3 minute read

Pagina

Next Article
Pagina

Pagina

4 Novembre 2021 Settembre 2022 L’Amico della Famiglia

Manca ormai poco al voto per le nuove elezioni politiche. Si arriva un po’ smarriti a questo appuntamento. Nel bel mezzo dell’estate si è consumata un’indecifrabile (e poco comprensibile) crisi politica che ha affossato il governo guidato da Mario Draghi, in carica dal febbraio 2021.

Advertisement

Hanno prevalso le dinamiche interne dei partiti, le sfide per conservare o affermare la propria leadership, il condizionamento dettato dall’andamento dei sondaggi sulle decisioni da prendere, la preoccupazione di portare avanti le battaglie di bandiera anche a scapito di progetti più ampi.

E così gli italiani tornano al voto. Lo fanno col morale basso, con addosso una stanchezza profonda e una disaffezione ormai totale all’universo politico nazionale che sembra - mai come ora - qualcosa di parallelo e distante dalla vita della gente fatta di bollette stellari, guerre, crisi energetica, inflazione, solitudine.

Allo stesso tempo però, va detto che politica sarebbe esattamente l’arte di occuparsi di tale concretezza e che comunque è troppo semplice prendersela col sistema. L’indignazione comodissima del “fa tutto schifo” e del “tanto non cambia mai niente” non produce nulla.

Ora, di fronte a tale situazione carica di complessità, per tantissime persone non solo risulta difficile scegliere chi votare, ma almeno comprendere quale componente politica possa corrispondere al proprio sentire, alle proprie posizioni, alle proprie idee.

In particolare, ciò appare quanto mai difficile oggi per gli elettori cattolici del nostro Paese. In questo quadro, come si colloca dunque la loro presenza e la loro rappresentanza?

Non più di un mese fa, Francesco Occhetta, gesuita e docente alla Gregoriana, commentava così su Avvenire: «Nelle ultime legislature la “questione cattolica” è stata risolta mettendo qualche esponente cattolico nelle liste per premiare qualche associazione e movimento, ma in queste ultime elezioni il contributo dei cattolici non è volutamente stato preso in considerazione».

È un tema serio. Seppur in modi diversissimi, la cosiddetta “questione cattolica” si è sempre posta dall’Unità d’Italia in poi. Oggi, quasi trent’anni dopo la fine della DC, la

Analisi/Il gesuita Francesco Occhetta e lo storico Andrea Riccardi

Quale ruolo per i cattolici in politica? Occorre ripartire dalla “centralità”

Francesco Occhetta

Andrea Riccardi

stessa pare praticamente irrilevante. I cattolici certamente interessano in quanto bacino elettorale. Ogni leader politico lo sa benissimo. Ma al netto di timidi richiami di alcuni vescovi ai valori e al coraggio affinché i cattolici si spendano nella politica, la rappresentanza nel panorama attuale pare decisamente insufficiente.

Come mai? Occhetta dà una sua lettura: «In questi ultimi anni la Chiesa in Italia ha investito sul “fare” evangelico – dare da mangiare agli affamati, visitare gli infermi e i carcerati e così via – mentre ha trascurato il “formare” alla politica e all’amministrazione i suoi laici sui principi della Dottrina sociale».

D’altra parte, oggi dichiararsi cristiani in politica è quasi “politicamente” scorretto. Nel dibattito pubblico, si assumono istantaneamente una serie non banale di etichette che qui non è nemmeno il caso di elencare.

Vengono alla mente le figure dei grandi politici democristiani del dopoguerra. Quella generazione fu in effetti il frutto di una formazione culturale e prepolitica di spessore, realizzata grazie ad un vivissimo humus intellettuale negli ambienti ecclesiastici. Ma oggi, nella Chiesa, chi fa cultura? Al di là della benedetta, autorevole e mai scontata voce di Papa Francesco, quale voce che parla “da cattolico” o “in quanto cattolico” si fa sentire?

Ciononostante, non si può sottovalutare o non considerare la presenza capillare sul territorio italiano dell’agire buono e spesso silenzioso della Chiesa.

“Eppure – scrive infatti Andrea Riccardi, storico, fondatore di S. Egidio - la Chiesa è la più grande rete sociale nel Paese. Lo si è visto durante il Covid e nei momenti di faticosa coesione sociale. C’è in Italia una Chiesa del fare, del credere, del pregare, dell’intreccio di legami sociali, che è ancora una risorsa civile di valore. Tuttavia questa realtà ha bisogno di trovare parole e linguaggio per incrociare un discorso pubblico, dare voce a esperienze e sentimenti che vivono al suo interno […]. Infatti vive ancora oggi, nel mondo dei cristiani italiani, un approccio concreto, serio, impegnativo, che ha molto da dire alla volatilità del linguaggio della politica, acuito in campagna elettorale e che ha stancato tanti italiani, come purtroppo mostra l’astensionismo”.

Da dove ripartire dunque? Di nuovo Occhetta suggerisce il carattere della “centralità”: «La centralità politica è come la rosa dei venti: un punto di intersezione dove le politiche di “destra” e di “sinistra” e le nuove politiche del «nord» e del «sud» sono obbligate a passare per mantenere il Paese nel suo assetto democratico inscritto nella Costituzione. Il “centro” politico, inteso come “centralità”, è un metodo, un’antropologia, un gradualismo di riforme, la moderazione dei linguaggi, il rispetto dell’avversario, la cultura della mediazione».

Samuele Tagliabue

This article is from: