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Cure palliative e medical Humanities ai tempi di Covid-19c
Guido Biasco
Introduzione
Cure Palliative (CP) e Medical Humanities (MH) sono due ambiti culturali e operativi fortemente collegati ma spesso interpretati in maniera confusa. Sinteticamente si può dire che le CP sono le attività di sostegno ai bisogni di un paziente malato grave e della sua famiglia. Le MH sono il processo di riconoscimento del profilo della persona e la conseguente realizzazione di una cura su misura. Quindi le CP identificano uno stato clinico e psico-sociale in un contesto di cattiva prognosi “quoad valetudinem” e “quoad vitam”, le MH segnalano invece un approccio alla cura della persona, indipendente dallo stato clinico. Le MH possono essere applicate alle CP ma non viceversa. Entrambe, ma in modi differenti sono entrate in gioco nella pandemia da Covid-19, quando valori clinici, competenze etiche, empatia, comunicazione, scelte morali, personalizzazione delle cure sono stati tutti temi messi a dura prova dalla emergenza sanitaria.
Un cenno sulle Cure Palliative
Il termine CP è spesso utilizzato come sinonimo di cure di fine vita o hospice ma le CP non richiedono una diagnosi terminale o la vicinanza alla morte, questa è una idea sbagliata. Le CP sono un approccio multidisciplinare alla gestione dei sintomi, al supporto psicosociale e all’assistenza nel processo decisionale di trattamento per i pazienti con malattie gravi e le loro famiglie.1,2 Esse puntano al benessere in qualsiasi momento della traiettoria di malattia, indipendentemente dalla prognosi.
La capacità di intercettare i bisogni e di avere le competenze adeguate alle necessità di paziente con patologia a prognosi infausta, è un elemento chiave a garanzia della erogazione di una azione di qualità. Perchè questo avvenga è necessario che gli operatori della salute abbiano, possibilmente tutti, una preparazione di base in CP, e che coloro che si dedicano esclusivamente alla palliazione dei sintomi, quando questi sono gravi e complessi, sino al fine vita, ricevano una formazione specialistica. Le CP possono essere erogate a domicilio, in ospedale, in hospice con una intensità ed una preparazione medica e infermieristica, proporzionate allo stato di necessità segnalato dalla gravità della malattia.
Un cenno sulle Medical Humanities
• Le MH sono finalizzate alla tutela e alla cura della salute come responsabilità collettiva chiamando in causa i sistemi politici di welfare state e welfare market. Abbracciano altresì l’intero panorama dei problemi antropologici inerenti la cura e la salute e ragionano non solo sulle finalità della scienza, sulla formazione e l’esercizio della professione di tutti i protagonisti dell’ambito della ricerca e dell’assistenza sanitaria ma anche sul ruolo e i compiti di chi organizza il sistema e gli strumenti utili alla tutela della salute. • Le MH sono la sede in cui la medicina non solo rafforza i propri rapporti con le scienze sociali e comportamentali (sociologia, psicologia, diritto, economia, storia, antropologia culturale) ma dove può entrare in dialogo con la filosofia morale (bioetica e teologia morale) e con gli apporti delle arti espressive (letteratura, teatro, arti figurative). • Tramite l’approccio multidisciplinare che le caratterizza, le MH intendono fornire alla medicina e a tutti i soggetti coinvolti nel processo di cura gli strumenti necessari per comprendere tanto le malattie quanto la salute in un contesto sociale e culturale sempre più esteso, al fine di favorire una maggiore comprensione em-
patica di sé, dell’altro e del processo terapeutico. • In ultima analisi, le MH non vogliono né umanizzare la sanità né rendere i professionisti delle sanità più “umani”, ma si propongono di cambiare l’operato della medicina mediante la mobilitazione di diversi saperi, e ricondurre la pratica delle sanità alle sue finalità originarie, cioè, essere medicina per l’uomo
Lo scenario nella pandemia da Covid-19
La tragedia della pandemia da COVID-19 ha portato, sia negli operatori della salute che nella società in generale, ad una forte riflessione sulla concezione della medicina. Questioni culturali, etiche, sociali, politiche, storiche e filosofiche coinvolte nella salute e nella malattia sono state drammaticamente evidenziate e portate in primo piano in molte nazioni tra cui l’Italia.4 Questo scenario ha toccato sia le CP che le MH, che, anche se con modalità diverse, sono entrambe coinvolte nel comune tentativo di fornire una medicina personalizzata. In questo periodo c’è stata una sorta di esplosione di bisogni di cura per condizioni life-threatening, con lo spettro dell’isolamento per il rischio contagio. Questa turbolenza, ha portato alla necessità di strumenti in grado di sostenere almeno le sofferenze, in particolare posti letto negli ospedali e nelle terapie intensive, e device, come i ventilatori, di cui si è avuta forte carenza.5 Da qui i problemi etici su chi e come trattare per primo la cui soluzione non è stata semplice in mancanza dello sviluppo di una etica della cura.6 In una situazione di incertezza prognostica, di isolamento fisico, di frenesia operativa, i palliativisti sono stati chiamati come esperti sia di problemi etici che in gestione della sofferenza. Questo ha portato le CP verso una operatività che non ha riguardato più la malattia cronica sicuramente ad esito infausto, come di consueto, ma una malattia acuta molto grave ma non senza possibilità di cura specifica attiva e di guarigione. Quindi, per la necessità di gestione della sofferenza acuta protratta di un
grande numero di persone, l’ambito e il paradigma delle CP sono cambiati. Non più competenze per sostenere l’accompagnamento alla fine e l’etica del momento di sospensione delle cure, ma capacità di mantenere anche la speranza di vita. Il palliativista è così entrato nella gestione della cura della malattia ed ha svolto un ruolo nel team assistenziale sia di scelta del tipo di trattamento che di messa in atto di tecniche di sostentamento della sofferenza non più solo nella cronicità progressiva inguaribile ma anche in una situazione acuta in cui lo spiraglio della guarigione, almeno all’inizio della evoluzione clinica, non era assente. Ma la pandemia ha portato anche all’isolamento personale e sociale. Un evento che ha inserito un problema sostanziale nella attivazione delle CP che della relazione diretta, viatico nella ricerca di un rapporto empatico, riconoscono un punto cruciale di identità operativa. Così pure le MH, alla ricerca del profilo della persona su cui devono essere costruite le cure, hanno trovato un ostacolo in più legato alla impossibilità di comunicare e ricevere dalla comunicazione gli elementi per disegnare il profilo “umano” di una persona con bisogni complessi. I problemi dell’isolamento hanno portato anche ad una riflessione sulla importanza del tempo. La Legge 219 del 22 dicembre 2017 recita come il tempo di comunicazione sia tempo di cura. Così, in un momento di emergenza e di sovraffollamento qualitativo e quantitativo dei bisogni di salute, la mancanza del tempo per colloquiare e riflettere, è mancato, e la percezione della sua assenza ne ha sottolineato l’importanza. Infine, la morte. I social network, nella loro funzione di rilevatori degli interessi e dei bisogni della società ma nello stesso momento di percettori e sostenitori di linee di pensiero, sono entrati in gioco anche nel condizionamento della consapevolezza della malattia, della sofferenza, della morte. Inizialmente il tema è stato affrontato nella sua drammaticità e questo ha portato ad un
riconoscimento crescente della possibile inguaribilità e della esistenza della morte come parte della vita. Però, con il passare del tempo la informazione è diventata sempre più un asettico bollettino. Il dato sulla morte è diventato la cronaca di una partita tra il numero dei guariti e il numero dei deceduti, sul terreno della sfida pandemica. Alla luce dei fatti, il progresso tecnologico e organizzativo legato alla diffusione dei vaccini, sta facendo vincere la vita. Evento auspicato e straordinario, però ancora una volta, in questa sorta di enfasi collettiva crescente, si torna a oscurare il significato e la presenza della morte, come evento inevitabile della esistenza, relegato per lo più alle fasce di popolazione più deboli come quella degli anziani.
Cosa sta lasciando la pandemia
La pandemia da Covid-19 sta probabilmente influenzando il modo e le possibilità di azione sia delle CP che delle MH. Il terreno su cui si è sviluppata questa dilagante infezione pone in luce aspetti da valutare con impegno nei settori della salute e della quotidianità sociale, economica ma anche spirituale. La pandemia lascerà molto probabilmente un segno nella azione di affermazione continua dei valori delle CP e delle MH, avendo indotto una percezione, mutata, del benessere fisico, della guarigione, della morte. E così, le CP maturano sempre più un paradigma di riferimento che non è più solo il venire incontro ai bisogni di un malato inguaribile ma di allargare lo spettro d’azione a tutti coloro che per condizioni di salute severa hanno bisogni complessi, indipendentemente dalla prognosi. In questo modo le CP possono avvicinarsi sempre più ad una legittimazione del mondo clinico e sociale, che le ha viste sino ad ora complementari al processo di accompagnamento verso la morte. Allargando il campo operativo, le CP possono sempre più avvicinarsi anche ad un concetto di cura che non deve essere squisitamente disciplinare ma che deve restituire alla medici-
na una competenza basilare, che è quella del prendersi cura del malato e non solo identificare il processo assistenziale come esclusivamente orientato verso la cura e la guarigione a tutti i costi. Un recupero questo necessario per dare alla cura il compito di essere una cura per l’uomo. In questo modo le MH possono rivendicare un ruolo meglio definito dell’attuale. Le componenti eterogenee che delineano il profilo di un individuo possono concorrere per lo sviluppo di una medicina personalizzata anche in un possibile cambiamento dell’approccio medico.7 Uno sguardo all’orizzonte vede infatti fiorire approcci di relazione telematici e sviluppo di interventi territoriali.8 Sarà compito di chi formerà i futuri operatori della salute comprendere l’accelerazione dei mutamenti di una medicina, indotti anche dalla pandemia, che accanto allo sviluppo delle scienze tecnologiche dovrà interagire con quello delle scienze umanistiche.9
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