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I colori di Tirana tra street art e rinnovamento

Reportage ◆

Nella mente di molti, un viaggio negli stati ex comunisti dell’Europa orientale è sinonimo di un panorama fatto di anonimi edifici tutti uguali, squadrati palazzi di cemento, piazze desolate simili a sterminate colate grigie… Insomma: una vera e propria noia architettonica.

Almeno fino all’inizio degli anni Duemila, Tirana non è stata esente da tale genere di pregiudizi. La capitale albanese era considerata al pari di una rovina urbana, segnata dal degrado e dalla distruzione provocati dalle vicissitudini politiche del secolo precedente. Il regime fascista di Mussolini prima e quello comunista di Hoxha poi avevano lasciato un marchio riconoscibile sulla città, ognuno con la propria architettura.

La Tirana di oggi ospita diversi stili architettonici che rappresentano i periodi più importanti della sua storia

L’aspetto di Tirana fu stravolto dopo che Edi Rama, l’ex sindaco della città divenuto in seguito primo ministro albanese, diede vita a una vasta campagna di riprogettazione del tessuto urbano della capitale. Al vertice della città tra il 2000 e il 2011, Rama, affidandosi alla potenza del colore, ne illuminò i palazzi e le infrastrutture infondendo loro un nuovo aspetto vibrante, accogliente e ricco di speranza. In un intervento TED (Technology, Entertainment, Design) presentato a Salonicco nel 2012, Rama descrisse la riabilitazione degli spazi pubblici come qualcosa che aveva fatto «rivivere un senso di appartenenza alla città che la gente aveva perso».

Prima di diventare sindaco, Rama godeva di un successo internazionale nella sua attività di pittore, alla quale affiancava la carriera da politico.

Sin dal momento della sua elezione, il giovane sindaco affrontò l’incarico con una spiccata sensibilità artistica e a distanza di poche settimane di mandato si lanciò in un’impresa di rinnovamento estetico della città. Rimosse gli edifici abusivi, costruì nuovi parchi e diede inizio a una massiccia opera di pittura sugli edifici e grattacieli in stile comunista della città, che furono trasformati a partire proprio dal colore. Alcuni palazzi furono dipinti con strisce rosse, blu e verdi mentre altri furono decorati con disegni su tutta la facciata.

Rama fu oggetto di intense critiche per non aver affrontato i problemi più urgenti di Tirana, ma è innegabile che, grazie alla sua iniziativa, l’aspetto della città sia diventato accattivante e moderno. E non solo: da quel momento l’amministrazione comunale ha utilizzato colori vivaci non solo per ridipingere gli edifici più vecchi, ma anche per quelli di nuova costruzione.

Il sindaco attuale Erion Veliaj, in carica dal 2015, ha seguito le orme di Rama nel tentativo di dare lustro alla città. Piazza Skanderbeg, nel cuore di Tirana, un tempo adibita a rotatoria, fu completamente messa a nuovo nel 2017, resa pedonale, decorata con alberi e fontane e pavimentata con 129’600 piastrelle prodotte con pietre naturali provenienti da tutta l’Albania. Per la decorazione di alcuni dei principali edifici del centro, Veliaj ingaggiò alcuni street artist per ricreare visivamente antiche leggende e racconti locali. L’impatto fu tale che la gente prese a chiamare queste aree con il nome dei palazzi dipinti, come nel caso del cosiddetto «edificio arcobaleno» affacciato sulla pittoresca Piazza Wilson alle porte del quartiere alla moda di Blloku, a sua volta sede della villa che appartenne al dittatore En- ver Hoxha. I colori accesi rispecchiano lo spirito di una città con una forte tradizione ma al contempo emergente, spinta da un grande desiderio di rinnovamento.

Palazzo futurista a Blloku; sotto, il variopinto edificio del Teatri Kombëtar e, a destra, gli edifici intorno al Pazari i Ri. In basso, la villa che fu del dittatore comunista Enver Hoxha, nel quartiere alla moda di Blloku.

Di fronte al Ministero degli affari esteri, tutti gli edifici in stile comunista intorno alla strada Unaza (lo spicchio di circonvallazione a nord-ovest del centro città) sono stati decorati con motivi e colori unici da pittori diversi, ognuno guidato dalla propria fantasia, senza temi prestabiliti o linee guida. Anche il Nuovo Bazar (Pazari i Ri) è stato modernizzato e oggi ospita edi- fici contemporanei ma rispettosi del passato, che hanno conservato lo stile architettonico tradizionale e le decorazioni a motivi albanesi.

L’importanza di graffiti e murales è cruciale per capire la trasformazione di Tirana, che non è solo estetica ma anche e soprattutto ideologica. Durante l’era comunista, terminata nel 1991 con la caduta della Repubblica Popolare Socialista d’Albania, ogni produzione artistica era fortemente controllata, e dipingere qualcosa che si opponesse al regime poteva comportare una pena detentiva.

Nel 2018 si è svolta la prima edizione del MurAL Fest, un festival di street art nato dalla collaborazione tra il gruppo artistico italiano 167/ B Street e il governo di Tirana. Durante la manifestazione, tredici artisti di strada provenienti da Albania, Italia, Serbia, Uruguay e Francia hanno decorato le facciate dei palazzi di tutta la città usandole come tele da dipingere.

La Tirana di oggi ospita diversi stili architettonici che rappresentano i periodi più importanti della sua storia, alcuni dei quali risalgono all’antichità e altri costituiscono un esempio dell’architettura dei regimi totalitari del XX secolo, formando un mix di infrastrutture che rendono Tirana una città unica. All’epoca fascista risalgono il Palazzo dei Briganti (ex palazzo del re d’Albania Zog I), gli edifici dei ministeri, il palazzo del governo e il municipio, progettati dai noti architetti del periodo mussoliniano in Italia, ovvero da Florestano Di Fausto e Armando Brasini.

Negli anni Settanta Hoxha fu invece responsabile della creazione di una rete di bunker in tutto il Paese, un progetto paranoico destinato a proteggere il leader comunista in caso di attacco nucleare. A Tirana è possibile visitarne due, il Bunk’Art e il Bunk’Art-2. Il primo, ora adibito a museo di storia e galleria d’arte contemporanea, era un rifugio di cinque piani e tremila mq dai corridoi tortuosi e con un centinaio di stanze, mai messo in funzione dal momento che Hoxha morì prima che fosse completato. Al suo interno si trovano gli alloggi e le sale riunioni destinati a Hoxha e ai suoi ufficiali. Il secondo, sormontato da una cupola all’ingresso, era originariamente chiamato «Objekti Shtylla» e le sue ventiquattro sale furono aperte al pubblico nel 2015.

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