Anno LXXXV 17 gennaio 2022
Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura
edizione
03 MONDO MIGROS
Pagine 4 – 5 ●
SOCIETÀ
TEMPO LIBERO
ATTUALITÀ
CULTURA
Una diagnosi oncologica infantile sconvolge la vita dell’intera famiglia che necessita di un grande sostegno
Hobby: la nuova rubrica «Un visibile narrare» esplora alcune possibilità della scrittura creativa
Il modello tedesco di efficienza e precisione appare come un mito ormai tramontato
Quando la musica raccontava le vicende degli ultimi: un ricordo dei «Cantacronache»
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Maestro Ciseri, a Rancate e a Lugano
Elena Robert Pagina 33
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La fine strisciante di una pandemia Peter Schiesser
Un articolo letto sulla «Neue Zürcher Zeitung» mi riecheggia nella mente dal 1. ottobre scorso: «La fine di una pandemia la stabilisce la società», a cura di Andreas Ernst. L’articolo solleva una domanda di fondo: come finiscono le pandemie? Rifacendosi alla storia, l’articolista risponde: non finiscono improvvisamente, si sfilacciano; il virus continua a circolare, ma la società e il potere politico hanno nel frattempo compiuto un «processo negoziale». Da una parte è sparita la paura iniziale dell’ignoto, vengono sviluppati medicamenti, vaccini, misure di contenimento, dall’altra dopo la fase acuta iniziale in cui il focus è messo unicamente sugli aspetti sanitari, sulla vita e sulla morte, con il tempo assumono più peso considerazioni di sopravvivenza economica, di recupero delle libertà individuali. A un certo punto la malattia continua ad esistere, ma – complice in questo caso una variante del virus meno letale? – non provoca più mortalità in eccesso. Vedendo attorno a me in questi ultimi mesi che le misure declamate – distanza, mascherina –
diventavano sempre più pro forma (quanti nasi in bella evidenza al di sopra della mascherina!) nonostante i casi per la variante Delta fossero di nuovo in crescita (come le ospedalizzazioni e i decessi), ho percepito la stanchezza di una popolazione che, ormai vaccinata, o convinta che i vaccini non servano, anelava a dimenticare la pandemia. Con l’arrivo della variante Omicron si è innescato un ulteriore meccanismo mentale: l’ipotesi che sia più contagiosa ma meno letale ha indotto in molti il pensiero che ormai a questa ondata non c’è più argine possibile, una rassegnazione lenita dalla sicurezza che un triplo vaccino ti può dare o dalla presunzione personale di essere immuni anche a questa variante, accompagnata dalla speranza che questa volta si raggiunga davvero un’immunità di gregge sufficiente per passare da uno stato pandemico a uno endemico, come sostengono pure molti esperti. Gli allarmi lanciati dal settore medico, secondo cui l’aumento della contagiosità genera numeri di ospedalizzazioni che mettono sotto pressione il sistema sanitario, non hanno cambiato l’at-
titudine delle persone, confortate dalle notizie provenienti dalla cerchia personale: tanti contagiati, pochi con sintomi gravi (una collega mi racconta che un gruppo di amici si sono ritrovati insieme per Natale senza timori, poiché tutti già positivi al test). E così non mi stupisce che persino il Consiglio federale, mercoledì scorso, abbia lasciato trasparire lo stesso schema mentale presente intuitivamente nella popolazione: stiamo passando da una fase pandemica a una fase endemica, speriamo – ma intanto ci comportiamo come se fosse così e non cerchiamo neanche più di tanto di controllare la situazione. Poiché ormai la situazione è fuori controllo: con Omicron si è contagiosi e ci si ammala prima che con la Delta ma meno a lungo, i risultati dei testi PCR, quelli più affidabili, oggi giungono anche dopo 4 giorni a causa della massa di richieste, ciò che manda in tilt qualsiasi tentativo di arginare la diffusione del virus attraverso quarantene e isolamenti; e se mettiamo in quarantena decine o presto centinaia di migliaia di persone il paese non fun-
ziona più. Quindi, anche di fronte alle proiezioni della commissione federale d’esperti, secondo cui entro fine gennaio avremo una settimana in cui si infetterà fra il 10 e il 30 per cento della popolazione svizzera (!), quindi con più di 100mila contagi al giorno, il Consiglio federale pur confermando le misure restrittive fino a marzo ha dimezzato da 10 a 5 i giorni di isolamento e quarantena. Il messaggio implicito è chiaro: il contenimento della diffusione di Omicron è impossibile, ragionare sulla base dei numeri dei contagi non serve più, speriamo che questa sia la botta finale, fiduciosi che gli ospedali reggano. In due anni, il processo è stato lungo, si è passati da una politica di contenimento massimo della diffusione del virus con i lockdown all’accettazione quasi collettiva di una presenza endemica del virus, attraverso traumi ed aggiustamenti, con vittime e sofferenze (fisiche, psicologiche, economiche). Ma la pandemia è una questione mondiale: se da noi finisce, non per forza termina altrove allo stesso tempo. Nel nostro ritorno alla normalità dobbiamo tenerne conto.