BBQ4All Magazine numero 30 - Giugno 2021

Page 1

N°30/ANNO 3 - GIUGNO 2021

L'EDITORIALE DI GIANFRANCO LO CASCIO

Assaggiare la carne: una guida completa PARTE TERZA

Cucina indiana pollo tandoori, beef korma, riso al curry, samosa

Estate d’animo: in vena di accendere il bbq

Tagliatelle di gamberi al burro e limone, Lomo al trapo con chimichurri, Coxhinas di manzo, Insalata sette strati, Gelato fatto in casa FROM ZERO TO HERO

L'affumicatura

LA RICETTA SCIENTIFICA

L'insalata di riso


Direttore Editoriale Rossella Neiadin

Redattore Capo Michela Bongiorni

Redazione

Enio Berton Virgilio Brunetti Tommaso Buccafurri Nunzia Clemente Roberto Dal Bosco Salvatore Di Mento Luca Gallozza Marco Gerometta Mariangela Ibba Gianfranco Lo Cascio Riccardo Meniconi Giovanni Minelli Emiliano Nencioni Elena Ninotti Andrea Spaggiari Alessandro Trezzi Carlo Trono Paolo Tucci Alex Vasile Caterina Vianello Alberto Zonghetti

Realizzazione Grafica

Impaginazione Carlo Trono Illustrazioni di Eleonora Castagna e Ozzy Bellesi Fotografie di Rossella Neiadin, Luca Gallozza, Tommaso Buccafurri, Elisa Giuli, Emiliano Nencioni

Stampa

Grafiche Antiga Spa magazine@bbq4all.it instagram.com/bbq4allmagazine

©2021 BBQ4ALL È UN MARCHIO BBQ4ALL CONSULTING S.R.L. BBQ4ALL MAGAZINE È UN PRODOTTO IN CONCESSIONE A ©2021 NETADDICTION S.R.L. TUTTI I LOGHI E MARCHI RIPORTATI, GLI ELEMENTI GRAFICI, LE IMMAGINI E I MATERIALI PRESENTI NELLA PRESENTE PUBBLICAZIONE SONO SOGGETTI ALLE NORME VIGENTI SUL DIRITTO D’AUTORE; È QUINDI SEVERAMENTE VIETATO RIPRODURRE ANCHE PARZIALMENTE OGNI ELEMENTO DELLE PAGINE IN QUESTIONE. NOMI, MARCHI REGISTRATI E LOGHI EVENTUALMENTE PRESENTI SU QUESTA PUBBLICAZIONE NON POSSONO ESSERE UTILIZZATI PER ALCUNA FORMA DI PUBBLICITÀ O DIVERSAMENTE PER INDICARE SPONSORIZZAZIONE, PATROCINIO O AFFILIAZIONE A PRODOTTI O SERVIZI SENZA PREVIA AUTORIZZAZIONE SCRITTA DA PARTE DELLA SOCIETÀ CHE NE DETIENE I DIRITTI. TUTTO IL RESTANTE MATERIALE FOTOGRAFICO PUBBLICATO È STATO REALIZZATO DA BBQ4ALL E/O ACQUISTATO E/O LICENZIATO ALLO STESSO, CON TRASFERIMENTO DEI DIRITTI DI UTILIZZAZIONE ECONOMICA SALVO LE IMMAGINI UTILIZZABILI CON LICENZA CREATIVE COMMONS

Giugno 2021

O GNU FREE DOCUMENTS ATTRIBUTION. BBQ4ALL HA OSSERVATO LE PIÙ AMPIE TUTELE AFFINCHÈ NON VENISSE VIOLATO IL DIRITTO D’AUTORE ALTRUI.

002

I


IN DI Rubriche

Editoriale - Assaggiare la carne: una guida completa - parte III

04

Portfolio - Metti un po' di India nel tuo piatto"

12

Il taglio del mese - Flap Steak/Flap Meat

18

Ricette

Pollo Tandoori

21

Beef Korma

25

Riso al curry

28

Samosa 30 Zucchine tonde ripiene alla ligure

33

Torta salata

36

Tagliatelle di gambero

39

Lomo al trapo

42

Coxinha 45 Seven layer salad

48

Il gelato

51

Approfondimenti Arte Bianca - Il naan

56

Across the pond - il menu del 4 luglio

62

Quinto Quarto - È tutta una questione di cuore

70

Maître Pâtissier - La crostatina va bene sempre

76

From Zero to Hero - L'affumicatura

83

La ricetta scientifica - L'insalata di riso

88

Seguo - Aspettative, delusioni, allegorie

110

BBQ4All Magazine

003


004

Giugno 2021


Editoriale di Gianfranco Lo Cascio

Assaggiare la carne: una guida completa PARTE III

Q

Il codice visivo della carne

uanta realtà può esistere in un'illusione e quanto un'illusione può essere reale? Concedetemi un solenne momento marzulliano: vi garantisco che il ragionamento è applicabile anche e soprattutto alla carnazza che mettiamo nel piatto. Quando parlo di illusione non mi riferisco alla falsa speranza, badate bene, ma al fenomeno fisico di falsata percezione della realtà. Il tema dell'illusione così intesa, pone al centro del dibattito un interrogativo che per secoli ha agitato le menti dei più grandi filosofi della storia dell'umanità, da Platone a Schopenhauer. Vediamo realmente ciò che è fuori di noi? Ciò che i nostri occhi vedono corrisponde realmente ad un mondo oggettivo che vive oltre e al di là del nostro sguardo? Quanto i nostri sensi filtrano il rapporto tra noi ed il mondo esterno? Quanto, di ciò che vediamo, è vero, reale, esistente? E quanto di questo è illusione?

Non esiste una "percezione pura" slegata da tutto il resto; l'informazione che riceviamo dai nostri occhi e dai nostri sensi, l'informazione sensoriale, è di per sé priva di significato. E allora come facciamo a vedere e dare un significato al mondo che ci circonda? "Prima dei cervelli non c'erano colori o suoni nell'universo, né c'erano sapori o aromi e probabilmente poco senso e nessuna sensazione o emozione", sosteneva Roger Sperry, neuroscienziato statunitense, premio Nobel per la medicina nel 1981. Parafrasando un noto dilemma, ci si potrebbe chiedere se sia nata prima la realtà o il cervello. La risposta all'enigma è come al solito al di fuori della strada tracciata: il nostro cervello non si è evoluto per guardare la realtà, ma per fare altro. "Di fatto, in termini di pura e semplice quantità di connessioni neurali, solamente il dieci per cento delle informazione che il nostro cervello utilizza per vedere deriva dagli occhi, il resto proviene da altre regioni del cervello ed è proprio quell'altro novanta per cento ciò di cui tratta principalmente questo libro". Lotto, dunque, usa l'illusione per svelare i meccanismi di percezione della realtà, una percezione che è innanzitutto "contestuale", poiché il significato attribuito al medesimo stimolo sensoriale è il frutto di un'interconnessione di informazioni che vengono dal contesto. Costruiamo il mondo che ci circonda non per fedeltà, ma per utilità, e il nostro cervello si è evoluto in questa direzione. Il fine dell’osservazione non è la visione; non vediamo per vedere, ma vediamo per comprendere, per dare senso a ciò che ci circonda. A questo proposito, facciamo un giochino.

BBQ4All Magazine

Per dare risposta a queste domande, il neuroscienziato statunitense Beau Lotto ha di recente pubblicato un libro dal titolo Percezioni - come il cervello costruisce il mondo (Bollati Bolinghieri, 2017). Lo scienziato lavora presso l'University Collage di Londra e svolge le sue ricerche tra Stati Uniti e Gran Bretagna. Originalità e sorprendenti doti comunicative hanno fatto di lui un apprezzato divulgatore e un popolare speaker ai Ted Talks, le celeberrime conferenze che hanno come tema ideas worth spreading (idee che val la pena di diffondere). Proprio durante uno delle sue convention, Lotto sottopone il pubblico ad una serie di illusioni visive che hanno a che fare con il mondo dei colori: lo stesso colore posto su sfondi diversi verrà percepito allo stesso modo? Con la medesima curiosità e arguzia d'ingegno, in Percezioni Lotto ripercorre l'evoluzione del nostro apparato sensoriale, ne scandaglia modalità e

possibilità percettive, lo sottopone a dure prove di resistenza perché ciò che vuole rendere evidente è che il nostro sguardo elabora innanzitutto illusione: noi non vediamo ciò che è, non vediamo la realtà.

005


Provate a leggere questa frase:

N I CRE MO I GNIF ATO Riuscite a leggere? Se la visione fosse una semplice addizione di stimoli percettivi non potremmo mai riuscire a dar senso alla frase, perché mancano delle lettere. Al contrario, riusciamo comunque a comprendere perché il nostro cervello è capace di interpretare quelle informazioni anche sulla base del nostro campo esperenziale. "La percezione - dunque - è simile alla lettura di una poesia: siamo noi che ne interpretiamo il significato, perché potrebbe anche non significare nulla". E di fronte alla novità? All'imprevisto? Come ci comportiamo? Come suggerito da Beau Lotto, seguiamo l'esempio di Alice nel Paese delle Meraviglie: scivolando dentro la buca del coniglio, che rappresenta la nostra realtà, incappiamo in situazioni bizzarre e nuove, che inizialmente fatichiamo ad interpretare, ma all'interno delle quali tentiamo di districarci, alle quali tentiamo di adattarci, alla ricerca di risposte utili. A Beau Lotto va dunque il merito di restituirci uno sguardo esterno sulla nostra visione e di insegnarci che nel Paese delle Meraviglie della percezione, l'illusione maggiore nasce proprio dalle nostre certezze.

Giugno 2021

Cosa c’entra tutto questo con l’analisi sensoriale di una bistecca? Pian pianino vi spiegherò tutto, partendo dall’analisi visiva.

006

L’ambiente genera degli stimoli che sono raccolti dal nostro sistema sensoriale attraverso gli organi di senso, ognuno preposto a rilevare un particolare tipo di energia fisica o chimica. Quando l’agente esterno (stimolo distale) giunge a contatto con un recettore è trasformato in segnale elettrico (stimolo prossimale) attraverso la trasduzione. La nuova forma di energia raggiunge il cervello che lo decodifica

e lo organizza attraverso processi cognitivi di base e processi psicologici dinamici: ecco la percezione. In funzione di questa viene pianificato il comportamento e si ha quindi la risposta allo stimolo. La vista è un organo di senso di tipo fisico che consente la percezione dell’ambiente esterno attraverso una forma di energia elettromagnetica: la luce. L’organo di senso preposto alla rilevazione dei segnali è il sistema visivo il cui elemento primario è costituito dagli occhi. La luce attraversa la cornea e il cristallino per finire sulla retina dove trovano sede due tipi di cellule sensibili: • •

coni: sensibili ai colori e ai dettagli, sono preposti alla visione diurna; bastoncelli: danno una visione più approssimata, necessitano di una minore quantità di energia e sono preposti soprattutto alla visione crepuscolare.

Dai coni e dai bastoncelli il segnale viene trasmesso attraverso cellule bipolari e gangliari (cellule che partecipa alla costituzione di un ganglio nervoso) al cervello dove viene elaborato. Le onde elettromagnetiche comprese nel campo del visibile hanno una lunghezza variabile tra 400 e 760 nanometri (milionesimi di millimetro) e a seconda della lunghezza d’onda dell’energia catturata dal senso della vista si ha la percezione del colore, determinato quindi dalla lunghezza d’onda dell’energia riflessa. In poche parole: una carne è rossa perché assorbe tutte le lunghezze d’onda tranne quella che noi decodifichiamo come rosso.

Il codice visivo della carne La valutazione qualitativa dei tagli di carne passa sicuramente attraverso l’analisi delle caratteristiche sensoriali visive della carne a crudo, tramite queste è possibile verificare gli attributi qualitativi legati alla genetica, al tipo di allevamento e alimentazione, alla frollatura e allo stato di conservazione delle carni. Diversamente, la valutazione delle caratteristiche della carne cotta ha lo scopo di valutare il risultato del metodo di cottura utilizzato e quindi l’andamento di tali trasformazioni.


BBQ4All Magazine

007


IL CODICE VISIVO DELLA CARNE CRUDA

Giugno 2021

008

INTENSITÀ DEL COLORE Definizione Misura la saturazione del colore rosso percepibile sulla superficie della fetta in corrispondenza della parte muscolare; il minimo di scala corrisponde a un rosato molto pallido, il massimo a un rosso cupo. Qualora il taglio sia composto da più fasci muscolari, il colore si misura all’interno del fascio muscolare principale; qualora il colore di questo muscolo sia disomogeneo, si misura quello prevalente sulla superficie, in ogni caso senza fare la media tra le parti. Correlazione di filiera Il colore rosso della carne può essere più marcato a seconda della razza, del sesso, dell’età dell’animale, nonché dello stile di allevamento (intensivo o estensivo); varia inoltre a seconda del muscolo interessato dal taglio. In linea generale, il rosso è tanto più intenso quanto più quel muscolo è stato sottoposto a sforzo e ha svolto movimento nel corso della vita dell’animale: un muscolo locomotore più “allenato” tende infatti a sviluppare più mioglobina. Composti responsabili Il rosso dipende dalla presenza e dalla concentrazione nel muscolo della mioglobina, nonché dal suo stato fisico. La mioglobina è la metalloproteina (proteina contenente ferro) responsabile della contrazione del muscolo e quindi del movimento dell’animale; l’altra metalloproteina di colore rosso che irrora il muscolo durante il movimento, l’emoglobina (componente dei globuli rossi), viene normalmente eliminata col sangue in fase di macellazione. Il colore della mioglobina cambia con lo stato fisico, cioè è rosso vivo in presenza di intensa ossigenazione del taglio di carne (per esempio in vetrina frigorifera; si parla allora di ossimioglobina) mentre diventa di un bruno verdastro in assenza di ossigeno (in questo caso si definisce metamioglobina). La transizione da ossimioglobina a metamioglobina non è peggiorativa in senso salutistico o sensoriale ed è sempre reversibile con l’ossigenazione, per cui il colore brunastro in questo caso non va inteso come un segno di deterioramento. Tutt’altra cosa è l’imbrunimento non reversibile dovuto ad alterazioni di origine enzimatica o microbica.


OMOGENEITÀ DEL COLORE Definizione Misura l’uniformità del colore su tutta la superficie muscolare del taglio, indipendentemente dall’intensità; in pratica, il valore misurato sarà tanto più alto quanto più il colore della parte rossa è omogeneo. Correlazione di filiera Fattori che riducono l’omogeneità del colore della carne possono dipendere da fasi differenti della filiera. Non è detto che sia da considerare sempre un difetto, dobbiamo infatti distinguere le discromie dovute alla presenza di macchie anomale, ematomi, imbrunimenti, croste esterne. Un primo fattore discriminante può essere la presenza di fasci muscolari che lavorano in misura diversa all’interno di alcuni tagli (ad esempio nei muscoli della coscia o delle spalle). Di conseguenza, negli stessi tagli l’omogeneità del colore sarà maggiore in quegli animali che si sono in generale mossi poco, come nel caso del vitellone (a causa della giovane età) o nell’allevamento intensivo. In altri casi la disomogeneità può essere dovuta a macchie createsi nel corso del trasporto dell’animale al macello, come ematomi, oppure a fenomeni legati ad asciugamento superficiale durante le fasi di conservazione. Composti responsabili Mioglobina: può essere più o meno concentrata nelle diverse parti muscolari che compongono il taglio; emoglobina del sangue nel caso di ematomi; umidità di conservazione, in quanto se a bassa concentrazione comporta l’asciugamento delle parti superficiali più esterne del taglio, con la formazione di incrostazioni più scure date dalla concentrazione degli altri costituenti.

LUCENTEZZA Definizione Misura la proprietà della superficie del taglio di riflettere la luce nella parte muscolare: il valore sarà massimo quando la luce si riflette a specchio, minimo quando il muscolo si presenta spento e opaco. Per una misurazione ottimale occorre che la carne sia presentata all’analisi immediatamente dopo il taglio o l’estrazione dalla confezione, senza che abbia il tempo di asciugarsi all’aria o di formare affioramenti acquosi. Correlazione di filiera La lucentezza è fortemente correlata alla presenza e alla tipologia di lipidi nella carne, dipendente da fattori genetici (razza) ma anche dall’alimentazione e dal tipo di allevamento (che preveda o meno il movimento). Anche le fasi di conservazione dopo la macellazione influenzano l’umidità presente nella carne: man mano che si perde il contenuto in acqua libera, la lucentezza diminuisce.

BBQ4All Magazine

Composti responsabili Acqua presente all’interno del muscolo; componente lipidica intramuscolare che contribuisce a trattenere l’umidità interna; talvolta, grasso intermuscolare e cutaneo lasciato al taglio, che nell’affettare crea un film superficiale a protezione del muscolo.

009


VENATURE DI GRASSO

FINEZZA DELLA FIBRA Definizione Misura la sottigliezza delle fibre muscolari visibili dal taglio, immaginando il muscolo come un cavo o una corda composta da più filamenti intrecciati. Il valore è massimo quando i filamenti sono estremamente sottili, al punto da essere difficilmente visibili; minimo quando le fibre si presentano molto grosse. L’analisi si compie idealmente sul taglio perpendicolare alle fibre, ma è possibile fare un’osservazione anche sulla sezione longitudinale del muscolo. Nel caso in cui il taglio di carne in esame sia composto da più fasci muscolari, la misurazione si compie sul muscolo principale, in ogni caso senza fare la media tra i diversi muscoli presenti. Correlazione di filiera La fibra diventa tanto più grossa quanta più potenza il muscolo deve sviluppare nel corso della vita dell’animale; la dimensione è quindi correlata positivamente all’età, al sesso maschile, all’allevamento estensivo e alla portanza del muscolo incluso nel taglio (se ad esempio è responsabile della locomozione). La dimensione della fibra muscolare cambia inoltre a seconda dell’altezza a cui il muscolo viene sezionato: è più grossa verso il centro del muscolo, più sottile vicino all’estremità connessa al tendine. Data questa elevata variabilità, per un confronto tra animali è necessario confrontare sezioni simili dello stesso taglio.

Giugno 2021

Composti responsabili Sono responsabili le proteine che costituiscono le fibre muscolari e il tessuto connettivo, in particolare l’elastina. La fibra muscolare più grossa contiene maggior tessuto connettivo intramuscolare, il quale si presenta anche di maggior spessore e resistenza, rendendo le carni più dure.

010

Definizione Quantità di grasso intramuscolare, cioè visibile sulla superficie del taglio all’interno dei fasci muscolari. Tecnicamente si parla spesso di marezzatura, ma con una scala semantica a seconda dell’intensità: dalla venatura alla marezzatura fino alla prezzemolatura, in ordine crescente della dimensione dei depositi adiposi (venatura quando si presentano striature simili a quelle del marmo; prezzemolatura quando alcuni punti si estendono con macchie ramificate simili nella forma a foglie di prezzemolo). Questo descrittore non prende in considerazione: • il grasso invisibile comunque presente all’interno delle fibre muscolari; • il grasso intermuscolare, disposto tra un muscolo e un altro; • il grasso adiposo presente nell’addome e sotto-cute, che potete scegliere di lasciare intorno al taglio per dare alla carne maggiore aroma, caramellizzazione esterna in cottura e umidità interna e che può essere rimosso alla fine. Correlazione di filiera La quantità di grasso intramuscolare aumenta, su esemplari con tratti genetici specifici, con determinati tipi di alimentazione (specialmente cereali) e di allevamento (stabulazione), praticati in particolare negli ultimi sei mesi della vita dell’animale. Questa caratteristica è tipica della carne di Wagyu, frutto della cultura culinaria giapponese che celebra carni e pesci molto grassi, al punto da sciogliersi in bocca. Composti responsabili La parte di grasso nella carne include i gliceridi, i fosfolipidi (lecitine, cefaline, sfingomieline) e gli steroli, composti con struttura derivata da squalene. I fosfolipidi sono costituiti da glicerolo esterificato con due acidi grassi e un composto con fosfato come la fosfatidilcolina. I composti base sono gli acidi grassi, catene di atomi di carbonio in numero da 2 a 24; generalmente in numero pari da 12 a 20 unita di carbonio. Gli acidi grassi saturi principali sono: miristico, palmitico, stearico; i grassi monoinsaturi principali sono il palmitoleico e l’oleico; i principali polinsaturi sono il linoleico, il linolenico e l’arachidonico.


ATTRAENZA Definizione Grado di piacevolezza visiva del taglio crudo nel suo insieme e capacità di risultare appetibile nei confronti dell’osservatore, specialmente nella fase di acquisto. Correlazione di filiera I fattori oggettivi dell’attraenza visiva di un taglio di carne differiscono molto da regione a regione: nella stessa Italia, Nord e Sud hanno notoriamente gusti diversi. Questo appare anche correlato alle usanze culinarie regionali: cottura più lunghe al sud, più brevi al nord, con consumo tradizionale di carne cruda in Piemonte e Veneto. Anche il grado di conoscenza tecnica della carne nell’osservatore incide sulla preferenza, specialmente per quanto riguarda il grasso intramuscolare. Da sempre combatto contro la carne rossa e magra della Sciura Maria, più grasso significa intensità aromatica e maggiore scioglievolezza. Composti responsabili Tra i correlati positivamente possiamo citare senz’altro l’ossimioglobina, che è in grado di conferire al muscolo il rosso brillante; tra quelli correlati negativamente possiamo annoverare il grasso ossidato tendente al colore giallo e, spesso, il tessuto connettivo bianco ove nettamente visibile. Questo aspetto viene influenzato anche dalla quantità di lipidi, la loro distribuzione (marezzatura) e l’umidità delle carni.

Avete preso nota? Ci rivediamo il mese prossimo con il codice olfattivo e l’analisi dei profumi sprigionati dalla carne. Buona lettura! BBQ4All Magazine

Gianfranco Lo Cascio

011


a i nI d

Metti unpo'di

nel tuo piatto

Cucina indiana: una gastronomia millenaria e globale

Giugno 2021

Portfolio gastronomico a cura di Nunzia Clemente Illustrazioni di Eleonora Castagna

012


Q

uanto ci manca viaggiare? Tantissimo. La cucina proveniente da ogni parte del mondo, però, è sempre rimasta a nostra disposizione – anche nei momenti più bui di quest’ultimo anno e mezzo – permettendoci anche lunghe sessioni di “divagazione” pur restando tra le quattro mura di casa. Ho avuto molto tempo per ripensare a come la mia vita sia cambiata nell’ultimo anno e mezzo. Prima, un paio di viaggi all’estero al mese non me li toglieva nessuno. Perlopiù giravo per le capitali europee e, dopo il lavoro, amavo perdermi tra i quartieri più densi di cultura internazionale. Tra i miei ricordi, nitido, l’odore del curry: quello che io chiamo “odore di estero”, insomma. E dove c’è curry, nel 99% dei casi c’è cucina indiana. E resterete molto stupiti nell’apprendere che proprio il curry non è un’invenzione di chissà quanti secoli fa. Ma procediamo con ordine. Pensateci: samosa, pane naan, pollo tandoori, riso korma, lassi al mango e vari frutti. La cucina indiana, dalla gigantesca penisola, ha viaggiato tantissimo. Possiamo dire che – sia per numero di persone che abitualmente la praticano, sia per la diffusione su scala globale – è una delle cucine più famose del mondo, insieme a quella cinese. E proprio come quella cinese, dire “cucina indiana” significa definire tutto e nulla. La cucina indiana è un argomento vastissimo, impossibile da racchiudere in un articolo solo, anche se corposo come quelli del nostro Magazine. Proviamo a tracciare alcune linee guida, saltellando qua e là per la storia della cucina indiana ed alcune cucine regionali degne di nota anche fuori dal Paese d’origine.

Una cucina con 8000 anni di storia La cucina indiana è varia, colorata, seducente e soprattutto antica: parliamo infatti di una delle identità culinarie più antiche del mondo, con ben 8000 anni di storia. È il risultato delle interazioni che i popoli, nel corso dei millenni, hanno avuto modo di avere attraverso tutto il Subcontinente. Il motore trainante di questa cucina è stato, quindi, la sua incredibile diversità: diversi luoghi danno vita a diversi ingredienti, diverse cotture, diversi climi, diverse abitudini. Il mix esplosivo tra queste ha contribuito a creare gran parte della cucina indiana che oggi ricerchiamo nei ristorantini tipici o ancora di riprodurre a casa. Grande influsso sulla cucina del Subcontinente è stata esercitata dalla religione e dalla filosofia: non una sola, ma tante. Il Subcontinente indiano, la sua posizione e la fecondità della sua cultura hanno giocato un ruolo fondamentale negli scambi. Non a caso, troviamo il Buddhismo indiano, l’Induismo con le sue divinità, la presenza forte dell’Islam ed anche del Cristianesimo nelle varie confessioni. Questi culti spesso si sono mischiati a loro volta (non senza difficoltà e guerre intestine, anche ai giorni nostri), dettando a mano a mano legge anche da un punto di vista alimentare. BBQ4All Magazine

Nel mondo occidentale, si sono diffuse principalmente le cucine tipiche delle regioni del Nord dell’India: queste sono sintesi delle cucine punjabi e kashmire, a loro volta influenzate dalle tradizioni persiane e dalle invasioni islamiche.

013


La cucina più speziata al mondo Curry a parte, ci sono ben pochi dubbi: la cucina indiana è tra le più speziate al mondo. Siamo nella terra d’origine del pepe, della cannella, del cardamomo. I chiodi d garofano sono coltivati in queste zone da tempo immemorabile: la cucina indiana ha sulle spalle una storia di almeno 6500 anni, favorita da un clima godibile e adatto all’agricoltura da campo. In questo clima si sono sviluppate le colture della noce moscata, del macis, dello zenzero e del cumino. Il peperoncino, abbondantissimo nella cucina indiana, pare abbia fatto capolino soltanto nel XVI secolo.

Brevissima storia della cucina indiana

Giugno 2021

6500 anni di storia gastronomica sono abbastanza per costruire non una, ma tantissime identità culinarie. Decine di volte sono cambiati i confini, la politica, le influenze: tutto ciò ha contribuito a creare molteplici identità gastronomiche e molta

014

confusione sulla materia. Parlare di una cucina indiana univoca è davvero impossibile e, mentre ci sono regioni che si battono per una coesione culturale, ce ne sono altrettante che sono ferme sulla propria indipendenza. Dal 3000 a.C. abbiamo segni più consistenti delle coltivazioni, come sesamo, melanzane, cardamomo, pepe nero, curcuma e senape. Nella Valle dell’Indo era già comune la pratica dell’allevamento degli zebù. Gran parte del corpus delle ricette di ispirazione indiana conosciuto all’estero risale al periodo Vedico (cioè con la civiltà vedica, XV secolo a.C. ): a quel tempo l’India era molto diversa, ricca di foreste e di acqua e con una spiccata propensione alla cacciagione. La dieta, al tempo, era ricca di frutta, verdura, cereali, miele e latticini. Con l’avvento del Buddhismo indiano si diffuse rapidamente il vegetarianesimo: questo fu favorito anche dal clima delizioso, che aiutava molto le coltivazioni a campo aperto. Un grande impulso alla fioritura della cucina indiana fu dato durante il periodo chiamato “Epoca d’oro dell’Arte indiana”: i viaggiatori si avvicendavano


in lunghissimi viaggi verso le Indie, per conoscere da vicino la dinastia regnante Gupta, avvolta da mistero e fascino. Grazie a questo incessante e fruttuoso scambio culturale e di merci, la cucina indiana si arricchì di nuove spezie e prodotti. Ad esempio, il tè: la sua storia in India inizia da ora e si diffonderà poi con le monocolture con l’avvento del colonialismo. Il periodo delle invasioni islamiche apportò ulteriori modifiche alla dieta tipica indiana: i musulmani, infatti, mangiavano quantità ingenti di carne a dispetto dei buddhisti e degli induisti. L’influsso islamico portò anche nuove tecniche di cottura, come quella nel “dum”, che sarebbe una sorta di casseruola sigillata e ad un grande utilizzo di zafferano e noci.

Nel XX secolo, con le diaspore migratorie, diverse forme della cucina indiana hanno attecchito in tutto il mondo, per poi modificarsi secondo gli usi e i costumi dei Paesi ospitanti. Una grande versatilità ha sicuramente contribuito alla sua diffusione. Principalmente, sono molto diffuse le tradizioni gastronomiche delle regioni del Nord: molta carne e spezie, ma ultimamente non è disdegnato nemmeno il filone tutto vegetale.

Alimenti base della cucina indiana Gli alimenti alla base della cucina indiana sono molti: abbiamo molte varietà di riso e legumi (ad esempio, i “masoor”, lenticchie rosse, i “toor”, ceci gialli” e i mung, ceci verdi). I legumi vengono utilizzati sia interi che sgusciati e, insieme alle farine, formano dei sostanziosi piatti unici.

BBQ4All Magazine

Il XVIII secolo vide l’arrivo dei colonialisti britannici: ed è proprio qui che ha inizio la prima “internazionalizzazione” della cucina indiana. I britannici tentarono di ingentilire i gusti e gli odori della cucina dei loro ospiti. Ed è in questo periodo che nacque il curry: i colonialisti acquistavano dai loro schiavi dei mix di spezie con i quali insaporire le loro pietanze. Hanno inventato anche il pollo tikka masala, una delle preparazioni più in voga nei ristoranti

indiani d’oltrefrontiere: non a caso, è definito il “vero piatto anglosassone” tout court, espressione di un determinato periodo storico dai risvolti spesso non troppo piacevoli.

015


Ad oggi, l’80% della popolazione indiana segue un regime dietetico vegetariano.

Alcune delle cucine regionali indiane più famose al mondo

Per quanto riguarda l’ampio ramo delle spezie, ai primi posti per utilizzo abbiamo i peperoncini, il cumino, il fieno greco, la curcuma, i semi di senape nero, l’aglio, coriandolo e zenzero. Posto d’onore per il mix di spezie conosciuto come garam masala: si prepara utilizzando una quantità variabile di spezie tostate e macinate. Tra queste spezie, non possono mancare la cannella, i chiodi di garofano, il cumino, il cardamomo, baccelli di coriandolo; poi, a discrezione, vi si possono aggiungere ingredienti più costosi come peperoncino, aglio, zenzero, senape e finocchio.

Cercherò di dividere qui la cucina indiana in grandi macroaree: divertitevi a cercare la “vostra” cucina indiana di riferimento!

Giugno 2021

Ogni baburchi (lo chef, ndr) ha la propria ricetta per il garam masala e la custodisce gelosamente. Il mix può essere aggiunto sia durante la cottura delle ricette, sia a piatto ultimato.

016

CUCINA INDIANA DEL NORD: probabilmente la cucina più conosciuta al di fuori del Paese. Si caratterizza per un forte utilizzo del latte e suoi derivati: formaggi a pasta molle e fermentati, come lo yogurt e salse a base di questo, ma anche il ghee, il famoso burro chiarificato. Alla cucina del nord appartiene il pane naan così come le samosa (i fagottini fritti e ripieni di patate), ma anche il korma. Molto utilizzato è anche il tamarindo, CUCINA INDIANA OCCIDENTALE: parliamo ora di un grande pezzo d’India che comprende almeno tre Stati. Lo Stato costiero del Maharashtra è famoso


soprattutto per i suoi piatti di pesce e per l’utilizzo dell’onnipresente latte di cocco. Il Gujarat è prevalentemente caratterizzato da una cucina vegetariana e, tra le righe, ha molto subito la vicinanza dell’Impero Cinese, che vi ha trasmesso qui una dolcezza atipica al resto dell’India. Molto diffusi, qui, i chutney. La cucina dello Stato di Goa è famosa prevalentemente per l’utilizzo massiccio della carne, soprattutto maiale e manzo. Lo stato di Goa è quello più vicino al mondo occidentale, visti gli intensi scambi politici e commerciali avuti con il Portogallo in epoca coloniale. CUCINA INDIANA O R I E N TA L E : q u e s t o ramo è famoso per la sua produzione notevole di dolci. Non vi sarà insolito, infatti, trovare dolci di tradizione indiana orientale sulle tavole dei ristoranti indiani in Occidente. Tra questi, degno di nota è sicuramente il rasgulla: una sfera di semola e formaggio, cosparsa di uno sciroppo di zucchero caldo.

BBQ4All Magazine

CUCINA INDIANA MERIDIONALE: non particolarmente diffusa all’estero e in Occidente, la cucina indiana meridionale si caratterizza per golosi piatti fritti e alla griglia (e noi, da estimatori griller, non possiamo che apprezzare questa espressione del fuoco). Troviamo, qui, molte versioni del kebab, nonché dolci pregevoli con le albicocche.

017


Giugno 2021

Il taglio del mese

018

FLAP STEAK /FLAP MEAT


C

osì come la capacità di controllare il fuoco è stata fondamentale per gli uomini fin dalla preistoria, essenziale per la sopravvivenza e per lo sviluppo culturale, allo stesso modo questa rubrica vuole aiutare tutti coloro che hanno una forte passione per la carne e per la buona cucina in generale, arricchendo il loro bagaglio di conoscenze con tecniche, metodi e consigli per migliorarsi. Pur essendo apparentemente un taglio dall’aspetto e dal nome poco invitante, la Flap Meat è il cavallo di battaglia di griller più o meno esperti e di tutti quegli appassionati che hanno avuto la fortuna di incontrare questo taglio. Negli ultimi anni, grazie ai nuovi sviluppi tecnologici, alle ricerche scientifiche di vario tipo, a un’attenta selezione delle razze e al miglioramento dei sistemi e dei metodi di allevamento con conseguente incremento di marezzatura e peso del bestiame di oltre il 25% dal 1970 ad oggi (riferito agli Stati Uniti) è stato possibile dar vita a tante nuove bistecche tra cui anche la nostra Flap Steak.

Facendo parte del Flank Primal, protetta ma anche un

Come al solito, nelle razze dalla taglia piu piccola e magra, come la maggior parte di quelle allevate in Europa, un taglio come il Flap non e adatto ad essere cucinato a mo’ di bistecca, essendo troppo piccolo, tenace e poco marezzato: spesso nemmeno lo si riesce a trovare in commercio, perché venduto come spezzatino o carne trita. Insieme alle sue “sorelle”, ovvero alla Skirt, alla Flank e qualche volta anche alla Hanger steak (lombatello), con cui a volte viene confusa (molti macellai, un po’ per sbaglio un po’ per comodità le chiamano Flap Meat tutte) è diventata una bistecca molto apprezzata e ricercata negli ultimi anni, anche grazie al suo sapore beefy inconfondibile e al prezzo minore rispetto ad altri tagli. Un errore simile nel nome lo incontriamo se guardiamo la versione francese, dove i medesimi tagli elencati sopra possono essere trovati in vendita chiamati semplicemente Bavette, che tradotto sta per pettorina/bavaglio. Il termine viene usato spesso per le bistecche sottili, ma per essere sicuri che sia l'Obliquus Iternus Abdominus bisogna chiamarla Bavette D'aloyau. Nomi piu comuni : Flap Meat,

Flap Steak, Sirloin Tip, Sirloin Flap, Sirloin Butt Flap, Bistro Steak, Bavette, Bavette D'aloyau, Vacio, ecc. PREPARAZIONE Grazie alla sua diffusione e alla sua più recente popolarità in giro per il mondo, la Flap Steak vanta una grande collezione di ricette e di preparazioni da Paesi e culture gastronomiche diverse. La versione argentina prevede l’uso della Flap per una cottura indiretta abbastanza lenta; quella americana invece prevede una semplice cottura diretta per una medium-rare, oppure una versione asian con una marinatura in stile teriyaki, per uno stir fry indimenticabile. Nel 99% dei casi troverete la Flap steak in vendita da sola, già sezionata dalla pancia. Per preparare il nostro pezzo di carne per la cottura dobbiamo inizialmente capire che taglio abbiamo davanti, se intero o porzionato, e decidere che tipo di ricetta o tecnica di cottura vogliamo usare. Se il taglio è coperto da parecchio grasso e da silverskin (tessuti connettivi esterni) è consigliabile usare un coltello molto affilato per pulire delicatamente la carne onde evitare il rischio che si deformi durante la cottura. Al contrario, se si vuole tenere il silverskin, basta inciderlo leggermente prima di cucinarlo. COTTURA Cuocere una bistecca come la Flap richiede, il piu delle volte, un minimo di accortezza e di esperienza davanti ai fornelli; la tecnica consigliata per questo

BBQ4All Magazine

DA DOVE PROVIENE E COSA È ESATTAMENTE Dall’ aspetto molto simile alla Flank o alla Skirt steak, tagli dalle caratteristiche simili con cui confina all’interno della pancia, la Flap Meat o Obliquus Iternus Abdominus è una bistecca abbastanza sottile con le fibre ben accentuate, moderatamente marezzata.

po’ nascosta da alcuni strati di grasso, possiamo dire che è un estensione della T-bone, motivo per cui spesso in italia, per paura non tagliare troppo corte le bistecche, molti macellai erroneamente lasciano una buona parte della Flap attaccata lungo la lombata fino alla testa del filetto.

019


taglio dipende molto anche dalla marezzatura e dalla frollatura. Un classico della cucina francese, che vede molte volte come protagonisti i tagli della pancia, è la Steak Frites, ricetta che vogliamo proporvi con una contaminazione messicana.

Giugno 2021

Dopo aver pulito e porzionato in bistecche da 6/8 cm di larghezza una pezzo intero di Flap, preri-

020

scaldate il vostro dispositivo; dopo aver preparato dei recipienti con cavolo cappuccio tagliato sottilissimo, avocado, delle olive a pezzetti o altre verdurine croccanti che piu vi piacciono, buttate la vostra carne sulle fiamme roventi pochi minuti per lato cercando di non superare i 55°C/57°C a cuore. Lavate e mondate delle patate e tagliatele tipo paglia per poi

friggerle in abbondate olio di semi e aggiungetele nelle tortillas precedentemente riscaldate insieme alla carne cotta e tagliata a striscioline sottili (sempre controfibra) insieme alle verdure che preferite ed una salsina acidula rinfrescante fatta con olio di oliva, lime, panna acida, delle erbe aromatiche fresche e un pizzico di sale.


POLLO TANDOORI ...ed è subito India

BBQ4All Magazine 021


Il pollo tandoori è una delle preparazioni tipicamente attribuite alla grande cucina indiana ormai esportata in tutto il mondo, grazie alla presenza di ristorantini un po’ ovunque. In realtà, il pollo tandoori ha una storia abbastanza recente. La tradizione vuole che la nascita del pollo tandoori risalga a Kundan Lal Gujral, un indiano che decise di aprire un ristorante, il Moti Mahal a Peshawar, prima che l'India fosse colonizzata dalla Gran Bretagna. Nella fattispecie, la storia sarebbe andata così. Gujral avrebbe provato a cuocere il pollo in un forno tandoor, usato generalmente per la cottura del pane naan, altra preparazione tipica indiana ed immancabile sulle loro tavole e nei loro street food. I tandoor sono particolari forni in argilla, a forma di campana rovesciata ed interrati, alla cui base brucia un fuoco di legna o carbone che può raggiungere temperature infernali anche di 500°C. Gurjal per primo sarebbe stato capace di cuocere il pollo in questo tipo di forno, rendendo croccante l'esterno del pezzo di carne e mantenendo morbido e succulento l'interno. Dopo la decolonizzazione dell'India, il Punjab venne diviso e le zone a est dello stato divennero parte dell'India, mentre le zone ad ovest divennero parte del Pakistan. La città di Peshawar passò quindi sotto il governo pakistano e Gujral, come molti altri profughi, si allontanò dai disordini scappando in India e spostando quindi il suo ristorante a Delhi. Il pollo tandoori impressionò a tal punto il Primo Ministro indiano che lo rese una delle portate regolari dei banchetti ufficiali. La sfilza di personaggi famosi in visita presso il governo indiano che ha provato il famoso pollo tandoori è lunga: tra questi, ritroviamo i presidenti degli Stati Uniti Richard Nixon e John F. Kennedy, il leader sovietico Nikolai Bulganin e Nikita Khrushchev, il Re del Nepal e Mohammed Reza Pahlavi, scià dell’Iran.

Giugno 2021

Come spesso succede, la fama del piatto ha portato a molte varianti, tra cui il pollo tikka e il pollo tikka masala, solitamente presenti nei menu dei ristoranti indiani di tutto il mondo. La carne, che siano ali o cosce, viene marinata nello yogurt e condita con un misto di spezie chiamato tandoori masala. La tipica colorazione rossa della carne viene ottenuta utilizzando la polvere di peperoncino rosso, paprika, pepe di Caienna o peperoncino del Kashmir, mentre una grande quantità di curcuma produce la tipica colorazione arancione.

022

Il pollo tandoori è tradizionalmente cotto ad alte temperature nei forni sopra menzionati; può tuttavia essere preparato anche su un barbecue a carbone sfruttando la nostra amata cottura ibrida, così da ottenere un pollo perfettamente croccante, succoso e cotto a puntino. Nel nostro caso, lo abbiamo accompagnato con il classico pane naan, tipico della gastronomia indiana e diffuso nella quotidianità di gran parte dei Paesi dell’Arabia, così come nei ristoranti di ispirazione indiana diffusi in tutto il mondo. Solitamente, per rendere il naan ancora più goloso, lo si cosparge di burro all’aglio prima del servizio. In questo numero del Magazine abbiamo ben due ricette di pane naan: una è questa, l’altra è dell’immancabile Nerd della Pizza. Avete solo l’imbarazzo della scelta!


PREPARAZIONE 1. Rimuovete la pelle dalle cosce e dalle sovracosce di pollo e preparate la marinatura a base di yogurt. 2. In una bowl unite lo yogurt, il succo di lime, la paprika, il coriandolo, il garam masala, la curcuma e il pepe nero. Create una pasta con lo zenzero e l’aglio grattugiati e aggiungetela insieme all’olio, quindi mischiate il tutto con una frusta fino ad ottenere un composto omogeneo.

INGREDIENTI 4/6 persone

6 cosce di pollo 200 g yogurt greco 1 cucchiaio di paprika affumicata 1 cucchiaino di coriandolo in polvere 1/2 cucchiaino di cumino 1/2 cucchiaino di garam masala Peperoncino essiccato(facoltativo) 2 spicchi d’aglio 25 g di zenzero 1/2 cucchiaino di pepe nero Sale q.b. Succo di 1/2 lime 1/2 cucchiaino di curcuma 3 cucchiai di olio di semi Per 12 naan all'aglio 500 g di farina 00 190 g di yogurt greco 10 g di lievito di birra fresco 10 g di sale 60 g di acqua 180 di g latte 10 di g zucchero 2 spicchi d’aglio 100 g di burro coriandolo fresco o cumino

3. Salate la carne uniformemente e cospargete con la marinatura massaggiando bene tutti i pezzi. 4. Lasciate marinare in frigo almeno 12 ore. 5. Per il pane naan unite il lievito, il latte e l’acqua a 30°C e lo zucchero in un bicchiere e mescolate per qualche secondo. 6. In una bowl impastate la farina con lo yogurt e il composto lievitante preparato in precedenza. 7. Aggiungete il sale e continuate a lavorare fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo. 8. Lasciate raddoppiare in massa a temperatura ambiente, poi stagliate in panetti di circa 80 g. 9. Al raddoppio stendeteli con un matterello e cuocete su una piastra rovente in ghisa fino a quando non saranno croccanti e bruciacchiati da ogni lato. 10. Al termine spennellate con abbondante burro fuso e aglio tritato o grattugiato. 11. Per la cottura del pollo predisponete il dispositivo con un setup indiretto e stabilizzatelo sui 180°C/200°C. 12. Affumicate a piacere con le essenze che preferite per un tocco aromatico in più fino ai 72°C al cuore.

14. Servite con coriandolo e accompagnate tutto con il naan caldo.

BBQ4All Magazine

13. Trasferite in cottura diretta fino ai 76°C/78°C dando così una crosticina gustosa al pollo.

023


024

Giugno 2021


BEEF KORMA

Avete voglia di viaggiare, ma proprio di quelle voglie che vi prendono per mano per portarvi tra i mercatini di street food più buoni del pianeta? Vi capiamo perfettamente: purtroppo il periodo permette ancora poco, ma la cucina ci è d’aiuto. Andiamo in India con un bel beef korma ed il suo sapore intenso e deciso, vi va? Il korma o qorma è una pietanza di origine mediorientale composto da carne (generalmente manzo, pollo o agnello) o verdure brasate con yogurt (dahi) o panna, acqua e spezie per produrre una salsa spessa e corposa. Il nome inglese è un'anglicizzazione della parola qorma in Urdu, che significa "brasare". Si riferisce alla tecnica di cottura utilizzata nel piatto. Nomi come ghormeh (in persiano) o qovurma (o kavarma) in lingua azera, derivano da una parola turca qawirma, che significa "cosa fritta". Il korma indiano non è però correlato in senso culinario al moderno kavurma turco o ad altri piatti che utilizzano la stessa radice, poiché impiegano tecniche e ingredienti molto diversi.

C'è un'ampia variazione tra il classico korma e altre ricette "al curry".

BBQ4All Magazine

Nato come piatto delle grandi occasioni, il sapore di un korma si basa su una miscela di spezie, tra cui i semi di coriandolo macinati e il cumino, unite a yogurt mantenuto al di sotto della temperatura di cagliatura e incorporato lentamente e con attenzione per non far separare la salsa. Spezie e piccante sono tra gli elementi imprescindibili del korma; tra gli ingredienti principali agnello, pollo, capra, manzo, svariati tipi di selvaggina. Non di rado, i korma combinano carne e verdure; tra le preferite, rape e spinaci. Si parla di korma Shahii quando c’è intenzione di “nobilitare” questo piatto, ponendolo sulle tavole aristocratiche.

025


Si usano spesso peperoncino e zenzero, ma il metodo preciso di preparazione si delinea in sapori molto diversi tra loro. Possono essere aggiunte foglie di alloro indiano, anacardi, mandorle o cocco essiccato, quest'ultimo è un aroma prevalentemente dell’India meridionale. Una variante curiosa è il navratan korma, un korma vegetariano a base di verdure e paneer (un formaggio indiano) o noci; talvolta, vengono inseriti entrambi. Va da sé che non esiste un korma unico per tutto il Subcontinente indiano; il korma dell'India settentrionale è diverso dal Korma indiano meridionale, ma godono entrambi di ottima fama, reputati entrambi decisamente deliziosi. Nell'India settentrionale il korma è un curry bianco poco piccante; nell’India meridionale il korma è costituito da una salsa a base pomodoro molto intensa e piccante. Il servizio del korma avviene solitamente in una grossa zuppiera centrotavola; gli ospiti, seduti per terra, accompagnano il korma con naan, chapati o riso. I tagli migliori da utilizzare sono quelli ricchi di collagene come il reale, la spalla, la punta di petto o comunque sono da preferire le parti anatomiche dell’anteriore.

Giugno 2021

Pronti a catapultarvi in India, a modo nostro? Bene, partiamo!

026

INGREDIENTI 4 persone

600 g di Chuck Roll Steak Usa BLUE OX PRIME Black Angus 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro 3 spicchi d’aglio 30g zenzero fresco 1 cipolla dorata 100 g yogurt greco 1 cucchiaino di semi di coriandolo 2 cucchiaini di curcuma 1 cucchiaino di garam masala 1 cucchiaino di peperoncino in polvere 1/2 cucchiaino di cumino 30 g di anacardi un mazzetto di coriandolo burro chiarificato q.b. olio di semi di arachide per friggere


PREPARAZIONE 1. In un blender preparate la pasta aromatica unendo l’aglio, il concentrato di pomodoro, lo zenzero pelato e tagliato in pezzi, le spezie tostate in padella e frullate fino ad ottenere un composto omogeneo e profumato. 2. In una casseruola portate l’olio di semi di arachide a 180°C e friggete la cipolla tagliata a julienne fino a che non risulti croccante e dorata. 3. A questo punto unitela allo yogurt e frullate il composto con un mixer a immersione. 4. Disponete il vostro dispositivo per una cottura in cocotte di ghisa. Fate risolare la carne tagliata in cubi da 2/3 cm di lato nel burro chiarificato che avrete fatto sciogliere in precedenza. 5. Salate e quando si è formata la reazione di Maillard aggiungete la pasta aromatica e coprite con acqua calda a filo. 6. Mettete il coperchio e lasciate cuo cere fino a quando tutto il connettivo si sarà trasformato in goduriosa gelatina. 7. A questo punto togliete il coperchio e fate ridurre il sugo di cottura. Unite lo yogurt e lasciate cuocere un altro minuto. BBQ4All Magazine

8. Servite con gli anacardi tostati e del coriandolo fresco.

027


Curry curry… uaglio’

RISO AL CURRY

Il riso al curry è una specialità del Sud Est asiatico; negli ultimi trent’anni – cioè il lasso di tempo durante il quale ci siamo trasformati in una succursale di Bollywood, ovviamente in maniera positiva – è diventato praticamente un piatto onnipresente anche nelle cucine di ogni giorno, delle nostre case. Il riso al curry è un piatto facile, profumatissimo e probabilmente – visto l’utilizzo del riso – lo riteniamo anche poco calorico e quindi si tende ad inserirlo in regimi alimentare anche “più particolari”. La qual cosa è decisamente sbagliata, visto che il riso al curry viene condito un bel po’.

Giugno 2021

Andiamo a vedere da vicino cos’è il riso al curry, sfatiamo alcuni miti ed ovviamente vi diamo la ricetta definitiva che userete per sempre. Non ringraziateci, ma pensateci ogni tanto.

028

IDENTIKIT DEL RISO AL CURRY Siamo stati imprecisi nel presentarvelo: il riso al curry è una specialità diffusa in tutto il Subcontinente indiano, che non comprende solo l’India ma anche Sri Lanka e Bangladesh. Profumi, odori e sapori di queste cucine si confondono inducendoci una… gran fame. Esistono tanti tipi di riso al curry, laddove il curry non è soltanto la spezia famosa che tutti noi conosciamo, ma una vera e propria preparazione a sé. Il curry può essere vegetariano, di carne, di pesce: è una preparazione effettuata a parte che


PREPARAZIONE

appunto prevede carne, pesce e mix di spezie (cardamomo, cumino, coriandolo, zenzero tra gli altri). Il riso viene servito a parte, solitamente bollito in acqua oppure in latte di cocco. Talvolta, può anche essere servito come riso fritto. È un piatto completo: questo significa che spesso viene servito come piatto unico. Solitamente, è servito in ciotole piccole che vengono subito rimpinguate non appena queste si svuotano. Il riso al curry che andremo a preparare insieme è una variante diffusa principalmente in Sri Lanka, dove viene appunto servita come modalità “salvapranzo”: facile da fare e poco dispendioso. C’è solo da prestare attenzione alla preparazione del riso e del condimento. Zerosbatti, insomma.

INGREDIENTI 6 persone

500 g di riso basmati 1 pomodoro ben maturo 20 grammi di zenzero fresco 1 cipolla ½ aglio 4 chiodi di garofano 4 capsule di cardamomo 1 cucchiaino ben colmo di curcuma 2 g di cannella 1 cucchiaino di peperoncino in polvere 5 foglie di curry essiccato (se non le trovate, 5 foglie di alloro secco andranno benissimo) 200 mi di latte di cocco 4 cucchiai ben colmi di olio extravergine d’oliva sale q.b.

1. Per prima cosa, mettere in una padella dai bordi alti due cucchiai di olio extravergine d’oliva, schiacciate le capsule di cardamomo e i chiodi di garofano. Dopo aver lasciato rosolare qualche istante a fuoco lento, inserite le foglie di curry (o di alloro, qualora non le abbiate trovate), e la curcuma. 2. Pian piano, potete inserire il riso basmati. Abbiate cura di mescolare con energia e velocemente, in modo che il riso abbia modo di assorbire gli ingredienti. 3. Inserite l’acqua a filo, in modo da coprire il composto; aggiungete sale quanto basta e, a pentola coperta e fuoco dolce, portate a termine la cottura del riso con le spezie. 4. Nel frattempo, in un’altra padella, versate i due cucchiai di olio extravergine d’oliva che ci sono rimasti. 5. Tagliate il pomodoro a listarelle, la cipolla e schiacciate l’aglio e la radice di zenzero 6. Inserite nella padella le listarelle di pomodoro, la cipolla a fettine, l’aglio schiacciato, lo zenzero, la curcuma e la cannella. Lasciate soffriggere tutto per qualche minuto, stando bene attenti che non si bruci nulla altrimenti il sapore amarissimo non ve lo toglierà nessuno dalla testa. 7. Regolate di sale, se ne sentite il bisogno. Con tutte quelle spezie, probabilmente non ce ne sarà bisogno. 8. Arriva il momento del latte di cocco: aggiungetelo a filo. 9. Dopodiché, riversate tutto il composto nella padella contenente il riso. Qui vi toccherà mescolare con una certa energia, affinché il latte si incorpori bene con il riso. BBQ4All Magazine

10. Trasportate il vostro riso al curry ormai pronto su un piatto da portata centrale, oppure in ciotoline singole per ogni commensale.

029


Se non possiamo viaggiare, è lo street food orientale che viene da noi!

SAMOSA

Siamo in astinenza da viaggi: su questo non ci piove. Ci manca provare cucine di altri Paesi, perderci nei mercati delle capitali del mondo oppure nell’ultimissimo villaggio, alla ricerca di quel food-truck-là consigliato dall’addetto alla reception del vostro b&b, per provare il “vero” panino della zona. In attesa che il mondo si riorganizzi per bene a questa nuova normalità, che ci permetterà nuove e fantastiche avventure gastronomiche, portiamo il mondo a casa nostra. Ci proviamo, in questo pezzo, con i samosa: gustosissimi snack tipici dell’India, facili da fare e che avranno la capacità di catapultarvi direttamente in un’altra dimensione. Quando pensiamo alla cucina indiana, dobbiamo innanzitutto fare due distinzioni principali.

individuale, cosa da non sottovalutare in questo periodo – in attesa delle portate principali. Passiamo ora alla migliore ricetta per i samosa che possa capitarvi sotto mano. La versione originale prevede che siano vegetariani; noi vi possiamo suggerire (a vostra discrezione) un po’ di punta di petto per insaporire, magari qualcosa avanzato da precedenti preparazioni. Insomma, a vostra discrezione.

La cucina indiana del Nord: qui si usa principalmente più carne e meno spezie, anche grazie alle influenze provenienti dai Paesi confinanti come Cina, Pakistan e Nepal. La cucina indiana del Sud: ritroviamo, qui, una maggiore concentrazione di spezie ed una prevalenza di cucina vegetariana, probabilmente anche a causa delle varie correnti buddhiste che qui hanno avuto modo di nascere (e qualcuna anche di essere importata da Paesi come la Cina, tipo).

INGREDIENTI 8 persone

per l'impasto 500 g di farina 00

Nei ristoranti – soprattutto quelli occidentali – non c’è distinzione tra cucina del Nord e del Sud, ma quasi senza saperlo c’è una netta prevalenza di piatti provenienti dal Sud, con la presenza di piatti carichi di spezie e spesso a base di riso.

Giugno 2021

Ma torniamo ora ai nostri samosa. Che forma hanno e come sono fatti? Sono letteralmente dei piccoli finger food triangolari di pasta fillo (oppure con una pastella di farina, olio e sale), variamente farciti e successivamente fritti. Sono popolarissimi nel loro Paese natio e – dobbiamo dire – godono di buona popolarità anche nelle rappresentanze ristorative indiane nel nostro Paese.

030

Pare che i samosa siano originari dell’Asia Centrale. Abbiamo testimonianze di fagottini ripieni e fritti già a partire dall’anno Mille: facile pensare come una bontà del genere si sia diffusa rapidamente in tutta l’Asia e – con le opportune varianti – in tutto il Mediterraneo. Qui su BB4All le cose farcite e fritte ci piacciono tantissimo. Poi amiamo gli antipasti. Poi amiamo il finger food. Poi amiamo mangiare insieme agli altri. I samosa potrebbero rappresentare un modo divertente di viaggiare attraverso il cibo, nonché uno spezzafame ideale – ed

200 ml di acqua 50 ml di olio di semi di arachidi sale marino q.b. per la farcitura dei samosa 700 g di patate 200 g di piselli 1 cucchiaino di peperoncino ½ cucchiaino di curcuma 30 grammi di zenzero fresco cumino a piacere coriandolo a piacere 1 cipolla intera 1 aglio intero olio di semi di arachidi q.b. (per la frittura) sale q.b.


BBQ4All Magazine

031


IMPASTO

ASSEMBLAGGIO

1. Per i samosa, faremo l’impasto più facile del mondo. Mettete in una ciotola molto capiente la farina opportunamente setacciata, olio di semi d’arachidi e sale.

14. Tirate fuori la palla di impasto dal frigo e disponetela sul piano di lavoro. Attendete per circa 20 minuti prima di iniziare a stenderla con un matterello.

2. Successivamente, mentre la pasta inizia pian pian ad amalgamarsi, unire l’acqua a filo ed iniziare a lavorare più energicamente.

15. Stendete bene la pasta con il mattarello.

3. Quando gli ingredienti saranno ben amalgamati tra di loro, formate una palla di impasto liscia.

17. Prendete il ripieno ormai freddo.

4. Lasciatela nella ciotola, copritela bene con pellicola e lasciatela riposare in frigo per circa un’ora. FARCITURA 5. Per prima cosa, lessate le patate in acqua salata. Ci vorrà una mezz’oretta abbondante, in modo tale da potervi dedicare con calma a tutti gli altri ingredienti.

19. Chiudete i samosa in questo modo: uno spigolo del quadrato dovrà “baciarsi” con quello opposto. Schiacciate per bene i bordi, onde evitare la fuoriuscita (e quindi, successiva bruciatura) del ripieno. COTTURA E SERVIZIO 20. Prendete una casseruola di quelle adatte alle fritture e riempitela con abbondante olio di semi d’arachide. Non lesinate: meno olio ci sarà, più facile sarà bruciare i nostri samosa.

7. Non dimenticatevi delle patate: dopo averle lasciate raffreddare, schiacciatele in maniera uniforme.

21. Quando l’olio sarà a temperatura, calate nella casseruola un samosa alla volta, aiutandovi con la schiumarola per girarlo.

8. In una padella, aggiungete l’olio di semi di arachidi; tritate l’aglio e mettetelo a rosolare.

22. Il samosa è pronto quando sarà dorato su tutti i lati.

9. Affettate la cipolla sottilmente.

23. Servite caldissimi, a prova d’ustione, magari accompagnando il tutto con una bella birra lager gelata a testa.

11. A questo punto, aggiungete le patate precedentemente schiacciate ed iniziate a mescolare tutto energicamente per circa 6 minuti. 12. In ultimo, aggiungete i piselli e mescolate ancora finché il composto non vi sembrerà omogeneo in ogni suo punto; per questo, occorrerà lavorarci almeno una decina di minuti. A fuoco spento, aggiungete cumino e coriandolo a piacere (andateci piano però, ché speziano parecchio). Dopodiché. dovrebbe essere abbastanza aromatico e, quindi, non necessitare di ulteriore sale. 13. Lasciate il ripieno a raffreddare fino all’assemblaggio dei samosa in una ciotola coperta. Giugno 2021

18. Riempite ogni quadrato con un cucchiaio abbondante di ripieno (abbondate pure, abbondate pure…)

6. Preparate il vostro mix di spezie: peperoncino e curcuma in questo caso. Tritate finemente lo zenzero.

10. A fuoco bassissimo, iniziate ad aggiungere lo zenzero tritato, il peperoncino e la cipolla.

032

16. Formate dei quadrati di circa 10 cm per lato. Dovranno essere otto.

CONSIGLI ULTERIORI Come potuto notare, i samosa sono pressoché personalizzabili in qualunque modo. Vi abbiamo suggerito anche di usare del brisket avanzato da qualche ricetta, che va in quel caso inserito nel momento in cui andate a rosolare patate e piselli in padella. Si può anche personalizzare la varietà delle verdure desiderate: c’è chi ad esempio offre samosa con ceci e lenticchie, oppure con un bouquet di spezie più forte. Ad esempio, c’è chi aggiunge il famoso garam masala, il miscuglio di spezie indiano formato (tra gli altri) da cardamomo, cumino, cannella, aglio e zenzero adeguatamente tostato e tritato in proporzioni differenti. Se non avete voglia di prepararlo da soli, solitamente è in vendita in bustine nei negozi di alimentari, settore cibo del mondo.


Le zucchine sono zucche piccole, e questa non è una battuta.

ZUCCHINE TONDE DI NIZZA

RIPIENE ALLA LIGURE Nonostante quelli che chiameremo “tipi di zucchine” siano tantissimi, assai differenti tra loro per aspetto e gusto, appartengono (quasi) tutti alla specie Cucurbita pepo dalla tenera polpa. Quelle che noi chiamiamo zucchine, insomma, sono nella maggior parte dei casi Cucurbita pepo, talvolta cucurbita moschata: zucchine, nel vero senso della parola, perché raccolte prima che si facciano grandi (e magari insipide) o perché caratterizzate dalla forma oblunga, magari dal colore verde. Nel vostro supermercato di fiducia probabilmente sono lisce, spesse e di colore verde scuro. Se abitate a Roma è più facile trovarle corte, striate e con un bel fiore all’estremità. Se sei un coltivatore avventuroso infine, nel vostro orto potrebbero inavvertitamente crescere gialle, rugose e di forma bizzarra. I tipi di zucchine sono davvero tanti, ma la sostanza è sempre quella.

4 persone

4 zucchine tonde di Nizza 2 patate una cipolla bianca 100 g di prosciutto cotto un uovo Sal’s Seasoning Montreal Rub q.b. Parmigiano grattugiato q.b. olive taggiasche a piacere pinoli a piacere sale e pepe q.b. un bicchierino da caffè di birra

BBQ4All Magazine

Cucinare con le zucchine è facilissimo, ma per valorizzarle sul serio occorre saperle distinguere. Noi abbiamo catalogato almeno 16 varietà: Ci sono le zucchine tonde semplici da cucinare ripiene, Tonde di Nizza (gusto particolarmente dolce), zucchine di Piacenza (sembrano implorarci di farle ripiene), di Firenze (perfette per un ripieno di riso), ci sono le classiche nere di Milano (molto tenere, perfette anche crude), il Zucchino Romanesco (saltate in padella rendono il massimo), Zucchino ortolano di Faenza (fantastiche per creme vellutate), Zucchine lunghe fiorentine (dal gusto molto saporito, ottime fritte o trifolate), Zucchino Siciliano (consistenza della polpa spugnosa, adatte a stufato o in umido), Zucchina striata di Napoli (perfetta per antipasto o contorno), le bianche di Trieste (sapore delicato, anche cruda o per una crema aromatizzata), Zucchina Pugliese (piena di gusto e versatile), Zucchina trombetta di Albenga (dolcissima, deliziosa a dadini e rosolata), le pâtisson che sembrano dei piccoli dischi volanti (bellissime ripiene o cotte a vapore), Zucchino giallo (polpa estremamente dolce, magnifiche per una vellutata), Zucchino giallo friulano (sapore particolarmente dolce e delicato) e le Crookneck, dall’aspetto vagamente inquietante (molto dolci) Non solo verdi e di forma allungata dunque: il mondo delle zucchine è quanto mai variegato, insomma ad ognuno la sua zucchina.

INGREDIENTI

033


PREPARAZIONE 1. Per prima cosa accendete un letto di braci in modo da porre la cipolla in ember roasting (20/30 minuti rigirandola); stessa sorte per le patate, ma in questo caso avvolgetele in un cartoccio di alluminio ben chiuso con un bicchierino di birra all’interno; passato il tempo (circa mezz’ora) aprite un involucro e testate con uno stecchino se la consistenza è morbida, altrimenti continuate con la cottura. 2. In una casseruola piena di acqua salata andate a portare ad ebollizione le zucchine per circa 15 minuti, facendo attenzione a non farle stracuocere: devono rimanere di una consistenza compatta. Successivamente, con un coltello tagliate il cappello delle zucchine e aiutandovi con un cucchiaino scavate l’interno delle cucurbitacee, mettendo la polpa in una ciotola per il mixer e scolate il liquido in eccesso. 3. Sbucciate le patate e la cipolla, eliminando le parti bruciate. Aggiungete alla polpa delle zucchine le patate, la cipolla, il formaggio grattugiato, il prosciutto tagliato a pezzetti, un cucchiaino di Rub Montreal, sale, pepe, olive e pinoli insieme a un uovo; con il mixer tritate finemente il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo.

Giugno 2021

4. Farcite le zucchine decorandole con dei pinoli e delle olive.

034

5. Settate il dispositivo per una cottura indiretta sui 180°C e cuocete per circa 45 minuti a coperchio chiusi, affumicando leggermente con legno al whisky.


BBQ4All Magazine

035


TORTA SALATA la ricetta del griller perfetto Lunga vita al pasticium: a partire dal XIII secolo che il pane cominciò a riempirsi di ogni sorta d'ingredienti, carne, pesce, ortaggi erbe, uova, formaggi, secondo la stagione e l'offerta del mercato, le possibilità e i gusti di ciascuno, le tradizioni e gli usi locali. Da qui in poi, abbiamo una vastissima letteratura riguardante le torte ripiene, sia dolci che salate. Ci concentreremo, qui, su quest’ultime, gusci ripieni di ogni prelibatezza carnivora e non. Il pasticium in latino sta infatti ad indicare una torta salata ripiena di carne o verdure preparata partendo da farina, acqua e strutto. Bartolomeo Scappi, il più grande cuoco italiano del Rinascimento ha lasciato nel suo ricettario del 1570 una vastissima raccolta, quasi un'antologia di ricette locali. Queste ricette erano diffuse più o meno lungo tutto lo Stivale, con il nome di «torte rustiche» oppure ancora «torte salate ». Volete altri nomi? Pastelli, pasticci, coppi: ogni zona ne aveva uno, insomma. L’anatomia della torta salata non è stata sempre uguale nel tempo. Nel Medioevo la crosta esterna si preferiva dura e non veniva mangiata; più tardi la si rese commestibile, usando diversi tipi di impasti per realizzare la pasta delle torte salate in base alle tradizioni regionali.

Giugno 2021

Ad oggi, esistono diversi “impasti” che fungono da ottimi involucri per i ripieni delle nostre torte salate: la pasta matta, la pasta brisée, la pasta sfoglia e la pasta frolla, le potete fare da voi oppure trovarne già pronte e con diverse qualità di farine e forme.

036

Generalmente, la torta salata può costituire un piatto unico in quanto è completa di ogni nutrimento. Di solito, però, viene servita come antipasto o contorno durante un buffet o una cena in compagnia. Quante volte uno “spicchio” di torta salata ci ha salvato la giornata fuori, la gita al mare, il picnic improvvisato? E ancora, grazie alla loro versatilità, costituiscono un salva cena quando non si sa bene come impiegare un certo ingrediente o cosa preparare in tempi ristretti, in definitiva è un piatto versatile e possiamo farcirla come più ci fa piacere. C’è la versione foodporn della torta salata, quella bon ton e poi c’è la torta salata del griller: l’ingrediente principale sarà un bel mix di carne dal nostro Megastore.

INGREDIENTI 4 persone

1 rotolo di pasta sfoglia tonda 600 g di mix di carne: 1 Burger Blue OX, 2 Chorizo Casero, 1 Pork Sausage Cheddar Jalapeno. 25 listelli sottili di speck 250 g di prosciutto cotto affumicato una scamorza affumicata 4 peperoni una cipolla 4 zucchine 2 patate un mazzetto di asparagina un uovo 2 cucchiai di salsa BBQ 3 cucchiai di pangrattato 1 cucchiaio di Sal’s Seasoning Rub Mount Nimba sale q.b. un cucchiaino di birra un cucchiaino di aceto di mele un cucchiaino di Brandy


BBQ4All Magazine

037


PREPARAZIONE 1. Per prima cosa prendete le verdure e andatele a cuocere in ember roasting (direttamente sulle braci accese): i peperoni e la cipolla così come sono, le patate in cartocci di alluminio con birra all’interno, le zucchine in cartocci di alluminio con aceto di mele all’interno, gli asparagi in cartoccio di alluminio con Brandy all’interno. 2. Pulite le verdure, utilizzando ovviamente solo le parti non bruciate. 3. Mettete in un mixer le zucchine e le patate a pezzetti, il prosciutto, un po’ di cipolla qualche asparago e il peperone, il rub tostato nel pangrattato e l’uovo: tritate finemente fino ad ottenere un composto omogeneo.

Giugno 2021

4. Adagiate la pasta sfoglia sulla padella da grill (chiamata anche bastarda) in ghisa e aggiustatela per bene; prendete le fette di speck e

038

mettetele tutto in torno ai bordi della padella, lasciandole sbordare quanto basta per riuscire a richiuderle sul ripieno. Mettete all’interno il mix di carne macinata, create sopra uno strato di peperoni, fette di cipolla e asparagi. 5. Versate sopra a tutto la crema di verdure e concludete con dei pezzi di scamorza affumicata. 6. Ripiegate le fette di speck verso il centro in modo da ricoprire il ripieno della vostra torta, chiudete i bordi della pasta sfoglia e spennellate lo speck con la salsa BBQ. 7. Settate il dispositivo per una cottura indiretta ad una temperatura di 180°C, posizionate la padella e affumicate per i primi minuti con legno di faggio, chiudendo il coperchio del dispositivo. Dopo circa 45 minuti la vostra torta salata sarà pronta e potrete servirla ai vostri ospiti.


Sapore di mare, sapore di Rosso

DA MAZARA

TAGLIATELLE DI GAMBERO INGREDIENTI 4 persone

Per l’Assoluto di Gambero due cucchiai di trito di sedano, carote e cipolle due cucchiai di olio extravergine di oliva le teste e i carapaci dei Gamberi Rossi di Mazara mezzo bicchiere di cognac mezzo cucchiaio di concentrato di pomodoro mezzo lime abbondante ghiaccio Per le tagliatelle mezzo kg di pasta di semola di grano duro 5 uova 250 g di polvere di gambero Per finire un cucchiaio o due di Assoluto di Gambero 300 g di burro la scorza di un limone sale e pepe q.b.

Parliamo ancora di tagliatelle, che ultimamente sono molto amate dallo Zio. E’ facile infatti arrivare a casa sua ed essere accolti da un Gianfranco sorridente – credeteci, è così- intento a sperimentare, impastare, tirare e stendere kg e kg di pasta. Oggi, dunque, siamo qui a parlarvi di un nuovo, felice e riuscito esperimento: le tagliatelle di Gambero Rosso di Mazara del Vallo. Occhio ai dettagli e soprattutto alle preposizioni: non al, ma di. Vi abbiamo illustrato più volte quanto il nostro amatissimo amico crostaceo mazarese sia un cibo prelibato di cui non si butta via praticamente nulla, ma stavolta andiamo oltre, facendovi vedere come poter usare lo scarto dello scarto. Allo Zio l’idea è venuta perché voleva esaltare il sapore inconfondibile del Gambero Rosso in un primo piatto che fosse condito con pochissimi ingredienti: solo burro, al massimo un cucchiaio di bisque, per portare in tavola una preparazione gourmet e raffinata, bella da vedere, essenziale e al tempo stesso perfettamente rotonda e appagante. Una bella mattina, quindi, Gianfranco Lo Cascio ha preso ciò che rimaneva dei gamberi dopo la bisque (che vi ricordiamo noi abbiamo chiamato Assoluto) e ha pensato bene di seccare nel forno tutti gli scarti; successivamente li ha resi una polvere e con quella ha realizzato delle tagliatelle. La delegazione del BBQ4All Magazine era presente all’assaggio. Già solo il colore era uno spettacolo per gli occhi. Il sapore, indescrivibile. Come se il mare avesse vivesse in una tagliatella. Non vi aspettate un sapore esplosivo, di quelli che detonano in bocca, quanto piuttosto un gusto delicato che si rivela piano piano e a ogni boccone si intensifica. Probabilmente troverete un po’ di difficoltà nel lavorare la pasta, poiché la polvere la renderà meno elastica di ciò che vi aspettate e dovrete ripassarla più volte nella sfogliatrice. Non demordete, e otterrete delle tagliatelle uniche sia nell’aspetto che nel sapore. Nel frattempo tenete a portata di mano il vostro Assoluto di Gambero Rosso, il burro e l’immancabile limone. Vi ritroverete la Sicilia nel piatto, prima, nel cuore e nei ricordi, dopo. Come è successo a noi. Non provateci con un altro tipo di gambero: non avrebbe senso.

BBQ4All Magazine 039


040

Giugno 2021


PREPARAZIONE 1. Pulite i gamberi e tenete da parte le teste e i carapaci; a questo punto potete cominciare a preparare la bisque che noi abbiamo chiamato Assoluto di Gamberi (il procedimento dettagliato è riportato nel numero di Dicembre 2019 del BBQ4All Magazine); 2. In una padella, fate soffriggere il trito di verdure e poi spadellate tutte le rimanenze dei gamberi a fiamma alta. Sfumate col cognac. 3. Evaporato l’alcol, aggiungete il concentrato di pomodoro, la spremuta di mezzo lime e il ghiaccio, in modo che i carapaci e le teste non si brucino in cottura; 4. Fate ridurre il tutto, frullatelo con un mixer a immersione e filtratelo con un colino cinese, ottenendo un concentrato molto denso. 5. Prendete le parti solide della rimanenza della bisque, schiacciatele e mettetele in forno ad asciugare a una temperatura di circa 70°C, in modalità ventilata. Quando tutto sarà perfettamente secco, riducetelo ad una polvere, macinandolo. 6. Formate la fontana con la farina su una spianatoia e aggiungete la polvere di gambero

e le uova. Cominciate a lavorare l’impasto e poi formate una pallina, copritela con pellicola trasparente e fatela riposare per mezz’ora in un luogo asciutto. 7. Tirate la pasta con la sfogliatrice; probabilmente serviranno più passaggi affinché le sfoglie raggiungano la consistenza adatta per formare le tagliatelle. Le sfoglie alla fine dovranno avere circa 1,5 mm di spessore. A questo punto tagliatele per formare le tagliatelle, che dovranno essere alte circa 5 mm. Mettetele infine ad asciugare su uno stendipasta in modo che non si sovrappongano tra loro. 8. In una padella scaldate il burro, aggiungete l’assoluto di gamberi e nel frattempo fate cuocere le tagliatell in abbondante acqua salata, tenendovi poi da parte un po’ dell’acqua di cottura. 9. Fate saltare le tagliatelle nel burro e nella bisque, rigirandole con energia e eventualmente aggiungendo un poco d’acqua di cottura. Aggiustate di sale e di pepe, completate con una generosa grattugiata di scorza di limone e servite.

BBQ4All Magazine 041


Love me tender... loin

LOMO AL TRAPO

TENEREZZA SOTTO LA CROSTA Viene presentata ufficialmente come una ricetta colombiana ma, in realtà, facendo qualche breve ricerca l’origine del lomo al trapo non è così certa. C’è chi dice Colombia, chi Argentina, chi Uruguay. Sappiamo comunque, di sicuro, che si tratta di una preparazione tipica dell’America latina. Il nome, letteralmente, significa filetto alla stoffa, e già da questo si capisce più o meno dove si vada a parare: un pezzo di ciccia, tendenzialmente il filetto, condito con pochi ingredienti (sale e qualche spezia) poi avvolto dalla pezza di cotone dentro la quale viene cucinato. Va messo a contatto diretto con le braci, e i cuochi latinoamericani non transigono su questo: dimenticatevi di poterlo fare nel forno, o sul gas! tuonano- perché la stoffa di cotone deve bruciarsi e il sale deve formare una crosta.

Giugno 2021

No, se vi state preoccupando che il vostro panno di cotone prenda fuoco, state tranquilli: prima di avvolgere la carne nella stoffa, quest’ultima deve essere inumidita, in modo che si annerisca senza fare fiammate. La carne comunque sarà protetta all’interno sia dal cotone che dallo strato di sale, quindi non avete di che preoccuparvi.

042

COSA VI SERVE? In realtà, sia gli ingredienti che gli accessori per questa ricetta sono davvero ridotti; tuttavia la sua preparazione è scenografica e fa sempre un certo effetto sui commensali. Procuratevi un bel pezzo di ciccia che sia di ottima qualità. Ok, dai, sappiamo già dove

potete trovarlo. Noi abbiamo optato per un Filetto irlandese Emerald Green Crossbreed del Megastore. Conosciuto anche come tenderloin o grande psoas, poggia sul quarto posteriore dell’animale, è tenero e saporito, anche grazie perché si tratta di un muscolo che rimane totalmente a riposo, conferendo alla carne una morbidezza estrema. Dopo aver quindi deciso quale sarà il tipo di ciccia che finirà sulle braci, dovete procurarvi una tela di cotone abbastanza grande da avvolgere il Tenderloin, il sale grosso e una sonda. Praticamente il gioco è fatto. CHE FINE FA LA REAZIONE DI MAILLARD? Stiamo parlando di un pezzo di carne avvolto nel sale e successivamente nella tela di cotone: probabilmente vi starete chiedendo cosa succeda alla tanto agognata crosticina della quale vi abbiamo parlato fino allo sfinimento. Nella ricetta originale non è presente, come probabilmente avrete intuito: una volta cotto, il filetto viene tolto dalla crosta e affettato subito. Sappiamo che vi stiamo chiedendo molto, ma in questo caso dimenticatevi la Maillard e cercate di accettare lo strato di mouse ring (lo strato di carne grigia intorno al cuore rosato) che molto probabilmente avrete. Abbiamo deciso di cuocerlo come tradizione latinoamericana comanda e quindi ce ne siamo proprio fregati. E poi magari, chissà, abbiamo lanciato il guanto di sfida al nostro Zio, che forse in futuro tirerà fuori dal cappello una delle sue ricette scientifiche per insegnarci come fare un perfetto lomo al trapo.

INGREDIENTI 4 persone

Filetto Irlanda Emerald Green Crossbreed da circa 1,5 kg sale grosso q.b. 1 litro di vino bianco o di birra origano a piacere un pezzo di stoffa (cotone) abbastanza grande per poter avvolgere il filetto spago da cucina


BBQ4All Magazine

043


PREPARAZIONE 1. Cospargete il filetto di sale grosso e origano, in modo da formare uno strato uniforme. 2. Bagnate bene il pezzo di stoffa nel vino o nella birra (o se volete va bene anche la sola acqua), strizzatelo bene e poi avvolgetelo intorno alla carne legando il tutto con lo spago da cucina, bagnato anch’esso nel liquido scelto.

Giugno 2021

3. Accedente il carbone nel vostro dispositivo e poi appoggiate il vostro fagotto direttamente sulle braci: abbiate cura di rilevare la temperatura al cuore della carne, servendovi di un termometro a sonda. Rompete la stoffa e infilzate la ciccia. C’è chi dice che si possa andare anche “a braccio”, senza usare il termometro visto che la carne è avvolta dalla pezza: leggenda vuole che ci

044

vogliano circa 20 minuti per ogni kg di carne (10 per lato) ma come abbiamo detto siamo nella sfera delle leggende e non delle notizie certe. 4. Dopo qualche minuto, quando vedrete che il panno a contatto con le braci si è completamente annerito, girate il fagotto dalla parte opposta: continuate la cottura fino a quando non avrete raggiunto i 55° al cuore (non superateli se siete amanti della ciccia cotta bene e non ben cotta!) 5. Togliete dal fuoco il fagotto, liberate il filetto dal panno di cotone e poi rompete la crosta di sale. 6. Affettate la carne e gustatevi questa preparazione così affascinante e scenografica. Potete servirla con una salsa piccante, con una chimichurri o con delle semplici patate.


Un porco al cuore

COXINHA Vengono presentati spesso come gli arancini brasiliani (sulla diatriba arancino-arancina ci siamo espressi in passato, quindi sarebbe più giusto dire le arancine brasiliane, ma non saremo così puntigliosi): si tratta della coxinha, un tipico antipasto del Brasile che, data la forma, ricorda una coscina di pollo. Popolarissimo, gustosissimo, frittissimo, questo piatto è realizzato di solito proprio con la carne economica del pennuto che ben conosciamo. Alcuni storici datano la nascita della coxinha de frango nel diciannovesimo secolo, durante l’industrializzazione di San Paolo: sarebbe nata per essere consumata e servita come alternativa più economica delle cosce di pollo. Secondo altri, invece, questi simil-arancini sarebbero nati da un capriccio del piccolo erede al trono della famiglia reale brasiliana, che voleva mangiare le cosce di pollo anche quando non erano disponibili: il cuoco di corte avrebbe studiato questo piccolo inganno per far felice il pargolo pretenzioso. Come ogni preparazione al mondo, anche questa conosce delle varianti: preparata di solito farcendo con un ripieno di carne e verdure una pasta a base di burro, farina e uova che poi viene passata in pastella e fritta, in realtà può contenere, oltre alla carne di pollo, anche altri ingredienti come patate, piselli, funghi e talora formaggio cremoso. Sorvoliamo sulla versione vegetariana (non è un posto per veg, questo Magazine) e concentriamoci su quella in stile BBQ4All. Abbiamo parlato spesso di pulled pork, sia qui che sulla Community Facebook, che su nostro sito. Sappiamo ormai tutto di lui: da dove nasce, quali siano i parametri per farne uno perfetto; conosciamo tutti i passaggi per cuocerlo alla perfezione e per servirlo succoso e morbidissimo.

BBQ4All Magazine

Ma sappiamo anche quanto tempo serva per cucinarlo. Parliamo di una decina di ore. Spesso è un’occasione di divertimento estremo, da condividere con gli amici, ma anche di sfida con se stessi alla ricerca della perfomance sempre più professionale in griglia.

045


046

Giugno 2021


Eppure molte volte, complice la vita frenetica, ci ritroviamo con una voglia pazza di pulled pork senza avere il tempo di poterlo preparare. Le soluzioni a quel punto sono due: dobbiamo sperare che, ravanando nel freezer riusciamo a riesumare qualche porzione avanzata che avevamo messo da parte, oppure acquistare un prodotto già pronto. Il problema di questo tipo di prodotto, però, è che spesso è deludente: ti ritrovi nel piatto o nel panino una pappetta insapore che ha solo un vago, vaghissimo, ricordo del pulled pork spaziale che sei abituato a mangiare. Ebbene: noi abbiamo la soluzione spaziale e comoda: il pulled pork già pullato. Di cosa si tratta? Sono strisce da tre buste termoformate da due porzioni, per rendervi la vita davvero semplice semplice. Basta prendere un pentola con acqua fredda, infilarci dentro la busta con tutta la plastica, portare il tutto a bollore e segnere il fuoco non appena inizia a bollire. A quel punto basta aprire la busta "apri" ed è già pronto da mangiare, oppure da utilizzare come in questo caso per una ricetta super gustosa. Fidatevi, è – davvero - spaziale. Ne diventerete dipendenti. Adesso non ci resta che preparare insieme queste coscine di porco, totalmente a modo nostro!

INGREDIENTI 4 persone

una busta da 300 g di Smoked Pulled Pork del Megastore uno spicchio d’aglio olio extravergine di oliva q.b. 40 g di cipolla 60 g di passata di pomodoro prezzemolo tritato q.b. sale q.b. per l’impasto brodo vegetale 500 g 300 g di farina 80 g di burro sale q.b. per friggere

olio di semi di arachide q.b.

1. In un tegame versate due cucchiai di olio extravergine di oliva, aggiungete 40 g di cipolla tritata e lo spicchio di aglio tritato. Lasciate rosolare per cinque minuti poi aggiungete il pulled pork, il prezzemolo e la passata di pomodoro; fate cuocere per altri cinque minuti. Aggiustate eventualmente di sale e lasciate raffreddare. 2. In un tegame versate il brodo vegetale e aggiungete il burro, poi portate a bollore; quando compariranno le prime bollicine aggiungete la farina a pioggia mescolando energicamente con una frusta fino a ottenere un composto molto denso; continuate a mescolare per far asciugare un po’ l’impasto. A questo punto versate il composto su una spianatoia, appiattitelo, copritelo con la pellicola trasparente a contatto e lasciatelo raffreddare. 3. Tirate il composto col matterello fino a uno spessore di mezzo cm e tagliatelo con un coppapasta circolare del diametro di circa 8 cm, per ottenere circa 30 g di impasto a disco. 4. Schiacciate con le mani l’impasto per allargarlo un po’ e mettete all’interno un cucchiaio di ripieno, poi richiudete la pasta dandole una forma a goccia. Procedete così fino a terminare gli ingredienti. 5. Passate ogni pezzo nell’uovo sbattuto e poi ricopritelo di pangrattato, procedendo allo stesso modo per impanarli tutti. 6. Scaldate l’olio di arachide fino a una temperatura di 175°C, poi immergetevi 2-3 coxinhas alla volta e friggetele fino ad avere una bella doratura; scolatele su dei fogli di carta assorbente da cucina e gustatele ancora calde.

BBQ4All Magazine

2 uova medie pangrattato q.b.

PREPARAZIONE

047


Buttati, che è goduriosa!

SEVEN LAYERS SALAD SETTE STRATI DI PURO PIACERE

Leggi insalata e pensi a una punizione. Cosa ho fatto di male per meritarmela? Non negate, perché lo sappiamo che è così per tutti, o almeno per tutti voi lettori di questo Magazine. Non a caso, anche cercando in rete qualche informazione su questa "insalata sette strati", troverete tutti gli aggettivi che devono per forza essere usati quando si nominano le insalate: è fresca, è leggera. Ideale per un pranzo veloce, non appesantisce.

Giugno 2021

Poi però vai a leggere gli ingredienti: iceberg, pomodori, cipolle, piselli, uova sode, formaggio cheddar e bacon. Il tutto condito ovviamente da salse di vario tipo, come la ranch, ma anche da salse a base di yogurt o di panna acida, insieme all’immancabile maionese. Insomma, non sappiamo cosa ne pensiate voi, ma noi la definiremmo proprio dietetica. D’altronde, non dimentichiamoci che l’origine è statunitense e, anche se i tempi moderni ci imporrebbero di stare attenti agli stereotipi, non dovrebbe ssere un considerato un crimine affermare che molte delle ricette provenienti dagli USA siano caloriche e goduriose.

048

Alcune fonti dicono che questa preparazione - negli anni Cinquanta del secolo scorso - abbia contribuito alla pessima reputazione delle insalate; in pratica, sarebbe successo l’esatto contrario di ciò che abbiamo dichiarato a inizio articolo: dicevi salad e la gente pensava ommioddio,

no grazie devo stare attento alla salute e alla linea! In ogni caso, vi abbiamo spiegato il motivo per cui la Seven Layers Salad, ben lontana dalla tristezza che spesso aleggia sulle insalate a cui siamo abituati, si è conquistata il diritto di entrare nel nostro BBQ4All Magazine (ma non lo dite allo zio, che odia i piselli!). Servita spesso come accompagnamento di altre preparazioni, spesso bbq, è ideale per essere consumata nei picnic o in spiaggia, e può anche essere considerata un piatto unico, specie da noi italiani con stomaci un po’ meno “a prova di bisonte” rispetto a quelli americani. Ovviamente nel corso degli anni sono nate numerose varianti, che devono però rispettare due parametri fondamentali: la struttura “alta”, che prevede ingredienti impilati in modo che si vedano bene i sette piani, e il colore variegato. Ed ecco dunque che sono nate anche insalate sette strati più salutari, dove la frutta esotica ha sostituito la pancetta e il cheddar, in cui le salse sono state sostuite da vinaigrette, il bacon con il polli, il tonno o i gamberetti. Alcuni la servono dentro alle tortillas in stile tex mex, aggiungendo anche fagioli neri, ceci e peperoni. In effetti, si presta ad essere manipolata un po’ a nostro piacimento. Noi vi daremo la versione originale, ma voi consideratela una base di partenza per elaborarla a seconda di cosa vi suggeriranno la vostra fantasia e il vostro gusto.


BBQ4All Magazine

049


PREPARAZIONE

1. Preparate il vostro dispositivo per una cottura diretta a fuoco abbastanza alto; grigliate le fette di bacon direttamente sulla grigia oppure appoggiando utiizzando una piasta in ghisa, senza aggiungere grassi. Quando le fette saranno diventate croccanti, spezzettatele grossolanamente e tenetele da parte. 2. Fate rassodare le uova in un pentolino, fatele raffreddare, sgisciatele e taglietele a spicchi, condendole con un pizzico di sale.

3. Lavate, asciugate e affettate l’iceberg, affettate le cipolle, lessate i piselli in acqua e sale, affetate i pomodori in fettine abbastamza sottili, che poi condirete con un po’ di sale di olio extravergine di oliva. Riducete le fette di cheddar in listarelle. 4. Tenete tutto da parte e preparate la salsa ranch, partendo da un ingredeinte fondamentale, il latticello: mescolate 60 g di yogurt col latte

INGREDIENTI 4 persone

per l’insalata 300 g di bacon a fette spesse 4 uova un cesto di insalata iceberg 200 g di piselli piccoli 200 g di cheddar a fette sale e pepe q.b. olio extravergine di oliva q.b. il succo di un limone due cipolle rosse tre pomodori da insalata di media grandezza per la salsa ranch: 120 g di yogurt bianco 60 g di latte scremato un cucchiaino di succo di limone 120 g di maionese un cucchiaino di aceto di mele un cucchiaino di prezzemolo tritato, un cucchiaino di erba cipollina, mezzo cucchiaino di aglio in polvere mezza cipolla sale q.b. Giugno 2021

pepe e origano a piacere

050

scremato e col succo di limone. Lasciate che gli ingredeiti si amalgamino bene tra loro e lasciate riposare il tutto il frigo per circa mezz’ora.

5. Tritate la cipolla finemente e fate lo stesso con l’erba cipollina e il prezzemolo. 6. Mescolate lo yogurt con la maionese, il latticello che avete preparato, la cipolla, l’aglio in polvere, le erbette, l’aceto, il sale, il pepe e l’origano. Lasciate riposare la salsa in frigo per qualche ora. 7. Componete quindi la vostra insalata: in una ciotola di vetro molto capiente, distribuite sul fondo i pomodori conditi, poi i pisellini, il cheddar, l’iceberg condita con un’emulsione di olio, sale e limone, la cipolla, il bacon e le uova. Una bella grattugiata di pepe e l’insalata è pronta per essere servita con una generosa colata di salsa ranch.


o t lge a

Il

un lusso democratico per tutti Pensateci bene, avete mai chiesto a un amico, a un familiare o a una persona conosciuta da poco “Ti piace il gelato?”

BBQ4All Magazine

E’ una domanda strana da fare, è la domanda che non si fa mai. Solitamente si chiede “andiamo a prendere un gelato?”, perché è veramente raro conoscere una persona che non lo mangia, possono non piacere alcuni gusti, si può preferire una gelateria a un’altra, ma è impossibile non amarlo.

051


Per i numerosi sapori proposti e le varietà (sempre più presenti oggi), senza glutine, senza lattosio, senza zucchero e vegane: il gelato è il dolce che mette d’accordo tutti. In media in Italia ne consumiamo all’anno quasi 10 kg a testa (6,4 kg artigianale/3,6Kg industriale). Infatti da Nord a Sud, dalla grande metropoli al piccolo borgo non esiste centro abitato sprovvisto di rivenditori (bar, alimentari, supermercati) del prodotto confezionato e di gelaterie artigianali. La differenza più grande tra il gelato industriale e il gelato artigianale oltre gli ingredienti usati, l’aspetto estetico (che per il primo è rimasto è più o meno immutato cono o coppetta con ciuffo di panna incoronato da una cialdina, mentre per il secondo varia a seconda dei dettami della moda), è a livello tecnico: l’aria presente nel prodotto. Infatti, la versione commerciale ne contiene in media tra un +50% fino ad arrivare a un più +200%, quindi una vaschetta da un litro contiene circa 300 grammi di gelato, mentre nell’altra versione l’aria contenuta all’interno dell’alimento oscilla tra un 25-30%, perciò una vaschetta da un litro contiene un buob 700-800 grammi di prodotto.

Giugno 2021

Il gelato nell’età contemporanea è diventato un bene accessibile a tutti, disponibile tutto l’anno ( la filiera industriale ha contribuito molto a tutto ciò), anche se i periodi di maggior consumo rimangono la primavera e l’estate. In special modo, durante la calura estiva è buono sempre a colazione, pranzo, merenda e cena. Perché ci concede quei 10 minuti di pausa dall’afa. Qualità molto apprezzata anche dai turisti che torneranno ad riempire le nostre città e spiagge.

052

La fresca golosità è l’evoluzione di un’antica squisitezza (ghiaccio, miele e frutta), risalente al 300 a.C. apprezzata dai greci e dai romani, riportata in auge nel Medioevo dai saraceni sbarcati in Sicilia nella forma del sorbetto ( la ricetta è presente numero 26 del Magazine). Il sorbetto era una prelibatezza riservata ai ricchi vista la limitata quantità di ghiaccio disponibile per tutto l’anno, infatti dal XII secolo divenne una portata immancabile nei banchetti dei signori. Il gelato moderno nasce a Firenze presso la corte medicea nel ‘500 dove si distinsero due sorbettieri: il Ruggeri e il Buontalenti. Il Ruggeri era un umile pollaiolo vincitore del concorso (indetto dalla futura regina di Francia Caterina de’

Medici), “Il piatto singolare che si sia mai visto” presentando un “dolcetto gelato”: un nuovo sorbetto con acqua zucchero e frutta. La preparazione fu talmente apprezzata dalla nobildonna che nel 1533 lo reclutò nella squadra di cuochi da portare con sé in Francia presso la sua nuova corte. Qui il Ruggeri conobbe un grande successo pari alle malversazioni subite dagli chef francesi. Dopo un agguato in cui prese una scarica di legnate, decise di regalare la ricetta alla regina e di tornare a Firenze, nella speranza di essere dimenticato velocemente. Bernardo Buontalenti era un uomo di cultura allievo del Vasari (pittore, architetto e storico dell’arte nel ‘500). Alla corte della famiglia Medici era un architetto, un ingegnere e uno scenografo a cui la Famiglia aveva affidato l’incarico di organizzare gli eventi. I banchetti erano una dimostrazione garbata della propria potenza agli ospiti, ogni aspetto dalla presentazione delle portate, alla musica e alla scenografia avevano l’unico obbiettivo di lasciare a bocca aperta i commensali. In particolar modo, per la visita della delegazione spagnola gli fu chiesto di organizzare un banchetto indimenticabile. Per l’occasione ideò una crema a base uova, latte miele e vino, gettando le basi del gelato moderno: per la prima volta si raffreddano le materie grasse. Nasce la crema fiorentina battezzata Buontalenti in onore del suo ideatore, ancora oggi presente nelle gelaterie della città. Esistono anche altre figure importanti nella storia del gelato, come Francesco Procopio e Francesco Lenzi. Il primo aprì a Parigi nel 1686 il Café Procope frequentato da molti artisti (Voltaire, Victor Hugo, Balzac, Diderot) diffondendo al di fuori della penisola migliorandola l’arte della sorbetteria siciliana; il secondo Filippo Lenzi contribuì all’esportazione nel nuovo mondo della fredda bontà aprendo nel 1777 a New York la prima gelateria. Dopo tutto questo parlare penso sia chiarissimo che il gelato è una golosità tutta italiana. E’ un baluardo della nostra tradizione culinaria nel mondo ed è molto amato al pari della pizza e degli spaghetti al pomodoro. Quando i turisti vengono a visitare il “bel paese” oltre a fare un giro in gondola, gettare una monetina nella fontana di Trevi, fare una foto accanto alla torre pendente mentre la sorreggono con un dito la torre, vogliono soprattutto gustare le specialità tanto decantate.


BBQ4All Magazine

053


Lo stesso presidente americano Bill Clinton chiese di assaggiare pizza, pasta e gelato, durante il G7 del 1994 a Napoli. Nel corso degli anni i turisti di ogni nazionalità hanno contribuito in maniera consistente al consumo del gelato. Tant’ è che per soddisfare la domanda soprattutto nelle mete turistiche è stato tutto un fiorire di gelaterie, portando alla nascita del “finto gelato artigianale” di cui non sono vittime solo gli stranieri di passaggio, ma anche noi abitanti del luogo.

Giugno 2021

Ebbene sì, esiste il vero gelato artigianale e quello che sembra ma non lo è. Per comprendere al meglio questa differenza abbiamo fatto qualche domanda a Beppe Flamigo del brand Don Peppinu - Gelato Originale Siciliano e componente del direttivo dell’Associazione Gelatieri per il gelato. Beppe ci fa una panoramica completa sulle criticità e sui punti di forza del mondo del gelato italiano. "Tutto sembra dipendere dalla mancata regolamentazione dell’alimento. Nonostante la produzione di gelato incida fortemente sulla nostra economia ancora non è stato sancito a livello ministeriale (come nel caso del panettone e del cioccolato puro), quali ingredienti possono essere usati e in quale percentuali e quali elementi non devono essere assolutamente presenti per poter definire artigianale il gelato. Quando le gelaterie erano poche se non rare e il gelato si mangiava solo la domenica pomeriggio o in occasioni speciali, il gelatiere come tutti gli artigiani andava a recuperare le materie prime da usare latte, uova, panna il gusto aromatizzante.

054

Oggi a quanto sembra la maggioranza delle gelaterie non segue più questa procedura, perché sono diventate la lunga mano dell’industria. Ovvero realizzano il gelato con i semi-lavorati industriali (un mix di polveri): aprono una busta e mischiano il contenuto nell’ acqua o nel latte. Quindi solo perché usano macchinari professionali si definiscono artigiani del gelato anche se non lo sono. In realtà tutto questo dipende molto dal fatto che in Italia (detto in parole povere), se una ditta non supera un tot di dipendenti (per alcuni settori come quello alimentare), fa parte dell’artigianato e di conseguenza il suo prodotto è definito tale.

Perciò come si può capire se un gelato è artigianale oppure no? Il colore può essere un indicatore perché in natura non esistono i colori fluo, accessi; la presenza di alcuni gusti nel banco frigo di derivazione industriale (Kinder, Ferrero) potrebbero indicare l’utilizzo di semilavorati anche per gli altri sapori esposti. Un altro parametro molto utile per capire a cosa siamo davanti è il libro degli ingredienti. Per legge tutte le attività alimentari devono esporlo e renderlo fruibile ai clienti, nelle gelaterie si trova raramente. Chi lo espone vuole dimostrare che lavora nella correttezza delle norme, ma soprattutto vuole mostrare l’alta qualità e la genuinità delle materie prime usate nel suo laboratorio. Se un gusto è composto da 20/30 ingredienti potete essere sicuri che sono tati usati i semilavorati. Per esempio, il fior di latte fatto dal principio alla fine senza aiutini è composto da 4 o 5 ingredienti fino a un massimo di9. Inoltre, il vero gelato artigianale non deve contenere né aromi, né coloranti perché non ha senso usare ingredienti freschi come il latte e la panna per mixarli con elementi pronti. Un altro campanello d’allarme è la presenza dei grassi idrogenati. Un’altra grande truffa in queste luoghi è la panna, perché molto spesso non è animale ma vegetale. Quindi creata montando una miscela di grassi vegetali, zuccheri e altri elementi, totalmente priva di un grammo di latte. Per tagliare la testa la toro è semplice capire se un gelatiere è un vero artigiano o no, portateli una cassettina di frutta e chiedeteli di trasformarlo in gelato. Un vero artigiano vi dirà di sì senza nessun problema. Negli anni 2000 in Italia è approdata un gelateria famosa per il suo gelato cremoso che fu vista da molti come il male in terra; in realtà nonostante appartenesse al settore industriale, rispetto alle finte gelaterie artigianali produce il suo gelato dall’inizio alla fine con una lavorazione genuina delle materie prime. Il gelato artigianale è un prodotto molto semplice ma al contempo molto complesso che richiede una bilanciatura perfetta tra gli ingredienti secchi e liquidi e altri parametri come la tecnologia


del controllo del freddo e delle curve trioscopiche, quindi a differenza di altre preparazioni è impossibile riprodurre una migliore versione a casa migliore della gelateria come invece accade in altri ambiti della cucina un esempio è la cottura della carne. Una gelatiera professionale costa circa 70.000 euro e non ha niente a che fare con le varie gelatiere casalinghe in vendita sul mercato, perché non riusciranno mai a riprodurre la cremosità e la setosità tipica di questo alimento. Ma se in casa avete una gelateria e volete provare a fare un buon gelato ecco a voi una ricetta facile per voi."

INGREDIENTI 680 ml di latte fresco intero / 100 g di pasta di pistacchio / 2 g di sale / 190 g di zucchero di canna / 5 g di farina di semi di carrube PREPARAZIONE:

BBQ4All Magazine

1. Sciogliamo a freddo lo zucchero nel latte 2. Accendiamo la gelateria e versiamo il liquido nella gelateria 3. Dopo pochi minuti inserite il pizzico di sale 4. Quando il latte inizia a montare inserire la granella di pistacchio. 5. Lasciate lavorare la macchina per una ventina di minuti 6. Dopodiché servite il gelato in coppette e servitelo o riponetelo nel congelatore.

055


L'Arte Bianca a cura di Alessandro Trezzi illustrazioni di Ozzy Bellesi

n a an

Giugno 2021

Il

056


O

rmai le pagine dedicate all’Arte Bianca del nostro Magazine hanno un rito solenne: di tanto in tanto spunta un nuovo, entusiasmante e goliardico esemplare di pane basso. Se non siete nuovi sapete quanto adori questa tipologia, principalmente per la sua incredibile capacità di unire tutto il mondo con acqua e farina. Girando in lungo e in largo per i vari continenti, è possibile trovare gemelli diversi di pane basso, uno più curioso ed interessante dell’altro, legato indissolubilmente dalle tradizioni del luogo e adattatosi per coesistere insieme a succulente farciture. Il protagonista dell’articolo di oggi è il naan, una specialità che ho avuto l’onore di conoscere grazie ad alcuni colleghi indiani e a non poche cene tipiche. Ve lo assicuro, mi ha stregato a tal punto da obbligare il mio spirito Nerd a svilupparne una versione totalmente adattata, scientifica e come mio solito replicabile in contesto domestico, standardizzata, fortemente ripetibile ma soprattutto divertente e buona a livelli cosmici. Curiosi di scoprirla? Benissimo, facciamo questo fanatico viaggio verso l’Estremo Oriente!

Storia e definizione Il naan viene menzionato per la prima volta nel 1300 a.C. dal poeta e musico indiano Amir Khusrow, ma le sue origini sono senz’altro più antiche e collegate all’arrivo del lievito in India dall’Egitto. Per quanto in persiano antico la parola “naan” si riferisse al generico pane, oggi con il termine intendiamo una specifica tipologia, nata tra l’India e il Pakistan per poi diffondersi in svariate regioni dell’Asia e nel Golfo Persico grazie ai flussi migratori. Di norma si tratta di un panificato preparato con farina, acqua, yogurt, lievito e sale, lasciato lievitare e cotto nel tradizionale tandoor, l’antichissimo forno indiano ispirato probabilmente ai modelli egiziani; un mostro infernale, composto da una campana rovesciata e un cilindro di argilla, alimentato a carbone o a legna, e che può raggiungere temperature di oltre 480°C.

La versione nerd Viaggiando insieme nella magica India e conoscendo lo storico naan avrete certamente identificato i primi problemi dovuti ad un’eventuale replica casalinga. Anzitutto lo strumento dedicato alla cottura, non solo per la temperatura in sé ma per la particolare distribuzione di calore che consente una resa perfetta del panificato. Secondo, parliamo di una terra dove si lavora di norma con le materie prime immediatamente reperibili, e il concetto di “lavorare a occhio” è portato all’estremo; trovare un metodo empirico su cui basare una replica non è complicato, è a dir poco impossibile. Dal canto mio quindi, l’unico modo per cominciare la pratica di “nerdizzazione” di una ricetta inesistente è stato quello di assaggiarlo una volta prodotto dalle mani di tradizionalisti fidati, per comprenderne al meglio le caratteristiche e le possibilità di evoluzione. Sarà diretto, il naan è un grandissimo prodotto, che soffre tuttavia di un problema evidente: la cottura a 480°C in un tandoor è difficilissima da standardizzare, e spesso alcuni dei prodotti usciti sono crudi o bruciati e presentano fin troppa farina ancora attaccata alla base che rovina l’esperienza gustativa. Non mi stancherò mai di dirlo: l’unico modo di godere a pieno di un prodotto da forno non è solo fare attenzione all’impasto, alla selezione di materie prime o alla maturazione, ma di condurre la fase in forno come si deve al fine di rendere il tutto digeribile e perfetto ad ogni morso. D’altro canto, la riproposizione occidentale si scontra con una grandissima scomodità: cuocere in padelle di ghisa obbliga non solo a controllare a vista il pane mentre cuoce, ma soprattutto a farne uno alla volta perdendo tantissimo tempo. Partendo da un’idea di prodotto finito, l’obiettivo è stato quindi quello di ripercorrere le varie fasi al fine di re-interpretare, standardizzare e rendere ripetibile anche con comuni strumenti un pane legato a tradizioni e usanze completamente differenti; ho testato farine, più miscele di acqua e yogurt in percentuali variabili, ripartizioni diverse di riposo e di cottura, fino ad arrivare a un risultato strabiliante. Curiosi di scoprirlo?

BBQ4All Magazine

La cottura del naan, del chapati o di qualsiasi pane piatto è molto scenografica (per quanto pericolosa) e avviene appiccicando in verticale i dischi alla parete del forno incandescente, fino a cottura ultimata.

Esistono, oltre alla classica, parecchie varianti del pane basso indiano, come quella all’aglio, al formaggio o alle patate.

057


Il metodo Analizziamo le prerogative che ci portano alla concezione del nostro naan nerd: vogliamo un pane basso soffice, incredibilmente profumato e fragrante, perfetto per accompagnare carne e salse speziate tipiche dei paesi asiatici, ma soprattutto comodo da preparare nonostante la logica applicata. Il modo migliore per rendere semplice ma terribilmente funzionante un processo è quello di avere un impasto che non deve riposare una volta steso, ma nemmeno dover essere ammaccato volta per volta al mattarello litigando a causa della tenacità residua. In questi casi i parametri da seguire sono due: • Avere un impasto plastico ma che cominci ad avere l’elasticità tipica della formazione del glutine, in modo da poter lavorare correttamente anche durante l’espansione in forno; • Garantire una fase di riposo corretta e duratura per poter lavorare senza litigare con i panetti. • Cuocere in un classico forno per poter preparare più naan nello stesso momento. Il tutto presuppone una corretta gestione delle dosi, dei tempi e un equilibrio delle fasi.

Giugno 2021

I protagonisti

058

Di ricetta in ricetta, la schiera degli ingredienti prevista per il naan cambia vertiginosamente. C’è chi introduce lo zucchero, chi il miele, chi l’olio, chi altri grassi, chi usa lo yogurt greco e chi il bianco intero. L’unico modo per uscire da questo tunnel infinito è ragionare sullo scopo di ogni protagonista, valutando se il suo inserimento abbia senso oppure no. Cominciando dalla farina, in India viene utilizzata una generica farina bianca di grano. Per enfatizzare il sapore del nostro naan la scelta migliore ricade invece su una tipo 1 macinata a pietra, che possa far esplodere i profumi durante la maturazione e caratterizzare ancor più il prodotto; ovviamente, le caratteristiche di forza e assorbimento sono fondamentali per consentire riposo e lavorazione corrette durante tutto il processo. Uno degli aspetti chiave, tuttavia, è senz’altro il bilanciamento tra yogurt e acqua, per un motivo molto semplice: aumentando l’acqua il prodotto risulta più leggero e la mollica aperta, ma il sapore diminuisce e la somiglianza al classico naan si perde un po’. Aumentando troppo il contenuto di yogurt al contrario, il prodotto finito diventa pesante e fatica addirittura a cuocere; come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Il quantitativo totale di sale e di lievito leggermente più alto del normale è invece utile a mantenere una lievitazione prolungata e stabile; non utilizzeremo nessun additivo come malto o altri tipi di zucchero, e nemmeno l’olio: la morbidezza e la struttura tipica del Naan sarà garantita dallo yogurt che basta e avanza. Detto questo, veniamo al dunque con la nostra ricetta finale.

INGREDIENTI per 8 naan

500 g di farina di grano tenero di tipo 1 (270 W); 100 g di acqua; 250 g di yogurt bianco naturale; 10 g di sale; 5 g di lievito di birra fresco.


BBQ4All Magazine

059


IMPASTAMENTO

Cominciate sbriciolando il lievito nella farina, aggiungete tutto lo yogurt e metà dell’acqua. Verso la fine inserite il sale e l’ultima parte di acqua, poco alla volta. Lavorate fino ad ottenere una massa liscia e uniforme, che non dovrà superare i 22°C.

PUNTATA

Formate la massa, datele una forma sferica e posizionatela in un contenitore stretto e dai bordi alti (ovviamente a chiusura ermetica) ben oliato; lasciate riposare l’impasto 1 ora a temperatura ambiente finché la lievitazione non sarà partita, dopodiché mettetelo in frigorifero per 18 ore.

STAGLIO E APPRETTO

Giugno 2021

Circa 4-5 ore prima di cuocere, tirate fuori l’impasto e formate 8 panetti ben chiusi, dal peso di circa 100 grammi l’uno; metteteli quindi a riposare in una cassetta per l’ultima fase di lievitazione.

060

STESURA

Prendete la vostra teglia classica del forno di casa (la canonica da 30x40 ) e oliatela leggermente; ribaltate 4 panetti in un letto di semola e stendeteli leggermente con le mani, fino ad ottenere un diametro di 13-15 centimetri. A questo punto, togliete la semola in eccesso e appoggiateli ai 4 angoli della teglia; bucateli con una forchetta in modo da garantire una crescita uniforme e preparatevi per la cottura.

COTTURA

Pre-riscaldate il forno al massimo (250°C-270°C), dopodiché posizionate la teglia sulla base del forno; dopo 4-5 minuti, ribaltate i panetti e pressateli leggermente con una spatola, in modo da rendere la cottura uniforme anche dall’altro lato. Dopo altri 3-4 minuti sfornate, mettete su una griglia rialzata e completate la cottura degli altri 4 panetti. Serviteli nel modo che più vi aggrada, con della carne di agnello, del curry di pollo e cavolfiore o una favolosa crema di patate e spinaci.


BBQ4All Magazine

061


4

luglio IL MENU DEL

Giugno 2021

Across the Pond a cura di Elena Ninotti

062


F

inalmente, in questo numero tutto dedicato all’estate, mi trovo a parlare delle feste americane. Rispetto a noi italiani, in USA hanno molte meno festività “rosse”. Ci sono diversi giorni semi-festivi, ma solo pochi vengono festeggiati dalla maggior parte delle aziende. Tra quelle più sentite troviamo Natale, Capodanno, Thanksgiving e, soprattutto, il 4 Luglio. Mentre le altre non hanno bisogno di presentazioni e prevedono molti festeggiamenti domestici, il 4 luglio è una festa molto sentita e conosciuta anche fuori dagli States grazie a film e serie tv che ne parlano. Il 4 luglio è una festa che coinvolge tutta la popolazione con parate nelle grandi e piccole città, scampagnate, picnic, torte a tema USA e fuochi d'artificio. Giusto per menzionare qualcosa. Potremmo assimilarla a un nostro italiano 25 aprile (Liberazione dal Nazifascismo) o a un 2 giugno (Festa della Repubblica italiana). Ma cosa ricorda questa data? Il 4 luglio (che ricorda i fatti del 4 luglio 1776) rinnova l’orgoglio nazionalistico americano, celebrando la firma dell’indipendenza delle prime 13 colonie americane nei confronti della madre patria britannica. Questa presa di posizione americana non piacque agli inglesi, che stavano per perdere le loro preziose colonie oltreoceano e, da questo, scaturì la Guerra di Indipendenza. Le truppe, comandate da George Washington, dovettero combattere per i loro ideali per ben 5 anni e per ottenere l’indipendenza definitiva si dovette aspettare il 1783 con il Congresso di Parigi.

Tuttavia, anche chi non abita nelle grandi città storiche non manca di festeggiare in maniera adeguata. Tutti i centri cittadini organizzano aree con parate, fiere, giochi per bambini, concerti; le spiagge sono prese d’assalto con grill, tende, ghiacciaie fin dalle prime ore dell’alba. In generale qui in Florida i festeggiamenti domenicali sono a Potluck o a BYOF/B. Nel primo caso, significa che ognuno deve portare un piatto da condividere con gli amici. Nel secondo caso, più frequente nelle feste condominiali o di quartiere, significa Bring Your Own Food/Beverage: porti il tuo cibo e lo mangi in compagnia degli altri. Di solito è riferito solo al beverage, quindi ognuno si presenterà con il suo bicchierone di liquido non ben indentificato (e probabilmente alcolico). Se vi fa piacere provare l’esperienza di festeggiare un 4 luglio come in USA, visto che quest’anno cade esattamente di domenica, vi lascio un menù a tema, cercando di darvi una tabella di marcia per ottimizzare i tempi e, soprattutto, lo spazio in frigo/freezer. Quelle che vi propongo, sono le classiche ricette del barbecue dinner americano. L’orario classico di invito è attorno alle 2:00/3:00 pm, ma nulla vi vieta di vedervi a mezzogiorno o alle 5:00 pm (sugli orari dei pasti americani vi prometto che scriverò un articolo prossimamente). Le preparazioni che vi propongo sono parte delle classiche ricette da barbecue domenicale, quindi sentitevi liberi di arricchire il vostro buffet con delle alette di pollo, del pulled pork, o delle ribs, ma non sentitevi obbligati: di solito, questi festeggiamenti sono “zerosbatti” e prevedono cotture veloci, economiche e, soprattutto, da fare secondo i gusti personali.

BBQ4All Magazine

Le celebrazioni per il 4 luglio sono diventate famose anche da noi in Italia e, in generale, in Europa. Soprattutto le "vecchie città" legate per storia e costumi al continente, come Boston, New York, Washington DC, Philadelphia (che fanno parte delle prime colonie), comunque sono strettamente legate alla storia americana, prevedono parate in costume, letture integrali della dichiarazione d’Indipendenza, rievocazioni storiche e concerti. A NY c’è un altro evento particolarmente conosciuto: sulla

spiaggia di Coney Island prende vita la gara dei mangiatori di Hot Dog da Nathan’s (Nathan’s Hot Dog Eating Contest). In questo caso, i contendenti si sfidano a chi mangia più hot dog in 10 minuti. E, incredibile a dirsi, qualcuno riesce a mangiarne anche più di 70!

063


MENU DEL

4 LUGLIO Dip con nachos, crostini, focaccia e pinzimonio Grilled corn dip, salsa guacamole*, spinach artichok dip Jalapeno pepper with cream cheese and bacon Insalata di Pasta (Pasta Salad) Burger-hot dog bar, con funghi stufati, cipolle caramellate, formaggio, verdure grigliate* Mac&cheese*, coleslaw*, insalata di patate, baked beans*, pannocchie grigliate* Peach Cobbler with vanilla Ice cream* Limonata Tè freddo

Giugno 2021

Sangria con frutta grigliata*

064

Per i piatti con * è possibile trovare la ricetta sui numeri arretrati del Magazine o sulla Community BBQ4All. Qui di seguito trovate le ricette per implementare il vostro menu.

Vi conviene comprare dei dispenser per bibite da 5 litri che ormai si trovano in tutti i negozi di casalinghi. Attrezzatevi anche con ghiacciolini di plastica per bibite e preparate molto ghiaccio per mettere a bagno birre e bibite nella ghiacciaia, in modo da avere il frigo libero. Se avete un amico barista, potete chiedere un secchio di ghiaccio: mettetelo in una ghiacciaia di plastica e conservate al fresco DA FARE IL GIORNO PRIMA: • Sciroppo di limonata • Funghi trifolati, cipolle caramellate, baked beans, insalata di patate, condimento per i mac&cheese • Grigliare le pannocchie per il corn dip • Preparare la base per la torta e conservarla coperta con pellicola per alimenti in un luogo fresco. • Preparare la crema con cui farcire la torta e conservarla in frigo (vi consiglio dentro a una sac a poche usa e getta o a un sacchetto per surgelati a cui taglierete un angolo per facilitarvi nella stesura sulla base) • Preparare le basi per il Cobbler e conservarle in frigo separate • Assemblare la Salsa mexicana • Impastare il burro aromatizzato con aglio e paprika per le pannocchie • Preparare i peperoni ripieni • Preparare lo spinach dip, metterlo nella pirofila da forno e conservarlo coperto di pellicola (levarlo dal frigo un’oretta prima di cuocerlo, in modo da non provocare uno shock termico alla pirofila) DA FARE IL GIORNO STESSO • Mettere su un vassoio carote baby, sedano, spicchi di mela, cimette di broccolo, pomodorini per il pinzimonio, coprire con pellicola e conservare al fresco • Preparare l’infuso di tè • Cuocere i mac, mescolarli con la salsa e gratinare • Assemblare la Coleslaw • Preparare l’insalata di pasta • Preparare gli ingredienti scelti per gli hamburger • Mettere in infusione la frutta della sangria • Preparare il grilled corn dip DA FARE ALL’ULTIMO • Decorare la torta • Gratinare lo spinach dip • Procedere alla cottura del cobbler (si serve tiepido) • Preparare la Guacamole • Scaldare i baked beans • Gratinare lo spinach artichoke dip • Cuocere i peperoni ripieni


GRILLER CORN DIP

Ingredienti per 4 persone:

4 pannocchie / un pacchetto di formaggio fresco spalmabile da 220g / 150 g di panna acida o yogurt greco full fat / 4 cipollotti freschi / 120 g di cheddar / 120 g Monterey (potete sostituire i due formaggi con provolone, Asiago, Emmental in pari quantità) / 120 g di feta, o primosale / un cucchiaino di cumino / 1⁄2 cucchiaino di paprika / un pizzico di peperoncino a piacere /Succo di lime q.b. / sale e pepe q.b. / Tabasco a piacere / Coriandolo in foglie o jalapeno tritato per guarnire (opzionali) Preparazione: 1. Predisponete il vostro dispositivo per una cottura diretta e grigliate le pannocchie poi, con un coltello affilato, tagliatele per il lungo in modo da staccare i chicchi. Mettete da parte 2. 2. In un’ampia ciotola, mescolate il formaggio spalmabile, la panna acida, le spezie e i cipollotti tritati. Lavorate il composto con delle fruste elettriche. 3. 3. Aggiungete i formaggi grattugiati e la feta (o il primosale) sbriciolata, mescolate con cura, spremete il succo di lime, aggiungete qualche goccia di tabasco e regolate di sale e pepe. 4. Mescolate accuratamente i chicchi di mais col composto di formaggio, coprite e lasciate riposare almeno 2-4 ore. Servite con chips, tortillas, crostini

BBQ4All Magazine 065


SPINACH ARTICHOK DIP

Ingredienti:

50 g di burro / uno spicchio di aglio tritato / 150 g di spinacini novelli / 800 g di carciofi / 20g di farina / 200 ml di latte intero / 120 g di philadelphia / 2 cucchiai di feta sbriciolata / 2 cucchiai di Parmigiano Reggiano grattugiato / 100g di Pepper Jack cheese, o altro formaggio tipo gouda / 1 cucchiaino di pepe tritato al mulinello /sale, pepe, peperoncino e olio q.b. Preparazione: 1. Predisponete il vostro dispostitivo per una cottura a contatto diretto con la braci, pulite i carciogi togliendo loro solo la punta e lasciando un pezzo di gambo. 2. Condite i carciofi con un filo d’olio e poi appoggiateli dalla parte del gambo sulle braci accese. Aspettate che l’esterno si bruci e poi testate la cottura con uno stecchino; quando sono cedevoli sono pronti. Puliteli ricavando solo i cuori e tene teli da parte. 3. Saltate gli spinaci con 1/3 del burro, e metteteli da parte. 4. Nella stessa padella, saltate i carciofi e metteteli nella ciotola con gli spinaci.

Giugno 2021

5. Sciogliete nella padella il restante burro e la farina. Tostate leggermente e aggiungete il latte freddo tutto in una volta. Quando la salsa si è addensata, aggiungete il formaggio philadephia a tocchetti e il resto dei formaggi, conservando 2 cucchiai di Jack cheese. Se risulta troppo denso, potete allungare con un goccio di brodo vegetale o altro latte. Salate, pepate e aggiungete le verdure tritate grossolanamente al coltello. Mettete il tutto in un piatto che possa andare in forno, spolverate col Jack cheese tenuto da parte, coprite e conservate in frigo fino al momento di cuocere.

066

6. Passate in forno ( o nel vostro dispositivo in cottura indiretta) a 200°C fino a che la superficie non si colora e la salsa non fa le bolle, circa 20 minuti.


SALSA MEXICANA

Ingredienti:

una tazza di pomodori rossi tritati a cubetti e sgocciolati / una tazza di cipollotto e cipolla rossa tritati / mezza tazza di coriandolo in foglie tritato al coltello / mezza tazza di jalapeno tritato (o peperone verde a cubetti, più peperoncino) / 2 lime / sale q.b. Preparazione: 1. Mescolate tutti gli ingredienti, salate e spremete il lime. 2. Coprite e lasciate riposare: migliorerà col passare del tempo: prima di servire assaggiate e regolate di sale e di peperoncino.

BBQ4All Magazine 067


JALAPENO PEPPER WITH CREAM CHEESE AND BACON

I ngredienti per 4 persone: 20

peperoncini jalapeno / 200 g di formaggio spalmabile / 150 g di cheddar / 40 fette di bacon / sale e pepe q.b. Preparazione: 1. Mescolate in una ciotola il formaggio spalmabile, il cheddar tritato frossolanamente, sale e pepe. Si può usare anche un formaggio spalmabile alle erbe.

Giugno 2021

2. Tagliate a metà i peperoncini. Farciteli con il composto, avvolgete intorno ad ognuno una fetta di bacon e grigliateli in cottura diretta, meglio su un cesto forato. In realtà si possono usare anche peperoncini misti colorati, piccanti e dolci, in modo da venire incontro ai gusti di tutti.

068


LIMONATA

Ingredienti:

750 g di zucchero / 24 limoni Preparazione: 1. Predisponete il vostro dispositivo per una cottura diretta, tagliate i limoni a metà e grigliateli con la parte tagliata rivolta in giù. Quando saranno caldi e dorati toglieteli dalla griglia: questo piccolo accorgimento renderà più dolce il succo, che riuscirete a ricavare con più facilità e in abbondanza. 2. Scaldate un litro e mezzo di acqua con lo zucchero, finché non si scioglie. Potete conservare lo sciroppo fino al momento di usarlo 3. Spremete i limoni in una caraffa e filtrate il succo 4. Mettete il succo nel dispenser da 5 litri, aggiungendo 3⁄4 dello sciroppo freddo 5. Riempite il dispenser di ghiaccio e aggiungete due litri di acqua fredda. Mescolate e assaggiate. A seconda dei limoni, potrebbe essere necessario aggiungere lo sciroppo da parte, o ancora un po’ di acqua.

BBQ4All Magazine 069


Il Quinto Quarto a cura di Virgilio Brunetti

e r ou

Giugno 2021

È tutta una questione di

070


I

l consumo delle interiora animali, comunemente dette frattaglie, è ciò che distingue il vero carnivoro da un consumatore di carne ordinario. Non ci si può definire carnivori al 100% se non si è pronti con le preparazioni, il palato ed in generale la giusta mentalità per affrontare le frattaglie. Non fartene una colpa, nessuno è perfetto: esiste anche chi mangia zero carne e si definisce vegano. Ecco, dopo di questa ti sentirai di sicuro meglio. Così come sono sicuro che la passione per il consumo di visceri animali e altre parti ignobili dell’animale, qualsiasi esse siano, arrivi da una innata forma di rispetto verso l’animale stesso del quale è giusto consumare ogni sua parte, ma se tu proprio non ci riesci… tranquillo, ne sarà di più per un altro che le apprezza. L’abitudine al consumo delle interiora animali ci è stato infuso dalle generazioni precedenti, dove il consumo di tali parti era dettato anche dalla necessità di dover mettere nel piatto cibi super nutrienti. Inoltre, tutte le frattaglie (tranne rare eccezioni) non si prestano assolutamente alla lunga conservazione quindi vanno consumate freschissime. Così, il cosiddetto quinto quarto è l'insieme di tutto ciò che non fa parte dei quattro tagli anteriori e posteriori del bovino: si tratta quindi delle interiora e di tutte le parti meno nobili, come testa, coda, zampe, lingua del bovino e ogni scarto che sia commestibile dalla punta del muso alla coda, senza dimenticare il sangue. Da tradizione, le frattaglie vengono distinte in bianche e rosse. Quelle bianche sono cervello, animelle (timo), trippa (stomaci), granelli (testicoli), mammella, intestini, midollo. Nel novero delle frattaglie rosse, invece, abbiamo: fegato, cuore, rognone (reni), milza, polmoni, lingua.

Come detto poco più su, le frattaglie sono utilizzate fin dall'antichità per la preparazione di moltissimi piatti della nostra cucina popolare, da nord a sud la nostra tradizione è ricca di ricette che utilizzano parti del quinto quarto: il fegato alla veneziana, fritto misto alla milanese, coda alla vaccinara, panino con la milza siciliano, lampredotto toscano sono solo le più popolari alcune dei quali sono diventati veri must dello street food regionale. Marco Gavio Apicio (De Re Coquinaria nel I secolo) dedica molte ricette al consumo di visceri di animali; il fegato, ad esempio era un organo utilizzato dagli aruspici per interpretare gli auspici divini, ma era anche considerato un cibo prelibato. A tale riguardo è importante ricordare l’etimologia stessa del vocabolo italiano: il termine fegato infatti non proviene dall’equivalente latino iecur né dal greco epar, ma piuttosto da un aggettivo, ficatum, che proviene a sua volta dalla parola ficus e indica il fegato di animali ingrassati coi fichi o anche cucinato coi fichi. Nonostante un così ricco ricettario, così radicato nella nostra cultura culinaria, l’utilizzo delle frattaglie ha subito un preoccupante declino. Questo cambiamento è da imputare ad una devastante perdita di identità culturale aggravata dalla necessità e dello stile di vita dei nostri giorni; molte persone appena sentono parlare di frattaglie hanno una discutibile reazione di disgusto, ma se ti soffermi e chiedi loro perché non gradiscono, non hanno una vera risposta, anzi spesso emerge che non le hanno mai nemmeno assaggiate. Le frattaglie sono alimenti ipernutrienti, ingiustamente additati come pericolosi per la salute. In realtà le frattaglie posseggono ottime caratteristiche organolettiche e nutrizionali e, se cucinate correttamente, creano dei piatti strepitosi alcuni dei quali hanno pochissimi grassi e contengono un’elevata quantità di proteine nobili. Ritengo che la migliore medicina per combattere il nichilismo in ambito enogastronomico sia quindi riscoprire una conoscenza e maggiore consapevolezza delle materie prime e della loro consapevolezza nelle tecniche di cottura; anche la cucina d’autore, dicevo prima, ha rivalutato e sta ampiamente riutilizzando frattaglie e preparazioni prima relegate soltanto al mondo contadino. È una tendenza che va dalla cucina nordica a quella nostrana, senza tralasciare nulla.

BBQ4All Magazine

A dover essere molto precisi, le frattaglie in realtà sono molte di più: testine varie, creste, ventrigli, zampe di pollo, zampetti di maiale o di bovino, guance e addirittura ossa tendini legamenti e cartilagini trovano il loro posto in un qualche tipo di cucina o preparazione legata alla sfera meno abbiente della società e successivamente rivalutata nel mondo della cucina, compresa quella d’autore.

Una storia... di frattaglie

071


Quinto quarto e il CUORE della questione Da ora, vi parlerò del quinto quarto bovino; questa “serie” di frattaglie, proprio per l’abbondanza dei visceri dovuta alla stazza dell’animale, è sicuramente da considerarsi una fonte preziosa di nutrienti delizie. Certamente non da meno sono le frattaglie derivanti dalla macellazione di suini, ovini, equini, avicoli e.. sì, anche quelle ricavate da pesci e dai molluschi. Si narra che mia nonna gallipolina, negli anni settanta, quando la tonnara e la pesca del tonno rosso era ancora attiva, facesse degli involtini (gnummareddi, turcinieddri) di interiora di tonno straordinari, una leccornia che solo i pescatori potevano gustare ed apprezzare. Difatti il motivo principale per il quale ho deciso di parlarvi di frattaglie è di ordine etico, ovvero il rispetto delle materie prime: trovo importante e doveroso raccontarvi come utilizzare tutte le parti dell’animale non solo la carne.

Giugno 2021

Il riscontro etico del nostro discorso lo ritroviamo da tempo anche nel nostro Megastore, dove proponiamo tagli non nobili delle nostre migliori selezioni di bovino: troviamo la lingua ed il guanciale. L’unico nostro cruccio è quello di non potervi proporre anche il quinto quarto del pregiato bovino giapponese, in primo luogo perché vietato per legge e in secondo luogo, perché quei golosoni dei giapponesi se lo tengono tutto per loro. Dopo queste necessarie premesse per presentarvi l’argomento, mi concentrerò sulle frattaglie rosse quali cuore, fegato e rognone.

072

Il cuore è una frattaglia; tecnicamente però è un muscolo involontario estremamente potente ed è proprio per questo che si differenzia dagli altri muscoli - non solo a livello funzionale ma anche a livello microscopico. Infatti il cuore è un organo cavo che funziona come una pompa pulsante atta a

muovere attraverso l’apparato circolatorio un tessuto connettivo fluido detto sangue. Le cellule muscolari cardiache hanno una struttura molto diversa dalle altre cellule muscolari. Sappiamo che variazioni strutturali a livello molecolare posso cambiare radicalmente la texture della carne ed infatti il cuore ne è un esempio lampante. Dal punto di vista nutrizionale è un alimento ricco di proteine, di vitamine ( se lo mangiate crudo o quasi crudo) ed ha un basso contenuto di grassi; questo è dovuto ad una questione anatomico funzionale del cuore. Infatti, il muscolo cardiaco trae energia dal metabolismo degli acidi grassi che non si accumulano tra le fibre muscolari come accade nei muscoli volontari (si pensi alla marezzatura delle nostre bistecche), ma in una sorta di cappottino di grasso detto appunto tessuto adiposo epicardio proprio perché avvolge il cuore senza inficiarne la mobilità e garantendo una scorta di energia sempre disponibile. Le parti del cuore gastronomicamente interessanti sono quindi le pareti muscolari che generano le cavità del cuore (atri e ventricoli) rafforzate da tenaci strutture connettivali interne ricche di elastina che costituiscono le valvole cardiache. Particolarmente interessante è il cuore di animali grandi come i bovini, dai quali con un po’ pazienza ed accurato lavoro è possibile ottenere delle vere e proprie bistecche o grossi cubi di tessuto omogeneo che si prestano a cotture rapide ad elevata temperatura. Il muscolo cardiaco è irrorato da una fitta rete di vasi sanguigni (coronarie) che ne avvolge la superficie e trasmette nutrienti alle cellule muscolari con un efficace sistema diffusivo per cui tutte le parti anatomiche del cuore sono fatte di puro tessuto muscolare, in particolare in prossimità dell’apice


BBQ4All Magazine

073


Cristina Bowerman chef presso Glass Hostaria a Roma - 1 stella Michelin

È poi possibile ricavare un vero e proprio “filetto” ovvero un taglio piuttosto grande di tessuto omogeneo che costituisce la porzione più nobile del cuore. In questo caso tratteremo la cottura del pezzo come una vera e propria bistecca, ma, non avendo infiltrazione di grassi e non potendo conservare a lungo il taglio, dovremmo correggere il tiro sulla consistenza applicando una salamoia a 5% o un dry brining. Il sapore sarà sempre molto minerale e sanguigno, con una nota dolce che deve essere equilibrata da un opportuno contesto. Un esempio calzante è l’idea della chef Cristina Bowerman a tal proposito, con il suo “Cuore di manzo con purè di patate affumicate, salsa di habanero e maionese di caffè”; mi sono innamorato subito di questa preparazione, perché richiede un rapporto intimo con la materia prima e sono sicuro che nessun macellaio probabilmente avrebbe la pazienza di dedicarsi ad un trimming così accurato, volto a tirare fuori letteralmente il cuore dal cuore di manzo. Armati di un coltello sfiletto flessibile affilato, meglio di un bisturi, bisogna procedere all’eliminazione di tutte le fibre connettivali, ed è comprensibile come questo sia un lavoro certosino, un po’ da chirurgo, ma anche molto zen.

Giugno 2021

L’obiettivo della preparazione è ottenere una sorta di tagliata accompagnato da una parte amidacea e due salse molto strong: una salsa amara a base di caffe ed una piccante a base di peperoncino habanero. Salse e purè sono il coronamento di una ricetta a base di cuore bovino secondo me assolutamente perfetta.

074

La cottura del cuore è sicuramente l’aspetto più critico della preparazione, ma, se ricordate gli insegnamenti dello Zio e siete già dei ninja della bistecca, questa non la potete sbagliare. Griglie o padella in ferro, temperature alta, reazione di Maillard come se non ci fosse un domani e portare a temperatura al cuore di 54°C utilizzando un forno o il grill in set up di cottura indiretta.


"Cuore di manzo con purè di patate affumicate, salsa di habanero e maionese di caffè" di chef Cristina Bowerman - foto tratta da scattidigusto.it

Il purè di chef Bowerman ha una impostazione scientifica e basata su di un lavoro svolto a quattro mani con Dario Bressanini. Le patate vengono sottoposte ad una doppia cottura: precottura sous vide a 64°C x 30 (gelificazione parziale degli amidi), abbattimento in positivo (retrogradazione degli amidi) e cottura in acqua salata ad 80°C (idratazione). Le patate nuovamente raffreddate e schiacciate con lo schiaccia patate avranno una consistenza molto simile ad un purè classico, ma assolutamente privo di materia grassa. Le patate non vanno mai frullate. L’aroma di fumo sarà somministrato mediante una breve affumicatura fredda con una smoking gun. Per preparare la Maionese al caffè bisogna lavorare una maionese delicata e cremosa frullando un uovo, con olio, mezzo bicchiere di acqua, un pizzico di sale e un cucchiaino di caffè solubile e poi bisogna farla riposare in frigo.

Ma del resto del cuore? Alternativa alle cotture veloci, è la preparazione del cuore stufato, che richiede una cottura umida a bassa e costante temperatura con elementi acidi e solfurei come vino rosso e cipolla bianca in grande abbondanza così come fareste per una Genovese. La mancanza di grassi e la consistenza del connettivo quasi indistruttibile per l’abbondante presenza di elastina rende necessario l’uso di una certa abbondanza di grassi e l’aggiunta di un amido al fine di ottenere in chiusura di cottura una maggiore cremosità di uno stufato che spesso può presentarsi untuoso e slegato. Solo con una cottura lunga e con un trimming delle strutture connettivali calcificate si potrà ottenere una carne che manterrà sempre il suo carattere piacevolmente consistente. Uno stufato ricco e opulento da accompagnare con un purè classico ricco e abbondante tartufo tagliato a lamelle. Tenete d’occhio questa rubrica: abbiamo iniziato dal cuore, ma nei prossimi numeri parleremo di fegato e rognone, altre due prelibatezze da non perdere o almeno da conoscere nella propria vita da griller.

BBQ4All Magazine

Per la preparazione della Salsa Habanero: stufare una grande cipolla con zucchero di canna, un pizzico di bicarbonato (il pH basico incrementa la reazione di maillard), mezzo peperone rosso, il peperoncino habanero e del sale (volendo, si potrebbero sostituire con le spezie di Sal), poi frullare, regolare di aceto e passare il composto in un colino per togliere eventuali grumi.

Consigli per impiattare: con la sac à poche, aggiungere la maionese di caffè e adagiare sopra il cuore manzo, infine aggiungere a fianco la salsa di habanero.

075


076

Giugno 2021


Maître Pâtissier - corso di pasticceria a cura del Maestro Pasticciere Pasquale Bevilacqua Pasticceria Mamma Grazia, Nocera Superiore (Salerno)

La crostatina va bene sempre! Con crema limone e frutti di bosco Con l’avvicinarsi del caldo estivo, diventa sempre più difficile offrire ai propri ospiti un dolce gustoso, che non appesantisca, che sia versatile. Il capitolo dolci invernali è decisamente più pingue, così come la nostra voglia di metterci alla prova con doppie e triple lievitazioni. Ma un pranzo o una cena non possono dirsi completi senza un dolce che ne valga la pena come conclusione.

Pasta frolla classica: non sono presenti amidi e si parte da una base di burro molto morbido, zucchero semolato ed uova intere e tuorli.

Per nostra immensa fortuna, ci corre in soccorso la pasta frolla; in particolare, ci soccorrono le crostate: relativamente semplici (se sai come farle!), è possibile farcirle con ingredienti più o meno calorici e saporiti. Si va dalle crostate farcite con composte di frutta, a quelle con creme spalmabili. La crostata è un dolce versatile e sempreverde che piace proprio a tutti. In ogni pasticceria che si rispetti, in vetrina c’è sempre una selezione di crostate, declinate secondo l’estro del pasticciere. La pastafrolla è una base ampiamente personalizzabile nella sua composizione, dando vita a dei veri propri stili e “scuole” di frolla. Noi andremo a preparare delle crostatine monoporzione, ma prima andiamo a conoscere insieme i vari tipi di pasta frolla.

Pasta frolla tipo Milano: questo tipo di frolla è molto equilibrato. Burro e zucchero sono nelle stesse quantità, cioè il 50% del peso della farina. Le uova sono pari al 10% della somma di burro, zucchero e farina.

Pasta frolla sabbiata: prevede una certa velocità e dimestichezza nel farla. Il burro deve essere lavorato velocemente con la farina, creando una “sabbia” che va a rendere impermeabile il nostro strato. C’è chi preferisce lavorare il burro a 10°C e poi aggiungere uova e zucchero, e chi invece preferisce lavorarlo a temperatura ambiente. Pasta frolla sucrée: si tratta di una base francese, molto simile alla frolla tradizionale con gli ingredienti montati a velo. Spesso, viene arricchita con farina di mandorle o nocciole.

Pasta frolla montata: molto scenica la pasta frolla montata. Non viene stesa al mattarello ma estrusa con la sac à poche, grazie ad una morbidezza eccezionale. È tutta una questione di temperatura: le uova dovranno essere alla stessa temperatura del burro. Pasta frolla Napoli: la pasta frolla “povera” per eccellenza, guscio dei nostri dolci tradizionali, spesso chiamato “pittolo”. Ideale per farciture molto umide, come quella della pastiera napoletana. Pasta frolla bretone: una pasta frolla morbidissima, per crostate che non si tengono in mano. Spesso c’è l’aggiunta di amido. Si usa prima montare uova e burro a crema, per poi aggiungere il resto degli ingredienti. Non è inusuale trovare anche agenti lievitanti nella ricetta della frolla bretone.

BBQ4All Magazine

La nostra versione sarà una crostatina fatta di pasta frolla classica con una freschissima crema limone, guarnita con frutti di bosco e decorazioni di cioccolato. Ho scelto per voi questa versione molto estiva, che fungerà da “pulisci bocca” senza appesantirvi, lasciando una piacevole sensazione di freschezza, di brezza estiva.

077


Ingredienti per la pasta frolla:

500 g farina per pasta frolla (potete scegliere: farina di tipo 0 per una pasta frolla più tenace, invece una con W 150-180 se preferite una frolla più friabile) / 250 g burro con grassi all’82% minimo / 190 g di zucchero a velo / 1 g di sale / 1 g di vaniglia Bourbon in bacca oppure pasta di vaniglia / la buccia di un 1 limone non trattato / la buccia di 1 arancia non trattata / 1 uovo intero / 25 g di albume Preparazione: 1. In una impastatrice, unire il burro a temperatura ambiente con lo zucchero a velo, il sale, la vaniglia, la buccia di arancia e la buccia di limone. Lavorare a velocità bassa/ media fino ad ottenere un composto omogeneo. Unire la parte di idratazione in due volte e terminare in ultimo con la farina. 2. Una volta ottenuta la vostra palla di pastafrolla, stendetela con cura tra due fogli di carta forno. Dovrà avere uno spessore di 4/5 mm. Dopodiché, lasciare raffreddare in frigo per un’ora. 3. Quando la frolla vi sembrerà bene assestata, tirare fuori dal frigo e foderare gli anelli di acciaio con cura, premendo sui bordi. 4. A questo punto, è necessario far riposare ancora in frigo per qualche ora.

Giugno 2021

5. Successivamente, cuocere in forno ventilato a 160°C per 20 minuti. La vostra frolla sarà pronta quando la vedrete di un color nocciola scuro, bello uniforme.

078


BBQ4All Magazine

079


080

Giugno 2021


I ngredienti per la crema

limone: 500 g di latte intero fresco / 200 g di zucchero semolato / 100 g di tuorlo d’uovo / 50 g amido di riso oppure farina / 1 bacca di vaniglia Bourbon / 1 g di sale / la buccia intera di un limone non trattato Preparazione: 1. Versare il latte in una ciotola ed unire la vaniglia e la buccia di limone grattugiata. 2. Successivamente, versate in un pentolino, posizionate su un fornello e portate questo primo preparato a 40°C. Dovrete essere abbastanza precisi, quindi dovrete aiutarvi con un termometro. 3. Dopodiché, avendo regolarizzato la vostra infusione, coprite bene con pellicola per alimenti e lasciate riposare tutto in frigo per almeno un’ora. 4. Trascorsa quest’ora, potrete filtrare e procedere con la preparazione, riportando la crema sul fornello. 5. Unite lo zucchero e l’amido, avendo cura di versare una parte del latte. A questo punto, dovrebbe iniziare a crearsi la nostra cremina. 6. Pian piano, mescolando, unite il resto del latte e il sale.

BBQ4All Magazine

7. Portate la crema ad 82°C: a questa temperatura, dovrebbe essere liscia e vellutata. Quando sarete soddisfatti del risultato, raffreddate in frigo fino al momento della guarnizione.

081


Assemblaggio:

300 grammi di frutti di bosco / fili di cioccolato per decorazione a piacere (facoltativo) Preparazione: 1. Lavare con delicatezza i frutti di bosco. Eventualmente, tagliare in due o più parti quelli grandi. 2. In una sac à poche, inserite alcune cucchiaiate generose della crema, che ormai si sarà stabilizzata di temperatura e sarà diventata cremosa e lavorabile. 3. Disponete i vostri gusci di frolla sul tavolo da lavoro, in modo tale da poterli guarnire senza faticare troppo o con spazi eccessivamente ristretti. 4. Con la sac à poche, riempite i gusci di frolla in maniera generosa. Non lesinate con la crema, è la nostra co-protagonista: una volta “infranto” il muro friabile della frolla, i nostri commensali dovranno gustare pienamente la crema limone, che fungerà da “pulisci bocca” di tutte le portate principali.

Giugno 2021

5. Guarnite con i frutti di bosco e, eventualmente, le decorazioni di cioccolato.

082

6. Il consiglio è di conservare a temperatura di frigo e di tirarle fuori giusto 10 minuti prima del servizio, per permettere a tutti i sapori di assestarsi ma non di rovinarsi a causa delle ormai alte temperature.


BBQ4All Magazine

083


BBQ4All: FROM ZERO TO HERO

a cura di Emiliano Nencioni

Affumicatura

Q

uesto mese, nella rubrica che si sobbarca la responsabilità di farvi diventare dei maestri di cottura su fiamma, parleremo di uno step fondamentale nelle cotture barbecue e nelle tecniche che prevedano una permanenza in griglia ben più lunga del solito “pochi secondi per lato”: l’affumicatura. I più lesti di voi lo avevano già intuìto dall’indice o dal titolo. L’affumicatura è un passaggio tanto fondamentale quanto controverso, malinteso, mistificato e in buona sostanza spesso raccontato male. In queste pagine proveremo ad affrontare la pratica in termini squisitamente operativi, senza buttare opinioni a caso, avvalendoci di dati sperimentali, quantificabili e scientifici. Nello specifico in queste pagine verrà trattata una particolare nicchia dell’affumicatura, quella a caldo, eseguibile sui normali dispositivi amatoriali in possesso della maggior parte dei grigliatori: niente affumicatura a freddo, niente processi industriali da eseguire in enormi camere a temperatura e umidità controllata, nessun distillato di fumo liquido: pura e semplice affumicatura durante la cottura della pietanza, tramite combustione incompleta di legno aromatico.

Cosa vi serve

Giugno 2021

Le uniche cose che dovete giocoforza procurarvi sono un dispositivo di cottura da esterno (no, non vi insegneremo come affumicare uno stinco di maiale in salotto, e sì, sappiamo che qualcuno in passato ha sostenuto di farlo regolarmente) con una camera di cottura chiusa e una sufficiente quantità di legni aromatici. Come dispositivo andrà bene il classico kettle a forma di boa, o un più lussuoso e dispendioso outdoor cooker con i bruciatori a gas: probabilmente troverete più facile iniziare con un kettle normalissimo, di buona fattura e alimentato a carbone. Per la legna è tassativo escludere ogni essenza resinosa (pino, abete, insomma niente conifere e sempreverdi in genere) e tutti i tagli troppo “verdi” e non stagionati: una buona scelta, specie quando si è all’inizio, è comprare la legna aromatica già imbustata e selezionata alla bisogna, reperibile ormai anche al supermercato tramite i marchi più noti della scena BBQ. I due formati principali di legna aromatica in commercio sono le chips, scaglie di legno sottili e dalla breve durata, presenti in qualsiasi centro commerciale, e i chunk, pezzi grandi poco meno di un pugno, più efficaci ed efficienti ma al momento reperibili solo online o in pochi negozi specializzati.

084


Le basi Non avrete mica pensato di imbattervi in una nostra guida senza un doveroso paragrafo pieno di dati, temperature, composti chimici e nomenclatura IUPAC? Figuriamoci. Possiamo dividere il generico processo di combustione del legno in quattro fasi: Fino a 260°C: il legno inizia ad essiccarsi, rilasciando vapore e diossido di carbonio. La combustione è priva di fiamma e non produce calore (assorbendolo in realtà dal combustibile, nel nostro caso dal carbone o dal bruciatore a gas).. Tra 260°C e 360°C: il legno inizia a rilasciare gas infiammabili e liquidi oleosi; iniziano a vedersi alcune fiamme. Tra 360°C e 500°C: emissione di monossido di azoto e di alcuni composti tra i quali siringolo (2-idrossi-1,3-dimetossibenzene) e guaiacolo (2-metossifenolo). Proprio questi ultimi sono i responsabili dell’aroma affumicato. Il guaiacolo si trova in commercio come principale componente del cosiddetto “fumo liquido”, un additivo alimentare per insaporire “di fumo” ogni pietanza. Sopra i 500°C - 550°C: del legno rimane solo cenere o carbonio, del tutto inutile dal punto di vista aromatico. Siringolo e guaiacolo hanno il ruolo da protagonisti in questa delicata giostra dell’affumicatura: proprio loro, investendo e inondando le pietanze, fanno percepire al palato umano quel gradevole aroma. L’immancabile dispetto della natura beffarda è che sono anche dei micidiali irritanti di tutto il tratto digerente, responsabili di quella sovrastante sensazione di pentimento che vi assalirà il mattino seguente ad una incauta sovraffumicatura. E ti pareva.

Quell'elusivo fumo azzurrino... Avrete probabilmente già fatto una veloce ricerca sui siti più specializzati, e riguardo all’affumicatura tutti si concentrano sull’irrinunciabile meta della produzione di thin blue smoke, un sottile fumino azzurro. Esiste chi è pronto ad affermare di averlo visto. In realtà, non è affatto blu, o azzurro: è solo un modo ormai accettato per far intendere che i migliori risultati si hanno quando il fumo non è né bianco né nero. Grigio o incolore, forse; blu, con un po’ troppa fantasia: ma il mondo del barbecue lo chiama così e noi ci allineeremo a questo.

BBQ4All Magazine

Tutto questo ha un suo senso molto preciso: Non lo vogliamo bianco: il bianco indica vapore, fa sicuramente un sacco di scena e conquista gli astanti, incanta gli inesperti, ma no, il vapore non affumica. Al massimo, il vapore bagna.

085


Non lo vogliamo nero: il fumo è ceruleo (grigiastro, azzurrino, insomma thin blue smoke) quando le particelle in sospensione sono grandi nell’ordine del micron; particelle più grosse compongono fumo molto più scuro, ma sono la parte amara, sporca e disgustosa del fumo. L’unico modo di avvicinarsi all’optimum del fumo sottile quindi è bruciare con combustione incompleta del legname aromatico asciutto. Parlando terra terra, l’essenza deve bruciare piano piano, annerendosi lentamente senza grosse fiammate. Vediamo come.

Modalità operative Ecco la parte dell’articolo da fotografare col cellulare e salvare nei preferiti, per avere pronta all’uso una guida passo passo.

Giugno 2021

Nel kettle a carbonella: procedendo come per il setup di una cottura indiretta, versate le bricchette già precedentemente arroventate con il cesto

086

accenditore su metà della griglia carboni, in maniera da dividere la griglia pietanze in una zona “calda” e in una zona non direttamente investita del calore del combustibile. Mettete una manciata di chips o un paio di chunk sulle bricchette, la pietanza ben adagiata sul lato opposto della griglia e chiudete il coperchio, avendo l’accortezza di posizionare la vent out (la bocchetta di sfiato presente sul coperchio) dal lato opposto rispetto al carbone, così da favorire la formazione di moti circolari che aiutino il cibo ad essere investito dal fumo. Regolate come al solito la temperatura giostrandovi con le bocchette di entrata ed uscita l’afflusso del comburente. Attenzione, aprire il coperchio “per vedere come va” vanificherà gran parte dei vostri sforzi, e porterà a una repentina combustione delle chips dovuta a una brusca introduzione di ossigeno in camera di cottura. Nei dispositivi a gas: molti prodotti in commercio hanno un’area o un recipiente apposito dove collocare la legna aromatica, usate quella. Se il vostro dispositivo ne fosse sprovvisto potete


l’uso di materiale piccolo come le chips, perchè i volumi di aria, di cibo e di carbone in gioco sono ben maggiori che in un kettle) sulla griglia carboni assieme alle bricchette o al carbone arroventato, destreggiatevi nella stabilizzazione della temperatura regolando le bocchette e con il tempo fisica e chimica faranno tutto il lavoro al posto vostro.

Nei bullet smoker: questi dispositivi cilindrici sono dei prodotti super specializzati per l’affumicatura e la cottura barbecue, e presentano alcuni accorgimenti per facilitare tutta la procedura. Di solito le griglie pietanze sono due (o più), e entrambi completamente utilizzabili per ospitare il cibo, senza dover porzionare in zona irradiata e non irradiata dal carbone: un deflettore metallico atto a contenere una certa quantità d’acqua (waterpan) si interpone infatti fra combustibile e pietanze in cottura, bloccando l’irraggiamento diretto e disponendo tutto per una cottura indiretta. L’acqua eventualmente presente nel waterpan funge anche da volano termico, assicurando una temperatura più stabile. Per l’affumicatura disponete un buon numero di chunk (qui ha molto meno senso

Epilogo A qualcuno, anni fa, venne in mente di scrivere sulla busta delle chips di legna più vendute al mondo “tenere in ammollo per 90 minuti prima di affumicare”, e questo ha generato una serie di falsi miti. Ci siamo spesi molte volte in una piccola guerra personale contro questa abitudine, e per lo scopo di questo articolo vi basterà sapere che no, non serve bagnare la legna per l’affumicatura; quel fumo più denso e più appagante che si può apprezzare affogando le chips nei liquidi più disparati è -alla fine- in gran parte solo inutile vapore. Vi rimando alla lettura di “Tanto fumo e niente fumo”, presente su queste stesse pagine nel numero di Settembre 2019.

BBQ4All Magazine

comprare per pochi euro una sorta di scatolina metallica forellata, da mettere in vicinanza del bruciatore, per far scaldare la legna aromatica senza creare pericolose fiammate all’interno della camera di cottura. La disposizione delle pietanze sarà quella solita delle cotture indirette, con le stesse modalità della cottura con kettle.

087


088

Giugno 2021


La ricetta scientifica a cura di Gianfranco Lo Cascio

di

L'

insalata

riso

"L’insalata di riso vuole il sale da un sapiente, l’olio da un prodigo, essere mescolata da un matto, mangiata da un affamato e riempita di maionese da me.” Okay, okay, il proverbio non dice proprio così, ma il passaggio sulla maionese è verissimo. Io preparo l’insalata di riso solo per abbracciarla con una ricca e voluttuosa dose di salsa. Dopo avere ingegnerizzato con scrupolosità la ricetta, ovviamente.

Dire “insalata” non identifica veramente un cibo,

BBQ4All Magazine

L’insalata di riso, lo dice il nome, è il piatto estivo per antonomasia: un mix di ingredienti (cotti e crudi) che impreziosiscono il pallido cereale, troppo spesso paludato dagli esecrabili condimenti in barattolo.

bensì un modo di prepararlo, di condirlo. Gli antichi latini la chiamavano acetaria, spostando il focus su un altro condimento che ritenevano essenziale, ovvero l’aceto. La parola insalata è presente nel nostro vocabolario con il suo significato attuale dal 1342. Il nome proviene dal participio passato femminile del verbo insalare, oggi desueto ma presente in Dante (“dove l’acqua di Tevere s’insala”), formato dai termini “in” e “sale”. L’insalata è quindi “ciò che si sala”, o per meglio dire “la verdura che si condisce con sale”. Anche in francese il termine salade è a sua volta un sostantivo preso dal participio passato femminile del verbo provenzale salar.

089


IL MIX PERFETTO

Giugno 2021

Per assemblare una vera insalata di riso coi controcapperi basta seguire poche fondamentali regole. Fate attenzione a queste quattro macro-categorie: 1. Sensoriale. La nostra insalata può dare stimoli chimici, termici, meccanici, dolorosi, chemestesici ed emozionali. Gli stessi elementi che veicolano il senso dell’UMAMI. 2. Salutistica. La nostra insalata di riso fornisce fibre, vitamine, sali minerali e antiossidanti. 3. Nutrizionale. La nostra insalata di riso è equilibrata nel rapporto tra carboidrati, proteine e grassi. 4. Gourmet. La nostra insalata di riso è prima organoletticamente buona, poi tutto ciò che vogliamo rappresentare.

090


GLI INGREDIENTI

L’insalata di riso nasce tradizionalmente come piatto unico, spesso svuota-frigo, dove il riso viene amalgamato ad altri ingredienti (salumi, formaggi, uova sode, sottoli, sottaceti e vegetali) e alle salse. Una ciotola unica, da parcheggiare nella parte alta del frigorifero per troppe albe e troppi tramonti d’estate. Ma perché non provare a costruire e servire le mescolanza di Oryza sativa in maniera diversa, lasciando al commensale la libertà e il divertimento di assemblare e personalizzare la propria porzione? Immaginate un cuore candido di riso, leggermente sgranato con poco olio extravergine di oliva, e intorno tutti gli ortaggi e le prelibatezze con cui infarcirlo. Meglio dello scodellone con chicchi mollicci, pezzetti verdognoli e trucioli di materiali edili, no? Consiglio di partire dai componenti fondamentali, per poi aggiungerne altri, magari inconsueti.

ORTAGGI Sono tantissimi, hanno sapori decisi e consistenza perlopiù croccante. I diversi tagli permettono di variarne la percezione al palato. A FOGLIA Erbe aromatiche. Inutile elencarle tutte, aggiunte all’insalata, basilico, prezzemolo, origano fresco e maggiorana danno aroma e sapore. DA FRUTTO Pomodori, melanzane, peperoni, zucchini, cetrioli e avocado. Crudi, alla piastra, al vapore o appena sbianchiti e poi raffreddati. Hanno un sapore spiccato e distintivo. DA FUSTO Sedano. Gusto deciso e consistenza croccante, oltre a una componente aromatica molto forte. DA RADICE Carote, barbabietole, rape, ravanelli, daikon e sedano rapa. Vagamente dolci, aggiungono croccantezza, sapore e note pungenti (soprattutto ravanello e daikon). BBQ4All Magazine

DA TUBERO Patata, patata dolce, topinambur, zenzero (che è un rizoma, più tubero che radice). Estremamente versatili.

091


FRUTTA Aggiunta all’insalata di riso, la frutta dà un tocco di stile. Fresca, in piccoli pezzi, affettata o tagliata a fiammiferini, aggiunge dolcezza e acidità.

UMAMI Alcuni ingredienti apportano una forte carica di sapore, potremmo dire che parlano ad un “volume" molto alto. Anche in piccole quantità fanno godere le papille gustative, controparti utilissime per i vegetali meno gustosi. Ce ne sono tanti, ma possiamo provare a classificarli. FORMAGGI STAGIONATI O ERBORINATI Gorgonzola, Roquefort, Feta, Caprini, Parmigiano Reggiano 48/72 mesi, pecorini, tome, primosale. Stimolano la salivazione e non soverchiano gli altri sapori. Sbizzarritevi anche con la forma: briciole, petali, scaglie o fiammiferi.

Giugno 2021

SALUMI Selezionate il meglio: speck, culatello, il migliore prosciutto crudo o cotto, mortadella a pezzettoni. Qualche etto concentra gusto e sapidità come poco altro.

092

LEGUMI Fagioli, ottimi quelli di Controne, i borlotti e i bianchi di Spagna, ceci,

fave, lupini, piselli. Cotti ma ancora un po’ tenaci. Scolati, asciutti e sgranati aggiungono sapore e consistenze diverse. SOTTOLI E SOTTACETI Funghi, olive, peperoni, melanzane, carciofini, ortaggi grigliati, tonno e pomodori secchi. Cercate il prodotto giusto, anche di nicchia se serve, ne basta poco per ricavare una potenza gustativa unica. PRODOTTI CONSERVATI NEL SALE Olive nere e verdi, capperi. Aroma e picco sapido, da aggiungere interi o tagliati a piccoli pezzi.

ELEMENTO CROCCANTE Serve a fornire percezioni meccaniche di contrasto. Vivacizzano l’insalata di riso e la rendono golosa. FRUTTA SECCA Mandorle, nocciole, noci, pistacchi, anacardi, semi di sesamo, eccetera. Carica energetica per aggiungere sapore e contrasto.

DRESSING Definirlo condimento sarebbe riduttivo. Il dressing è un concentrato di tecnica e conoscenza che decreta il successo di un’insalata di riso.


IL RISO

Partiamo dalla base dell’insalata, dall’elemento portante: la scelta e la cottura del riso. Dal punto di vista commerciale, il riso si classifica in quattro gruppi: comune originario, semifino, fino e superfino. Questa distinzione si basa su forma e dimensioni del chicco. Il comune è tondeggiante mentre il superfino è lungo e ha dimensioni maggiori.

I RISI COMUNI Hanno chicchi piccoli e tondi, cuociono velocemente (in 12-13 minuti) e sono molto indicati per minestre e dolci. Le varietà che appartengono a questa tipologia sono il Rubino, il Bali, il Ticinese, il Selenio, il Pierrot, il Razza 253, l'Americano 1660, l'Elio, l'Auro, il Raffaello, il Cripto e il riso Originario. IL RISO ORIGINARIO Chiamato anche riso Comune o Balilla, è una cultivar molto antica e già classificata negli anni '20 del Novecento. Si tratta di un prodotto molto economico e saziante, la prima scelta delle famiglie meno abbienti del ventennio. Ha chicchi corti e tondi e un'elevata capacità di assorbimento dei liquidi, i tempi di cottura sono molto brevi, tra i 13 e i 15 minuti, ed è perfetto per preparare anche torte e dolci, minestre e minestroni I RISI SEMIFINI Hanno chicchi tondi di lunghezza media. La cottura si aggira intorno ai 13-15 minuti. Perfetti per condimenti in bianco, timballi e antipasti. Fanno parte di questa categoria il Titanio, il Monticelli, l'Italico, il Maratelli, il Piemonte, il Padano, l'Argo e il Vialone Nano. Ma anche varietà più ricercate come il Lido, il Romeo e il Rosa Marchetti.

I RISI FINI I chicchi dei risi fini sono lunghi e affusolati e hanno tempi di cottura non inferiori ai 16 minuti. Tengono molto bene la cottura e sono quindi adatti alla preparazione di risotti e insalate, dove i granelli devono restare ben separati tra di loro. Fanno parte del gruppo l'Europa, il R.B., il Ringo, il Romanico, il P. Marchetti, il Radon, il Veneria, il Rizzotto, il riso Ariete, il Bonnet, il Loto, il Molo, il Riva, il Cervo, il riso Drago, il riso Smeraldo, il Vialone nero, il pregiato Sant'Andrea e il Ribe. I RISI SUPERFINI Sono il meglio del meglio, si distinguono per i chicchi grossi e molto lunghi. La loro cottura non è inferiore ai 17-18 minuti, ma in alcuni casi può arrivare anche a 20. Perfetti per i risotti, grazie alla quantità di amido che rilasciano in cottura e alla loro capacità di assorbimento di acqua e contorni. Fanno parte di questa categoria: il Redi, l'Arborio, il Volano, il Roma, il Razza 77, l'Ilapatna, il Silla, il Gritna, il Koral, l'Onda, il riso Strella, il Miara, il Panda, il riso Vela, il riso Star, il riso Baldo e il più pregiato di tutti, il Carnaroli. IL RISO ROMA La varietà Roma è il compromesso ideale. Un riso a chicco lungo, affusolato e perlato (quest’ultima caratteristica lo distingue dal riso Baldo, a prima vista molto simile). Molto versatile in cucina, anche grazie ai suoi tempi di cottura contenuti, assorbe bene i liquidi grazie al chicco corposo, caratteristica fondamentale per la riuscita di un buon timballo, sformato o riso in bianco. Nato nel 1931, si coltiva in tutte le terre da riso del nostro Paese: dalla prevedibile Lombardia, passando per il Piemonte e finendo con la Sardegna. Anche il riso Baldo e il Carnaroli si prestano allo scopo.

BBQ4All Magazine 093


RISO: LA COTTURA PER ASSORBIMENTO Cuocere il riso è facile, ma cuocerlo bene non lo è affatto. Può attaccarsi alla pentola, scuocere, diventare appiccicoso. Per fronteggiare tutti gli incidenti culinari del caso si sono inventati il riso parboiled, dall’inglese partially boiled, parzialmente bollito. Dopo essere stato posto in ceste metalliche e lasciato immerso in acqua calda a 50°C, questo riso “truccato” viene trattato con getti di vapore sotto pressione che indurisce l’amido presente in superficie. Successivamente viene “sbramato” ed essiccato. Il chicco del riso parboiled non scuoce e assorbe meno grassi, non si ammassa e risulta particolarmente digeribile e indicato per piatti freddi, pilaf e timballi. Detta così sembra un’invenzione geniale, ma vi assicuro che c’è la fregatura, nello specifico nella cremosità e nel sapore. Il riso parboiled, non liberando amido durante la fase di cottura, non si amalgama e richiede giocoforza l’aggiunta di altri ingredienti per renderlo commestibile. Come se non bastasse, avendo la superficie molto liscia, il chicco trattiene poco condimento. “Sì ma mia mamma fa l’insalata di riso con quello parboiled da una vita e viene un bijoux!”

Giugno 2021

Non lo metto in dubbio, ma la mia insalata di riso non nasce per essere mescolata, non necessita di un chicco che rimanga turgido a contatto con ingredienti ricchi di umidità. Per questo vi sconsiglio di utilizzarlo, con il beneplacito delle vostre mamme.

094

Come con le patate o la pasta, la sfida principale quando si cucina

il riso è capire come controllare gli amidi. Mentre le prime sono spesso cotte in molta acqua per lavare via l'amido in eccesso, il riso richiede un metodo di cottura più preciso. Se si fa bollire e si scola, si finisce per lavarne via il sapore delicato e per inzuppare eccessivamente i chicchi. Quindi si cuoce meglio con una quantità misurata di acqua in una pentola coperta, per scongiurarne l’evaporazione. II granuli di amido, che sono il componente primario del riso, tendono a non assorbire liquidi a temperatura ambiente. Mentre si riscalda il riso in acqua, invece, l'energia delle molecole del fluido in rapido movimento comincia ad allentare i legami tra le molecole di amido, permettendo all'acqua di penetrare. Questo a sua volta causa il rigonfiamento dei granuli di amido, i quali rilasciano alcune molecole gommose che poi agiscono come una colla per tenere insieme i chicchi. Il riso, a questo punto, si ammorbidisce e diventa appiccicoso o “inamidato". Come i nostri tuberi preferiti, il riso contiene due tipi di molecole di amido: l'amilosio e l'amilopectina. La quantità di amilosio e il contenuto proteico dei granuli di amido determinano le proprietà strutturali del riso - da sgranato e tenero ad appiccicoso e gommoso - quando è cotto. Eccezioni permettendo, il riso con un più alto contenuto di amilosio e proteine (come il riso a chicco lungo), una volta cotto, si presenta in grani separati, leggeri e teneri. Al contrario, il riso con un basso contenuto di amilosio e proteine (come l’Arborio) risulta piuttosto umido e cremoso, con chicchi che tendono ad appiccicarsi l’un l’altro. A causa delle differenze nel contenuto di


amilosio e proteine, i granuli di amido nel riso a chicco lungo si gonfiano e gelatinizzano a una temperatura molto più alta (70°C) rispetto ai granuli nel riso a chicco medio (62°C). I granuli di amido che gelatinizzano ad una temperatura più bassa rilasciano più amilosio, anche anche se ne contengono meno. Questo fa sì che i chicchi si attacchino tra loro. Il riso a chicco lungo contiene circa il 22% di amilosio e l'8,5% di proteine, e i grani sono da quattro a cinque volte più lunghi di quanto siano larghi. Necessita di più acqua per cuocere e, una volta cotto, rimane in grani separati che si induriscono man mano che si raffreddano (a causa del più alto contenuto di amilosio, sempre lui). Il riso a chicco medio contiene circa il 18% di amilosio e il 6,5% di proteine, e i grani sono da due a tre volte più lunghi di quanto siano larghi. Questo riso ha bisogno di un un po' meno acqua per cuocere rispetto al riso a chicco lungo e risulta tenero e leggermente appiccicoso.

BBQ4All Magazine

Il chicco corto contiene circa il 15% di amilosio e il 6% di proteine ed è quasi rotondo. Si cuoce in quantità d'acqua ridotte e può essere abbastanza appiccicoso e tenero da cotto. È l’ideale per piatti come sushi, in cui i chicchi devono rimanere praticamente incollati.

095


LA RICETTA DEL RISO COTTO PER ASSORBIMENTO Dose per 8 persone

INGREDIENTI • 1 kg di riso (Roma / Baldo / Carnaroli / Ribe / Jasmine) • 2 l di acqua PROCEDIMENTO 1. Mettete il riso in uno scolapasta o in un colino a maglie fini e sciacquatelo abbondantemente con acqua fredda. Servirà ad eliminare l’amido in eccesso. 2. Trasferite il riso in un tegame e versate l’acqua a temperatura ambiente, mescolando continuamente fino a quando i chicchi diventano “gessosi” e opachi (da 1 a 3 minuti). Alzate la fiamma e portate ad ebollizione.

Giugno 2021

3. Abbassate la fiamma, coprite con il coperchio e cuocete a fuoco lento fino a quando tutto il liquido non sarà stato assorbito.

096


BBQ4All Magazine

097


098

Giugno 2021


PRESERVARE IL COLORE VERDE Cos’hanno in comune i fagiolini, i piselli e le fave? Esatto, il colore verde. Una connotazione cromatica difficile da preservare in presenza di calore. Per fortuna noi conosciamo il metodo scientifico per risolvere il problema. L’ossidazione è un processo noto ed è causato da un complesso di enzimi che si chiamano polifenolossidasi. Vi basterà immergere l’ingrediente per 10 secondi nell’acqua bollente, poiché l’enzima si disattiva tra gli 80°C e i 95°C, e poi immediatamente in acqua e ghiaccio per ottenere verdurine quasi fosforescenti. Piccolo segreto dello chef: per preservare la brillantezza in maniera ancora più efficace potete aggiungere un pizzico di acido citrico o in alternativa un cucchiaino di succo di limone.

Piselli, fagiolini e fave Per verdurine ancora croccanti, impostate il bagno termostatico a 84°C. Cuocete 500 grammi di ogni ingrediente, sempre per 8 commensali. PER I PISELLI Inserite i piselli sbianchiti (o surgelati) in un sacchetto con poca scorza di limone, olio extravergine di oliva, un pizzico di aglio in polvere, sale e pepe. Cuocete per 20 minuti (fino ad un’ora). PER LE FAVE Come sopra, ma condendo con olio, sale, pepe e qualche foglia di basilico (anch’esso sbianchito). Cuocete per 20 minuti (fino ad un’ora).

BBQ4All Magazine

PER I FAGIOLINI Fagiolini sbianchiti nel sacchetto, filo d’olio, sale, pepe e buccia di lime. Cuocete per 20 minuti.

099


Peperoni,melanzane e zucchine Conoscete l’ember roasting? Non è un incantesimo di Dungeons&Dragons ma la cottura a contatto diretto con le braci. Gli alimenti più idonei a questa tecnica sono senza ombra di dubbio le verdure: la loro buccia è perfetta per schermare il calore delle braci e proteggerne il cuore. Inoltre, data l’importante presenza di acqua di vegetazione, la cottura della polpa interna avverrà grazie al vapore generato dal calore. La procedura da seguire è semplice: assicuriamoci che il carbone sia ben acceso e con un leggero velo di cenere bianca, poi prendiamo l’alimento e lo posizioniamo sulle braci. Più volte andremo a girarlo, più il sentore di affumicato della polpa sarà intenso, grazie alla maggiore quantità di buccia interessata dalla carbonizzazione superficiale.

Giugno 2021

Una volta che il nostro ortaggio sarà cedevole al tatto e avvizzito andante alla vista sarà pronto per essere tolto dalla cottura, pulito dalle parti carbonizzate e utilizzato per altre preparazioni. Provateci coi peperoni, per l’insalata ve ne baste-

100

ranno 4: vanno girati più volte in modo da carbonizzare più pelle possibile, in questo modo sarà più facile eliminarla dopo la cottura. Per capire quando sono pronti è sufficiente bucarli con uno stuzzicadenti o con la punta di un termometro per alimenti. La punta dovrà entrare senza incontrare resistenza ma senza sfilacciare la polpa. I peperoni dovranno essere spellati e andranno rimossi semi e filamenti interni prima del successivo utilizzo. Provate a tagliarli a listarelle e a condirli semplicemente con olio, aglio e un trito di erbe aromatiche. Lasciate che si insaporiscano per un paio d’ore e poi serviteli col riso. Se volete, potete spruzzare qualche goccia di limone per donare una punta di acidità. Non potete accendere il dispositivo o siete a secco di carbone? Sfiammate il peperone con un cannello, come ho fatto io. Una volta fiammeggiato a modino, grattate via la pelle bruciacchiata con il dorso di un coltello, eliminate i semini e tutto il resto e tagliate a listarelle, come descritto sopra.


E le melanzane? Prendetene due, di grosse dimensioni (lunga viola, napoletana o violetta palermitana), tagliatele a fette spesse 5mm o a striscioline e fatele asciugare in forno ventilato a 50°C per 3060 minuti. Il passaggio a contatto con il calore secco servirà ad asciugare la superficie e favorire la formazione della crosta di cauterizzazione. Quindi friggete le melanzane in olio di semi di arachidi a più non posso e tenetele da parte.

scaldatelo a 84°C. Tagliate le carote a filetti, in senso verticale. Nel sacchetto aggiungete un pezzetto di burro, rametti di timo delle dimensioni di un pollice, mezzo cucchiaio di scorza di limone, un pizzico di sale e pepe. Tenete il sacchetto nel bagno termostatico per un’ora. Poi raffreddatelo immediatamente con acqua e ghiaccio e conservatelo in frigo, senza aprirlo.

Fate la stessa cosa con le zucchine, 4 saranno sufficienti. Tagliatele a rondelle spesse 3mm e sistematele su una teglia forata. Lasciatele essiccare a 50°C per mezzo’ora e friggetele in olio di semi di arachidi bollente (160°C-180°C). Una volta freddate, conditele con abbondante basilico e aceto balsamico.

PATATE. I nostri tuberi preferiti vanno nel sous vide a 90 gradi per 90 minuti. Tagliate 1kg di patate (pelate) a cubetti o a fette spesse e lasciate cuocere con una nocina di burro, sale e pepe macinato grossolanamente. Raffreddate e mettete da parte.

Patate, carote e legumi Per ottenere la sfumatura di cottura ideale affidatevi al sous vide.

BBQ4All Magazine

CAROTE Ve ne basteranno 6. Preparate il sous vide e preri-

LEGUMI SECCHI (FAGIOLI, CECI, CICERCHIE) Immergete 200 grammi di legumi secchi in un litro di acqua per 16 ore, parcheggiateli in frigorifero. Quindi trasferiteli nei sacchetti, aggiungete 400 grammi di acqua e cuoceteli a 90°C per 75/90 minuti. Fate raffreddare e conditeli con olio extravergine di oliva, sale, pepe e una cipolla di Tropea affettata finemente e sbianchita in acqua fredda e aceto di mela in rapporto 1:1.

101


102

Giugno 2021


CIPOLLOTTI MARINATI Bilanciare un’insalata di riso con più elementi acidi è fondamentale. Il topping che manca al nostro piatto freddo del cuore è il cipollotto marinato, che si fa così: INGREDIENTI • 4 cipollotti freschi • 3 parti di aceto di vino rosso • 1 parte di succo di arancia • Sale q.b. PROCEDIMENTO: Liberate i cipollotti dalla parte verde apicale, tagliateli a filetti e immergeteli in una miscela di aceto di vino rosso e succo d’arancia appena spremuto. Lasciate ammalvire e scolate il tutto, risciacquate velocemente sotto un getto di acqua freddissima e condite con olio extravergine di oliva, chiffonade di basilico (tagliato in filamenti) e sale.

BBQ4All Magazine 103


LE SALSE

Partiamo con il classico dei classici, l’invenzione del secolo, il cibo degli dei. Iniziamo con la mia salsa (e cosa) preferita al mondo: la maionese. Ma prima un doveroso recap sulle emulsioni, per gli abbonati dell’ultima ora.

Che cos’è un’emulsione? Per spiegare cos'è, partiamo dalla maio­ nese: è un’emulsione di olio, senape e una parte acida tenuta insieme dall’uovo che fa da agente emulsionante. Olio e acqua non si mescolano, lo sanno proprio tutti. Eppure pochi sanno perché. Le molecole d'acqua sono elettricamente sbilanciate, o polari: ognuna ha una leggera carica positiva intorno all'atomo di ossigeno e cariche negative parziali intorno ai due atomi di idrogeno. Le molecole d'acqua tendono quindi a legarsi tra loro perché l'estremità negativa di una attrae l'estremità positiva di un'altra. Ma le molecole di olio, essendo apolari non interagiscono così bene con l'acqua come l'acqua si mescola con se stessa. Infatti, gli scienziati si riferiscono ai grassi come molecole idrofobe, ovvero che “temono” l'acqua.

Giugno 2021

Se mescoliamo molto forte acqua e olio, questo si frammenterà in goccioline piccole piccole, che tuttavia non si scioglieranno mai veramente nell'acqua. A occhio nudo può sembrare che si mescolino perché le goccioline sospese hanno la capacità di diventare microscopiche.

104

Le emulsioni sono meta-stabili, significa che, trascorsa una frazione di tempo, si separano negli elementi che le compongono. Ma questo non vuol dire che non si possa fare nulla per legare più a lungo queste componenti. Le goccioline d'olio o le bolle d'aria sospese in un liquido sembrano e si comportano come particelle solide. Queste particelle influenzano la capacità

dell'acqua di muoversi e quindi conferiscono alla miscela proprietà distintive. In qualsiasi emulsione, sono due gli elementi imprescindibili: olio (o grasso liquido) e acqua (o qualsiasi liquido a base d'acqua). Uno di questi elementi svolge il ruolo della fase continua (detta anche fase disperdente), che è la porzione che sospende le goccioline dell'altro elemento, detta fase dispersa o discontinua. Se la fase continua è acqua e la fase dispersa è olio, questa viene chiamata emulsione olio-acqua, o emulsione O/A. Il latte, allo stato naturale, è un'emulsione O/A con particelle di grasso di latte disperse in tutta la fase acquosa continua. Anche la panna e la maionese sono emulsioni O/A. Per quanto riguarda il rovescio della medaglia, il burro è un esempio di un'emulsione acqua-in-olio, o A/O. Qui un elemento oleoso (grasso del burro) sospende uno stato disperso dell'acqua dalla panna. Una parte del grasso del burro si solidifica in minuscoli cristalli che aiutano a stabilizzare l'emulsione. E come facciamo per rendere stabile un’emulsione? ridurre le goccioline alla dimensione più piccola possibile aiuta a creare un composto relativamente stabile per sua natura. Ma per far sì che l’emulsione duri a lungo è necessario aggiungere un emulsionante, un agente che aiuti a creare o a rompere un’emulsione. Di base, le miscele di emulsionanti funzionano meglio di un emulsionante solo. Una regola generale è che il volume di un emulsionante O/A deve essere circa il 5% del volume della fase oleosa. Uno tra gli emulsionanti più potenti ce l’avete in cucina, è il tuorlo d’uovo, ricchissimo di lecitine. Detto questo, passiamo alla parte divertente.


LA MAIONESE CLASSICA

dose per 400gr circa

INGREDIENTI: • 1 uovo intero (56 g) • 2 tuorli (36 g) • 20 g di senape • 125 g di olio di semi • 125 g di olio extravergine d'oliva • 10 g succo di limone • 10 g di aceto distillato di alcol (o aceto bianco) • 3 g di sale PROCEDIMENTO Prendete 3 uova e sistematele in un bagno termostatico a 57°C per 1 ora e 15 minuti. Questa è una tecnica di pastorizzazione molto rapida ed affidabile di cui non vi avevo mai parlato, provatela. Terminata la pastorizzazione, versate nel bicchiere del mixer i tuorli e l'uovo intero, il succo di limone, la senape e il sale. Iniziate ad emulsionare con il mixer ad immersione (se non si emulsiona subito il tuorlo tende a coagulare). Versate a filo, molto lentamente, l'olio continuando sempre a frullare. Proseguite con l'olio extravergine d’oliva versato sempre a filo. Terminate con l'aceto continuando ad emulsionare ancora un attimo, vedrete che entro pochi minuti acquisirà la consistenza giusta. Questa maionese si conserva in frigo per due settimane

BBQ4All Magazine 105


LA MAIONESE DI POMODORO dose per 400gr circa

INGREDIENTI: • 4 tuorli (145g circa) pastorizzati (come sopra) • 145 g di polpa di pomodoro • olio extravergine d’oliva q.b. o olio al pomodoro (vedi ricetta scientifica del numero di Maggio 2021) • 3 g di sale PROCEDIMENTO Prendete dei pomodori da insalata, quelli tondi andranno benissimo. Privateli della polpa e dei liquidi di vegetazione e tenete da parte le coste, per fare una concassé (una dadolata insomma).

Giugno 2021

Filtrate la polpa con un colino ed eliminate tutti i semi, quindi emulsionate con il frullatore ad immersione con il sale. Aggiungete l’olio al pomodoro (o l’olio extravergine di oliva) a filo ed emulsionate fin quando la maionese non diventa come in foto.

106


BBQ4All Magazine

107


L'INSALATA DI RISO SCIENTIFICA Se avete svolto tutti i compitini, vi ritroverete con tutta questa sfilza di ingredienti già belli che pronti. Facciamo l’elenco di rito INGREDIENTI dosi per 8 persone • • • • • • • • • • • •

6 carote a filetti già cotte 8 fettine di limone fresco 100 g di cucunci (frutti del cappero) 200 g di olive verdi in salamoia 2 ravanelli tagliati a fettine sottilissime 300 g di prosciutto crudo a listerelle 300 g di mortadella tagliata a tocchetti 4 peperoni già pronti 4 zucchine fritte 500 g di fagiolini al lime Concassé di pomodori avanzati dalla maionese 200 g di olive nere sott'olio

• • • • • • •

4 cipollotti marinati 500 g di piselli pronti 1 kg di patate lesse e condite 2 melanzane già fritte 500 g di fave o fagioli/ceci 1 mela verde tagliata a fettine 250 g di frutta secca mista e tostata (noci, anacardi, mandorle, pistacchi, noci di macadamia, arachidi, noci brasiliane ecc..)

da accompagnare con • Maionese classica • Maionese di pomodoro

PER IL SERVIZIO Predisponete un piatto piano bello spazioso per ogni commensale e impiattate 150 grammi circa di riso cotto (leggermente sgranato con poco olio), giusto nel mezzo. Divertitevi a disporre a raggiera tutti i topping, lasciando agli ospiti la libertà di dosarli in base ai propri gusti. Non vi scordate di accompagnare l’insalata di riso con due ciotoline o due piccoli squeezer riempiti di maionese e maionese di pomodoro. Sedetevi con i vostri compagni di desco e godetevi lo spettacolo delle menti creative e affaccendate ad assemblare l’insalata di riso più bella e più buona. Subito dopo, con piglio da strateghi delle padelle, riflettete sulla frase che segue.

“Fare una buona insalata di riso vuol dire essere un diplomatico brillante, il problema è identico in entrambi i casi: sapere esattamente quanto olio bisogna mettere assieme all’aceto.”

Giugno 2021

Gianfranco Lo Cascio

108


BBQ4All Magazine

109


Aspettative, delusioni, allegorie.

[Non è un refuso] Seguo

a cura di Emiliano Nencioni

Aveta mai rovinato una grigliata? E non intendo dire “resa non esattamente ottimale”, ma proprio rovinata, devastata, resa un brutto ricordo per tutti i presenti. Parliamo di gente che se ne va sbattendo le porte, bambini che piangono, indici puntati, suocere/ nonne col mento all’insù intente ad emanare giudizi insindacabili, persone care che vorresti vicine, o alleate, che trovano nuovi ed elaborati modi di esprimere la loro delusione verso di voi.

Giugno 2021

Uno psicodramma in miniatura dove la piccola porzione del mondo visibile ai vostri occhi percepisce come generatore di caos e sventura proprio voi, eleggendovi di fatto a supercattivo di livello planetario.

110


in queste pagine, particolari da Ferdinand Hodler - Disappointed Souls (1892) Succede. Almeno, secondo me succede, può succedere, è già successo e ipoteticamente succederà. Investiamo centinaia di pagine ogni mese per dirvi come diventare i migliori griller del globo terracqueo, come affinare ogni risultato da “ottimo” a “perfetto” ma, si sa, le cose vanno anche male. O non vengono apprezzate. Vi diamo i mezzi per essere i migliori, ma forse non ci siamo concentrati troppo sullo strutturarvi ad affrontare il fallimento: nutriamo il vostro ego, fabbrichiamo senza sosta gli esperti di fiamma più (legittimamente?) tronfi d’Italia isole comprese, e mai una parola su come non farsi sopraffare dal naufragio e dal tracollo dei vostri gloriosi propositi. É di nuovo quel periodo dell’anno: sole, lockdown (quasi) finito, coprifuoco mitigato, ma soprattutto saldi e grandi svendite di grigliette brutte, kettle di ogni prezzo, pinze, forchettoni, ciminiere e bricchette. Un’ennesima generazione di nuovi appassionati di cottura su fiamma sta nascendo e, nella loro incarnazione fetale, i nuovi virgulti saranno per qualche tempo dei principianti totali con un’incrollante fede nella loro memoria genetica. “Io ne so a pacchi, grigliavo sempre con mio padre” “Aaah, come griglio io… è una tradizione in famiglia!” Hanno ricordi d’infanzia ingentiliti dal tempo, quindi sono grigliatori provetti: strane implicazioni elette a verità indiscutibili. Inoltre, “Ho degli occhiali da sole molto grossi e mi faccio foto davanti alla griglia col forchettone e la sigaretta all’angolo della bocca, quindi non vedo come possa essere meno che eccellente in questo campo” (Street credibility declinata su Instagram).

BBQ4All Magazine

Per un discorso di mera probabilità, succede (può succedere!) che uno dei novellini, potenziali futuri appassionati, sia amico o parente di uno dei lettori del Magazine che, essendo preparatissimo e

111


volenteroso di fare nuovi proseliti, in uno sprazzo di generosità e indubbia voglia di protagonismo si offra di condurre in prima persona il debutto della nuova griglia, diventando il gran ciambellano della bricchetta, il maestro di cerimonie del forchettone, nume tutelare del neofita, insomma “ci penso io che sono bravo, faccio i corsi, leggo la rivista, faccio polemica online, ho un sacco di like, sono pit master, sono tutto io”. Beh, è vero o no? Il divario fra il carbonizza-proteine medio e un grigliatore consapevole è immenso. Non c’è storia. “Ci penso io, ti svolto la grigliata, fai un figurone”. Ecco, il disastro in questo momento è già avvenuto, solo che, non pensando quadrimensionalmente, ancora non lo vediamo. Vorrei proporvi un’analogia con la caduta dei gravi: affacciatevi alla finestra, lasciate cadere il cellulare; nell’istante in cui lasciate la presa sapete già che nei prossimi momenti della vostra vita avrete a che fare con uno schermo in frantumi, con la necessità di ordinare un telefono nuovo, con la seccatura di dover temporaneamente utilizzare un Motorola a conchiglia almeno per le telefonate, con la sensazione stranamente soddisfacente di togliere la pellicola protettiva allo schermo nuovo e con l’imbarazzo di dover spiegare che avete distrutto un telefono ragionevolmente ancora valido per verificare un esperimento mentale sulla quadrimensionalità suggerito su una rivista di carne alla brace.

Giugno 2021

Paragonando lo scorrere del tempo alla forza di gravità (e non è neanche una cosa così azzardata - fate le vostre ricerche se vi interessa) vedete bene che la grigliata, appena dopo la vostra offerta di collaborazione, è già rovinata: avete impostato tutti i presupposti per il disastro, non avete predisposto nessuna rete di salvataggio; gli eventi si succederanno immancabilmente e inevitabilmente verso le più funeste conseguenze.

112

Mi rendo conto possa risultare modicamente pessimistico come ragionamento, e siamo d’accordo, le cose potrebbero anche andare bene, ma solo con i giusti presupposti. Faccio un esempio. -“Mi raccomando non fare come tuo solito, non causare ritardi, se devi fare una procedura lunga come tuo solito inizia prima, anzi non la fare proprio: siamo lì per passare una giornata, non è una gara, non vivere tutto con ansia e competizione!”


-“Nessun ritardo! Tutto calcolato, promesso! Lo faccio per dare a tutti un’esperienza sensoriale irripetibile, altro che quella carnaccia dura!” -“Non è che ti presenti con quei tagli che capisci solo tu, con i sapori che piacciono a te, e poi fai storie se nessuno nota la tua grande padronanza della materia? Cerca di fare cose comprensibili a tutti, anche alla prozia ottuagenaria. E non ripetere come un mantra che le tue abilità sono di gran lunga superiori, che si arrabbiano” -“Ma, beh, le mie abilità, grazie anche a un continuo studio e al mio abbonamento, ..:” -“Cerca di non essere te stesso se puoi, ok?” Da qui, una valanga inarrestabile di eventi concatenati. Vi presentate con un’ora di ritardo, perché la salamoia perfetta nella quale avevate lasciato il pollo aveva bisogno di esattamente quel tempo di immersione; vi cimentate in una veloce lezioncina di chimica organica, argomentando di osmosi, percentuali di parte acida e parte grassa, e alle vostre spalle una ragazzina vestita con troppa autostima vi fa il verso. Iniziano a chiamarvi “professorone”. Dopo ventotto minuti di filippica contro la griglia arcaica del patriarca e un paio di inconsapevoli sacrilegi, vi accingete a mettere le bricchette nel kettle: un stormo minaccioso di adulti affamati vi circonda in attesa di rosticciana dura, scamerite annerite e maledetti zucchini carbonizzati, ma con ampio gesto annunciate che il kettle sarà settato per una cottura indiretta di un magnifico magatello di Black Angus affumicato al Pecan, pronto in neanche due orette. Alla disperata supplica di “almeno qualcosa per i bambini”, interpretabile spesso come “qualcosa per fare stare zitte queste diaboliche sirene antiaereo”, poco prima delle due del pomeriggio un ospite avrà reagito andando a recuperare in una botteguccia poco distante delle salsicce di maiale, da fare aperte a libro adagiate su un carrello del Conad rovesciato su un falò. Vi sarete subito opposti, che fra pochino la bistecca è quasi pronta, rimangono solo due ore di reverse searing.

Ecco l’inevitabile sconfitta, il marciapiede che arresta fragorosamente la caduta del telefono dell’esempio fatto poco sopra. Una sconfitta che potrebbe succedere o non succedere, ma che può essere devastante se non avete i mezzi giusti per provare ad affrontarla. “Perchè tu sei così, sei sempre così, non si può fare affidamento su una tua promessa di normalità, devi strafare, primeggiare, quando non riesci neanche a calcolare i tempi, e fai aspettare, aspettare, sempre aspettare, ti aspetti che il mondo rallenti per soddisfare i tuoi giochini” - sarà l’ipotetica dura reprimenda di una persona a caso fra quelle a voi più care. Avrete un bel da fare a cercare di spiegare che non è così, che vorreste sempre le cose belle, perfette e venute bene, ma che è successo questo e quell’altro impedimento, che in linea teorica tutto avrebbe dovuto risolversi in tempo, in un borbottio affannato simile agli sforzi di Don Abbondio alle prese con un imbestialito Renzo Tramaglino. Da autorità incontrastate della griglia, beniamino delle folle e dei commensali che volevate essere, vi ritrovate ad essere il rovinatore di pomeriggi, l’indignatore di zie, il piangitore di bambini, la delusione incarnata. “Come al solito non…” C’è sempre un punto, nelle accuse che vi verranno mosse, in cui salta fuori quel “come al solito”. Quindi non è cosa nuova, questa delusione che stanno coralmente manifestando. É duro partire con le migliori intenzioni e poi ritrovarsi (come al solito?) invischiati in un malcontento generalizzato, prendere una iniziativa e poi pentirsene amaramente, e la cosa può destabilizzare anche il più granitico e tetragono di voi.

BBQ4All Magazine

La prozia autarchica tuonerà contro le vostre “americanate moderne, col ketchup e l’ananas (?) messi sopra qualsiasi cosa, mentre con la carne italiana basta un filo d’olio”; la fame e la rabbia avrà fatto saltare i freni inibitori a molti invitati altrimenti accomodanti, e inizierà a serpeggiare

una certezza: “la colpa è sua, fa sempre così”. I pochi bambini ancora presenti otterranno di essere accompagnati ad un salvifico fast food, alcuni amici avranno imbastito una chat segreta su WhatsApp dove scambiare vostre buffe foto accompagnate da didascalie oltraggiose. Nel frattempo, è ormai certo che il magatello sarà pronto per cena, il pollo marinato tenuto fuori dal frigo puzza di labrador bagnato, i più intransigenti sono fuggiti quando avete parlato di “bistecca in forno”.

113


“Ecco ma potevo starmene a casa mia a grigliare, no? Mi compravo la mia carne costosa, me la grigliavo come pareva a me, e poi mi dicevo anche bravo. Invece no, voglio fare la cosetta perfetta, salta un dettaglio, lascio tutti a digiuno e… se la prendono con me” Scatta un meccanismo perverso: l’ipotesi della fuga. Spiego meglio: “Basta, chi me lo fa fare, quasi quasi smetto con queste cotture, tanto non vengo apprezzato, smetto anche di grigliare, partecipo solamente alle grigliate di altri, borbottando in un angolo” Buone notizie! Se avete questa reazione non avete voglia di farla finita con le grigliate, avete solo voglia di farla finita con le delusioni. É una cosa che ricorda molto il comportamento “fight or flee” (combatti o fuggi), tipico di ogni specie animale davanti alle avversità: dopo aver combattuto tanto (studiando, leggendo il magazine, impegnandovi, investendo somme di tutto rispetto in carne e combustibile per raggiungere una certa esperienza, ma anche cercando di far capire ad un pubblico un po’ ingrato il motivo dei vostri sforzi), stanchi e sfiduciati, potreste sentire il bisogno di fuggire. Ma la fuga non è dalla grigliata, la fuga non è dalla passione della cottura scientifica, e accorgersi di questo particolare è di fondamentale importanza. La fuga che il vostro animo vi implora di attuare è quella dalle reazioni tossiche. Volete che a sparire nel più breve tempo possibile siano gli sguardi di disapprovazione, non quei tre chili di Denver Steak in congelatore.

Giugno 2021

Ripetete ad alta voce: non è voglia di farla finita con le grigliate, è la stanchezza, è la voglia di vincere; non volete smettere di grigliare, volete smettere di grigliare “non capiti”. Non è una resa, è una fuga! E, visto che non è ammissibile una Seguo senza l’aneddoto storico minimamente attinente, ecco a voi l’aneddoto storico a proposito di “figura cara che si rivela delusa e ci rimani talmente male che smetti”:

114

Avrete sicuramente sentito parlare di Nikola Tesla, inventore di origini Croate, genio senza paragoni degli inizi del 1900, ritenuto “inventore dello stesso XX secolo”; darò anche per scontato che abbiate almeno fatto una breve ricerca su Wiki-

pedia e che già sappiate che non era proprio un individuo facile, dal comportamento lineare e specchiato, simpatico o socialmente accettabile. Il giovane Tesla nonostante una mente più che brillante abbandonò prematuramente gli studi, ossessionato dall’idea di realizzare un motore a corrente alternata, per poi perdersi completamente nel gioco d’azzardo in un baretto malfamato di Maribor, dilapidando ogni soldo suo e della famiglia. La signora Tesla, madre del più grande genio della storia, pieno di fissazioni e idiosincrasie, decise ad un momento di presentarsi dal figlio brandendo tutti i contanti rimasti e affermando amaramente: “prendili tutti, tanto non sei capace di fermarti: prima li avrai finiti, prima smetterai”. Nikola ci rimase malino ed effettivamente prese le distanze dal gioco d’azzardo, riprese lentamente le redini della sua vita e diventò quello che oggi sappiamo essere stato: il genio più fecondo e più turlupinato della storia dell’ingegneria. Se l’inventore della corrente alternata e capostipite assoluto di ogni geek disadattato può ricevere una mazzata simile e andare avanti probabilmente potete anche farlo voi, se si sono imbestialiti perchè ad una grigliata pensata per pranzo tutti sono stati capaci solo di bere la Cola finta del discount e di rubare mezza salsiccia cruda a causa della vostra imperizia e ostinazione. So bene che saprete benissimo che hanno ragione loro, e che questo al vostro ego fa solo più male. So anche che vi aspetterete, in chiosa di rubrica, una soluzione: un escamotage brillante per non essere la delusione planetaria del barbecue, per non dover ancora una volta ascoltare la spiegazione dettagliata di come le vostre ripicche infastidiscano persone che volevano solo una bistecchina di maiale e una costina in carbonio puro. Ma, vi dirò: Nikola Tesla dopo gli eventi di Maribor raccontati sopra si trasferì negli Stati Uniti, dove si fece soffiare ogni brevetto possibile, dove si fece sfruttare prima e sfottere ferocemente poi dal tremendo Thomas Edison, e dove, fatalmente… riprese a giocare d’azzardo, perché solo in quei momenti era minimamente felice. E vi aspettate una soluzione geniale dalla Seguo?

Emiliano Nencioni


BBQ4All Magazine

115


CLUB

Diretta m e n t e da lla co m m u n i ty di ma e s t ri d i ba rbecue pi ù grande d’I tali a, nasce i l prest i gi oso club c h e ti offre la possi bi li tà di avere: a ccesso p ri or i tar i o al meg astore, dove pot ra i fa re ra zzi e m ent re tutt i gli a lt ri “ sono i n coda ” ; u na p rogra m ma zi o n e i n telli g en te dei tu oi acq u i sti gra zi e a l c re di to m e nsi le prepa gato (scegli tu quanto); u n coa c h pr i vato c h e ti g u i derà n e l fa rt i vi ve re l’ e s p eri enza

pi ù ecci tant e di sem pre

co n la pre p arazi one dei tuoi pi att i ; e molto altro an cora. . . Av ra i tu tto qu es to s o lo s e ti i s c r i vi s u bito a l MEG ASTOR E CLUB, l’uni co luogo ri servato a u na c e rc hia r i s t re tta d i a s pi ra n t i gri ll ma s t e r c he desi dera no a pprendere pi ù velocement e e nel modo p iù accurato possi bi le, la s ubli m e a rt e del gri ll. Pu oi di si scri vert i quando vuoi e i l tu o c red i to sarà sempre di s pon i bi le.

collegat i a

H T T PS : / / C LU B M E G ASTO R E . B BQ 4 A L L. I T e c h i e di i n formazi oni pi ù detta gli at e, pr i ma c h e i coac h fi ni sca no e le i scri zi oni chi uda no.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.