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Controcorrente
Festival ◆ Arti e diversità si incontrano a Ginevra
Muriel e Giorgia Del Don
Cosa ne sarebbe delle freddi serate invernali ginevrine senza il calore umano del Festival Antigel? Avvenimento imperdibile del panorama culturale della città di Calvino, tenutosi quest’anno dal 3 al 25 febbraio, Antigel è diventato con gli anni l’appuntamento di riferimento per gli amanti di esperienze artistiche controcorrente. Esigente e destabilizzante ma anche accogliente e inclusivo, Antigel soddisfa la curiosità di tutti senza scadere mai nel mainstream
Il 15 giugno entrerà negli «anta», ma Julia Fischer non è solo una delle più acclamate violiniste di oggi: la sua carriera ha ampiamente superato il quarto di secolo, toccando i palcoscenici più nobili e legandosi alle orchestre, ai direttori e ai musicisti del gotha concertistico mondiale. Ha anche dovuto superare i tanti appellativi e le tante curiosità generate dal suo essere bella oltre che giovane e talentuosissima: per lei e alcune sue colleghe come Hilary Hahn era stata coniata l’espressione «lolite dell’archetto». Lei ha sempre fatto spallucce, declinando le domande che riguardavano aspetti estetici o modaioli, così come poi ha fatto in seguito quando si è sposata ed è diventata madre di due figli.
«Anche adesso che ho aperto una mia piattaforma mediatica, non condivido che cosa mangio a pranzo, ma brani che suono, che ho ascoltato o che ho scoperto e che credo meritino di essere conosciuti» racconta la trentanovenne bavarese, attesa giovedì prossimo al LAC come solista del Concerto di Brahms, accompagnata da Markus Poschner che dirigerà l’Orchestra della Svizzera Italiana anche nella terza sinfonia Polacca di Ciajkovskij.
«Già prima avevo deciso di non incidere più per la major discografiche: non perché mi trovassi male, anzi, ma volevo essere totalmente libera, decidere che cosa, come e quando fare senza dovermi confrontare col responsabile marketing, col responsabile artistico, col responsabile logistico… Poi mi sono accorta che non stavo quasi più comprando dischi e mi sono detta: “Ma se non lo faccio io che sono musicista, immagino la gente…”, quindi ho deciso di aprire un mio canale per sperimentare un modo nuovo e più aperto per condividere la musica».
Libera e schietta, indipendente e intraprendente; Fischer lo è sempre stata, fin da quando, a dieci anni, si esibiva in Conservatorio accompagnata al pianoforte da mamma Viera. «Ho iniziato a suonare a tre anni, non c’è stato un momento preciso in cui ho deciso che avrei fatto la concertista, ma non c’è mai stato un momento nella mia vita in cui mi è venuto in mente che avrei potuto fare qualcosa di diverso; la musica è sempre stata il mio orizzonte sul futuro». Restava da decidere semplicemente la strada da imboccare: a dodici anni si esibiva con varie orchestre, ma oltre che col violino anche al pianoforte; mostrando con gli 88 tasti una dimestichezza non meno promettente che con l’archetto; una passione mai abbandonata, visto che anche quando era ormai una stella del violino non ha rinunciato ad affrontare in pubblico pietre miliari della letteratura pianistica come il Concerto di Grieg. Più che di strumenti, per Fischer la musica è una questione di rapporti: «A me interessa condividerla ancor prima che suonarla. Per questo adoro dedicarmi al repertorio cameristico – ho fondato un mio quartetto con cui ho un’intensa attività – e amo legarmi a certe orchestre e a certi direttori con cui si è creata un’intesa profonda. Tra questi ho in mente David Zinman e la Tonhalle di Zurigo, e ricordo con piacere una tournée
Con «Azione» al LAC
«Azione» mette in palio alcuni biglietti per il concerto diretto da Markus Poschner con la violinista Julia Fischer giovedì 16 marzo alle 20.30 al LAC. Per partecipare al concorso inviate una mail a giochi@azione.ch, oggetto «Mozart» con i vostri dati (nome, cognome, indirizzo, no. di telefono) entro domenica 12 marzo alle 24.00.
che feci con l’Academy of St. Martinin-the-Fields, senza direttore: c’era un rapporto diretto tra me e gli orchestrali, alla fine delle prove venivano ora i violisti ora i violoncellisti per discutere su come avremmo suonato certi passaggi la mattina successiva».
Un altro modo di condividere è l’insegnamento: «Più passano gli anni e più il trasmettere ai giovani diventa il punto centrale del mio essere musicista. Sarà forse una questione genetica, perché in casa mia tutti sono insegnanti: mia mamma di pianoforte, mia zia di storia, mio fratello di danza classica, i miei nonni erano maestri.». La condivisione e la promozione della musica sono temi che Fischer ha sollevato anche con i media: «Durante la pandemia l’orchestra della Radio Bavarese ha comunque continuato a suonare seppur all’inizio nella sala vuota; sarebbe stato bello che la TV, come fatto da altre emittenti, trasmettesse il concerto del venerdì invece della finale dei mondiali di calcio del 1990. Perché? Pensavano che avrebbe avuto maggior audience? Ma i dati dicono che complessivamente va più gente a teatro che allo stadio!».
Poi c’è la condivisione col pubblico: «Il momento del concerto non è replicabile in prova perché il legame che si crea con chi ti ascolta non è accessorio o pura suggestione. Mi è capitato di fare prove ottime, ma che poi davanti alla gente non sortivano l’effetto immaginato; al contrario, altre volte sono arrivata sul palco perplessa di come avevamo preparato il concerto, e invece è stato splendido». Proprio a una prova è legato uno degli aneddoti della sua carriera che non scorderà mai: «Mi presentai per suonare il quarto concerto di Mozart, l’orchestra attaccò il terzo! Mi ero confusa, fortunatamente l’avevo suonato poco prima e andai a memoria; ma fu una prova per me piuttosto strana».
Grazie al dinamismo e alla passione dei cofondatori Thuy-San Dinh e Eric Linder, il festival si è evoluto e si è ampliato non trascurando però il contatto con il pubblico invitato a vivere un’esperienza artistica totale. Attraverso spettacoli di danza, performance, concerti e banchetti arty nei quali drag queen vegane e antispeciste diventano maîtraisses de cérémonie o ancora serate club che si trasformano in rituali di trance collettiva, Antigel si apre a esperienze al contempo condivise e intime, rassicuranti e destabilizzanti.
Il festival ginevrino, sempre in contatto diretto con l’attualità, parla del mondo d’oggi attraverso l’arte e la cultura. Il pubblico è spinto a partecipare a questo rituale collettivo, a riflettere insieme sul mondo sognando un futuro migliore, più inclusivo e creativo. Grazie alla cre- scena dell’ADC (Association pour la Danse Contemporaine) in tempio del queer. Attraverso un quintetto esclusivamente maschile, la coreografa sfida il binarismo di genere e gli stereotipi legati al corpo, al male gaze e allo sguardo coloniale. Danze urbane e rituali antichi trasformano la coreografia in critica del genere inteso, per riprendere le parole della mitica filosofa statunitense Judith Butler, come performance del quotidiano. Grazie ai corpi dei suoi cinque ballerini, i codici della mascolinità stereotipata vengono stravolti, rielaborati e mostrati in tutta la loro grottesca assurdità. La danza diventa in questo senso strumento privilegiato per decostruire codici binari che non accettano deviazioni dallo standard. Nudi e di spalle, i cinque ballerini si scatenano in danze urbane composte da movimenti del bacino che diventano rivendicazioni di una fluidità di genere incarnata con orgoglio. azione artistica è possibile viaggiare, costruire immaginari «altri» nei quali sperimentare modi alternativi di stare al mondo. Come rifugi festaioli del festival sono stati scelti l’ex centro di vaccinazione del quartiere des Eaux Vives, riabilitato e trasformato dall’artista e architetto ginevrino
Nella stessa ottica di rivendicazione di una differenza vissuta con fierezza ritroviamo Cuir di Arno Ferrera e Gilles Polet e Gentle Unicorn di Chiara Bersani. Il primo mette in scena due corpi virili, tatuati e muscolosi che si uniscono e affrontano in un combattimento ravvicinato intriso di una forte carica omoerotica. Grazie a una miscela esplosiva di lotta, danza e acrobazie (non a caso Ferrera ha frequentato la Scuola Teatro Dimitri), la coppia protagonista di Cuir ci confronta con la complessità delle relazioni umane, con la paura di lasciarsi andare a una catartica tenerezza. I corpi dei due protagonisti si fondono trasformandosi in una sorta di animale preistorico, un essere ibrido e ambiguo che sfida ogni tentativo di categorizzazione. Chiara Bersani e il suo grandioso ed elegante unicorno, una figura mitologica che popola da secoli l’immaginario collettivo, lottano invece per esistere all’interno di una società che li cataloga come esseri magici e mostruosi, affascinanti e spaventosi. Bersani presta il suo corpo, la sua danza e il suo respiro a quest’unicorno, lo incarna in un atto militante che tocca nel profondo.
Shizuka Saito, e il mitico club Motel Campo situato nel quartiere industriale di Les Acacias.
Numerosi gli astri luminosi che hanno costellato l’edizione 2023 ben calibrata tra artisti svizzeri (fra i quali i ticinesi Peter Kernel) e internazionali, alle prime armi o vere e proprie super star della scena contemporanea. Tra questi, la coreografa e interprete ivoriana Nadia Beugré che con il suo L’homme rare ha trasformato la
Decisamente intrigante e controcorrente anche Daniel Hellmann che per il suo Dear Human Animals ha indossato i panni del suo alter ego drag vegano Soya the cow. Hellmann ci propone un viaggio tra i generi e le specie che rimette in questione il concetto stesso di antropocene.
Per quanto riguarda la programmazione musicale, imperdibile è stato il concerto del leggendario John Cale, icona della cultura underground statunitense che ha infuocato la sala dell’Alhambra con la sua voce potente e la sua carica punk. Seducente è stata anche l’esibizione di Arnaud Rebotini, figura di spicco della scena elettronica francese e compositore di colonne sonore indimenticabili come quella di 120 battiti al minuto
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