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Vite al buio La guerra dell’elettricità

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Il racconto della quotidianità di Olena e Mira, che tutti i giorni devono fare i conti con i blackout causati dagli attacchi russi

«È la strategia dei russi: fare in modo che questa guerra sia sentita da tutti». Olena è una giovane donna, capo del Centro Anticorruzione con sede a Kiev e anche se spesso in viaggio, si è trovata nella capitale ucraina durante alcuni tra i più intensi attacchi missilistici che hanno colpito il cuore del Paese. Quella condotta da Putin è una guerra su tutti i fronti, così che «chiunque ne avverta la sofferenza».

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Secondo questa logica, le regioni occidentali sono le più colpite «semplicemente perché più lontane dal campo di battaglia», e così i massicci bombardamenti prendono di mira le centrali elettriche. Gli allarmi antiaereo risuonano assordanti in tutta la città, la linea telefonica dei cellulari si interrompe e diventa impossibile mettersi in contatto con gli altri o controllare gli aggiornamenti delle notizie. Così iniziano i blackout per cinque, sei, anche sette ore durante i quali non è detto che l’elettricità sia l’unica a mancare. Se specificamente colpite, si interrompono anche la fornitura di acqua corrente e il riscaldamento. Così, per fare luce nelle case fredde e buie, sui davanzali delle finestre si accendono le candele e «gli ucraini fanno miracoli».

Mira ha 20 anni e vive da sola in un appartamento a Lviv, nella parte occidentale dell’Ucraina. È una studentessa della facoltà di lingue per diventare interprete, mentre lavora come tutor per aiutare bambini e adulti alle prese con le traduzioni. «Per gli studenti e chi lavora da remoto le condizioni sono difficili» racconta al telefono. Quando il lavoro dipende dall’elettricità, fare il proprio mestiere può diventare una vera e propria sfida «considerando che non tutti possono permettersi di acquistare generatori elettrici da tenere in casa». Gli studenti seguono le lezioni on-line, al riparo nei loro appartamenti, ma sono diversi gli ostacoli all’ordine del giorno: «Riuscire a contattare i professori, lavorare sui progetti, seguire i workshop è diventato estremamente complicato. Andiamo nei cafés dove è possibile ricaricare i dispositivi elettronici e magari studiare per passare un esame». I problemi da affrontare ogni giorno rimangono comunque molti, per tutti.

Come i commercianti di piccole e medie imprese in crisi, alle prese con la sopravvivenza delle aziende legata unicamente all’acquisto dei generatori. Ma le difficoltà coinvolgono tutti gli aspetti della vita e anche le attività quotidiane diventano un problema se svolte in totale assenza di elettricità. Mira racconta dei suoi nonni, che come tanti anziani in tutto il paese, ogni giorno si trovano a dover salire lunghe rampe di scale per arrivare nelle loro case, a volte di ritorno dal supermercato con una spesa pesante, altre con le casse d’acqua per farne la scorta. Anche camminare per strada è diventato più rischioso: nelle strade buie dove il più delle volte i lampioni sono oramai solo ornamentali, il numero di incidenti è in forte aumento.

Novità con cui fare i conti in una riscoperta normalità, che però non attecchisce. Mira parla a nome di tutti i giovani ucraini quando dice: «Siamo stanchi di tutto questo». Ai danni materiali vanno aggiunti quelli psicologici, tenendo conto del disagio di una vita che segue la programmazione giornaliera dei tagli di elet- tricità. Se inizialmente le centrali elettriche chiedevano di ridurre il consumo di energia per avere la possibilità di riparare gli eventuali danni causati dai missili senza sovraccaricare le infrastrutture, ora invece interrompono la fornitura di corrente regolarmente durante il giorno. Gli effetti di una vita più dura si riflettono nelle parole di Mira: «La nostra giornata è programmata. Ogni mattina controllo il timetable e mi organizzo di conseguenza per sapere cosa posso fare e quando». Lavorando a stretto contatto con le persone, seppur in modalità virtuale, per lei come tanti altri il peso di questa situazione è duplice, dovendo tenere conto dei cut-off in programma a Lviv e quelli delle città da dove si connettono i suoi clienti. «Ma l’importante adesso è che siamo vivi. In questo buio, la luce è nello spirito degli ucraini». È nei momenti in cui manca l'elettricità che Mira e i suoi amici hanno riscoperto quanto sentirsi connessi e stare insieme agli altri dia loro forza. Solo alla fine della telefonata confessa che un blackout è in corso proprio mentre parla, e risponde con semplicità quando le viene chiesto cosa farà dopo, senza corrente: «Accenderò le candele e credo che per un po’ leggerò il mio libro. Più tardi poi chiamerò i miei amici, che come me sono rimasti senza luce». ■

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