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Dall’altra parte del Duomo, la dattilografa

Bussole, letture per esplorare il mondo ◆ S’intitola Milano non è Milano e meriterebbe una ristampa la guida d’autore dedicata alla metropoli lombarda a firma di Aldo Nove

Manuela Mazzi

Sono trascorsi quasi vent’anni da quando Aldo Nove – intitolando Milano non è Milano la sua «guida d’autore alla metropoli più metropoli d’Italia», come si legge in quarta di copertina – affermò che «non è possibile andare a Milano due volte». Eppure, a noi che Milano la frequentiamo oggi più di ieri, leggendo questo tascabile di 145 pagine sembra proprio di respirare quell’aria lì, quella che d’estate ti si attacca addosso, e d’inverno ti condensa il respiro; di sentire lo stesso «mutismo architettonico (…) stordito però dal caos dei rumori che l’invadono»; di vedere quelle stesse strade che fanno questa città; di tornare sempre a Milano, in quella stessa Milano che continua a cambiare ma – anche dopo vent’anni – è sempre uguale.

Basta sentire il rombo di un aereo che vola basso, forse in manovra di atterraggio, un distinto vociare lontano e schiamazzi vicini, portiere d’auto che si aprono e si chiudono con forza, un cane che abbaia lento e con tono baritonale, il tutto inghiottito dal frastuono continuo, implacabile di un pulisci asfalto che procede a passo d’uomo lungo il marciapiede per riportarti a Milano, una mattina d’inverno, nel quartiere intitolato da Aldo Nove «La zona equatoriale», che va da corso Buenos Aires alla stazione Centrale.

Lo sguardo di Aldo Nove, d’altro canto, combacia molto con il nostro, con quello ticinese, per una questione bio-geografica: «Chi scrive – annota, l’autore – ha trascorso la sua infanzia in un piccolo paese al confine con la Svizzera, a un paio d’ore di macchina da Milano». Nato a Viggiù, racconta così di quando, ragazzino, si recava coi genitori nella metropoli ascoltando Celentano mentre cantava di alberi di trenta piani, campi trasformati in centri commerciali, e colate di cemento: «A dire la verità, Milano (la città) faceva un po’ paura. / Era una cosa poco precisa. / Se ci andavi ne vedevi un poco. / Qualcosa. / Non era possibile vederla tutta. / Se ci tornavi era cambiata. / Ma non abbastanza da essere un’altra cosa. / Era sempre Milano. / Ci facevano i panettoni. / E c’era il Duomo. / E in cima al Duomo la Madonnina».

Ha tratti poetici, il testo di quest’opera d’autore, che, sì, forse avrebbe meritato una cura più amorevole da Editori Laterza – che nel 2004 lo pubblicò per i tipi della collana Contromano – date alcune sbavature anche informative. Ma non importa davvero, perché un libro così, lo si legge per assaporare il clima, per farsi tirare dentro in quell’atmosfera un po’ così, che solo la letteratura può ricreare, alla faccia dei saggi che le dicono tutte giuste. Come ricorda lo stesso

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