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Il malumore di chi difende gli inquilini

Alloggio

Fabio Dozio

Dare i numeri, a volte, è più utile e convincente di tante parole. Le pigioni in Svizzera, dal 2005 al 2022, sono aumentate del 22%, mentre il costo della vita solo del 7%. Sono dati dell’Ufficio federale di statistica. Un’altra fonte, il portale immobiliare Homegate.ch, in collaborazione con la Banca cantonale di Zurigo, indica che lo scorso anno gli affitti sono aumentati in media in Svizzera del 3% circa. In Ticino del 2%, nei Grigioni del 6,7%. A Lugano del 5,3%, seconda solo a Zurigo. Un terzo rilievo, proposto da Swiss Life sostiene che saranno gli affitti a spingere verso l’alto l’inflazione in Svizzera, soprattutto nella seconda parte di quest’anno.

Insomma, prendiamo pure con le pinze i dati, ma l’indicazione è chiara: gli inquilini sono spremuti come limoni e subiscono aumenti squilibrati degli affitti rispetto al costo della vita, per non parlare degli stipendi, che sono fermi al palo, o quasi.

Il presidente dell’Associazione svizzera degli inquilini (ASI), Carlo Sommaruga, denuncia questa situazione: «Per gli inquilini le pigioni pesano in maniera sproporzionata rispetto alle entrate. In particolare, per le famiglie a basso reddito, si sono ormai raggiunti i limiti sopportabili». L’Associazione sostiene che la situazione è grave e che il Consiglio federale e il Parlamento devono agire introducendo un controllo effettivo delle pigioni.

Vale la pena ricordare che la nostra Costituzione federale si preoccupa degli inquilini. L’articolo 41 afferma infatti che: «Confederazione e Cantoni si adoperano affinché ognuno possa trovare, per sé stesso e la sua famiglia, un’abitazione adeguata a condizioni sopportabili». L’articolo 108 sancisce perfino che «la Confederazione promuove in particolare l’acquisto e l’attrezzatura dei terreni per la costruzione di abitazioni, la razionalizzazione dell’edilizia abitativa, la riduzione del prezzo della costruzione di abitazioni e la riduzione dei costi abitativi». Libro dei sogni?

Adriano Venuti, presidente dell’Associazione inquilini della Svizzera italiana, ci dice che «manca un’of- ferta immobiliare alla portata di tutti. Direi che il mandato costituzionale non è pienamente soddisfatto. A livello federale bisognerebbe rinforzare il diritto di locazione in modo da renderlo più vicino ai bisogni delle inquiline e degli inquilini che rappresentano la parte debole in un contratto di locazione. Bisognerebbe anche spingere i comuni a pianificare meglio il territorio destinando una certa parte dei terreni edificabili alle abitazioni a prezzi accessibili».

In Ticino l’associazione che difende gli interessi degli inquilini è nata poco più di cinquant’anni fa, nell’estate del 1972. Come è cambiata la situazione in questi anni? «Non è cambiata di molto, – precisa Venuti – sono diversi gli inquilini, ma la situazione è identica. Le nuove generazioni sono confrontate con gli stessi problemi. Il primo numero della nostra rivista “Inquilini uniti”, nel 1972, presentava l’elenco dei temi caldi di quel tempo e sono gli stessi di adesso. Dieci anni fa c’era il fenomeno delle disdette vendita molto più marcato. Palazzi vecchi che venivano svuotati per ristrutturazione e riaffittati a prezzi molto più alti. Le disdette ci sono ancora, ma meno frequenti. L’ultimo esempio particolarmente eclatante è quello del palazzo Carpano a Chiasso. Attualmente la casistica è cambiata. Si è costruito molto, edifici nuovi, di migliore qualità, anche di standing elevato, cosa che può avere anche aspetti positivi, ma che fa lievitare i costi. E ciò si ripercuote pure sugli alloggi esistenti, anche più vecchi, che stanno nelle zone dei nuovi edifici: tutti gli affitti aumentano perché il quartiere è diventato più attraente. Rispetto al resto della Svizzera in Ticino le pigioni sono, in media, più basse. Però sappiamo che i salari sono, indicativamente, del 23% inferiori rispetto alla media nazionale». In queste condizioni è evidente che giovani famiglie, anziani, studenti e lavoratori a medio e basso reddito facciano fatica a sbarcare il lunario.

Gli affiliati all’ASI della Svizzera italiana sono circa 6600. Ogni anno sono migliaia le consulenze offerte a chi ha problemi o contrasti con i proprietari delle abitazioni. L’anno scor- so, per esempio, 590 casi per disdetta dell’inquilino, 718 per difetti dell’abitazione, 555 per questioni relative al subentrante, 263 per la riduzione della pigione, 387 per pretese relative a danni, solo 38 per contestare l’aumento dell’affitto.

È possibile contestare le pigioni e riuscire a farle abbassare? «È difficile, anche se vale la pena contrattare. –spiega Adriano Venuti – Posso citare il mio caso, recente. Discutendo con il proprietario dell’abitazione siamo riusciti a ottenere una riduzione della pigione. Ci è stato proposto un contratto più lungo di quanto previsto in cambio di un affitto più basso. Però non funziona sempre così, anzi è piuttosto raro. In particolare, se la casa appartiene a una società o a un investitore istituzionale, non si riesce a contrattare perché non ci sono contatti diretti con il proprietario. C’è la possibilità di contestare la pigione iniziale, subito dopo aver firmato il contratto, ma è una procedura piuttosto complicata. La proposta della nostra Associazione di introdurre un obbligo di presentare al nuovo locatore un formulario che indicasse la pigione precedente è stata bocciata in votazione. Anche a livello federale abbiamo chiesto di introdurre controlli regolari dello stato degli affitti, ma senza successo. Ora stiamo valutando la possibilità di lanciare un’iniziativa federale su questo tema, vale a dire che le pigioni vengano controllate periodicamente».

Tre anni fa, nel febbraio del 2020, il popolo svizzero è stato chiamato alle urne per esprimersi sull’iniziativa popolare «Più abitazioni a prezzi accessibili». Si chiedeva che la Confederazione e i Cantoni promuovessero maggiormente l’offerta di alloggi in locazione a prezzi moderati. Almeno il 10 per cento delle nuove abitazioni costruite in Svizzera avrebbero dovuto appartenere a committenti di utilità pubblica, di regola si tratta di cooperative edilizie. La proposta è stata bocciata a livello nazionale dal 57,1% dei votanti. Anche in Ticino l’iniziativa è stata sconfitta anche se in misura leggermente inferiore (55,4% di no).

Fa specie che un Paese con una maggioranza di inquilini, 57,8% nella Confederazione, non riesca a sostenere proposte a loro favore. Forse anche perché fra gli inquilini meno abbienti ci sono molti stranieri.

La legge federale sulla promozione dell’alloggio è in vigore dal 2003 e dovrebbe permettere alla Confederazione di incoraggiare la costruzione o la ristrutturazione di abitazioni in affitto per famiglie a basso reddito e di utilità pubblica. Vengono investiti milioni di franchi ma l’impatto sul mercato non sembra essere efficace. Per migliorare la condizione degli inquilini va riformato il diritto di locazione, che finora favorisce le casse pensioni e i locatori istituzionali, come evidenzia uno studio dell’Ufficio federale delle abitazioni (UFAB). Solo nel 2021, indica l’UFAB, sono stati depositati in Parlamento undici tra iniziative e atti parlamentari che propongono di migliorare la protezione degli inquilini, ma non sono ancora stati trattati dalla Camera.

In Ticino la situazione non è migliore. Dal 2009 comincia la storia del Piano cantonale dell’alloggio, sulla spinta di una petizione dell’Associazione svizzera degli inquilini e di una mozione parlamentare. L’obiettivo è quello di promuovere e incrementare il parco di alloggi a pigione sostenibile, coordinando gli interventi del Cantone e dei Comuni. Per ora il Consiglio di Stato ha deciso di dare mandato alla SUPSI per la creazione di un Centro di competenza cantonale dell’alloggio. Siamo ancora nell’ambito dello studio e non si vedono misure concrete di intervento nel mercato immobiliare.

Il Consiglio federale, in occasione della votazione di tre anni fa su «Più abitazioni a prezzi accessibili», ha ammesso che «in alcune regioni è effettivamente difficile trovare un’abitazione adeguata», però lascia al mercato la gestione del settore immobiliare e quindi gli inquilini devono fare i conti con pigioni sempre più care. Per gli anziani meno abbienti, o diciamo pure poveri, il costo della casa può raggiungere il 45% del reddito disponibile. Per le economie domestiche la quota di pigione netta, senza spese accessorie, si situa attorno al 22% del reddito. Per le fasce più deboli economicamente può rappresentare in media circa il 35% delle entrate.

Ancora due osservazioni che riguardano le storture del libero mercato. Anche di fronte a un numero elevato di appartamenti sfitti, come in Ticino fino allo scorso anno, le pigioni non diminuiscono. I grandi investitori, per esempio le casse pensioni, preferiscono tener vuota l’abitazione piuttosto che ridurre il canone. Anche le variazioni del tasso ipotecario di riferimento, fissato dall’Ufficio federale dell’abitazione, non si ripercuotono sempre sulla pigione. Quando il tasso aumenta, gli affitti vengono tendenzialmente corretti verso l’alto. Quando diminuisce, le pigioni restano congelate. Due modalità che penalizzano sempre gli inquilini.

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