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Il circolo vizioso dello sci d’alpinismo
La situazione climatica sta diventando sempre più preoccupante e gli sport invernali sembrano avere per la prima volta una data di scadenza. Le ondate di caldo fuori stagione e le perturbazioni con aria mite e pioggia stanno letteralmente facendo sciogliere i sogni e le aspettative degli appassionati degli sport invernali e delle località montane che dipendono dalle attività sciistiche per la loro sopravvivenza. In molte zone di montagna in Italia, Spagna e Slovenia, la neve non c’è più o non c’è quasi più. Ad aggravare la già precaria situazione è la guerra in Ucraina che, con la lotta per il gas proveniente dalla Russia, ha fatto schizzare le bollette a livelli mai raggiunti prima.
La situazione non è destinata a migliorare, anzi, secondo gli studi scientifici, il futuro delle vacanze sulla neve non è roseo. Uno studio dell’Università di Basilea ha esplorato il futuro del noto resort sciistico svizzero Andermatt-Sedrun-Disentis e ha scoperto che se non si abbattono le emissioni di gas serra, la neve a dicembre e gennaio non sarà più garantita. Anche l’utilizzo della neve artificiale potrebbe diventare antieconomico e poco praticabile dato il costante aumento della temperatura e dei prezzi per l’energia.
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Per garantire piste sicure, si dovrà utilizzare molta più acqua per produrre neve artificiale. Solamente nel resort svizzero studiato, il consumo aumenterà dell’80%: in un inverno medio verso il 2100, si useranno per produrre neve 540 milioni di litri d’acqua rispetto ai 300 milioni attuali, e questo senza considerare gli inverni più estremi, caratterizzati da pochissime precipitazioni nevose. L’Italia sta attualmente attraversando un'ondata di maltempo, con pioggia e neve che stanno colpendo diverse regioni del Paese. Mentre le precipitazioni sono benvenute per migliorare la situazione idrica, non devono essere considerate una soluzione a lungo termine per problemi quali la siccità. Insomma il problema non si risolve con una settimana di perturbazioni.
Negli ultimi decenni, il cambiamento climatico ha avuto un impatto significativo anche sulla dislocazione fisica dei paesi e delle mete turistiche. Un esempio è la riduzione della neve in quota, che rende sempre più difficile l'apertura degli impianti sciistici.
Negli anni '60, gli impianti sciistici si trovavano per lo più tra gli 800 e i 1000 metri di quota, mentre oggi è necessario arrivare fino a 1800 metri per trovare neve sufficiente. Marta, che lavora in un ristorante alla fine della pista del Lago della Ninfa, sull’Appennino emiliano si dice preoccupata. A quota 2000, sui versanti del Cimone, una leggera spolverata di neve acquosa bagna le piste e i clienti diventano rari. «La cosa che mi fa pensare di più è che questo non è un fenomeno isolato, negli ultimi anni abbiamo notato una sempre maggiore incertezza delle condizioni climatiche». In Francia a causa dell’allarme caldo è stato stabilito dagli scienziati che il 2050 sarà l’anno in cui lo sci d’alpinismo smetterà d’esistere per sempre. Ma non solo gli sport invernali e le località montane saranno colpiti dai cambiamenti climatici, anche la fauna e la flora delle montagne saranno gravemente danneggiate. Pinguini e renne sono tra le specie più a rischio estinzione a causa dello scioglimento dei ghiacci. Alcuni animali tra cui i ricci, sentendo le temperature primaverili, si sono svegliati in anticipo dal letargo sconvolgendo il proprio naturale ciclo annuale. Intanto sbocciano i fiori e l’inverno diventa primavera. ■