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L’albero della vita è scomparso

Scienza ◆ La filogenetica molecolare sta mostrando quanto siano fittamente intrecciati tutti gli esseri viventi

Lorenzo De Carli

Quello che nella prima edizione dell’Origine delle specie, unica illustrazione dell’opera, sarebbe diventato l’albero della vita, nei taccuini di Darwin era ancora un corallo: «Forse – annotava Darwin – l’albero della vita dovrebbe essere chiamato corallo della vita, giacché la base delle ramificazioni è morta»

Presente in molte culture per indicare il rinnovamento dell’essere, la similitudine dell’albero della vita era ben presente sia nella tradizione cristiana, così come in quella ebraica Darwin la fece propria in quanto immagine, rigirandola però come un guanto; il «diagramma della divergenza» mostrava linee evolutive che attraversavano il tempo dal basso verso l’alto, di tanto in tanto divergendo – a significare che specie distinte avevano un comune antenato

Dalla seconda metà dell’Ottocento in poi, fu questo diagramma che s’impose come «albero della vita»: «L’immagine dell’albero sarebbe rimasta fino alla fine del ventesimo secolo la miglior rappresentazione grafica della storia della vita, del corso dell’evoluzione, delle origini della diversità e dell’adattamento», così scrive David Quammen nel suo L’albero intricato

Nelle pagine di L’albero intricato, Quammen ha intrecciato due storie: quella della rappresentazione dell’evoluzione per mezzo dell’immagine di un albero – oggi diventata una selva cespugliosa; e la storia del biologo statunitense Carl Woese, al quale si deve la prima applicazione della filogenetica molecolare, vale a dire il progetto di ricerca volto a individuare il grado di parentela tra gli organismi per mezzo dello studio del loro genoma Woese non solo scoprì il dominio degli Archea – più complessi dei Batteri e già posti sul ramo evolutivo che avrebbe condotto alle più complesse cellule degli Eucarioti – ma ipotizzò anche l’esistenza di un periodo ancestrale caratterizzato da un’intensa attività di trasferimento generico tra le forme di vita sul nostro pianeta reso possibile dal fatto che il primo acido nucleico di viventi non era il DNA ma l’RNA, assai più incline alla contaminazione La questione del trasferimento genetico orizzontale costituisce uno degli argomenti più importanti de L’albero intricato e, dal punto di vista del modo in cui guardiamo l’evoluzione sul nostro pianeta, un fatto di portata rivoluzionaria del quale stiamo ancora cercando di comprendere le conseguenze Già prima di Darwin, «l’idea che le creature viventi – scrive Quammen – non avessero forme eternamente stabili, così come Dio le aveva create, ma si fossero invece modificate nel corso del tempo, passando da una forma a un ’altra» era un’idea accettata; tuttavia, pur accettando il mutamento nel tempo, la stabilità delle specie costituiva il fondamento stesso della storia naturale

Il dogma della stabilità delle specie cominciò a vacillare negli anni Sessanta, quando si cominciò a cercare di comprendere come si erano formati i mitocondri nelle nostre cellule e i cloroplasti nelle cellule vegetali In tutt’e due i casi, si tratta di organelli che hanno la funzione di produrre l’energia indispensabile alla vita delle cellule Erano frutto dell’incremento della complessità delle cellule, oppure si trattava di qualcos’altro? La comu-

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