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Il potere di sapersi arrendere

Il successo di BeReal

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Psicologia ◆ In certi momenti è meglio smettere di accanirsi su un progetto, un lavoro o una relazione che non funzionano più Parola di Annie Duke, ex campionessa di poker e autrice di un libro già bestseller negli Stati Uniti

Siobhan O’Keeffe stava partecipando alla maratona di Londra nel 29 quando si ruppe una gamba All’ottavo chilometro le si spezzò l’osso del perone Invece di fermarsi, come le era stato raccomandato da un medico, la venticinquenne inglese continuò a correre terminando la gara tra gli spasmi, rischiando lesioni permanenti Insieme a una collega, aveva raccolto seimila sterline per una causa benefica e non voleva buttare tutto all’aria Ai giornali ha raccontato:

«In ospedale tutti mi dicevano quanto fossi straordinaria per quello che avevo fatto Nessuno riusciva a crederci»

Fin dall’infanzia impariamo a pensare che il segreto del successo sia la determinazione e l’atto di arrendersi è percepito come una debolezza

In certi momenti sarebbe meglio smettere di accanirsi su un progetto, un lavoro o una relazione che non funzionano più Più semplice a dirsi che a farsi, secondo Annie Duke, ex campionessa di poker e autrice di un libro – già bestseller – intitolato Quit: The Power of Knowing When to Walk

Away (Portfolio) Infatti, fin dall’infanzia impariamo a pensare che il segreto del «successo» sia la determinazione combinata con la resistenza e la fatica In quest’ottica, l’atto di arrendersi viene percepito come una debolezza che porta alla sconfitta Inoltre, spesso si persevera perché non si è capaci di lasciare andare tutto quello che si è investito fino a quel momento

Alla stessa maratona di Londra del 29, un altro corridore, Steven Quayle, si ruppe un piede Anche lui, come O’Keeffe, riprese a correre sopportando il dolore lancinante degli ultimi quattordici chilometri che lo costrinse a diverse soste per ricevere assistenza medica Con una caparbietà simile, nel 996, l’alpinista neozelandese Rob Hall decise di continuare una spedizione di gruppo sull’Everest malgrado fosse ormai compromessa perché era troppo tardi per raggiungere la vetta Gli arrampicatori che scalano l’Everest sono tenuti a rispettare un rigido orario di inversione di marcia; se calcolano di non riuscire ad arrivare in cima entro un orario stabilito (in genere, le due del pomeriggio) devono tornare subito indietro per evitare di ritrovarsi a scendere nell’oscurità lungo la mortale cresta sud La storia di Hall è stata raccontata nel bestseller Aria sottile di Jon Krakauer (Corbaccio) e il suo nome è diventato celebre mentre pochi si ricordano di Lou Kasischke, John Taske e Stuart Hutchinson, i tre alpinisti che quello stesso giorno erano sull’Everest e abbandonarono l’impresa (nonostante avessero speso 75mila dollari ciascuno), salvandosi prima che fosse troppo tardi

«Nel poker sapere quando mollare è una questione di sopravvivenza La capacità di capirlo in tempo è ciò che distingue i fuoriclasse dagli altri» scrive Duke Dopo una carriera sfolgorante da giocatrice professionista, con oltre quattro milioni di dollari vinti in diciotto anni, è diventata coach e consulente La sua tesi di fondo è che le persone si ostinano anche quando sarebbe più sensato lasciare perdere La grinta non può essere considerata una virtù quando ci porta a rimanere troppo a lungo in relazioni, lavori e carriere sbagliate Nel podcast A Slight Change of Plans, Duke ha spiegato: «Gli eroi per noi sono quelli che persistono, superando il limite del benessere fisico, emotivo o mentale, per andare oltre e attraversare il baratro» Abbiamo dei pregiudizi cognitivi che ci impediscono di fare la scelta giusta nei momenti critici «Si tratta di pensieri così radicati da accecarci e li vediamo riflessi anche nel linguaggio Se si cercano i sinonimi di grinta, si trovano coraggio, determinazione e avere fegato» ha detto Duke in un’intervista alla «Harvard Business Review» «Al contrario, il rinunciatario è considerato un perdente, uno che si dà per vinto» Nel 2 l’economista Steven Levitt, coautore del bestseller Freakonomics Il calcolo dell’incalcolabile (Sperling & Kupfer), ha creato un sito web che invitava gli utenti a lanciare una moneta virtuale per prendere una decisione Quella di Levitt sembrava una provocazione eppure, nel corso di un anno, più di ventimila persone hanno usato il sito; tra loro, in seimila stavano prendendo decisioni importanti come un cambio di lavoro oppure la rottura di una relazione A di- stanza di due e sei mesi dalle risposte, Levitt ha monitorato i partecipanti scoprendo che i più felici erano quelli che avevano deciso di «mollare»

Uno dei pregiudizi che fanno rimandare il momento giusto in cui smettere è «la fallacia dei costi sommersi» A identificarlo per la prima volta, nel 9, è stato l’economista premio Nobel Richard Thaler È un errore cognitivo in base al quale continuiamo a fare qualcosa che intimamente riconosciamo come sbagliato solo perché ci abbiamo investito già tempo, energie e soldi Un altro errore è «il pregiudizio dello status quo», introdotto nel 9 dagli economisti Richard Zeckhauser e William Samuelson Quando si confrontano due opzioni, ci si attiene in modo preponderante a quella che rappresenta lo status quo Ad esempio, un capo è più propenso a tenere un lavoratore di medio livello invece di rischiare e assumerne uno peggiore Allo stesso modo, un lavoratore si tiene un po- sto che lo rende infelice piuttosto che licenziarsi e trovarne un altro, per la paura di stare ancora peggio Ma come si fa a sapere quando è il momento giusto? Duke ha risposto a questa domanda in un’intervista al «New York Times»: «Suggerisco di creare in anticipo i “criteri di eliminazione” Non fidatevi delle decisioni prese sul momento Chiedetevi: in futuro, quali saranno i segnali da cogliere che mi faranno capire che sarà ora di ritirarmi? Ad esempio, se parteciperò a una maratona, mi farò male e il personale medico mi dirà di fermarmi, dovrò ascoltarlo Pensiamo invece al lavoro: se vi sentirete infelici, dovrete domandarvi per quanto tempo vi starà bene esserlo Magari tre mesi saranno il massimo sostenibile» In aggiunta, può essere utile trovare un «coach per l’abbandono»: un mentore, un terapeuta oppure un amico che vi dicano, sinceramente, quello che pensano della vostra situazione nel lungo periodo

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