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Le numerose virtù degli introversi
Psicologia ◆ Lo scorso gennaio è morto Luigi Anepeta, psichiatra e autore di diversi testi con i quali ha contribuito alla «rivalutazione» delle persone timide e silenziose
Timido; silenzioso; chiuso nel mondo dei sentimenti e della fantasia; diffidente; ostile. Queste sono alcune definizioni che i dizionari danno della parola «introverso». Carl Jung è stato il primo a individuare le caratteristiche degli introversi poco più di cento anni fa e nel farlo ha usato parole gentili. Lo psicologo e psichiatra svizzero, nell’opera del 1921 intitolata Tipi psicologici, li ha descritti come «rivolti verso il proprio mondo interiore». Nonostante una parte della psicologia abbia cercato di capirli e difenderli, contro di loro permane ancora una serie di pregiudizi. Come racconta Susan Cain, introversa dichiarata e autrice americana del bestseller Quiet: Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare (Bompiani) –sul tema, in rete, c’è un suo Ted Talk con 32 milioni e mezzo circa di visualizzazioni – la scuola e il mondo del lavoro svalutano l’introversione, essendo organizzati prevalentemente per gli estroversi (intesi come persone aperte, socievoli ed espansive). Inoltre, il sistema di credenze attuale non solo preferisce chi si mette in mostra senza ombra di timidezza, sul modello degli influencer, ma poggia anche sull’idea che la creatività e la produt- tività nascano soprattutto in luoghi fortemente gregari. Rispetto ai ruoli di responsabilità e comando, inoltre, gli introversi sono spesso ignorati mentre, secondo diversi studi, sarebbero più attenti degli estroversi e più capaci di valutare e gestire i rischi.
Lo scorso gennaio è morto, a ottantun anni, Luigi Anepeta, psichiatra critico, esperto in psicoterapia dinamica, autore di diversi testi – tra questi: Timido, docile, ardente. Manuale per capire ed accettare valori e limiti dell’introversione (propria o altrui) (FrancoAngeli) – con i quali ha contribuito alla «rivalutazione» delle persone introverse. «Luigi Anepeta era un uomo intelligentissimo e generoso. Con gli anni divenne sempre più solitario e riservato, incarnando alla perfezione il prototipo dell’introverso, nella variante del “sapiente” ritirato dal mondo» ricorda lo psicologo Nicola Ghezzani (tra le sue pubblicazioni, Il dramma delle persone sensibili. Sensibilità, empatia e disagio psichico per FrancoAngeli). Per quasi cinquant’anni legato ad Anepeta che è stato il suo maestro di psicoterapia, Ghezzani lo paragona a celebri filosofi e scienziati introversi come Eraclito, Lao Tzu, Leonardo da Vinci,
Charles Darwin, Friedrich Nietzsche e Albert Einstein. Nel ripercorrere il suo pensiero, Ghezzani spiega che, a differenza di quanto sosteneva Jung che divideva la popolazione mondiale a metà tra introversi ed estroversi, «sul piano biologico gli introversi sono in realtà solo una piccola parte, tra il cinque e il dieci per cento».
Perché le persone introverse tendono a preferire la compagnia di un libro a quella di altre persone (salvo eccezioni), provano insofferenza per gli small talks, cioè le chiacchiere di circostanza, detestano i luoghi affollati e se ne stanno in disparte mentre gli estroversi tengono banco? Non è per maleducazione né per snobismo. La parola chiave è «neotenia», termine tecnico con cui si intende il prolungamento di alcuni aspetti della fase infantile nell’età adulta. Gli introversi «estremizzano» questo tratto evoluzionistico restando «cuccioli affettivi, emotivi e creativi per tutta la vita». Il pensiero di Anepeta coincide in parte con quello della psicologa americana Elaine Aron che ha coniato la definizione di «persone altamente sensibili» rintracciando queste quattro caratteristiche: profondità di elaborazione; eccessiva stimolazione; reattività emo- tiva ed empatia; sensitività alle sottigliezze. «Chi è introverso è altamente sensibile e capace di connessioni complesse e astrazioni intellettuali» chiarisce Ghezzani. «Il tratto neotenico fa sì che sia sempre in fase di sviluppo e di apprendimento, che non smetta mai di maturare il suo potenziale mentale. Gli esseri umani mediamente dotati raggiungono, tra i venticinque e i trent’anni, un assetto di personalità destinato a restare invariato per il resto della vita. L’introverso invece evolve con tempi molto più lenti, ma con una progressione che dura fino alla morte. In nome della sua complessità mentale e dell’attività di riflessione sistematica, va spesso incontro a crisi evolutive e a straordinari salti di qualità anche in età matura».
L’attitudine a stare per conto proprio si può manifestare fin dall’infanzia. Come sosteneva Anepeta molti bambini sono «naturalmente introversi» e soffrono quando vengono gettati all’improvviso in contesti ricchi di frastuono. Occorre lasciare loro la possibilità di non omologarsi a forza. Anni fa è nata la «Lega degli introversi» che ha raccolto diverse testimonianze, mostrando la fortuna di chi è cresciuto in famiglie capaci di assecondare l’indole dei figli già dalla tenera età.
Spesso gli introversi sono persone altamente sensibili e la loro attitudine a stare per conto proprio si manifesta fin dall’infanzia.
«Essere la persona più loquace in un certo contesto, ad esempio durante una riunione, può essere un buon modo per attirare l’attenzione degli altri, ma non significa necessariamente avere le idee migliori» ricorda Friederike Fabritius. In qualità di neuroscienziata, Fabritius ha lavorato con grandi aziende internazionali su come attrarre e trattenere i migliori talenti, scoprendo che i capi tendono a favorire gli estroversi. E ha creato una breve vademecum per creare un ambiente di lavoro adatto a tutti. Tra le regole c’è quella del rispetto dei confini con gli altri: possono servire fino a ventitré minuti per ritrovare la concentrazione dopo essere stati interrotti e quindi è bene non aspettarsi risposte immediate alle e-mail, su WhatsApp o sulle altre app di messaggistica. Un’altra buona pratica è quella di accorciare le riunioni perché, come si può intuire, gli introversi non amano i meeting e magari preferiscono mandare e-mail invece di fare delle video call. Infine, il rispetto della privacy: gli estroversi amano vedere sempre tutti, ma gli introversi hanno bisogno di uno spazio più silenzioso e tranquillo.