CONTIENE I.P.
ANNO 88 - n° 1021 - € 3,00 Poste Italiane S.p.a. spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB VERONA
oE 2014 n.10
a c i r f A NEL cuore
CON L’
Caro ro PM... ro P
Un consumo
MATTEO MERLETTO
Bambini brasiliani. Il consumismo provoca un aumento delle disuguaglianze tra le persone
C
aro PM, inizio col dirvi che la vostra rivista è fantastica e vi ringrazio per il vostro impegno nel formare e informare noi ragazzi! Vi scrivo nella speranza che possiate chiarirmi le idee a proposito del “consumo etico”. Sto cercando di informarmi il più possibile su ciò che riguarda la schiavitù moderna, le multinazionali, lo sfruttamento ambientale... Grazie a libri, testimonianze video ed articoli ho raccolto un po’ di informazioni su quanto il nostro vizio influisce sulla vita di altre persone. Quello che vorrei sapere è cosa
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posso fare io per non essere complice di questo sistema. Ad esempio, da quando ho letto un vostro articolo sul cacao della Costa D’Avorio, cerco di non mangiare cioccolato se non quello equo-solidale. In generale la mia famiglia cerca di non comprare ciò che sappiamo essere frutto di sfruttamento. La via del boicottaggio è una buona risposta (ho letto in qualche sito che il boicottaggio rischia di peggiorare le cose)? E posso fare altro per vivere senza creare ingiustizia? Grazie! Ester
Siamo esseri “strani” noi umani! Solo pensa, cara Ester, alla questione del “consumo” a cui tu accennavi. Da tutte le parti, Italia ed Europa comprese, ormai si parla di crescita economica. «Bisogna crescere – dicono gli esperti –. Il PIL deve aumentare e così pure i consumi, perché se la gente non spende e non compera, le industrie si fermano, si perdono posti di lavoro e cresce la povertà!». Poche, invece, sono le persone che fanno un ragionamento diverso. «Non ci può essere una crescita continua e illimitata. Tantomeno il nostro pianeta può permettersi un aumento
Attualità
a cura di p. Elio Boscaini
T
utto sembrerebbe cominciato con quella Nun, la lettera N con cui il califfato dello Stato islamico (Isis) ha marchiato le case dei cristiani di Mossul (35mila persone) prima di costringerli alla fuga. Una N che tutti abbiamo imparato a conoscere, come simbolo di una campagna internazionale a favore dei cristiani perseguitati. Prima di far loro scegliere tra la conversione, l’imposta, la fuga o la morte, gli islamisti hanno iniziato a
marcare tutte le case dei cristiani con un spesso inscritto in un cerchio. Il simbolo ﻥè di fatto una lettera dell’alfabeto arabo, il “nome”, che corrisponde alla N dell’alfabeto latino, una N per nasarah, ovvero “nazareno”, il termine peggiorativo con cui sono chiamati i cristiani nel Corano. Questi segni sulle case prima di espropriarle ricordano l’azione dei nazisti negli anni Trenta del Novecento nei confronti della comunità ebraica; quegli altri pazzi estremisti dipingevano allora stelle di Davide sulle vetrine.
Siamo tutti
Nazara!
Le violenze in nome di Dio. Solo la solidarietà del mondo potrà sconfiggere il terrore
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Militanti dell'Isis. Sotto, il leader, Abu Bakr al-Baghdadi
Mai la guerra in nome di Dio! Per la prima volta da circa duemila anni non c’è più alcun cristiano a Mossul. I cristiani iracheni risalgono ai primi secoli dell’era cristiana. È il 10 giugno quando i terroristi islamisti dell’Isis entrano a Mossul, costringendo alla fuga i cristiani per evitare di essere crocifissi, decapitati o lapidati. I signori dello stato islamico o califfato avevano fatto sapere ai cristiani di Mossul che per sopravvivere dovevano scegliere tra tre possibilità: convertirsi all’islam, pagare la jiziah (la tassa imposta ai non musulmani nei paesi a maggioranza islamica) o abbandonare la città senza portare via nulla. I conquistatori si sono abbandonati ad atti criminali indicibili, a saccheggi e alla distruzione del patrimonio culturale della città, suscitando la
reazione indignata di ogni persona di buona volontà. Com’è possibile accettare che dei fanatici intendano sterminare i cristiani e altre minoranze (come la comunità yazida), facendo tabula rasa dell’apporto culturale, artistico e storico dell’Iraq? Al termine dell’Angelus in piazza san Pietro, domenica 10 agosto, papa Francesco riprendeva la parola: «Ci lasciano increduli e sgomenti le notizie giunte dall’Iraq: migliaia di persone, tra cui tanti cristiani, cacciati dalle loro case in maniera brutale; bambini morti di sete e di fame durante la fuga; donne sequestrate; persone massacrate; violenze di ogni tipo; distruzione dappertutto; distruzione di case, di patrimoni religiosi, storici e culturali. Tutto questo offende gravemente Dio e offende gravemente l’umanità. Non si porta l’odio in nome di Dio! Non si fa la guerra in nome di Dio!».
Stato islamico (Isis o IS): L’IS è un gruppo islamico estremista, fondato nel 2004 e oggi guidato dal califfo Abu Bakr al-Baghdadi, che nel giugno 2014 ha proclamato la nascita di uno stato islamico in Siria e Iraq. Il gruppo, composto da circa 60mila miliziani, promuove la violenza religiosa e considera tutti coloro che non ne condividono le idee come infedeli e nemici da eliminare Mossul: Seconda città dell’Iraq, con quasi due milioni di abitanti, e principale via di trasporto per l’export del petrolio iracheno PM OTTOBRE 2014
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Profeti d'Africa
Con l'Africa a cura di Marco Braggion
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i racconto la storia di Daniele, un uomo semplice ma determinato e appassionato. Daniele nasce a Limone sul Garda da papà Luigi Comboni e da mamma Domenica. Luigi arriva a Limone qualche anno
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prima del matrimonio, nel 1818, con il fratello Giuseppe per andare a lavorare in una limonaia. In quegli anni, infatti, Limone sul Garda produceva e vendeva limoni per tutto l’impero austroungarico. Luigi, quindi, è un immigrato che conduce una vita semplice e umile, dove il lavoro occupa
gran parte della giornata. Domenica vive a Limone ma la sua famiglia è originaria di un paesino sperduto nelle montagne sopra il lago di Garda; quindi anche Domenica è figlia di immigrati! Nel 1826 Domenica e Luigi si sposano. Daniele nasce il 15 marzo del 1831: è il quar-
1857 - Don Nicola Mazza benedice i suoi missionari in partenza per l’Africa
nel cuore to di otto fratelli che per vari problemi di malattia (non era semplice vivere in quegli anni) muoiono tutti in tenera età. Daniele invece sopravvive e fin da bambino dimostra di essere forte, sveglio e determinato. I genitori, con molti sacrifici economici, lo mandano a studiare a Verona, in casa di una
famiglia di conoscenti di Limone che però non riescono a mantenerlo come si deve. A quel punto, mamma e papà decidono di mandarlo a studiare al “collegio” di don Nicola Mazza sempre a Verona. Don Mazza era famoso perché sceglieva nella propria scuola solo bambini poveri che di-
mostravano di essere svegli e intelligenti. Il percorso di studi di Daniele è eccezionale e mostra una formidabile capacità di imparare e parlare lingue diverse dall’italiano. I suoi genitori potevano scegliere di mandarlo a Brescia ma per comodità di trasporto decisero di farlo studiare a Verona. Questa scelta di Luigi e Domenica risultò fondamentale per la vita di Daniele e per le scelte che lo stesso farà più tardi. L’ambiente della scuola di don Mazza, infatti, è molto interessante e Daniele ha la possibilità di conoscere e ascoltare racconti provenienti da tutte le parti del mondo. Ed è ascoltando alcuni racconti di confratelli di don Mazza tornati dall’Africa, che si innamora di quel continente che lui chiama “Nigrizia”. Se fosse andato a studiare a Brescia probabilmente non si sarebbe innamorato del “continente nero”. All’età di 17 anni Daniele capisce che sarà l’Africa e l’aiuto ai fratelli africani, il vero amore della sua vita. Daniele, fin da piccolo, era una persona coraggiosa e determinata; per cui se sceglieva qualcosa niente e nessuno potevano fermarlo. E così a soli 26 anni, poco dopo essere diventato prete, con altri 5 compagni di avventura parte da Trieste con una nave (allora non esistevano gli aerei e le automobili). Dopo circa 5 mesi di viaggio, dopo aver attraversato il deserto a dorso di cammello, arriva in Sudan, nella città di Khartoum, la capitale. Da questo primo viaggio sboccia l’amore di Daniele Comboni per l’Africa; sboccia, tanto che in uno dei suoi discorsi più famosi dirà che il più bello dei giorni della sua PM OTTOBRE 2014
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Wow!
a cura di Samuele Ballarini
Un'estate <<T diversa e...
LIBERA Samuele, l’autore dell’articolo, in piena azione “agricola”
i va di venire in Calabria con me per fare un’esperienza di volontariato con Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti?». Questa domanda me l’ha posta mia mamma all’inizio dell’estate, appena terminata la scuola. E io sono rimasto, all’inizio, alquanto spiazzato da una proposta così inusuale per un ragazzo della mia età. Ho, infatti, sedici anni. Anche se titubante, ho però accettato.
Il coraggio di resistere Eravamo un gruppo di 18 persone tra adulti e giovani, partiti da diverse città del nord e che si sono ritrovate in un piccolo paese del crotonese, Cutro. La sveglia era alle 6.30 (credevo peggio, giravano voci che dovessimo alzarci alle 5.30) e verso le 7.30 dovevamo essere tutti pronti per andare nelle campagne confiscate alla famiglia Arena, potente clan di questa zona che si trova vicino a Isola Capo Rizzuto.
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Sede del CELA (Centro di Educazione alla Legalità e Ambiente) dov’era alloggiato il gruppo
Lavoravamo nei campi per circa tre ore (con pause per rinfrescarci): verso le 11 avevamo terminato di raccogliere erbacce secche, piantare zucchine e zappare il terreno. Tornati a Cutro, prima del pranzo ci rinfrescavamo tutti assieme nelle acque di un mare davvero bello. A pranzo Mariangela (una signora del posto che cucinava in modo sublime) dava il meglio di sé con le specialità
Al lavoro nelle terre confiscate alla ‘ndrangheta e gestite dalla cooperativa Terre Ioniche
calabre, con un altissimo tasso di piccante! Nel primo pomeriggio ci concedevamo un po’ di relax: c’era chi metteva in ordine la camera, chi aiutava a sparecchiare,
chi si riposava dopo l’attività mattutina. Al pomeriggio di solito si andava a visitare alcuni dei luoghi turistici più importanti della Calabria e a sentire testimo-
nianze di persone vittime della mafia. L’esperienza che più mi ha colpito è stato l’incontro con Tiberio Bentivoglio, un commerciante di Reggio Calabria. È proprietario di una sanitaria, che gestisce con la moglie da circa trent’anni. Il suo punto vendita è stato distrutto per ben tre volte da un gruppo di mafiosi locali. Nonostante tutto questo, ha avuto la forza di ricostruirlo e di denunciare i soprusi subiti. Tiberio ha perfino subito un attentato: gli hanno sparato e il colpo che poteva essere mortale è stato fermato dalla fibbia del borsello che indossava. Adesso vive sotto scorta e i compaesani e i suoi vecchi “amici” lo evitano.
Panorama dal paese di Cirò (KR)
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