Cooperativa Migros Ticino
Società e Territorio Genitori: i no aiutano a crescere, ma al Caffè delle mamme si rivaluta il potere del sì
Ambiente e Benessere I sistemi fotovoltaici integrati negli edifici stanno diventando sempre più un modello costruttivo di riferimento
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXII 26 agosto 2019
Azione 35 Politica e Economia A trent’anni dall’unificazione l’identità dell’ex DDR non è mai venuta meno
Cultura e Spettacoli Non si può andare a Venezia senza visitare l’opulento Museo Fortuny
pagina 15
pagina 2
pagina 27
pagina 33
La stagione del Percento culturale
pagina 38
Kashmir e derive nazionalistiche di Peter Schiesser A parte le solite scaramucce al confine fra India e Pakistan, con conseguente stillicidio di vittime, finora la cancellazione dell’autonomia per lo Stato del Jammu e Kashmir imposta dal governo Modi il 5 agosto non ha ancora provocato reazioni estreme. Nella regione si vive l’immobilità che segue uno shock: nessuno si aspettava una mossa del genere da parte del governo indiano. Inoltre, i kashmiri hanno poco da protestare, poiché Delhi ha inviato 45mila soldati per imporre un coprifuoco totale a Srinagar e in altri centri. Soldati che vanno ad aggiungersi agli altri 500mila sparsi per lo Stato – e se contiamo anche i militari (e i miliziani islamici) presenti nella parte del Kashmir occupata dal Pakistan, la regione risulta una delle più militarizzate al mondo. I kashmiri, musulmani, sono prigionieri nelle proprie case, in difficoltà a procurarsi cibo, medicamenti, cure, impossibilitati a spostarsi dalla miriade di posti di blocco e controlli. Sette milioni di persone private di quei diritti che fino a ieri garantivano loro una certa autonomia (che nei decenni era già andata erodendosi), in particolare il diritto, a loro soltanto
riservato, di acquistare terre e immobili. Questo diritto oggi è abolito, e la maggioranza musulmana teme quindi di diventare presto oggetto della politica di colonizzazione e assimilazione che lo Stato centrale a Delhi sta perseguendo da decenni in tutto il paese, ancor prima dell’avvento al potere dei nazionalisti guidati da Narendra Modi. Ma quando il coprifuoco finirà? E quando il Pakistan e le milizie islamiche si saranno capacitati che il Kashmir potrebbe trasformarsi in una normale provincia indiana, in futuro sempre più popolata da indù, quindi difficilmente rivendicabile, che succederà? In Occidente abbiamo ormai una vaga e distaccata idea del tempo della decolonizzazione, in Oriente no: resta molto presente, sia nel rapporto con l’Occidente, sia nelle relazioni fra Stati vicini. In particolare, in India il Kashmir rappresenta il lavoro incompiuto della Partition, la scissione del subcontinente in India e Pakistan: per il suo controllo i due Stati hanno combattuto due guerre, sono scaturite violenze con oltre 200mila morti attorno il 1945 e una insurrezione con 100mila morti a partire dal 1989 seguita alle elezioni truccate del 1987. Possiamo quindi essere certi che il silenzio che al momento avvolge il Kashmir lascerà presto il posto al fragore delle
bombe, nel Jammu indù, nel Kashmir musulmano, ma anche nel resto dell’India. Gli sparuti militanti per la secessione del Kashmir accoglieranno presto numerosi giovani intenzionati a cancellare l’umiliazione dell’occupazione militare indiana. Siccome sotto il governo Modi è aumentata la pressione sui musulmani in tutta l’India, con intimidazioni, soprusi e violenze, c’è da aspettarsi una reazione degli estremisti islamici, infiltrati dal Pakistan o cresciuti in loco (l’India conta 150 milioni di musulmani) in tutto il paese. Ma la mossa di fagocitare il Kashmir ha una valenza ulteriore: salutata dalle frange indù più estremiste, dalle cui fila viene anche il primo ministro Modi, ha anche il potere di intimorire l’opposizione interna laica, che legge in questa annessione e nella radicalizzazione del discorso nazionalistico una fascistizzazione del paese. Il Kashmir è la perla che Modi vuole offrire agli indù, troppo a lungo contesa con il vicino-nemico Pakistan. Ignora volutamente, in nome di un revanscismo storico, che l’India esiste perché è un crogiuolo di razze e lingue e religioni che hanno trovato un minimo comune denominatore con l’indipendenza dagli inglesi nel 1947, o non ne è consapevole? In entrambi i casi, le sue sono decisioni foriere di tempesta.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
2
Società e Territorio La forza di un campione La stella del basket in carrozzina Ian Sagar racconta la sua vita in un libro
I menhir ticinesi A Claro uno scavo ha portato alla luce il primo sito megalitico del nostro territorio: una scoperta di importanza nazionale pagina 8
Sale in zucca! L’orto urbano creato dagli studenti del Liceo di Lugano 1 è un’iniziativa di successo che ha coinvolto diversi enti e ora diventa un progetto d’istituto pagina 9
pagina 7 Piuttosto di avere infinite discussioni meglio cercare una organizzazione basata sulla chiarezza, ricordandosi che le regole non sono solo divieti. (Keystone)
Il potere del sì
Il caffè delle mamme Saper dire sì ai figli senza perdere autorevolezza, una sfida per tutti i genitori ai quali
il pedagogista Daniele Novara consiglia di puntare su una buona organizzazione
Simona Ravizza I no aiutano a crescere, ma troppi divieti rischiano di avere l’effetto contrario. Allora l’obiettivo è iniziare il nuovo anno scolastico, che segna il ritorno alla (faticosa) quotidianità dopo le vacanze, senza essere costrette a trascorrere le giornate a dire NO!. Al Caffè delle mamme la domanda s’impone: possiamo rivalutare il potere del SÌ senza diventare succubi dei nostri figli? A partire dal 1999 la psicoterapeuta infantile londinese Asha Phillips con il manuale I no che aiutano a crescere (ed. Feltrinelli), ormai alla 45esima edizione, si è fatta portavoce della linea più intransigente: «Dicendo no forniamo al bambino un modello che lo aiuterà a cavarsela quando si sente sopraffatto». In un’epoca in cui i figli rischiano di venir su troppo viziati, tra perdita di autorevolezza dei genitori e sensi di colpa delle mamme lavoratrici, il saggio è interpretato come un richiamo a una maggiore severità. Con lo scopo di evitare che il bambino si creda onnipotente. Dopotutto nessuno di noi vuole in casa piccoli tiranni.
Forse, però, è arrivato il momento anche di prendere in considerazione il rischio di white noise: i continui divieti possono diventare un rumore di sottofondo a cui i figli non danno più retta. Si può crescere con continue negazioni? Uno dei più noti pedagogisti italiani, Daniele Novara, fondatore del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Piacenza, anticipa ad «Azione» i contenuti di Organizzati e felici, il nuovo saggio che uscirà a ottobre per Bur-Rizzoli, in cui torna su un tema affrontato anche nel 2016 in Punire non serve a nulla: «Il genitore che voglio presentare, in grado di raggiungere i propri obiettivi educativi, punta a una buona organizzazione anziché ai dialoghi infiniti, alle discussioni, agli scambi verbali di ogni tipo – dice il pedagogista –. Non è la pura e semplice relazione che garantisce la crescita dei figli, non è parlare con loro che li educa, ma organizzare bene tutto ciò che serve alla loro crescita. “Sbrigati!”, “Mangia!”, “Studia!”, o addirittura “Dormi!” sono comunicazioni che attivano il pensiero dicotomico infantile e fanno scattare un meccanismo di con-
trapposizione creando il tipico muro contro muro da cui poi il genitore difficilmente esce bene. I bambini infatti riescono a dare il meglio di sé nel muro contro muro, mentre i genitori si ritrovano solo in una trappola emotiva. La regola non è un divieto». Abbiamo bisogno di esempi concreti, eccoli qui. Uno: «Un bambino di 3 anni, dopo essere stato malato per alcuni giorni, vuole misurare la febbre al gatto di peluche. Cerca insistentemente il termometro, uno vero, e tormenta la mamma che ovviamente non vuole darglielo – spiega Novara –. L’adulto si innervosisce e sbotta: “Basta! Il termometro non è un gioco, puoi farti male. Smettila!”. Si crea così una tensione relazionale inutile, perché in fondo il bambino chiede all’adulto solo di entrare nel suo pensiero magico». Quale può essere il comportamento alternativo? «La mamma invece di opporsi all’idea in sé gli offre un’alternativa, acconsentendo, ad esempio, a patto che sia lei, adulta, a misurare la febbre al pupazzo. È davvero difficile che un bambino, una volta che si è entrati nella logica del suo pen-
siero, non si adatti, perché in fondo la sua è un’operazione magica a tutti gli effetti. È importante che i genitori imparino ad assumere questa prospettiva e che, nei limiti del possibile, siano disponibili a giocare sul piano immaginario e fantastico dei figli». Due: «Puoi giocare con la Wii o con il tablet o guardare la tv mezz’ora, dopo aver finito i compiti» può essere più utile che dire: «No all’Ipad perché non hai finito i compiti». Tre: «Bisogna andare a scuola con vestiti comodi. Puoi mettere la gonna una volta alla settimana» suona meglio di un divieto assoluto così come: «Puoi andare alla festa ma non restare a dormire lì con i tuoi amici. Devi essere a casa entro l’una». Attenzione, però: ciò non vuole dire infilarsi in estenuanti discussioni con i propri figli, bensì offrire una chiarezza di regole che consenta ai bambini di procedere in modo adeguato, di sapere esattamente cosa è possibile e cosa non è possibile, di avere una cornice di riferimento esplicita. È mortificante per un bimbo dovere chiedere il permesso per ogni cosa, così come è
sfinente per un genitore ripetere NO in continuazione. Ripete Novara: «L’organizzazione prevede chiarezza di richieste, indicazioni, orientamenti operativi/pratici ai bambini che amano essere abitudinari. Una volta, per dire, che hanno capito che la regola è non mangiare davanti alla tv, dopo un po’ non lo chiederanno più». Del resto, William Ury, autore di bestseller e direttore del Global Negotiation Project della Harvard Law School, mette sull’avviso: «Il grande problema di oggi è che abbiamo fatto divorziare i nostri SÌ e i nostri NO. SÌ senza NO è buonissimo, mentre NO senza SÌ è guerra. Il SÌ senza NO distrugge la propria soddisfazione, mentre il NO senza SÌ distrugge il rapporto con gli altri. Abbiamo bisogno dell’uno e dell’altro insieme. La grande arte è imparare a integrarli e a sposare il SÌ con il NO». La sfida raccolta al Caffè delle mamme è complessa: costruire nella vita quotidiana con i propri bimbi degli automatismi che ci permettano di non essere risucchiati in una spirale di NO, ma di godere talvolta del potere del SÌ.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
3
I bambini sperimentano la natura
Infanzia La nuova guida di éducation21 dedicata ai docenti per proporre gite in armonia con lo sviluppo sostenibile
in compagnia della lumacaVa...lentina
Valentina Grignoli Insegnare ai bambini a osservare quanto ci circonda, prendendosi tutto il tempo che ci vuole, per capire e conoscere il nostro territorio. Come? Uscendo regolarmente in un luogo scelto con cura dal docente, in città o in campagna, l’importante è che sia sempre lo stesso. Questa è l’idea che sta alla base della guida pratica Uscire, osservare, sperimentare a cura di éducation21, fondazione per l’educazione allo sviluppo sostenibile. Una guida che racchiude un universo di proposte concrete, riflessioni e spunti per i docenti di scuola dell’infanzia ed elementare per trovare degli obiettivi conformi al piano di studio e ai principi dell’Educazione allo sviluppo sostenibile (ESS). Un volume completo, con tanto di risorse pedagogiche in chiusura, applicazioni per smartphone e soprattutto proposte di letture interessanti come Camminare. Elogio dei sentieri e della lentezza di David Le Breton, oppure Ozio, lentezza e nostalgia Decalogo mediterraneo per una vita più conviviale di Christoph Baker. Insomma, bisogna solo iniziare. Va…lentina è la lumachina mascotte della guida, che invita i bambini alla lentezza, e che riporta immediatamente alla Pedagogia della lumaca di Gianfranco Zavalloni del 2008, elogio all’educazione lenta. Scriveva infatti Zavalloni: «Passeggiare, camminare, muoversi a piedi è la prima e indispensabile maniera per vivere in un territorio, per conoscerlo bene e a fondo nelle sue vicende storiche e geografiche. Farlo insieme, con tutti i compagni della classe, permette di vivere emozioni, volgere lo sguardo su particolari mai visti dall’abitacolo delle nostre veloci automobili, sentire gli odori, provare sensazioni che creano legami. Per questo sarebbe davvero importante incominciare (o ricominciare) a fare gite a piedi». Parliamo in fondo anche di una necessità non solo legata al mondo dell’infanzia ma all’uomo contemporaneo in generale: quella di re-imparare a prendersi il tempo. Per uscire, osservare e sperimentare, appunto. Un tempo di qualità, quello in cui si sta, che se per noi adulti a volte è difficile sapersi concedere semplicemente – per innumerevoli motivi – ai bambini verrebbe, se concesso, naturale. Autori di questa guida sono Valérie Arank e Roger Welti, entrambi collaboratori di éducation21. Welti, oltre che responsabile di progetti e comunicazione della sede ticinese della
Azione
Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni
L’idea che sta alla base della guida è quella di proporre alla classe lo stesso itinerario più volte nel corso dell’anno. (Ti-Press)
fondazione è anche accompagnatore d’escursionismo, professione che ben si sposa con l’ideazione di una guida simile. L’abbiamo incontrato nella casa di éducation21 a Bellinzona. Signor Welti che cos’è éducation21?
éducation 21 è il centro nazionale di competenza per l’educazione allo sviluppo sostenibile. I nostri mandanti
principali sono la Confederazione e la Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione e il nostro obiettivo è portare l’educazione allo sviluppo sostenibile nelle scuole e nella formazione. A noi fanno riferimento soprattutto i Cantoni e le Alte Scuole Pedagogiche.
Cosa intende quando parla di sviluppo sostenibile?
Un’esperienza ticinese Tiziana Sciaroni, docente di scuola per l’infanzia a Orselina, insieme a Lara Bonetti, docente di scuola speciale, ha da anni appuntamento con il bosco ogni martedì mattina. Un esempio che rientra anche nella guida di éducation21. Da lei abbiamo voluto conoscere i benefici di un’attività simile: «Al giorno d’oggi i bambini mancano di abilità motorie e questa attività li aiuta a ritrovarle. All’inizio dell’anno affrontano la gita con timore e poi alla fine sono abilissimi nelle scalate! Altro punto favorevole è la collaborazione: i bambini si aiutano nel bosco, viene loro naturale correre in soccorso per spostare pietre e tronchi, per costruire capanne. Inoltre quello che è importante è la fiducia in se stessi e nei propri limiti e la curiosità di scoprire cose nuove». Così mi Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel. 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni
dice Tiziana Sciaroni che poi, rispondendo alla mia curiosità, descrive la gita: «Cantando una canzone arriviamo alla porta d’entrata del bosco, la nostra casa. Dopo una storia si parte alla ricerca di qualcosa. Poi la merenda sul fuoco e, fondamentale, l’esplorazione libera. Viviamo il bosco di giorno, ma anche di notte. I genitori sono spesso invitati a venire con noi, e rimangono entusiasti». Tiziana Sciaroni mi racconta che negli ultimi anni sempre più sedi scolastiche propongono attività come queste, il fenomeno si sta diffondendo ed è in continua crescita. Un fenomeno che rientra in un più ampio richiamo alla natura che coinvolge la società attuale e che contribuisce a porre un freno, anche solo ideologico, alla frenesia del mondo contemporaneo. Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11 Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31
L’educazione ambientale, ma non solo. Vi sono anche aspetti sociologici, economici, all’interno dell’ambiente, senza il quale, non dimentichiamocelo, noi comunque non esisteremmo! Di cosa vi occupate maggiormente?
L’evento principale per quanto riguarda la Svizzera italiana è la giornata dell’educazione allo sviluppo sostenibile che si tiene in autunno al DFA di Locarno, la prossima è prevista sabato 19 ottobre 2019. Una giornata destinata soprattutto ai docenti, che presentano le proprie attività inerenti alla tematica della giornata. In generale in classe si produce tanto materiale, ma questo non viene valorizzato, e a volte non ne rimane traccia. Per questo le giornate ESS sono importanti: si scoprono diversi progetti, che poi inseriamo come contenuti all’interno della nostra rivista.
La rivista «ventuno» viene stampata tre volte all’anno in tedesco, francese e italiano e propone contenuti didattici da tutta la Svizzera. Ma la produzione di materiale non si ferma qui: schede tematiche, kit, poster, guide, dossier, le risorse che éducation21 mette a disposizione – soprattutto attraverso il suo sito www.education21.ch – sono moltissime e interessano tutti e tre i cicli di insegnamento, dalle elementari alle scuole professionali. Ma torniamo alla guida, da dove nasce l’idea? E perché è importante?
Mancava qualcosa per la scuola dell’inTiratura 102’022 copie Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel. 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch
fanzia, ecco anche perché abbiamo ideato Uscire, osservare, sperimentare. La guida nasce poi dall’esperienza «Trotterellando per la città» di una docente di Losanna, Floriane Nikles. L’obiettivo era creare una guida per indurre i docenti a trasformare le loro uscite in qualcosa di diverso da quello che facevano finora, farle diventare educazione allo sviluppo sostenibile. Quando si fa una gita l’emozione è sempre nuova e forte. E se ogni volta faccio passeggiate diverse, l’aspetto predominante sarà l’agitazione, la sorpresa, l’uscita in sé. Se invece ripropongo lo stesso itinerario più volte, posso cominciare a focalizzarmi su altri aspetti. Conoscere veramente ciò che mi circonda. Si suggerisce a chi ne ha la possibilità di partire una volta alla settimana, ma anche una volta al mese, o a stagione, va bene. Basta anche un piccolo itinerario intorno a scuola. La guida vuole dare degli spunti, è una base, ogni docente deve poi sentire come applicare il progetto con passione. È importante per il docente imparare a prendersi il tempo per preparare questa attività. Trovo che nella società attuale non ci si prenda più un momento per osservare, stare, non fare nulla, semplicemente capire dove si sta. Informazioni
www.education21.ch/it/guida-pratica-gita-ess. Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch Costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
4
Idee e acquisti per la settimana
Nel mondo dei rapaci
Attualità Nell’ambito della grande raccolta della Migros «Animal Planet Mania» si possono vincere
ingressi gratuiti in ventuno zoo e parchi faunistici della Svizzera. Uno di questi è la Falconeria di Locarno. Abbiamo incontrato il direttore della struttura, Pio Nesa Scopri il mondo degli animali con la Migros
Fino al 30.9.2019, per ogni 20 franchi spesi alla cassa di qualsiasi supermercato Migros, ricevi una bustina con quattro figurine di animali da incollare sull’album dell’«Animal Planet Mania». Sono 156 le figurine da raccogliere. Alcune di esse sono corredate di affascinanti animazioni AR e video. Con un po’ di fortuna potrai imbatterti in uno dei 40’000 Golden Sticker che offrono ingressi giornalieri gratuiti (per 4 persone) in ben ventuno zoo e parchi faunistici della Svizzera. In Ticino partecipano all’iniziativa la Falconeria di Locarno e lo Zoo al Maglio di Magliaso. Puoi acquistare al prezzo di 5 franchi l’album delle figurine, con tante curiosità sui continenti e sugli animali indigeni, esotici e minacciati. Per i membri di Famigros l’album è gratis, a condizione di presentare il buono ricevuto tramite la newsletter personale. Signor Nesa, come nasce la Falconeria Locarno?
La Falconeria apre i battenti 13 anni fa, da una mia profonda passione per il mondo dei rapaci. Sono rimasto conquistato da questi animali all’età di 12 anni, quando ho conosciuto un esperto falconiere che faceva volare un falco pellegrino nei pressi dell’Abbazia di San Galgano, vicino a Siena, in Toscana. Da lì, qualche anno dopo, ho intrapreso un apprendistato specifico di 5 anni in Austria, Germania, Italia e Arabia Saudita. Cosa possono ammirare i visitatori della vostra struttura?
Proponiamo loro degli spettacoli giornalieri, che consistono in rappresentazioni di diversi rapaci in volo. Il tutto avviene in un contesto particolarmente suggestivo e coinvolgente, con mu-
siche e costumi medievali. Durante lo spettacolo viene inoltre spiegata una parte della storia della falconeria, un’arte antica con oltre 4000 anni di cultura alle spalle e patrimonio dell’Unesco. Le rappresentazioni sono pure accompagnate da spiegazioni didattiche delle specie di rapaci esistenti e di quelle a rischio di estinzione. Quali sono gli animali ospitati?
La Falconeria accoglie oltre 37 specie di rapaci, tra aquile, falchi, gufi, avvoltoi, cicogne, ibis, marabù… provenienti da tutto il mondo. Inoltre ospitiamo ancora alcuni cavalli e un cane lupo cecoslovacco che contribuiscono a rendere lo spettacolo ancora più attrattivo.
Come viene garantito il loro benessere?
Il benessere di tutti i nostri animali ci
sta sempre molto a cuore, per questo vengono tenuti in spazi che ricreino il più fedelmente possibile il loro habitat naturale. A prendersi cura di loro sono i nostri falconieri professionisti che ogni giorno li fanno volare all’interno del parco. I rapaci sono abituati all’uomo e durante gli spettacoli fanno solo quello che sarebbero abituati a fare anche in natura.
Perché visitare la Falconeria Locarno?
Perché ci si può immergere in un mondo magico ed evocativo che ti trasporta in una dimensione dove uomo e natura si incontrano, dimenticando per un attimo la frenesia della vita quotidiana. Qui grandi e piccini potranno ammirare e conoscere diverse specie di rapaci nel pieno rispetto delle loro esigenze naturali.
Falconeria Locarno Via Delle Scuole 12, 6600 Locarno Telefono 091 751 95 86 www.falconeria.ch Apertura Parco: Stagionale (16.03.2019 – 03.11.2019) Dal martedì alla domenica dalle ore 10.00 alle ore 17.00 Rappresentazioni Mattina ore 11.00 Pomeriggio ore 15.00 Lunedì chiuso. Festivi aperto. Luglio e Agosto sempre aperto. Invernale (04.11.2019 – 13.03.2020) Dal mercoledì alla domenica, dalle ore 13.00 alle ore 16.00 Rappresentazioni Sabato e domenica Pomeriggio ore 14.00 Chiuso lunedì e martedì, 25 Dicembre
Maggiori informazioni: animalplanetmania.ch
Alcuni degli spettacoli con rapaci in volo che si possono ammirare presso la Falconeria Locarno.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
5
Idee e acquisti per la settimana
Le prugne svizzere
Vegetali al 100%
di produzione indigena
a chi predilige i prodotti vegani
Attualità Belle, buone e sane: è tempo di gustare questi amati frutti
S
A
F
U T T
A
R
Novità Due gustosi prodotti dedicati
V
I Z Z E R
Siamo nella piena stagione delle prugne svizzere. Quest’anno, grazie ad un clima particolarmente favorevole, si potranno gustare questi deliziosi frutti a nocciolo almeno fino a inizio del mese di ottobre. Per il 2019 si prevede una produzione di ca. 3650 tonnellate di prugne, vale a dire il dodici percento in più rispetto alla media degli ultimi cinque anni (fonte Associazione Svizzera Frutta). La maggior parte della produzione svizzera si concentra nella regione di Basilea, mentre la varietà più diffusa e apprezzata è la Fellenberg. Altre tipologie coltivate in Svizzera sono Tegera, Cacaks Schöne e Top Hit. Grazie al loro delicato e rinfrescante sapore dolce, leggermente amarognolo, questi frutti gustati al naturale rappresentano uno spuntino sano e energetico in ogni momento della giornata, ma sono ideali anche per la preparazione di dessert, torte,
Azione 30% sulle Prugne svizzere al kg, Fr. 3.90 invece di 5.60 dal 27.08 al 02.09
salse, confetture oppure si prestano bene per essere accostati a piatti a base di carne. Una volta acquistate, le prugne si conservano bene per alcuni giorni in frigorifero, preferibilmente in un sacchetto di plastica per evitare che perdano troppa acqua. Anche la patina bianca presente sulla buccia è
una sorta di protezione contro l’essicazione, pertanto è importante lavare le prugne solo poco prima del consumo. Le prugne contengono importanti sali minerali e oligoelementi come magnesio, potassio e zinco, ma anche vitamine C, E, A e vitamine del gruppo B.
I due nuovi croissant vegani MilanoVeg convincono i golosi con il loro aroma accattivante, la straordinaria morbidezza e la crosta croccante al punto giusto. Hanno un moderato tenore di grassi, soprattutto saturi, e sono privi di olio di palma, burro, latte e uova. Semplici e leggeri, rappresentano una scelta genuina, perfetta per coloro che a colazione non rinuncerebbero mai al piacere di un prodotto classico, seppur al 100% vegetale. I prodotti MilanoVeg nascono da ingredienti attentamente selezionati e da decenni di esperienza nella produzione di prodotti da forno di qualità della migliore tradizione italiana.
Croissant Classico 100% Vegetale MilanoVeg 5 pz, 200 g Fr. 4.50 Croissant Albicocca 100% Vegetale MilanoVeg 4 pz, 200 g Fr. 4.50 Nelle maggiori filiali Annuncio pubblicitario
HIT
e n o i g a di st
*per adulti e bambini. Offerta valida dal 27.8 al 16.9.2019, fino a esaurimento dello stock.
Ordina ora online su sportxx.ch
20 %
mento su tutto l’abbiglia oggia e da trekking, da pi tte da ciclismo e su tu le scarpe*
Azione
RESCUE
Fidati del giallo
LA MISCELA DEI FIORI DI BACH ORIGINAL RESCUE CON LE ESSENZE FLOREALI DI BACH ®
®
®
Con i fiori Rock Rose, Impatiens, Star of Bethlehem, Cherry Plum e Clematis per situazioni quotidiane come riunioni, esami o viaggi.
15%
5.00 invece di 5.90
RESCUE® PLUS 10 caramelle, più con vitamine B5 & B12 42 g
15%
12.65 invece di 14.90
RESCUE® Crema Fiori di Bach per la pelle, inodore e priva di parabeni 30 ml
15%
19.10 invece di 22.50
RESCUE® Spray Contiene alcol 27% vol 20 ml
15%
15%
12.30 invece di 14.50
RESCUE® Gocce Contiene alcol 27% vol 10 ml
20.85 invece di 24.50
RESCUE® Night Spray Contiene alcol 27% vol 20 ml
15%
15%
5.85 invece di 6.90
RESCUE® Pastiglie Cassis, senza alcol 50 g
15%
5.85 invece di 6.90
RESCUE® Pastiglie Arancia-sambuco, senza alcol 50 g
In vendita nelle maggiori filiali Migros. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8. AL 9.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
19.10 invece di 22.50
RESCUE® Gocce Contiene alcol 27% vol 20 ml
®
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
7
Società e Territorio
La rinascita nelle azioni quotidiane Incontri Il campione paralimpico di basket Ian Sagar si racconta in un libro, aspettando Tokyo 2020
Natascha Fioretti Sul campo da basket e nella vita Ian Sagar è un giocatore che picchia duro e non si accontenta. I limiti, se ve ne sono, non lo spaventano, anzi, sono uno stimolo ad andare oltre «Non c’è un soffitto nella vita, se hai volontà e costanza, alle stelle puoi arrivare». E lui, come ci racconta nel libro scritto a quattro mani con il giornalista italiano Alessandro Camagni Le mie vite in gioco uscito per add editore, alle stelle ci è arrivato o, comunque, ci è andato molto vicino. Il suo prossimo obiettivo è quello di migliorare il bronzo conquistato a Rio alle prossime paralimpiadi di Tokyo nel 2020. Nato a Sheffield, un paesino del profondo nord inglese, forgiato un tempo dall’acciaieria Wombwell Foundry che oggi come molte altre non esiste più, credeva che il suo destino sarebbe stato quello di tanti altri suoi coetanei: lavoro in fabbrica, serate al pub o in discoteca con gli amici e una famiglia. Poi, il 23 settembre del 1999, sale sul motorino nuovo di un amico per fare un giro di prova. Non si allaccia bene il casco, va veloce e finisce contro un muro. Al suo risveglio nel centro di unità spinale non muove più le gambe. Per Ian Sagar e la sua famiglia inizia una nuova realtà ma le difficoltà che potrebbero mettere al tappeto chiunque tirano fuori il lato forte del carattere del diciassettenne. «Imparai sempre meglio a fare i conti con le mie reali capacità e durante una di quelle giornate passate a pensare mi promisi che avrei iniziato a combattere e che lo avrei fatto come mai prima d’allora. Testa bassa e
lavorare, senza pensare troppo a cosa era o a cosa sarebbe successo». Grazie alla sua forza di volontà e all’incontro con il basket Ian Sagar oggi è un atleta di successo. Tre volte campione di basket in carrozzina con la nazionale inglese ha vinto il bronzo paralimpico a Rio nel 2016. Dopo due anni nel campionato spagnolo, nel 2013 è approdato alla Briantea84, la società di Cantù che da anni è al vertice del movimento cestistico in carrozzina italiano. E pensare che lui non era uno sportivo, l’incontro con il basket è avvenuto durante il suo percorso di riabilitazione ed è stato amore a prima vista: «Non era per niente come lo avevo immaginato. Era esaltante. Contatti, agonismo, azione. In due parole: sport vero… La gente si scontrava, sudava, cadeva. Si sentiva il rumore del ferro delle carrozzine che
sbattevano tra loro. Era qualcosa di realmente duro, non un gioco per disabili». Naturalmente, entusiasmo a parte, gli inizi sono stati tutt’altro che semplici «quando misi le ruote sul linoleum della palestra fu un mezzo disastro, anzi un disastro totale. Avevo sì imparato a muovermi su una carrozzina, ma ancora dovevo prendere dimestichezza con il mezzo, e quando mi legai con la cintura di sicurezza a quella curiosa carrozzina speciale, con le ruote curvate all’infuori mi trovai qualcosa di ben più complesso rispetto a quanto avevo visto e immaginato. La sensazione era straniante». Devo dire, di tante esperienze e di tante vite, quella professionale ad esempio in cui vediamo un Ian Sagar audace che a soli 25 anni ha la sua azienda, la Ian Sagar Mobility, che si occupa della vendita al dettaglio e del montaggio di control per automobili, a colpirti in modo particolare è il racconto del suo e del nostro rapporto con la carrozzina. «Ancora oggi capisco che, mentre parlo con molte persone, per loro faccio parte di un mondo distante e vedo che non guardano me, ma la carrozzina, come se non riuscissero a puntare gli occhi sui miei. Adesso mi sono accettato e ho accettato anche lei, la mia carrozzina, e me ne prendo cura come farei con una gamba o un braccio». Quando lo incontro nella sua casa di Mariano Comense dove da poco si è trasferito con la sua famiglia e mi dice «ogni cosa sta andando a posto, i tasselli della mia vita si sono ricomposti» a colpirmi sono la sua energia e la sua forza. Ian Sagar è una persona dirompente, coraggiosa, il sudore e la fatica non
Sagar alle paralimpiadi di Rio del 2016 dove ha vinto il bronzo.
lo impressionano, anzi, fanno parte del gioco, quel gioco che lui prende seriamente perché non vuole essere un numero, gioca per essere il migliore. E, al contempo, è concreto, tiene i piedi per terra e ammette «la rinascita personale passa attraverso le azioni più semplici, quelle di tutti i giorni». Determinanti per la sua rinascita sono stati anche gli amici: «quando la sera venivano a prendermi a casa per uscire e io dicevo di non essere in forma non sentivano ragioni mi prendevano, mi caricavano in auto, e mi portavano con loro. Con il loro carattere nordico non facevano domande personali per capire il mio stato d’animo, la loro dimostrazione di amicizia stava nel non lasciarmi mai da solo, nel farmi sentire parte del gruppo. Andavamo insieme
ai concerti, al cinema e alle feste. Il loro supporto e la loro amicizia sono stati fondamentali per il mio recupero, il loro modo di fare e di coinvolgermi mi ha insegnato a non arrendermi e a dire piuttosto: perché non provare?». Oggi niente sembra poterlo fermare. Presto inizieranno gli allenamenti in Inghilterra per le paralimpiadi di Tokyo, a ottobre nascerà suo figlio e proprio in questi giorni si è iscritto a un corso di canoa sul lago. Ian Sagar è felice: «È inutile dannarsi troppo, basta capire che la felicità passa da altro, tanto altro, e una volta che ci arrivi ti accorgi che molti discorsi su abile e disabile hanno poco senso, perché tutto dipende dal punto da cui ognuno di noi vuole guardare le cose. Quindi, alla fine, dipende da noi». Annuncio pubblicitario
Converti i tuoi buoni Cumulus blu al telefono 0848 85 0848 oppure online su www.migros.ch/cumulusextra/it. Qui scopri di più su questa e altre offerte dei partner.
FUGGI DALLA ROUTINE: 20 ALBERGHI PER INTENDITORI
17 IMPIANTI DI RISALITA A PREZZI EXTRA FINO A FINE STAGIONE
Scopri la Svizzera e pernotta in uno dei 20 hotel selezionati con sconto fino a fr. 150.–. Hotel prenotabili: www.migros.ch/cumulusextra/ hotelleriesuisse/it. Prenota su www.swisshotels.com/it/cumulus oppure telefona al numero 0848 84 84 48. Le offerte sono valide dal 1° settembre al 15 dicembre 2019 o secondo i dettagli dell’hotel. Con riserva di modifiche di prezzi e offerte.
Goditi il panorama svizzero dall’alto. La vetta dello Schilthorn, per esempio, offre una vista fantastica su Eiger, Mönch e Jungfrau. Il ristorante girevole Piz Gloria con vista panoramica a 360° vizia i palati mentre 200 cime scorrono davanti agli occhi degli ospiti. Visita la prima 007 WALK OF FAME e prova le nuove LOUNGE panoramiche. Trovi i dettagli relativi alle offerte su www.migros.ch/ cumulusextra/impianti-di-risalita
fino a fr. 40.– di sconto
fr. 150.– di sconto SCHILTHORN – PIZ GLORIA
ROMANTIK HOTEL JULEN **** S Prenota ora il tuo soggiorno per esempio al Romantik Hotel Julen **** S di Zermatt VS a soli fr. 399.– invece di fr. 549.– per due persone (2 pernottamenti in camera doppia, 2 colazioni, 1 cena). Converti prima il tuo buono Cumulus di fr. 10.– in un buono HotellerieSuisse del valore di fr. 150.–. Ulteriori informazioni: www.migros.ch/cumulusextra/hotelleriesuisse/it
Converti il tuo buono Cumulus del valore di fr. 5.– o fr. 10.– in un buono per lo Schilthorn del valore di fr. 40.– o fr. 20.– (Stechelberg – Schilthorn, ritorno): Adulti: fr. 65.– invece di fr. 105.– Metà prezzo/AG: fr. 32.50 invece di fr. 52.50 Ulteriori informazioni: www.migros.ch/cumulusextra/schilthorn/it
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
8
Società e Territorio
Il mistero della Stonehenge ticinese
Archeologia Finora non si conoscevano siti megalitici in Ticino. La scoperta dei menhir di Claro potrebbe cambiare
per sempre la storia del territorio Jonas Marti Quarantacinque secoli fa lungo la strada cantonale di Claro i ticinesi preistorici devono avere sudato sette camicie. Innalzare in posizione verticale massi alti tre metri e mezzo, larghi uno e mezzo e pesanti fino a quattro tonnellate l’uno deve essere stato uno sforzo immane per loro. Un lavoro sfibrante per quei tempi, eseguito con la sola forza muscolare. Perché? A chi mai è venuta in mente questa audace e faticosa impresa? Non lo sappiamo con certezza, e forse non lo sapremo mai. Ma siamo certi che il risultato finale abbia ripagato il sudore versato: quegli imponenti blocchi di gneiss locale, disposti in bella vista lungo la strada che portava ai passi alpini e che già allora era via delle genti, dovevano fare un bel figurone a vederli. Lo fanno ancora oggi, cinque millenni dopo, dissotterrati in un prato di fronte a una officina di autoriparazioni. Quattro grossi menhir (nome derivato dal bretone: pietra lunga), con le loro fosse di alloggiamento che ne confermano l’originale posizione eretta. E altri quattro massi più piccoli, alti poco più di mezzo metro, con segni di estrazione e lavorazione. Due di loro abbozzano addirittura una forma di uomo, con una spalla e testa scolpite nella pietra. Non è un dettaglio di poco conto: è la prima e la più antica testimonianza di scultura sul nostro territorio. Per ora si può dire ancora poco su queste pietre. Gli scavi, avviati lo scorso dicembre dagli archeologi Mattia Gillioz e Maruska Federici-Schenardi, sotto la supervisione dell’Ufficio cantonale dei beni culturali, a seguito di un progetto immobiliare di edilizia privata, si concluderanno alla fine del mese di agosto. E solo questo autunno potrà cominciare lo studio approfondito. Ma per gli esperti una cosa è già certa: la scoperta di Claro è eccezionale e di importanza nazionale perché unica nel suo genere. Finora siti megalitici (megalite, dal greco: grande pietra) erano conosciuti solo nella Svizzera occidentale e settentrionale. A sud delle Alpi non si era mai trovato nulla di simile. Prese le debite proporzioni, il sito megalitico di Claro è una vera e propria
Veduta generale dello scavo di Claro. (UBC, M. Gillioz)
Stonehenge subalpina. Che ora potrebbe cambiare la storia del nostro territorio e aprire a nuove interpretazioni. Ne è convinta Maruska Federici-Schenardi. «Qualcuno aveva già segnalato qua e là qualche pietra con una organizzazione spaziale sospetta. In Val Vigezzo, nel Luganese. Ma quello di Claro è il primo sito megalitico riconosciuto e indagato. È molto importante perché oggi sappiamo che anche in Ticino possiamo trovare menhir. E ora si farà più attenzione a quelle pietre che prima passavano inosservate». La datazione al radiocarbonio di un focolare rinvenuto nello stesso strato archeologico ha permesso di datare i menhir al 2500-2300 a.C. Per intenderci: in Egitto è appena stata costruita la piramide di Cheope, ma l’Europa è ancora ben lontana dagli sviluppi sociali e culturali del Vicino Oriente. Da noi però la collina di Castelgrande è già abitata da tremila anni. E il sospet-
to è che nella costruzione dei megaliti di Claro ci sia nientemeno che lo zampino di quei bellinzonesi preistorici. «Considerata la sua ampiezza, è probabile che il sito archeologico fosse di importanza regionale. È difficile pensare che sia stato costruito da umili pastori locali con le sole proprie forze. Possiamo supporre che la costruzione abbia coinvolto tutta la comunità della regione, e dunque forse anche gli abitanti dell’insediamento di Castelgrande», spiega l’archeologo Mattia Gillioz. Una preziosa testimonianza della capacità di organizzazione territoriale delle persone che abitavano il Bellinzonese nel Neolitico, e delle loro capacità creative e artigianali. Molte domande rimangono però aperte. A chi mai può venire in mente di estrarre enormi massi dalle pareti della montagna, trasportarli più a valle chissà come, e infine metterli in posizione verticale? «Il megalitismo è un
fenomeno che coinvolge tutta l’Europa, fin dai tempi molto antichi», spiega Gianfranco Zidda, responsabile scientifico dell’Area Megalitica di SaintMartin-de-Corléans ad Aosta, mecca del megalitismo europeo, collegata all’importante sito di Sion in Vallese. «È però difficile trovare ragioni plausibili sul perché. Non abbiamo nessun elemento che possa testimoniarcelo e si formulano ipotesi in continuazione. La ricerca archeo-etnografica farebbe supporre motivazioni religiose e simboliche, come il culto degli antenati o il culto degli eroi». Una delle teorie più note è anche quella dei culti legati ai corpi celesti, come il sole. In altri siti europei, per esempio Stonehenge, le pietre sembrerebbero posizionate secondo precise logiche astronomiche. «Gran parte delle finalità religiose ci sfuggono e forse ci sfuggiranno sempre», ammette Maruska FedericiSchenardi. Duemila anni dopo però
la sacralità del sito è ancora tangibile: durante l’età del ferro (quindi attorno al quinto secolo prima di Cristo, giusto per capirci: è il periodo in cui ad Atene si costruisce il Partenone) megaliti più grandi furono coricati in posizione orizzontale e riutilizzati come base per erigere un nuovo luogo di culto, forse con finalità sepolcrali. La scoperta dei menhir di Claro apre anche a congetture di carattere demografico. Come ogni luogo su questo pianeta, anche il Ticino è sempre stato terra di approdo per le popolazioni più variegate. Ma chi erano allora questi ticinesi preistorici che erigevano menhir? Da dove arrivavano? Tenetevi stretti: la teoria formulata negli scorsi decenni da diversi ricercatori guarda a Oriente. «L’analisi degli stili dei menhir antropomorfi parla chiaro. L’influenza culturale è quella della zona del Mar Nero», dice Gianfranco Zidda. «I manufatti rinvenuti nella regione alpina sono molto simili a quelli rinvenuti in Ucraina». Uomini e donne venuti da molto lontano, dunque. Migranti arrivati in Ticino e oltre, direttamente dalle sponde del Mar Nero, lungo i fiumi, seguendo il corso del Danubio. Del resto a confermare questa teoria ci sono anche le prove genetiche effettuate sui defunti inumati nei siti megalitici della valle d’Aosta: il Dna proviene senza dubbio dal Caucaso. E c’è anche una conferma mitologica di questa antichissima migrazione, basta analizzare il nome dei Leponti, legato al mito di Ercole. Attraversando le Alpi, l’eroe condottiero di esodi lasciò dietro di sé un popolo di guerrieri: i Leponti, che appunto secondo alcuni significherebbe «i rimasti». Traccia mitica di antiche migrazioni partite da terre remote. La scoperta dei menhir di Claro potrà dirci molto sulla storia del nostro territorio. Sapere che prima di noi, quarantacinque secoli fa, altre persone abitavano la nostra regione è straordinario. Il Ticino, prima di essere nostro, è stato loro. È appartenuto a genti provenienti da lontano, che parlavano lingue sconosciute e adoravano divinità ignote, ma che vedevano lo stesso profilo delle nostre montagne. Annuncio pubblicitario
Fare la cosa giusta
Quando la povertà mostra il suo volto Per saperne di più su Lilian: farelacosagiusta.caritas.ch
Lilian Ariokot (24 anni), contadina in Uganda, supera la fame
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
9
Società e Territorio
I tanti messaggi dell’orto
Sale in zucca L’iniziativa degli studenti del Liceo di Lugano 1 si è sviluppata fino a diventare
un progetto d’istituto per il nuovo anno scolastico Stefania Hubmann La mobilitazione dei giovani che a livello mondiale rivendicano azioni concrete per salvaguardare l’ambiente e con esso il loro futuro trova in un’iniziativa del Liceo di Lugano 1 risalente al 2017 un’azione pionieristica. Sono infatti stati gli allievi di più classi a chiedere alle loro docenti di biologia Manuela Varini e di geografia Paola Manghera-Caprari di fare un orto in alcuni spazi verdi dell’area scolastica. «Sale in zucca!» si è sviluppato fino a diventare un progetto d’istituto per l’anno scolastico 2019/20 dopo aver contribuito in questi tre anni a coinvolgere e sensibilizzare allievi di tutti gli ordini di scuola oltre ad instaurare proficue collaborazioni con diversi enti. Oggi l’orto urbano del Liceo, incentrato sulla produzione di diverse varietà di zucche, ma non solo, è diventato un mezzo per veicolare messaggi. Accanto a questa esperienza saranno infatti organizzati incontri tra le classi e personalità del mondo scientifico ed umanistico, come pure appuntamenti per scambi informali fra docenti e studenti. Questi ultimi sono molto motivati come dimostra la loro partecipazione alla gestione dell’orto, compreso il periodo estivo. Una cinquantina i volontari che durante le vacanze lavorano a rotazione, fra i quali quattro giovani che abbiamo incontrato sul posto con la responsabile Manuela Varini. Lo stimolo alla richiesta dei liceali era partito dalla visione del documentario Domani (di C. Dion e M. Laurent), composto da cinque capitoli di cui uno sull’agricoltura sostenibile. Per concretizzare il progetto, sostenuto dalla direzione, sono stati necessari diversi sforzi. Spiega Manuela Varini: «Siamo partiti da zero, confrontandoci con la preparazione del terreno, la ricerca di collaborazioni e sostegni. Le cinque aiuole coltivate sono state ricavate da alcune aree di prato, da una bordura e dall’ex pista di salto in lungo. Già dalla prima stagione abbiamo ottenuto buoni risultati, ma notiamo che adesso il terreno è sempre più ricco e i prodotti crescono meglio. La coltivazione biologica comprende, oltre ad una ventina di varietà di zucche, fagioli, mais ed erbe aromatiche». Queste ultime si trovano lungo la bordura vicina alla mensa e sono usate nella sua cucina. «In una delle aiuole, zucche, mais e fagioli – precisa la biologa – sono consociate nel medesimo spazio secondo il principio
delle “tre sorelle”, un tipo di coltivazione già utilizzata da alcune popolazioni di nativi americani. Specie diverse traggono da questo abbinamento vantaggi reciproci. Abbiamo aggiunto poi la “quarta sorella” costituita dai fiori che attirano gli impollinatori». Ed in effetti si vede subito, girando fra le aiuole, la presenza di numerosi insetti come ad esempio i bombi sulla lavanda. Basta quindi davvero una piccola superficie coltivata e fiorita per aumentare la biodiversità. Nelle città questi spazi sono preziosi anche quali corridoi di transito per gli animali. Non a caso il progetto del Liceo di Lugano 1 è stato sostenuto dalla Città di Lugano – che nel 2018 ha poi creato al Parco Tassino il Giardino delle zucche – come pure da altri enti, fra i quali spicca il Museo cantonale di storia naturale (Dipartimento del territorio) con sede nell’area scolastica del Liceo. Manuela Varini: «Queste collaborazioni proseguono ancora: con ProSpecieRara per parte dei semi, con alcuni servizi della Città per trattamenti preventivi biologici e, anche con l’alberoteca, per la preparazione delle piantine. Sin dall’inizio, oltre alle dieci classi del Liceo, è stata coinvolta la classe di Scuola speciale di Lugano 1. Dall’autunno 2018 al mantenimento dell’orto collaborano anche tre classi della locale sede di Scuola Media e le loro due classi di Scuola speciale. Il Museo cantonale di storia naturale da parte sua ha permesso di realizzare ed ampliare le attività di sensibilizzazione destinate agli allievi sin dalla scuola dell’infanzia». Il primo anno sono stati organizzati numerosi eventi legati al progetto (festa delle zucche, pranzo a tema in mensa, conferenze per gli studenti, serata pubblica, degustazioni) e realizzato un video. Il progetto nel suo insieme, o solo il video, ha partecipato a diversi concorsi nazionali e internazionali, ricevendo diversi riconoscimenti tra cui il secondo premio per la categoria «Azione concreta per le Scuole Medie Superiori» al concorso svizzero Eduki 2017/2018 con cerimonia di consegna alla sede ONU di Ginevra. Ora che il progetto è conosciuto e riconosciuto, la sfida, raccolta anche dall’insegnante di matematica Ludovica Cotta-Ramusino che con Manuela Varini ha promosso il progetto d’istituto, è quella di prendere spunto dal nome della prima iniziativa – «Sale in zucca!» – per «veicolare cristalli di
Durante l’estate una cinquantina di allievi si è alternata nella manutenzione dell’orto. Alcuni di loro con la docente Manuela Varini. (S. Hubmann)
sale, cioè messaggi, approfondimenti, momenti di incontro di riflessione e di azione concreta per promuovere il benessere a livello ambientale, socioeconomico e individuale, nella prospettiva di fornire un contributo per un futuro più sostenibile». Messaggi e inviti letti nella presentazione del progetto e lanciati anche dai quattro studenti che durante la nostra visita stavano tagliando le erbe aromatiche e raccogliendo semi. Luca, Nico, Serena ed Elisa (gli ultimi tre alla loro prima esperienza estiva nell’orto) provengono da ambienti di vita diversi, dalla città alla regione del Malcantone, ma apprezzano in egual misura il lavoro nell’orto, dove hanno tenuto anche alcune lezioni durante i laboratori di biologia. Imparare a gestire la crescita delle piante, raccogliere i frutti, lavorare in gruppo per uno scopo comune, sono esperienze indicate da ragazze e ragazzi come momenti privilegiati di apprendimento e piacere. Le loro testimonianze si trasformano poi in riflessioni sull’importanza del
consumo di prodotti locali, la necessità di aumentare gli orti cittadini e la possibilità, ad esempio, di sfruttare a questo scopo i tetti piani come già avviene in metropoli quali New York. Considerate le loro reazioni, apprezzeranno di sicuro le attività che il progetto d’istituto «Sale in zucca. Pensare e coltivare il futuro» intende proporre durante l’anno scolastico ormai alle porte. L’esperienza dell’orto didattico e botanico proseguirà e sarà presentata in ottobre durante la giornata ESS (Educazione allo Sviluppo Sostenibile) di éducation21 dedicata al tema della partecipazione. Alimentazione, Ecosistemi, Clima ed economia, Etica, scienza e società, sono gli ambiti di riflessione scelti per un ciclo di incontri tra gli studenti ed esperti dei rispettivi settori. Gli appuntamenti, incentrati sulle soluzioni che potrebbero essere attuate, prevedono anche conferenze serali aperte al pubblico. Altrettanto importanti saranno gli incontri informali previsti sul mezzogiorno fra stu-
ospiti del residence in Florida. Le giornate scorrono lente, il massimo del divertimento sono la merenda con due vecchiette o le commissioni all’ufficio postale, eppure, sull’aereo che la riporta a casa, Sunny stringerà tra le braccia la bambolina kitsch regalatale da due nonnine («le facciamo ogni anno per il mercato della parrocchia, sono molto popolari!»), consapevole che in fondo tutto questo le mancherà. Gli autori sono fratello e sorella, si sono ispirati a episodi della loro infanzia. Lui è fumettista, lei romanziera affermata (suo, ad esempio, è il romanzo bestseller Il pesce rosso numero 14). Occorre ancora dire che L’estate di Sunny è anche un fumetto metaletterario, perché presenta i principali eroi del genere, grazie a Buzz, unico coetaneo di Sunny e figlio del giardiniere del residence. Buzz, espertissimo di fumetti, fa conoscere a Sunny vari supereroi, da Hulk all’Uomo Ragno, da Batman a Superman, offrendo così un omaggio a un genere popolare, inclusivo, e in grande rimonta.
Robert Starling, Che pasticcio Fergal!, Lapis Edizioni Il draghetto Fergal va al campo estivo: è la prima volta, è un po’ nervoso e assume un atteggiamento che di certo non lo avvantaggia. Tutto preso com’è dal desiderio di risultare simpatico e piacere a chiunque, cerca di dimostrare di essere il più bravo nelle varie attività: si fa avanti per essere il primo nella prova di sputa-fuoco al bersaglio, trova il tesoro per primo (con qualche scorrettezza...), al laboratorio di cucina vuole insegnare a tutti come si fa il pane. Con il risultato di farsi escludere e di apparire antipatico e saputello. Sarà il consiglio del capogruppo a rimetterlo in carreggiata: «Non devi per forza essere il più bravo. Basta solo che tiri fuori il meglio di te». L’illustratore inglese Robert Starling (giovane poliedrico artista e maestro elementare) conosce bene le dinamiche infantili di gruppo e racconta con leggerezza una storia che mette al centro un protagonista insicuro, con
denti e docenti con l’obiettivo di discutere le tematiche citate e promuovere piccole esperienze sul territorio. Quest’ultimo aspetto è centrale nell’attività e nella riflessione sviluppata da Manuela Varini con gli studenti che collaborano all’orto didattico. «È essenziale capire che l’azione del singolo, seppur limitata, può fare la differenza», conclude la docente al temine della nostra visita. «Tanti piccoli spazi dedicati alla biodiversità uniti formano una grande superficie, principio che vale anche per numerosi altri progetti volti a tutelare l’ambiente. Volontà, sensibilizzazione e motivazione sono alla base di un cambiamento che l’essere umano è in grado di compiere e di cui il risveglio collettivo degli ultimi mesi speriamo possa essere il preludio». Le aiuole dell’orto del Liceo di Lugano 1 sono la prova tangibile di questa convinzione. Informazioni
www.lezionibiologia.ch/saleinzucca
Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani Jennifer L. Holm e Matthew Holm, L’estate di Sunny, Il Castoro. Da 11 anni La copertina azzurrissima, con al centro una ragazzina bionda – costume rosa a fiori, occhiali da sole rosa – spaparanzata su un materassino che galleggia nell’acqua, potrebbe far pensare alla solita storia estiva di avventure-prime cotte-sole e mare, e invece... Invece no. La nota degli autori, in calce al volume, parla di una storia in cui un famigliare della piccola protagonista ha un serio problema di dipendenza da sostanze. In effetti il fratello maggiore di Sunny, la decenne protagonista di questo graphic novel, si droga e ha violente crisi di rabbia, che mettono a dura prova l’equilibrio famigliare. Ma il romanzo finisce per parlare anche (e forse in misura maggiore) d’altro, in particolare del rapporto che si instaura tra Sunny e gli anziani ospiti della residenza assistita in cui vive suo nonno. Le vicende sono ambientate tra l’agosto del 1976, quando Sunny dalla Pennsylvania atterra
in Florida, per trascorrere l’estate col nonno, e i mesi precedenti, quando Sunny in Pennsylvania si aspetta invece di trascorrere l’estate al mare con la famiglia e l’amica del cuore. Ma perché Sunny non è andata al mare, come previsto, ed è invece in Florida in mezzo agli anziani? Il motivo è il grave problema del fratello, e il lettore lo scoprirà man mano nei flash-back, ma la parte più commovente del romanzo è forse quella che narra dell’improbabile convivenza tra una ragazzina (con aspettative di trascorrere un’estate all’insegna del divertimento) e i vecchi
troppa tensione a compiacere e troppa ansia da prestazione. Molti bambini «saputelli» riconosceranno qualcosa di sé; grazie a Fergal potranno rilassarsi e capire che non devono esibirsi né dimostrare alcunché, ma semplicemente fare del proprio meglio e accettare il fatto di non essere sempre i primi. Un piccolo elogio dell’umiltà più che mai necessario e attuale. Sempre da Lapis era già uscita la prima avventura del draghetto, dedicata a un’altra emozione centrale nell’universo infantile: Fergal è arrabbiato!
20% su tutto l’assortimento di reggiseni, biancheria intima e per la notte da donna.
20%
23.95 invece di 29.95
Reggiseno Ellen Amber, nero tg. 75B–100, per es. 75B, il pezzo, offerta valida fino al 9.9.2019
20%
19.95 invece di 24.95
Reggiseno Ellen Amber disponibile nelle versioni blu marino e bordeaux, tg. 75B–95C, per es. blu marino, il pezzo, offerta valida fino al 9.9.2019
conf. da 2 conf. da 3
20%
10.20 invece di 12.80
Slip da donna Ellen Amber in conf. da 3 disponibili in diversi colori e misure, per es. nero, tg. M, offerta valida fino al 9.9.2019
20%
15.95 invece di 19.95
Slip a vita bassa da donna Ellen Amber in conf. da 2 disponibile in blu marino e bordaux, tg. S-L, per es. blu marino, tg. M, offerta valida fino al 9.9.2019
20%
20%
23.95 invece di 29.95
Camicia da notte da donna Ellen Amber, nera, Bio Cotton taglie S–XL, per es. tg. M, il pezzo, offerta valida fino al 9.9.2019
20%
27.95 invece di 34.95
Pigiama da donna Ellen Amber, grigio, Bio Cotton taglie S–XL, per es. tg. M, il pezzo, offerta valida fino al 9.9.2019
Wonderbra e Shock Absorber esclusi. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 9.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
23.95 invece di 29.95
Pigiama da donna Ellen Amber, color cipria, Bio Cotton Tg. S–XXL, per es. tg. M, il pezzo, offerta valida fino al 9.9.2019
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
11
Società e Territorio Rubriche
L’altropologo di Cesare Poppi Cosa vide il capitano Cook L’ultimo quarto del diciottesimo secolo è stato tra i più favorevoli alle esplorazioni geografiche. Finalmente il secolare problema del calcolo della longitudine era stato risolto con l’arrivo del cronografo di John Harrison. Era questi il vincitore di un concorso bandito dall’ammiragliato britannico per un orologio che fosse accurato ed allo stesso tempo potesse sostenere beccheggio e rollio delle navi senza che la sua precisione venisse alterata. Che quella fosse la soluzione teorica al problema lo si sapeva peraltro già dalle ricerche pionieristiche di Amerigo Vespucci (1499) e dello stesso Galileo, che nel 1612 aveva formulato il problema con lucidità. Ma – appunto – in mancanza di orologiai confederati (che peraltro vivendo in montagna poco sapevano di beccheggi e rollii), nessuno prima di Harrison era riuscito a costruire un apparato che informasse senza errore che ore fossero a Greenwich – sede dell’ammiragliato – in qualsiasi punto del mare oceano in cui uno si trovasse col suo orologio di lusso.
Gli anni che seguirono il 1773 furono cruciali per lo sviluppo della cartografia: era finalmente possibile produrre carte che localizzassero senza errore non solo i punti rilevanti di riferimento sulla terraferma, ma anche e soprattutto le variazioni delle profondità marine onde evitare le secche. E fu così che una nuova generazione di capitani esperti nella navigazione di rilevamento cartografico venne alla ribalta della scena. Fra questi spiccava James Cook: già nel 1766 aveva con successo calcolato la longitudine del punto dal quale aveva osservato un eclissi di sole a Terranova, parte di una serie di esperimenti volti a collaudare i nuovi metodi di calcolo. Questo succedeva durante una missione finanziata dall’Ammiragliato e dalla Royal Society che gli avevano commissionato di produrre carte di navigazione per Terranova, area cruciale coi suoi famosi «banchi» per la crescente industria della pesca del merluzzo e per la colonizzazione dell’America del Nord. In cinque campagne Cook produsse una serie di carte talmente accurate da
rimanere in uso fino al XX sec. «Intendo navigare non solo oltre il punto dove l’uomo sia arrivato prima di me, ma fino al punto in cui ritengo che l’uomo possa navigare». Queste le aspirazioni del quarantenne Capitano quando, il 25 maggio 1768, l’Ammiragliato gli affidò la missione che lo avrebbe portato ad osservare il passaggio di Venere davanti al sole nell’Oceano Pacifico: triangolata con osservazioni da altri punti di vista questa avrebbe perfezionato il calcolo della distanza del Sole dalla Terra e reso dunque ancora più accurato il calcolo della longitudine. Il 26 agosto 1768, Cook ed il suo equipaggio salparono l’ancora dell’HMS Endeavour in rotta per Capo Horn. Continuarono poi attraverso il Pacifico ed arrivarono a Tahiti il 13 aprile 1769. Qui Cook effettuò le osservazioni sul transito di Venere che peraltro si rilevarono meno accurate e decisive di quanto si fosse sperato. Ma c’era altro in attesa per il demoralizzato Cook: aperta la busta sigillata contenente ulteriori ordini di missione, gli
veniva richiesto di esplorare la parte meridionale dell’Oceano Pacifico alla ricerca della postulata, leggendaria e mai avvistata Terra Australis. L’Endeavour si spinse a Sud fino ad arrivare alla Nuova Zelanda. Sul ponte di comando, assieme a Cook, c’era Tupaia, un sacerdote dell’aristocrazia di Tahiti, grande navigatore e conoscitore delle isole che avrebbe pilotato la nave fra i meandri degli arcipelaghi polinesiani. Cook fece rilevamenti accuratissimi del perimetro della Nuova Zelanda per poi risalire verso Nord-Nord Est. Il 19 aprile 1770 si trovava al largo della costa orientale dell’Australia, primo europeo ad avvistarla. Quattro giorni più tardi si trovava a Brush Island, vicino a Bawley Point, a Sud dell’attuale Sidney. Una curiosa annotazione sul suo diario di bordo certifica il primo avvistamento degli Aborigeni Australiani da parte di un Europeo – o forse di un Inglese: «…eravamo così vicini alla costa che potevamo distinguere parecchie persone sulla battigia. Sembravano di colore molto scuro o forse addirittura
nero, ma non posso dire se questo fosse dovuto al colore della loro pelle o al colore dei loro vestiti». Da parte sua il Vostro Altropologo preferito non può dire se il Nostro abbia ipotizzato che gli Aborigeni potessero essere vestiti in frack per andare all’Opera. Ma resta il fatto – rimarchevole per l’epoca – che l’osservazione del Capitano testimonia di uno spirito d’osservazione obiettivo e neutrale, pronto a prendere in considerazione tutte le alternative prima di pronunciarsi. Il resto è storia: il 29 aprile finalmente Cook metteva piede a terra in quella che compare oggi sulle carte come Botany Bay, poco a Sud dell’attuale aeroporto di Sidney. Qui i due scienziati naturalisti di bordo, Joseph Banks e Daniel Solander, raccolsero campioni che testimoniavano dell’unicità geologica e naturalistica del Continente Nuovissimo. Al ritorno dell’Endeavour in patria, sarà proprio Joseph Banks con le sue collezioni di mirabilia a divenire per l’opinione pubblica l’eroe dell’impresa. Sic transit.
non potete osservarlo in modo astratto e obiettivo. Ogni tappa dello sviluppo dei figli trasforma le relazioni con i genitori per cui anche voi state vivendo indirettamente una «seconda adolescenza». Il problema non consiste tanto nell’innamoramento, quanto nella rapidità con cui i due ragazzi sono passati dall’attrazione reciproca ai rapporti sessuali. A quindici anni questo debutto non è eccezionale ma indubbiamente un po’ prematuro. Molto dipende dallo sviluppo fisico che, nell’adolescenza, è molto vario per cui accanto al bambino possiamo trovare un ragazzo, talvolta un giovanotto. Il modo ingenuo e spontaneo con cui vostro figlio vi ha confidato la sua «prima volta», rivela un tratto infantile ma al tempo stesso vi deve confortare la fiducia che nutre nei vostri confronti. Immagino che in questo momento stiate paragonando, com’è inevitabile, l’esperienza sessuale di Eugenio con le
vostre alla stessa età, con i comportamenti dei nati negli anni sessanta-settanta. Non sarà facile trovare analogie perché nell’ultimo mezzo secolo molte cose sono cambiate. Se prima vi era la tendenza (le eccezioni non sono mai mancate) ad andare a letto insieme per coronare una storia d’amore, siglare una relazione convalidata, inaugurare un futuro condiviso, ora non è quasi mai così. La sessualità precede l’innamoramento e, in molti casi, non lo prevede neppure. Ciò non significa sia un gioco insensato, un gesto impulsivo e casuale. I ragazzi hanno motivazioni diverse dalle nostre ma cercano, unendosi intimamente, di raggiungere uno scopo. Possono chiedere ai rapporti erotici la conferma della loro incerta identità sessuale, il superamento della solitudine, il ritorno all’intimità dell’infanzia. PerEugenioinnamoramentoerelazione sessualesonostaticosìsimultanei,che oraglisaràdifficileaffrontarelalonta-
nanza,ilrinvio.Poteteaiutarloparlando conlui,facendoglicomprendereche unaesperienzacosìtravolgenteèsolo ilprimocapitolodiunanarrazioneche proseguiràlungotuttoilcorsodellavita. L’importanteèriconoscerecheilsesso nonpuòesserevissutoinmodonarcisisticoperchécoinvolgel’altroequando, conlamaturità,diventeràgenerativo, ancheilfigliochenasceràepersino,come sostienelabioetica,legenerazionifuture. Difficilmente queste «parolone» faranno presa sull’impazienza di Eugenio ma vedrete che lavoreranno dentro di lui sino a coniugare, con senso di responsabilità, sessualità e amore.
compresi, sembrano disarmati. Del resto, a complicare la situazione, è arrivato un altro intruso: il monopattino per adulti, ben inteso elettrico. Una stagione ancora agli albori, da noi, ma che, nei grandi centri, fa tendenza, anche fra cittadini insospettabili: tipo manager, bancari, funzionari, politici non necessariamente verdi. Un boom, insomma, che a Zurigo e a Milano ha messo in evidenza un vuoto da colmare introducendo limiti di velocità, 20 km al massimo, segnaletica, controlli del noleggio-sharing, norme per l’illuminazione notturna. A Berna poi, esempio di scrupolo elvetico, si è aperta la discussione sugli effetti ambientali della micromobilità d’ultima generazione. A quanto pare, il bilancio è negativo. La e-trottinette consuma più energia della e-bicicletta, ed è meno resistente a un uso prolungato. Ma, allora, come si spiega il suo successo? Sul «Foglio», Giuliano Ferrara, reduce da una Parigi invasa dai mo-
nopattini, ne prende atto con divertito disappunto: «A me sembrano un fastidioso disastro, un intralcio, un pericolo ma anche un segno di leggerezza, di spirito infantile e sbarazzino». Tanto da ringraziare, ironicamente, la signora Raggi: «Viva le buche di Roma che tengono lontani i monopattini elettrici dalle nostre passeggiate». Ecco, infine, la parola centrale del discorso: passeggiare. Che sottintende assicurare a chi pratica la forma primordiale di mobilità, il suo spazio vitale, il marciapiede. Un pezzo d’asfalto o di lastricato che, da quando fu inventato, a Londra alla metà del XVIII secolo, è diventato lo scenario di una quotidianità sempre più affollata e in continuo cambiamento, che oggi ha accelerato i ritmi. Al punto che, sul marciapiede, l’ex-titolare rischia, a volte, di diventare lui, l’intruso. Situazione in cui, personalmente, mi riconosco, percorrendo, ogni giorno, marciapiedi stretti, addirittura striminziti, intasati da bici, skate-board,
pattini a rotelle, monopattini per bambini d’ogni età, artisti di strada, persino qualche mendicante, e poi cagnolini a tre per volta o un solo cane ma formato vitello: è una convivenza che ben rispecchia la società contemporanea e si presta a considerazioni di segno opposto. Il rimpianto, persino la riprovazione moralista, o invece un senso di libertà, di tolleranza, di possibili sorprese che incuriosiscono. Ho dovuto, in parte, ricredermi sul conto dei ciclisti: alcuni, addirittura, si scusano, per l’invasione di territorio. Quanto ai proprietari di cani, mi è capitato di ascoltare storie di commoventi amicizie. Nessun contatto diretto con i piloti delle trottinette elettriche: sfrecciano velocissimi, imperturbabili. Nei loro confronti si giustifica un banale interrogativo: perché tanta fretta, qual è il loro effettivo guadagno di tempo? Viene il dubbio che si tratti di una moda, di uno svago, camuffato da virtù ecologica.
La stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi La «prima volta» di nostro figlio Gentile dottoressa, le scriviamo perché ci sembra che lei capisca i ragazzi più di noi. Siamo genitori a dir poco confusi e speriamo che lei ci possa aiutare a comprendere il cambiamento avvenuto in nostro figlio Eugenio, un quindicenne bravo e tranquillo che improvvisamente ci sembra un estraneo. Come avviene da anni, Eugenio ha trascorso una breve vacanza di studio in Scozia e, al ritorno, lo abbiamo trovato profondamente cambiato. Se prima sembrava non avere interesse per le ragazze, ora è innamorato cotto. Non fa che parlare di Tatiana, una diciassettenne bielorussa, davvero bellissima. Fin qui sembra la classica esaltazione del primo amore ma il problema è che nei fatti i due ragazzi si sono portati avanti. Eugenio ci ha confidato, senza reticenze, che sono subito andati a letto insieme (il termine è un altro), che è stato bellissimo e che non amerà mai nessun altra. Non ci preoccupa tanto il
fatto che lei sia più grande di lui, piuttosto ci chiediamo come sia possibile che in due settimane, senza conoscersi prima, non parlando neppure la stessa lingua, siano giunti alla conclusione. Lei cosa ne pensa? / Arianna Cara Arianna, che Eugenio, a quindici anni, si sia innamorato di una ragazza bellissima e sconosciuta è nell’ordine delle cose. I primi viaggi all’estero, realizzando il distacco dalla famiglia, costituiscono il terreno ideale per il colpo di fulmine. A quell’età l’estraneità e il mistero esaltano il fascino dell’oggetto d’amore perché consentono di sognare, di proiettare i propri ideali, di immaginare un futuro avventuroso e straordinario. Ma comprendo anche il vostro sconcerto di fronte al cambiamento inatteso e repentino di Eugenio. Ora non è più un bambino ma un adolescente e voi, direttamente coinvolti nelle sue vicende,
Informazioni
Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6901 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch
Mode e modi di Luciana Caglio Anche il marciapiede si aggiorna Il pedone deve farsene una ragione. Ormai di quella striscia di strada, sopraelevata, al riparo dal traffico, ha perso l’esclusiva. Si ritrova così a condividere, con altri inattesi utenti, uno spazio che, per definizione, gli spetta. Oltretutto, spesso è risicato. Come avviene a Lugano, città a effetto «trompe-l’oeil», che in quanto a dimensioni inganna i suoi ospiti. La «piccola grande città»,
E-trottinettes a Parigi. (Wikimedia)
l’aveva chiamata, più di mezzo secolo fa, lo scrittore G.B. Angioletti, definizione poi ribadita da Prezzolini. Sta di fatto che il marciapiede è sotto assedio, da parte di un esercito d’occupazione invadente e persino seducente, a cui è giocoforza arrendersi. E, sia chiaro, non soltanto a Lugano. Si assiste, infatti, a un tipico fenomeno globale, che associa tecnologia e ideali. Qual è, appunto, la diffusione di forme di mobilità, alternative all’auto e alla motocicletta, ispirate a una concezione ecologica dei mezzi di trasporto e rese possibili da un’industria innovativa. Da qui il ripristino della bicicletta, quella tradizionale, simbolo di sane fatiche, ma che spesso ricompare in versione agevolata, cioè elettrica. In mancanza, però, di piste ad hoc, del resto non facili da sistemare in un territorio esiguo e tortuoso, i nuovi ciclisti salgono sui marciapiedi, attribuendosi il diritto al fatto compiuto. Nei loro confronti, le nostre autorità, poliziotti
Azione conf. da 2
conf. da 3
conf. da 3
25%
SU QUESTI E ULTERIORI ARTICOLI CAMPIONI DI VENDITE KNEIPP IN CONFEZIONI MULTIPLE. OFFERTE VALIDE SO LO DAL 27.8 AL 9.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK.
25%
Prodotti per doccia Kneipp in conf. da 3, p. es. Balsamo doccia ai fiori di mandorlo, 3 x 200 ml, 12.35 invece di 16.50
Prodotti per doccia Kneipp in conf. da 3, p. es. Doccia trattante aromatica Sferzata di freschezza, 3 x 200 ml, 12.35 invece di 16.50
20% di riduzione. Aperitivo analcolico dal 1965
20%
Prossimamente nel
nuovo design!
OFFERTA VALIDA SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
7.20 invece di 9.00
Crodino 10×10 cl
25% Lozioni per il corpo Kneipp in conf. da 2, p. es. Lozione per il corpo ai fiori di mandorlo, 2 x 200 ml, 17.70 invece di 23.60
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
13
Idee e acquisti per la settimana
Il prezzo del cestino della spesa Fr. 25.– finora Fr. 29.65 Dopo le riduzioni di prezzo apportate, questo cestino della spesa costa Fr. 25.–. Il 9 luglio i clienti pagavano ancora Fr. 29.65.
«Talvolta scambiamo le carte con una fetta di torta». Paolo Beusch di Schlieren Appassionato del gioco dello jass
Riduzioni di prezzo permanenti I prodotti preferiti sono più convenienti Recentemente il prezzo di molti dei prodotti preferiti dai clienti Migros, vale a dire i prodotti più venduti, è diventato più conveniente. Tra questi anche diversi tipi di tè e caffè, come per esempio la varietà Gastronome in chicchi di M-Classic così come i Mini Windy’s M-Classic. Settimanalmente se ne aggiungono altri. L’aspetto più interessante: non si tratta semplicemente di promozioni, bensì di riduzioni di prezzo permanenti.
Fotografie e styling: Tina Sturzenegger, studio fotografico FCM
Facilmente riconoscibili Grazie al logo sotto illustrato, nei prossimi mesi sarà facile riconoscere a colpo d’occhio i sempre più numerosi prodotti preferiti che hanno beneficiato di una riduzione di prezzo permanente.
Caffè, torta e carte da gioco Il giovedì Nelli (87), Ela (75), Paolo (64) e Betti (89) si incontrano per una partita. «Giochiamo sempre con lo stesso partner», ci racconta il più giovane del gruppo. Il quartetto prende il gioco dello jass molto seriamente e ogni punto viene segnato. Anche perché il punteggio finale determina quanto finisce nella cassa comune. «Talvolta facciamo una pausa e ci rifocilliamo con caffè, tè e torta». Con i soldi della cassa dello jass, il gruppetto si concede buoni spuntini. Quando qualcuno di loro è in vacanza, deve essere trovata un’alternativa, perché una cosa è sicura: non si sta un giovedì senza partita, caffè e torta.
D’ora in poi alla Migros i tuoi soldi valgono ancora di più: nei prossimi mesi ribasseremo settimana per settimana in modo permanente i prezzi dei prodotti preferiti dai nostri clienti, continuando a investire nella comprovata qualità Migros.
«Il pollo è una golosità gradita ad ogni età.» Regola per il grill di Raul S.
15%
2.80 invece di 3.30
Fettine di pollo Optigal, al naturale e speziate Svizzera, per es. al naturale, per 100 g
Da questa offerta sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTA VALIDA SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
15
Ambiente e Benessere L’immenso Rio Negro Un dedalo di oltre 1400 isolette formano il più grande arcipelago fluviale del mondo
Le piante rampicanti Se coltivate correttamente possono diventare delle tappezzanti per rivestire un terreno nudo oppure venir utilizzate per ricoprire strutture poco estetiche, ma non solo
Cambiare senza cambiare La nuova Mini Full Electric resta simpatica, di moda, brillante, e ora è anche «verde»
La cicoria in fitoterapia Consumata dagli arabi e ritenuta divina dagli egizi, dalla tostatura delle sue radici si ricava una famosa bevanda pagina 25
pagina 19
pagina 17
pagina 21
Il Sole amico di casa nostra Tecnologia Le soluzioni dell’architettura
Loris Fedele Proprio in periodi caldi e di forte insolazione come quelli capitati di recente, ci si rende conto della forza del Sole e di come sia auspicabile, se non addirittura doveroso, cercare di sfruttarne tutte le potenzialità. Ha quindi trovato un’appropriata collocazione, l’evento articolato sul tema dell’energia solare proposto dalla SUPSI lo scorso mese al Campus di Trevano. Si è parlato di architettura solare, di BiVP (i sistemi fotovoltaici integrati negli edifici) come modello costruttivo di riferimento, di integrazione solare negli edifici storici. Presenti numerosi esperti svizzeri e italiani e addetti ai lavori, con alcuni di essi riuniti alla fine in una tavola rotonda. È stata un’occasione per fare il punto della situazione. «Partendo dal piccolo Canton Ticino – commenta Claudio Caccia rappresentante dell’Associazione delle ditte del solare a livello svizzero – nello sviluppo del fotovoltaico si sono già raggiunti e superati gli obiettivi, per la verità non troppo ambiziosi, fissati nel piano energetico cantonale. Deve però farci pensare il fatto che la media svizzera di potenza installata pro capite sia leggermente più alta che da noi, che viviamo in una zona più favorita dal sole. Da rimarcare che il prezzo dei moduli fotovoltaici è sceso del 70% in dieci anni, nemmeno gli addetti ai lavori se lo aspettavano». Axel Simon, della casa editrice zurighese «Hochparterre», presentando alcuni numeri della sua rivista specializzata ha ricordato che la tecnologia e l’architettura sono ormai inseparabili, che una casa che sfrutta il fotovoltaico non deve sembrare solare per essere attrattiva, che – esempi alla mano – molti lavorano affinché gli edifici producano la propria energia con un impatto ambientale sempre minore. Dal canto suo, l’archistar Jacques Herzog – autore con il collega de Meuron di prestigiosissimi edifici il cui tema centrale è la cura dell’involucro esterno degli edifici – afferma di essere alla costante ricerca di soluzioni che sfruttino a proprio vantaggio le condizioni climatiche, convinto tuttavia che l’architettura non debba dare alla tecnologia il ruolo di protagonista
principale. «Gli esperti di energia – così afferma Herzog – dovrebbero sostenere l’architettura rafforzandola, senza cercare di darle vita propria». Tornando alle problematiche di casa nostra, Francesco Frontini e Pierluigi Bonomo, ingegneri SUPSI, tra gli organizzatori della giornata, annotano che i bravi architetti sono dei veri esperti nell’utilizzare l’energia solare passiva ma sono meno competenti nella gestione dei sistemi fotovoltaici, che lasciano piuttosto agli ingegneri e agli elettrotecnici. Tuttavia, oggi le celle solari non sono più da considerarsi una tecnologia, ma un materiale da costruzione a tutti gli effetti. Il sito www.bipv.ch si offre come un punto di riferimento per il settore. «Il mercato appare pronto – afferma Frontini – ma serve un segnale forte dalle grandi imprese edili, che dovrebbero fare proprie queste tecnologie, dimostrando che sono concorrenziali sotto l’aspetto economico, costruttivo ed estetico». A questo proposito bisogna fare delle distinzioni tra edificio nuovo, da progettare, ed edificio esistente, da migliorare o ristrutturare. In entrambi i casi, secondo Caccia, la produzione di corrente elettrica da fonte fotovoltaica è sicuramente economica. Sull’edificio esistente si deve prima di tutto valutare cosa si può fare per ridurre il consumo energetico mantenendo il comfort, per poi ragionare su quali siano le fonti rinnovabili disponibili sul posto che possano aiutarci a coprire il più possibile il fabbisogno rimanente. Il solare può dare un ottimo contributo. Da ricordare che da alcuni anni a livello legislativo esiste il «raggruppamento ai fini del consumo proprio». In pratica, si tratta della possibilità che un certo numero di edifici confinanti si unisca e la corrente prodotta da un impianto installato su un fondo venga utilizzata anche dagli altri. Può succedere anche in un condominio con proprietà per piani. Il gruppo di utenti, dal punto di vista esterno, diventa come se fosse un unico consumatore. Internamente, invece, i costi saranno ripartiti tra i partner secondo il consumo singolo. Oggi è relativamente facile gestire la situazione con le tecnologie smart dei
Pxhere.com
solare per rendere autosufficienti case, condomini e persino edifici protetti
contatori individuali, che riconoscono in ogni momento quanto l’utente sta consumando o producendo. Stanno nascendo delle ditte specializzate nella gestione di questi gruppi e anche le stesse aziende elettriche potrebbero farlo. La pratica può rivelarsi interessante per gli edifici storici o per quei nuclei comunali paesaggisticamente protetti dove non sempre si riesce a porre un impianto solare efficiente. In questo caso una pratica risolutiva potrebbe essere quella di trovare in prossimità del bene culturale o del nucleo da servire un edificio idoneo – per esempio l’asilo con il tetto piano o una scuola o una palestra – dove si possa piazzare un impianto fotovoltaico dal quale far partire la corrente per chi abita nel nucleo protetto. Bisogna che a livello pubblico sia tutto chiaro e regolato, anche giuridi-
camente. L’autorità cantonale sembrerebbe sensibile e fornisce delle linee guida. Paesaggisticamente analizza caso per caso, non escludendo la possibilità di accordare delle deroghe, anche perché a livello di progettazione il mercato sta offrendo nuove soluzioni. Lo ha ricordato Kim Bernasconi, dello studio di consulenza ingegneristica sul fotovoltaico Greenkey. Per lei è fondamentale dialogare fin dall’inizio con tutti gli attori: committenti, professionisti installatori, architetti, autorità comunali e cantonali. A questi ultimi chiede di far sapere esattamente i margini di manovra per ottenere l’autorizzazione per un impianto fotovoltaico, tanto più che oggi si può offrire una scelta di pannelli con colori diversi e moduli su misura. Non più solo il nero o il blu scuro dei pannelli tradizionali, nei quali la presenza delle celle fotovoltaiche era
evidente. Oggi c’è il bianco, l’argento e il color terracotta, che si può integrare sottoforma di tegole. Non sono piccole come i nostri coppi perché per ridurre il numero dei collegamenti sono di grande formato, ma il risultato a livello estetico è apprezzabile. Si possono anche fare vetri anteriori satinati in modo da non vedere all’interno le celle. Tecnicamente il campo è aperto, un impianto fotovoltaico si può fare dappertutto. Chiaramente bisogna verificare che valga la pena, guardando bene l’esposizione al sole. A livello economico per i tetti non c’è problema. Per gli elementi in facciata, invece, se sono posati su una casa monofamigliare non sono ancora ammortizzabili. Ma per edifici commerciali di grandi dimensioni, che hanno una facciata ben esposta e presentano consumi alti, diventano un investimento abbordabile.
1 SETTEMBRE GENEROSO IN IMMAGINI - FOTO E VIDEO ANNI ‘30 In collaborazione con il Museo Etnografico Valle di Muggio
A/R treno + presentazione: Adulti CHF 35.00 | Ragazzi da 6 a 15 anni CHF 15.00 Bambini da 0 a 5 anni gratis Partenza da Capolago ore 09:25 - prenotazioni: info@mevm.ch entro 29 agosto
1 SETTEMBRE – PRANZO DI STAGIONE
Viaggio di A/R, menù a 4 portate con acqua, musica dal vivo Adulti CHF 85.00 | Ragazzi 6-15 anni: CHF 45.00
FIORE DI PIETRA
EVENTI SETTEMBRE
7 SETTEMBRE – FESTIVAL DELLE CORALI
Dalle ore 10:45 alle 16:00 si avvicenderanno diversi gruppi di cantori e corali dai repertori folkloristici tradizionali e dall’anima gioiosa tipica delle contrade di un tempo
7 e 14 SETTEMBRE – SERATA CON MENÙ À LA CARTE
Viaggio di A/R, musica dal vivo, osservatorio astronomico Adulti e Ragazzi 6-15 anni a CHF 27.00 + Menù à la carte Partenza da Capolago ore 19:20 | Ritorno dalla vetta ore 23:15
11 SETTEMBRE - OPEN-AIR CINEMA AL FIORE DI PIETRA
Adulti e Ragazzi 6-15 anni a CHF 10.00 (metà dell’incasso devoluto in beneficenza) Proiezione 20:30: Blinded by the Light - Travolto dalla musica Primo treno partenza da Capolago ore 16:35 L’evento si svolgerà fino ad un massimo di 300 pax Il Ristorante Self Service rimarrà aperto per la manifestazione In collaborazione con il Comune di Chiasso e Morandini Film Distribution - M.F.D.
13, 21 E 27 SETTEMBRE - TRE APPUNTAMENTI CON LA TRADIZIONALE CUCINA DI MARISA CLERICETTI
Viaggio di A/R, musica e menù ticinese. Adulti: CHF 55.00 | Ragazzi 6-15 anni: CHF 40.00 Partenza da Capolago ore 19:20 | Ritorno dalla Vetta ore 23:15
20 SETTEMBRE – OKTOBERFEST
Viaggio di A/R, musica bavarese, menù a tema a buffet servito al Self Service Adulti: CHF 55.00 | Ragazzi 6-15 anni: CHF 40.00 Partenza da Capolago ore 19:20 | Ritorno dalla Vetta ore 23:15
28 SETTEMBRE – SERATA TICINESE
Viaggio di A/R, musica dal vivo, menù a buffet e osservatorio astronomico Adulti: CHF 55.00 | Ragazzi 6-15 anni: CHF 40.00 Partenza da Capolago ore 19:20 | Ritorno dalla Vetta ore 23:15
Ferrovia Monte Generoso SA | T +41 (0)91 630 51 11 events@montegeneroso.ch | www.montegeneroso.ch
33% di riduzione. Provate ora i profumi della Provenza conf. da 3
33% Le Petit Marseillais in confezioni multiple p.es. Fleur d’Oranger in conf. da 3, 3 x 250 ml, 6.95 invece di 10.50
In vendita nelle maggiori filiali Migros.
TUTTI I CONF. DA 3 LE PETIT MARSEILLAIS, OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 9.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
conf. da 3
33% Le Petit Marseillais in confezioni multiple p.es. Lait de Vanille in conf. da 3, 3 x 250 ml, 6.95 invece di 10.50
conf. da 3
33% Le Petit Marseillais in confezioni multiple p.es. Lait d’Amande Douce in conf. da 3, 3 x 250 ml, 6.95 invece di 10.50
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
17
Ambiente e Benessere
La forza ostinata dei sogni Viaggiatori d’Occidente Navigando sulle acque cupe del Rio Negro, in Brasile, per riscoprire
il fascino delle esplorazioni
Manaus: confluenza rio Solimões e rio Negro; sul sito www.azione.ch si trova una più ampia galleria fotografica.
Natalino Russo, testo e foto Il battello è sconquassato dalle rapide. La carena sbatte rumorosamente sulle rocce del fondale, i motori non riescono più a tenere testa alla violenza delle acque vorticose. Il disastro è imminente, ormai sembra non ci sia più nulla da fare…
Un viaggio sul Rio Negro, da Manaus fino a Barcelos, e poi ancora fino al villaggio Serra do Aracà, tra i salti dei delfini rosa È una delle scene chiave del film Fitzcarraldo. Werner Herzog cominciò a girarlo nel 1979 in Perù, per poi riprendere due anni dopo a causa di una lunga serie di incidenti e disgrazie, oltre che per mancanza di soldi. La ricerca di finanziamenti fu estenuante, ma alla fine Herzog riuscì a finire il lavoro. Il film uscì nel 1982 e fu premiato a Cannes per la miglior regia. Fitzcarraldo è una delle opere più visionarie di Herzog. È la storia di Brian Sweeny Fitzgerald, chiamato appunto Fitzcarraldo, che dopo aver assistito a uno spettacolo del grande
Enrico Caruso nel teatro Amazonas di Manaus, decide di costruire un teatro anche a Iquitos, la sua città nel cuore della foresta peruviana. Per raccogliere il denaro necessario, Fitzcarraldo intraprende un lungo viaggio in nave attraverso i fiumi dell’Amazzonia alla ricerca di caucciù. Questo viaggio assorbirà tutte le sue energie e finirà col diventare la sua unica ragione di vita, per poi concludersi con un fallimento. Il film celebra la forza ostinata dei sogni e il loro valore anche quando appaiono irrealizzabili. Ed è un omaggio alla trasformazione indotta dal viaggio e, in ultima analisi, dalla vita stessa. Mi perdo in questi pensieri mentre, nel cuore della notte, navigo sulle acque cupe del Rio Negro, in Brasile. Sono arrivato fin qui con una spedizione geografica del gruppo «La Venta», che da molti anni esplora le grotte nei tepui, montagne fatte di quarzo che si trovano nelle selve e nelle savane a cavallo tra Brasile, Venezuela e Colombia. Raggiungere queste montagne non è facile, talvolta non basta neppure l’elicottero. È il caso della Serra do Aracà, un tepui che emerge per più di mille metri dalla foresta amazzonica. Si trova a monte del Rio Negro, quasi al confine col Venezuela, a tre giorni di navigazione da Manaus. Scopo di questo viaggio è raccogliere informazioni e fotografie per preparare le esplorazioni future.
Barcelos, botos cor de rosa, così si chiamano i delfini rosa dell’Amazzonia.
Fa caldo, mi siedo fuori a sentire il vento e a parlare col comandante. Il Rio Negro è immenso, divaga in meandri tortuosi che si separano e tornano a congiungersi, in un dedalo che forma una costellazione di oltre 1400 isolette perse nell’abbraccio del grande fiume. Si chiama Mariuà, è il più grande arcipelago fluviale del mondo. La notte è buia e per centinaia di chilometri non ci sono centri abitati. Le stelle si riflettono sull’acqua liscia e nera del fiume come in un gioco di specchi. Sembra di stare sospesi con
tutta la barca al centro di una sfera stellata, o dell’universo. Il comandante conduce la barca in questo dedalo di diramazioni avvolte dalle tenebre. Il Rio Negro nasce in Colombia e scorre maestoso per duemila chilometri fino a Manaus, dove confluisce nel Rio Solimões, come lo chiamano i brasiliani, e insieme formano il Rio Amazonas cioè il Rio delle Amazzoni, il fiume più lungo del mondo. Le acque del Solimões, dense di detriti, sono limacciose e chiare, mentre quelle del Negro sono cristalline e rosse, cariche
Veduta aerea sull’Amazzonia.
Barcelos, bambini che si recano a scuola dal villaggio in mezzo alla foresta.
di tannini vegetali. Alla confluenza, le due acque non si mescolano subito ma scorrono affiancate per molti chilometri prima di fondersi in una sola acqua e scorrere fino all’immenso estuario sull’Atlantico. Dalle loro sorgenti sulle Ande, fin qui le acque del Rio delle Amazzoni hanno percorso quasi settemila chilometri e durante il viaggio si sono trasformate più volte: pur rimanendo acqua, hanno formato rapide e cascate, poi placide anse; sono state scure, chiare e le due cose insieme. Apurimac, Ene, Tambo, Ucayali, Amazonas, Solimões e poi nuovamente Amazonas. Nel suo lungo percorso, quest’acqua ha preso sette nomi diversi. Cosa rimarrà, una volta giunta alla foce, di ciò che era lassù sulle Ande peruviane? Il nostro viaggio sul Rio Negro è cominciato a Manaus e andrà avanti tutta la notte fino a Barcelos, un villaggio nella foresta amazzonica raggiungibile soltanto in barca o con piccoli aerei. Da lì proseguiremo alla volta della Serra do Aracà, sperando di riuscire a sorvolare la montagna a bordo di un aeroplanino e così scattare fotografie aeree che potranno aiutarci nelle esplorazioni future. Gli abitanti di Barcelos si spostano sul fiume usando la voadeira, una barchetta affusolata come una canoa ma dotata di un piccolo motore fuoribordo. L’elica è montata in fondo a un’asta molto lunga, in modo che inclinandola è possibile navigare anche in pochi centimetri d’acqua. Con queste barche si inoltrano nella foresta che è al tempo stesso anche fiume, tra i salti dei botos cor de rosa, i delfini rosa dell’Amazzonia. La Serra do Aracá fu uno degli eldorado brasiliani nell’epoca della corsa all’oro e ai diamanti, epopea ben raccontata nei libri dell’esploratore italiano Alfonso Vinci. Inseguendo un sogno di ricchezza, quelle persone trovarono ostacoli insormontabili, difficoltà che condizionarono e trasformarono le loro vite, sino a cancellare il progetto originario e diventare esse stesse il vero scopo. Quegli uomini furono tanti piccoli Fitzcarraldo trascinati verso lidi sconosciuti dalle imprevedibili diramazioni della vita.
20% di riduzione. MEGLIO INSIEME. 20%
4.70 invece di 5.90
Lotus Biscotti Caramellati Biscoff 2x250g
20%
Con ogni caffè un Lotus.
4.60 invece di 5.80
Lotus Biscotti Caramellati Biscoff 2x186g
OFFERTA VALIDA SOLO DAL 27.08 AL 2.09.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20% di riduzione. 20%
6.00 invece di 7.60
Lotus Dinosaurus Cioccolato al latte 2x225g
20%
5.75 invece di 7.20
Lotus Dinosaurus Cereali 2x175g
OFFERTA VALIDA SOLO DAL 27.08 AL 2.09.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
19
Ambiente e Benessere
Generoso e appariscente Anita Negretti Dove vivo, c’è un glicine di quasi ottant’anni piantato da mio nonno e ancora in splendida forma. Il fusto, dal diametro di quasi cinquanta centimetri alla base, si alza sinuoso con la sua bella corteccia grigia e liscia, si aggrappa alla ringhiera del primo piano del terrazzo di casa e prosegue fino al tetto, dove lo scorso anno ho fatto applicare una struttura di ferro per permettergli di allungarsi su tutto il perimetro esterno. In aprile è favoloso: lunghi fiori pendenti di color viola pervinca sbocciano lungo i rami ancora spogli e creano un suggestivo contrasto con le pareti gialle della facciata. Da maggio si riempie di foglie: leggere e fitte, schermano la vista all’esterno e portano ombra in sala da pranzo per tutta l’estate. Infine, in autunno il glicine si tinge di giallo oro, non dopo aver regalato una seconda fioritura estiva. Le piante rampicanti sono così: generose e appariscenti. Non solo, ma se coltivate correttamente possono diventare delle tappezzanti per rivestire un terreno nudo oppure venir utilizzate per ricoprire strutture poco estetiche. Il glicine non è però l’unica rampicante utile a questo scopo, anzi, per certe situazioni potrebbe persino essere fuori luogo. Per mascherare in modo permanente una struttura, ad esempio, sarebbe meglio orientarsi su un sempreverde, come la classica edera, magari scegliendo le varietà con le foglie variegate o il profumato caprifoglio, un semipersistente dai lunghi rami fino a 6-7 metri, con fiori estivi variopinti e
intensamente profumati, specialmente verso il tramonto. Io stessa ho scelto un’edera abbinandola a un’ortensia rampicante, per coprire il retro di cemento grezzo del box-cuccia del mio cane. È bastato interrare due piante, bagnarle e legare i primi rametti lungo la superficie del muro; in poche settimane hanno sviluppato delle ventose e hanno iniziato a crescere autonomamente sulla parete. Ma se si preferiscono i rampicanti da fiore, consiglio la bignonia, Campsis radicans, a foglia caduca e fiori arancioni in estate o dalle clematidi, i cui ibridi e cultivar hanno una paletta di colori e sfumature quasi infinita. Tra quelle a grande sviluppo, si annoverano rose e vite del Canada (Parthenocissus quinquefolia), specie quest’ultima che vanta un’appariscente colorazione autunnale delle foglie. Mentre tra le rampicanti meno conosciute e più delicate vi è la Tibouchina, un sempreverde che in estate produce fiori viola, mentre le Mandevilla o gelsomino del Cile se coltivato in terrazzi e porticati vi richiamerà facilmente alla vegetazione delle calde isole tropicali. Sono insomma moltissime le piante che fanno parte del gruppo delle rampicanti, passando dalle annuali, come il Tropaeolum o nasturzio, con rami lunghi fino a tre metri e fiori gialli-arancioni, o la classica Ipomea, una campanella rampicante molto simile all’infestante convolvolo, ma dallo sviluppo più contenuto e dai fiori viola rosati. Più inusuale, ma sempre annuale, è Thunbergia alata (vitigno Susan), che
Marka
Mondoverde Re delle piante rampicanti per pareti naturali è certamente il glicine
in estate produce fiori gialli con centro marrone e arriva a un’altezza di 2-3 metri. Se riparata durante l’inverno, la Thunbergia può sopravvivere per alcuni anni. Per chi dispone di una veranda riscaldata o di un giardino d’inverno può essere una buona idea coltivare in capienti vasi da ritirare, una Bougainvillea, dai fiori cartacei viola intenso; un Plumbago capensis, il gelsomino azzurro, che tanto ricorda le zone calde e di mare; o un Solanum jasminoides, un bel sempreverde con fiori blu-violetto e dal centro giallo, che fiorisce da metà luglio fino alla fine dell’autunno.
Quest’ultimo a temperatura inferiore ai 5 °C gela, per cui tocca proprio ritirarlo d’inverno e concimarlo dalla primavera con un concime liquido ogni dieci giorni. A quel punto occorrerà anche bagnarlo quasi tutti i giorni, in maniera tale che i lunghi rami, le foglie e i nuovi boccioli, non soffrano la sete. Non hanno invece alcun problema di temperatura bassa, l’Hydrangea petiolaris od ortensia rampicante, con foglia caduca e fitti fiori bianchi, e nemmeno l’ormai onnipresente Rhyncospermum jasminoides, il falso gelsomino che da qualche decennio viene piantato in quasi tutti i giardini.
Sempreverde, con fiori bianchi e molto profumati da maggio e per tutta l’estate, sembra quasi una pianta di plastica: le foglie sono verde lucido, sempre belle e impeccabili anche sotto al solleone di luglio-agosto; cresce in completa autonomia, necessitando solo qualche bagnatura nelle prime settimane della messa a dimora se in piena terra o di un secchio d’acqua settimanale se in vaso. Una manciata di concime granulare a lenta cessione provvederà ai suoi bisogni. Ha una crescita veloce e compatta, arrivando a coprire spalliere e graticci fino a 5-6 metri di lunghezza. Le rampicanti in generale hanno una crescita vigorosa, ma necessitano di terreni ricchi di sostanza organica e ben drenati. Alla maggior parte servono supporti sui quali svilupparsi, da montare prima di piantare il rampicante, per evitare di rovinare le radici. I rami vanno accompagnati e legati, utilizzando rafia o fili di gomma, ma non con ganci dall’anima in ferro per evitare strozzature negli anni successivi. Le rampicanti perenni si possono mettere in terra o in vasi in qualsiasi periodo dell’anno, mentre le annuali andranno piantate da fine aprile in poi, evitando i pericoli delle gelate. Bagnate regolarmente, queste belle piante vanno concimate dalla ripresa vegetativa, in marzo-aprile, fino all’arrivo dell’autunno. Da novembre in poi, è il periodo ideale per provvedere alla potatura delle piante più vecchie, togliendo i rami disordinati e quelli che superano i 5-6 anni di vita. Sarà utile anche per arieggiare la pianta al suo interno, tenendola pulita e lontana dagli attacchi di insetti. Annuncio pubblicitario
Novità
Superelasti
co
Lenzuolo teso in jersey Perfect Sleep disponibile in diversi colori e misure, altezza del materasso fino a 35 cm, 97% cotone, 3% elastam, per es. blu, 90 x 190–120 x 220 cm, il pezzo, 19.95 offerta valida fino al 9.9.2019
20x
ita di Non n ece s s stiratura
39.95
Set di biancheria da letto Comfortable Dream disponibile in diversi colori, 100% cotone, 160 x 210 e 65 x 100 cm, per es. blu, il set , offerta valida fino al 9.9.2019
Offerta valida su tutto l’assortimento di biancheria da letto, di spugna e di lenzuoli tesi, assortimento per bambini escluso. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 9.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
PUNTI
Ad alta asso
r ben z a .
Asciugamano di spugna Smart Feeling disponibile in bianco, verde o blu e in diverse dimensioni, 100% cotone, per es. asciugamano 50 x 90 cm, blu, il pezzo, 4.95 offerta valida fino al 9.9.2019
Conveniente e sostenibile irresistibilmente.
Sostenibile
1.35
CrĂŠmant 47% M-Classic, UTZ 100 g
FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
21
Ambiente e Benessere
Sessant’anni che rinverdiscono
Motori La Mini resta un’auto simpatica, brillante e alla moda, oggi più che mai dal momento che si è fatta elettrica Mario Alberto Cucchi Si chiamava Alec Issigonis (contrazione di Alexander Arnold Constantine Issigonis). Nato nel 1906 a Smirne, città in Turchia fondata dai greci, si è laureato in ingegneria a Londra. Si deve a lui la creazione di un mito a quattro ruote: la Mini. Dal 1959, anno del suo debutto, sono passati ben sessant’anni e oggi come allora resta una vettura simpatica, brillante e alla moda. Chissà cosa penserebbe il signor Issigonis della nuova versione elettrica che è stata svelata proprio in questi giorni. Probabilmente l’estetica gli piacerebbe, dato che ancora adesso è evidente la parentela con l’originale. Quest’aria di famiglia
è sicuramente un punto di forza della nuova Mini Cooper SE. Sotto il cofano non borbottano più i cilindri e dal benzinaio non si mette più né benzina né gasolio, ma a guardarla sembra sempre uguale. Cambiare senza cambiare. Il concetto piace molto agli appassionati del marchio inglese di proprietà Bmw. Sebbene anche la nuova Mini Full Electric sia costruita in Inghilterra, nello stabilimento di Oxford, dove viene prodotta la versione con i motori tradizionali, di fatto, la tecnologia di guida è stata invece messa a punto nei centri tedeschi di competenza Bmw Group per l’elettromobilità a Dingolfing e a Landshut. E, infatti, proprio dalla Germania arriva la tecnologia della propulsione elettrica. Stretta parente di quella già adottata su Bmw I3. Sotto il cofano anteriore si trova un’unità elettrica capace di scaricare sulle ruote davanti fino a 135 kW corrispondenti a 184 cavalli. Tanti per una Mini. La coppia come con tutti i propulsori elettrici è immediatamente disponibile ed è di 270 Newtonmetro. E le prestazioni? Per scattare da ferma a cento orari sono sufficienti 7,3 secondi mentre la velocità massima è autolimitata a 150 chilometri. Le auto elettriche ci hanno abituato ultimamente a performance migliori ma non dimentichiamo che qui abbiamo a che fare con una vettura che viene spesso utilizzata in città a su percorsi a breve raggio. Il numero che più interessa a chi si sta avvicinando all’auto elettrica è oggi l’autonomia. Bene, la Cooper SE è ali-
mentata da un pacco batterie agli ioni di litio della capacità di 32,6 kWh e l’autonomia dichiarata da Mini oscilla tra i 235 e i 270 chilometri. Basteranno? Per il percorso casa-lavoro senz’altro l’autonomia è sufficiente, ma per le vacanze probabilmente no. E quanto tempo ci vuole per ricaricare le batterie? Con una colonnina di ricarica da 11 kW, si recupera l’80%
dell’autonomia in due ore e mezza. Il tempo scende a 35 minuti nel caso si usi un sistema rapido da 50 kW. Si può anche utilizzare una comune presa di casa situata nel box ma a quel punto i tempi si dilatano di molto. La Mini elettrica ad oggi è solo prenotabile. Lo si può fare versando mille franchi svizzeri attraverso il sito www.mini.ch. Il prezzo finale dell’auto
dovrebbe aggirarsi intorno ai 35mila franchi. Arriverà nelle concessionarie nei primi mesi del 2020. Bmw svela che ad oggi hanno già ricevuto in Europa ben 40mila prenotazioni. Una chicca? Lo spinotto per la ricarica si trova esattamente dove si dovrebbe trovare il bocchettone della benzina. Insomma, effetto déjà-vu per la prima auto elettrica di produzione della marca inglese. Annuncio pubblicitario
«Con i cibi alla griglia ci vogliono bevande rinfrescanti.» Regola per il grill di Micha K.
33%
Tutti i tipi di Coca Cola in conf. da 6 (bottiglie in vetro escluse), per es. zero, 6 x 1,5 l, 7.95 invece di 12.–
Da questa offerta sono esclusi gli articoli già ridotti. OFFERTA VALIDA SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
22
Ambiente e Benessere
I Fenici e prima di loro i Cananei
Scelto per voi
Vino nella storia Continua il viaggio che segue le antiche rotte del vino – Seconda parte
Davide Comoli Nella cultura cananea, il vino (con il grano) è il simbolo della deificazione dei prodotti della terra, elevati al rango di offerte alle varie divinità. A leggere la Bibbia o i testi di Ugarit, la terra di Canaan era una specie di Eden (almeno allora): una terra fertile, bagnata da ruscelli e torrenti, protetta da un clima favorevole allo sviluppo dell’agricoltura mediterranea, nella quale per interessi commerciali o solo come semplice scambio, la vitivinicoltura era l’attività predominante. A ovest del Mar Morto, nelle zone di Hebron e Gabaon, si trovano vigne che ospitavano vitigni in grado di resistere e persino di trarre beneficio dal tipo di clima. Il vino prodotto, anche se non di eccelsa qualità, era tuttavia indispensabile sia per un consumo diretto, sia per garantire un apporto ca-
lorico, euforico, e rendere la vita meno grama. A testimoniare il commercio di vino in Medioriente sono i testi ritrovati nel Palazzo reale di Mari, antica città sul fiume Eufrate (oggi Tell Hariri), al confine tra Siria e Mesopotamia; questi testi riportano i traffici e i depositi del vino che veniva stipato e racchiuso in migliaia di giare. In quelle pagine sono descritti anche altri luoghi dove il vino veniva venduto a grossisti, a mercanti e a trafficanti poco onesti. Famosa era la città assira di Sippar e soprattutto Ugarit sulla costa del Mediterraneo, città ricca di storia che, oltre a ospitare il più grande e importante emporio di vini, era il luogo da dove partivano i traffici marittimi verso l’Egitto. I contenitori per il vino erano generalmente in terracotta, ma anche in legno o pietra lavorata grossolanamen-
te. I vini nei magazzini, per essere trasportati via terra o via mare, venivano travasati in contenitori chiamati «anfore vinarie». In Medioriente si affermò l’anfora «cananita» caratterizzata da due manici ansati contrapposti che ne agevolavano il movimento. Sembra che fossero state ideate dai vignaioli o dai cantinieri di Canaan, ma molto più realisticamente, furono invenzione dei mercanti di vino fenici che le utilizzavano lungo le rotte del Mediterraneo. D’altronde, nessuno oggi può disconoscere il ruolo avuto dai navigatori fenici e dai loro discendenti, come propagatori delle tecniche di costruzione delle prime vere navi da trasporto adatte a navigare in mare aperto. Non a caso i faraoni d’Egitto chiedevano in prestito ai Cananei prima, e in seguito ai Fenici, le navi per la loro flottiglia per la navigazione sia sul Nilo sia nel Mediterraneo. Fenicie erano pure le grandi navi che trasportavano per gli Ittiti e altri popoli, cereali, merci e vino verso i porti del Mediterraneo. La capacità di navigare lungo le coste e per tragitti più lunghi con una navigazione a vista, permise ai Fenici di trasportare oltre che viveri e strumenti per uso agricolo, molte specie di vegetali, tra i quali barbatelle di vite che trapiantarono nelle terre da loro colonizzate. Non fu quindi difficile per i Fenici dopo che da costa in costa avevano visitato tutto l’Egeo, spingersi più a sud, verso le coste africane sino allo stretto di Gibilterra e da qui verso nord fino a Cadice. Nel corso dei secoli si scontrarono con Greci, Etruschi, Romani, Persiani e Macedoni, alternando lotte a pacificazioni e alleanze. Il vino ebbe certo parte importante in tutto questo, visto che nella stessa Cartagine, importante colonia fenicia, sono state ritrovate anfore vinarie tipiche della cultura di quel popolo. I Fenici e prima di loro i Cananei e tutte le popolazioni costiere, avevano l’isola di Cipro come punto di riferimento delle loro iniziali scorrerie nel Mediterraneo. Quest’isola fu senza
Israeliti trasportano uva di Canaan, dettaglio in rilievo dalla facciata del Duomo di Milano, di Francesco Carabelli. (Yair Haklai)
dubbio il punto d’incontro più importante delle civiltà dell’Egeo, e i Ciprioti appresero dagli evoluti Fenici la viticoltura, l’olivicoltura e l’arte d’andar per mare. Anche in Sicilia e Sardegna, i Fenici fondarono fattorie agricole che si rifacevano alla cultura cananea o siropalestinese, dove per protagonista, oltre alla coltivazione di cereali e olive, c’era l’uva da vino. Se gli Egizi fecero conoscere ai Fenici la bevanda fermentata dai cereali (birra?), questi ultimi insegnarono ai discendenti delle antiche dinastie egizie, l’arte di migliorare la vinificazione. Fu in coincidenza con questo periodo storico che nel Mediterraneo si consolidarono le prime specializzate manifestazioni mercantili. Non più scambi per la semplice sopravvivenza, ma vere e proprie attività mirate a un profitto il più elevato possibile. Anche gli Etruschi entrarono nell’orbita commerciale dei Fenici, anzi, in comune avevano l’opposizione verso i Greci, tanto da allearsi in svariate operazioni militari contro gli Ellenici. Ed è a questo punto che ci domandiamo: da chi gli Etruschi appresero l’arte della vinificazione? Tra gli scritti dei vari autori greci e romani di cui abbiamo consultato le opere, ci sono parecchie contraddizioni. A nostro parere, i Fenici ebbero più detrattori interessati che cronisti storici fedeli e naturalmente disinteressati. Costretti dallo spazio ristretto dalla loro patria d’origine, si «inventarono» il mare come patria adottiva: i Fenici furono per secoli i padroni del Mediterraneo. Di sicuro portarono in tutti i luoghi da loro esplorati, l’arte della vitivinicoltura e tutti i mestieri a quest’arte legati. La storia non sempre ne parla bene, anzi; alle volte ci sembra che negli scritti di tanti sapienti ci sia una nota di gelosia. Il vino e il mondo legato a questa bevanda devono, però, forse, ai Fenici un po’ di riconoscenza.
Insolia Principi di Butera
Con ancora negli occhi il fucsia delle bougainvillea e il blu del mare, il ricordo delle vacanze siciliane diventa ancora più intenso quando dal nostro calice di Insolia si sprigionano i profumi caratteristici del vitigno. L’approdo sull’isola su cui cresce è forse da ricondursi al periodo della dominazione normanna nel Mediterraneo orientale. Usato in passato nella composizione del Marsala o commercializzata per dare corpo e alcol ai vini di altre regioni, l’Insolia, grazie ai produttori siculi, ha saputo da qualche anno farsi apprezzare per la produzione di bianchi affascinanti. L’«Insolia; Feudo Principi di Butera» è prodotto in provincia di Caltanissetta, da monovitigno in purezza. Fermentato in vasche inox, viene affinato per sei mesi sui propri lieviti. Colore giallo paglierino, con leggere sfumature verdoline, al naso sono netti e intensi i profumi di frutta carnosa che ben si armonizzano ai richiami di fiori di ginestra. Al palato è pieno e piuttosto armonico, morbido, nel finale emerge una leggera nota salina che ne fa il compagno ideale per un piatto di involtini di pesce spada, o pasta alla bottarga, ma il matrimonio perfetto lo si fa con couscous preparato con brodo di pesce. / DC Trovate questo vino nei negozi Vinarte al prezzo di Fr. 16.50. Annuncio pubblicitario
Ora ti propone anche le migliori offerte di vini
Epicuro Salice Salentino DOP Riserva
Trapiche Vineyards Torrontés
Listel Grain de Gris Rosé Terres du Midi IGP
2016, Puglia, Italia, 6 x 75 cl
2019, Mendoza, Argentina, 6 x 75 cl
2018, Linguadoca-Rossiglione, Francia, 6 x 75 cl
Rating della clientela:
Rating della clientela:
Rating della clientela:
Casa Giona Amarone della Valpolicella DOCG
2016, Veneto, Italia, 75 cl
Rating della clientela: Carne rossa, pasta, grigliate
Stuzzichini da aperitivo, carne bianca, pesce d’acqua salata, pesce crudo, frutti di mare
Carne bianca, pollame, pesce d’acqua salata, formaggio a pasta molle
Negroamaro, Malvasia
Torrontés
Cinsault, Carignan, Grenache
2–7 anni
1–2 anni
1–2 anni
50%
38.85 invece di 77.70
6.50 a bottiglia invece di 12.95
50%
Corvina Veronese, Corvinone, Rondinella 3–8 anni
26.85 invece di 53.70
4.50 a bottiglia invece di 8.95
Cacciagione, tofu ecc., risotto, piatti a base di funghi, polenta
30%
26.85 invece di 38.40
4.50 a bottiglia invece di 6.40
41%
13.95 invece di 23.90
Offerte valide dal 27 agosto al 2 settembre 2019 / fino a esaurimento / i prezzi promozionali delle singole bottiglie sono validi solo nella rispettiva settimana promozionale / decliniamo ogni responsabilità per modifiche di annata, errori di stampa e di composizione / iscrivetevi ora: denner.ch/shopvini/newsletter
Enoteca Vinarte, Centro Migros S. Antonino
Enoteca Vinarte, Centro Migros Agno
Enoteca Vinarte, Migros Locarno
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
23
Ambiente e Benessere
Non solo T-bone ma anche zuppe Gastronomia La cucina americana varia molto da nord a sud e oltre ad aver inglobato le culture culinarie straniere
Le zuppe trovano molti estimatori e possono essere servite, a seconda delle zone, calde o fredde. Tra gli ingredienti base usati nel New England troviamo: molluschi (clam chowder, una zuppa con vongole e altri molluschi, pancetta, patate, panna, erbe aromatiche), mais (corn chowder, una densa preparazione comprendente anche pollo, pancetta, patate, panna, erbe) e zucche (pumpkin soup, con latte, zucchero di canna e spezie).
Il mais è alla base del succotash, piatto ereditato dai nativi, che comprende anche fave e panna acida, e viene servito soprattutto con il prosciutto arrosto Al Sud, invece, sono ingredienti comuni le arachidi e i fagioli neri, e in Florida l’avocado (chilled avocado soup, con verdure aromatiche, coriandolo e tabasco). A base di pesce sono invece il cioppino di San Francisco e il seafood gumbo della Louisiana, zuppa con okra, peperoncino, aglio e un assortimento di granchi e altri prodotti ittici. Il mais è poi alla base del succotash (nella foto), piatto ereditato dai nativi, comprendente anche fave e panna acida, servito soprattutto con il prosciutto arrosto, un’altra specialità statunitense; con il prosciutto arrosto, questa volta glassato, si servono invece i fagioli dell’occhio con il riso (hoppin’ John). Pollo, manzo, vitello, maiale e tacchino sono le carni più diffuse; in Florida si consuma anche la carne di alligatore. Il pollo può essere fritto (southern fried chicken), oppure lessato e servito con una salsa di funghi, panna e peperoncino (chicken à la king). Manzo, maiale e vitello danno poi vita, con erbe aromatiche e pancet-
ta, a un saporito polpettone (meatloaf with bacon). Celebri sono le steaks (tra cui le Tbone) bisteccone alla griglia; gli altrettanto famosi hamburger e hot dog; il prosciutto o il bacon con salsa di mele; le spareribs (costolette di maiale) spennellate con ketchup, tabasco, senape, salsa Worcester, e cotte in forno o sulla griglia; non va poi dimenticato il chili con carne, piccante e gustoso spezzatino tipico della cucina tex-mex. Tradizionali, gli stufati di carne, piatti unici preparati spesso con pancetta, manzo, rape o patate. Capostipite di questa tradizione, che risale al tempo dei primi coloni, è il New England boiled dinner, stufato di manzo in salamoia, con barbabietole, patate, carote, rape, cavolo cappuccio e cipolle, servito con rafano e senape; il Philadelphia pepper pot si prepara invece con stinco di vitello, trippa, sedano, patate e peperoni; il pollo, infine, è alla base del Brunswick stew, stufato tipico della Virginia con mais, patate, pomodori e fave. Quanto a pesci e affini, abbondante la scelta di crostacei e molluschi, in special modo aragoste, gamberetti (anche di fiume) e ostriche. Tra i piatti caratteristici, a volte interessanti anche come introduzione al pasto, vanno ricordati: le lobster Newburg, aragoste in salsa di sherry e panna; i tortini fritti di granchi; il cocktail di gamberetti (con senape, peperoncino, verdure aromatiche); le cappesante alla panna; le oysters Rockefeller (ostriche gratinate con pangrattato e spinaci, tipiche della Lousiana). Da ricordare anche la jambalaya di New Orleans, una sorta di paella piccante d’Oltreoceano, con riso, gamberi, prosciutto, pomodori, peperoncini, verdure ed erbe aromatiche. Allieta, per concludere, i golosi un’ampia scelta di dolci; tra questi la crostata di lime e quella di pecan (pecan pie), o il bread pudding, budino di pane con latte e uvetta, servito con una salsa al whisky. La celeberrima cheesecake è una crostata farcita con formaggio bianco fresco e panna acida.
CSF (come si fa)
Needpix.com
Allan Bay
Pxhere.com
più moderne ha preso tanto dai primi coloni ma anche dai nativi – Seconda parte
La pecora è un mammifero ruminante allevato per la produzione di latte e lana. Le carni, rosse, ricche di grassi e sostanze estrattive, non sono da tutti apprezzate, anche perché quelle provenienti da animali che superano l’anno di età sono dure, e di conseguenza richiedono una lunga marinatura. Ad alcuni, tipo me, comunque piacciono. In Italia hanno impiego gastronomico solo in preparazioni regionali; tradizionalmente, in Abruzzo, per prepa-
rare gli arrosticini; nell’Appennino emiliano per ricavarne un prosciutto o per preparare le barzigole, realizzate con fette delle parti migliori insaporite con olio, aglio, rosmarino, bacche di ginepro e sale; in Basilicata, dove si cucina la pignatta di pecora o pecora alla materna, con carne di pecora marinata nell’aceto e cotta con patate, cipolle, pomodori e peperoncino. In altri paesi la pecora viene usata più comunemente; così per esempio in Scozia, il cui piatto nazionale, detto haggis, mitico, è a base di stomaco di pecora farcito. In Svizzera, si fanno salami e carne secche. Ma vediamo quel che possiamo fare noi in casa, concentrandoci su due preparazioni. Arrosticini. Per 4 persone. Tagliate a dadini 800 g di castrato di pecora con una buona percentuale di grasso. Infilate i
pezzi su spiedini di legno, alternando quelli magri e quelli grassi. Regolate di sale e di pepe e cucinate gli arrosticini sulla piastra caldissima per 15’. Girateli più volte. A cottura ultimata spennellateli con un rametto di rosmarino intinto nell’olio. Serviteli con bruschette o con pane rustico unto con olio. Barzigole. Per 4 persone. Affettate 800 g di polpa di pecora ricavata dal muscolo lombare e mettetela in una ciotola. Unite 4 dl di vino bianco, 1 spicchio di aglio sbucciato e tagliato a fettine, 1 rametto di rosmarino lavato e sfogliato, qualche bacca di ginepro e grani di pepe. Mettete la ciotola in frigorifero per una giornata, rivoltando la carne ogni tanto. Alla fine scolatela, tamponatela con carta da cucina e cuocetela sulla griglia calda, girandola spesso. Regolate di sale e servitela.
Ballando coi gusti Oggi due ricette di pasta che devono essere preparate con ottime verdure.
Bucatini con peperoncini verdi
Vermicelli alle zucchine e pecorino
Ingredienti per 4 persone: 350 g di pasta a piacere, nella foto bucatini · 350 g di peperoncini verdi dolci · 150 g di pomodori pelati · 1 spicchio di aglio · basilico · olio di oliva · sale.
Ingredienti per 4 persone: 350 g di pasta a piacere nella foto vermicelli · 6 piccole
Private del picciolo e dei semi i peperoncini, lavateli e fateli rosolare in una casseruola con un filo di olio e l’aglio mondato e schiacciato. Unite i pelati schiacciati con una forchetta, profumate con il basilico, e lasciate cuocere per circa 10 minuti. Regolate di sale e di peperoncino. Portate a bollore abbondante acqua salata, tuffatevi i bucatini, cuoceteli e scolateli al dente. Calateli nella casseruola con il sugo e fateli saltare per 1 minuto unendo un poco dell’acqua di cottura, poi servite.
zucchine · 1 spicchio di aglio · prezzemolo · 1 peperoncino rosso fresco · pecorino grattugiato · olio di oliva · sale.
Lavate le zucchine e tagliatele a cubetti. Sbucciate e tritate l’aglio. Mondate il peperoncino di picciolo e semi, poi spezzettatelo. In una casseruola scaldate l’olio e fatevi rosolare l’aglio, il peperoncino e le zucchine; regolate di sale e unite prezzemolo tritato. Portate a bollore abbondante acqua salata, tuffatevi i vermicelli, cuoceteli e scolateli al dente. Calateli nella casseruola con le zucchine e fateli saltare per 1 minuto unendo un poco dell’acqua di cottura, poi a fuoco spento spolverizzate di pecorino grattugiato e servite.
20% di riduzione.
conf. da 2
20%
Baked Pretzel Salt conf. da 2 2 x 180 g 4.95 invece di 6.40
In vendita nelle maggiori filiali Migros. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
conf. da 2
20%
Baked Cracker Paprika conf. da 2 2 x 95 g 4.45 invece di 5.60
conf. da 2
20%
Baked Pita Cracker Rosemary conf. da 2 2 x 90 g 4.45 invece di 5.60
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
25
Ambiente e Benessere
La cicoria selvatica Eliana Bernasconi «Le piante più umili sono a volte le più ricche di proprietà nascoste», parola dello scrittore ed erborista Maurice Mességué, il pioniere francese della fitoterapia scomparso nel 2017 dopo una vita trascorsa a diffondere nel mondo l’uso delle piante medicinali. Autore di libri, creatore di linee di prodotti, brillante divulgatore, Mességué congiunse il talento manageriale all’antico sapere delle erbe appreso dal padre contadino. Ma non fu da meno anche il grande Paracelso, nato a Einsiedeln nel 1493, rivoluzionario e ribelle precursore della concezione olistica della medicina: «Tutti i prati e i pascoli, tutte le colline e le montagne sono farmacie – affermava – sono il prodotto di uno sforzo di creazione universale unica; macrocosmo e microcosmo formano un’unità». E la Cicoria, della famiglia delle Asteraceae, è indubbiamente una pianta molto umile e comune. Il nome scientifico Cichorium intybus L, etimologicamente, pare avere origini greche o arabe, mentre intybus era il nome con il quale la indicavano Virgilio e Ovidio. Nota popolarmente come «radicchio selvatico», «occhio di gatto», «endivia», la cicoria di campo è una pianta abbastanza infestante. Come il Tarassaco, possiamo trovarla con facilità nei terreni secchi e argillosi, ai bordi delle strade, nei campi, nei luoghi erbosi incolti. Coltivata negli orti ha dato origine a numerose varietà commestibili come il Radicchio, l’Indivia, la Catalogna, che sono specie meno amare di quella da cui derivano, ma con principi attivi meno efficaci. Le foglie della Cicoria selvatica
sono ottime come verdura cotta o cruda, basta avere l’avvertenza di raccoglierle a primavera dalla rosetta basale, prima che il fusto si ingrossi. Ildegarda di Bingen consigliava di consumarle con hummus di ceci e crema di fave. Erba amara per eccellenza, la Cicoria era tradizionalmente consumata nella festa ebrea della Pasqua. Nel Papiro Erbes, uno dei più antichi testi egizi del 1500 a.C. – il documento è conservato all’università di Lipsia – si testimonia l’avanzata conoscenza degli effetti curativi delle erbe raggiunta da questo popolo e si ricorda che gli egizi adoravano la Cicoria come una divinità. Presso i Germani era chiamata «sponsa solis», la si riteneva dotata di proprietà divine a motivo del fatto, come è facile constatare, che segue il sole nel suo corso, aprendosi nel momento in cui sorge, chiudendosi al tramonto, in molte zone delle alpi francesi veniva per questo chiamata «orologio dei pastori». Della Cicoria si utilizza in primis la radice, che è un grosso rizoma ricco di lattice amaro, poi le foglie e i fiori. Questi ultimi sono di un delicato e trasparente azzurro ceruleo che pare assumano tonalità differenti nelle varie ore del giorno. Le radici si raccolgono da settembre a ottobre, sono ricche di principi attivi, fra i quali colina, sostanze amare, insulina, potassio, ferro, calcio. Ricerche attualmente in corso in campo medico riguardano proprio l’insulina, un ormone contenuto nella radice che si ritiene possa ridurre il tasso di lipidi nel sangue, come il colesterolo e i trigliceridi. Inoltre sembrerebbe favorire l’assorbimento di minerali come il magnesio e il calcio,
Lucarelli
Fitoterapia Pianta amara, è ritenuta una grande amica del nostro fegato
contribuendo con questo a proteggere le ossa. Nel Medioevo, il succo era considerato un ottimo de-ostruente contro gli ingorghi di milza e fegato; in passato, nelle campagne, unito allo zucchero bianco e cotto fino alla consistenza di sciroppo era impiegato come depurativo per i neonati. Nella prima parte del secolo scorso in farmacia si confezionavano sciroppi composti di cicoria con effetti amaro depurativi. Il decotto di radici era bevuto contro l’anemia e come tonificante per depurare il sangue.
Castore Durante, illustre medico e studioso vissuto nel 1500, consigliando la Cicoria per il trattamento di numerose patologie, così si esprimeva: «Di dentro, cotta nel vino e bevuta, purga la collera e i viscosi umori; il seme pesto, bevuto al peso di una dramma in vino, giova ne i parossismi della febbre; la decottione delle foglie e radici bevuta calda giova al fegato, alla milza e agli hidropici». Alle radici in forma di decotto o sciroppo sono oggi riconosciute proprietà diuretiche, depurative, ipoglicemizzanti, colagoghe (significa che
agiscono su fegato e bile); alle foglie, in forma di succo o infuso, raccolte da agosto a settembre sono attribuite proprietà toniche, stimolanti delle funzioni digerenti e del fegato, diuretiche e blandamente lassative; e allo stesso modo i fiori, raccolti da giugno a settembre, hanno proprietà colagoghe, disinfiammanti e disinfettanti. Il succo fresco di foglie, con aceto e olio di rose, era frizionato contro il mal di testa. La cicoria è un vasodilatatore naturale e ha un forte valore energetico, 100 gr di foglie racchiudono 16 kcal. Attorno al XVIII secolo, si scoprì il procedimento della tostatura del caffè. Giungevano in Europa navi cariche di quintali di chicchi finalizzati alla produzione di questa inebriante nuova bevanda. Napoleone I, agli inizi del XIX secolo, volendo mandare in rovina l’economia britannica decretò il blocco delle navi inglesi, con il divieto di importare zucchero di canna e, per l’appunto, il caffè. Si affermò in tal modo la pratica della tostatura delle radici di cicoria e si commercializzò il pregiato «Caffè cicoria», uno dei più noti sostituti della famosa bevanda, privo di caffeina ma ricco di sostanze minerali e dal sapore molto gradevole, tuttora molto usato in Nord Europa. Un recente studio (2011), effettuato da ricercatori ungheresi, ha dimostrato i notevoli effetti antitrombotici del caffè di cicoria, probabilmente indotti dai composti polifenolici di cui questa bevanda è molto ricca. Bigliografia
Gabriele Peroni, Trattato di Fitoterapia Driope, Nuova Ipsa editrice.
Giochi
Vinci una delle 3 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba e una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il sudoku
Cruciverba Forse non tutti sanno che Vittorio Emanuele III, per la sua bassa statura di 153 cm, aveva bisogno di una… per cui fu soprannominato… Termina le frasi leggendo, a cruciverba risolto, le lettere nelle caselle evidenziate. (Frase: 5, 2, 6 – 11)
ORIZZONTALI 1. Larghe se si è forti 6. Il pentito se le mangia 9. Tessera per l’accesso 10. Nota tragedia dell’Alfieri 12. Andati alla latina 13. I «capitoli» del Corano 14. Sono in mezzo alla strada 15. In genere... sono estremi 16. Simbolo di bellezza 17. Il ritorno del pendolo 18. Le «bacia» il poeta 19. Un Umberto scrittore 20. Non si lascia a piedi! 23. Incanto... ma non meraviglia 24. Le iniziali dell’attore belga Renier 25. Terzogenito di Adamo 26. Strumento musicale di terracotta
1
2
3
4
5
9
10
12
6
8
11
13
15
14
16
17
18 20
7
19
21
22
23
24 25
26
Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch
I premi, cinque carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco.
VERTICALI 1. Disinvolto, sicuro di sé 2. Si spalma sul pane 3. Gli dei di Sigfrido 4. Lusso... fuori uso 5. Profugo 6. Un numero 7. 49 romani 8. Giaciglio pensile 11. Desinenza verbale 13. Grava sul basto 14. Isola dell’Adriatico 16. Fu imprigionato con l’apostolo Paolo 17. Simbolo chimico del tantalio 18. La traccia dell’aereo 21. Le iniziali dell’attore Seagal 22. Ripida, scoscesa 24. Si spendono a Tokio 25. Modifica lo stato civile Partecipazione online: inserire la
soluzione del cruciverba o del sudoku nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la so-
Sudoku Soluzione:
Scoprire i 3 numeri corretti da inserire nelle caselle colorate.
5
3 7
2
6
4
6
6 8 1
1 1
3 6
9
7
4
5
6
3
6
2 9
8
6
9
1
8
7 2
4
3
7
8 Soluzione della settimana precedente
UNO SPIRITOSO SALUMIERE – La cliente al salumiere. «Mi scusi, il prosciutto lo vorrei più spesso» Risposta risultante: «ALLORA VENGA DA NOI TUTTI I GIORNI»
A R E A
L A G N A
V E T T A
U R I B A V I N G
L O T O R O T R I S G E R I U
D I E N A D I A Z T I O O S T
I R I D E
O N E A T I S N I R E O N
luzione, corredata da nome, cognome, indirizzo, email del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 6315, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui
8
9
6
1
5
2
7
3
4
2
7
4
6
8
3
1
5
9
5
3
1
4
7
9
6
2
8
1
5
3
9
2
7
4
8
6
4
8
2
5
6
1
3
9
7
9
6
7
8
3
4
2
1
5
3
2
5
7
9
6
8
4
1
7
4
9
2
1
8
5
6
3
6
1
8
3
4
5
9
7
2
concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.
«L’appetito vien grigliando.» Regola per il grill di Anna T.
30%
Filetto di tonno per 100 g, per es. M-Classic, pesca, Oceano Indiano occidentale, 4.40 invece di 6.30
4.40
Burger ai funghi Cornatur Viva Grill mi 2 pezzi, 150 g
Hit
5.95
Bratwurst Grill mi in conf. speciale Svizzera, 4 pezzi, 568 g
5.90
Ricetta breve della senape al timo: mischiare 3 cucchiai di senape dolce con 1 cucchiaio di miele e foglioline di timo tritate finemente. Questa salsa semplicissima regala più gusto a ogni grigliata.
Migros Ticino Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Carré d’agnello M-Classic Australia/Nuova Zelanda, imballato, per 100 g
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
27
Politica e Economia Cono Sur: terza parte Il ruolo delle Forze Armate nel Brasile di Bolsonaro, spettro di una nuova dittatura?
Mondi a confronto Il saggio del docente canadese Daniel Bell in Cina suscita scalpore perché sostiene che la meritocrazia confuciana è superiore alle liberaldemocrazie occidentali
Tassi giù, franco su Nuovi dazi americani su merci cinesi, svalutazione della valuta cinese, politica monetaria espansiva: il franco torna ad essere una valuta rifugio pagina 30
pagina 29
pagina 28 Mikhail Gorbaciov e Erich Honecker (al centro) a Berlino in occasione del 40.mo anniversario della DDR nel 1989. (Keystone)
Ostalgie, ovvero la nostalgia dell’Est La questione tedesca Il 3 ottobre 1990 il mondo festeggiava l’annessione (più che l’unificazione) della DDR
alla Germania Federale, ma il sentimento identitario della Germania comunista, che non si è mai sentita una succursale dell’Urss, non è venuto meno anche negli anni successivi Lucio Caracciolo Trent’anni fa la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) si apprestava a celebrare i suoi primi quarant’anni di vita. Sarebbero stati gli ultimi. Travolto dalle sue rigidità interne e dalla rinuncia di Mikhail Gorbaciov a difendere il proprio impero esterno – in particolare la sua avanguardia tedesca – il regime di Erich Honecker s’accartocciava su se stesso, fra tardivi impulsi riformatori e coriacee resistenze conservatrici. Fino al crollo del Muro di Berlino (9 novembre 1989) cui seguirà, con inattesa rapidità, l’annessione della DDR alla Germania Federale, il 3 ottobre 1990. Festeggiata nel mondo non solo occidentale come fine della questione tedesca e avvio della pacifica riunificazione d’Europa. La cronaca, prima ancora che la storia, ci informa che non è così. Le illusioni degli anni Novanta del secolo scorso sono evaporate. Il nostro continente è frammentato – impossibile
persino contarne con unanime precisione gli Stati. La Germania è istituzionalmente unificata – salvi i territori annessi da Urss (oggi Russia) e Polonia dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale, cui nel 1990 ha rinunciato per trattato. Al suo interno si agitano però antichi e nuovi regionalismi, che ne hanno sempre messo in dubbio l’effettivo carattere di Stato nazionale. Il caso storicamente più rilevante riguarda la Baviera, che continua a coltivare una sua autonomia, anche sul piano internazionale, tale da non poter essere schiacciata su Berlino. Ma la novità geopoliticamente più interessante è la permanenza, anzi il rafforzamento della ex DDR come riferimento identitario. Non si tratta solo di una moda o di un clima culturale. La ormai famosa/ famigerata Ostalgie – nostalgia dell’Est – è l’atmosfera entro cui si coagula la ricerca delle radici comuni di una comunità che si è sentita maltrattata e disconosciuta dai concittadini dell’ex Germania occidentale. L’unificazione
avvenne di fatto per annessione: i cinque «nuovi Länder» dell’ex DDR furono integrati nella Bundesrepublik a costituzione costante. Allo stesso tempo, nei territori annessi scattò un’operazione di tipo coloniale, liquidando gli apparati della Germania comunista con tutto o quasi il loro personale. Ne scaturì una massa di umiliati e frustrati, che difficilmente avrebbero potuto integrarsi nel nuovo Stato di appartenenza. Inoltre, i formidabili investimenti – circa duemila miliardi di euro – che negli anni sono stati riversati nell’ex DDR hanno ridotto il differenziale economico e sociale fra le due Germanie. Eppure il distacco fra queste in termini di produzione e reddito pro capite resta notevole. Ancora più stridente lo scarto fra i sistemi politici e le rispettive culture sociali. Nella cosiddetta ex Germania dell’Est – storicamente Mitteldeutschland, Germania centrale – gli eredi della SED, il partito-Stato comunista, ridipinti e modernizzati come
Linke (Sinistra) sono un fattore inaggirabile del panorama politico e istituzionale, oltre che forza di governo in diverse realtà locali. Ma il fatto più importante è la rinascita del nazionalismo tedesco sul suolo dell’ex Germania comunista. Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania) ha il suo bacino di origine nei «nuovi Länder», dove vanta tuttora il consenso più corposo, di qui poi diramandosi, con minor successo, nelle regioni occidentali. Incorpora al suo interno settori della destra nazionalliberale, una ragguardevole quota di estremisti, inclusi alcuni criptonazisti, ma anche diversi ex comunisti (o semplicemente comunisti convertiti al nazionalismo, sulla scia del nazionalbolscevismo alla Ernst Niekisch). Fenomeni apparentemente eccentrici, incomprensibili secondo i canoni politologici. Visti in prospettiva storica, appaiono meno inspiegabili. Contrariamente a quanto sostenuto dalla propaganda ma anche dalla storiografia
dominante ai tempi della Guerra fredda e anche oltre, sia in campo occidentale che orientale, la DDR non era semplicemente succursale dell’impero sovietico. Era anche, nel lungo termine forse soprattutto, uno Stato tedesco. Un sistema entro il quale tradizioni e culture germaniche serbavano un certo grado di continuità col passato. Sotto la stretta sorveglianza della potenza occupante, certo. Ma senza rinunciare alla propria identità. E ciò fin dall’inizio del dominio sovietico. La storiografia più evoluta ha ormai analizzato in profondità i contrasti ricorrenti fra Mosca e Berlino Est. Culminati nel rifiuto da parte di Erich Honecker delle riforme gorbacioviane, nella consapevolezza, rivelatasi corretta, che avrebbero provocato il crollo del regime sovietico, oltre che della stessa DDR. Ci vorranno molti anni per giungere a una riunificazione effettiva delle due Germanie. A meno che, invece di chiudersi, la forbice tenda ad allargarsi. Così riaprendo la questione tedesca, che si voleva risolta con la caduta del Muro.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
28
Politica e Economia
Lo spettro della dittatura
Cono Sur L’ex militare e rappresentante dell’ultra destra Bolsonaro è stato eletto presidente del Brasile lo scorso
ottobre grazie ai voti dei cristiani evangelici, dei gruppi neoliberisti e soprattutto delle Forze armate – 3. parte
Angela Nocioni Che fosse un nostalgico della dittatura non l’aveva mai nascosto. Che fosse un custode attento degli interessi dei militari in Brasile, neppure. L’ex capitano di polizia Jair Bolsonaro, attuale presidente della repubblica brasiliana, ha sempre detto di essere quel che è, un militarista forsennato. Ha anche pubblicamente elogiato la dittatura dell’ex tiranno del Paraguay, Stroessner, se non bastassero i ritratti di dodici personaggi di primo e secondo piano della giunta militare (1964-1985) tenuti per anni appesi nel suo ufficio di deputato a Brasilia. Nei 28 anni in cui è stato in parlamento, il 32% dei progetti di legge ai quali ha partecipato riguardavano interessi militari. Ha proposto in campagna elettorale un sistema di controllo forzato delle nascite tra la popolazione povera. Ha detto a una deputata che era «talmente brutta da non meritare di essere stuprata». Ciò non ha impedito a Bolsonaro di essere eletto con il 53% del voto popolare. Meno scontato era però che facesse davvero irrompere i militari nella vita politica brasiliana come diceva. E invece l’ha fatto. Ha subito nominato ministri sette militari, più un vice militare anche lui. Mai dalla fine del governo militare s’era visto nulla di simile al governo del Brasile. Non solo. Ha lasciato che si addensasse un’area capace di esercitare Annuncio pubblicitario
influenza, quando non direttamente di gestire potere, tra giudici e militari. Un asse politico. Basti guardare chi s’è scelto come consigliere: Antonio Dias Toffoli, il presidente della Corte suprema, nei fatti uno degli uomini più potente del Paese. All’inizio ha nominato come suo consigliere speciale il generale Fernando Azevedo e Silva, e quando il generale è stato chiamato a fare il ministro della Difesa, l’ha sostituito con un altro militare, il generale Ajax Porto Pinheiro, ex comandante delle truppe delle Nazioni unite ad Haiti. Un altro militare ritirato, Alberto Santos Cruz, è stato indicato all’inizio del governo come coordinatore del consiglio di ministri per relazionarsi con il Parlamento. E quale deputato osa fare giochi politici durante qualsiasi negoziazione con il governo sotto gli occhi di un militare? La percezione di una aumentata assenza di sicurezza ha negli ultimi anni gonfiato il consenso dei militari tra comuni cittadini. I militari sono anche stati cruciali nel gioco politico degli ultimi anni. Fu una notizia sorprendente anni fa ascoltare i comandanti dell’esercito dire all’allora presidente della repubblica Dilma Rousseff che si sarebbero rifiutati di eseguire gli ordini di intervenire contro manifestazioni di protesta. Altro momento di venuta allo scoperto della lobby militare nella vita politica recente è stato
Bolsonaro in occasione di una parata militare a San Paolo nell’aprile scorso. (AFP)
quando, poche ore prima che il Tribunale supremo decidesse se esonerare dalla detenzione l’ex presidente Lula da Silva (candidato favorito alle elezioni poi vinte da Bolsonaro), il capo
dell’esercito, Eduardo Villas Bôas, ha twittato che la sua «forza ripudiava l’impunità». Il Tribunale supremo ha mantenuto in prigione Lula facendolo fuori dalle elezioni. Tra i collaboratori del presidente Bolsonaro i militari sono decisivi dall’inizio. La prima nomina eminente fu quella del generale Antônio Mourão, quello che durante la crisi politica per l’impeachment dell’allora presidente Dilma Rousseff agognò un «intervento militarcostituzionale». Molto influente è stato il generale Augusto Heleno Ribeiro Pereira che si occupa degli apparati di sicurezza. Un lavoro certosino della lobby militare riguarda tutte le norme sull’agrobusiness e sulla deforestazione dell’Amazzonia. Ha grande gelosia del dossier Amazzonia la casta militare, da sempre, e vede di pessimo occhio le ONG ambientaliste. I legami del presidente Bolsonaro con i militari attivi e in riposo sono conosciuti e da lui rivendicati come fiore all’occhiello della sua affidabilità. Perché il 53% degli elettori brasiliani l’ha votato? Perché lui ha promesso ordine e la maggioranza dei brasiliani è disposto a farselo dare da un ex militare dal linguaggio violento e razzista. Il fenomeno Bolsonaro non è solo il risultato dell’esplosione dei vecchi partiti dopo le inchieste a tappeto sul finanziamento alla politica e la corruzione, non è solo la conseguenza del terremoto della classe dirigente per via giudiziaria. È anche l’espressione della finora inconfessabile voglia di un po’ di autoritarismo, di svolta a destra, che serpeggia da tempo nei tanti brasiliani, seppur silenti, che non si sentivano comodi nel lulismo. Quelli a cui non è mai andata giù del tutto quella legge per le quote riservate ai neri nelle università voluta dalla sinistra al governo, o quel 20% dei futuri posti nei concorsi pubblici da riservare a neri, o i nuovi diritti dei camerieri a domicilio previsti dalla civilissima quanto detestata legge per regolamentare il lavoro domestico (diritto a una giornata di lavoro non più lunga di otto ore, diritto alla retribuzione dello straordinario). La promessa di ordine attraverso una repressione militare spiccia della delinquenza e la tolleranza totale per l’uso delle armi da fuoco garantita da Bolsonaro hanno fatto il resto. Alla maggioranza dei brasiliani oggi piace
molto la frase di moda «l’unico bandito buono è il bandito morto». Già l’ultimo Congresso era il più a destra della storia del Brasile. Già alle penultime elezioni i sindacalisti erano spariti dagli scranni dell’Aula lasciando il posto a un’orda di militanti evangelici ed ex militari di varie provenienze. Il Parlamento in carica è per metà composto di debuttanti, eletti da formazioni nate da poco, sigle mai sentite prima, una trentina di partiti dalla ideologia indefinibile, ma quasi tutti di estrema destra. Un esempio per tutti: il Partito social liberale che ha candidato Bolsonaro (approdato al Psl dopo aver visto la sua candidatura rifiutata da altri a destra) nel 2014 aveva un solo deputato, oggi ne ha 52 (militari, poliziotti, un ex attore porno, un ex atleta olimpico, un’agente diventata famosa per un video in cui spara a un ladro o supposto tale). Il gruppo parlamentare principale rimane comunque quello del Partito dei lavoratori, con 56 deputati, ma non è in grado numericamente di contrastare il partito trasversale dell’ultradestra né di fronteggiare il lavaggio del cervello via social che la sua propaganda sa svolgere. Il fatto drammatico è che nel Brasile iperconnesso, in cui gran parte della popolazione si informa solo tramite social network, le notizie vere e false che hanno accompagnato e continuano ad accompagnare le inchieste sulla corruzione e il finanziamento illecito ai partiti – a tutti i partiti, non solo al pt – finiscono per ribollire tutte insieme in una poltiglia indecifrabile dagli effetti tossici. L’odio verso il pt, nel mezzo di una crisi economica che ha inviperito l’aspirante nuova classe media illusa nell’era lulista del boom (2003-2010) dalla possibilità di consumare di più e meglio benché a rate, s’è nutrito di questo clima ed è cresciuto andando ben oltre le responsabilità politiche e personali dei suoi dirigenti. Si è diffuso al punto dal far digerire senza il minimo sussulto – al Brasile, ma anche al resto del mondo – il fatto clamoroso che il giudice Sergio Moro, dopo aver mandato in galera Lula, candidato favorito alle presidenziali secondo tutti i sondaggi, abbia accettato la nomina a ministro della Giustizia avuta da un presidente (Bolsonaro) che mai sarebbe diventato tale senza quell’arresto.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
29
Politica e Economia
Le democrazie sono fallite?
Controversia In un suo recente saggio, il docente canadese in Cina Daniel S.Bell teorizza la validità del modello
cinese e i limiti del sistema occidentale. Una tesi che va nella direzione tracciata anche da Putin
Federico Rampini Quando ero corrispondente a Pechino, dal 2004 al 2009, ricordo di essere rimasto impressionato dalla composizione dei governi cinesi. Vi abbondavano i plurilaureati, soprattutto gli ingegneri. C’erano dei top manager, incluso un ex dirigente del gruppo tedesco Audi. Molti avevano compiuto studi all’estero. La percentuale di Ph.D. (dottorati di ricerca) era superiore a qualsiasi governo occidentale. Il livello di competenza non era casuale, era il frutto di una selezione voluta e sistematica. Il regime continuava a definirsi comunista ma del comunismo aveva abbandonato molti principi, con l’eccezione del potere assoluto del partito. Il suo sistema di valori stava evolvendo in modo evidente, con il recupero della tradizione confuciana. Ma Kongzi o il Maestro Kong (Confucius è il nome latinizzato), vissuto dal 551 al 479 prima di Cristo, ha lasciato un insegnamento complesso che è stato reinterpretato più volte. La versione che piace ai leader cinesi è l’ultima interpretazione paternalistico-autoritaria che ne fece Lee Kuan Yew, il fondatore della moderna città-Stato di Singapore. Tra gli
Il saggio di Bell non vuole convincerci della superiorità della Cina ma vuole rimettere in questione alcuni nostri stereotipi aspetti dell’eredità confuciana su cui il modello Singapore è fondato, c’è la meritocrazia: partendo dall’antica tradizione degli esami con cui si accedeva alle alte sfere del mandarinato, la burocrazia dell’Impero Celeste, Lee Kuan Yew volle affidare Singapore ad una classe dirigente selezionata dalla competenza, non dal suffragio universale. I risultati sono stati spettacolari, Singapore era un buco nero di miseria del Terzo mondo alla fine degli anni Cinquanta, oggi è una tecnopoli opulenta, una delle città più moderne, efficienti e ricche del pianeta. La Cina non si può paragonare a quel micro-modello, avendo 1,4 miliardi di abitanti. Però anche la sua classe dirigente, adattando alcune ricette di Singapore, ha avuto risultati fenomenali: in un quarto di secolo ha sollevato dalla miseria più di mezzo miliardo di persone, un miglioramento di benessere che non ha precedenti nella storia dell’umanità. Lo ha fatto con un regime politico che ancora stentiamo a definire. Termini come «comunista», ma anche «dittatoriale», sono inadeguati: vanno bene per la Corea del Nord, non per un regime cinese che consente ai propri cittadini di viaggiare liberamente all’estero, di studiare nelle università americane, di scegliersi il lavoro che vogliono, di arricchirsi. Autoritario lo è di certo, il sistema politico cinese, visto che i suoi dirigenti non vengono eletti dal popolo; e maneggiano con determinazione gli strumenti della censura di Stato o della repressione poliziesca. C’è però un limite all’autoritarismo, poiché è evidente che il regime vuole assicurarsi un consenso di massa. Questo consenso viene dalla «performance», dai risultati dell’azione di governo. I politici cinesi sono giudicati dai benefici che offrono alla popolazione: lavoro, reddito, sicurezza, istruzione, salute. In quanto all’autoritarismo, anch’esso viene giustificato in modo esplicito attingendo alla visione confuciana: il sovrano è come un buon padre di famiglia, deve curarsi del benessere di tutti i membri
Gli insegnamenti di Confucio vengono impartiti in una scuola di Suzhou nell’est della Cina. (Keystone)
della sua comunità; questi ultimi però hanno doveri di obbedienza, e devono anteporre l’interesse collettivo ai diritti individuali. Confuciano-paternalistameritocratico, forse è la definizione che descrive meglio quel regime. E ci costringe a rimettere in discussione alcune delle nostre certezze. L’Occidente vive una profonda crisi d’identità, una caduta di autostima. Le liberaldemocrazie hanno perso la fiducia di ampi strati della popolazione; forse solo negli anni Venti e Trenta del secolo scorso ci furono correnti anti-democratiche così forti in mezzo a noi. Un momento-chiave di questa perdita di fiducia è stata la grande crisi del 2008-2009, catalizzatore estremo di processi già in atto da decenni: l’aumento spaventoso delle diseguaglianze, l’impoverimento delle classi lavoratrici, la finanziarizzazione dell’economia, l’arroganza delle oligarchie del denaro. Tutto questo avveniva mentre al timone delle liberaldemocrazie c’erano classi dirigenti «tradizionali»: regolarmente elette dai cittadini; talvolta anche selezionate in base a competenze tecnocratiche. Non si può dimenticare il ruolo avuto dagli «esperti», economisti e banchieri centrali in testa, incapaci di avvistare e prevenire la crisi del 2008 o peggio ancora corresponsabili nel crearne le cause. Oppure di quei tecnocrati che hanno regalato all’Eurozona i parametri inflessibili del Patto di Stabilità, infliggendole un decennio di stagnazione. Allo shock del 2008-2009 alcune comunità di cittadini-elettori hanno reagito portando al potere l’opposto dei tecnocrati: abbiamo così le nuove classi dirigenti populiste (Donald Trump, Boris Johnson, Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle) che professano disprezzo verso i tecnocrati. Ma in termini di risultati dell’azione di governo,
le cose non sembrano migliorate. E permane la sfiducia sulla capacità della democrazia di selezionare buoni governi. Una constatazione s’impone. Anche in America e in Europa dove le tradizioni liberaldemocratiche sono più antiche, molti cittadini non vi aderiscono principalmente per profonde convizioni valoriali, ma solo nella misura in cui quei sistemi politici sono in grado di fornire risultati. Il periodo di maggiore consenso verso la democrazia coincise con i «trent’anni gloriosi» dopo la Seconda guerra mondiale: quando il boom della ricostruzione generò lavoro e benessere crescente, consentì il finanziamento del Welfare, in un contesto di solidarietà e redistribuzione che manteneva le diseguaglianze entro limiti accettabili. Siamo convinti democratici, finché la democrazia non ci tradisce. È in questo contesto che arriva come una «bomba» il libro di uno studioso canadese che teorizza la validità del sistema cinese. È un saggio scomodo, ha suscitato controversie, soprattutto negli Stati Uniti. L’autore è Daniel S. Bell, docente in Cina alla Shandong University. Ora il libro è disponibile in italiano: Il modello Cina. Meritocrazia politica e limiti della democrazia (Luiss University Press). È un saggio che parte dalla conoscenza approfondita della storia cinese e del pensiero confuciano, due caratteristiche rare tra gli occidentali. È un invito all’umiltà, per chiunque sia convinto della superiorità dei nostri sistemi politici. «La pratica di scegliere i principali leader di un paese attraverso elezioni competitive libere ed eque – scrive Bell – ha una storia relativamente breve (meno di un secolo in quasi tutti i paesi, rispetto a – per fare un esempio – i milletrecento anni del sistema degli esami imperiali in Cina). Come ogni altro sistema poli-
tico, ha vantaggi e svantaggi, e sembra troppo presto affermare che sia il migliore sistema di tutti i tempi. In modo più sostanziale, sembra peculiare assumere una posizione quasi dogmatica in favore di un sistema che non richiede ai propri leader esperienza e competenza. Ci sono molti modi di esercitare il potere – sul posto di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, e così via – e in quegli ambiti l’assunto naturale è che sia necessaria l’esperienza prima che i leader esercitino il potere. Nessuna azienda o università sceglierebbe un leader senza una sostanziale esperienza di leadership di qualche sorta, preferibilmente nello stesso campo. Eppure il potere politico costituisce un’eccezione: è accettabile scegliere un leader che non ha precedente esperienza politica, purché scelto con il meccanismo una testa-un voto». Bell non disprezza le idee fondanti della democrazia liberale, ammette che l’avere uguale diritto a partecipare alla politica nazionale è stato considerato come «una chiave della dignità umana». Riconosce che «il voto è un rituale comune che produce e rafforza un senso di solidarietà civica, quando votiamo ci sentiamo parte di una comunità». E tuttavia questo valore unificante si è affievolito: negli Stati Uniti, in Europa, in India, le democrazie negli ultimi anni lungi dal creare un senso di solidarietà civica hanno esaltato le divisioni, fino ad arrivare a polarizzazioni estreme, laceranti. Nelle ultime stagioni elettorali la tendenza è dividersi in tribù ideologiche ostili, che si delegittimano a vicenda. Inoltre l’aureola filosofica non serve a «vendere» la democrazia elettorale e pluri-partitica ai cinesi, «perché i sondaggi politici rilevano che i cittadini di società dell’Asia orientale comprendo-
no tipicamente la democrazia in termini sostanziali più che procedurali: vale a dire, tendono a stimare la democrazia per le conseguenze positive a cui conduce piuttosto che stimare le procedure democratiche in sé». In questo senso la performance della Cina che si è salvata dalla recessione nel 2008-2009 mentre Europa e America sprofondavano in una crisi grave, sembra un verdetto chiaro: Pechino è governata meglio di Washington, Londra, Berlino e Parigi. Bell prende anche in considerazione altri studiosi occidentali critici verso la democrazia, come l’economista Paul Collier (autore de L’ultimo miliardo) il quale ha dimostrato come la democrazia esportata in paesi poveri e con divisioni etniche tenda ad aumentare la violenza. Il saggio di Bell è stato visto da alcuni come un attacco all’Occidente, in una fase già difficile: il numero di democrazie nel mondo regredisce (dopo il periodo di espansione tra gli anni Settanta e la caduta del Muro di Berlino); in America e in Europa gli elettori danno crescenti segnali di sfiducia ai propri governi; nei regimi autocratici c’è chi teorizza il nostro declino, come Putin. Bell non vuole convincerci della superiorità del modello cinese, però confuta alcuni nostri stereotipi con queste quattro affermazioni: «1) per una comunità politica è un bene essere governati da leader di elevata qualità; 2) il sistema politico della Cina a un solo partito di governo non sta per crollare; 3) l’aspetto meritocratico del sistema è parzialmente buono; 4) può essere migliorato». C’è di che riflettere, anche se le vicende di Hong Kong insinuano il dubbio sulla capacità dei tecnocrati cinesi di prevedere e governare le crisi quando esulano dalla sfera puramente economica.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
30
Politica e Economia
Tassi d’interesse bassi ancora a lungo Politica monetaria Le banche nazionali li favoriscono con la riduzione dei tassi direttori. Si teme un rallentamento
della congiuntura e il franco svizzero diventa bene rifugio
Ignazio Bonoli Anche i primi giorni del mese d’agosto sono stati contrassegnati da forti movimenti sui mercati finanziari. L’acuirsi del contrasto fra Cina e Stati Uniti sulla questione dei dazi doganali ha avuto ripercussioni sui mercati valutari. Qui una svalutazione della moneta cinese, in risposta a nuovi dazi americani sui prodotti cinesi, ha suscitato non poche preoccupazioni. Una delle conseguenze è stata ancora una volta una spinta al rialzo sul franco svizzero, considerato moneta rifugio per eccellenza. Anche il mercato dell’oro ha subito forti spinte al rialzo per gli stessi motivi. La Banca Nazionale Svizzera si è mossa per evitare soprattutto una troppo forte rivalutazione dell’euro sul franco svizzero. Ma la forte domanda di franchi non ha modificato la tendenza al continuo calo dei tassi di interesse anche in Svizzera. Alcune banche hanno perfino annunciato l’introduzione di tassi di interesse negativi sui depositi che superano una certa cifra. Si è quindi intensificata la tendenza agli investimenti in beni materiali (tra i quali gli immobili) e alla tesaurizzazione, in attesa di tempi migliori. Ma entro quando i tempi potranno essere migliori è sempre più difficile prevedere. I tassi di interesse negativi si sono, infatti, generalizzati a livello mondiale e in taluni casi con proporzioni superiori a quelle svizzere. Del resto di questa evoluzione sono complici anche
alcune banche centrali, come quella americana e quella europea, che hanno decretato nuove diminuzioni dei loro tassi direttori. A questa tendenza non può sottrarsi nemmeno la Banca Nazionale Svizzera. Molto dipenderà dall’evoluzione del rapporto franco-euro. Già la soglia di 1,10 franchi, toccata a inizio agosto, ha creato preoccupazioni soprattutto fra gli esportatori elvetici. E questo proprio in un momento in cui il loro partner principale, la Germania, è ormai giunto sull’orlo della crisi. Nel mondo bancario svizzero non si nascondono timori di una discesa dell’euro fin verso 1,05 franchi, il che potrebbe provocare una stabilità dei tassi della BNS almeno fino al 2020. Non si esclude però una lieve modifica al ribasso all’inizio del prossimo anno. Per quanto concerne i tassi di interesse negativi, non si prevede un cambiamento di tendenza per i prossimi due anni. Tuttavia, alcune banche ritengono molto limitato lo spazio di manovra per un’eventuale riduzione dei tassi direttori. Uno dei compiti della BNS è anche quello di mantenere una certa stabilità sui mercati finanziari, per cui è necessaria la massima prudenza nelle manovre sui tassi direttori. In un simile contesto diventa sempre più difficile, tanto per il privato, come per gli investitori istituzionali, orientare i propri investimenti finanziari. Secondo alcuni esperti, fra cui il VZ Vermögenszentrum di Zurigo,
Anche la BNS non può sottrarsi alla tendenza di tassi d’interesse bassi. (Keystone)
i tassi di interesse bassi, o perfino negativi, dureranno ancora per parecchi anni in Svizzera. I più ottimisti, come il Capo dell’Ufficio investimenti dell’UBS, si limitano al minimo a due anni. Dal canto suo, il Capo economista della Banca Migros aggiunge che se anche i tassi d’interesse negativi scompariranno, non si potrà tornare subito
alla precedente normalità. Probabilmente i tassi di interesse resteranno bassi per i prossimi dieci anni. Scenario che è ritenuto plausibile anche da altre banche. Le implicazioni per gli investitori sono chiare. Essi devono tener conto non solo dei tassi di interesse, ma anche dell’inflazione. Un minimo di inflazio-
ne basta per rendere negativi i rendimenti reali degli investimenti, per cui si vede scendere il valore del proprio denaro. Oggi gli investimenti cosiddetti sicuri, come i titoli di Stato, sono importanti in molti portafogli, nell’ambito di qualsiasi diversificazione dei rischi. Di questi tempi però, anche in questo caso la perdita è sicuramente garantita. Di conseguenza, anche nella gestione di portafogli istituzionali, per esempio come quelli delle casse pensioni, per ottenere almeno un rendimento del 4-5% si deve essere disposti a correre maggiori rischi che in passato. Ricordiamo in proposito che la prevista riduzione del rendimento, chiesto dalla Legge sulla previdenza professionale, si fermerà al 6%. Secondo molti gestori di patrimoni non resta che rifornire il portafoglio con azioni o anche immobili. Senza entrare in altri particolari per le alternative possibili, possiamo constatare che per le azioni si punta a una lunga durata e quindi si attendono i dividendi. Se, però, le aziende soffrono del momento congiunturale, può nascere qualche problema. Lo stesso ragionamento vale anche per gli immobili dove ci si avvicina a una saturazione e a un calo congiunturale della domanda. Se poi ci si rivolge all’estero, c’è anche il rischio di cambio. Secondo il CEO della Raiffeisen, una rendita lorda degli immobili non può scendere sotto il 3% per essere una possibile alternativa. Annuncio pubblicitario
Vezia sportiva. Più muscoli per meno soldi.
o t n e m a n Abbo a soli ! i h c n a r f 0 59
Il 6 settembre 2019 ACTIV FITNESS aprirà a Vezia il suo quinto centro in Ticino. Qui, su una superficie di oltre 1’200 m2 distribuiti su 1 piano, proponiamo un’offerta completa in tema di fitness: forza, resistenza, corsi di gruppo, sauna/bagno turco, spazio bambini nonché consulenza e assistenza illimitate. Vieni a sottoscrivere il tuo abbonamento annuale a prezzo speciale soli 590 franchi anziché 740 per l’intera offerta fitness. Studenti (fino a 29 anni), apprendisti e beneficiari AVS*/AI pagano addirittura soli 490 franchi anziché 640. La promozione è valida fino al 30 settembre 2019 unicamente presso il centro di Vezia. L’offerta speciale è riservata esclusivamente ai nuovi soci e a chi in passato è già stato iscritto ad ACTIV FITNESS. Non sono ammessi ulteriori sconti. Ti aspettiamo! *Donne dai 64 anni, uomini dai 65 anni Orari d’apertura: lunedì e mercoledì 7:00 – 22:00, martedì, giovedì e venerdì 8:00 - 22:00, sabato e domenica 9:00 - 18:00.
Novità: ACTIV FITNESS Vezia, Via San Gottardo 5, 6943 Vezia, Tel. 091 821 73 10
Forza · Resistenza · Corsi di gruppo · Wellness · Spazio bambini www.activfitness.ch
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
31
Politica e Economia Rubriche
Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi Fuori dalla crisi: adesso! Il titolo di questo articolo è stato permutato da un saggio che Paul Krugman, premio Nobel dell’economia, ha scritto qualche anno fa per dimostrare che, addirittura a livello mondiale, era arrivato il momento di smetterla di parlare di crisi. Krugman avrà mille ragioni per affermare che siamo usciti dal tunnel della grande recessione, a livello mondiale, avviata dalla crisi bancaria dei cosiddetti «subprime» negli Stati Uniti. Non solo, ma può darsi anche che la sua opinione venga ascoltata e approvata quasi dappertutto. Ciò nonostante, non troverà il consenso dell’opinione pubblica ticinese. In Ticino quando si parla di economia lo si fa per denunciare una situazione di crisi permanente. È vero che qualche organizzazione di parte – come la Camera di commercio a volte, come l’AITI, in altre occasioni – interviene con
comunicati stampa nei quali si mette in evidenza questa o quella prestazione più che positiva della nostra economia. È altrettanto vero che dai ricercatori che si occupano dell’attualità economica sono state pubblicate, specie nel corso degli ultimi mesi, analisi incoraggianti sul divenire della stessa. Ciò non toglie che nel paese continui a dominare il sentimento che l’economia del Cantone Ticino è in crisi anche se i dati dell’andamento congiunturale e della crescita a medio termine sono lì per smentire il fondamento di questa opinione. Vediamo: la grande recessione ha provocato una diminuzione del prodotto interno lordo del Ticino pari al 2%, nel 2009. Dal 2009 al 2016 , il Pil ticinese ha invece conosciuto tassi di variazione annuali positivi. Nel 2010, nel 2011, nel 2013 e nel 2014, il tasso di crescita del Pil è stato superiore al
2% il che deve essere ritenuto come un’ottima prestazione, specie se riferita a quanto realizzato nel resto della Svizzera e in altri paesi europei. Non disponiamo ancora delle stime per il 2017 e per il 2018; possiamo tuttavia affermare che la crescita del Pil ticinese (ai prezzi dell’anno precedente) è stata vicina, anche in questi due anni, al livello del 2%. Ma il carattere eccezionale del lungo periodo di crescita che ha seguito la grande recessione del 2009 lo si rileva soprattutto nell’andamento del mercato del lavoro. Nel corso degli ultimi dieci anni si è registrata una diminuzione consistente della disoccupazione e un aumento, pensiamo senza precedenti, dell’occupazione. Il tasso di disoccupazione (SECO) è sceso dal 4,9%, nel 2009, al 3,4%, nel 2017. Nel corso del 2018 e del 2019 ha continuato a scendere ma ancora non
disponiamo della statistica ufficiale annuale. È probabile però che in questi due anni il tasso di disoccupazione ticinese si sia avvicinato al livello del 3% o anche meno. Per quel che riguarda l’occupazione possiamo rilevare che dal 2009 al 2017 sono stati creati in Ticino 30’000 nuovi posti di lavoro (al netto delle diminuzioni per chiusura di aziende o cessazione dell’attività). In termini relativi l’aumento complessivo è stato del 15,4%. Ricordiamo poi ancora che, dal 2009 a oggi, il tasso di inflazione è stato minimo. Insomma, se consideriamo l’andamento dell’economia ticinese nel suo insieme, nel corso degli ultimi dieci anni, non possiamo esprimere che un giudizio positivo. Altro che crisi! Non sarebbe però giusto non rilevare che il giudizio positivo complessivo nasconde qualche aspetto che dovrebbe continuare
a preoccuparci. Il primo, e certamente il più importante, è costituito dalla ristrutturazione del settore bancario e finanziario. Nel corso degli ultimi dieci anni non sono andati persi solamente diverse migliaia di posti di lavoro in questo settore, ma si è affievolita notevolmente anche la sua influenza positiva sull’evoluzione della produttività complessiva dell’economia ticinese. Siccome la produttività, anno sì, anno no, diminuisce, i salari in Ticino crescono molto lentamente e certamente più lentamente che nel resto della Svizzera . Poi ci sono le preoccupazioni create dal futuro della digitalizzazione e della robotizzazione. Ma, prima di parlare di crisi dovremmo dare tempo al tempo. Quella dei «subprime» è oramai più che dimenticata e la prossima ancora non si delinea all’orizzonte dell’economia ticinese.
più spregiudicato, il più sfacciato, il più incostante, il più aggressivo. Nonostante questo, o forse proprio per questo, è palesemente l’unico leader di cui disponga il centrosinistra; tranne i padri fondatori, che però hanno dovuto fare un passo indietro, anche a causa sua. Ora lavorerà per riprendersi il partito. Ma se dovesse cedere alla tentazione di farsene uno suo, commetterebbe l’ennesimo errore. L’altro protagonista è stato Beppe Grillo. Nella sua apparente follia, l’ideatore è tornato il leader dei 5 Stelle. E ha imposto un cambio di rotta. Sa che andare al voto oggi sarebbe un dramma per il movimento. Sa anche di non potere allearsi con l’arci-nemico Renzi, trattando con lui in prima persona. Ma una stagione incentrata su lavoro, diritti, ambiente, insomma i suoi temi, significherebbe per lui tornare centrale. Nicola Zingaretti si è mosso con cautela. Ha un po’ patito Renzi. Ha mandato avanti l’antico mentore Goffredo Bettini, a dire che se governo s’ha da fare che sia governo vero. Lui preferi-
rebbe andare al voto. Ma difficilmente potrebbe sopravvivere a una sconfitta netta contro Salvini, magari seguita dalla perdita dell’Emilia-Romagna. Si tratta di capire se riuscirà a intendersi con Luigi Di Maio, altro protagonista in difficoltà, che non riesce a scrollarsi di dosso l’immagine di leaderino svelto, accorto, furbo, ma incapace di guardare oltre l’orizzonte e l’interesse personale. Altrimenti avrebbe dato via libera al rivale interno Fico, che nella partita con il Pd in teoria aveva in mano carte migliori delle sue. Il migliore in campo si rivela a ogni occasione Sergio Mattarella (foto). Che in un clima simile il presidente della Repubblica riesca a godere del consenso popolare e del rispetto di un po’ tutti i partiti, è quasi un miracolo. Destinato a non durare: perché comunque finisca la crisi, il capo dello Stato scontenterà qualcuno; il quale agiterà le piazze e il web contro di lui. A maggior ragione se quel qualcuno fosse Matteo Salvini. Anche se la minaccia del leader leghista – «non si può fare un governo contro il
popolo» – non ha basi né politiche né giuridiche. In Italia si è parlato di Seconda Repubblica – e ora di Terza – senza cambiare la Costituzione della prima. Anche per questo il Paese si è ritrovato governi guidati da leader – Dini, Monti, Renzi, Conte – che non erano neppure eletti in Parlamento. Però i tentativi di riforma, magari maldestri, per semplificare il sistema e legare in modo più stretto il voto popolare e la definizione di una maggioranza sono stati clamorosamente bocciati nei referendum del 2006 e del 2016. Nel primo caso si votò soprattutto contro Berlusconi, nel secondo soprattutto contro Renzi. Ma si votò. E un po’ si è perso il diritto di lamentarsi. Se poi si torna al proporzionale, i partiti si sentiranno ancora più liberi di fare quello che vogliono. Perché – se volete una previsione, cari lettori – alla fine il governo si farà. E le Camere, dopo aver tagliato il numero dei parlamentari, riformeranno la legge elettorale in chiave proporzionale. Proprio per tagliare le unghie a Salvini.
metamorfosi aggiungeva un’ulteriore puntualizzazione: «Quando sono riusciti, con la loro stolta avidità di potere, a rendere il popolo corrotto e avido di doni, la democrazia viene abolita e si trasforma in violenta demagogia». L’importanza di questi avvertimenti dello storico greco (che visse un importante momento, come «consigliere politico esterno», anche nell’antica Roma) e la pericolosità della oclocrazia sono state riproposte di recente in diversi articoli per sostenere confronti e paragoni con situazioni e vicende legate ai vari populismi spuntati in questo avvio di secolo in Occidente. Anche l’articolo de «Il Foglio» seguiva questa via: basato sull’analisi di due studiosi americani del discorso di Lincoln giovane, Maran metteva in evidenza che, proprio come la folla può arrivare a compiere un linciaggio, anche l’oclocrazia (il futuro presidente americano usò il termine «mobocracy», traducendo il prefisso «oclo» con il peggiorativo «mob», cioè «governo della plebe») è in grado di distruggere «la religione politica della
nazione», quindi di minare l’ordine democratico. Partendo da questo assunto nel suo articolo Maran si premurava di evidenziare come, per non cadere nell’oclocrazia, il rispetto delle leggi debba sempre prevalere sugli assalti allo stato di diritto e sovrastare i vari «in nome del popolo», «in nome della giustizia», «in nome della verità» che sempre più frequentemente infiammano il dibattito e le cronache politiche italiane, soprattutto attraverso stampa e nuovi mezzi di comunicazione. Ma non intendo entrare nel guazzabuglio del Bel Paese, tanto più che «Azione» ha tutta una serie di validissimi collaboratori in grado di analizzare e commentare questo delicato momento della vicina Repubblica. Mi preme di più accennare a come la straordinaria lezione di Polibio possa essere applicata anche per stigmatizzare e curare le negative influenze dei nuovi mezzi di comunicazione. L’idea mi è balenata ricordando un articolo dell’«Economist» di alcuni anni fa che già nel titolo si chiedeva: «I social
media tradiscono la democrazia?». L’autore spiegava come Facebook, Google e Twitter, cioè le «nuove tecnologie», oltre ad essere veicolo del pensiero e della comunicazione, siano ormai diventate anche il conducente. Questo perché Internet e i nuovi mezzi di comunicazione sociali, nonostante siano stati creati per aiutare convivenza e trasparenza, negli anni hanno perso i loro ideali legati alla libertà. E da quando possono essere a disposizione di gruppi che «non tengono più in gran conto l’uguaglianza e la libertà di parola» sono diventati un pericolo per la nostra privacy e per il nostro ordinamento democratico. Di conseguenza, una società che tollera distratta e passiva l’incessante attività di «tribunali del popolo» perlopiù legati al web, non sta forse favorendo un «populismo informatico» pericoloso, un’oclocrazia digitale? Gli avvertimenti di Polibio sono utili non solo contro chi attenta alla democrazia, ma anche e soprattutto (lo insegna l’attualità) contro chi abusa dei mezzi di informazione.
In&outlet di Aldo Cazzullo Italia avanti a colpi di scena In pochi giorni nella politica italiana è cambiata quasi ogni cosa. Il mito dell’invincibilità di Matteo Salvini è crollato. Quello che si è autodefinito il Capitano ha sbagliato tutto, tempi e modi, a conferma che non padroneggia tecnica e tattica parlamentare; in Parlamento del resto non è quasi mai stato. Ma guai a darlo per finito: il suo consenso nel Paese è lì, intatto. In piena era populista essere sprovveduti a Palaz-
zo può essere un vantaggio nelle piazze. Anche se il fatto stesso che il ministro dell’Interno tuttora in carica minacci di mobilitare le folle, compresi magari i suoi amati ultrà, la dice lunga sulla confusione mentale del personaggio. Giuseppe Conte, divenuto premier quasi per caso, se non altro è uscito di scena con dignità. Martedì scorso nell’aula di Palazzo Madama ha usato un linguaggio meno involuto del solito per ergersi ad avversario di Salvini. Ora potrebbe diventare commissario europeo alla Concorrenza. In prospettiva, più che andare a perdere le elezioni con i 5 Stelle, punterà a fare il leader di un nuovo movimento, magari innervato dai cattolici antileghisti. Ma il vero demiurgo della crisi è stato Matteo Renzi. Fino al giorno prima era sulla linea «senza di me», decisamente contraria all’accordo con i grillini. Ha rovesciato il fronte in pochi giorni. E ha spiazzato tutti. A cominciare dal segretario Nicola Zingaretti. Non c’è niente da fare. Renzi tra i protagonisti della politica italiana è il
Zig-Zag di Ovidio Biffi Eppure Polibio ci aveva avvisati Nei giorni scorsi su «Il Foglio» mi sono imbattuto in «oclocrazia», termine di cui non conoscevo il significato. Era in un articolo in cui Alessandro Maran rivisitava un famoso discorso di Abramo Lincoln, pronunciato nel 1837 per condannare il linciaggio di un tipografo e la distruzione della sua stamperia e del materiale di propaganda abolizionista della schiavitù. Consultando Wikipedia ho appreso che a parlare di oclocrazia per la prima volta è stato lo storico greco Polibio, vissuto due secoli prima di Cristo, nel suo Le Storie, un trattato che contiene un’ampia disamina della sua teoria ciclica delle forme di governo. Nella traduzione italiana di Carla Schick (edizione Mondadori, pagina 98) si legge questo suo giudizio: «Finché sopravvivono cittadini che hanno conosciuto la tracotanza e la violenza [...], essi stimano più di ogni altra cosa l’uguaglianza di diritti e la libertà di parola; ma quando subentrano al potere dei giovani e la democrazia viene trasmessa ai figli dei figli di questi, non tenendo più in gran
conto, a causa dell’abitudine, l’uguaglianza e la libertà di parola, cercano di prevalere sulla maggioranza (…) Desiderosi dunque di preminenza, non potendola ottenere con i propri meriti e le proprie virtù, dilapidano le loro sostanze per accattivarsi la moltitudine, allettandola in tutti i modi». Dunque già duemila anni fa l’oclocrazia era una degenerazione che la democrazia può incontrare quando il potere arriva in mano «ai figli dei figli», cioè quando chi ha conosciuto e lottato contro le dittature, o comunque per salvaguardare le libertà democratiche, dopo due generazioni viene sostituito o destituito. Scendendo nei dettagli Polibio segnalava poi che l’oclocrazia inizia a manifestarsi quando le masse si illudono di poter esercitare liberamente la propria funzione e cessano di essere un popolo libero, visto che in realtà sono soltanto «strumento animato» di una o più persone che le manovrano, spesso anche distribuendo denaro o favori. Quasi temendo che l’avvertimento non bastasse a chiarire la pericolosità della
per i membri del club: ispirazione gratuita a casa
Con buoni sconto Cumulus personalizzati Iscriviti ora su migusto.ch e ricevi gratuitamente la rivista 10 volte all’anno. PiÚ di 40 nuove ricette ogni numero | Storie di cucina
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
33
Cultura e Spettacoli Un gradito ritorno Dopo il successo degli anni 80, è ritornato con un nuovo CD il duo delle Shakespears Sister
Gilberto Isella e l’opera a rovescio Sono molti i riferimenti contenuti nella raccolta poetica Arepo di Gilberto Isella, che pone non poche sfide al lettore pagina 35
Evoluzioni grafiche Nella storia della grafica lo sviluppo dell’immagine è avvenuto più lentamente di quello dei caratteri
Una stagione di cultura Luca Corti ha presentato il nuovo programma del Percento culturale di Migros Ticino
pagina 36
pagina 34
pagina 38
Stravaganza e meraviglia
Mostre La storia dei Fortuny nel loro palazzo
veneziano
Gianluigi Bellei Viviamo decenni irrazionali. Nel mondo accade tutto e il contrario di tutto. Ma quello che colpisce è il senso di paura, di irrigidimento e di egoismo che tracima oltre le barriere nazionali. La velocità delle informazioni è tale che rimaniamo frastornati da quello che avviene. Sui social, poi, ognuno di noi può dire ogni cosa che gli passa per la testa, come una volta al bar sotto casa. Il mondo dell’allestimento artistico, al contrario, è rimasto fermo al Razionalismo di vecchio conio. I curatori di gallerie e musei fanno a gara per montare esposizioni su muri bianchi e immacolati con opere appese col «goniometro». Le mostre sembrano così realizzate da semplici funzionari o da impiegati di banca, con il loro bel vestito a giacca sempre identico. Se siete stanchi di convivere con questo universo a parte e volete vivere un’esperienza difforme, o quantomeno emotivamente significante, allora non vi resta che recarvi a Venezia al Museo Fortuny. Da sempre qui si tengono esposizioni dall’allestimento stravagante e la casa stessa è decorata con il gusto eclettico del vecchio proprietario. In questi mesi, fino al 24 novembre, potete avere la possibilità di scoprire i lavori di Mariano Fortuny y Marsal (1838-1874) e del figlio Mariano Fortuny y Madrazo (1871-1949) del quale ricorre il settantesimo anniversario della morte. Solo una piccola parte degli oggetti è rimasta a Palazzo Pesaro degli Orfei, ora Museo Fortuny. La maggioranza è stata donata a diversi musei per volontà di Mariano e della moglie Henriette. Ora si trovano a Barcellona, Castres, Londra, Madrid e Parigi. L’esposizione cerca di ricomporre parte di questa collezione con opere che provengono dal Museo Nacional del Prado di Madrid, dal Pushkin State Museum of Fine Arts di Mosca o dall’Ermitage di San Pietroburgo. Dall’Ermitage arriva il famoso vaso Salar alto 117 centimetri con la sua base in bronzo zoomorfa disegnata da Fortuny Marsal e dal Prado uno dei suoi dipinti più significativi: I figli del pittore nel salone giapponese. Incantatori di serpenti proviene dal Museo Pushkin di Mosca e Un marocchino, sempre del Prado. Poi una serie di Delphos e di Knossos del figlio, dei quali parleremo.
Chi sono i Fortuny? Una famiglia cosmopolita di artisti, collezionisti e in un certo qual modo, per quel che riguarda il figlio, anche imprenditori. Il padre Mariano Fortuny y Marsal, orfano di entrambi i genitori, nasce in Catalogna per poi spostarsi a Roma dove completa la sua formazione artistica. Mariano è alto, bello, riservato. Un uomo appartato che mal sopporta la vita mondana e ama la lettura, soprattutto i poeti e storici latini. A Madrid sposa Cecilia de Madrazo, figlia di Federico de Madrazo, pittore e primo direttore del Prado. Colta, raffinata, Cecilia si muove bene nei cenacoli artistici e intellettuali d’Europa. Nel 1868 a Roma nasce la primogenita Maria Luisa e nel 1871 a Granada Mariano Fortuny y Madrazo. Il padre diventa un artista famoso e a Parigi gli amatori d’arte si contendono i suoi dipinti. Il mercante Adolphe Goupil gliene commissiona un considerevole numero. Théophile Gautier paragona le sue acqueforti a quelle di Goya e Rembrandt, senza parlare degli acquerelli, altrettanto sorprendenti. Viaggia parecchio fra Italia, Spagna, Marocco e Francia. Muore all’improvviso a 36 anni. È in questo gremio che nasce Mariano figlio, in mezzo all’odore «dei colori, dei solventi e degli inchiostri, accompagnato dalla musica del pianoforte che la madre suona ogni giorno» – scrive in catalogo Daniela Ferretti – mentre gioca con la sorella e si tuffa nei morbidi velluti, nelle impalpabili sete, nei sontuosi broccati di casa. Cresce a Parigi e quando va a visitare il nonno a Madrid si reca con lui al Prado a copiare gli antichi maestri, in particolare Velázquez. Nel 1889 la madre si trasferisce a Venezia, «meta prediletta della più sofisticata élite culturale dell’epoca». La loro casa è luogo di incontro di artisti, intellettuali, poeti tra i quali Paul Morand, Marcel Proust, Isaac Albéniz o Ugo Ojetti. Nel 1902 incontra Henriette Nigrin, sua futura moglie e musa ispiratrice che darà avvio a Palazzo Pesaro degli Orfei, la loro dimora, al laboratorio di stampa su seta e velluto, che diverrà famoso in tutto il mondo con il marchio «Fortuny Venise». Mariano Fortuny y Madrazo è un personaggio eclettico; si interessa di svariate cose: il suo lavoro spazia fra pittura, incisione, moda, teatro, illuminotecnica e fotografia. La sua è una
Manifattura Fortuny, Abito Delphos, (taffetà di seta plissé, dopo il 1909); sullo sfondo: La Fortuna (tempera su tela, non datato). (Fondazione Musei Civici di Venezia-Museo Fortuny)
sorta di «opera aperta» che de-struttura e ri-compone come l’arte totale wagneriana o la seduzione dell’andirivieni della memoria proustiana. Ed è proprio Proust che nella Ricerca del tempo perduto, e più specificatamente nella Prigioniera, racconta: «Come è scritto sulle volte di San Marco e come proclamano, abbeveratisi nelle urne di marmo e di diaspro dei capitelli bizantini, gli uccelli che significano a un tempo la morte e la resurrezione – tutto deve ritornare. Così gli abiti di Fortuny, fedelmente antichi ma potentemente originali, facevano apparire (…) la Venezia tutta satura d’Oriente in cui avrebbero potuto essere indossati e di cui meglio di una reliquia nel tesoro di San Marco, evocavano il sole e la profusione di turbanti, il colore frammentato, misterioso e complementare». Proust si innamora a tal punto dei vestiti di Fortuny da farli indossare ad Albertine. Suppone, probabilmente a torto, siano ispirati dal dipinto di Vit-
tore Carpaccio Miracolo della croce di Rialto. Mariano prende possesso del Palazzo Pesaro degli Orfei lentamente, iniziando dalla soffitta che adibisce a studio per poi scendere al secondo piano con il laboratorio di stampa per stoffe che nel periodo di maggior splendore conta un centinaio di operaie. Il 1906 è l’anno di creazione del più semplice degli abiti che chiama Knossos in riferimento al motivo decorativo cretese. Segue il Delphos, una tunica plissettata ispirata a quelle che indossavano le koré (fanciulle) della statuaria greca. Nel 1919 assieme a Giancarlo Stucky apre alla Giudecca una nuova fabbrica e poi nel 1920 l’atelier parigino all’angolo degli Champs-Élysées. I suoi abiti sono indossati dalla Duse, da Isadora Duncan, da Sarah Bernhardt, dalla marchesa di Polignac e dalla marchesa Casati. Con i suoi dipinti partecipa ad alcune Biennali di Venezia mentre lavora
alacremente all’esecuzione dei bozzetti per le scene di diverse opere wagneriane. È nominato due volte viceconsole generale di Spagna in Italia. L’odierna mostra veneziana è così, come lui, una grande caverna di Alì Babà che fa vivere «un’iniziatica discesa agli Inferi o una non meno complessa ed esoterica ascesa alle Sfere celesti», come scrive in catalogo Giandomenico Romanelli. Fra bozzetti in cera e in terracotta, frammenti di stoffe, lastre fotografiche, rilievi, trapani da dentista, bisturi, bulini, occhiali da oculista, avori, statue, armi, mobili, libri, copie di affreschi… e ovviamente dipinti e vestiti. Dove e quando
I Fortuny. Una storia di famiglia. A cura di Daniela Ferretti con Cristina Da Roit. Palazzo Fortuny, Venezia. Orario: 10.00-18.00. Chiuso il martedì. Fino al 24 novembre. www. fortuny.visitmuve.it
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
34
Cultura e Spettacoli
...e che vinca il migliore!
Mostre Al Museo di Losanna-Vidy si riflette sulla competizione, tra passato e presente Marco Horat La competizione, piaccia o meno, è uno dei fattori più presenti nella nostra vita quotidiana, non solo nello sport o nella politica. L’importante non è partecipare ma vincere. La vita come una corsa che comincia con milioni di spermatozoi in gara tra di loro per fecondare un unico ovulo, e via via in tutte le altre manifestazioni che accompagnano l’esistenza degli esseri viventi, uomini e animali; sembra un destino scritto negli astri. Ma questo, tutto sommato, è un meccanismo razionale? Ed è un bene per il singolo e per l’umanità? E ci sono alternative? Domande alle quali cerca di rispondere una originale e articolata mostra allestita da Laurent Flutsch e dalla sua équipe al Museo romano di Vidy. Cercherò di darvene un’idea.
Chi è vincente e chi perdente? È spesso una questione di prospettive che vale bene una riflessione Il percorso inizia con Darwin, a torto ritenuto da alcuni l’assertore della legge secondo la quale il migliore, il più forte, il più furbo, prevale sul più debole e sul meno preparato; per cui è naturale che ci sia chi emerge nella società e chi soccombe, i ricchi e i poveri. In effetti Darwin ha parlato di sopravvivenza legata all’adattamento ai cambiamenti, non dimenticando l’importanza della collaborazione nel mondo umano e animale. Ci si immerge poi, dato che siamo in un museo archeologico, nel passato con reperti spesso rinvenuti sul nostro territorio, che fanno riferimento alla competizione nella Grecia antica (le Olimpiadi) e a Roma (gli spettacoli nelle arene) con testi, sculture, statuette e tavole messi a confronto con filmati di
La locandina della mostra.
competizioni attuali. Si scopre che anche in passato gli sportivi più rinomati guadagnavano cifre da capogiro ed erano seguitissimi dal popolo, cosa che scrittori come Plinio il Giovane, Seneca o Tacito deploravano. Si sa che Dioclezio, celebre auriga romano, in 24 anni di carriera mise assieme un capitale pari a 15 miliardi di franchi attuali; era
un portoghese come Ronaldo, che ora cerca di emularlo. Intrigante la parte dell’esposizione coi ritratti di personaggi famosi che pongono un quesito: sono vincenti o perdenti? Federer con i suoi oltre cento titoli nei grandi tornei ATP, ma senza un oro olimpico; Michelle Obama scrittrice di successo e donna impegnata, ma sempre
all’ombra del marito; Christoph Blocher, industriale e politico di grido che ha dovuto però lasciare il governo... cosa sono? Sicuramente dalla parte dei deboli sta invece la ragazzina indiana che li fronteggia, ritratta mentre fruga tra l’immondizia di Mumbai. Più avanti si illustra il progetto cinese detto «Credito sociale» che si propone di dare a tutti i cittadini un punteggio a seconda dei meriti/demeriti acquisiti nella vita quotidiana. Più punti più privilegi: la scuola migliore per i figli, una carta di credito, un bell’appartamento. Si perdono punti se si è pigri, se si attraversa la strada col rosso, se si frequentano luoghi malfamati, se si parla male del governo sui social e molto altro ancora. Ognuno sarà giudicato sulla base di riconoscimenti facciali effettuati da milioni di telecamere già in funzione. Una folle competizione di tutti contro tutti. Sembra uno scherzo. Alla fine del lungo percorso espositivo che coinvolge il visitatore in prima persona, si possono trarre alcune riflessioni sul tema della competizione. Se c’è da una parte miglioramento e progresso, in definitiva la lotta è spesso finalizzata al potere, al denaro e alla gloria. Valori effimeri, tanto più che alla fine ci sarà un solo vincitore e molti perdenti: l’immagine è quella di una piramide. Se per una gara sportiva ci può stare, diventa pericoloso e irrazionale se questo principio si applica alla società, dove per risolvere gli odierni problemi legati all’ambiente e alla convivenza civile, ci sarebbe bisogno più che mai di collaborazione e solidarietà globali. Eccola l’alternativa! All’uscita della mostra vi è infatti un podio vuoto dove simbolicamente il primo, il secondo e il terzo classificato... si trovano sullo stesso piano, uno di fianco all’altro. Dove e quando
Que le meilleur gagne!, LausanneVidy, Musée Romain. Orari ma-do 11.00-18.00; lu chiuso. Fino al 2 febbraio 2020. www.lausanne-musees.ch
Una coppia all’ombra di Shakespeare
Musica Inaspettatamente, ventisei anni dopo: la «strana coppia» formata dalle indimenticate
Shakespears Sister si riunisce per la gioia degli ancora numerosissimi fan Benedicta Froelich Nell’ambito del sottobosco più o meno «alternativo» della musica pop anglosassone anni ’80, pochi nomi possono essere considerati di culto quanto quello delle Shakespears Sister, duo femminile di carattere decisamente eccentrico (come dimostrato dall’appellativo stesso della formazione, intenzionata a ignorare lo scomodo apostrofo tipico del genitivo sassone). Eppure, a posteriori si può dire che fosse facile sottovalutare le capacità della strana coppia costituita tra il 1988 e il ’93 da Siobhan Fahey (già nelle Bananarama) e Marcella Detroit – una combinazione che, se da un lato ha fatto la fortuna del gruppo grazie al mesmerizzante contrasto stilistico e vocale tra le due, ne ha anche sancito la fine dopo appena un paio d’album, a causa d’insanabili
Shakespears Sisters, un gradito ritorno.
contrasti dovuti a caratteri pressoché opposti. Oggi, tuttavia, al pari di altri nomi quasi dimenticati dell’effimera e prolifica scena musicale degli eighties, anche le Shakespears Sisters effettuano infine un sospirato ritorno sulle scene, riapparendo come carismatiche signore dall’aspetto tuttora ribelle e anticonvezionale – proprio come ai bei tempi, quando una sottile vena d’instabilità traspariva dai videoclip del duo. In effetti, sebbene la sigla «Shakespears Sister» fosse già stata riportata in vita dalla sola Fahey nel 2009, è soltanto oggi che, dopo ben ventisei anni di astio, le due hanno infine deciso di sotterrare l’ascia di guerra e incidere un nuovo singolo – All the Queen’s Horses, apripista del corposo Singles Party (1988-2019), immancabile cofanetto celebrativo che ripercorre l’intera carriera delle Sister. Non solo: le due ex colleghe hanno ricucito il loro rapporto a tal punto da poter intraprendere una nuova tournée insieme, già fissata per il prossimo autunno. Del resto, a distinguere le Shakespears Sister da altre, più banali formazioni femminili del periodo (ad esempio, The Bangles e 4 Non Blondes) non sono stati soltanto l’intelligenza e il carisma della Fahey, vera mente del gruppo, ma soprattutto la destabilizzante e dolente ironia «da cattive ragazze» che ha sempre contraddistinto il lavoro svolto insieme a una Marcella Detroit dalla voce miracolosa: non è
un caso che i loro maggiori successi, ancor oggi impressi nella mente di ogni adolescente di allora, siano stati brani intensi ma eccentrici come il trasognato Hello (Turn Your Radio On) e, soprattutto, la ballatona Stay, il cui indimenticabile videoclip contrapponeva l’angelica Marcella a una versione oltremodo «dark» di Siobhan nei panni dell’angelo della morte; mentre sforzi come Goodbye Cruel World e I Don’t Care vedevano le ragazze cimentarsi in irresistibili e ammiccanti parodie in stile «old Hollywood». Questa liberatoria, gioiosa forma di creatività si ritrova nell’arco dell’intero box set retrospettivo, il quale ripercorre sia i singoli incisi in coppia per gli album Sacred Heart (1989) e Hormonally Yours (1992) che gli sforzi firmati dalla sola Siobhan (tratti da #3 e Songs from the Red Room). E sebbene alcuni tra i brani meno celebri del duo possano definirsi come esempi di un synth pop anni ’80 oggi un po’ risaputo (si vedano Break My Heart e Are We in Love Yet), in compenso la freschezza di singoli dal sound radiofonico piacevole quanto efficace quali You’re History e Run Silent, e di pezzi ironici e taglienti del calibro di My 16th Apology e The Trouble With Andre, dimostra come la coppia Fahey/ Detroit fosse capace di inventiva e sperimentazione ben oltre la media del periodo: basta un brano fuori dagli schemi come la rilettura di I’ll Be Your Mirror (originariamente a firma dei
Velvet Underground) a confermarlo. Naturalmente, l’immancabile versione deluxe di Singles Party non trascura l’elemento obbligato di ogni compilation autocelebrativa che si rispetti, ovvero la sequela di vari remix di brani scelti tra l’intero repertorio; e sebbene, come da copione, i risultati non siano particolarmente interessanti, i nuovi sforzi scaturiti dall’inaspettata reunion costituiscono invece una graditissima escursione in differenti, sorprendenti territori. Lo dimostra l’autoironia che le ormai attempate fanciulle mostrano nel videoclip del già citato All the Queen’s Horses (simpatica e intelligente autocitazione dei loro ruoli passati); da parte sua, C U Next Tuesday, il secondo, eccellente singolo targato 2019, conferma il nuovo, efficace sound a cavallo tra «dark country» e blues gotico che le Shakespears Sister hanno ormai sposato. Così, sebbene, nel caso di molti gruppi pop, l’idea di una reunion tanto tardiva possa apparire come opportunistica, nel caso di Siobhan e Marcy ci troviamo davanti a un’occasione speciale, un caso più unico che raro: quello di due artiste vere, dotate di voci e personalità travolgenti quanto sottovalutate, che hanno deciso di dimostrare al mondo d’oggi quanto davvero valgono. Forse è per questo che l’operazione sembra funzionare così bene, almeno a giudicare dai primi due singoli; e c’è da sperare che la tournée a venire confermi tale impressione.
Black Mirror, uno specchio deludente Serie TV L’attesa
stagione V della serie Netflix non soddisfa i fan più fedeli
Alessandro Panelli L’acclamato cult televisivo ideato da Charlie Brooker (candidato ad un BAFTA per la miniserie Dead Set) torna sui nostri schermi casalinghi. Dal 2015 (terza stagione) Netflix ha acquistato i diritti per la serie e per molti (me compreso) l’opera ha perso quello smalto iniziale capace di creare angoscia e di sollevare dubbi sulle azioni irreversibili delle grandi potenze nei confronti dell’umanità. La paura che la serie non abbia più molto da dire è piuttosto elevata. La quinta stagione, con i suoi soli tre episodi, sembra dunque tornare alle origini. La prima puntata narra dei migliori amici Danny, sposato, con una famiglia stabile, e Karl, appena uscito da una lunga relazione ma ancora in grado di godersi la vita. I due si incontrano al compleanno di Danny, e Karl gli regala una versione ultimata e virtuale del loro videogioco preferito da adolescenti. Questo metterà Danny in serie difficoltà che ostacoleranno la sua vita reale sentimentale e quella idilliaca all’interno del videogioco. La storia mette in relazione un rapporto sentimentale che dopo anni risulta monotono con una realtà fittizia in cui ci si sente vivi e si prova amore incondizionato. Il bivio risulta frustrante per il protagonista e ci fa capire come un mondo al di fuori di quello reale possa condizionare la realtà stessa ponendoci di fronte alla domanda: meglio la vera realtà con tutti i suoi limiti, o una realtà fittizia nel quale si possono provare piaceri irrefrenabili? La seconda puntata ci mette nei panni di un autista di car sharing disposto a tutto pur di parlare alla persona che indirettamente gli ha cambiato la vita. Veniamo a conoscenza di un personaggio vulnerabile, che fa della sua debolezza un’ostilità verso gli altri… una puntata al cardiopalma grazie al riuscitissimo climax ottenuto con una tematica più attuale che futuristica. Ci ritroviamo così a riflettere sulle piccole azioni quotidiane che sempre più prendono il sopravvento su di noi. La terza storia parla di una popstar allo sbando, prigioniera della propria immagine mediatica. La bambola-robot a sua immagine e somiglianza cambierà la vita alle ragazzine che la idolatrano. Questa vicenda ha ben poco di Black Mirror, ma è piuttosto un «teen-drama» uscito molto male e con l’ambizione di voler trasmettere un messaggio universale, quando riesce solamente a innervosire lo spettatore a causa delle assurde coincidenze dettate da una sceneggiatura debolissima che nel finale addirittura precipita. Statene alla larga! A livello artistico la serie funziona come sempre molto bene: colori, inquadrature e simmetrie danno quel tocco in più che porta lo spettatore a vedere tutta la puntata, ma per quanto riguarda il futuro, c’è da preoccuparsi, perché sembra che le cartucce siano ormai esaurite.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
35
Cultura e Spettacoli
La potenza del linguaggio Recensioni L’ultima raccolta poetica di Gilberto Isella
Lasciate in pace Tupac per favore
Pietro Montorfani
avuto Instagram
Questo nuovo sound Se 2Pac avesse
Recensendo nel giugno del 1989, su queste stesse pagine, la prima raccolta poetica di Gilberto Isella (Le vigilie incustodite, Casagrande), Giovanni Orelli scriveva parole che si sarebbero rivelate profetiche: «Isella non gioca le sue chances, le sue “puntate”, sulla immediata leggibilità (se il problema della poesia fosse di farsi capire ‒ è stato giustamente detto ‒ nessuno scriverebbe poesie). Certo è che Isella, per un bel po’ di tempo, non si scuoterà più di dosso l’epiteto inflittogli di arduo», invitando però subito il lettore, sulla scorta di Gerard Manley Hopkins e del suo Naufragio del Deutschland, a leggere «senza eccessivamente occuparsi di capire», facendosi portare cioè da una lingua in cui i suoni e le accensioni improvvise di senso giocano un ruolo fondamentale.
Tommaso Naccari
Orelli su queste pagine definiva «arduo» il poeta Isella, ma il bello della poesia è dato proprio dalla sfida che contiene A trent’anni (e centinaia di versi) di distanza le parole di Orelli sulla poesia di Isella non hanno perso un’oncia del loro valore, se ancora si possono riproporre a introduzione dell’ultimo libro, Arepo, uscito, come molti altri in anni recenti, presso l’editore Book di Ferrara. L’autore offre al lettore una chiave d’accesso nella parola stessa del titolo, rovescio di «opera» e parte del cosiddetto quadrato del Sator: sator arepo tenet opera rotas, celebre palindromo latino di significato oscuro, ma che nell’immagine del seminatore e del carro potrebbe alludere all’esercizio stesso della scrittura. In una nota al testo Isella afferma di apprezzare, in quell’antico quadrato magico, la «potenza combinatoria del linguaggio», e sono parole che pesano in un’ottica di interpretazione della sua poetica. Non usa il termine «gioco» (che lo avrebbe portato semmai dalle parti dell’Oulipo) bensì «potenza», come a dire che la forza stessa della parola poetica è insi-
Il poeta ticinese Gilberto Isella. (Keystone)
ta nel suo linguaggio, si scatena mentre si svolge sulla pagina, accostamento dopo accostamento, riga dopo riga. A uno sguardo macroscopico il libro dialoga, grazie a frequenti citazioni in esergo, con autori di ieri e di oggi, con i quali Isella mostra evidenti consonanze o anche soltanto debiti di riconoscenza (da Giovan Battista Marino a Paul Celan, da Roland Barthes a Cesare Viviani passando per Caproni, Cattafi, Walpole, Yourcenar e molti altri). Bastano questi pochi nomi per proiettare il libro su una prospettiva europea, e nemmeno mancano, oltre i confini della cultura letteraria, precisi riferimenti all’ambito figurativo, cui l’autore guarda con interesse da sempre: qui in direzione di Alessandro Magnasco (1667-1749) e Giovanni
Battista Piranesi (1720-78), dedicatari di due sezioni della raccolta, ma anche di Paul Klee che ispira una notevole prosa poetica al centro geometrico del libro. Chiedersi come funzioni, nello specifico, la lingua poetica di questa come di altre opere di Isella significa porre attenzione essenzialmente alla dimensione sintagmatica, a come cioè le parole si accostino alle altre in modo non banale, rispettando la regola aurea manzoniana degli «accozzi inusitati di vocaboli usitati» (Del romanzo storico). Isella se ne serve al meglio nei nessi tra aggettivo e sostantivo, in forme quali «fiore assente», «ragno refrattario», «tendine pensante», «torre flagellata», «transfisico pallore», e si potrebbe continuare a lungo. Più in
generale, la lezione di uno dei massimi autori italiani del Novecento, Eugenio Montale, mi pare ancora ben presente all’estensore di questi versi (ne è debitore soprattutto il lessico) e non sarà un caso: pochi come Montale hanno saputo fare della poesia un luogo in cui la lingua potesse esprimersi al massimo del suo potenziale, uno spazio in cui, in forza di una sacralità mai venuta meno nonostante il disincanto degli ultimi anni, potessero ancora accadere miracoli. Di questi momenti di eccezione la poesia di Isella è ancora alla ricerca, come il primo giorno.
Dev’essere noioso, caso mai davvero esistesse qualcosa dopo la morte, essere Tupac. Se davvero il paradiso è una sorta di sala monitor in cui ognuno controlla ciò che fanno gli esseri umani a lui più cari o quelli che di lui parlano, in questi giorni Tupac si sta facendo delle grandi risate, implorando San Pietro di rispedirlo in quest’epoca fatta di social media e invettive di 15 secondi. «Tupac e Biggie si sparavano, mica si facevano le Instagram Stories». Questo è il commento più gettonato nello screzio tra Luché e Salmo. Il secondo reo di essersi dichiarato «il migliore» in un modo un po’ arrogante, il primo di aver attaccato il collega solo via social network e non su una base. Si disseranno – ovvero si attaccheranno – attraverso la propria musica, con parole piene di rancore, come più o meno recentemente è successo con Fibra e Vacca, o continueranno a infangare la memoria di Tupac parlando di rap attraverso quello strumento del diavolo che i più conoscono come Instagram? Non so sfortunatamente quello che accadrà, chi attaccherà per primo chi o se questa storia alla fine è terminata, nonostante gli screzi nei dj set e la voglia di sangue del fan medio, ma rimane il fatto che se Tupac oggi avesse Instagram, be’, attaccherebbe Biggie attraverso le storie. Più storie di quelle di Salmo, più storie di quelle di Luché. Essere un rapper spesso significa essere impulsivi. Quale soddisfazione migliore di avere a disposizione un pulpito sul mondo in un nano secondo che ti permette di inveire su chiunque e dire la tua senza contraddittorio – e senza la fatica di dover rispettare metrica e rime? Quale soddisfazione migliore di poter dire un giorno di aver annientato
Bibliografia
Gilberto Isella, Arepo, Book Editore 2018, 140 pagine.
I dispetti dello spiritello correttore
La lingua batte La fretta non è mai amica della lingua, dunque occhio al correttore
automatico e ai potenziali errori
Tupac Shakur è morto nel 1996, a 25 anni. (Keystone)
Laila Meroni Petrantoni State per essere presentati ai genitori della vostra fidanzata. Niente può essere lasciato al caso. La mamma vi fa accomodare sul divano (che, a occhio e croce, deve avere il suo bravo valore sul mercato antiquario), rivestito di stoffa verde pisello. La gentile signora, che sembra avervi preso subito in simpatia, insieme a una tazza di tè vi offre un bignè alla crema. Già un po’ rilassati, decidete che potete allentare ulteriormente la tensione e tuffarvi senza pudore nella benedetta bontà. Tutto accade poi in un battito di ciglia: nell’ordine seguente, aprite la bocca, avvicinate il bignè, decidete di dare solo un morso piccolo come ordina il bon ton, addentate la preda e … troppo tardi ricordate che l’inserimento da parte del pasticciere della gloriosa crema comporta per il bignè una cicatrice che non si rimargina mai completamente. La pressione del morso induce così la crema a scappare dall’unico pertugio accessibile. Con
Una volta il nostro tutore linguistico si chiamava T9. (Keystone)
un imbarazzante rumore di sfuggente morbidezza alla vaniglia, la crema casca. Sul prezioso divano. E addio suocera amorevole. Una sensazione di figuraccia di
questo tipo può anche appiccicarsi addosso per tutta la vita. Una sensazione forte, molto simile a quanto si prova ad esempio quando ci si accorge di avere spedito un messaggio con lo smartphone (o un’e-mail) con troppa fretta, e ci si rende conto troppo tardi di aver permesso alla nuova tecnologia di sostituire una vostra parola con una tutta sua. Quasi sempre fuori posto. Molto fuori posto. Agli albori della telefonia il diabolico strumento si chiamava T9. Ora è molto più «istruito», il suo vocabolario è potenzialmente infinito. Sempre pronto a mettervi alla prova (e a fregarvi). Se il messaggio resta fra amici, il danno è in genere limitato: l’innocente «vieni a mangiare una pizza?» risulta più logico per il telefonino (non si sa perché) come «vieni a mangiare una puzza?». Qui è la vostra volontà che deve imporsi – mai dargliela vinta – a meno appunto che la fretta e la distrazione abbiano già fatto il danno. Lo Spiritello Correttore si nasconde tuttavia anche là dove il campo rischia
di essere davvero minato, come nei noti programmi di elaborazione di testi su computer: qui la faccenda si fa decisamente più seria. Giornalisti e addetti alla comunicazione ne sanno qualcosa. Tempo fa il prestigioso inserto culturale di uno storico quotidiano italiano (non facciamo nomi, per scaramanzia o per timore di un karma pettegolo che si rivolti contro) è scivolato su una buccia di banana imbarazzante: tutto fila liscio nell’articolo, ma una didascalia, minuscola e poco appariscente, al posto della parola «carcere» riporta un verbo con desinenza in – are, sempre con la «c» iniziale, ma normalmente utilizzato per descrivere secondo il gergo volgare una funzione corporea quotidiana. Evidentemente nessuno se ne è accorto prima del «visto si stampi» e certo possiamo immaginare come si sia sentito il giornalista a frittata ormai fatta. O a crema pasticcera ormai sul divano Luigi XVI. La fretta non è mai amica della lingua. Ma forse dell’intelligenza artificiale, quello sì. Diabolico.
l’avversario senza neanche lo sforzo di recarsi in studio? Ovviamente la musica sarebbe arrivata, ma le punzecchiate sulla musica, sui live, sulla presunta conoscenza o meno delle canzoni altrui sarebbero rimaste, nei secoli dei secoli. Così non è ridicolo che i rapper si seggano in prima fila alla sfilata di Moschino, del resto basti pensare che Tupac Shakur venne qui da noi proprio per sfilare alla settimana della moda milanese del ’95, su invito di Versace. Non è ridicolo che i rapper si insultino al telefono: un tempo lo facevano con la cornetta, oggi lo fanno con i mezzi di oggi. Quindi sì, se davvero Tupac fosse in quella sala monitor, be’, riderebbe di chi lo difende o lo erge a esempio e si metterebbe a fare una bella storia su Paradistagram, per insultare Biggie o chi per lui – oggi forse Kanye, A$ap e così via. Ah, essendo cremato, il nostro non si può neanche metaforicamente rivoltare nella tomba. Lasciatelo in pace, grazie.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
36
Cultura e Spettacoli
Quando nacque la stampa a colori
Storia della grafica Lo sviluppo tecnico delle immagini avvenne più lentamente di quello dei caratteri –
La Svizzera è stata una pioniera della pubblicità cartellonistica
Orio Galli Se intorno alla metà dello scorso millennio, con la nascita della stampa, iniziano a diffondersi i libri composti e stampati con i caratteri mobili, lo stesso sviluppo tecnico non avviene per la riproduzione delle immagini. Queste, per alcuni secoli, saranno ancora realizzate manualmente e stampate per mezzo di matrici incise nel legno o nel rame. Per lo più formate da semplici disegni al tratto, anche se eseguiti a volte con raffinatissima perizia (vedi Dürer, Piranesi…). Solo nell’Ottocento, con la nascita della fotografia, e successivamente tramite le nuove tecniche fotomeccaniche, avviene la riproduzione su larga scala anche delle immagini a colori. Anche se v’è da osservare che già alla fine del Settecento, con l’invenzione della litografia (Alois Senefelder, 1771-1834), erano nate le prime stampe popolari a colori, e poco dopo i manifesti pubblicitari («affiches»). La litografia (stampa «à plât») è basata sulla reazione tra l’acqua e il grasso dell’inchiostro. Questa tecnica di stampa indiretta fu successivamente sviluppata industrialmente con il procedimento chiamato offset (lastra metallica montata su un cilindro). La xilografia (matrice in rilievo su legno, o linoleum) si trasformò invece nei clichés di zinco («stampi»), o «flani» in cartone. Matrici ormai da diversi anni scomparse dalla circolazione, così come pure i caratteri in piombo.
Partendo dalle incisioni su rame («en creux») nacque invece nei primi decenni del secolo scorso la tecnica di stampa industriale chiamata rotocalco: da qui il termine che definisce molte riviste illustrate, realizzate con questo procedimento. Ritornando alla tecnica litografica originale dobbiamo osservare che tra i primi a usarla vi furono soprattutto alcuni pittori impressionisti francesi. Non per nulla i «totem» (tipiche colonne cilindriche) per l’affissione dei primi cartelloni nei centri urbani nacquero in Francia: famosi quelli della «Ville Lumière». Con il cartellone stradale – supporto principe per più di un secolo – nasce la pubblicità contemporanea. Il manifesto, in particolare quello svizzero, assurgerà poi a fama mondiale per l’eccellenza di alcuni suoi creatori intorno alla metà del ventesimo secolo. Ma anche perché la nostra nazione s’era data delle rigide regole in fatto di affissione su suolo pubblico, stabilendo per il classico manifesto «mondiale», addirittura un preciso formato: quello di cm 90,5 x 128. Intorno alla metà del secolo scorso si stampavano però ancora dei manifesti con l’antica tecnica litografica. Da noi presso la ditta Veladini a Lugano. Da questa tipografia sono usciti, per entrare nella storia del turismo ticinese, numerosi manifesti di Daniele Buzzi (1890-1974) realizzati soprattutto per la Festa delle Camelie a Locarno e per il Corteo della Vendemmia a
Lugano. L’artista creava il bozzetto a colori, normalmente su un cartoncino a tempera. I litografi «interpretavano» poi il progetto ingrandendo e riportando il disegno, selezionandone i colori, con speciali matite grasse, su pesanti pietre chiamate litografiche. Pietre dello spessore di alcuni centimetri e del peso attorno al quintale. I disegnatori litografi decidevano pure, in base al soggetto, quali e quanti colori – uno per ogni pietra – era meglio impiegare. Colori che, in casi particolari, potevano anche arrivare a una decina. Con le tecniche fotomeccaniche d’oggi i «colori base» per la stampa sono normalmente quattro: giallo, magenta e cyan, con l’aggiunta del nero per dare profondità/rilievo all’immagine. Si tratta di principi fisico-chimico-ottici fondamentali, sui quali si basano ancora oggi le stampanti laser o a getto d’inchiostro. I manifesti «storici» realizzati con l’antica tecnica litografica (o con quella artigianale serigrafica) possono oggi valere anche alcune migliaia di franchi. Alla Plakatsammlung di Zurigo, nei pressi della Kunstgewerbeschule, dove esiste una delle più importanti collezioni mondiali di manifesti, quelli di Toulose-Lautrec e di altri artisti suoi contemporanei vengono protetti in un bunker sotterraneo. Quando realizzai per l’Ente ticinese del turismo diretto allora da Marco Solari il libro Manifesti sul Ticino (Editore Dadò, 1982) solo a Zurigo riuscii a scovare alcune rari-
Manifesto realizzato nel 1938 da Emilio Ferrazzini per la Festa dell’uva a Lugano. (da Manifesti sul Ticino)
tà come per esempio il cartellone per la Festa della Vendemmia di Lugano disegnato da Carlo Cotti nel lontano 1934. Nel 1941 era nato, a cura della Società Generale Affissioni e della Confederazione, il concorso «Migliori cartelloni svizzeri dell’anno». Concorso
purtroppo morto e sepolto sulla fine del secolo scorso anche per il diffondersi della motorizzazione e della comunicazione digitale. Di quei «gloriosi» anni rimane comunque un notevole, prezioso catalogo: 50 anni – Cartelloni Svizzeri premiati dal Dipartimento federale dell’interno, 1941-1990, APG/SGA. Annuncio pubblicitario
20% di riduzione. Assorbe gli odori e l’umidità in pochi secondi
20% su tutto l ’assortimento always Discreet ad es. Always Discreet salvaslip, 28 pezzi, 4.15 invece di 5.20
In vendita nelle maggiori filiali Migros. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 9.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Scansiona il codice QR e scopri le gite online
Idee bestiali per giornate di settembre all’insegna del divertimento per tutta la famiglia.
Og ni mese da r itag liare e co llez ionare .
Trovi tutte le gite e gli eventi su famigros.ch/gite-top
Trekking con animali
Flora e fauna
Giocando con gli animali
Fare escursioni nella regione di Locarno è bellissimo. Ancora di più se in compagnia di un allegro lama, che per di più porta zaino e provviste. I trekking con i lama sono di tendenza e sono divertenti per grandi e piccini. Non ti resta che provare!
La riserva naturale delle Bolle di Magadino alla confluenza dei fiumi Ticino e Verzasca è un habitat unico per molti animali e piante. Il delta naturale del fiume è inoltre prediletto dagli uccelli migratori per una tappa intermedia. Porta con te un binocolo e gli stivali di gomma in caso di pioggia.
L’unico zoo del Ticino è piccolo ma bello. Lo zoo al Maglio ospita più di cento animali provenienti da tutto il mondo. L’area picnic è perfetta per riposarsi e rinvigorirsi prima di partire per altre avvincenti avventure. Tra maialini vietnamiti e macachi, i bambini si divertiranno giocando e potranno anche festeggiare il compleanno.
EVENTO Transumanza a L’Etivaz L’Etivaz Sabato, 28.09.2019
EVENTO Fake – Tutta la verità Stapferhaus Lenzburg 28.10.2019 – Estate 2020
La località di L’Etivaz è nota per due cose: il formaggio saporito e la transumanza con centinaia di mucche ornate. Puoi scoprirli entrambi al mercato dei contadini. Festeggia anche tu – ti aspettano squisite leccornie, musica, balli e un programma per i bambini.
Vero o fake: questo è il dilemma. E lo scoprirai alla Stapferhaus di Lenzburg. La mostra interattiva per grandi e piccini smaschera bugie, mezze verità e false credenze su uomini e animali. Un momento... animali? Sì, proprio così: anche in natura si bluffa per la sopravvivenza. Ma ciò vale anche per
gli esseri umani? Ecco le domande interessanti a cui la mostra risponde. Ogni domenica a partire dalle 11 durante la visita guidata gratuita. Interessante sul serio! Età consigliata: bambini dai 10 anni in su (e per tutti coloro che già sanno che Babbo Natale non esiste).
La
Trovi maggiori informazioni su famigros.ch/gite-top
r i genitor i e p a t i r d Falconeria Locarno «Ci andiamo tutti gli anni perché lo straordinario spettacolo di volo viene sempre rielaborato. Consiglio di prendere posto in ultima fila perché lì i rapaci volano così vicino agli spettatori da poterli quasi toccare. Un’esperienza fantastica!» Marco, Papà di Leann, 5 anni
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
38
Cultura e Spettacoli
Una stagione equilibrata e stimolante
Percento culturale di Migros Ticino Pubblicato il cartellone delle manifestazioni sostenute nella Svizzera italiana
per il 2019-20: ne parliamo con il responsabile della programmazione, Luca Corti Luca Corti, cosa caratterizza il programma del Percento culturale di quest’anno?
Posso dire che il cartellone rispecchia il profilo delineato negli scorsi anni, arricchito da piccoli dettagli, in alcuni settori. Per quello che riguarda le manifestazioni di richiamo e di maggiore impegno va sicuramente segnalato il ritorno di «Steps», il festival biennale dedicato alla danza, una manifestazione di livello nazionale che da noi coinvolge tutti i principali teatri. Una grande produzione, articolata, che attira ad ogni edizione un forte interesse da parte del pubblico.
La fisionomia complessiva è quindi all’insegna della continuità col passato?
Sì, anche perché i contributi di Migros Ticino vengono attribuiti con criteri che rimangono validi di anno in anno: la nostra istituzione presta grande attenzione sia a mantenere un buon equilibrio tra le discipline sostenute (danza, teatro, arti visive, musica, ecc.), sia a non privilegiare solo le zone urbane o i grandi attori, sostenendo invece gli sforzi compiuti nelle aree «periferiche» della nostra regione da organizzazioni e istituzioni più piccole. Un ulteriore criterio di
scelta, poi, è la garanzia che le manifestazioni proposte vadano a interessare tutte le fasce di età. Per i giovani si è mantenuta l’ottima offerta musicale garantita in passato tramite il sostegno ad alcuni validi open-air estivi e anzi quest’anno è stata leggermente incrementata, con l’aggiunta del Sun Valley Festival di Malvaglia e del Grin Festival di Roveredo. In generale, è poi evidente che il criterio guida per le nostre scelte è, in fin dei conti, legato alla qualità della proposta, alla serietà dell’organizzazione e all’impegno verso il target di riferimento per ciascuna iniziativa.
C’è qualcosa di particolare che le preme mettere in evidenza?
È sempre difficile operare delle valutazioni di questo tipo: il rischio è di attirare ingiustamente l’attenzione su qualche manifestazione a discapito di altre. Posso segnalare la collaborazione con il Teatro di Locarno. Una scelta che, di nuovo, è stata assunta in un’ottica di equilibrio rispetto alle proposte degli altri teatri nei centri urbani ticinesi, Chiasso, Lugano e Bellinzona. Ci sembra interessante ad esempio uno spettacolo originale: la versione di Romeo e Giulietta messa in scena da Ale e Franz. Una riduzione che, partendo da Shakespeare, è in grado di collegare la cultura «alta» e quella popolare. (Attenzione: nel programma del Percento Culturale allegato a questo numero di «Azione» lo spettacolo è indicato a Lugano, ma in realtà sarà proposto al Kursaal di Locarno). Nel programma 2019-2020 gli appassionati troveranno ancora i tradizionali appuntamenti di prestigio...
Uno dei punti forti del 2020 sarà il ritorno in Ticino della rassegna Steps, dedicata alla danza. (Keystone)
Naturalmente è rimasto il sostegno alle importanti manifestazioni concertistiche legate alla scena musicale antica, classica e organistica, un settore importante che richiama sempre l’interesse di un pubblico molto ampio. Analogo interesse viene mostrato anche alle giornate letterarie. Tra quelle sostenute dal Percento culturale di Migros Ticino conteremo da quest’anno anche il Festival bellinzonese di Babel. Da menzionare anche un buon numero di eventi legati alla cultura dell’immagi-
ne. Ne fanno parte le iniziative di Verzasca Foto Festival, i LuganoPhotoDays e la ormai classica Biennale dell’immagine di Chiasso. Ma c’è un pubblico che, in un certo senso, vi interessa più degli altri?
No, ma ci stanno a cuore a le iniziative pensate per le famiglie e le attività che prevedono il coinvolgimento delle fasce di pubblico più giovane: oltre al Festival delle Marionette, segnaliamo quelle legate alla promozione del contatto con l’arte visiva, come la Ghisla Art Collection di Locarno o il Museo in erba a Lugano. In ambito musicale, ci saranno invece a Locarno il Concerto per l’infanzia promosso dall’AFTA e quello di Natale del Coro Calicantus o ancora il Concerto di Primavera dei Cantori della Turrita a Bellinzona o il concerto-spettacolo per famiglie proposto al LAC di Lugano per la Festa della mamma dall’OSI. Più in generale, il nostro intento è come sempre quello di mostrare alla popolazione ticinese la volontà di mantenere le tradizioni, grazie a un’eredità e un’esperienza consolidata in sessant’anni di presenza sul territorio, ma con uno spirito giovane e uno sguardo a 360 gradi sulla realtà del Cantone e rivolto al futuro, alle nuove proposte, alle nuove correnti e alle nuove tecnologie. Continueremo a lavorare per garantire il nostro apporto alla cultura in un’ottica di equilibrio e di parità di trattamento per le varie discipline e per le varie classi di età, sempre tenendo alta l’asticella per ciò che riguarda la qualità delle proposte. / Red.
La danza della piccola grande Simone
Performance La Kunsthaus Baselland ha recentemente omaggiato
Simone Forti, poliedrica artista ancora poco nota alle nostre latitudini Giorgia Del Don «Nell’ambito di questa danza (che potremmo definire d’improvvisazione) ero sicura di avere qualcosa da offrire e che sarei diventata un’artista: non una grande artista come ce ne sono tanti in pittura, ma se volete, una piccola grande artista. Ed è quello che sono diventata!». È con queste parole che la piccola immensa Simone Forti parla di sé e della sua ricerca artistica, apparentemente semplice ma in realtà estremamente complessa, profonda, quasi mistica. «Si tratta di avere un’idea, nient’altro che un’idea, e di lanciarsi», una direttiva concisa che ha le sembianze di un haiku e che si rivela essere un punto di partenza straordinariamente ricco attorno al quale lasciare vagare la fantasia, dentro al quale tuffarsi con tutti i sensi all’erta. Per la prima volta in Svizzera, la Kunsthaus Baselland ha recentemente riservato a quest’importantissima «artista del movimento» («movement artist» in inglese), una mostra personale stuzzicante e proteiforme. Grazie ad alcuni video che documentano le differenti performances di Forti e ad altri nati proprio in quanto materiale filmico, oltre che a disegni, installazioni e alla presentazione di tre lavori seminali dell’artista – Huddle, Slant Board e Platforms – interpretati da un gruppo d’artisti e ballerini basilesi, la Kunsthaus Baselland ha offerto una vera e proprio full immersion nel mondo affascinante di un’artista straordinaria. Forse meno nota che altri suoi coetanei quali la ballerina, coreografa, te-
rapeuta del movimento e tanto ancora Anna Halprin (che è stata anche la sua insegnante e con la quale ha a lungo collaborato), o le sue compagne di viaggio Trisha Brown, Lucinda Childs e Yvonne Rainer, che hanno contribuito alla nascita del famoso Judson Dance Theater, Simone Forti ha saputo seguire il suo istinto e le sue intuizioni fino in fondo senza curarsi delle etichette, navigando fra danza, pittura, scultura, filosofie orientali quali il Tai-chi e lo studio del comportamento animale. Una curiosità e una fluidità di pensiero che hanno però sempre avuto un denominatore comune: il corpo come strumento di conoscenza. L’esperienza vissuta attraverso il corpo acquista, all’interno del prisma di Forti, un’infinità di sfumature che passano per lo più inosservate. Ogni gesto, anche il più banale, se estrapolato dalla frenesia del quotidiano, come un fermo immagine o una foto formato Polaroid, è portatore di un significato profondo. Culturalmente distante dalle sensazioni corporee (per lo più relegate in secondo piano), la società occidentale è andata via via perdendo il legame sacro e indispensabile fra corpo e mente, attribuendo a quest’ultima un potere spropositato, quasi dispotico. Attraverso le indagini di Simone Forti, che la Kunsthaus Baselland ha distillato come tante indispensabili medicine, la cinestesia viene infine rivalutata in quanto indispensabile ricettacolo di conoscenza. «Forse sto espandendo qualcosa che facciamo già naturalmente ma di cui spesso non siamo coscienti, un flusso sottile di gesti fisici», dice Forti parlan-
do delle sue performances spesso basate su movimenti quotidiani delimitati da piccoli schemi. Cosa ci dice il corpo del nostro presente? Cosa possiamo scoprire di noi stessi, degli altri, della realtà che ci circonda, attraverso i segnali che il corpo (cosciente) ci lancia? Nella sua performance News Animations, Forti parte da una serie di ritagli di giornale sparpagliati sul suolo, che ritrascrive secondo le sensazioni che queste stesse immagini suscitano corporalmente. Segnali che spesso passano sotto silenzio, sopraffatti da un filtro cerebrale onnipresente nella nostra interpretazione del reale. Eppure il corpo, con il suo linguaggio immediato e non ancora codificato, spesso ci parla di noi più di quanto vi riescano le parole. L’improvvisazione e l’associazione libera d’immagini dissonanti ed intuitive diventano gli strumenti attraverso i quali Simone Forti sperimenta e decortica il movimento. Il suo universo artistico, che rifiuta la discriminazione estetica, si concentra tanto sui gesti quotidiani apparentemente banali come il salire le scale, quanto sui movimenti dei bambini al contempo ripetitivi e di un’affascinante semplicità, fino a inglobare le reazioni animali che ha a lungo osservato e alle quali si è ispirata per il suo lavoro d’improvvisazione. Uno dei risultati maggiori di questa ricerca, presentato a Basilea nell’ambito della personale a lei dedicata, è Huddle, una performance-scultura o danzacostruzione in costante evoluzione che vede coinvolti un gruppo di ballerini (di solito sei o sette) posizionati in modo compatto tenendosi le spalle a
Simone Forti, Zuma News, from NONFICTIONS – Gorbachev Lives / Zuma News / Questions – a joint work by Jeremiah Day / Simone Forti / Fred Dewey, 2014. Filmed by Jason Underhill. (Courtesy of the artists and The Box, LA)
vicenda, come a formare un piccolo scoglio umano. A turno ogni ballerino si stacca dalla massa cominciando a scalare la scultura formata dai corpi dei suoi compagni d’avventura, atterrando al lato opposto rispetto alla sua posizione iniziale. Si tratta di un’esperienza collaborativa durante la quale il gruppo che supporta il ballerino in movimento procede a tanti piccoli aggiustamenti non pianificati né diretti da un leader, ma frutto del momento presente dell’azione. Allo stesso tempo lo «scalatore» deve negoziare i suoi movimenti in base alle reazioni dei suoi partner: dove piazzare un ginocchio, una mano, e decidere quando sdraiarsi in cima alla scultura umana per infine ridiscendere. Completamente sprovvista di qualsiasi obbligo estetico o coreografico, Huddle, nata nei primi anni Sessanta, rappresenta una vera e propria rivoluzione distaccandosi dalla danza post moderna allora in voga e riallacciandosi piuttosto alla corrente artistica della performance. Nell’insegnamento Simone Forti è ancora oggi estremamente chiara e concisa rispetto alle sue aspettative: «dovete solo scalare (dice ai suoi ballerini). Cerco di conservare questa qualità originale». Una semplicità d’insieme arricchita dall’insicurezza del momento presente, e dall’assenza di regole precise. Una performance in divenire che si nutre di
movimenti inaspettati e costantemente rinnovati. Anche loro facenti parte delle così dette Dance Constructions create negli anni Sessanta, Platforms e Slant Board partono dalla relazione fra corpo e oggetto (rispettivamente una scatola in legno sotto la quale giacciono i ballerini, e una serie di corde poste in cima a una piattaforma inclinata sulle quali si arrampicano gli interpreti) per concentrarsi ancora una volta sul movimento «puro» e sprovvisto di un obiettivo preciso o di uno stile. Se gli oggetti creano un contesto e assegnano un compito ai ballerini, tutto il resto è frutto delle loro scelte (che devono restare libere da qualsiasi intenzionalità estetica o coreografica), della loro sperimentazione, dei loro semplici corpi in movimento. Una libertà che è il marchio di fabbrica di una piccola grande artista che invece di creare tanti artisti-emuli che danzano «alla maniera di Simone Forti», ha regalato a ogni artista la capacità di affinare le proprie sensazioni interiori utilizzando l’oggetto più prezioso a sua disposizione: il corpo. Una maniera di procedere che dà vita ad un mondo interiore fatto di immagini personali in costante evoluzione. «Permetto ai miei ballerini di stabilire il contatto con le loro proprie immagini, non gli impongo le mie», dice semplicemente Simone Forti.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 agosto 2019 • N. 35
39
Cultura e Spettacoli Rubriche
In fin della fiera di Bruno Gambarotta Contadini dell’ultima ora Quarto capitolo del trattato sulla «torinesità». Il Torinese prima o poi riscopre l’esistenza della campagna perché nel suo DNA si celano i geni di un ascendente campagnolo. Veniamo tutti di lì e abbiamo fatto ogni sforzo per cancellare le nostre origini. Poi, un bel giorno, arriva la folgorazione provocata dal matrimonio di un cugino, il funerale di uno zio, un pezzo di cascina o di vigna ricevuto in eredità o la visita agli amici che hanno una casa in campagna. La prima stazione della scoperta è un delizioso pranzo sull’aia, all’ombra di un platano piantato dal bisnonno (a quanto pare i nostri antenati trascorrevano il tempo a piantare alberi). Ogni portata è accompagnata da una conferenza dei padroni di casa sulle zucchine e sull’insalata: «Un’ora fa erano ancora nell’orto, vive»; sui pomodori allevati liberi e spontanei col metodo Montessori e concimati con letame selezionato: «Non quelle porcherie che mangiate in città, importate dalla Cina, che hanno
viaggiato sei mesi nei container, hanno sostato due anni in frigo e per farle maturare più in fretta hanno usato gli altiforni». Il pollo ha un gusto strano, sa di medicinale scaduto, la carne è dura, fibrosa e ogni boccone richiede dai 18 ai 25 minuti di ostinata masticazione: «Per forza, voi non siete più abituati ai polli ruspanti. In città mangiate polli allevati in batteria». Dicono batteria ma pensano lager. «Ho letto che in Giappone hanno manipolato il DNA dei polli, introducendo un gene che li costringe a tenere il becco sempre aperto. Li allevano in casa come bidoni della spazzatura per l’organico, quando sono pieni passa l’incaricato che li ritira e consegna un animale vuoto. La ditta li macella per farne degli hamburger da spedire in tutto il mondo». Il pranzo si conclude con i dolci, la crostata fatta con la «nostra» marmellata, con la «nostra» frutta e senza aggiunta di zucchero (purtroppo!); la torta fatta con le «nostre» nocciole e fa niente per quel dente scheggiato da un
guscio finito nella torta. Un digestivo? Ecco il «nostro» nocino, fatto in casa, oleoso e nero come l’inferno, il gusto è un mix fra l’inchiostro di seppia e il lucido da scarpe, la bottiglia va tenuta capovolta per un quarto d’ora per farne scendere tanto da riempire un bicchierino. Mentre lo bevi spiano le tue reazioni: «La senti la noce?» e il tuo stomaco d’ora in poi dividerà gli anni in «prima del nocino» e «dopo il nocino». Anche il vino «l’abbiamo fatto con le nostre mani, o meglio con i nostri piedi». Non ci sono due bottiglie uguali a pagarle oro, ogni volta che una viene stappata è un terno al lotto. Due volte su tre, dopo l’assaggio, il verdetto: «Questo sarà un ottimo aceto». Al pranzo fa seguito la visita alla proprietà: orto, frutteto, vigna, cantina. La sosta più lunga sarà in dispensa, nella sala con il pavimento in cotto e le travi di legno da cui pendono prosciutti e salami, con gli scaffali stipati di formaggi e di vasi di vetro ripieni di frutta e verdura. Nessuno ricorderà che
tutti quei frutti della terra non sono saltati da soli a sistemarsi nei vasi. Quando al nostro arrivo ci avevano presentato la zia e la nonna si erano dimenticati di aggiungere che sono loro a sgobbare dall’alba fino a notte per raccogliere, pulire, tagliare, cuocere e sterilizzare tutto quel ben di Dio. «Come ho fatto finora a vivere senza la campagna?», ci chiediamo venendo via dalla fattoria dell’amico. È fatta, siamo stati arruolati nell’esercito dei contadini di ritorno. Per prima cosa il neo convertito cerca su internet cataloghi di attrezzi agricoli e di sementi. Poi ordina su Amazon una motozappa sulla quale, come per gli elettrodomestici, basta sostituire un pezzo per modificare la funzione. Semplicissima da usare, è sufficiente aver seguito un corso di due anni al MIT di Boston. Quanto alle sementi non stiamo a dar retta ai contadini, si sa, sono attaccati alle tradizioni, fosse per loro saremmo ancora all’età della pietra. Ordiniamo i seguenti semi: zucchine
argentine, rape norvegesi, melanzane dell’Andalusia, insalata della Patagonia, non sarà qualche grado di temperatura in più o in meno a impedire loro di crescere. Quanto agli animali, per uno che si vede come gentleman farmer, il primo acquisto non può essere che un cavallo; il secondo un pavone, così bello quando fa la ruota, peccato che lanci un urlo gutturale che terrorizza i bambini. La prova del fuoco per il neo contadino arriverà alle feste di fine anno, quando scoprirà che conigli e galline non si possono dare a pensione come si fa con i cani e i gatti per andare a sciare. Il Torinese che ha riscoperto la campagna lo si riconosce dal fatto che offre ad amici e colleghi carrettate di verdura, giunta tutta insieme a maturazione e perché va in cerca dei suoi simili con i quali può parlare della sua nuova passione. Potrebbe anche scoppiare la Terza guerra mondiale e loro non smetterebbero di discutere su quale è il momento giusto per piantare i ravanelli.
guardare poco violente (il coyote cadeva sempre da precipizi altissimi), ma non c’era spargimento di sangue, solo un vincitore e un vinto. Non manca il riferimento alla violenza presente negli attuali spettacoli, e soprattutto giochi, per bambini e adolescenti. I giochi delle play-station consistono per lo più nel catturare, uccidere, torturare il nemico, nel sapere usare le armi e insomma annientare tutto e tutti. Perfino i Pokemon che venivano virtualmente materializzati nel gioco che per un anno ha impegnato grandi e piccini, perfino loro andavano catturati ed eventualmente venduti. Che cosa hanno a che fare i giochi con le serie dedicate ai medici? Si tratta di una iniziazione a quello che piacerà tanto da adulti: vedere così tanta violenza, morte, esposizione di cadaveri da allontanare da sé il pensiero di morte, violenza, disgrazie di vario grado. Come sempre, la pubblicità è arrivata da tempo ad approfittare di questa cosificazione dei corpi umani. Sono pentita di
avere dedicato un mese fa una Postilla all’invasione televisiva del cibo. In verità, la palma di questa triste vittoria va al mostrare parti del corpo umano, non più o non solo sexy, ma malate, o fastidiose. Le signore oltre i cinquanta, per esempio, hanno mille possibilità per mettere minigonne stretch o costumi da pavone-pappagallo. Chi non vorrebbe ricevere un aiutino che copra odori (?) e fastidi? Non sapete come sia fatta una prostata? Niente paura, ecco disegnini didattici che ce lo spiegano. Ma queste sono banalità, come le pubblicità dei pannolini per bimbi bellissimi e biondi. Il vero dramma, ora è rappresentato da un pallone areostatico a forma di intestino, da un orrendo prato sfiorito e poi rifiorito – sulla pancia –, dallo sguardo triste e preoccupato di chi ancora non ha provato quella marca di fermenti lattici. Non sono forse i problemi intestinali il vero dramma del pianeta? Tutto questo esiste perché, e torniamo alle serie televisive, si vuole esibire il corpo
umano con le sue malattie (e infine la morte) proprio così, a pezzi – che non fanno tanta paura – oppure all’interno di un contesto rassicurante. Il poveretto muore ustionato, ma l’infermiera e l’infermiere capiscono di amarsi proprio nell’estremo tentativo di salvarlo. Esistono fastidiosi problemi, ma fiori e palloncini aiutano a non pensarci. C’è un brutto reparto, dove si curano brutti mali, ma il bambino malato riunirà i genitori, così come maneggiando pezzi di cadavere la polizia assicurerà il cattivo alla giustizia. Tutti questi eventi, tutte queste persone, dovrebbero riempire lo spazio della nostra mente e della nostra sensibilità dedicato, in fondo, all’unica realtà certa. Entriamo davvero in un ospedale, senza paura di «dar fastidio», andiamo a salutare chi malato è davvero, informiamoci sui bisogni di chi resta, senza ripetere il furbo e inutile «quando tutti se ne andranno, io ci sarò» di Toni Servillo nella Grande bellezza.
che la nave affondi», esclama Di Maio (sceso nel frattempo anche lui a un 1 di scoraggiamento). «Diamo la nostra disponibilità», dicono i pidì. A degli «idioti», «cialtroni», «buffoni»? Proprio così. E la coerenza? Quale coerenza? «La virtù degli imbecilli», la definiva Giuseppe Prezzolini (4+). Non si pretende il rigore morale di un Sandro Pertini, che riteneva che la coerenza equivalesse a comportarsi come si è, e non come si è deciso di essere. Politici d’altri tempi (6+). Ma l’incoerenza programmatica somiglia tanto alla frase di Ennio Flaiano: «Lei non può immaginare quanto io non sia irremovibile nelle mie idee» (6). Del resto, Salvini, l’uomo tutto d’un pezzo, ha inoltrato la sfiducia a Conte il 12 agosto e l’ha ritirata la settimana dopo, dietrofront di un dietrofront. La rete produce per lo più fuffa, si sa, ma a volte regala qualche perla di ironia. Ed è normale che l’obiettivo preferito sia proprio lui. Dopotutto, se l’è un po’ voluta. Per esempio, ha preso il
34 per cento con lo slogan: «Votatemi e cambierò l’Europa»? Una spietata fotografia che circola nel web riproduce il Parlamento di Bruxelles con il suo scranno vuoto adeguatamente evidenziato, con questa didascalia: «Salvini mentre cambia l’Europa…» (5+). La fotografia di un’enorme montagna ghiaiosa è accompagnata da questo commento: «I sassolini che Conte aveva nelle scarpe prima del suo discorso» (5+). E ancora: «Mi aspettavo che Conte concludesse il suo discorso dicendo: E se vuoi saperlo, il pupazzetto di Zorro te l’ho preso io!» (6–), che dice bene l’aspetto infantilmente litigioso dell’ex governo del cambiamento. Non male. Tutto è perduto, fuorché l’onore, dice un famoso motto attribuito al re Francesco I. Tutto è perduto, compreso l’onore, si potrebbe postillare. Fallita l’alleanza tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle, vedremo come funzioneranno le altre combinazioni: un accordo tra Salvini e Renzi, poi tra Berlusconi e Zingaretti, poi tra
Berlusconi e Di Battista, poi tra Grillo, La Russa, Berlusconi e Gasparri, poi tra Meloni e Conte, poi un ritorno di fiamma tra Conte e Salvini… La coerenza? Questa gente ha preso un po’ troppo alla lettera il paradosso di Oscar Wilde, secondo cui la coerenza «è l’ultimo rifugio delle persone prive di immaginazione». Questa gente di immaginazione ne ha fin troppa, ancora più degli artisti. Non resta che condividere un pensiero che lo scrittore Nicola Lagioia ha trasmesso di recente su Twitter: «È un’epoca strana, dagli artisti si pretende la coerenza, ai potenti si concede la follia» (6). Che si potrebbe tradurre anche così: «Agli artisti si richiede il senso di responsabilità, i governanti possono (e forse, per vincere le elezioni, devono) essere dei buffoni». Il vero cambiamento è questo: si pensi anche ai Trump e ai Boris Johnson. Parafrasando un celebre titolo del grande critico Jean Starobinski (7+), un utile saggio sul nostro tempo potrebbe essere: Ritratto del politico da saltimbanco.
Postille filosofiche di Maria Bettetini L’unica realtà certa Medici belli, medici così così, medici cattivi (valga per tutti il cinico dottor House), amori tra dottoresse e dottori, senza trascurare infermieri e pazienti. Quando non sono medici, sono forze dell’ordine che senza alcun turbamento assistono ad autopsie (compiute di solito da linde e belle dottoresse con smalto impeccabile e rossetto senza sbavature). Un particolare è molto indicativo: nessuno entra nella sala autoptica col Vicks Sinex sotto il naso, a nessuno infastidisce il lezzo che dobbiamo ritenere insopportabile. La polizia scientifica poi (CSI ha fatto e fa scuola) studia mani tagliate come se dovesse solo scrutare un ananas, da quale parte aprirlo, immerge le mani negli intestini altrui come se giocasse col Pongo. Assistiamo, nel mondo della comunicazione, a una sorta di esorcismo. Delle malattie ancora non si parla, la politica del «brutto male» non è – scusate il pasticcio onomastico – ancora morta. Della morte, poi, si tace in una maniera imbarazzante. Il caro estinto
viene pianto nell’oretta del funerale, ottima situazione adatta a saluti, conoscenze, gossip. Poi viene socialmente ucciso: i temi dei discorsi rimangono due, se il morto lavorava, chi prenderà il suo posto. E naturalmente la divisione dell’eredità. Ma, ma noi ci ammaliamo e moriremo. Impossibile dimenticarsi di questa meta cui tutti tendiamo, anzi i tristi eventi dovrebbero servire da monito e portare a riflessioni alte. Questo però non accade, complice il silenzio e l’oblio di cui si diceva, e complici anche i media. Nei cartoni animati dei Simpson, i bambini impazziscono per i cartoni di Grattachecca e Fichetto, un topo che decapita, affetta, fa esplodere un gatto, in un bagno di sangue e un festival di organi interni. Ovviamente qui si ironizza sui vecchi personaggi come il topo Speedy Gonzales (tuttora nell’uso comune per indicare qualcuno di molto veloce), il gatto Silvestro e, perché no, il coyote Willy il coyote e lo struzzo Beep Beep. Le loro storie non erano a ben
Voti d’aria di Paolo Di Stefano Il politico da saltimbanco Campagna elettorale italiana 2018. La Lega di Matteo Salvini non finisce di sparare a zero contro i Cinque Stelle e i Cinque Stelle di Luigi Di Maio non finiscono di sparare a zero contro la Lega. Di Maio: «Nessuna intenzione di stare con chi diceva: Vesuvio, lavali con il fuoco… La nostra alleanza con la Lega è semplicemente una speculazione giornalistica». Salvini: «Di Maio? Si preoccupi dell’incapacità dei suoi sindaci in giro per l’Italia». Grillo su un possibile accordo con Salvini: «Solo l’inizio di un capitolo di fantascienza». L’autorevole esponente grillino Alessandro Di Battista: «I leghisti? Li possiamo distruggere, con la loro inconsistenza e la loro mancanza di coerenza…». Salvini sui Cinque Stelle: «Nessuna possibilità di andare d’accordo, cambiano idea ogni quarto d’ora su tutto, sull’euro, sull’Europa, sulle adozioni gay…». Risultato? Un accordo e un governo insieme. Doveva essere il Governo del Cambiamento, è stato il governo del continuo cambiamento di
opinione. «Sarà un governo di cinque anni!!!». È stato un governo di un anno e pochi mesi. Fondato su una giravolta e finito in una giravolta. Fantascienza? Sì, fantascienza. Mancanza di coerenza? Come minimo. Voto: 2 agli uni e 2 agli altri. C’è da fidarsi di gente che capovolge i suoi saldissimi principi nel giro di un mattino? No. «Il 2019? Sarà un anno bellissimo di incredibile ripresa» annunciava in febbraio il premier Giuseppe Conte. In aprile correggeva: «Stavo scherzando». Era tutto uno scherzo? 1 è il voto e non è uno scherzo. Tutti uomini e donne dai grandi principi (smentiti al massimo un giorno dopo). D’altra parte, i grillini per i democratici non erano altro che dei «grullini», buffoni, cialtroni, idioti, «nuovi barbari». E Renzi per Grillo? Un avvoltoio, uno sciacallo, uno sparaballe, un «ballista da esportazione», l’«ebetino di Firenze». Insulti che Renzi considerava un onore, rincarando delicatamente: «Grillo, fai schifo» tanto per non lasciare dubbi. Risultato? «Noi non lasciamo
«Nei miei contorni si nasconde sempre un po’ di italianità.» Regola per il grill di Seline P.
20%
Tutte le olive Migros e Polli non refrigerate per es. olive nere alla greca, 125 g, –.90 invece di 1.15
15%
Grana padano per es. blocco, ca. 250 g, per 100 g, 1.85 invece di 2.20
conf. da 3
20%
20%
Tutte le baguette e i pani Twister per es. Twister chiaro cotto su pietra bio, 360 g, 2.35 invece di 2.95
4.55 invece di 5.70
Mozzarella Galbani in conf. da 3 3 x 150 g
3.90 fette delle Ricetta breve del vassoio di antipasti: tagliare a grigliarle. melanzane e delle zucchine, spennellarle con olio e oio con Disporre le fette di verdura ancora calde su un vass prosciutto pomodori, olive, pezzetti di parmigiano, mozzarella e a fette sottili. Servire con pane tostato.
Migros Ticino Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Melanzane Ticino, al kg
Azione 15%
Grana padano per es. blocco, ca. 250 g, per 100 g, 1.85 invece di 2.20
30%
11.20 invece di 16.–
Carne macinata di manzo Germania, in conf. da 2 x 500 g
a par tire da 2 pe z zi
20%
Tutto l’assortimento di frutta secca e noci (prodotti Alnatura, Sélection, sfusi e Premium Nuts esclusi), a partire da 2 pezzi, 20% di riduzione
30%
Petto di pollo affettato finemente e affettato di pollame Don Pollo in conf. speciale per es. petto di pollo affettato finemente, Brasile, 187 g, 3.90 invece di 5.60
30%
3.90 invece di 5.60
Prugne Svizzera, imballate, 1 kg
2. –
di riduzione
17.80 invece di 19.80
Tutte le capsule Delizio in conf. da 48, UTZ disponibili in diverse varietà, per es. Lungo Crema, 48 capsule
Migros Ticino Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Ora questo e molti altri prodotti con ribasso permanente.
5.20 finora 5.50
Sandwich al pollo al curry Anna's Best 265 g
40%
2.30 invece di 3.90
Uva bianca senza semi bio Italia/Spagna, in vaschetta da 500 g
40%
Carta igienica Soft in confezioni speciali Deluxe e Recycling Supreme, per es. Deluxe, FSC, 24 rotoli, 12.45 invece di 20.80, offerta valida fino al 9.9.2019
Sempre e solo fres conf. da 3
30%
12.30 invece di 17.70
Filetti di trota affumicati bio in conf. da 3 d’allevamento, Danimarca, 3 x 100 g
CONSIGLIO
Pronto in un attimo: marinare i filetti di tonno con ketchup e senape, scottarli e servirli su un’insalata di porri con crème fraîche. Trovate la ricetta su migusto.ch/consigli
30%
Filetto di tonno per 100 g, per es. M-Classic, pesca, Oceano Indiano occidentale, 4.40 invece di 6.30
15%
2.80 invece di 3.30
Fettine di pollo Optigal, al naturale e speziate Svizzera, per es. al naturale, per 100 g
Hit
5.95
Bratwurst Grill mi in conf. speciale Svizzera, 4 pezzi, 568 g
Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20%
6.90 invece di 8.65
Carne secca dei Grigioni affettata in conf. speciale Svizzera, 95 g
chezza. 40%
10.60 invece di 17.80
Cervo in salmĂŹ Nuova Zelanda/Polonia, 600 g
50%
2.10 invece di 4.20
Salame stagionato al pezzo prodotto in Italia con carne svizzera, imballato, per 100 g
20%
3.50 invece di 4.40
Arrosto di vitello cotto Svizzera, affettato in vaschetta, per 100 g
40%
4.50 invece di 7.60
Scamone di manzo Brasile, al banco a servizio, per 100 g
30%
13.40 invece di 19.20
Prosciutto crudo di Parma Ferrarini Italia, affettato in vaschetta da 2 x 90 g
25%
9.30 invece di 12.50
Puntine di maiale TerraSuisse Svizzera, imballate, al kg
25%
9.90 invece di 13.50
Ali di pollo Optigal Svizzera, in conf. da 6 pezzi, al kg
20%
3.15 invece di 3.95
Ossibuchi di vitello TerraSuisse Svizzera, imballati, per 100 g
20%
3.60 invece di 4.50
Pesche gialle extra Italia, sciolte, al kg
– .5 0
di riduzione
2.40 invece di 2.90
Insalata Alice Anna's Best 250 g
Hit
13.90
Bouquet di rose Fairtrade, mazzo da 30 disponibili in diversi colori, lunghezza dello stelo 40 cm, per es. rosse e gialle, il mazzo
Hit
3.90
Fichi Blu bio Spagna, imballati, 250 g
25%
3.60 invece di 4.80
Patate Amandine Svizzera, imballate, 1,5 kg
Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20%
3.90 invece di 4.90
Pomodori Intense Ticino, imballati, 700 g
20%
1.20 invece di 1.55
Emmentaler dolce per 100 g
20%
1.50 invece di 1.95
Formagín ticinés (Formaggini ticinesi) prodotti in Ticino, a libero servzio, per 100 g
30%
Tutto l’assortimento Tomme Jean-Louis per es. Tomme à la crème, in conf. da 100 g, 1.30 invece di 1.90
40%
20%
2.70 invece di 4.60
1.70 invece di 2.15
Carote bio Svizzera, sacchetto, 1 kg
Formaggella cremosa prodotta in Ticino, a libero servizio, per 100 g
conf. da 3
conf. da 2
20%
20%
4.65 invece di 5.85
Mozzarella Galbani in conf. da 3 3 x 150 g
3.90 invece di 4.90
Mezza panna UHT Valflora in conf. da 2 2 x 500 ml
Il bello della conve 20%
Tutte le tazze da dessert raffreddate per es. vermicelles, 95 g, 2.30 invece di 2.90
conf. da 4
33%
conf. da 4
Pizza M-Classic in conf. da 4 pizza del padrone o margherita, per es. pizza del padrone, 4 x 400 g, 12.60 invece di 18.80
20%
Yogos in conf. da 4 al miele, ai fichi o al naturale, per es. al miele, 4 x 180 g, 3.– invece di 3.80
conf. da 2
Hit
5.80
Pasta fresca Zia Pia in conf. da 2 Fiori al pesto Rosso o ravioli ai 5 Formaggi, per es. fiori al pesto rosso, 2 x 250 g
conf. da 2
20%
Tutte le baguette e i pani Twister per es. Twister chiaro cotto su pietra bio, 360 g, 2.35 invece di 2.95
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20%
Snack Anna’s Best Asia in conf. da 2 per es. Dim Sum, ASC, 2 x 250 g, 11.10 invece di 13.90
enienza. Hit
12.30
Leckerli finissimi 1,5 kg
a par tire da 2 pe z zi
–.60
di riduzione Tutto l’assortimento Blévita a partire da 2 pezzi, –.60 di riduzione l'una, per es. al sesamo, 295 g, 2.70 invece di 3.30
conf. da 3
20%
Zampe d'orso, bastoncini alle nocciole, sablé al burro e schiumini al cioccolato in confezioni speciali per es. bastoncini alle nocciole,, 1 kg, 6.70 invece di 8.40
conf. da 2
30%
Involtini primavera J. Bank’s in conf. da 2 alle verdure o al pollo, surgelati, 2 x 6 pezzi, 740 g, per es. alle verdure, 8.95 invece di 12.80
33%
Gallette al granoturco e gallette di riso alle mele Lilibiggs nonché gallette di riso allo yogurt e gallette di riso al cioccolato in conf. da 3 per es. gallette al granoturco Lilibiggs, 3 x 130 g, 3.30 invece di 4.95
a par tire da 2 pe z zi
1.–
di riduzione Tutti i tipi di riso M-Classic da 1 kg a partire da 2 pezzi, 1.– di riduzione l'uno, per es. Carolina, 1.25 invece di 2.25
20%
Tutto l'assortimento di farina (prodotti Alnatura esclusi), per es. farina bianca TerraSuisse, 1 kg, 1.45 invece di 1.85
conf. da 4
20%
Zweifel Chips, Pretzel e Cracker in confezioni multiple disponibili in diverse gusti, per es. chips alla paprica in conf. da 4, 4 x 30 g, 4.45 invece di 5.60
conf. da 3
33%
8.80 invece di 13.20
Bastoncini di merluzzo dell'Alaska Pelican, in conf. da 3, MSC surgelati, 3 x 450 g
33%
50%
3.80 invece di 7.65
Crocchette di rösti Delicious in conf. speciale surgelate, 1 kg
Tutti i tipi di Coca Cola in conf. da 6 (bottiglie in vetro escluse), per es. zero, 6 x 1,5 l, 7.95 invece di 12.–
20%
20%
Tutte le olive Migros e Polli non refrigerate per es. olive nere alla greca, 125 g, –.90 invece di 1.15
Sanbittèr o Crodino San Pellegrino in conf. da 10 10 x 100 ml, per es. Sanbittèr San Pellegrino, 5.90 invece di 7.40
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 27.8 AL 2.9.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20%
M&M’s e Maltesers in conf. speciali per es. M&M’s, 1 kg, 9.25 invece di 11.60
20%
Tutti i cereali e i semi per la colazione bio (prodotti Alnatura esclusi), per es. semi di girasole, 400 g, 1.80 invece di 2.25
conf. da 6
20%
7.20 invece di 9.–
Fleischkäse Malbuner in conf. da 6 disponibile in diverse varietà, per es. Delikatess, 6 x 115 g
a par tire da 2 pe z zi
20%
Tutti i gelati Crème d’Or in vaschette da 750 ml e 1000 ml a partire da 2 pezzi, 20% di riduzione
conf. da 6
35%
3.90 invece di 6.–
Pomodori tritati Longobardi in conf. da 6 6 x 280 g
30%
Risoletto e Mahony Frey in confezioni speciali, UTZ per es. Risoletto Classic, 10 x 42 g, 6.40 invece di 9.20
a par tire da 2 pe z zi
20%
Tutte le tavolette, le palline e tutti i Friletti Frey Suprême, UTZ a partire da 2 pezzi, 20% di riduzione
conf. da 3
33%
17.45 invece di 26.10
Caffè in chicchi Boncampo Classico in conf. da 3, UTZ 3 x 1 kg
conf. da 6
Hit
9.80
Spazzolino Candida Sky Soft in conf. da 6 offerta valida fino al 9.9.2019
conf. da 3
33%
6.95 invece di 10.50
Prodotti per la doccia Le Petit Marseillais in conf. da 3 per es. docciacrema ai fiori d’arancio, 3 x 250 ml, offerta valida fino al 9.9.2019
15%
Tutto l’assortimento Pedic (confezioni da viaggio e confezioni multiple escluse), per es. crema nutriente, 75 ml, 4.05 invece di 4.80, offerta valida fino al 9.9.2019
conf. da 3
conf. da 3
25%
33%
Tutti i prodotti Kneipp ai fiori di mandorlo in confezioni multiple per es. balsamo doccia ai fiori di mandorlo in conf. da 3, 3 x 200 ml, 12.35 invece di 16.50, offerta valida fino al 9.9.2019
15%
Tutto l’assortimento Rescue (senza animali domestici), per es. gocce Remedy, 10 ml, 12.30 invece di 14.50, offerta valida fino al 9.9.2019
OFFERTE VALIDE DAL 27.8.2019, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Prodotti per l’igiene orale Candida in confezioni multiple per es. dentifricio Peppermint in conf. da 3, 3 x 125 ml, 5.50 invece di 8.25, offerta valida fino al 9.9.2019
a par tire da 2 pe z zi
20%
Tutti i detersivi per capi delicati Yvette a partire da 2 pezzi, 20% di riduzione, offerta valida fino al 9.9.2019
a par tire da 2 pe z zi
50%
Tutti i coltelli da cucina e le forbici Cucina & Tavola e Victorinox (articoli Cucina & Tavola Barbecue esclusi), a partire da 2 pezzi, 50% di riduzione, offerta valida fino al 9.9.2019
Hit
3.95
Candela in bicchiere con guďŹ il pezzo, offerta valida fino al 9.9.2019
a par tire da 2 pe z zi
50%
Tutto l'assortimento Migros Topline, Sistema e Cucina & Tavola Fresh a partire da 2 pezzi, 50% di riduzione, offerta valida fino al 9.9.2019
a par tire da 2 pe z zi
50%
20%
Tutti i tovaglioli, le tovagliette e le tovaglie di carta Cucina & Tavola e Duni, FSC (prodotti Hit esclusi), a partire da 2 pezzi, 50% di riduzione, offerta valida fino al 9.9.2019
Tutto l’assortimento di reggiseni, biancheria intima e per la notte da donna per es. canottiera Ellen Amber, bianca, tg. S, il pezzo, 11.80 invece di 14.80, offerta valida fino al 9.9.2019
conf. da 4
20%
Tutti gli assorbenti igienici Secure, Secure Discreet, Tena e Always Discreet (confezioni multiple escluse), per es. Secure Light Plus, conf. da 24 pezzi, 4.55 invece di 5.70, offerta valida fino al 9.9.2019
Hit
6.95
Candele profumate Ambiance in conf. da 4 disponibili in diverse fragranze, per es. citronella, offerta valida fino al 9.9.2019
Ora questi e molti altri prodotti con ribasso permanente.
1.85 finora 2.–
Tavoletta di cioccolato Eimalzin, UTZ 100 g
2.85 finora 3.40
Succo di frutta mista Anna's Best 750 ml
3.50 finora 3.90
Tic Tac menta fresca 200 pezzi
1.85 finora 2.05
Patatine acidule Gomz 200 g
2.85 finora 3.80
Succo d'ananas Anna's Best 750 ml
3.50 finora 3.90
Tic Tac arancia 200 pezzi