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Frate lupo

Don Erio Castellucci

Da San Francesco una nuova visione della relazione tra l’uomo e il creato.

Salve a tutti. Ringrazio di cuore la professoressa Giuliana per questo invito. È una cara amica, una persona che stimo molto, è una mia ex parrocchiana ed è una forza della natura. Grazie anche al dottor Marinelli per il coordinamento e grazie a tutti voi per l’ascolto. Cercherò di non superare la quindicina di minuti con questo argomento che può apparire un po’ bizzarro. Il titolo è “Frate Lupo” e il sottotitolo è più comprensibile: “Da San Francesco una nuova visione della relazione tra l’uomo e il creato.” E vorrei proprio partire da questa nuova relazione che Francesco in realtà prende fondamentalmente dalla Bibbia, dalla tradizione ebraico cristiana, che non è senza rapporti con la tradizione greca, l’idea dell’ armonia universale, di una ragione che regge tutto l’universo, il famoso lopgos dei greci. Ma che San Francesco rinnova perché osa utilizzare per primo il termine fratello e sorella per elementi che vanno al di là degli uomini e delle donne, per le creature inanimate e per gli animali. Questo era inconcepibile prima di Francesco, solo lui comincia nel 1200 a usare questo linguaggio. Andiamo però al radicamento biblico, solo per accenni. Se noi guardiamo, e se avessimo guardato meglio anche nella tradizione occidentale, alle prime pagine della Bibbia, che non sono una narrazione storica o scientifica, ma sono come una grande parabola che ci dice però alcune verità, avremmo visto in esse che quando si parla della creazione del cielo e della terra, delle piante e degli animali, degli esseri umani, si usa sempre la stessa constatazione: “era cosa buona”, “era cosa buona”. Dio creò il Cielo e la Terra e vide che “era cosa buona”, creò le piante “era cosa buona”, e gli animali. Gli esseri umani,

l’uomo e la donna “era cosa molto buona” dice, questo “molto” significa che sono l’apice, il punto, potremmo dire, consapevole o più consapevole della Creazione ma che non sono affatto slegati da tutto il resto della creazione. E nella Bibbia ci sono anche altri passaggi molto significativi. C’è per esempio un salmo, il salmo 8 dove l’essere umano loda per i Cieli, La Terra, il Sole e la Luna. SI mette cioè davanti all’Universo per contemplarlo , con uno sguardo che non è affatto uno sguardo profittatore, uno sguardo predatore ma è uno sguardo contemplativo, è uno sguardo di lode, di ringraziamento. Così come anche in un altro libro della Bibbia , nell’Antico Testamento, il libro di Daniele, al capitolo 3, c’è un bellissimo cantico, il Cantico dei Tre Fanciulli, che invitano tutti gli elementi a lodare e benedire Dio, il Cielo, la Terra, il Sole, la Luna, il freddo, il caldo, gli animali acquatici, gli animali terrestri, gli animali che volano. C’è proprio una specificazione molto dettagliata perché tutte le creature sono viste insieme all’Uomo e alla Donna a lodare Dio. Se noi avessimo ricordato tutto questo probabilmente non avremmo sfruttato così tanto la Natura e non ci saremmo quasi proclamati gli unici esseri che hanno dignità. Papa Francesco, nell’enciclica Laudato Si, del 2015, critica quello che lui definisce “antropocentrismo estremo”, questa visione che anche nella teologia a un certo punto ha dominato, quasi che l’essere umano fosse l’unico destinatario della attenzione da parte di Dio e l’unico detentore di dignità. San Francesco, torno a lui, cambia proprio questo modo di pensare, direi quasi che rovescia il paradigma, perché lui si sente come essere umano dentro ad una rete che è connessa a tutte le creature. Ed è per questo che nel Cantico di Frate SOLE, o Cantico delle Creature, notate che San Francesco detta questa poesia, che è considerata anche l’inizio della letteratura in lingua

volgare, scritta nella primavera del 1225, un anno e mezzo prima della sua morte, dicevo, detta questo Cantico in San Damiano, in un momento nel quale è ormai diventato cieco ed ha un dolore fortissimo agli occhi, ha altre malattie. Una ricognizione del corpo di Francesco, molti anni dopo la sua morte, ha stabilito dal punto di vista medico che Francesco è morto con sette malattie nel corpo, quindi era un uomo che soffriva tantissimo negli ultimi tempi della sua vita. In più era molestato, dicono le fonti, da topi che però non voleva che venissero uccisi. In questo contesto Francesco detta il Cantico elle Creature ed è li che trasferisce la parola Fratello e Sorella al Sole, alla Luna, all’Acqua, persino alla Morte, e chiama la Terra “Sorella e Madre”. E nella sua vita Francesco ha avuto un rapporto specialissimo con quelle creature compagne degli uomini che sono gli animali. Ho scelto questo titolo “Frate Lupo”, in questo contesto di fraternità universale stabilita da Francesco, proprio perché sarebbe stato facile scegliere il titolo “Frate Agnello”. Noi sappiamo dalle fonti francescane che Francesco aveva un rapporto particolare con gli agnelli, tra gli animali, perché gli ricordavano la sorte di Cristo. Cristo è definito nella scrittura “agnello condotto al macello” nei Vangeli, e nel libro dell’Apocalisse “agnello immolato” e a Francesco, dunque, l’agnellino ricordava in particolare la sorte di Gesù, ingiustamente maltrattato, tanto è vero che ci sono dei racconti dove Francesco interviene in favore degli agnelli, salva un agnello dalla macellazione, parla spesso degli agnelli, paragona i suoi frati che vanno nel mondo agli agnelli. Ma questo non avrebbe colpito perché chiamare fratelli degli animali simpatici, indifesi, fragili, questo è normale, colpisce di più quando chiama “fratello” il lupo. E allora ripercorro brevemente, per i minuti che restano, la famosa storia del lupo di Gubbio, che è raccontata nel libro dei Fioretti di San Francesco , scritto nella metà

del ’200, pochi decenni dopo la sua morte, certo molto romanzato, non a caso si chiamano i Fioretti, ma molto significativo, scritto in italiano dell’epoca, significativo non come resoconto storico, la storicità di questi Fioretti è minima, sono più che altro leggende, ma perché dentro a questi Fioretti stanno dei richiami storici. La storia è molto gustosa, io la riassumo, perché è anche piuttosto lunga, ma credo che l’abbiamo presente tutti: Francesco ha abitato per un certo periodo a Gubbio e nel contado di Gubbio apparve un lupo grandissimo, terribile e feroce che non solamente, dice la fonte, divorava gli animali ma anche gli uomini. Tanto che tutti i cittadini avevano una grande paura e uscivano armati dalla città e avevano paura di incontrarlo da soli. Questo passaggio iniziale è debitore anche alla favolistica, fin dai tempi di Esopo e poi Fedro e poi La Fontaine “Il Lupo e l’Agnello”, questa favola che i tre autori riportano con dei particolari diversi, ma dice di una cattiva fama del lupo, il lupo come simbolo della ferocia animale che si avventa ingiustamente contro l’agnello, simbolo invece della innocenza. Bene, questa storia del Lupo di Gubbio in un certo senso fa giustizia della fama cattiva del lupo perchè continua dicendo che San Francesco fu preso da compassione e volle uscire incontro a questo lupo, anche se i cittadini glielo sconsigliavano. Ma lui, facendosi il segno della Croce, uscì con i suoi compagni e andò verso il luogo dove si sapeva che c’era il lupo. Ed ecco il lupo gli si fa incontro con la bocca aperta. Il Santo si fa di nuovo il segno della Croce poi comincia a parlargli. Sappiamo che Francesco parlava a tutti gli esseri, anche agli animali. E gli dice così: “Vieni qui, frate Lupo. [pensate che approccio] Vieni qui, frate Lupo. Io ti comando da parte di Cristo, che tu non faccia male nè a me nè ad alcun altro.” E qui la fonte dice che il lupo rimase colpito. Questo lupo terribile che si ferma e poi, pensate il inguaggio “venne mansuetamente come agnello” e si getto ai pie-

di di Francesco. È gia avvenuta la metamorfosi: il lupo, chiamato “frate”, diventa agnello. Cioè Francesco ha individuato nel lupo la parte buona, la possibilità di un residuo sano, e il lupo si è trasformato. Vi risparmio tutto il seguito che è molto noto. Francesco gli fa la predica, ma si vede che a differenza delle nostre prediche attuali era una predica convincente, dicendogli “io so che tu non fai questo perché sei cattivo, lo fai perché hai fame”. Anche qui vedete come Francesco tocca la zona positiva, buona. E dice “ Non farlo più, frate lupo, voglio che tu mi faccia una promessa, se tu verrai sfamato da questa gente tu devi smettere di spargere terrore.” Il lupo naturalmente gli fa la promessa, si inginocchia davanti a lui, e per due anni il lupo visse dentro la città, girava in città, i bambini giocavano con lui, gli abitanti lo nutrivano, e poi quando morì, addirittura, dice “morì di vecchiaia”, i cittadini “molto si dolsono”.Pensate. Era diventato uno di casa. Cosa c’è dietro a questa favola di Frate Lupo? Probabilmente c’è piuttosto un brigante, uno che disturbava con le sue razzie gli abitanti di Gubbio. Forse questo è il nucleo storico. Ma in realtà qui c’è una grande verità. E la grande verità è che anche con gli animali, come ha fatto Francesco e come voi ben sapete e come Giuliana ci insegna, non solo lei, anche con gli animali è possibile costruire una relazione di amicizia e gli animali possono ricambiare, restituire. È questo che stupisce. Se noi sappiamo valorizzare il rapporto con i nostri amici a quattro zampe - a me, ad esempio, da bambino piaceva moltissimo avere dei gatti e credo che mi abbiamo ricambiato l’affetto tutti, anche se si dice che di solito il gatto, a differenza del cagnolino, è più restio, è più solitario ma io stavo male quando, per esempio, i gattini morivano. Ho sperimentato che c’è un dono reciproco e quando c’è un dono reciproco vuol dire che c’è una capacità affettiva, importante, solo che bisogna fare come Francesco e mol-

ti, moltissimi, ancora non fanno così. Cioè incontrare la parte positiva, valorizzare. Francesco avrebbe potuto prendere una soluzione molto più rapida. Date la caccia al lupo. Organizziamo una battuta di caccia, lo uccidiamo. Ma in questo modo avrebbe distrutto una possibilità di rapporto. E invece c’è stato un dono reciproco. Gli abitanti sono stati impegnati da Francesco a nutrire il lupo. Era quello di cui il lupo aveva bisogno. E il lupo si è impegnato a ricambiare facendo giocare i bambini e dando affetto. È il miracolo del dono reciproco possibile anche con i nostri amici a quattro zampe. Sappiamo quanto sia terapeutica questa relazione. Sappiamo anche quanta generosità riescano ad esprimere gli animali ben al di là di quello che noi chiamiamo il loro istinto. Come a volte anche tra un animale e l’altro. Animali tra i quali noi abbiamo stabilito che non si vada d’accordo, come cane e gatto, del proverbio, e invece ci sia la possibilità di diventare amici, adirittura di aiutarsi a vicenda. Noi dobbiamo riscoprire questo quadro di connessioni che la Bibbia aveva ben chiaro, che purtroppo tante volte abbiamo disperso, e che Francesco ha rilanciato nei termini addirittura di “fraternità”. Non solo una fraternità tra gli esseri umani ma una fraternità cosmica con tutte le creature compresi i nostri amici a quattro zampe.

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