscini
(escluse le borse della spesa nella zona casse e i prodotti Hit), per es. carrello per la spesa, nero, taglia unica, il pezzo, 47.95 invece di 59.95
per es. copripiumino Penelope blu scuro, 160 x 210 cm, il pezzo, 79.95 invece di 99.95
14
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14.02.2024 17:00:01
Prezzi imbattibili del weekend Solo da questo giovedì a domenica
conf. da 8
Hit 9.95
Collant da donna Essentials disponibili in nero o color pelle, tg. S–XXL
conf. da 4
Hit
a partire da 2 pezzi
50%
midi da donna 12.95 Slip Essentials
Tutto l'assortimento L'Oréal Paris
disponibili in diversi colori, tg. S–XXL
(confezioni da viaggio e confezioni multiple escluse), per es. mascara Volume Million Lashes, il pezzo, 12.50 invece di 24.95, offerta valida dal 22.2 al 25.2.2024
conf. da 3
Hit
conf. da 3
da uomo 14.95 Boxer Essentials
disponibili in diversi colori, tg. S–XXL
31% 6.– invece di 8.70
Grana Padano grattugiato Da Emilio 3 x 120 g, (100 g = 1.67), offerta valida dal 22.2 al 25.2.2024
conf. da 3
Hit 9.95
a partire da 2 pezzi
Calze da uomo Essentials disponibili in bianco, numeri 39–42 o 43–46
Offerte valide dal 20.2 al 26.2.2024, fino a esaurimento dello stock.
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30% Tutti gli antipasti, le olive e gli hummus, Anna's Best per es. hummus al naturale, 200 g, 2.70 invece di 3.80, (100 g = 1.35), offerta valida dal 22.2 al 25.2.2024
15
14.02.2024 17:00:09
Le settimane delle famiglie Azioni Dal 20.2 al 4.3.2024
50% Salviettine umide per bebè Pampers Sensitive o Aqua, in conf. speciale, per es. Sensitive, 12 x 52 pezzi, 23.– invece di 47.40
a partire da 2 pezzi
30% Tutto l'assortimento per la cura del bebè Johnson's per es. shampoo per bebè, 300 ml, 2.45 invece di 3.50, (100 ml = 0.82)
a partire da 3 pezzi
33% Tutti i pannolini Pampers (confezioni multiple escluse), per es. Premium Protection, tg. 1, 24 pezzi, 6.55 invece di 9.75
conf. da 7
a partire da 2 pezzi
Hit 24.95 Culottes per bambini
disponibili in diversi colori, tg. 98/104–134/140
a partire da 2 pezzi
30%
20%
Tutte le pappe Mibébé in vasetto, bio
Latte di proseguimento e Junior, Aptamil
per es. stufato di lenticchie con carne di manzo, 250 g, 1.35 invece di 1.90, (100 g = 0.54)
(latte Pre, latte di tipo 1 e Confort esclusi), per es. Pronutra 18+, 800 g, 20.– invece di 24.95, (100 g = 2.50)
Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti.
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