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Una nuova «civiltà dell’orto» sulle colline laziali

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Riserva Aurea è una rete aperta, in cui si condividono spazi, saperi e cibo in nome di un diverso modo di vivere in società

SOSTENIBILITÀ di Federica De Lillis

La rivoluzione di Shanti Di Lieto Uchiyama è iniziata nel 2017 a Nespolo, un comune di 192 abitanti in provincia di Rieti, nel Lazio. «I miei figli sono andati via, io e mio marito abbiamo pensato di condividere la nostra casa con altre persone, ispirati da tanti anni di condivisione degli orti».

Riprendere il contatto con la natura, rispettarne i ritmi, condividere con altri una precisa visione del mondo che si distacca dalla vita della metropoli sono le motivazioni principali che hanno spinto Shanti a fondare la Riserva Aurea. Si tratta di un ecovillaggio, un luogo dove sperimentare uno stile di vita comunitario: diverse persone vivono a contatto condividendo un’abitazione oppure entrando in una rete di territori con lo scopo di coltivare, in modo autonomo, i prodotti agricoli e, in alcuni casi, produrre anche l’energia necessaria al fabbisogno del gruppo.

«Abbiamo creato una rete che andava dalle Marche passando per i [monti] Sibillini, per Amatrice, fino alla zona di Zagarolo e altre aree del Lazio. Quando c’è stato il terremoto di Amatrice, mi trovavo lì e ho passato l’inverno a fare volontariato per questa rete, che prima si occupava di condivisione di antichi saperi e di orti, e poi è diventata di supporto alle zone terremotate».

In breve tempo, si è consolidata una comunità di persone che si sono trasferite nella casa di Shanti o hanno preso in affitto abitazioni nel piccolo comune di Nespolo; mentre altri si recavano nell’ecovillaggio per brevi periodi, per sfuggire alle pressioni di Roma, distante 40 minuti. «C’è stato un ricambio continuo di persone perché quelli che erano venuti ad abitare all’inizio poi sono andati via e ne sono venuti altri».

Non c’è mai stato un numero preciso di persone che aderivano al progetto, Shanti parla di una «rete aperta e fluida, chi vuole può unirsi quando vuole».

Progetti come quello della Rete Aurea, benché non siano previsti finanziamenti da parte degli enti locali, si traducono spesso in una riqualificazione di territori prima abbandonati o quasi del tutto disabitati.

«Tante persone lì intorno ci hanno affidato i loro terreni in comodato d’uso: invece di pagare un canone di affitto dividevamo con loro i prodotti del terreno. Le comunità che vengono in questa zona appenninica vanno a ripopolare le aree meno abitate e hanno un grande futuro a differenza delle realtà cittadine».

Sebbene l’aspirazione degli ecovillaggi sia quella di una totale autosufficienza dal punto di vista energetico e agricolo, «attualmente non succede perché la gente è costretta, per motivi lavorativi o famigliari, a fare altro e quindi non c’è ancora, anche negli altri ecovillaggi che ho conosciuto, la sicurezza di poterti autoprodurre tutto. Quando abbiamo avuto molte persone che lavoravano potevamo arrivare anche a più della metà dell’autoproduzione degli ortaggi. Avevamo anche in programma di installare pannelli solari ma quando finalmente è stato possibile non potevamo sostenere i costi», racconta la fondatrice.

Nella Riserva Aurea si praticano tecniche di coltivazioni che aspirano a essere più sostenibili grazie a un minore impiego di acqua e grande attenzione è posta sui consumi energetici responsabili e sull’evitare gli sprechi perché «a breve non sarà più sostenibile avere milioni di persone nelle città, tutte quante che consumano tanta energia e cibo: non ci saranno le risorse energetiche e forse neanche quelle alimentari. Dobbiamo cominciare a ripensare alla visione globale di quello che è il nostro futuro e dei nostri figli».

Per questo Shanti è convinta che un giorno si assisterà a un progressivo spostamento fuori dalle grandi città, che diventano sempre più costose, frenetiche e inquinate, per abbracciare dimensioni comunitarie più piccole e attente ai legami con gli altri e col territorio.

«La città del futuro per me è quella che alla base ha l’integrazione tra la comunità, la città e l’ecovillaggio. In quei territori in cui ora ci sono soprattutto seconde case, si possono creare comunità e la comunità diventa anche comune, portando a usufruire di una serie di vantaggi. Penso che questo fenomeno si verificherà perché i sistemi urbani sono sempre più fragili». ■

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