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La realtà oltre la fiction
La guerra ha acceso i riflettori dei maggiori festival internazionali sul cinema d’autore ucraino, ma d’altra parte rischia di azzerare gli investimenti per i prossimi anni di Niccolò Ferrero
«Ah siete ucraini? No, mi scusi credevo di aver chiamato il Montenegro» dice Angela Merkel al telefono con Volodimyr Zelensky, al quale aveva appena annunciato l’ingresso nell’Unione Europea. Non si tratta di un incidente diplomatico, ma di una scena di Servitore del popolo, la serie televisiva in cui Zelensky interpreta un insegnante del liceo che viene eletto presidente quasi per caso. Dopo cinque anni lui stesso diventa presidente. Questa volta non per caso, ma sfruttando la popolarità che ha ottenuto con la serie. È la prima volta nella storia che una fiction diventa un veicolo politico a livello globale. Oggi guardare una serie ucraina o comprare un biglietto per andare al cinema a Kyiv significa sostenere un settore che ha le capacità di attirare l’attenzione mondiale sul conflitto.
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Dopo l’invasione del 24 febbraio 2022 i film ucraini sono stati presentati ai festival cinematografici più importanti del mondo: dalla Mostra del Cinema di Venezia al Sundance Film Festival. A Cannes la troupe di Butterfly Vision di Maksim Nakonechnyiun, una raccolta di testimonianze di uomini e donne che lottano per la libertà, si è presentata con lo striscione: «La Russia uccide gli ucraini. Trovate offensivo e fastidioso parlare di genocidio?», criticando il social network Instagram che oscura le immagini di guerra perché le ritiene “contenuti sensibili”. Eppure registi e sceneggiatori ucraini hanno iniziato a raccontare una situazione destinata a esplodere dal 2014: «per noi il contraccolpo più violento è avvenuto con l’occupazione del Donbass.» ha dichiarato Maryna Er Gorbach vincitrice del premio ‘Miglior regia’ al Festival di Berlino 2022 con Klondike.
Gli autori hanno interpretato il tema con registri narrativi diversi e in alcuni casi anticipando gli eventi. Per esempio, Atlantis (2019) di Vasyanovych è un dramma distopico ambientato nel 2025 alla fine del conflitto tra Russia e Ucraina, frutto dell’escalation della guerra del Donbass. Il protagonista, un soldato affetto da disturbo post traumatico, torna sul campo di battaglia per dissotterrare dalle fosse comuni le vittime civili. Il cast è composto da volontari, paramedici e attivisti per i diritti umani, rappresentando l’elaborazione del lutto di un Paese tramortito dalla guerra.
Sempre Vasyanovych, questa volta con un cast di attori professionisti, in Reflection racconta la storia di un giovane chirurgo di Kiev che, nella primavera del 2014, viene rapito e imprigionato dai russi. Una riflessione sulla verità e sulla menzogna, di cui la telecamera diviene testimone. Dal 2014 il sostegno statale al settore è aumentato creando le basi per quella che oggi viene considerata la ‘cinematografica ucraina’, dalla quale proviene anche lo stesso presidente Zelensky. Grazie ai finanziamenti statali molti registi hanno iniziato a distaccarsi dall’influenza artistica russa inserendo nelle loro opere temi politici non graditi al governo di Putin.
Il 24 febbraio 2022 a Kiev anche il Cinema si è fermato. Le grandi produzioni cinematografiche, invece di allestire i set, si sono dovute convertire in aziende produttrici di beni di prima necessità. Molti addetti ai lavori si sono arruolati nell’esercito: «quando il 24 febbraio un razzo si è schiantato vicino a casa mia alle 4.30 del mattino, non ho avuto dubbi: ho preso la mia famiglia e l’ho portata a Leopoli. Io sono tornato a Kiev per arruolarmi nella Difesa territoriale» racconta il regista Oleg Sentsov a ‘La Repubblica’. Detenuto in Russia per cinque anni, è stato rilasciato nel 2019 grazie a una mobilitazione internazionale. In guerra è andato con il fucile e il suo taccuino. Uno dei due non l'ha ancora usato: «mai sparato un colpo.
Non è un conflitto di scontri a fuoco, questo. Si combatte con l’artiglieria. Però io scrivo. Scrivo tanto, in trincea, di notte, scrivo sotto le bombe, appunti, schizzi di memoria, mi vengono un sacco di idee per il mio prossimo film».
«Quando sarà tutto finito, noi ucraini, gireremo film sulla guerra per decenni» ha detto Natalia Vorozbyt, regista di Bad Roads - Le strade del Donbass candidato dell’Ucraina come miglior film straniero agli Oscar. «Sarà un modo per curare le nostre ferite. Nel frattempo, il conflitto continuerà per molto tempo, quindi chiediamo a tutti di non abbassare lo sguardo». La preoccupazione è che nei prossimi mesi, a causa dell’inattività della produzione, possa calare anche l’attenzione dei red carpet e quindi dell’opinione pubblica. Oggi alcune produzioni stanno provando a ripartire, per questo comprare un biglietto per un film prodotto in Ucraina o sostenere la piattaforma streaming ‘Filmmakers For Ukraine’ ha più che mai una valenza concreta. ■