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di Simone Di Gregorio
Io, infermiere contro il Covid con una protesi comprata in crowdfunding
di Simone Di Gregorio Daniele oggi ha trentatré anni e un profilo Instagram pieno di foto in cui guida il tender, gioca
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STORIE Dopo un incidente in moto che a pallavolo in spiaggia, indossa il camice e il fonendoscopio. Solo con una protesi alla gli porta via la gamba sinistra, Daniele Terenzi è tornato in corsia grazie a una gamba sinistra che sfoggia con orgoglio. Nella memoria ha scolpito qualche flash di quel 16 ottobre 2018, alla guida della raccolta fondi sui social network sua moto sulla Palombarese, a Roma, per andare a fare il tirocinio di specializzazione come infermiere anestesista. Sulla 1 1 corsia opposta, un ventenne alla guida di un’auto, sotto l’effetto di stupefacenti. «Mi ha preso in pieno e sono volato via, sono andato in arresto cardiaco. Fortuna che si è fermata una collega infermiera che ha 1. Instagram, uno dei social grazie al quale Daniele ha avviato la sua campagna di chiamato l’elisoccorso. Mi hanno portato al Policlinico Umberto I». Otto giorni di coma, poi il risveglio. crowdfunding 2. Daniele al lavoro 3. Mentre si allena a casa sua «Ho aperto gli occhi e non avevo più la gamba sinistra. Il braccio ingessato e una frattura alla colonna che ha rischiato di condannarmi all’immobilità. Il primo istinto è stato ringraziare tutto il personale sanitario per avermi salvato la vita. Solo quando sono stato dimesso dall’ospedale ho realizzato. È stata dura, nessuno ti insegna a affrontare un trauma del genere». A giugno, però, su una sedia a rotelle riesce a discutere la sua tesi di laurea. «Avevo già la protesi meccanica con la copertura assicurativa in dotazione dalla ASL, ma non mi permetteva di essere autonomo. Così, ho scelto la carrozzina». È il dramma di chi, come lui, deve accontentarsi di un dispositivo vecchio di 20 anni, perché la normativa non è aggiornata dal 1999. «È come una gamba di legno. Non si possono fare le scale a salire. Sono instabili, cadevo in continuazione». A metà luglio, nonostante tutto, Daniele torna in corsia, ma non riesce a lavorare come vorrebbe. «In quel momento, ho realizzato che dovevo reagire, inventarmi qualcosa. Ho affrontato l’ostinazione di dovercela fare a tutti i costi da solo, i miei pregiudizi nei confronti dei social network 1 e ho deciso di registrare un video». Aiutato da Claudio, il fratello minore, si è mes-
so davanti alla telecamera e ha lanciato una raccolta fondi prima su Facebook, poi su Instagram. L’obiettivo, comprare una protesi robotica modello Genium x3 da 82.000 euro.
«Se spesi bene, i social possono anche farti tornare a camminare. Ho racimolato 30.000 euro, chiedendo una donazione pari al costo di un caffè». Così, unendo i risparmi accumulati per comprarsi casa e un prestito agevolato in banca ha acquistato il dispositivo che ora controlla con un’app da cellulare. Riesco a camminare senza guardare per terra, corro tra i reparti, anche se non sono veloce come prima». Fa il bagno, balla la salsa, riesce a fare le trazioni e sollevare la sbarra. La soddisfazione più grande di Daniele, però, è un’altra: «Durante la pandemia, ho lavorato in prima linea nel mio reparto al San Filippo Neri. Ho seguito il primo focolaio di Roma, sottoposto i contagiati alle TAC. Ho salutato colleghi da lontano che qualche giorno dopo si sono ammalati e in breve tempo sono finiti in terapia intensiva. Li ho visti morire».
La tensione, i ritmi serrati di un anno in emergenza. Daniele racconta il sollievo di togliere la protesi dopo turni da 12 ore. Il moncone arrossato e dolorante, le relazioni con i pazienti ai quali, però, ha qualcosa da insegnare. «Conosco l’isolamento, l’ho provato sulla mia pelle. Sei mesi allettato, si fa i conti con sé stessi. Si è costretti a convivere con le proprie angosce. All’inizio, è il vuoto cosmico, l’incertezza di quello che sarà, poi ho imparato a vivere il momento».
Così, tra un turno e l’altro in ospedale, Daniele trova il tempo di tenere lezioni nelle scuole sulla guida sicura e per assistere chi si trova nella sua stessa condizione: «Provo a dare il mio contributo, racconto quello che ho imparato: non siamo eterni, né invincibili. La stessa lezione che ci è stata impartita dal coronavirus. Io ho imparato a non programmare più nulla. L’importante accade nel momento in cui si verifica».■
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