BBQ4All Magazine numero 34 - Ottobre 2021

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N°34/ANNO 3 - OTTOBRE 2021

L' HAMBURGER

PIÙ BUONO? CHIEDILO AL COACH

15 ricette originali + una davvero speciale Arte Bianca: BBQ4All Potato Roll Una patata non ci basta: French Fries, Tostones, Sedano Rapa, Yuca, Yam e Taro

LA RICETTA SCIENTIFICA DI GIANFRANCO LO CASCIO

Risotto al Parmigiano Reggiano 40 mesi


Direttore Editoriale Rossella Neiadin

Redattore Capo Michela Bongiorni

Redazione

Enio Berton Virgilio Brunetti Tommaso Buccafurri Nunzia Clemente Roberto Dal Bosco Salvatore Di Mento Luca Gallozza Marco Gerometta Mariangela Ibba Gianfranco Lo Cascio Riccardo Meniconi Giovanni Minelli Emiliano Nencioni Elena Ninotti Andrea Spaggiari Alessandro Trezzi Carlo Trono Paolo Tucci Alex Vasile Caterina Vianello Alberto Zonghetti

Realizzazione Grafica

Impaginazione Carlo Trono Illustrazioni di Eleonora Castagna e Ozzy Bellesi Fotografie di Rossella Neiadin, Luca Gallozza, Tommaso Buccafurri, Elisa Giuli, Emiliano Nencioni

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IN DI Rubriche

Editoriale - L'hamburger perfetto in 5 mosse

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Porfolio gastronomico- L'hamburger, un equilibrio sopra la follia

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I burger dei coach di BBQ4All Gianfranco Lo Cascio - Auber burger

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Emanuele Bardini - Hot burger

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Enio berton - Friul burger

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Michela Bongiorni - Baby back ribs burger

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Virgilio Brunetti - The Beast burger

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Alessandro Colusso - Tropea Burger

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Salvatore Di Mento - Double Shimofuri burger

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Simone Dieci - Umami burger

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Daniele Faresin - Fiòl Burger

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Emiliano Nencioni - Champion's burger

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Guli Pontiggia - Honey Jalapeno burger

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Dario Salbego - Lobster burger

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Vincenzo Santoro - Zen burger

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Pie Spazio - Carbo burger

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Carlo Trono - Murgese burger

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Marco Zorzan - Granny smith burger

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Approfondimenti

Arte Bianca - BBQ4All potato roll

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The Chemical Griller- La fai facile a dire patata!

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De Gustibus - Mini è buono: guida ai miniburger perfetti

68

Across the pond - Il tacchino del ringraziamento

72

Nice to MEAT you- Tenderloin / Filetto

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La Ricetta Scientifica - Risotto al Parmigiano Reggiano

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Seguo - Concedersi un fiasco

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Editoriale di Gianfranco Lo Cascio

Come si fa

L'HAMBURGER PERFETTO IN MOSSE

Sì, lo confesso: sono un fanatico dell’hamburger ma non di una qualsiasi polpetta rotonda stretta fra due strati di pan brioche, no. L’hamburger deve avere dei tratti caratteristici che i nostri fratelli americani hanno delineato per noi. Non sto parlando di ricette o di condimenti, mi riferisco alle migliori tecniche per ottenere i migliori risultati. E cosa c’è nella vita di un mangione compulsivo di più utile e salvifico della scienza? Com’è possibile preparare un hamburger impeccabile ed evitare che il figlio maggiore chiami Glovo di nascosto? Con poche e semplici regole che hanno l’unico scopo di assicurarci un risultato eccezionale, ogni volta. Bando alle ciance e partiamo subito.

1. UTILIZZARE IL PANE GIUSTO Il panino usato per l’hamburger nel gergo si chiama bun. Il bun non deve essere un pane di tipo normale: dobbiamo utilizzarne uno che si integri perfettamente con la polpetta di carne. Un pane troppo duro, che richiede propulsione nella masticazione e per lo strappo, non è per niente adatto; ci costringe, inevitabilmente, a imprimere troppa forza che farebbe sgusciare fuori tutta la preziosa farcitura. Il bun dev’essere simile ad una brioche, molto morbido e abbastanza friabile. Questo non significa buttarsi sulla prima confezione di pagnottelle incartapecorite del supermercato.

(in Italia ne abbiamo più di 250), queste due ricette rispondono ad alcuni dei quesiti più interessanti della panificazione: possiamo creare una brioche che non sia troppo stopposa e non troppo burrosa? Possiamo fare un panino soffice in stile fast-food che abbia un sapore complesso? Possiamo farlo senza ricorrere ad additivi difficili da reperire? Sì, sì e sì. E potete farlo anche voi.

2. SCEGLIERE CON CURA IL PATTY E CUOCERLO ALLA PERFEZIONE Il patty, la polpetta di carne insomma, è il centro focale di tutta la preparazione, il sapore dominante del nostro panino. L'hamburger non deve sapere di pane, di salsa e di sottaceti. Deve avere il gusto di carne. Il primo parametro di degustazione della carne è che il sapore specifico, tipico di una particolare razza, è contenuto principalmente nel grasso, non nella polpa. È importante quindi stabilire il giusto bilanciamento tra massa magra e grasso nell'impasto del nostro burger. Una polpetta fatta di solo muscolo, a fine cottura, risulterà asciutta e stoppacciosa. Quella con un minimo di grasso all'interno risulterà di gran lunga più saporita e succosa. IL RAPPORTO MAGRO:GRASSO Pesate la carne magra a cubetti e il grasso a cubetti. Potete provare qualsiasi rapporto a partire da 50:50 (molto grasso, ma ha un senso) e fino a 100:0 (molto magro, anche questo ha il suo perché). Generalmente si propende per un rapporto tra il 60:40 e il 90:10 tra magro e grasso (a seconda del metodo di cottura finale) per ottenere l’equilibrio ideale di sapore, tenerezza e consistenza.

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Premesso questo, vi propongo due panini per hamburger, entrambi con la stessa personalità, appartenenti ai lati opposti dello spettro. Il primo è un panino da slider, con una tessitura eccezionale, l’ideale per i vostri smashed burgers; Il secondo è una brioche molto ricca e morbida, che ricorda la scuola francese. Esistono tantissimi altri tipi di panini

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Per capire il vostro rapporto magro:grasso preferito, dividete il vostro taglio di manzo in due gruppi separati. Carne magra da una parte, grasso bianco pulito dall’altra. Per esempio, in un rapporto 60:40 di grasso, peserete 600 grammi di carne magra e 400 grammi di grasso. Tagliate a cubetti i vostri pezzi e mescolateli insieme prima di macinarli.

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Il rapporto magro:grasso si calcola in base alla tecnica di cottura. Volete cuocere il vostro burger in sous vide? Optate per una polpetta più magra nel range 90:10 o 100:0. Forse vi sembrerà eccessivamente magra, ma cuocendola in sous vide

tratterete l'umidità che normalmente perdereste sulla griglia o su piastra. State pensando di grigliare il vostro hamburger? 80:20 è il rapporto ideale per evitare le fiammate. Cuocete l'hamburger in padella o su piastra in ghisa? Buttatevi su un 60:40! Tutto quel grasso aiuta la rosolatura e crea un hamburger super umido. Alla fine della fiera, potete macinare quello che volete e come volete, ma un burger composto all'80% di magro e al 20% di grasso è l’ideale. Fatte queste doverose premesse, è il momento di mostrarvi le quattro macro-categorie di burger.


HAMBURGER SOUS VIDE La cottura sous vide vi restituirà il più succoso (e magro) patty di carne che potete desiderare. Otterrete una polpetta soda ma tenera, succosa all’interna per via dell’umidità trattenuta, oltre a una perfetta cottura da parte a parte che solo il sous vide può garantire. Potete mantenere alto il rapporto tra magro e grasso perché la cottura uniforme e a bassa temperatura non lo asciugherà mai.

Rapporto magro-grasso: 80:20 fino a 100:0. Grana: 4,5 mm. Tipo di lavorazione: rapida. Aggiunte: Un tuorlo d'uovo per mezzo chilo di carne. Formatura: utilizzare uno stampo ad anello o una pressa. Temperatura di cottura consigliata: 55°/75°C per 30 minuti/1 ora.

SMASH BURGER aka BURGER SPIACCICATO Lo smash burger è tutto un equilibrio perfetto di consistenza e sapore. La croccantezza della cottura perfetta, la succosità che deriva da una percentuale di grasso elevato e il suo sapore e quello dei liquidi che si caramellano sotto la polpetta. Mescoliamo leggermente la carne e poi aggiungiamo tuorlo d'uovo e gelatina in polvere (la colla di pesce per intenderci) per trattenere l'umidità. Si può scottare velocemente e a temperatura elevata, e ottenere comunque una polpetta perfetta.

Rapporto magro-grasso: 60:40. Grana: 4,5 mm. Tipo di lavorazione: la carne va emulsionata spremendola tra le dita per cinque volte. Aggiunte: Un tuorlo d'uovo per mezzo chilo di carne, 1,5% di gelatina, 1% di sale. Formatura: No patty, basta formare una palla. Temperatura di cottura consigliata: Calda da paura! Utilizzare una piastra in ghisa o una padella antiaderente.

SLIDER Sono polpettine che cuociono velocemente, delle piccole bombe di sapore, sviluppato grazie a una cottura intensa su piastra piatta. Aroma intenso, mini burger super teneri - il tutto tenuto insieme dalla speranza e da una bella fettona di formaggio - cosa si può chiedere di più?

Rapporto magro-grasso: 80:20. Grana: 4,5 mm. Tipo di lavorazione: rapida. Aggiunte: Un tuorlo d'uovo per mezzo chilo di carne. Formatura: No patty, basta formare una palla. Temperatura di cottura consigliata: Calda da paura! Utilizzare una piastra liscia in ghisa o padella antiaderente.

STEAK BURGER Spesso e succoso. Una macinatura fine e l'aggiunta di gelatina ti assicureranno un patty sodo, pronto per essere affettato come una bistecca.

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Rapporto magro-grasso: 70:30. Grana: 3 mm. Tipo di lavorazione: la carne va mescolata rapidamente schiacciandola tra le dita. Aggiunte: 1,5% di gelatina, 1% di sale. Formatura: Modellare a mano una bistecca oblunga, spessa circa un 2,5 cm. Temperatura di cottura consigliata: 70 minuti a 55°C con 30 minuti di riposo, poi griglia o piastra in ghisa.

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MACINARE LA CARNE: I TAGLI IDEALI Il macinato confezionato è realizzato con ritagli di carne provenienti da tutta la carcassa, schiacciati attraverso dispositivi di macinatura con fori uniformi che garantiscono una consistenza omogenea “all’impasto”. Si divide in fasce a seconda della composizione. Il macinato può essere magro (85% di carne e 15% di grasso), extra magro (90% carne e 10% di grasso), o grasso (80% di carne e 20 per cento di grasso). A casa puoi diventare un cliente ancora più pignolo e tarare le tue percentuali in base al taglio di carne.

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Prendi nota:

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Flank Steak con rapporto magro-grasso di 90:10 Chuck Eye Steak con rapporto magro-grasso di 80:20 Rib Roast senza osso, alias "Ribeye" con rapporto magro-grasso di 75:25 Boneless Chuck Short Rib con rapporto magrograsso di 70:30 Brisket Primal, alias "Packer Brisket" con rapporto magro-grasso di 65:35

La punta di petto aka brisket: perché è il re degli hamburger Questo taglio è generalmente disponibile ovunque ed è anche relativamente economico per quello che si può ottenere da esso. Il costo sarà maggiore rispetto all'acquisto di carne per hamburger pre-macinata, ma non c’è paragone a livello gustativo. La maggior parte delle persone ha provato la punta di petto solo in alcuni modi. Il corned beef, il brisket affumicato e il pastrami sono le principali trasformazioni di questo meraviglioso taglio. E in tutte queste ricette, è necessario un prolungato tempo di cottura a bassa temperatura per sciogliere tutto il tessuto connettivo. Ma quando lo usate per la carne macinata, il tritacarne vi facilita il compito. Inoltre, ho scoperto attraverso le mie prove che in genere da un brisket raggiungo un rapporto magro-grasso di circa 62:38 - il rapporto perfetto di grasso per i nostri smash burger e steak burger. CAPIRE GLI AGENTI LEGANTI Una volta che il manzo è bello che macinato, che si fa? Frulliamo la carne e il grasso insieme o lo mescoliamo con le uova? Che funzione ha il tuorlo? E quando si sala la ciccia?


Adesso ve lo spiego. Leganti - Questi agenti vengono utilizzati per tenere insieme il più possibile il grasso e il sapore esistenti, rispettando la carne di manzo. Tuorlo d’uovo - Conferisce morbidezza al burger e aiuta a trattenere più grasso e succhi nella polpetta. Sale - Okay, il sale può rovinare il vostro hamburger se lo salate troppo presto, va aggiunto poco prima della cottura. Il rapporto è dell’1% tra sale e carne. Se non potete aggiungerlo poco prima di andare in griglia, strofinate l'esterno della polpetta. Gelatina - Aiuta a intrappolare l'umidità e forma una crosta super vetrosa sull'hamburger. MA - c’è un grosso MA - la vostra ghisa deve essere ben condizionata o si attaccherà tutto alla piastra. Il rapporto è l'1,5% di gelatina sul peso totale della nostra carne macinata, va aggiunta dopo che la carne è stata mescolata con il tuorlo d'uovo e il sale, proprio prima di finire sul fuoco.

PREPARAZIONE E IMPASTO Miscelazione o Creaming: varia a seconda di come cucinerete il vostro hamburger. Se vi apprestate a cucinare il burger in una padella, mantenete la carne sgranata e non la manipolate troppo, con la cottura sous vide bisogna stare nel mezzo, la cottura alla griglia invece richiede un impasto più cremoso. Porzionamento: gli smash burger e gli slider devono essere appallottolati e poi schiacciati, i burger in sous vide devono essere pressati in uno stampo ad anello dopo una leggera mantecata. Gli hamburger grigliati devono essere lavorati e poi pressati in una polpetta sottile e uniforme. Come funziona il tritacarne Il tritacarne è una semplice attrezzo con una trivella che spinge i pezzi di carne più grandi contro una lama e poi attraverso uno stampo che può variare di dimensione. La carne viene triturata mentre viene forzata attraverso la trafila dalla coclea. I componenti sono quattro: il corpo, la coclea, la lama e la trafila. Il tritacarne può essere elettrico o manuale e le sue parti funzionano così:

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Il corpo tiene insieme tutte le parti. La coclea spinge la carne verso la lama e la trafila. La lama taglia la carne contro la trafila. La trafila controlla la dimensione della grana.

grasso di 60:40, pesate 600 grammi di carne magra per 400 grammi di grasso pulito. Per un rapporto 80:20 calcolate 800 grammi di carne magra e 200 grammi di grasso e così via.

Cominciamo a macinare Suddividete la vostra carne e separatela in magra e grassa. Procuratevi un paio di ciotole o vassoi grandi e separateli per colore. Mettete la parte bianca (il grasso) in una ciotola e la parte rossa (la carne) in un'altra ciotola. Tenete la carne al freddo e lavorate su un pezzo alla volta se pensate di metterci parecchio tempo.

Raffreddate gli strumenti Lavorate con gli strumenti ben freddi, vi basterà tenerli nel ghiaccio per una mezz’oretta. Ricordate che fino a quando non si è pronti per cuocere, il calore è il nemico mortale della carne macinata. Il grasso del manzo inizia a sciogliersi a circa 26°C e il calore della vostra mano è certamente al di sopra di questa soglia. Ricordate, tutto il grasso che rimane attaccato ai taglieri, alle mani e ai recipienti, mancherà alla carne. Inoltre, la temperatura ambiente, favorisce lo sviluppo della carica batterica e l’ossidazione della ciccia. Da evitare assolutamente. Macinate la carne Le dimensioni della trafila più comuni sono: 3 mm, 4,5 mm e 10 mm. Se la macinatura è troppo fine, la carne rischia di diventare gommosa poiché la miosina appiccica tutto. Quando la grana è troppo grossolana la carne in cottura si sgrana tutta e diventa e dura. La dimensione perfetta per gli hamburger si assesta tra i 3 (in particolare per gli steak burger) e i 4,5 mm (per gli smash burger e gli hamburger grigliati). PREPARAZIONE E PORZIONATURA Una volta macinata, rimettete la carne di manzo in frigorifero per mantenerla bella fredda fino a quando non sarete pronti a mixarla e porzionarla. Poi aggiungete gli ingredienti e mescolate (o non mescolate) a secondo della vostra ricetta. E il peso? Io preferisco un patty da 200 grammi se mi accingo a preparare un panino, gli smash li faccio sempre da 115 grammi e gli slider da 50 grammi. Voi fate come più vi aggrada.

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Il taglio Tagliate la carne in piccoli cubetti di circa due centimetri per facilitare la macinatura. Questo vi impedirà di finire con del tessuto connettivo più lungo di due dita.

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Stabilite la vostra proporzione Selezionate il vostro rapporto magro-grasso e mixate in modo che il grasso sia distribuito uniformemente. Per farla semplice, per ottenere un rapporto magro-

Allineate la carne per un hamburger tenero Vi avverto: avrete bisogno di un partner per fare questa operazione. Introdotti nella cucina sperimentale del ristorante Fat Duck di Heston Blumenthal, gli hamburger a grana allineata vengono realizzati semplicemente raccogliendo i filamenti di carne che escono dal tritacarne, che devono rimanere distesi. Funziona così: mentre voi girate la manovella, al vostro amico toccherà raccogliere la carne assicurandosi che i filamenti rimangano allineati. La ciccia va poi arrotolata nella pellicola a mo’ di caramella e messa in frigorifero, a solidificare. L'idea è che se


tutti i grani rimangono allineati nella stessa direzione, l'hamburger finirà per essere più morbido, con una tessitura "aperta" che si sfalda con lo sguardo. Anche se questi hamburger restituiscono un'esperienza di degustazione davvero incredibile, sono molto difficili da manipolare, dato che non c’è agente legante che tenga i filamenti di carne insieme. GLI ERRORI PIÙ COMUNI E COME RIMEDIARE Problema: Il burger rilascia troppi succhi Soluzione: Cuocere ad una temperatura più bassa. Cuocere a calore meno intenso. Aggiungere il tuorlo d’uovo. Problema: Polpette dure e compatte Soluzione: Cuocere a una temperatura di cottura più bassa. Aumentare la percentuale di grasso. Fare una polpetta con un impasto più allentato. Problema: Polpette sbriciolate e asciutte. Soluzione: Cuocere a una temperatura più bassa. Macinare più finemente.

COME CUOCERE IL BURGER ALLA PERFEZIONE L'obiettivo è chiaro: crosticina croccante fuori, interno morbido e succoso. Per giungere a questo risultato è vietato ragionare per secondi e minuti. Il tempo di cottura è un'ipotesi. Non è possibile specificarlo con precisione, in nessuna preparazione. Quello che invece possiamo stabilire con accuratezza millimetrica è la temperatura finale della nostra polpetta. Gli effetti del calore sulla carne sono noti. La scienza ci dice esattamente a quale temperatura target

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Problema: Le polpette sono troppo morbide. Soluzione: Cuocere ad una temperatura più alta.

Risoluzione definitiva dei problemi Non vi va di comprare un brisket, di trimmarlo (ripulirlo dal grasso), di porzionarlo, di pesarlo, di separarlo e tritarlo e di aggiungere una serie di ingredienti per tenere tutto insieme? Allora ho la soluzione più veloce al vostro problema: fiondatevi sul Megastore di BBQ4All e fate scorta dei miei burger Blue Ox di Black angus. Ogni patty pesa 200 grammi, la porzione ideale per ogni occasione. Volete un’esperienza diversa e fuori dalla grazia divina? Accaparratevi i nuovissimi burger Shimofuri Farms. Sono fatti con carne Wagyu Full Blood, Kuroge nera, 100%. Disciplinare di allevamento giapponese, nata, cresciuta e macellata in Giappone, con un grado di marezzatura più vicino al gusto occidentale.

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dobbiamo arrivare per ottenere una data cottura: 55°C, patty poco cotto o “al sangue”, anche se sangue non è. A 65°C, cottura media. 75 °C ben cotto ma anche cotto bene. La migliore temperatura per l'hamburger, cioè quella che permette di conservare umidità interna e succulenza, si aggira intorno ai 65°C. Meglio poco meno che poco più. A quel grado di cottura il grasso è fuso e i liquidi sono ancora “intrappolati” nella trama. Cuocerlo oltre significa strizzare via liquidi, quindi succosità, quindi sapore. Importante: la sonda o il termometro a penna vanno inseriti al centro del burger e sempre dai lati (mai pungerlo dalla parte superiore!).

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Per ottenere la crosticina esterna, invece, è buona norma rigiralo molto spesso. Questo permetterà alla crosta di formarsi, mentre il calore penetrerà con più difficoltà, aiutandoci a non stracuocere la carne. Due regole semplicissime da tenere a mente: rigiratelo spesso e fermate la cottura a 65 gradi interni.

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La polpetta in padella o alla griglia Meglio cuocere la polpetta sulla piastra, in padella o in griglia? Dipende.

La piastra o la padella, avendo una superficie più ampia a contatto con la polpetta, ci consentono di ottenere una crosticina più estesa. Visto che crosta = sapore, il risultato sarà maggiore croccantezza e gusto. Con la griglia possiamo ottenere un risultato diverso. Gli spazi tra una griglia e l'altra permettono ai liquidi di cadere sopra le braci o sopra i bruciatori. Questi liquidi, a contatto con le superfici roventi, si vaporizzano all'istante e risalgono in forma di fumo aromatico. Questi fumi di risalita investono la polpetta e conferiscono quel sapore di affumicato che ci piace tanto. Inoltre, la parte di griglia a contatto, contribuirà a formare le famose “grill marks” le righe di cauterizzazione, anche quelle portatrici sane di sapore. In definitiva, piastra=tanta crosticina, griglia=sentore di affumicato. È semplice scelta personale, non c'è un meglio o un peggio, c'è quello che ci piace.

3. PREPARARE DA SOLI LE SALSE La salsa è un altro elemento spesso sottovalutato o sovrastimato. Nella stragrande maggioranza dei casi ci si affida alla triade ketchup, maionese e senape.


Lo scopo della salsa è quello di aggiungere umidità oltre che sapore. Spesso si usa in accordo al topping come interscambio tra gli elementi. Se uso un topping acido, per esempio i sottaceti, la maionese mi aiuta a controbilanciare l'acidità. Se uso un formaggio filante, il ketchup bilancerà con la sua spalletta acida il grasso del formaggio. Topping e salse si supportano a vicenda. Il primo è solitamente un ingrediente solido, la salsa è invece un fluido. Il topping aggiunge sapore e consistenza, la salsa sapore e umidità. Insieme bilanciano i contrasti.

4. PREPARARE I TOPPING Il topping è proprio l'elemento che aggiungiamo al burger per potenziarne, arricchirne e variarne il sapore. Nelle ricette tradizionali possiamo trovare cetrioli sottaceto e fette di pomodoro. La funzione del topping è di aggiungere varietà e potenza al gusto.

5. AMPLIFICARE IL GUSTO: IL RUOLO DEL GRASSO, DELL'ACIDITÀ E DELLA CROCCANTEZZA A questo punto abbiamo inquadrato gli elementi che caratterizzano l'hamburger perfetto. Pane, polpetta, topping e salsa. Adesso è necessario mettere gli elementi in equilibrio ricordando questa semplice regola: aggiungere sempre un po' di grasso, una punta di acidità e degli elementi croccanti. Un cheeseburger con il classico ripieno di formaggio cheddar accoglierà la freschezza dell'insalata iceberg e l'opulenza agrodolce di un buon ketchup, oltre alla croccantezza e alla sapidità di un buon bacon. Queste semplici regole non tradiscono mai: grasso, acidità e croccantezza come complementi al vostro hamburger perfetto.

Gianfranco Lo Cascio

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L'

HAMBURGER?

Un equilibrio di sapori sopra la follia di abbinamenti

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i sono cose che, bontà loro, ci si presentano già perfette, nella migliore incarnazione possibile, compiute, risolte e mature: volerne andare a modificare l’equilibrio, la composizione o la natura intrinseca è un atto che può presumibilmente portare solo al pentimento, al fallimento o al rimpianto. Se per il motore a scoppio con distribuzione ad aste e bilancieri, che pure ha una assoluta dignità e poesia tutta sua, una ricerca tecnica è stata cruciale verso un perfezionamento, una maggiore efficienza e un funzionamento più regolare ed affidabile, produrre un reboot in chiave moderna di Una poltrona per due avrebbe con molta probabilità solo effetti nefasti sulle carriere di registi e attori protagonisti. La ruota è stata un colpo di genio che ha accompagnato per secoli i traffici dell’Homo habilis, ma la camera d’aria, il pneumatico radiale, la ruota fonica per il sistema antibloccaggio sono state innovazioni cruciali e irrinunciabili; tuttavia girare Ritorno al futuro con ragazzini molto social e montaggio frenetico tiktokeriano farebbe inquietare tutti.

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In cucina capita essenzialmente la stessa cosa. Ci sono delle pietanze diventate indiscutibilmente dei capolavori, ma resistere alla tentazione di fare i baffi alla gioconda è un’impresa titanica: spinti da una sacrosanta voglia di innovare, o più prosaicamente dalla necessità di mettersi in mostra e farsi notare, legioni di aspiranti anticonformisti, dissacranti o provocatori hanno dedicato i loro sforzi a un certo progresso futurista.

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In un tripudio di carbonare scomposte, tiramisù molecolari, pizze reinterpretate o chiare e semplici inutilità irrilevanti, il mondo culinario non si è quasi mai arrestato a meditare sugli allori o a gioire pigramente dei fasti del passato. Qualche volta è andata bene, qualche volta non benissimo, ma in linea di massima un generoso e provvidenziale oblio è stato sufficiente a

Portfolio gastronomico a cura di Emiliano Nencioni

disinfettare la nostra linea temporale da tentativi maldestri e incaute digressioni. Uno dei piatti più sensibili alla sperimentazione irresponsabile? L'hamburger, insieme alla pizza, si contende il trono degli horribili visu più in voga sulla scena. Nato come una semplice e comoda formulazione per poter mangiare carne a basso costo e in mobilità, è diventato prima simbolo di standardizzazione, globalizzazione e riproducibilità, poi frontman e immagine di catene commerciali, megacorporazioni e di opere di occidentalizzazione (americanizzazione?) del mondo; successivamente icona del “mangiar male”, poco sano, dozzinale, massificato, additato come responsabile del dilagare di obesità e disturbi alimentari. Ha vissuto un periodo di riscossa con l’esplosione dei cuochi-superstar e dei social chef, declinato più o meno forzosamente in numerose varianti gourmet, bio, vegane (la finta carne vi dice qualcosa?), light o spudoratamente eccessive per il solo gusto di fare notizia, affiancando sempre questa continua mutazione nel costume e nella percezione presso le masse con un popolarissimo, sempreverde e intramontabile processo di corsa all’estremo, all’opulenza sfacciata, all’ammonticchiare piuttosto insensato di ingredienti e sapori inconciliabili, per appagare quel senso trasgressivo e pseudo rivoltoso del voler creare “il panino più laido e corrotto del mondo”. É per questo che, e non me lo sto inventando, negli States si vendono hamburger con nomi tipo “Burger del triplo bypass”, “infarto del miocardio” e altre simpatiche formule che, lungi dall’evocare ricercatezza, gusto e bilanciamento, puntano tutto sul parossismo,


sull’eccesso, sulla mancanza di regole, fino a sembrare nella quasi totalità dei casi dei panini inventati da un adolescente annoiato lasciato solo a casa con il frigorifero pieno e nessun passatempo digitale. Non di rado, si trascende anche il concetto del “panino con tutto” nei quali molti di noi si sono imbattuti in certi pomeriggi di noia devastante trascorsi in un sottovuoto pneumatico di solitudine: per avere un’idea, pensa al panino più idiota e insensato che tu si sia mai costruito per ripicca, coprilo di pastella, friggilo, bardalo di bacon e rotolalo nella confettura di albicocche. Una roba simile. Alcuni ristoranti hanno creato una certa loro fama proponendo, oltre all’ovvia presenza di cheddar, bacon, cetriolini e uovo sopra due o tre patty di carne, un bel paio di waffle glassatissimi di zucchero e sciroppo in luogo del pane, alimento probabilmente troppo scontato, salubre e insapore. Ha senso? C’è una ricerca di complessità nel gusto? Sicuramente no, ma probabilmente appaga quel piccolo tarlo autodistruttivo e facinoroso degli acquirenti. Quando al patty di manzo si sovrappone un paio di etti di pastrami e una fetta alta un pollice di formaggio erborinato, semplicemente i sapori si perdono: non si gustano, non c’è alternativa, non esiste una formulazione per cui tre, quattro, cinque ingredienti completamente diversi per sapore e “direzione gustativa”, proposti in dosi così massicce, quasi litigassero per avere il ruolo da attore protagonista, risultino gradevoli ed esperibili in maniera ragionata.

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Il panino al tutto è come la famigerata pizza maialona, con otto tipi diversi di salumi e formaggi, che sul menù pare sontuosa e godereccia, e una volta sul piatto è solo un mattone poco gastroamichevole dal sapore indefinito, utile solo al pizzaiolo per svuotare le vaschette degli ingredienti a fine serata.

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disgustati dal sapore di questo panino, troppo adulto (?) per i loro palati delicati. Tralasciando l’ovvietà per cui sviluppando un “gusto adulto” si inizia anche a fare a meno di spendere per happy meal e gadget da due soldi, oltre a scacciare la propria clientela tradizionale la megaditta dei due archi dorati si rese conto che anche gli adulti, al pari dei pargoli, rimanevano disgustati da questa nuova trovata. Chissà che sapore avrà avuto, quel flop di panino non ha mai attraversato l’oceano: si sa solo che l’unica differenza col paninazzo regolare era una mostarda marrone amarognola e poco palatabile.

Non molti anni fa, in una momentanea ricerca del design e del cool, una catena di fast food propose un panino completamente nero: pane al nero di seppia, salse nere, patty di carne e verdure, nero, verdurine nere. Quanto fosse nero di seppia e quanto fosse colorante alimentare non ci è dato saperlo, ma l’esperimento ebbe breve durata, limitato in pratica solo al franchise dell’estremo oriente e con una minuscola riproposizione con annesso “spooky marketing” per il periodo di Halloween. L’unica nota memorabile di questa parentesi cromatica fu la sorpresa e lo sbigottimento dei primi avventori, quando quello che entrava nero e lucido usciva inaspettatamente verde smeraldo. Per giorni.

Quando la drammatizzazione non è sugli ingredienti, sulle calorie, sui grassi o sugli accostamenti impavidi, è spesso sulle dimensioni. Ma esagerare in larghezza è probabilmente troppo facile, scontato, di banale realizzazione e di scarso impatto sul pubblico: ecco quindi che in pieno stile metropolitano si cresce in altezza, rinunciando ad una più comoda espansione di superficie. Obelischi di hamburger, torreggianti opere di incolonnamento di patty,

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Se aggiungere ingredienti su ingredienti, grasso su fritto, glassato su tempura è un compito facile e limitato dalla sola mancanza di gusto, misura e senso civico, lavorare sul “togliere” è a volte un’incombenza dai tratti mefistofelici e autolesionistici. Lo avranno capito a loro spese due dirigenti McDonald's in due differenti ere: la volta che provarono a cercare di massimizzare i ricavi del venerdì, quando negli anni sessanta sembrava che le famiglie di certe aree cattoliche, molto osservanti delle tradizioni, rinunciassero alla carne in quel giorno della settimana, e ben pensarono di offrire l’Hula Burger, con una bella fettona d’ananas a rimpiazzare la carne. O la volta in cui, nei più inquieti anni novanta, provarono a convincere i clienti a comprare “l’hamburger dal gusto adulto”, corredato da una coraggiosa campagna pubblicitaria sbandierante bimbetti vari

Negli anni vari ristoranti innovatori hanno sostituito il pane con mezzo cetriolo, o con delle tavolette di cioccolato, o con il fin troppo presente ananas, che inspiegabilmente appare a rotazione in diversi cibi tradizionali a sparigliare le carte e a procurare travasi di bile ai puristi o ai meno propensi all’innovazione. Chissà perché è sempre l’ananas: sulla pizza, sul pollo, sugli hamburger, nel fritto, perfino nelle diete last minute, sembra la carta shock da giocarsi per ogni dissacramento low-cost.

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formaggi, pane e verdure, alternati con scopi variamente giustificabili, instabili composizioni dalle fondamenta instabili, baricentri altissimi su basi risicate, continue scommesse contro l’equilibrio, lo scarico di forze e i momenti torcenti. Fatte per lo più di pseudo-visualizzazione freudianamente falliche e di facile reperibilità di ingredienti, in realtà queste creazioni vanno palesemente contro lo scopo primario ed originario di un panino: essere qualcosa di mangiabile comodamente con le mani, in mobilità, senza posate. Proporre un panino alto mezzo metro pieno di ingredienti scivolosi e di formaggi fusi, salse, verdure che schizzano fuori e carne che gocciola è un chiaro invito a sporcarsi e a sprecare il cibo: puoi provare a schiacciare tutto, sbrodolando le salse in ogni dove, fino ad arrivare alla soglia di ogni ulteriore comprimibilità. Più strategicamente puoi scomporre la tremenda pila in diverse sub-unità dalla geometria più affrontabile: in questo modo però hai un isolamento temporale dei componenti, visto che li gusterai in tempi diversi e con risultati quindi del tutto lontani dal mix originario: soprattutto viene a mancare la presenza del pane nel suo ruolo di “maniglia edibile” per il cibo. Alzi la mano chi non ha già pensato alla favola di Esopo della volpe e della cicogna.

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In questo macello di proposte insensate, ricette da Guinness World Record, provocazioni social da diecimila like al giorno e decadenti sprechi di valido cibo, arriva la rivista più lungimirante

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del panorama grigliesco italiano a suggerire uno sfacelo di idee per gli hamburger party dei suoi lettori: sono i nostri hamburger preferiti, collaudati, saporiti, soprattutto sensati e gustosi, senza la ricerca dell’oltraggio e dell’incredibile a tutti i costi. Tanti panini onesti, affrontabili, con una composizione dei sapori ragionata e strutturata, assolutamente lontana dal concetto di pietanza svuotafrigo. E dato che sappiamo che alcuni di voi sono comunque sensibili al fasciono del panino alto, con doppio patty, troverete anche un paio di versioni di questo genere, ma studiate apposta per rimanere addentabili e affrontabili senza sforzi sovrumani. Sono gli hamburger dei nostri coach, provenienti dalle diversi parti della penisola e latori di sapori diversi, locali, regionali, internazionali o contaminati da un approccio più “fusion”. Senza l’ambizione di slogare nessuna mandibola o causare occlusioni coronariche, hanno l’innegabile vantaggio di essere buoni, gradevoli, sensati e maneggiabili Quanto al clamore social, siamo sicuri che anche senza sovrabbondanze e provocazioni lipidiche questi panini diventeranno il contenuto virale del tuo feed. Ammesso che tu stia ancora pensando al feed, e non al food, vedendo queste fotografie a tutta pagina.


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Semplice e complesso, come lo Zio!

AUBER BURGER

Gianfranco Lo Cascio

con bistecca di melanzana, salsa grezza e double cheese

Pane

Bun per hamburger alle patate o tipo brioche

Patty

Shimofuri Farms Wagyu Jap Kuroge GLC Top Selection

Altri ingredienti

una melanzana / due fette di Gruyere / 100 g di Pecorino Romano grattugiato / burro q.b. / sale e pepe q.b. / olio extravergine di oliva q.b.

Salse

per la salsa grezza: un mazzetto di basilico / 3 spicchi di aglio / il succo di mezzo limone / un pizzico di sale / olio extravergine di oliva q.b. Tabasco chipotle o sriracha a piacere

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1. È un Burger semplice ma dai sapori complessi. Il patty che ho scelto è il nostro Shimofuri com Wagyu giapponese. Ovviamente cotto alla perfezione. Dentro c’è una bistecca di melanzana, una salsa grezza, che è una via di mezzo tra pesto e gremolada, e due formaggi in due consistenze diverse: una cialda di pecorino croccante e due fette di Gruyere. Realizzare la cialda di pecorino è molto semplice. In una padella antiaderente piccola mettete del pecorino romano grattugiato. Uno strato da 3/4 millimetri uniforme. Mettetela sul fuoco basso e lasciatela fondere del tutto finché non vedi le bolle. A quel punto spegnete e lasciate raffreddare. 2. Per la bistecca di melanzana, tagliate una fetta molto consistente. Dovrà avere almeno uno spessore di 3 cm; due dita abbondanti. Cospargetela uniformemente di olio, senza lesinare, attendete qualche secondo finché non sarà completamente assorbito. Ripetete l’operazione dall’altra parte. Mettetela sulla piastra rigata o sulla griglia e create delle belle righe di cauterizzazione molto marcate: non preoccupatevi di cuocerla internamente. In questa fase vi serve solo come elemento visivo. Quando avete ottenuto le righe di cauterizzazione mettete la fetta di melanzana grigliata su una placca e passatela in forno alto, 170/180 gradi, finché non si ammorbidisce e si intenerisce. Testate la cottura dopo 20 minuti con uno stuzzicadenti. Non deve incontrare alcuna resistenza. Quando è cotta toglietela da forno e lasciatela intiepidire. 3. Nel frattempo preparate la salsa con due bei ciuffoni di basilico, tre spicchi d’aglio, il succo di mezzo limone e quanto basta di olio. Frullate al minipimer a impulso. Dovete ottenere una consistenza grossolana. 4. A questo punto tostate il pane. Serve un buon morbido, tipo pane alle patate o brioche. Apritelo, spennellatelo di burro e tostate entrambe le superfici. 5. Cuocete il patty di Wagyu, sul vostro dispositivo o in padella, e poco prima di toglierlo aggiungete il gruyere, lasciandolo fondere. 6. Montate il panino con questa sequenza: cialda di pecorino, melanzana, una cucchiata generosa di salsa, seconda cialda di Pecorino, patty con formaggio. A piacere, potete terminare con qualche goccia di tabasco chipotle o sriracha.

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Emanuele Bardini

Vietato ai minori!

HOT BURGER con wagyu, uova e bacon

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1. Mettete in una bottiglietta o in un contenitore di vetro dell’aceto di mele, quindi delle lamelle di zenzero sbucciato e la scorza del Pane lime. Lasciate in infusione 24 ore: il risultato sarà un aceto con le Bun artigianale o homemade note profumate e pungenti dello zenzero e l’aroma del lime. 2. Cuocete il bacon in padella, rendendolo super croccante, oppure in griglia con una diretta iniziale per disidratarlo e poi in diretta, deve diventare talmente croccante da sbriciolarsi toccandolo. Patty Shimofuri Farms Wagyu Jap Kuroge 3. Dopo averlo fatto riposare qualche minuto sbriciolatelo in pezzetti GLC Top Selection piccoli e mettetelo da parte. 4. Cuocere le uova in camicia o poché: dovranno essere freschissime, il più possibile. Predisponete l’uovo sgusciato già in una tazzina Altri ingredienti (questo agevolerà l’operazione), quindi portate a bollore l’acqua 2 uova freschissime / spinacino novello, dopo aver aggiunto mezzo cucchiaino di aceto. Consiglio di utilizzare in assenza spinaci con foglia piccola / una fetta di bacon / aceto di mele un pentolino contenuto, non troppo largo. Una volta giunta a q.b. /zenzero fresco q.b. / un lime / olio bollore l’acqua, con un cucchiaio o un frustino create un vortice extravergine di oliva q.b. / sale e pepe q.b. nel pentolino e spegnete la fiamma, quindi versate delicatamente l’uovo: inizierà a roteare e ad avvolgersi su se stesso, se necessario aiutatevi leggermente con il cucchiaio. Attendete che “la camicia” Salse dell’uovo, quindi l’albume esterno, sia compatto. Il tempo varia a Trito di smoky chipotle in salsa oppure Tabasco smoky chipotle q.b. seconda delle dimensioni dell’uovo, ma è comunque un'operazione breve. 5. Prelevate l’uovo con un cucchiaio o con una schiumarola, in maniera delicata; quando l’albume è compatto ma al tatto l’uovo presenta comunque morbidezza (significa dunque che il tuorlo è rimasto fluido) è pronto. Per i più’ virtuosi si puo’ procedere anche con la cottura a bassa temperatura con un roner. 6. È ora di cuocere il patty. Tenetelo in frigo fino all’ultimo momento, questo vi permetterà di averlo bello sodo quando andreto in cottura, senza far colare il prezioso e nobile grasso tra le maglie della griglia. 7. Sviluppate la Maillard e quindi spostatelo in cottura indiretta (mettetelo in forno se non state utilizzando un dispositivo che lo permetta) fino a raggiungere una temperatura di 45°C/48°C interni al massimo. Qualora non foste pronti con il resto degli ingredienti, lo potete lasciare in mantenimento in forno a 45°C o sotto una leccarda, ma solo dopo qualche minuto di riposo per fermare l’eventuale carry over. 8. Solo all’ultimo momento condite leggermente lo spinacino con pochissimo olio, un goccio di aceto di vino o di mele, il migliore che avete in casa, un pizzico di sale e pepe senza farlo appassire. 9. Montate il burger nel seguente ordine, dal basso verso l’alto: base del bun spruzzato con l’aceto aromatizzato, letto di spinacino (bastano poche foglie) patty di Wagyu, le due uova, quindi a chiudere le briciole di bacon che dovranno dare sapidità e croccantezza. Aggiungete a piacere la salsa tabasco habanero o habanero in salsa sminuzzati a dare la nota leggermente aromatica e piccante. Quindi chiudete con la parte superiore del bun.

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Non sono abbinate salse in quando l’uovo poché, nel momento in cui si andrà ad addentare il panino sisi romperanno rilasciando il tuorlo denso che darà la parte cremosa sugli altri ingredienti. È caldamente consigliato di consumare seduti o con un bel tovagliolo, chè l'uovo è solito fare scherzetti! Può essere abbinato ad una birra o a un vino con una nota spiccatamente acida per contrastare gli elementi estremamente burrosi della composizione. Come contorno, consiglio una julienne di verdure, carote, zucchine e sedano rapa, o similari alla scapece.


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I funghi: buoni da seccare, buoni da... grigliare!

FRIUL BURGER con porcini e la nostra drogarossa

1. Prendete una leccardina monouso e sistemate i pomodori, non asportate rami e peduncoli, mi raccomando. 2. Irrorate generosamente con l’extravergine, condite con sale, pepe e zucchero di canna, spruzzate alcune gocce di Worcestershire, aceto e tabasco. 3. Metteteli nel vostro dispositivo in cottura indiretta a circa 150°C e lasciateli prima appassire e poi letteralmente esplodere. Ci vorrà un po’ di tempo. 4. Se avete la testa del porcino, mettetelo sulla griglia dopo averlo spennellato con olio, sale, prezzemolo tritato e pepe, e cuocetelo in cottura diretta fino a quando diventa morbido.Nel caso usiate le fette di porcino congelate, scongelatele e poi usate lo stesso procedimento. 5. La pitina o pituccia: si tratta di una polpetta di carne affumicata originaria della Val Tramontina. Nel nostro caso, va tagliata a fette e fatta scaldare in griglia su una piastra in ghisa o di porcellana finchè non prende un po di colore (attenzione a non cucinarla troppo). 6. Fondete Il formaggio Montasio utilizzando i succhi di cottura della pitina; fate lo stesso per cuocere l’uovo. Poi grigliate il vostro burger in cottura diretta. 7. A questo punto non vi resta che montare il panino; tagliate il bun in due e procedete così: fetta di iceberg, testa di porcino, uovo, burger, pitina, Montasio, pomodorini.

Enio Berton

Pane

Bun per hamburger

Patty

Black Angus Emerald Green GLC Top Selection

Altri ingredienti

una testa di fungo porcino intera o in alternativa delle fette di fungo porcino / formaggio Montasio dop 60 mesi q.b. / pitina o pituccia della Val Tramontina / insalata iceberg q.b. / un uovo

Salse

per la drogarossa: 500 g di pomodorini ciliegini / un po’ di zucchero di canna grezzo / olio extravergine di oliva q.b. / tabasco q.b. / alcune gocce di salsa Worcestershire / una stilla di aceto di mele (meglio se barricato) / sale e pepe nero q.b.

Abbinamo pure un buon pinot grigio o un rosso non troppo maturo.

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Michela Bongiorni

Ribs o hamburger: perché scegliere?

BABY BACK RIBS BURGER

con spinaci saltati e Roquefort

1. Prima di tutto preparate la salsa mop. Unite tutti gli elementi in un pentolino, intiepidite fino a far sciogliere lo zucchero e una volta Bun artigianale o homemade fredda lasciate maturare la salsa in frigo almeno 24 ore. 2. Per il rub miscelate tutte le polveri per bene fino a ottenere un condimento perfettamente omogeneo. 3. Trimmate la slab, ripulitela da brandelli e parti che potrebbero Patty bruciare in cottura ed eliminate la membrana bianca che copre le slab di ribs baby backs di Duroc del Megastore / uno o due cucchiai di ossa aiutandovi con un cucchiaino: inseritelo al di sotto e poi infilate salsa bbq un dito fino a staccarla. Aiutandovi con un po’ di carta da cucina verrà via senza problemi. 4. Cospargete la slab con un sottile strato di olio di semi e applicate con un setaccio a maglie fini un cucchiaio di rub per lato. Altri ingredienti per il rub: 15g di paprika affumicata o 5. Stabilizzate il vostro affumicatore a 110°C (10 in più o in meno non dolce / due cucchiaini di Ultimate SPOG faranno la differenza) e mettete in cottura indiretta la slab con il Sal’s Seasoning / 12 g zucchero di canna / un pizzico di cumino / 5 g di senape lato delle ossa rivolto verso il basso affumicando con l’essenza che in polvere. più gradite. Gli alberi da frutto, come melo o ciliegio, si sposano a per la salsa mop: 100 g di aceto di mele / meraviglia con il maiale. 20 g di Worcestershire / 5 g di zucchero di 6. Chiudete in coperchio e dimenticatevela li per almeno un’ora. Dopo canna / 25 g di senape gialla americana un’ora date una generosa spennellata di salsa mop e richiudete per per il panino: 500 g di spinaci freschi / 150 un’altra ora. g di pinoli / mezzo peperoncino piccante 7. Quando il bark sarà asciutto e di un bellissimo color mogano, avvolgere / sale e pepe q.b. / olio extravergine di oliva q.b. / uno spicchio d’aglio / 100 g di le ribs in un doppio strato di foil e rimettetele in cottura. formaggio Roquefort / Smoky red della 8. In questo caso, dovete dimenticarvi del perfect bite: le nostre ribs linea Sal’s Seasoning. devono pullare. Dovete quindi prolungare la cottura finché non raggiungerete, esattamente come succede per il pulled pork, fino ai 98°. Una volta raggiunta la temperatura target, aprite il foil, fate uscire il vapore, e poi richiudete il tutto, tenendo le ribs in rest per un’oretta. 9. Nel frattempo preparate gli spinaci: lavateli bene togliendo le coste più grosse. Buttateli in padella insieme allo spicchio d’aglio, all’olio e al peperoncino. Aspettate che perdano volume, poi aggiustate di sale e di pepe (unite anche un pizzico di Smoky Red, per dare il sentore di affumicato) prolungate la cottura per qualche minuto aggiungendo infine 40 g di pinoli, dopo averli fatti tostare a parte. Fate tostare un po’ anche il resto dei pinoli, poi tritateli grossolanamente. 10. Siete adesso pronti a pullare le vostre ribs: staccatele dall’osso e procedete a sfilacciarle bene. 11. Aggiungete alle ribs pullate un po’ di salsa bbq e poi, aiutandovi con un coppapasta, create il patty di ribs. Passatelo nei pinoli tritati e poi in padella per farlo dorare leggermente. 12. Aprite il bun in due, scaldate le due parti interne del panino e poi farcitelo in questo modo: un generoso cucchiaio di spinaci con i pinoli, adagiate poi sopra con delicatezza il patty di ribs e terminate con il formaggio Roquefort. Il vostro Baby Backs Ribs Burger è pronto.

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Pane

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Le dimensioni contano!

THE BEAST BURGER

Virgilio Brunetti

con capocollo di Martina Franca e cialda di Parmigiano Reggiano

Pane

Brioscia siciliana col tuppo usata come bun

Patty

2 Black Angus Blue OX GLC Top Selection se volete formare da soli il patty: Smoky Chipotle della linea Sal’s Seasoning / il point di un brisket / sale / grasso solido

Altri ingredienti

50 g di capocollo di Martina Franca / 150 g di Parmigiano Reggiano GLC Top Selection / sale q.b. per le cipolle caramellate: due cipolle rosse / olio extravergine di oliva q.b. / 2 bicchieri di vin:o rosso fermo / un cucchiaio di aceto di mele / sale e pepe q.b.

Salse

per la mayo aglio e pepe: 50 g di maionese / aglio nero q.b. / pepe thellicherry q.b.

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1. Come bun, utilizzate la tipica brioscia siciliana da tostare in piastra sulle superfici di taglio. Usate il grasso del burger di manzo per accelerare la tostatura. 2. Di questo hamburger si possono fare due versioni: una imponente (che ha dato il nome al panino, essendo una vera e propria bestia), l’altra più umana, e a prova di mascella. La differenza è data da ciò che si sceglie come patty. Se utilizzerete quelli giù pronti del nostro megastore, inevitabilmente il panino risulterà più alto e grandioso, sicuramente più difficile da mordere e forse meno adatto a una cena con qualche signorina ben vestita. In alternativa potete crearvi da soli il vostro patty, utilizzando il point di un brisket del nostro Megastore e aggiungendo il grasso solido. Se scegliete questa seconda ipotesi, preparare la carne e il grasso (al 10%) in cubetti circa di 3 cm e aggiungete 1% sale e 1% di Smoky chipotle; lasciate in frigo una notte prima di macinare (questo passaggio agevolarà la tenuta del patty in cottura). 3. I patties saranno cotti in smashed style per massimizzare la reazione di Maillard, quindi la macinatura del patty dovrà essere adeguatamente fine e l’impasto compatto in modo che non si vada a sbriciolare in cottura. Vi consiglio la piastra in acciaio con, appunto, la tecnica smashing: in inglese to smash vuol dire distruggere ed è eattamente ciò che succede in questo caso. Il patty deve essere messo su una padella rovente e schiacciato con forza. 4. Se invece scegliete la via più facile ma anche più rischiosa per le vostre mascelle, grigliate i vostri hamburger Blue Ox (oppure utilizzate una piastra) avendo cura di girandoli spesso. 5. Preparate la salsa aggiungendo alla vostra maionese aglio nero tritato e pepe tellycherry 6. Grigliate il capocollo di Martina Franca rendendolo croccante (si prepara uguale al bacon croccante) 7. Preparate due cialde croccanti di Parmigiano Reggiano GLC top utilizzando una padella antiaderente. 8. Preparate le cipolle al vino: pulite e affettate finemente le cipolle, fatele rosolare nell’olio e poi sfumatele con l’aceto e il vino. Salate e pepate e lasciatele cuocere finché non saranno ben stufate. 9. Assemblaggio del panino: base brioscia tostata, primo patty, mayo al pepe e aglio nero, cipolle stufate, cialda al parmigiano, secondo patty, capocollo croccante, di nuovo mayo al pepe e aglio nero, top della briscia tostata. Buon appetito!

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Alessandro Colusso

Pane

Bun artigianale o homemade

Patty

Black Angus Emerald Green GLC Top Selection

Altri ingredienti

una cipolla di Tropea / lattughino q.b. / due fette di bacon / olio extravergine di oliva q.b. / sale e pepe q.b. / origano a piacere / qualche goccia di aceto di mele

Salse

per la fonduta al cheddar: 100 g di cheddar / 100 g di acqua / 15 g di vino bianco / 3 g di sodio citrato / 15 g di Jalapeno

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salsa bbq q.b.

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Con la cipolla non si sbaglia!

TROPEA BURGER

con fonduta di cheddar e salsa bbq 1. Iniziate dalla cipolla, la rossa di Tropea col suo sapore dolce leggero e raffinato. Tagliatela e mondatela ricavando delle fette dello spessore di 1/1,5 cm. Spennellatele d’olio e mettetele nel vostro dispositivo in cottura diretta sino a quando non saranno appassite. Una volta cotte, conditele con un goccio di aceto di mele, un filo d’olio, sale pepe ed origano. 2. Per la fonduta mettete in un pentolino l’acqua ed il vino, aggiungete il cheddar spezzettato e il citrato di sodio, mescolate e cuocete fino a che il cheddar non è completamente sciolto, poi spegnete la fiamma e aggiungere il jalapeno tritato. 3. Preparate il bacon: preriscaldate una padella, adagiate le fette di bacon e cuocete fino a che non diventino croccanti. 4. Preparate la griglia per la cottura del patty, nel frattempo condite il lattughino con olio, sale, pepe e aceto di mele. 5. Cuocete il patty in cottur diretta girandolo spesso in modo da avere una cottura più uniforme possibile e una bella maillad allesterno 6. Componete ora il vostro hamburger adagiando il lattughino sulla base, poi il burger, le fette di cipolla grigliate, infine versando la fonduta e sbriciolandoci sopra il bacon.


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Two is megl’ che one!

DOUBLE SHIMOFURI BURGER con maionese all’aglio

1. Arrostite l’aglio in ember roasting, avvolgendolo con un po’ di stagnola dopo averlo condito con un filo d’olio, e tenendolo sotto le braci finché non sarà morbido.Una volta pronto, spremete l’aglio in un bicchiere, aggiungete l’olio d’oliva e quello di semi di sesami, poi aggiungete l’uovo a temperatura ambiente e il succo di limone. Aggiungete infine la salsa di soia e frullate il tutto, formando la vostra maionese. 2. Prendete lo scalogno o il cipollotto tagliato in quartini per lungo, in modo che rimangano attaccate le foglie per il peduncolo radicale. Cuocetelo in Sous Vide a 85°C per 30 minuti, dopo averlo condito con una noce di burro e Montreal a piacere. 3. Qui ci vuole il tarassaco possibilmente raccolto in primavera, prima sbollentato, poi raffreddato e scolato e infine conservato in congelatore. Tutti dovrebbero averlo come scorta! E’ giunto il momneto di sconglarlo e di ripassarlo in padella per asciugarne un po l’umidità, senza esagerare per non seccarlo troppo. Scaldatelo con il classico velo d’olio. l’aglio intero e un po’ di Ancho Habanero. 4. Preparate il vostro dispositivo per una cottura diretta e grigliate i patty; grigliate anche lo scalogno tolto dal sous vide, spalmate sul bun tagliato a metà del burro (o se ce l’avete del grasso di Wagyu!) e scaldate il panino. 5. Montate il panino così: una base di maionese all’aglio in ember, semi di sesamo, patty di Wagyu, cipollotto grigliato, il secondo patty di Wagyu, infine il tarassaco ripassato. Chiudete il panino e preparatevi alla deflagrazione!

Salvatore Di Mento

Pane

bun per hamburger con semi di sesamo

Patty

2 Shimofuri Farms Wagyu Jap Kuroge GLC Top Selection

Altri ingredienti

uno scalogno o un cipollotto / uno spicchio d’aglio / burro q.b. /olio extravergine di oliva q.b. /sale e pepe q.b. / 30 g di foglie di tarassaco / Rub Montreal della linea Sal’s Seasoning q.b. / Ancho Habanero Chili Mex della linea Sal’s Seasoning q.b. / semi di sesamo a piacere

Salse

per la maionese all'aglio: una testa d’aglio / un cucchiaino di salsa di soia di qualità / un uovo / 150 ml di olio d’oliva / 50 ml di olio di semi di sesamo /il succo di un limone

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Simone Dieci

Gusto impeccabile!

UMAMI BURGER

con cialda di Parmigiano e salsa Thousand Island Pane

Bun artigianale o homemade

Patty

Black Angus Blue OX GLC Top Selection

Altri ingredienti

70 g di funghi porcini o in sostituzione funghi champignon / 30 g di parmigiano GLC Top Selection 48 mesi / 5 g di Dallas Mild Rub della linea Sal’s Seasoning / 20 g di burro / olio extravergine di oliva q.b. / sale q.b. / aceto di mele q.b.

Salse

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salsa thousand island : 120 g di maionese / 30 g di ketchup /15 g di aceto balsamico tradizionale / 8 g di zucchero / 8 g di cetrioli gurken / 15 g di cipollotto / sale q.b. / pepe q.b.

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1. Per la preparazione del vostro burger iniziate dalla salsa. In una ciotola unite insieme il ketchup, la maionese, l’aceto balsamico tradizionale, lo zucchero. Tritate finemente il cetriolo e la parte verde del cipollotto ed aggiungeteli al composto. Regolate di sale e di pepe, coprite con pellicola e lasciate riposare in frigorifero. 2. Per la cialda di Parmigiano reggiano riscaldate bene una padella antiaderente. Versateci il formaggio precedentemente grattugiato e iniziate a distribuirlo per tutta la padella, schiacciandolo leggermente. Una volta dorata la base, aiutandovi con una paletta, girate la cialda e terminate la cottura anche dall’altro lato. Una volta pronta trasferitela su carta da forno e lasciatela raffreddare. 3. Passate ora alla preparazione dei funghi. Dopo averli adeguatamente puliti, ricavate delle fette da circa un cm di spessore, spennellatele con d’olio d’oliva e fatele cuocere sulla skillet in ghisa precedentemente riscaldata. Dopo circa un minuto girate le fette di fungo, conditele con una generosa spolverata di Dallas Mild rub e ultimate la cottura. 4. Preparate la skillet in ghisa o la griglia per la cottura del Patty Blue Ox,e nel frattempo condiamo la misticanza con olio, sale, aceto di mele. 5. Cuocete il patty girandolo spesso in modo da avere una cottura più uniforme possibile. Dopo aver sciolto il burro a fuoco basso, tagliate il pane a metà, spennellatelo con il burro fuso e mettetelo a tostare in griglia o in ghisa facendo attenzione a non bruciarlo. 6. Componete ora il vostro hamburger adagiando la misticanza sulla base, il burger, i funghi porcini, la cialda di parmigiano e 2 cucchiaini di salsa Thousand Island.


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E che cavolo!

FIÒL BURGER

Daniele Faresin

con broccolo fiolaro e bacon glassato

Pane

bun al parmigiano 40 mesi GLC Top Selection

Patty

Black Angus Blue OX GLC Top Selection

Altri ingredienti

aceto di mele q.b. / sciroppo d’acero q.b. / 50 g di bacon a fette / broccolo fiolaro in agro intero

Salse

Smoky Chipotle della linea Sal’s Seasoning q.b. / Ancho Habanero della linea Sal’s seasoning q.b. / 100 g di crema di broccolo fiolaro / 50 g di maionese

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1. Preparate in anticipo i buns seguendo la ricetta del Magazine di giugno 2019, aggiungendo il 10% di formaggio grattugiato sul peso della farina (50 g su 500 g di farina o 100 g su un kg). 2. Permettetemi una digressione sul broccolo fiolaro di Creazzo: è una varietà di broccolo coltivata sulle colline che sorgono appunto a Creazzo in provincia di Vicenza. Il nome fiolaro deriva dalla presenza di germogli inseriti lungo il fusto della pianta, conosciuti con il termine dialettale di “fiòi” (figli): la parte migliore del broccolo per l’utilizzo in cucina. Di solito si consuma dopo le prime gelate quando i caratteri organolettici dell’ortaggio migliorano, aumenta la concentrazione di sali e di zuccheri, il sapore è più intenso e la tenerezza è maggiore. Per la vostra salsa, cercate di accaparrarvi la crema di broccolo fiolaro (o di friarielli o di cime di rapa in sostituzione), che è molto simile a un pesto, e mescolatela con metà quantità di maionese (es. 100 g crema con 50 g di maionese); aggiungete per ogni 50 g di salsa mezzo cucchiaino di Spicy rub Smoky Chipotle e mezzo di rub Ancho Habanero. Mettete la salsa almeno una mezz’ora a riposare in frigorifero. 3. Preparate le fette di bacon sulla piastra, fino a renderle croccanti ma nappandole negli ultimi giri con uno shot di aceto di mele e uno di sciroppo d’acero per glassarle leggermente. 4. Prendete e scolate qualche “fiól” (gambo) di broccolo in agrodolce e mettetelo da parte. 5. Per una cottura più rapida del patty, e per una migliore gestione del servizio, è possibile stemperare l’hamburger in forno statico a 50°C per una mezz’ora circa, dopo averlo scongelato in frigo. In questo tempo si possono preparare agevolmente le salse, il bacon, la linea di montaggio. 6. Quando sarete pronti per il servizio, tostate leggermente le metà superiori e inferiori dei panini e piastrate o grigliate il medaglione di carne BLUE OX già stemperato in forno. Abbiate l’accortezza di ungerlo con dell’olio di semi, oppure potete ungere la piastra) rigirandolo spesso fino a ottenere una ottima Maillard superficiale, ed evitando di cuocerlo eccessivamente all’interno: attestatevi sui 60°C- 62°C al cuore. 7. Montate il panino partendo dalla salsa al broccolo e distribuendola sia sulla base che sul top del bun. Poi adagiate il pattie di carne, aggiungete un paio di fette di bacon e un paio di “fiói” agrodolci di broccolo. Chiudete e servite.

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Emiliano Nencioni

Coppa dei campioni!

CHAMPION’S BURGER

con stracchino e pesto di pomodori secchi

Pane

Bun artigianale o homemade

Patty

Black Angus Blue OX GLC Top Selection

Altri ingredienti

un porro / sale q.b. / olio q.b. / farina q.b. / olio di semi per friggere q.b. / 50 g di stracchino / 2 fette di Coppa piacentina tagliate un po’ spesse

Salse

Ottobre 2021

per il pesto di pomodori secchi : 40 g di mandorle / uno spicchio d’aglio / sale e pepe q.b. / qualche foglia di basilico / 4 cucchiai di olio extravergine di oliva / 100 g di pomodori secchi sott’olio / 50 g di Pecorino Romano

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1. In un mixer, mettete tutti gli ingredienti per il pesto e frullate bene fino ad ottenere un composto abbastanza granuloso e rustico. Aggiustate di sale e di pepe e tenete da parte. 2. Tagliate le fette di coppa in striscioline sottili e fatele sfrigolare in padella (con un poco d’olio) per qualche minuto. Il vostro obiettivo è quello di renderle dorate e croccantine, quindi andateci decisi con la temperatura, sempre evitando di superare il punto di fumo dell’olio. 3. Tagliate i porri sottilmente e infarinateli, poi friggeteli, facendo molta attenzione perché la malvagità dell’ortaggio è proverbiale: tendono a bruciare molto facilmente. 4. Preparate il dispositivo per una cottura diretta e cuocete l’hamburger, avendo come meta una generosa reazione di maillard esterna, raggiunta in breve tempo per non asciugare troppo l’interno. Occhio alle fiamme: il retrogusto di creosoto è raramente il benvenuto in un panino. Ricordatevi la salvifica “safe zone”, una porzione di griglia non raggiunta dal calore dove appoggiare temporaneamente la carne in caso di fiammate causate dal grasso che cola. 5. Aprite il bun in due e grigliatelo leggermente nele due parti interne. Poco, non dovete inaridire il pane. 6. Farcite il panino seguendo rigorosamente questo ordine, partendo dal basso: pesto di pomodori, hamburger, stracchino, striscioline di coppa piacentina e porri fritti. Il panino deve essere gonfio e lussurioso, ma con un’altezza massima tale da poter essere inserito in una bocca umana di dimensioni e potenzialità standard. 7. Servitelo montato ma con la fetta di pane “coperchio” appoggiata mollemente di fianco, senza coprire la pila di ingredienti e senza schiacciare nulla.


BBQ4All Magazine

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Ottobre 2021


Dolce e un po' piccante!

HONEY JALAPENO BURGER con cheddar e cipolle fritte 1. Preparate la pastella con uovo, farina e un pizzico di sale e poi tagliate la cipolla ad anelli; infarinate gli anelli e passateli nella pastella; potete, se volete, aromatizzare quest’ultima come vi più vi aggrada, oppure lasciarla “in purezza”. 2. In una padella scaldate l’olio di sei e friggete gli anelli di cipolla, scolandoli poi su un foglio di carta assorbente. Teneteli in caldo. 3. Tritate mezzo jalapeno verde crudo, nel frattempo predisponete il vostro dispositivo per una cottura diretta e tostate il bun tagliato a metà. Poi grigliate l’hamburger dopo averlo spennellato con un filo d’olio, una volta cotto, spostatelo in indiretta, conditelo col Montreal e chiudete il coperchio del dispositivo; se, invece, preferite usare la padella in casa, mettete il patty al centro e create una bella Maillard girandolo spesso, poi spegnete il fuoco, aggiungete sempre il rub e coprite la padella: questo vi permetterà di mantenere succulento il patty fino al servizio. Dopo qualche minuto mettete sulla carne il jalapeno tritato e le fette di cheddar, in modo che fondano piano piano. 4. Adagiate una fetta di lattuga sulla metà tostata del pane, aggiungete il patty con il formaggio fuso, poi mettete gli anelli di cipolla e infine guarnite con della salsa honey; richiudere con l’altra meta del bun tostata. 5. Servite in un piatto accompagnato magari con una bella porzione di patate fritte e spolverate con della paprika. Mangiate e godete!

Guli Pontiggia

Pane

Bun per hamburger

Patty

Black Angus Emerald Green GLC Top Selection

Altri ingredienti

una cipolla / un uovo / farina q.b. / un peperoncino jalapeno / cheddar q.b. / qualche foglia di lattuga / Sal’s Seasoning Montreal Rub q.b. / olio di semi per friggere q.b. / olio extravergine di oliva q.b. / sale q.b.

Salse

Honey BBQ Sauce a piacere

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Dario Salbego

Chic&Shock, raffinato e travolgente!

LOBSTER BURGER

con salicornia e maionese rosa Pane

Bun di pane scuro di farina di grano integrale

Patty

una coda di aragostella / un lime / amido di mais q.b. /l’albume d'uovo

Altri ingredienti

una noce di burro / 100 g di farina di riso / 100 g di acqua frizzante / olio di semi per friggere q.b. / cetrioli sottaceto a piacere / 50 g di salicornia / uno spicchio d’aglio / sale e pepe q.b. / olio extravergine di oliva q.b.

Salse

Ottobre 2021

per la maionese rosa: la testa dell’aragostella / la punta di un cucchiaino di concentrato di pomodoro / olio extravergine di oliva q.b. / il succo di un lime / due cucchiai di maionese

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1. Riducete a tartare la coda dell’aragostella unendo zest di lime, l’albume d’uovo e l’amido di mais in modo da rendere la polpa del crostaceo compatta e per riuscire a darle una forma. Posizionatela sopra della carta forno e con il coppapasta formare il patty, che poi metterete in congelatore. 2. Tostate il pane con un po’ di burro precedentemente posizionato sulla piastra. 3. Preparate la pastella con farina di riso e acqua frizzante fredda, poi immergetevi il patty ancora congelato. 4. Scaldate l’olio a 170°C, friggete il patty ( non preoccupatevi se è ancora congelato, è giusto così) fino ad ottenere l’ esterno ben dorato. Scolatelo dall’olio e mettetelo a raffreddare brevemente sopra una gratella. 5. Preparate il vostro dispositivo per una cottura diretta e grigliate la testa dell’aragostella. Poi scavatela, frullatela e mettetela in un pentolino con un po’ di concentrato di pomodoro e un pizzico di sale. Dopo qualche minuto spegnete il fuoco, lasciate raffreddare e poi emulsionate il tutto con olio e lime. Dovete ottenere un composto omogeneo e denso che aggiungerete alla maionese. 6. Pulite la salicornia e saltatela leggermente con aglio, olio, sale e pepe. 7. A questo punto non vi resta che comporre il vostro panino. Partendo da sotto: pane, salicornia, patty in tempura, maionese all’aragosta, cetrioli e di nuovo bun. Un hamburger gourmet coi fiocchi che vi farà fare un figurone!


BBQ4All Magazine

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Ottobre 2021


Cucinare è anche rilassarsi

ZEN BURGER

Vincenzo Santoro

con Gambero Rosso di Mazara e salsa Remoulade 1. Preparate il giorno precedente i bun al tè matcha, aggiungendo all’impasto della ricetta che trovate nel Magazine di Giugno 2019 o alla ricetta che trovate sul sito di BBQ4All 6 g di the matcha. Successivamente preparate una tartare di gambero rosso, poi copritela con la pellicola trasparente e riponetela nel frigo. 2. Versate in una boule la farina di mais insieme al burro ammorbidito. Incorporate a questo punto gli altri ingredienti aggiungendo: gli albumi, la panna acida, il prezzemolo, il succo di limone, la salsa Worcester, la paprika, il peperoncino di Cayenna, il sale. 3. Amalgamate bene tutti gli ingredienti e unite la tartare di gambero 4. Frullate il pane per i tramezzini ed unitelo all’impasto 5. Lavorate l’impasto delicatamente con le mani; se la consistenza dovesse risultare troppo morbida, aggiungeye dell’altro pangrattato ottenuto dal pane per tramezzini: l’impasto dovrà essere adatto per creare dei patty. 6. Suddividere l’impasto in 6-7 parti uguali e dare a ciascuna la forma di un hamburger. Infine passateli nella farina di mais. 7. Tagliate in modo molto sottile i pomodori secchi. Lavate e asciugate l’insalata di erbette e unitevi i pomodorini tagliati, condite con sale, pepe, olio extravergine di oliva e le arance pelate a vivo. 8. Preparate la salsa Remoulade frullando insieme tutti gli ingredienti. 9. Scaldate l’olio di semi di mais in una padella a fuoco medio. Cuocete i patty finché non diventano croccanti e dorati. Toglieteli con una schiumarola e metteteli su carta assorbente a perdere l’olio. 10. E arrivato il momento di comporre il vostro burger: Disponete sul fondo del bun l’insalata con le arance. Adagiate sopra la polpetta di gambero e infine la salsa Remoulade. Servite immediatamente.

Pane

Bun per hamburger al tè matcha

Patty

450 g di Gambero rosso Mazhara GLC Top Selection / 200 g di mollica di pane per tramezzini / 60 g di farina di mais / 30 g di burro / 3 albumi / 2 cucchiaini panna acida / mezzo limone / olio extravergine di oliva q.b. / sale e pepe q.b. / prezzemolo q.b / mezzo cucchiaino di salsa Worcester / mezzo cucchiaino peperoncino di Cayenna in polvere

Altri ingredienti

insalata di erbette miste / 30 g di pomodori secchi / un’arancia

Salse

per la salsa Remoulade: 200 g di maionese / 40 g di cetriolini / 40 g di capperi / 1 cucchiaino di senape / 1 cucchiaino di pasta di acciughe / 1 cucchiaino di aceto di vino bianco / un pizzico di aglio in polvere / prezzemolo q.b.

BBQ4All Magazine 045


Pie Spazio

Pane

Bun artigianale o homemade

Patty

Black Angus Emerald Green GLC Top Selection

Altri ingredienti

3-4 fette sottili di guanciale da circa 15 g l'una / pepe Tellicherry Extra Bold q.b. / 15-20 g di pecorino per la cialda croccante / aceto di mele q.b.

Salse

Ottobre 2021

per lo zabaione salato delicato: 120 g di tuorli (6 tuorli grandi) / 15 g di Parmigiano Reggiano stagionato 30 mesi GLC Top Selection / 10 g di Pecorino Romano

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Se famo du’ spaghi? No, meglio un hamburger!

CARBO BURGER

con zabaione salato, guanciale e cialda di Pecorino 1. Preparate in anticipo lo zabaione salato come da ricetta dello Zio. Io, quando lo preparo, ne faccio sempre in quantità superiori in modo da poterlo conservare in frigorifero o in freezer e utilizzare all'occorrenza. Stiamo parlando dello zabaione salato ingentilito, dato che presenta una quantità inferiore di formaggi rispetto allo zabaione salato classico. Se non lo avete da parte, procedete così: mettete i tuorli in una ciotola d’acciaio e cominciate a sbatterli con una frusta. Aggiungete il pecorino e continuate a sbattere, quando è tutto ben amalgamato aggiungete il parmigiano. Mettete a questo punto la ciotola a bagnomaria con l’acqua scaldata a 90°C. Continuate a sbattere e a incorporare aria finché il composto non ha raggiunto i 62,5°C. Rimanete per almeno 5 minuti in quella finestra di temperatura, poi togliete dal fuoco e continuate a mescolare. Mettete infine la ciotola in acqua e ghiaccio e il gioco è fatto. 2. Passiamo alla cialda croccante di Pecorino: molto semplicemente, potete usare una padella antiaderente; basta scaldarla a fuoco medio, inserire al centro un coppapasta e inserire il Pecorino grattugiato. Questo servirà ad avere una forma circolare quanto più precisa. Appena inizierà a prendere forma, a croccantizzare e a cambiare leggermente colore, togliete il coppapasta e, facendo attenzione, capovolgere la cialda finendo di cuocerla per qualche secondo (basta poco) dopodiché posizionatela su di un foglio di carta da cucina. 3. A questo punto, prendete le fette di guanciale e posizionatele nella padella fino a farle diventare croccanti, dopodichè, tolto il guanciale dalla padella, spruzzateci sopra - senza esagerarel’aceto di mele, in modo da caramellare il guanciale rendendolo più croccante e lucido. 4. Tagliate il bun e tostatelo bene: questo passaggio risulterà fondamentale per il montaggio e la tenuta del nostro panino. Mettete da parte. 5. E’ giunta l’ora di cuocere il vostro burger: che sia griglia, ghisa o padella è vostra la scelta; io ho optato per la griglia rovente, girandolo spesso fino ad ottenere una maillard fotonica e una temperatura al cuore di 50°C. 6. Non vi resta che montare il vostro panino. Versate sulla base del bun tostato un bel cucchiaio di zabaione salato, posizionate il patty e copritelo con altri due cucchiai abbondanti di zabaione salato, poi date una spolverata di pepe Tellicherry, aggiungete le fette di guanciale e infine la cialda di pecorino croccante. Chiudete la parte superiore del bun e mangiate con gusto!


BBQ4All Magazine

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Carlo Trono Pane

Bun di semola

Patty

Ottobre 2021

150 g di macinato equino, preferibilmente diaframma o reale di cavallino (pony) / prezzemolo tritato finemente a secco / 25 g Parmigiano reggiano 48 Mesi GLC Selection, grattugiato; / 15 g grammi di Pecorino Sardo o Pecorino Romano, oppure un cucchiaino di ricotta ascuant’ (ricotta forte) stemperata in qualche goccia di latte / 1-2 % di Sal's Seasoning Ultimate SPOG / pangrattato q.b. / olio Extravergine d’oliva siciliano GLC Selection q.b.

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Oh-oh Cavallo, oh-oh!

MURGESE BURGER con rucola, crema di pomodori secchi e caciocavallo

Uno dei primati della Puglia è quello del consumo di carne equina. La mia regione da sola copre il 40% del consumo nazionale e il 30% delle importazioni. Particolarmente interessante è la carne di cavallino, da non confondere con quella di puledro. Per cavallino infatti non si intende il cucciolo del cavallo, bensì il pony. Questo equino viene allevato per ottenere una carne particolarmente infiltrata di grasso. Ed è proprio quella che useremo per questo burger

1. Formazione del patty: amalgamate il macinato equino con il parmigiano (avendo cura di lasciarne una parte per la panatura esterna), il pecorino o la ricotta forte, il prezzemolo e il rub SPOG. Il patty deve essere già particolarmente saporito a crudo: se volete dargli un ulteriore spinta, potete aggiungere una piccola noce di crema di aglio cotto in ember. Una volta formato i pattis Altri ingredienti foglie di alloro, grandi e intere / origano vanno passati delicatamente nella panatura, che darà un notevole secco q.b. / olio Extravergine d’oliva contributo alla Maillard superficiale. La panatura sarà composta siciliano GLC Selection q.b. / rucola selvatica / sale q.b. / Sal's Seasoning da una pari quantità di pangrattato e di parmigiano e per favorire Montreal Steak Rub / un limone verde l’adesione alla carne si aggiungerà qualche goccia di olio Extravergine con buccia edibile. d’oliva. 2. Passiamo alla crema di aglio in ember roasting. Disponete le teste d'aglio intere, senza sbucciarle, direttamente sopra i bricchetti o il carbone acceso e lasciatele bruciare per circa 5 minuti. Salse Successivamente, spostate le teste d'aglio ad una trentina di cm per la crema di pomodori secchi e aglio: 30 g Olio Extravergine d’oliva siciliano dalle braci e lasciatele ad arrostire ancora per circa 40 minuti. GLC Selection / 50 g di pomodori secchi L'aglio sarà cotto quando sarà molto morbido al tatto. Una volta / una testa di aglio intera lasciato raffreddare basterà rimuovere le parti carbonizzate, per la fonduta di caciocavallo: 100 g di togliere la cenere residua, liberare la polpa degli spicchi d’aglio caciocavallo podolico, 50 g di panna, 50 g di latte, 4 g di citrato di sodio. ed omogeneizzarla con un mixer ad immersione. 3. Preparate la crema prendendo una manciata di pomodori secchi e metteteli a reidratare in acqua tiepida per una 20 di minuti, strizzateli e metteteli nel bicchiere del frullatore ad immersione, aggiungete poco peperoncino fresco, aglio arrostito e olio extravergine d’oliva siciliano GLC a filo fino ad ottenere una crema. Umami a badilate. 4. Essendo di puro equino il patty non ha una grande tenuta in cottura, quindi non vanno stracotti. Il grasso equino, inoltre, se cotto troppo, può dare il tipico odore e sapore di grassi insaturi omega 3 (per intenderci, quello del pesce azzurro). La panatura dovrà dare la crosticina, i formaggi aggiunti nell’impasto dovranno fondere e il prezzemolo non dovrà risultare arcigno. Consideriamo pertanto una temperatura target di 54°C al cuore. Procedete con una cottura diretta, raggiunta la brunitura superficiale su entrambe le parti spostate i patties in cottura indiretta e proseguite fino al raggiungimento della temperatura target. Se state utilizzando una skillet e non disponete di una zona a cottura indiretta, potete proseguire nel forno poggiando i patties su foglie di alloro. 5. È il momento di aggiungere il Caciocavallo podolico. Sarebbe meglio se impiccato. Dopo aver rimosso il fondo della parte più larga al fine di ottenere una base piatta, viene appeso (da qui l’espressione


impiccato) tramite una corda o una catena ancorata ad un supporto sospeso sopra delle braci abbastanza forti, ad una distanza adeguata per ricevere calore intenso ma senza bruciare. Il formaggio dopo poco tempo inizierà a fondere e basterà utilizzare un coltello a lama larga o una spatola per raccogliere la pasta semisciolta da quella ancora solida per poi riportarla su una bruschetta. Il formaggio fuso, caldo, in parte caramellato e che avrà raccolto anche sentori di affumicato. Nel nostro caso, non metteremo la pasta di caciocavallo sul pane, ma direttamente sul nostro patty di cavallo, sfruttando una seconda spatola per far colare il formaggio sulla carne. 6. Non avete la possibilità di impiccare il caciocavallo sulle braci perché ci manca un supporto adeguato? Non c’è problema: abbiamo due soluzioni possibili. Usare un barbeclette: si tratta di una vassoio antiaderente con i bordi lievemente rialzati, concepito per essere posizionato sulle braci. Al suo interno è possibile sciogliere il formaggio. Se avete spazio in griglia, questa soluzione vi permetterà di fondere il formaggio mentre terminiate la cottura dei patties. Fare una fonduta: tagliate a dadini il caciocavallo. Per 100 g di formaggio, aggiungete 50 g di

panna e 50 g di latte. Mettete tutto in una busta per sous vide e lasciate sciogliere a 60°C per un ora. Versate tutto in un mixer e date una frullatina finale per amalgamare. Lasciate stemperare qualche minuto per ri-addensare la crema. Se non avete un roner ma un thermomix (tipo Bimby) potete benissimo utilizzarlo per realizzare la fonduta, impostando le stesse temperature e lasciando girare le lame a velocità media. Un tocco scientifico alla fonduta? Aggiungete il 2% del peso complessivo del formaggio più il liquido in sali di fusione (citrato di sodio). Per le quantità sopra indicate basteranno 4 grammi. Questo impedirà al formaggio di risolidificare mantenendo la crema in forma liquida. 7. Assemblaggio finale: prendete un bun misto semola, tostatalo in griglia o in piastra dopo aver irrorato le superfici di taglio con olio Extravergine d’oliva siciliano, mantenetelo in caldo e spolverate con il miglior origano secco esistente in natura. Base del bun, rucola freschissima (possibilmente selvatica, più amara e lievemente piccante rispetto alla coltivata) appena condita con olio e sale, patty di cavallino, crema di pomodoro secco, una spatolata di caciocavallo podolico rovente, una spolverata di Montreal Steak Rub, zeste finissime di limone verde estivo, top del bun. Mordete e nitrite forte.

BBQ4All Magazine 049


Marco Zorzan

Griglia la prima mela-a!

GRANNY SMITH BURGER con Gorgonzola Dop

e salsa alla Mostarda

Pane

Bun al latte e burro con semi di sesamo

Patty

Black Angus BLUE OX GLC Top Selection

Altri ingredienti

una mela Granny Smith / spinacino fresco q.b. / gorgonzola Dolce DOP q.b. / olio extravergine di oliva q.b. / sale e pepe q.b. / il succo di un limone

Salse

Ottobre 2021

per la salsa alla mostarda: una cipolla di Tropea / 4 cucchiai di mostarda di frutta / 250 ml di maionese / 4 cucchiai di senape di Digione / un cucchiaio di aceto di mele / un cucchiaio di zucchero / un cucchiaino di sale

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1. Mettete la Cipolla di Tropea intera a contatto diretto con le braci e lasciatela per alcuni minuti a coperchio chiuso, poi iniziate a girare spesso in modo che risulti bruciata in maniera omogenea. Controllate con uno stuzzicadenti: se entra con facilità senza incontrare resistenza togliete la cipolla dal fuoco. Pulitela della parte esterna e tagliatela a metà. 2. Mettete una metà da parte e l’altra in un bicchiere a immersione dove aggiungete: quattro cucchiaini di mostarda di frutta già frullata, 250 ml di maionese, quattro cucchiai di senape di Digione, un cucchiaio di aceto di mele, un cucchiaio di zucchero e un cucchiaino di sale. Frullate tutto con cura fino ad avere una salsa morbida e vellutata; mettete in frigo fino al momento dell’uso. 3. Togliete il torsolo della mela aiutandovi con un togli-torsolo o con un coltellino affilato; senza sbucciarla, tagliatela a fette dello spessore di almeno un cm. Mettete le fettine a bagno in acqua a cui aggiungerete del succo di limone per non farle annerire . 4. Preparate il kettle per la cottura diretta versando un cesto pieno di bricchette ben accese, lasciando scaldare bene la griglia con il coperchio chiuso. Grigliate le fette di mela, dopo averle tamponate bene per togliere l’eccesso d’acqua con carta assorbente. 5. Condite lo Spinacino con un pizzico di sale, pepe macinato al momento, alcune gocce di succo di limone e un giro di ottimo olio extravergine d’oliva. 6. Togliete le fette di mela grigliate e tenete da parte. Grigliate il burger e nel frattempo scaldare leggermente il pane. 7. Montate il panino partendo dalla base con lo spinacino condito su cui andrete ad appoggiare le fette di mela grigliate, a seguire dei fiocchetti di gorgonzola dolce, poi il patty Blue OX su cui adagerete la cipolla che avete tenuto da parte ed infine sopra a tutto una generosa dose di salsa alla mostarda. Per una sensazione più fresca e pungente potete usare, al posto della cipolla cotta da mettere sopra il patty, della cipolla fresca tagliata al momento in fettine molto sottili. Bon appétit!


BBQ4All Magazine

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L'Arte Bianca a cura di Alessandro Trezzi

L’hamburger è una cosa seria, a partire dal pane

Ottobre 2021

l l A 4 Q BB to op taroll

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Il mondo è pieno di hamburger e di persone che hanno fatto dell’hamburger la loro vita. Parliamo di un piatto talmente cosmopolita, da aver generato un’attenta ricerca (inizialmente solo negli States) anche per il particolare pane utilizzato per racchiudere la succulenta polpetta di carne. Sì, lo so che vi sembra strano, ma vi assicuro che fino alla scorsa decade nessuno in Italia si sognava di spendere tempo e soldi per attribuire dignità al bun, come pure all’hamburger stesso; tralasciando fast food (e junk food), quello che oggi è il panino più famoso al mondo ha avuto il suo momento di massima esplosione solo da una decina di anni. In America, dove il piatto è nato e dove ancora oggi co-esistono esempi incredibili di ricerca e ossessione per i dettagli, lo stesso burger bun è difficilmente lo stesso, specialmente da stato a stato, da cultura a cultura. Tra i più celebri, insieme al brioche bun, c’è senza dubbio il Martin’s® Potato Roll dell’iconica catena, oggi fornitrice di alcune delle più importanti catene, come Shake Shack o l’Hard Rock Cafe. La storia comincia nel 1955 nel cuore della Pennsylvania olandese, ad opera degli olandesi Lois e Lloyd Martin. Usando una ricetta tramandata dalla tradizione culinaria di famiglia (e grazie all’esperienza che Lloyd aveva acquisito lavorando nel forno del suocero) i Martin realizzarono ben presto di aver messo a punto un prodotto che sarebbero stati fieri di commercializzare. Iniziarono a venderlo nei mercati del paese, conquistando il primo pubblico con un sapore dolce, burroso, la consistenza soffice e il colore giallo dorato. Nel corso dei successivi 20 anni, la domanda non fece che crescere, spingendoli a trasferire il forno di produzione dalle mura domestiche a quello che divenne il Martin’s Family Restaurant.

Potevamo noi non rendere omaggio ai Martin, con una versione del Potato Roll 100% BBQ4All Style?

Il BBQ4All Potato Roll Al solito, partiamo focalizzando prima il risultato nella nostra testa: un disco tondeggiante e di un caldo giallo dorato, dal gusto tostato e tendente al dolce, morbidissimo al tatto e che se sottoposto a pressione torna senza fatica allo stato originale. La nostra replica non potrà che avere tuttavia un carattere speciale, e qualche piccola deviazione di percorso che lo renda superbo e perfetto per l’abbinamento con le carni intense del Megastore. Daremo le indicazioni necessarie perché il pane, spesso complicato alla formatura, risulti invece estremamente facile da preparare, e lo aromatizzeremo con della paprika dolce affumicata, in modo che il suo incredibile profumo possa rincorrere le salse, il patty speziato e gli ingredienti della farcitura. Cominciamo? IL MILK ROUX Questa volta ho deciso di farvi provare una versione differente del Thangzhong orientale, con il latte al posto dell’acqua; l’obiettivo è sempre lo stesso, estremizzato tuttavia in modo da ottenere una sofficità ed una shelf-life senza pari. Grazie all’utilizzo del Milk Roux inoltre, riusciremo ad abbassare l’idratazione in fase di impastamento, arrivando però al medesimo risultato. Si tratta di una semplicissima tecnica di derivazione cinese che consiste nell’utilizzare farina e latte (o acqua) in proporzione di 1:5, dove la farina deve essere il 6% del peso totale utilizzato. La preparazione è molto simile a quella del roux preparato per la besciamella, un addensante naturale: il composto viene riscaldato in un pentolino fino al raggiungimento dei 65°C (stando attenti

BBQ4All Magazine

A partire dal 1978, fu costruito un edificio che prese il nome di 1000 Potato Roll Lane, nella località di Chambersburg (Pennsylvania) dove ancora oggi si continua a produrre il pane alle patate di Lois e Lloyd. In parallelo alla crescita della produzione, la distribuzione del Martin’s® Potato Roll si era estesa ben oltre i mercati locali, conquistando dapprima angoli dedicati nei negozi alimentari e approdando in tutti i supermarket della Pennsylvania, poi intere corsie specializzate.

Oggi, la Martin’s Famous Pastry Shoppe, Inc.® è una società tutta americana, a conduzione familiare, con una seconda sede di produzione è nata anche a Valdosta, in Georgia; entrambi i forni operano con macchinari e processi appositamente studiati ed esclusivi. La famiglia Martin, ormai alla terza generazione, conduce la produzione continuando a tenere d’occhio il livello della qualità, che resta eccellente grazie alla selezione di ingredienti di prima scelta nella produzione.

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a non incorrere nella formazione di grumi) e poi fatto raffreddare con pellicola a contatto prima di aggiungerlo al resto degli ingredienti.

Ottobre 2021

L’unione del Milk Roux freddo all’impasto darà incredibili benefici: 1. l’impasto risulterà più morbido e idratato; 2. la sua particolare azione emulsionante consente di raggiungere risultati ottimi in termini di conservabilità e sofficità, eliminando l’uso di grassi soprattutto in caso di intolleranze alimentari; 3. la shelf-life guadagna punti, consentendo di mantenere intatte le caratteristiche del prodotto per 3-4 giorni in frigorifero. In più, come è già avvenuto in passato, approfitteremo dell’azione emulsionante del composto per aggiungere in questa fase delle spezie (la miglior paprika dolce affumicata che riusciate a trovare), che si mescoleranno meglio e grazie al calore sprigioneranno ancora più profumi.

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LA FARINA Al solito, perché il vostro potato roll risulti leggero, ben sviluppato ed equilibrato nel gusto, la scelta migliore ricade su una tipo 00 o 0 con una forza di 320-340 W e un’ottima percentuale di assorbimento minimo. In questo caso utilizzeremo non solo grassi, ma

anche le patate, un elemento di grande peso che necessita di una maglia glutinica salda che sarà in grado di sostenerne perfettamente il carico, oltre a trattenere i gas della lievitazione e conferire struttura, solidità ma anche morbidezza. Per semplificare la ricetta, ottenendo però un grande beneficio, spezzeremo inoltre la dose di patate prevista con della farina di patate o, in sua mancanza, della più comune fecola. L’EFFETTO MORBIDEZZA Latte e burro rendono l’impasto più estensibile, malleabile, e avvolgendo le bolle di anidride carbonica che si formano durante la lievitazione le stabilizzano. L’alveolatura diventa così più omogenea e la struttura della mollica molto soffice; tali fattori aumentano notevolmente la shelf-life del prodotto finito. Le patate sono invece un ingrediente che, miscelandosi e “aggrappandosi” alla maglia glutinica, la rendono incredibilmente soffice e spugnosa, ma anche più umida e pesante; è quindi necessario avere una farina in grado di assorbire l’eccesso e di creare una maglia forte ed elastica. A differenza di altre “sospensioni” aggiungeremo le patate schiacciate e in crema all’inizio, sostituendole a gran parte dell’idratazione complessiva, in modo che il glutine si possa formare piano piano


incorporando la crema stessa nella fitta rete di sostegno. Sulla scelta delle patate, vi lascio carta bianca a meno di alcuni doverosi consigli: più la patata è naturalmente asciutta, più sarà agevole la realizzazione della ricetta, in particolar modo della formatura. Il mio primo consiglio è di usare le patate rosse, meno acquose e quindi più semplici da lavorare; un’alternativa gustosa è quella di introdurre patate dolci, asciutte e farinose, che regalano un retrogusto niente male. E perché no, potete sempre fare un mix di entrambe le varietà! La combinazione di questi elementi è la via più semplice e utilizzata per realizzare un grandissimo potato roll, etereo, di colore giallo dorato, sapore dolciastro e morbidezza irresistibile. Al contrario dei brioche buns (e della versione originale) i nostri potato rolls non contengono uova; basteranno le patate ed il Milk Roux ad enfatizzare le caratteristiche strutturali del nostro prodotto finito, oltre ad attribuirgli un’eccezionale shelf-life. LA DOLCEZZA Ennesimo cambio di rotta per la ricetta: a differenza della versione originale non utilizzeremo zucchero, bensì del malto diastasico, in grado di darci un doppio beneficio in termini di colorazione e sviluppo della mollica, oltre che a un leggero retrogusto dolciastro, ma che non vogliamo risulti un elemento preponderante nel prodotto finito. Come spesso abbiamo ricordato, le cellule del lievito si nutrono infatti di zuccheri la cui abbondanza nell’impasto favorisce la fermentazione. Lo zucchero classico (il saccarosio) aggiunto all’impasto viene consumato immediatamente; la sua utilità è attribuibile solo a questioni di maturazione e sapore. Diversamente, lo zucchero prodotto continuamente dalla saccarificazione (il processo che trasforma i carboidrati in zuccheri semplici) dell’amido contenuto nella farina con l’aiuto delle amilasi e dalle diastasi (enzimi presenti nella farina come nel malto stesso), fornisce nutrimento continuo ai lieviti. Considerando i lunghi tempi di maturazione previsti dal metodo, è fondamentale che il quantitativo di zuccheri sia sempre presente sia per mantenere attiva la lievitazione, sia per colorare e rendere saporito il potato roll grazie alla reazione di Maillard.

per circa 18 panini

per il water roux 60 g di farina di grano tenero di tipo 00 o 0 (320-340 W) 300 g di latte intero 10 g di paprika dolce affumicata

per l'impasto 740 g di farina di grano tenero di tipo 00 o 0 (320-340 W) 50 g di acqua presa dalla cottura delle patate 200 g di farina (o fecola) di patate 200 g di patate rosse e/o dolci 150 g di burro morbido 20 g di sale fino o integrale; 5 g di malto diastasico in polvere o 20 gr di malto in sciroppo) 10 g di lievito di birra fresco (4 g se secco)

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In commercio esistono diversi tipi di malto, differenti per potere diastasico e quantità di zuccheri; il malto diastasico in polvere è da preferire nella panificazione in quanto è addizionato da enzimi (le diastasi, appunto) che accelerano il processo di saccarificazione. In alternativa potete utilizzare del malto in sciroppo, in proporzione di 4:1.

INGREDIENTI

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PREPARAZIONE DEL WATER ROUX Posizionate un pentolino sul fuoco e versate il latte, poi la paprika e la farina a pioggia. Mescolate energicamente con la frusta per impedire la formazione di grumi, e attendete il raggiungimento dei 65°C. Il Milk Roux sarà pronto quando la consistenza sarà simile a una gelatina e comincerà a vedersi il fondo del pentolino, ma non dovrà mai divenire troppo denso. Togliete dal fuoco, lasciate intiepidire leggermente, poi coprite con pellicola a contatto e lasciate raffreddare dalle 12 alle 48 ore in frigorifero. Il composto non può essere aggiunto all’impasto da caldo, in quanto provocherebbe la morte dei lieviti.

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IMPASTAMENTO Rovesciate in un recipiente ampio o nella vasca della vostra planetaria le farine, il Milk Roux, il lievito, il malto e le patate precedentemente bollite, schiacciate e fatte raffreddare. Cominciate ad impastare a velocità bassa, fino a che l’impasto non inizierà ad acquisire consistenza; dopo averli amalgamati bene aggiungete l’acqua rimanente poco alla volta, utilizzando quella di cottura delle patate che avrete tenuto da parte (e lasciata ovviamente raffreddare).

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Una volta che anche l’acqua sarà stata perfettamente assorbita, attendete la formazione di una maglia elastica e cominciate ad aggiungere il burro morbido a pezzetti, attendendo che la quantità precedente sia stata assorbita prima di mettere la successiva. Aggiungete infine il sale e terminate l’impastamento quando l’insieme risulterà liscio, asciutto e setoso e la maglia glutinica si sarà formata; la temperatura interna dovrà essere di almeno 24°C-25°C per permettere a tutti i processi fermentativi e alla maturazione di avere inizio senza particolari ritardi. Lasciate riposare nella ciotola per circa 15 minuti, poi ripiegate l’impasto in forma di pagnotta in modo che sia in grado di crescere verso l’alto. PUNTATA Trascorsa la prima parte del riposo, riponete l’impasto in un recipiente dai bordi alti ben oliato e chiuso ermeticamente, e lasciate a temperatura ambiente per almeno un’ora per dar modo alla lievitazione di partire. Posizionatelo infine in frigorifero per un tempo tra le 12-18 ore a una temperatura di 6°C, durante il quale triplicherà di volume.


STAGLIO E FORMATURA Circa 4 ore prima della cottura togliete dal frigorifero e dividete l’impasto in panetti da 100 g l’uno. Operazione fondamentale, dopo aver pesato i singoli pezzi di impasto, è di schiacciare per bene facendo uscire l’aria formatasi durante la prima lievitazione, per poi arrotolare e formare una pallina ben chiusa; in tal modo, i gas sviluppatisi durante l’appretto risulteranno uniformemente distribuiti e la mollica avrà una struttura omogenea, senza bolle d’aria indesiderate e dislocate. In più, darete forza maggiore ad una massa che risulterà più umida di altre preparazioni. Una raccomandazione: non utilizzate mai farina durante la fase di formatura, o potreste avere difficoltà nella chiusura e soprattutto avere farina libera dopo la cottura; se faticate, inumiditevi le mani o sporcatele con un filo d’olio. Adagiate su una teglia con della carta forno, ben distanziati uno dall’altro, coprite con un panno umido e lasciate in appretto a una temperatura di 26°C-28°C (come il forno spento con la luce accesa). Il consiglio è di non posizionare più di 6 panetti per ogni teglia 30x40 cm, per ottenere un prodotto finito che abbia circa 10-11 cm di diametro.

RAFFREDDAMENTO, MANTENIMENTO E SERVIZIO Una volta sfornati i potato rolls, lasciateli raffreddare su una griglia rialzata, evitando in tal modo la formazione di condensa che rovinerebbe il duro lavoro svolto finora. Grazie alla presenza delle patate, i potato rolls possono durare decisamente più dei classici brioche buns, fino a 5 giorni in frigorifero se chiusi in un sacchetto ermetico. Io in ogni caso vi consiglio di congelarli, per non perdere nulla della loro incredibile fragranza. Prima di farcire il vostro meraviglioso hamburger, tostateli interamente in forno a 180°C-200°C, pretagliandoli a metà: si formerà una crosticina croccante e saporita in corrispondenza della parte esterna, conferendo all’insieme una piacevolissima nota croccante in netta contrapposizione alla morbidezza interna. Sciogliendosi, il quantitativo di burro presente donerà una lucentezza esterna senza eguali, che potete enfatizzare spennellandone una leggera noce prima di farli rinvenire

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APPRETTO Durante lo staglio l’impasto viene manipolato e i lieviti ridistribuiti uniformemente; l’appretto (o seconda lievitazione) consente al semilavorato di svilupparsi al fine di ottenere la sua forma finale. Dopo circa 4 ore a 26°C-28 °C i vostri potato rolls saranno pronti per essere infornati.

COTTURA Stabilizzate la temperatura del vostro forno a 230°C e cuocete per 10-11 minuti; per verificare l’avvenuta cottura dei potato rolls è necessario un doppio controllo: la temperatura interna, misurabile con un termometro a sonda, deve essere di 90 °C, e la mollica deve risultare completamente asciutta.

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The Chemical Griller a cura di Virgilio Brunetti

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LA FAI FACILE A DIRE

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nte, croccanti, deliziosamente comfortevoli: se fatte bene, le patatine fritte sono il passepartout gastronomico delle serate perfette.

Ma perché ci piacciono così tanto? Beh, la scienza ha provato a spiegare la nostra ingordigia di tuberi fritti. Pare che aiutino la produzione di endocannabinoidi, una molecola che dimora nell’intestino, avente il ruolo di indurre un costante senso di fame. Taaac. Ecco spiegato perché non riusciamo a fermarci ad una-sola-patatina-giuro-una-sola. Ma la facciamo facile a dire patata: sebbene questo tubero sia di gran lunga il più diffuso sulle nostre tavole, non è mica l’unico e il solo capace di sortire delle vere e proprie razzie gastronomiche. Sono molteplici – tra frutti, tuberi e radici – i prodotti che possono essere fritti a puntino e presentati accanto al nostro hamburger perfetto. Se mi seguirete, scoprirete un mondo di tuberi, frutti e radici adattissimi ad essere tagliati a fiammifero o fettine ed essere fritti una, due o tre volte. Garantito. Iniziamo proprio dal tubero preferito, cioè la patata: esiste un metodo scientifico per sceglierle e per friggerle.

forno. Ovviamente la cultivar ha un enorme perso nella selezione della patata “giusta”; siccome in moltissimi casi non ci sarà data l’opportunità di scegliere, sarà necessario basarsi sulla valutazione dello stato d’idratazione della singola patata misurandone la densità mediante il principio di Archimede. La patata giusta per la frittura deve avere un contenuto equilibrato di amidi e umidità, quindi deve presentare densità intermedia tra una patata giovane e fresca (ricca d’acqua di vegetazione) e una patata vecchia conservata al lungo (ricca di amidi e fortemente disidratata). Per selezionare patate con questa caratteristiche dobbiamo ricorrere ad un semplice ma ingegnoso metodo. Prepariamo due soluzioni saline a differente densità: la prima a bassa densità al 9% di sale (90 grammi di sale disciolti in 1 kg di acqua); la seconda ad alta densità al 12% di sale (120 grammi di sale in 1kg d’acqua). Le soluzioni vanno preparate in due contenitori che devono essere sufficientemente

Le patatine con il metodo Blumenthal TRIPLE COOKED FRIES Il metodo della tripla cottura ormai è una tecnica ben consolidata e conosciuta ed è attualmente l’unica per ottenere da zero una patatina fritta perfetta: morbida e cremosa all’interno, croccantissima all’esterno e mai unta. Il procedimento parte dalla selezione delle patate e si completa in tre passaggi di cottura. Tutta la procedura converge nell’ultimo passaggio di cottura in olio controllando alla perfezione tutte le variabili che governano la reazione di Maillard: alta temperatura, pH basico, presenza di zuccheri riducenti e soprattutto totale assenza di umidità superficiale.

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COME SELEZIONARE LE PATATE PERFETTE PER LA FRITTURA I lettori di questo Magazine, cuochi smaliziati, sapranno già che in cucina esiste un metodo scientifico per fare più o meno qualsiasi cosa. Non si esime da ciò la scelta della patata perfetta per la frittura, per il purè, per gli gnocchi o le patate al

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capienti, al fine di valutare la spinta idrodinamica delle due soluzioni a differente densità sulle singole patate.

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Le patate che galleggiano nella soluzione a bassa densità vanno messe da parte perché troppo ricche di acqua, quindi da utilizzate per altri scopi. Le patate che affondano nella soluzione a bassa densità vincono la prima selezione e passano allo step successivo. Le patate selezionate vanno testate nella soluzione salina più forte: le patate che affondano anche in questa soluzione vanno scartate perché sono troppo disidratate e ricche di amido mentre quelle che troverete a galleggiare sono quelle con il giusto equilibrio di acqua e amido e quindi perfette per la nostra frittura scientifica.

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COTTURA IN ACQUA Pelate e tagliate in stick le patate, avendo cura di fare fiammiferi con la testa quadrata e di diametro di circa un centimetro. Dopo aver selezionato le patate, queste vanno sbollentate. Attenzione, però! Ho detto sbollentare, non lessare. Come capire se sono pronte? Utilizzare un termometro a sonda: una patata cotta avrà una temperatura al cuore di 90°C e avrà una consistenza sufficientemente soda da poter essere maneggiata Dopo la cottura le patate vanno asciugate raffreddate il più velocemente possibile.

L’alternativa? La cottura in sous vide: pelate le patate e tagliatele in stick con un profilo quadrato della dimensione di 1 cm; preparate una soluzione miscelando: • 1 kg di acqua • 15 g di sale • 2.5 g di zucchero semolato • 2.5 g di bicarbonato di sodio Questa soluzione vi darà una crosta superficiale incredibile alzando il pH e fornendo una dose di zuccheri riducenti accelerando la reazione di Maillard nelle successive fasi di frittura. Imbustate le patate aggiungete la stessa quantità in peso di salamoia (300 grammi di patate più 300 grammi di soluzione). Sigillate la busta eliminando tutta l’aria possibile e cuocete 15 minuti a 90°C. Successivamente abbattete o raffreddate il più rapidamente possibile, scartate la salamoia e asciugare le patate; anche in questo caso cercate di non andare in overcooking (cioè, di cuocere oltre il tempo necessario): le patate devono essere cotte ma non devono disfarsi. PREFRITTURA La prefrittura è necessaria per generare uno strato asciutto e solido sulla superfice delle nostre patatine. Questo strato - denominato protocrust - farà da primer per l’ultima e definitiva cottura in olio. Questa


fase eviterà che l’olio si infiltri in profondità ed eliminerà dalla superfice quasi tutta l’umidità. Le patatine prefritte sono ora stabili sebbene ancora fragili, a questo livello potete interrompere la procedura e surgelarle. Per la prefrittura riempire una pentola grande a metà con olio adatto alla frittura con un alto punto di fumo, riscaldate l’olio fino a 130° C. Utilizzare olio a sufficienza per garantire che la temperatura non scenda troppo quando si aggiungono le patatine, cuocete sempre piccole quantità per volta e cercate di mantenere immerse le patatine durante la frittura aiutandovi con un mestolo forato. È necessario friggere per circa cinque minuti, o fino a quando la superficie inizia ad essere asciutta e soda al tatto. CONGELARE LE PATATINE FRITTE Rimuovere le patatine dall’olio e stenderle su una gratella e lasciarle raffreddare e asciugare. Surgelate o meglio ancora abbattete in negativo. Per evitare fenomeni di ossidazione ed imbrunimento, potete confezionare sottovuoto le patatine fritte dopo averle congelate, facendo attenzione a non schiacciarle. A questo punto, le patatine possono essere conservate per diversi mesi nel vostro surgelatore. FRITTURA FINALE Preparate una pentola con abbondante olio e riscaldate fino a 190°C; prendete le vostre patatine prefritte (anche surgelate) e immergetele in olio per esattamente 1 minuto e 45 secondi. Il risultato sarà sorprendente perché, a patto di aver lavorato bene, la quantità di umidità superficiale sarà molto bassa per cui vedrete ridursi gradualmente e drasticamente le bollicine che circondano le patatine in frittura.

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Questo è indice che la disidratazione superficiale è completa. In parallelo vedrete un rapido imbrunimento dal giallo dorato fino al bruno chiaro. Scolate le patatine su carta assorbente per eliminare qualsiasi eccesso di unto e semplicemente condite con sale.

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Le "patatine" con altri ortaggi, tuberi o radici SWEET POTATOES FRENCH FRIES Le patate dolci (o americane, o anche chiamate batate) e le “patate zuccherine” sono tuberi che non hanno nulla a che fare con le patate propriamente dette. Le patate, Solanum tuberosum, appartengono alla famiglia delle solanacee, come pomodori, melanzane, peperoni e altre essenze tossiche come tabacco, belladonna, stramonio e mandragora. Le patate dolci, nome scientifico Ipomoea batata, sono ascritte alla famiglia delle Convolvulaceae. A parte il fatto di essere tuberi, le patate dolci dal punto di vista botanico e nutrizionale sono molto differenti dalle normali e ovviamente hanno proprietà organolettiche proprie; sono spiccatamente più dolci, collose e fibrose. Possono essere a polpa bianca, gialla o arancione in base alle cultivar. Si prestano tipicamente alla cottura nella cenere, in forno, fritte e c’è anche chi le apprezza crude infatti potranno essere consumate così come ingredienti extra in una comune insalata senza particolari problemi di tossicità. Anche la buccia è commestibile. In tutti i modi vi consiglio di scegliere patate dolci più stagionate, perché gli amidi presenti nella polpa avranno il tempo di decomporsi arrivando ad avere un contenuto in zuccheri semplici svariate volte superiore alle patate americane fresche. Le reazioni di brunitura delle patate dolci, sottoposte a cotture ad alta temperatura, saranno estreme, proprio per l’abbondanza di zuccheri. In alcune cultivar largamente diffuse e coltivate nel mio Salento, il clima caldo e i terreni calerei, salmastri e argillosi strappati alle paludi costiere fanno assurgere la normale patata dolce a patata “zuccherina” proprio per l’estrema e naturale dolcezza. Non è raro che questi tuberi cucinati interi al calore dei nostri forni a legna inizino a stillare un liquido dolcissimo e sciropposo che le rende piacevoli accompagnamento di altri prodotti tipicamente autunnali con le castagne della Calabria e il vino rosso novello. Ma come possiamo ottenere delle patate dolci fritte perfette utilizzando la patata zuccherina? Intanto essendo sempre di grossa pezzatura possiamo sbizzarrirci nelle tecniche di taglio per ottenere chips, fiammiferi, paglia o sticks. Per delle perfette Sweet Potatoes French Fries potete applicare il metodo della tripla cottura, avendo cura di sovradimensionare gli stick per una migliore tenuta della patatina. Non usate nella fase di precottura zuccheri o bicarbonato: infatti, nelle cotture successive dovete fare attenzione alle reazioni di brunitura che saranno largamente più rapide per il maggior contenuto di zuccheri, moderate per tanto la temperatura dell’olio da frittura di una decina di gradi in meno rispetto alle patate normali (170°C-180°C). Il risultato sarà una patatina fritta con una superficie piuttosto scura ed una intrigante, dolce cremosità interna che si presta molto bene ad essere accompagnata con salse cremose e burrose con un carattere forte. Qui, in Salento, molti apprezzano le patate zuccherine fritte come chips molto spesse e cosparse di zucchero semolato oppure un cucchiaino di cotognata, o ancora mosto.

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Se volete fare un salto carpiato dalla sedia, provate a gustarle con una goccia di aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia Selezionato da Gianfranco Lo Cascio e prodotto in Acetaia San Giacomo del mio amico acido Bez. Volendo, potreste friggerle anche nel nostro fantastico olio extravergine d’oliva, lo trovate sul Megastore.

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TOSTONES, LE BANANE FRITTE IN DOPPIA COTTURA Il platano è un frutto tropicale ricco di amido del genere Musa, dalla forma affusolata e leggermente ricurva, di massimo 40 cm, dalla buccia spessa e dall’interno color crema tendente al giallo. Lo riconoscete perché sembra una brutta, grossa banana. E infatti, appartiene alla stessa famiglia delle banane, tanto che i due frutti sono spesso scambiati. Originario delle Filippine, Australia e Indonesia, è consumato principalmente nel Sud-Centro America e utilizzato come fonte di amidi al pari di pane, pasta e riso, oltre che alle ovvie patate. Le foglie di questo frutto, grandi, fibrose e verdi, sono utilizzate anche come piatto o, dopo essere tagliate a strisce fini, intrecciate per dar vita a borse o a stuoie.

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I tostones sono una specialità sud americana, ovvero dei pezzi di platano in doppia frittura che ricordano le patate fritte. Nei paesi di origine vengono preparati con un attrezzo chiamato tostonera (una sorta di pressa) e usati come contorno in alcuni piatti a base di maiale e pollo, sono ottimi anche per accompagnare diverse salse come ad esempio guacamole, maionese all’aglio, salsa al formaggio.

Fate attenzione quando comprate i platani perché ce ne sono di tre diversi colori: verdi, gialli (sembrano banane) e neri; differiscono tra loro per lo stato di maturazione. Per fare i tostones è preferibile utilizzate quelli verdi perché sono più compatti e tengono meglio la doppia cottura, se li scegliete più maturi avranno uno sapore dolce, più spiccato e un simpatico aroma fruttato tipico di banana. Come si fanno i tostones? Si sbucciano i platani aiutandosi con uno spelucchino e si tagliano a tocchetti di circa 2-3 cm che vanno immersi in acqua fredda in acqua per evitare che si ossidino all’aria. Scaldate abbondante olio di arachidi, asciugate le fette di platano e friggetele a 180°C finché non si forma una patina compatta e dorata. Scolate e asciugate le fette con la carta da cucina. A questo punto, formare i tostones: fateli riposare 1 minuto e schiacciate le fette di platano aiutandovi con un batticarne, riducendoli ad un disco di circa mezzo cm di spessore; friggeteli ancora una volta a 190°C, fino a quando all’esame visivo non risulteranno bruniti e croccanti. Scolate, asciugate su la carta da fritto e polverate con il sale kosher di Sal. I tostones sono da consumateli sempre caldi.


FINTE PATATINE DI SEDANO RAPA IN TRIPLA COTTURA. Il sedano rapa è una varietà botanica di sedano, tuttavia molto diverso rispetto ai suoi cugini, cui noi tutti siamo abituati: è grosso e di forma tonda, irregolare; in altre parole, è una brutta grossa radice bitorzoluta. Risulta praticamente inodore e va consumato privo della scorza; Il sedano rapa è anche chiamato sedano di Verona.

YUCA FRITA La manioca è una pianta della famiglia delle Euphorbiaceae, originaria del Sudamerica. Ha una radice tuberizzata commestibile, molto ricca di amido. Viene coltivata in gran parte delle regioni tropicali e subtropicali del mondo. La radice di manioca è la terza più importante fonte di carboidrati nell’alimentazione umana mondiale nei Paesi tropicali, assieme all’igname e all’albero del pane.

In cucina, il sedano rapa può portare grandi soddisfazioni: è infatti estremamente versatile, perché ha un sapore delicato. Nello specifico, se non lo avete mai assaggiato, ricorda la patata con sentore di finocchio e di sedano. Potete cucinarlo in moltissimi modi ma potete anche friggerlo per ottenere delle fries alternative; il sedano rapa contiene circa un quarto di calorie per ettogrammo rispetto alle patate ma contiene una percentuale di amido sufficiente da reggere una tripla cottura (precottura-frittura-frittura) e ottenere uno stick croccante in superfice e cremoso all’interno. Usate delle spezie per condire queste finte patatine oltre ad un ottimo sale aromatizzato.

Manioca, cassava o yuca, è una radice ricca di proprietà nutritive largamente usata come contorno o un piatto unico. La manioca è un altro tubero tropicale perfetto per ottenere delle patatine fritte alternative. La yuca si trova ormai facilmente al supermercato e si riconosce facilmente per la sua scorza marrone spesso protetta da un leggero strato di paraffina. Non dovete confonderlo con l’igname ma soprattutto col taro che non va mai consumato crudo. Ingrediente perfetto per dolci e torte, la manioca si può usare anche per vellutate fresche di verdura ma la yuca rende al massimo se fritta.

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Ecco come prepararla: per prima cosa pulite la manioca; tagliate la testa e la coda del tubero, tagliate la buccia (con un coltello o con un pelapatate) fino a quando non rimane solo la polpa bianca e dividete in tre o parti grossolane e poi in sticks mai troppo sottili per una migliore tenuta alla tripla cottura. Il momento cruciale è sempre la precottura che determinerà la texture finale della “patatina”. Ricordate che il risultato perfetto sarà quando otterrete una crosta croccante che, come un guscio, racchiude un cuore cremoso. Il prodotto moscio e unto è un prodotto venuto male. La yuca frita accompagna tradizionalmente salse piccanti e carni stufate di maiale o pollo, a loro volta sempre molto speziate. LO YAM, IL GRANDE TUBERO AFRICANO Lo yam - o igname - è un tubero molto ricco di amido prodotto dalle piante del genere Discorea. La parola igname deriva dal portoghese inhame o dallo spagnolo ñame. Cresce soprattutto in presenza di terreni rocciosi e desertici, con particolare frequenza in Messico, Texas, Africa Centrale e Cina orientale. La sua coltivazione avviene anche nei Caraibi, in America Latina e in Oceania. Esistono molte varietà di igname che possono differire a seconda della regione in cui vengono coltivate. A differenza della cassava (nota anche come tapioca o manioca), la maggior parte delle varietà di yam non contiene sostanze tossiche. Esistono però alcune eccezioni. Dalle varietà amare di yam le sostanze potenzialmente tossiche vengono eliminate lasciando i tuberi in ammollo in acqua salata.

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Il consumo dello yam è molto diffuso in Africa, dove questo tubero rappresenta anche una fonte di proteine. Di tutti i tuberi e radici il contenuto proteico dello yam è il più elevato, visto che rappresenta circa il 2% del peso del prodotto fresco. Lo yam, però, non contiene tutte le proteine necessarie per il nostro organismo, dunque dovrebbe essere comunque abbinato ad altri alimenti per una nutrizione completa.

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In Niger e in Africa Occidentale lo yam ha un ruolo chiave nell’alimentazione locale e la coltivazione è molto diffusa soprattutto nelle aree più povere dell’Africa. Si tratta di una pianta molto resistente e disponibile tutto l’anno, a differenza di altre

coltivazione stagionali meno affidabili. In Africa il tubero dell’igname viene cotto prima di essere mangiato. Lo yam si può bollire, friggere o arrostire. Viene servito con delle salse saporite ma anche utilizzato per preparare dei dolci. In Nigeria lo yam viene essiccato e ridotto in una polvere che viene impiegata per preparare zuppe e budini, mentre una varietà di igname nelle Filippine è alla base della preparazione di un dolce locale, chiamato halo-halo. Avete mai assaggiato questo tubero? Provate ad applicare anche in questo caso il metodo della della tripla cottura mettendo in conto che la tenuta del prodotto sarà molto influenzata dalla preponderanza di amidi e lo stato di conservazione del tubero. IL TARO Il taro è un tubero quasi del tutto sconosciuto in Italia e rappresenta uno degli ingredienti esotici rintracciabili in qualsiasi supermercato del mondo mentre dalle nostre parti la sua presenza è relegata agli shop di prodotti alimentari etnici al pari di igname, platani, e yuca. Ma che cos’è questo taro? Il taro è un tubero commestibile di una pianta tropicale il cui nome botanico è Colocasia esculenta. La buccia è marrone chiaro, ruvida, come una corteccia sottile, mentre la polpa è solitamente bianca, anche se può essere caratterizzata da riflessi violacei. Probabilmente, la specie è originaria della sud-est asiatico e da qui si è diffusa in varie zone della area del Pacifico e non solo. Secondo alcuni, la Colocasia esculenta è stata una delle prime piante a essere coltivate al mondo. Sia la radice che la parte area sono commestibili, a patto che siano sempre cotte. Come molti prodotti a base amidacea è considerato uno alimento base nella cultura gastronomica di molte popolazioni proprio per l’alto valore nutrizionale e la versatilità in cucina. Se vi approcciate a questo prodotto, fate attenzione: non è commestibile crudo, perché contiene ossalato di calcio, ovvero un sale tossico per il nostro organismo che viene distrutto dalle alte temperature in cottura. Abbiate cura di usare guanti quando lo maneggiate ed evitate il contatto con gli occhi. Il taro era molto diffuso nell’antichità: pare infatti che nell’antica Roma fosse onnipresente sulle tavole, un po’ come la nostra patata. Facile capire come il taro


sia stato utile per la sopravvivenza della popolazione dell’isola greca Icaria durante la Seconda Guerra mondiale, tanto che ancora oggi in Grecia il tubero bollito viene servito in insalata, condito con olio e succo di limone. Sempre in Grecia, le belle e maestose piante di taro adornano giardini e parchi privati. In Cina, per esempio, il taro è usatissimo cotto al vapore, bollito, saltato in padella oppure stufato con carne di manzo o di maiale. A Taiwan, il tubero è un apprezzato ingrediente per dessert servite semplicemente con lo sciroppo oppure con pudding di tofu (douhua) o il famoso gelato grattugiato taiwanese (bao bing).

Alle Hawaii ha ancora un ruolo fondamentale nella alimentazione di tutti i giorni. Il poi hawaiano, che accompagna l’alimentazione dei locali fin dall’infanzia, non è altro che purea di taro cotto. In Thailandia i cubetti bolliti sono venduti come street food per le strade e nei mercati ma soprattutto viene utilizzato in tutto il mondo per preparare dei bastoncini di taro fritti che potrete provare a riprodurre anche voi seguendo il metodo della tripla cottura. Il risultato saranno delle fries dal sapore intrigante e dall’aspetto piuttosto singolare, a volte screziate di viola e che accompagneranno bene il vostro hamburger più esotico e le la vostra salsa barbecue preferita.

In India è aggiunto ai piatti di curry o agli stufati di lenticchie (sambar), fritto in pastella per la colazione (come se fossero dei pancakes). In Giappone è fatto sobbollire nel dashi e salsa di soia; nei momenti di carestia, il taro veniva utilizzato come sostituto del riso.

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De Gustibus a cura della redazione

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Guida ai miniburger perfetti

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sistono alcune condizioni impre scindibili affinché un burger sia perfetto: ad esempio, è necessario che sia facile da prendere con due mani (senza che tutto il condimento se ne vada per fatti suoi), che sia facile al morso (cioè che in un morso solo si abbia la possibilità di assaggiare tutto ciò che c’è nel bun (senza che ci siano morsi di “solo” pane o “sola” carne o “solo” condimento… come capita in molti burger senza criterio!), ma soprattutto che la nostra polpetta di carne sia il centro di tutto, visto che è la farcitura portante del panino. In questo numero del Magazine, la maggior parte dei nostri coach si è riunita in una amichevole “battaglia” all’ultimo burger, presieduta dallo Zio. In realtà, è stata soltanto l’occasione giusta per sfoderare le ricette migliori e metterle qui, a disposizione di tutti i nostri appassionati lettori. I nostri coach hanno giustamente “ragionato” in ottica Normal size: polpette di carne di taglia e grana normale, per panini “normali”. Ma cosa succede se il burger da Normal diventa… Mini?

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Il miniburger, se ci pensate, è una cosa tanto fantastica quanto malefica: quanti sareste capaci di mangiarne? Noi andiamo nell’ordine dei quattro o cinque… per iniziare. Ma volete mettere la comodità nella presa, la bellezza di poter scegliere la farcitura desiderata e – qualora abbiate poco appetito, oppure che il menu della giornata preveda altre portate più sostanziose! – la possibilità di poterne mangiare solo un paio come aperitivo e provare svariate combo?

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REGOLE PER UN MINIBURGER IMPERDIBILE Ci sono poche regole, semplici e facilmente attuabili, per un miniburger perfetto. 01. SIATE ACCATTIVANTI. Ad un buon party, solitamente, sono tante le proposte gastronomiche sul tavolo. Nachos, insalate di pasta, cous cous, fritti vari, pizza. Perché dovrei scegliere proprio un miniburger? Giocate le vostre carte migliori, siate accattivanti. Un bun colorato (piccole aggiunte di barbabietola o ancora di farine integrali, rendendolo più “rustico”), qualche salsina accanto in monodose per pucciare il vostro morso. Insomma: sfoderate le vostre capacità per impedire che i vostri miniburger siano ingiustamente ignorati dai più. 02. SIATE FANTASIOSI. Una volta reso “bello” il vostro miniburger, dovrete renderlo interessante. Una serie di verdurine sabbiate oppure in ember roasting, salsine fatte in casa come il guacamole, il ketchup o la maionese, o ancora formaggio filante. Insomma: è un miniburger, ma lo dovete rendere esplosivo quanto un burger normal size. Anzi, forse anche di più: è un boccone solo, potete sbizzarrirvi anche nel creare abbinamenti insoliti e stuzzicanti! 03. ANCHE SE PICCOLO, LA CARNE DEL NOSTRO MINIBURGER ESSERE BUONA. Purtroppo è un errore che fanno in molti: essendo un bocconcino, pensano che nel mini burger la qualità degli ingredienti e soprattutto della ciccia possa passare in secondo piano. Sbagliato! Chi ha provato il mini burger di Wagyu a una cena che BBQ4All ha organizzato in quel di Vicenza qualche anno fa può confermarlo: in quell’occasione vennero serviti dei mini panini contenenti solo carne, pane e una lacrima di wasabi. Eppure il sapore era esplosivo, proprio grazie all’eccezionale qualità della ciccia del mini patty.

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Il punto 3 vi mette in crisi? Per questo esistono i nostri Burger presenti sul Megastore: se non li trovate in versione già mini, niente panico: prendete quelli grandi e sporzionateli in minipolpette che andrete a pressare con la mano (in attesa che poi tornino disponibili anche quelli delle dimensioni che vi occorrono): il risultato sarà strepitoso. Che sia una serata da passare sul divano a guardare un film in compagnia, oppure una piccola festa in famiglia o con amici, un boccone (o due, per chi vuole andarci piano!) saporito, da accompagnare con gli ingredienti e le ricette che più vi ispirano, sarà un vero toccasana per il vostro palato. Se non avete grandi idee sugli abbinamenti, ne troverete un bel po’ in questo numero del Magazine tutto dedicato ai burger!

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Feste a stelle e strisce

TACCHINO del Ringraziamento

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Across the Pond a cura di Elena Ninotti

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ra le (poche) festività celebrate dagli Americani, il Thanksgiving Day è sicuramente quella più sentita, nonché la più conosciuta e festeggiata anche dagli americani oltre nazione. Non essendo legata a motivazioni religiose o etniche, è una festa celebrata da tutti con lo stesso trasporto. Io, provenendo dall'Italia, dove ogni comune ha una propria storia, tradizione, cucina, stupisce tantissimo come in tutti gli USA (che sono molti più grossi dell’Europa) si possa festeggiare con modalità simili, se non identiche: profumi, cibo, parate, sono analoghi in tutto il territorio. Pazzesco per noi dove, tanto per fare un esempio, celebrare il Natale comporta avere più personaggi a distribuire regali (santa Lucia, San Nicola, Babbo Natale, Gesù Bambino), tanti menù e tante diverse tradizioni. Il Thanksgiving, invece, è una festa comunitaria. Contrariamente a quello che si può pensare, non è una festa commerciale, ma è più ricca di tradizioni e simbolismi autentici di molte feste nostrane. Non prevede regali e si festeggia in casa e in famiglia. La maggior parte dei ristoranti e supermercati è chiusa: dopo aver consegnato i menu prenotati, effettuano orario ridotto. Il Thanksgiving si festeggia in tutto il Nord America: origina dalla celebrazione di una festa del raccolto del 1621 condivisa dai coloni inglesi (Pilgrims) di Plymouth e dal popolo nativo Wampanoag. Il Ringraziamento di Plymouth è iniziato con alcuni coloni che uscirono "a caccia di uccelli", probabilmente tacchini ma ancor più probabilmente prede più semplici da catturare come oche e anatre. Ne presero molti e organizzarono una celebrazione per ringraziare il signore di tale abbondanza. Successivamente, circa 90 Wampanoag fecero un'apparizione a sorpresa alle porte dell'insediamento, preoccupando i circa 50 coloni che vi risiedevano. Tuttavia, nei giorni successivi i due gruppi socializzarono senza incidenti. I Wampanoag portarono carne di cervo alla festa, che già includeva il pollo e probabilmente il pesce, le anguille, i crostacei, gli stufati, le verdure e la birra.

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Poiché Plymouth non aveva ancora sufficienti strutture, la maggior parte delle persone mangiò all'aperto seduta per terra o su botti con piatti sulle ginocchia in un clima festoso e comunitario. Si cercò di comunicare in modo stentato, tra l’inglese e il linguaggio dei Wampanoag. Questa amicizia suggellò un trattato tra i due gruppi che venne preso come esempio da Lincoln per istituire una festa che promuovesse l’unità nazionale.

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La festa era stabilita nell’ultimo giovedì di Novembre. Tuttavia, il Presidente Theodore Roosvelt, nel tentativo di allungare la stagione natalizia (che iniziava dopo il Thanksgiving), la spostò al quarto giovedì del mese dalla cui mezzanotte parte per l’appunto la stagione dello shopping, con il Black Friday. La festa ha perso qualsiasi carattere religioso di Ringraziamento (a Dio), per simboleggiare oggi la pace interculturale, l'opportunità americana per i nuovi arrivati e il calore della casa e della famiglia.

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Se avete visto festeggiare il ringraziamento in un qualsiasi film, la famiglia si riunisce già dalle prime ore della mattina per cucinare assieme. Non è un pranzo, o una cena. Ci si siede a tavola attorno alle 2 pm oppure 3 pm e si fa un unico pasto a base di tacchino al forno, una terrina di ripieno di pane,

patate, fagiolini in salsa di funghi, salsa di mirtilli rossi e torta di zucca. Questo sia che viviate al nord che al sud: il menù è praticamente lo stesso e lascia poco spazio alle innovazioni, anche se devo ammettere che spesso si ricorre a terribili scorciatoie, per esempio limitarsi ad assemblare salsa di funghi Campbell’s con fagiolini in lattina o altri alimenti precotti di dubbia qualità... Se volete cimentarvi nel classico pasto del Ringraziamento, dovete partire qualche giorno prima, scongelando il tacchino lentamente in frigo. Su internet trovate facilmente le tabelle coi tempi, a seconda del peso del vostro volatile. Ecco la ricetta per il vostro Tacchino del Ringraziamento:


THANKSGIVING SPATCHCOCKED TURKEY Ingredienti: un tacchino di 5/6 kg, aperto a farfalla

Per la bagna con cui spennellare in cottura: 500 ml di aceto bianco leggero, di riso o di mele / 80 g di zucchero / 2 fette di limone / un cucchiaio (circa 10 g) di pepe nero / 2 cucchiaini (circa 8 g) di peperoncino in polvere Per il rub: circa 60 g di Ultimate Spog della linea Sal’s Seasoning /un cucchiaio (circa 10 g) di glutammato /un cucchiaio (circa 10 g) di pepe nero / tre cucchiaini (circa 30 g) di Ancho Habanero della Linea Sal’s Seasoning

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Preparazione: 1. Preparate la bagna: cuocete tutti gli ingredienti per due minuti, finché lo zucchero si è sciolto, fate raffreddare e estraete le fette di limone. Conservate in frigorifero. 2. Per il rub: mescolate tutti gli ingredienti in una ciotola 3. Per il tacchino: spolverate il tacchino con il rub. Preparare il dispositivo con lo snake, lasciando il posto lateralmente per mettere la teglia di alluminio sottostancte con lo scopo di raccogliere i succhi e mantenere umido il tacchino. 4. Appoggiate i chunk di legno aromatico per affumicare sopra al carbone, distanziandoli leggermente in modo che si accendano in sequenza. Appoggiate la teglia di alluminio dal centro dello snake fino al bordo della camera di cottura e versateci circa 1,5 l di acqua all’interno 5. Accendete con la ciminiera 20 bricchette e, una volta pronte, dividetela tra le due estremità dello snake, vicino alla teglia di alluminio 6. Sistemate la griglia di cottura e ungetela leggermente con un pennello. Appoggiate il tacchino, con la pelle verso la brace e le cosce verso il carbone. Cuocete con la ventola aperta (la ventola deve essere sopra al tacchino, non sopra allo snake) e cuocete per due ore senza toccarlo. 7. Dopo due ore spennellatelo con la bagna e giratelo con la pelle sopra, mantenendo le cosce verso lo snake. Sistemate la sonda di un termometro dentro il petto e continuate a cuocere per circa 1-1,30 h, fino a che la temperature al centro del petto non registra 62°C e le cosce 70°C 8. Trasferite il tacchino su una grossa teglia e lasciartelo riposare 30-40 minuti, dopodiché si può porzionarlo e servirlo in tavola

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Tra i contorni tradizionali: Fagiolini verdi lessi. Cavoletti di Bruxelles lessi, spadellati con burro e bacon, oppure semplicemente arrostiti in forno Purè di patate dolci e di patate tradizionale. Stuffing (un tortino di pane secco a cubetti mescolato con spezie, bacon, formaggio e dorato in forno). Per la salsa di mirtilli, è molto difficile che troviate i mirtilli rossi, ma è possibile sostituirla con la confettura presente nella nota catena di arredamento svedese, allungata con un cucchiaio di acqua e uno di succo di arancia per ogni due cucchiai di confettura di mirtilli rossi sciolta a fuoco basso.


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Nice to MEAT you

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TENDERLOIN

/ FILETTO


Sono davvero pochissimi i tagli di carne che una persona comune sa riconoscere a occhio nudo senza difficoltà. Possiamo tranquillamente affermare che il filetto è uno di questi, se non proprio il più popolare. Classificato indiscutibilmente come il taglio più tenero in assoluto di tutta la carcassa, è evidente la ragione per cui sia uno tra i più desiderati pezzi di carne di sempre. Grazie alle sue caratteristiche uniche, chef di tutto il mondo hanno creato piatti iconici che in alcuni casi hanno segnato la storia della cucina mondiale, come il Filetto alla Rossini, il Filetto alla Wellington o il Filet au Poivre (l'italiano filetto al pepe, che sa un po' di anni Ottanta). Pur essendo un pezzo molto ambito, molti griller appassionati o esperti solitamente lo evitano perché ritengono il prezzo troppo alto, considerando anche il sapore beefy poco presente in confronto ad altri tagli meno pregiati della stessa carcassa. Pare evidente che genetica e metodo di allevamento facciano, anche in questo caso, una grande differenza per quanto riguarda sia il sapore che la morbidezza della nostra bistecca.

COS'È, ESATTAMENTE Come molti già sanno, il filetto è situato nella parte lombare di tutte le specie animali a quattro zampe, dette anche quadrupedi. È un muscolo dalla forma oblunga, simile ad una “penna” che si estende dalla zona pelvica, lungo la spina dorsale fino all'ultima costola. Dimensione e peso possono variare di molto in base a genetica ed età dell'animale, e in alcuni casi puo raggiungere anche i 4 kg (intero) e una lunghezza attorno ai 65 cm. Principalmente è composto

dal cosiddetto Psoas Major (il muscolo principale e maggiormente desiderato), Psoas Minor (la catena) e Iliacus (Wing muscle). A volte può capitare di trovare una piccola parte del Sartorius o di Obliquus abdominis interni (Flap) attaccati alla testa del filetto (la parte più spessa) nel caso in cui lo acquistate intero da qualche macellaio locale che vi fa il “prezzo buono”. ALTRE DENOMINAZIONI Intero, viene chiamato anche Tenderloin Roast; porzionato in bistecche può prendere il nome di Tenderloin Steak, Fillet, Tenderloin Filet. Dal filetto si ricavano i tagli maggiormente conosciuti, con nomi come Filet Mignon, Chateaubriand o Turnedos; allo steso tempo può diventare parte integrante di bistecche come la Fiorentina (Porterhouse o T-Bone) quando è lasciato sull’osso.

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Se nella ristorazione viene solitamente scelto per creare piatti di lusso, nell’ambito casalingo, nella maggior parte dei casi, è una scelta necessaria per poter far mangiare la carne a bambini o anziani, grazie alla sua morbidezza elevata, al sapore leggero e all’assenza di grassi, caratteristiche per cui spesso viene abbinato a salse o fondi concentrati in piatti più

complessi. Tuttavia dobbiamo assolutamente ricordare che, indipendentemente da quanto sia tenero il nostro pezzo, una cottura sopra i 52°C/55°C potrebbe risultare in un boccone asciutto, poco piacevole da mangiare, specialmente se non fosse presente una buona marezzatura.

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immagine tratta dal sito https://jesspryles.com/

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PREPARARE/PULIRE È un evento abbastanza raro persino nella vita di un esperto griller (a meno che non lo faccia come lavoro), avere un filetto intero per le mani, da dover pulire ed affettare a proprio piacimento. Come già detto, si tratta di un pezzo abbastanza costoso: supponiamo che avendo deciso di fare colpo sui suoceri ne abbiate acquistato uno intero, ma nel tentativo di risparmiare un po’ vi ritrovate con parecchio lavoro da fare. Ovviamente grasso e cartilagine (pellicola) se presenti, vanno assolutamente eliminati, come sempre con molta attenzione. Per proseguire con la pulizia e (nel caso) il taglio, bisogna prima decidere come lo si vuole utilizzare: “ne avete bisogno intero, tagliato, pulito bene o solo un po’ sgrassato?”

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È possibile lasciare la “Catena” e il “Wing muscle” semplicemente legando con uno spago il pezzo prima di tagliarlo o cucinarlo, ma nel caso vogliate eliminarla potete farne uno spezzatino o addirittura farne stir fry fenomenali con gli avanzi del trimming. Se avete deciso di eliminare la catena potete tagliare anche una piccola parte della punta e eventualmente aprirla a farfalla per cucinarla a bistecca o aggiungerla allo stir fry summenzionato, eliminando così il rischio di cottura non uniforme del vostro Tenderloin Roast.

Arrivati a questo punto il pezzo restante è perfettamente trimmato per diventare, con il Butt Tender (la parte che sporge fuori dalla lombata) un super Roast beef o l'intramontabile Wellington Beef, e con la restante parte fare delle perfette Filet Mignon. Alcuni chef dividono “l'Iliacus” dal “Psoas major” per cucinarlo separatamente come una bistecca o utilizzarlo per altre ricette crude o cotte. TECNICHE DI COTTURA Possiamo dedurre che essendo il taglio più morbido in assoluto si trova in una moltitudine di preparazioni diverse, e smoking, roasting, grilling o pan fry sono solo alcune delle tecniche di cottura a cui si presta benissimo il Filetto. Va fatta però attenzione sempre alla quantità di grasso e/o collagene, genetica, età e frollatura, prima di decidere la ricetta/cottura migliore. Nel caso in cui le nostre bistecche siano troppo magre meglio optare per una padella in ghisa dove aggiungere un buon grasso/olio e degli aromi come erbe, spezie e/o aglio per migliorare sia la cauterizzazione che l'aroma complessivo del pezzo. Sul barbecue, per avere un ottimo risultato, potete abbinarlo al vostro rub preferito e dargli anche una leggera affumicatura con una manciata di chips.


LA RICETTA PERFETTA Indubbiamente, se avete fatto un acquisto importante come questo, un'idea di ricetta già ce l'avete, e in questo caso ci limiteremo a consigliarvi una preparazione simpatica per gli avanzi del trimming da utilizzare come antipasto. Lo Psoas minor o la Catena, dopo la dovuta pulizia, va arrotolato e fermato con due spiedini in diagonale. A questo punto potete cucinare il pezzo come un'unica bistecca su padella o griglia e marinarlo o speziarlo come più vii piace.

SERVIZIO Servite il vostro aperitivo come bruschette, con pane appena arrostito sul bbq, ma anche in padella o forno. Adagiateli sopra cime di rapa saltate con aglio e peperoncino, alcune fettine sottili della vostra bistecca e chiudete con mezzo pomodorino confit e uno stuzzicadenti se necessario. Non dimenticate una goccia del vostro olio migliore (meglio se infuso con qualche erba aromatica) e una macinata abbondante di pepe nero.

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La ricetta scientifica a cura di Gianfranco Lo Cascio

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osa succede quando l'amido del riso gelatinizza a causa della somministrazione di calore legando i chicchi tra loro in un composto setoso e vellutato? Esatto, quel riso diventa risotto. Esiste un protocollo per creare il risotto perfetto e suggellare la sublimazione dell'Oryza sativa? Non ho nessun dubbio nell’affermare che sì, esiste e passa attraverso quattro variabili ben precise: 1. 2. 3. 4.

scelta del riso; tostatura del riso; cottura del riso; mantecatura del riso.

SCELTA DEL RISO Commercialmente parlando, il riso si classifica in quattro gruppi: comune originario, semifino, fino e superfino. Questa distinzione si basa su forma e dimensioni del chicco. Il comune è tondeggiante mentre il superfino è lungo e ha dimensioni maggiori. I RISI COMUNI Hanno chicchi piccoli e tondi, cuociono velocemente (in 12-13 minuti) e sono molto indicati per minestre e dolci. Le varietà che appartengono a questa tipologia sono il Rubino, il Bali, il Ticinese, il Selenio, il Pierrot, il Razza 253, l'Americano 1660, l'Elio, l'Auro, il Raffaello, il Cripto e il riso Originario. Il riso Originario , chiamato anche riso Comune o Balilla, è una cultivar molto antica e già classificata negli anni '20. Si tratta di un prodotto molto economico e saziante, la prima scelta delle famiglie meno abbienti del ventennio. Ha chicchi corti e tondi e un'elevata capacità di assorbimento dei liquidi, i tempi di cottura sono molto brevi, tra i 13 e i 15 minuti, ed è perfetto per preparare anche torte e dolci, minestre, minestroni e talvolta (non questa volta) arancine. I RISI SEMIFINI Hanno chicchi tondi di lunghezza media. La cottura si aggira intorno ai 13-15 minuti. Perfetti per condimenti in bianco, timballi e antipasti. Fanno parte di questa categoria il Titanio, il Monticelli, l'Italico, il Maratelli, il Piemonte, il Padano, l'Argo e il Vialone Nano. Ma anche varietà più ricercate come il Lido, il Romeo e il Rosa Marchetti. I RISI FINI I chicchi dei risi fini sono lunghi e affusolati e hanno tempi di cottura non inferiori ai 16 minuti. Tengono molto bene la cottura e sono quindi adatti alla preparazione di risotti e insalate, dove i granelli devono restare ben separati tra di loro. Fanno parte del gruppo l'Europa, il R.B., il Ringo, il Romanico, il P. Marchetti, il Radon, il Veneria, il Rizzotto, il riso Ariete, il Bonnet, il Loto, il Molo, il Riva, il Cervo, il riso Drago, il riso Smeraldo, il Vialone nero, il pregiato Sant'Andrea e il Ribe. BBQ4All Magazine

I RISI SUPERFINI Sono il meglio del meglio, si distinguono per i chicchi grossi e molto lunghi. La loro cottura non è inferiore ai 17-18 minuti, ma in alcuni casi può

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arrivare anche a 20. Perfetti per i risotti, grazie alla quantità di amido che rilasciano in cottura e alla loro capacità di assorbimento di acqua e contorni. Fanno parte di questa categoria: il Redi, l'Arborio, il Volano, il Roma, il Razza 77, l'Ilapatna, il Silla, il Gritna, il Koral, l'Onda, il riso Strella, il Miara, il Panda, il riso Vela, il riso Star, il riso Baldo e il più pregiato di tutti, il Carnaroli. D’accordo, ma quale tipologia di riso ci darà un risotto perfetto? Superfino Carnaroli e semifino Vialone nano, due varietà che rilasciano un tipo particolare di amido, ad alto contenuto di amilopectina e basso di amilosio. Ma cosa sono questi due polisaccaridi? Amilopectina e amilosio sono due componenti dell’amido che danno risposte diverse ai liquidi e al calore. A differenza dell’amilopectina, l’amilosio non è solubile in acqua ma forma una dispersione gelatinosa quando viene a contatto con i liquidi tiepidi. Un po’ come il brodo che magicamente si addensa con il roux, sapete, l’addensante ottenuto mescolando farina e burro. L’amilosio attenua la tendenza dell’amilopectina a cristallizare, in altre parole la indebolisce, permettendo ai liquidi di permeare i chicchi.

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Sembra complicato ma non lo è: due risi con basse quantità di amilosio “tengono” la cottura grazie a un modesto rilascio di amido, che tuttavia è ancora in grado di gelatinizzare. Ovviamente, comprendere quando fermare il rilascio dell’amido fissandone così la cremosità, è compito nostro, di noi che stiamo cuocendo il risotto, ecco.

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ANATOMIA DEL CHICCO Il riso è un seme della pianta nota come Oryza sativa. Quando viene raccolto, è coperto da una lolla protettiva, una specie di buccia insomma. Dopo che la lolla viene rimossa si ottiene il riso integrale, che è composto da tre parti: la crusca (che racchiude uno strato di cellule chiamato strato di aleurone, ricco di olio e di enzimi), il germe, e l'endosperma. Per diverse migliaia di anni, il riso integrale è stato prima “parzialmente bollito” (parboield) e poi macinato per rimuovere la crusca e il germe, lasciando solo l’endosperma, ricco di amido.


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TOSTATURA DEL RISO: SÌ O NO? Prima di iniziare, si fa con burro, olio extravergine di oliva o entrambi? È in gran parte una questione di gusto personale. Potreste anche utilizzare entrambi, non ve lo vieta nessuna. Ricordate però: una miscela di burro e olio continuerà a bruciare alla stessa temperatura del burro. Sono le proteine del latte nel burro che bruciano e non importa se sono riscaldate nell'olio o nel burro puro. Ma qual è lo scopo della tostatura del riso? L’aggiunta di sapore. Aggiungendo i chicchi di riso crudi ad una padella con un grasso caldo si sviluppano intensi aromi di nocciola e tostatura. Ma cos'altro succede quando si tosta il riso? Provate a fare un esperimento. Prendete due quantità identiche di riso. La prima porzione la cuocerete in maniera tradizionale, la seconda la tosterete per 3 o 4 minuti prima di aggiungere il liquido, durante i quali avrà acquisito una leggera tonalità dorata e un aroma di nocciola. Alla fine giungerete a questo risultato:il riso non tostato restituirà una salsa più cremosa del riso tostato. Ma al contempo avrà un sapore meno intenso. E come si ottiene un risotto sia cremoso che saporito? Semplice. Si rimuove l'amido prima di tostarlo e si aggiunge di nuovo prima di idratarlo.

MANTECATURA DEL RISO l risotto ideale è dunque ancora al dente, né troppo liquido né troppo poco, con una sgranatura dei chicchi evidente, una generosa quantità di grassi per dare nerbo e, fate attenzione, una parte acida accuratamente bilanciata. Chi ha gusti un po’ omologati tende ad azzerare la componente acida del sapore, eppure, vi assicuro che maggiore è la quantità di recettori attivati, più intensa sarà l’esperienza sensoriale. La percezione acida smorza i toni del grasso producendo una maggiore armonia.

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L’importante è non eccedere, proviamo a bilanciare il tono acre in modo da livellare la sensazione di unto che, se da una parte amplifica la percezione del gusto, porta con sé il difetto di una consistenza fastidiosa.

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IL RISOTTO IDEALE Il risotto ideale è dunque ancora al dente, né troppo liquido né troppo poco, con una sgranatura dei chicchi evidente, una generosa quantità di grassi per dare nerbo e, fate attenzione, una parte acida accuratamente bilanciata. Chi ha gusti un po’ omologati tende ad azzerare la componente acida del sapore, eppure, vi assicuro che maggiore è la quantità di recettori attivati, più intensa sarà l’esperienza sensoriale. La percezione acida smorza i toni del grasso producendo una maggiore armonia. L’importante è non eccedere, proviamo a bilanciare il tono acre in modo da livellare la sensazione di unto che, se da una parte amplifica la percezione del gusto, porta con sé il difetto di una consistenza fastidiosa

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COTTURA

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Come con le patate o la pasta, la sfida principale quando si cucina il riso è capire come controllare gli amidi al millimetro. Tuttavia, mentre le patate o la pasta sono spesso cotte in molta acqua per lavare via l'amido in eccesso, il riso richiede un metodo di cottura più preciso. Se si fa bollire e si scola, si finisce per lavarne via il sapore delicato e per inzuppare eccessivamente i chicchi. Il riso, fidatevi, si cuoce meglio con una quantità misurata di acqua in una pentola coperta, per scongiurarne l’evaporazione. II granuli di amido, che sono il componente primario del riso, tendono a non assorbire liquidi a temperatura ambiente. Mentre si riscalda il riso in acqua, invece, l'energia delle molecole del fluido in rapido movimento comincia ad allentare i legami tra le molecole di amido, permettendo all'acqua di penetrare. Questo a sua volta causa il rigonfiamento dei granuli di amido, i quali rilasciano alcune molecole “gommose” che poi agiscono come una colla per tenere insieme i chicchi. Il riso, a questo punto, si ammorbidisce e diventa appiccicoso o “inamidato”.

LA COTTURA TRADIZIONALE Istruzioni di base per un risotto vecchia scuola: scaldare una grande pentola di brodo e tenerlo caldo. Tostare brevemente il riso nel burro e/o nell'olio d'oliva, poi aggiungere un solo mestolo di brodo (o vino per questa prima aggiunta) e mescolare lentamente con un cucchiaio di legno fino a quando il brodo non verrà assorbito. Aggiungere un altro mestolo e ripetere. Continuare fino a quando il brodo è stato assorbito tutto e il riso risulta cremoso. Togliere dal fuoco e aggiungere il burro freddo e/o Parmigiano mescolando vigorosamente per fermare la cottura e sviluppare cremosità. Per carità, è una tecnica che funziona, ma è comunque piena di pecche. Prima di tutto, non c'è bisogno di riscaldare il brodo in una pentola separata. Certo, si risparmia qualche minuto sul tempo di cottura del riso, ma ne starete sprecando dell’altro per riscaldare il brodo, per non parlare del lavaggio di due pentole invece di una. Fate una prova. Preparate un risotto col brodo tirato fuori dal frigorifero e non noterete alcuna differenza percettibile nel prodotto finale. E aggiungere il liquido tutto in una volta? Si può? Basta usare una padella larga e poco profonda. In questo modo il riso forma uno strato sottile abbastanza omogeneo sul fondo, il che si traduce in una cottura molto più uniforme. Usando un fuoco molto basso magari, dopo aver inizialmente portato il liquido ad ebollizione. Insomma, si ottengono risultati perfetti aggiungendo il riso e quasi tutto il liquido in una volta sola, coprendo la padella e cuocendo a fuoco molto basso, mescolando solo una volta durante il processo. Oppure si può cuocere il riso per assorbimento.


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LA RETROGRADAZIONE DELL’AMIDO La retrogradazione non è altro che una parziale ricristallizazione degli amidi gelificati. Non tornano allo stato iniziale ma quasi. Vi faccio un esempio. Avete presente il pane raffermo? Ecco, quello è un amido retrogradato. Quando il pane viene cotto in forno, in presenza di umidità, gli amidi gelatinizzano. La mollica di pane, per esempio, è amido gelatinizzato. Finché si trova dentro al pane è soffice e umida. Ma se lo lasciamo all’aria per un po’ si asciuga, si secca ed assume una consistenza croccante. Questo è proprio il fenomeno di cui vi parlavo, la retrogradazione dell’amido. La ricristallizazione delle molecole di amido che formano il gel. La cosa interessante è che il processo è reversibile. Basta reidratare l’amido per tornare in condizione di gel. Capita la tecnica potrete preparare delle porzioni di risotto a metà cottura e rigenerarle al momento, impiegandoci la metà del tempo. Comodo, no?

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LA RICETTA SCIENTIFICA DEL

RISOTTO PER ASSORBIMENTO

AL PARMIGIANO REGGIANO 40 MESI

Ingredienti per 6 persone: 500 g di riso Carnaroli o Vialone Nano / 1 l di acqua (o brodo vegetale) / 150 g di burro (meglio se di centrifuga) /150 g di formaggio grattugiato (Parmigiano Reggiano 40 mesi GLC Top Selection) / pepe bianco q.b. Per la cialda di Parmigiano: 150 g di Parmigiano Reggiano 40 mesi GLC Top Selection

Procedimento Mettete il riso in uno scolapasta o in un colino a maglie fini e immergetelo in una ciotola piena d’acqua fredda. Servirà ad eliminare l’amido in eccesso. Sollevate il colino e mettete da parte l’acqua “inamidata”, potrebbe servirvi in fase di mantecatura (vi basterà farla ridurre sul fuoco e aggiungerla alla manteca per addensare). Versate in una pentola 500 ml di brodo o acqua, che avrete preparato con i classici sedano, carota e cipolla, e aggiungete il riso, mescolando continuamente fino a quando i chicchi diventano “gessosi” e opachi (da 1 a 3 minuti). Alzate la fiamma e portate ad ebollizione. Abbassate la fiamma, coprite con il coperchio e cuocete a fuoco lento portando il riso a metà cottura. Noterete che il liquido verrà totalmente assorbito.

Preparate la cialda grattugiando finemente il formaggio. Scalda-

Mettete sul fuoco una padella ampia con bordi alti. Versate 500 ml di acqua o brodo, aggiungete il sale e portate ad ebollizione. Aggiungete il riso e il burro e cominciate ad agitare il tutto con una spatola. Quando il riso è quasi cotto, aggiungete il formaggio stagionato grattugiato e rimestate in modo vigoroso, per creare le famose onde nella padella. Servite in una fondina o su una piatto piano, battendolo leggermente per farlo spandere. Finite con la cialda di Parmigiano sbriciolata al momento e una macinata grossolana di pepe bianco. Oppure aprite il frigo, prendete una delle 4 o 5 ciotoline di riso precotto, mettetele in padella, seguite questo metodo e con due carote, un radicchio, un pezzo di porcino e una salsiccia nel congelatore, un pezzo di formaggio, un quello che vi pare, in 5 minuti di orologio avrete un risotto cotto alla perfezione in tavola. Impossibile da distinguere da un risotto espresso.

Gianfranco Lo Cascio

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Trasferite il riso su una placca da forno, meglio se forata, spandetelo e sgranatelo bene. Lasciate che si raffreddi e si asciughi completamente (potete coprirlo con una retina), mettetelo da parte. Se avete intenzione di prepararlo per il giorno dopo, conservatelo in un contenitore a chiusura ermetica, in frigorifero.

te una padella antiaderente, disponete il formaggio sul fondo e aspettate che si sciolga e si formi la cialda. Ci vorranno pochi minuti, il formaggio si solidifica e acquisisce un colore ambrato. Quando ls cialda si è rassodata, trasferitela su un piatto e lasciatela raffreddare. La sbriciolerete al momento di servire.

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Jack Vettriano - Discovered (particolare)

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Concedersi un fiasco

Seguo

a cura di Emiliano Nencioni

Chi scrive si è precedentemente impegnato, nella stesura dell’articolo introduttivo dello Speciale Hamburger presente su questo stesso numero, a non nominare direttamente il brand globalmente più riconoscibile e riconducibile all’universo dei panini da fast food: non per qualche timore di querele o dispute legali, dubito infatti che una holding plutocratica possa interessarsi a due paginette lette da pochi impavidi curiosi, ma proprio per non banalizzare il tutto all’ennesima contrapposizione del “noi bravi virtuosi contro loro insensibili porta vessillo del colesterolo”. La lotta degli hamburger gourmet contro i panini più normali e iperglobalizzati della storia sa di stantìo e di Ancien Régime persino quando la scoviamo nei menù, redatti con MsWord97 e stampati a matrici di punti, tipici di qualche panineria un po’ hippy un po’ eco-consapevole insediatasi ai margini di una città storicamente studentesca. Fatto sta che l’occasione è troppo ghiotta: parlare, proprio nel numero pieno zeppo di ricette e dottissime disquisizioni sugli hamburger, della McDonaldizzazione della Società secondo George Ritzer.

Perché quello è.

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E vedete bene, per quanti giri di parole, virtuosismi semantici, fughe nella sineddoche o pavidi sottotesti possiamo cercare di adottare, non si può scrivere McDonaldizzazione senza scrivere McDonald’s.

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The McDonaldization of Society è un libro del 1993, relativamente molto giovane, scritto non da un austero filosofo tedesco col monocolo, i baffoni, la faccia accigliata nelle dagherrotipìe e un paio di poco perdonabili derive sulla teoria della razza, ma da un tranquillissimo e contemporaneo professore dell’Università del Maryland, George Ritzer (New York City, 1940). Data la modernità del caso letterario, su YouTube si trovano facilmente alcune interessanti interviste al sociologo, rigorosamente in qualità VHS e aspect ratio 4:3, che vi consiglio di guardare per qualche approfondimento se questa rubrica riuscirà a farvi nascere un minimo di curiosità o interesse. Volendo spiegare in termini semplici e senza annoiare più del consueto e abituale tedio mensile che vi propongo coscientemente, l’idea è che la strategia produttiva alla base del successo mondiale di McDonald’s sia una pesante razionalizzazione dei processi del modus operandi, ripresa e ricalcata poi su moltissimi altri aspetti della società contemporanea.

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Le premesse alla base del successo commerciale di una catena di ristoranti a basso costo avrebbero, negli anni successivi, guidato l’evoluzione dell’intera civiltà occidentale, e non solo.

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Secondo Ritzer, tutto si ricondurrebbe a: • Efficienza: un grande sforzo organizzativo per ridurre al minimo gli sprechi di tempo e risorse, nella creazione fino alla distribuzione del bene o servizio • Calcolabilità: obiettivi e traguardi devono avere un indice di successo numerabile e quantificabile. Non più “siamo andati benino”, ma “123 panini all’ora”, per intenderci. • Prevedibilità: è la standardizzazione. Un consumatore sa che quel panino o quella specifica salsa avrà lo stesso identico sapore e sarà presente in uguale percentuale in ogni paesino raggiunto dal franchise. • Controllo: una consistente pressione sui dipendenti e sugli addetti alla confezione del prodotto affinché tutto sia svolto nei tempi e con i metodi imposti dalla direzione; deriva da questo anche la preferenza alla sostituzione dell’intervento umano con qualcosa di automatizzato o comunque deterministico, nell’ottica di avere sempre più coerenza e stabilità possibile. Ad esempio, un dosatore è molto più controllabile di una più soggettiva cucchiaiata di salsa da parte di un addetto, un nastro trasportatore ha tempi più calcolabili della camminata di un cameriere.


Lesley Oldaker - Non Conformist Painting

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Le conseguenze sono banalmente intuibili e, partendo dal successo delle più note catene di fast food di stampo McDonaldiano, sotto gli occhi di tutti. Grandissima efficienza, controllo ossessivo dei costi e dei tempi, massimizzazione delle quantità e in generale dei “numeri” (ergo, profitto) a scapito della qualità generale; aspettative del cliente soddisfatte in ogni parte del globo (state per ordinare un panino sciapo, ma sapete che sarà esattamente quel panino sciapo) e una generale disumanizzazione della forza lavoro, incoraggiata a non prendere iniziative o dare contributi personali, in cambio di più occupazione seppur a salario basso.

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La tesi di Ritzer, ormai consolidata e supportata dalla maggior parte dei sociologi, è che questi aspetti si sono ripercossi a catena in moltissimi aspetti della vita sociale, su scala mondiale. Di pari passo con il costante processo di occidentalizzazione, le megacorporazioni con vastissimo potere economico tendono ad omogeneizzare ed appiattire le preferenze, i gusti, le aspirazioni, le relazioni sociali.

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Per fare un esempio banalotto ma di facile comprensione citerei l’ingerenza della Disney, che negli ultimi vent’anni ha comprato praticamente tutto nel campo dell’entertainment (e del relativo indotto di merchandising), buttando palate di milioni nella produzione di film grandiosi ma tutti un po’ asserviti ai canoni e ai paletti imposti dal topastro più irritante dai tempi delle animazioni in passo-uno. Film divertenti, senza troppe tragedie, senza turpiloquio, senza troppe riflessioni, adatti al bambino in età prescolare ma che non facciano addormentare il padre che paga il biglietto e la madre che comprerà l’obbligatorio gadget o action figure legato al lungometraggio (per gender equality potete liberamente scambiare i ruoli dei due genitori o sostituirli con figure non binarie). Per carità, guardo tutti i film della Disney. In realtà non me ne perdo uno. Così come indugio nel piacere colpevole di un Crispy McBacon, ogni tanto, consapevole della digestione laboriosa e del dispetto al mio già recalcitrante metabolismo. Ma non vorrei mai si perdesse l’opportunità di godersi un film lento, introspettivo e emotivamente devastante, o di mangiare una specialità regionale che richiede ore di cottura e piace a pochissimi.

Non dovete neanche pensare che un professore nel Maryland si sia messo a scrivere libri e teorie su una catena di fast food: la penetrazione del modello produttivo è arrivata alla maggior parte delle grosse firme mondiali, influenzando e contaminando la quotidianità di un numero enorme di lavoratori, e quindi di famiglie, in tutto il mondo: catene di arredamento “pret-aporter”, assemblamento di cellulari e altri device, ipermercati, praticamente quasi qualsiasi cosa più grande della botteguccia dell’artigiano è inevitabilmente costretta ad adeguarsi per ri-


Julian Peters -The Temptations of Fast Food

manere rilevante e concorrenziale.

É la cosa agghiacciante che avviene giornalmente nei call center, ed è la cosa che mi spinge sempre a rispondere con empatia e tolleranza alle migliaia di telefonate che avvertono del passaggio al mercato libero di gas e luce: probabilmente è un laureato con lode in Filosofia della Scienza che ogni giorno “aspetta che passi”, prendendosi insulti e scortesie fino alla fine del suo turno.

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I risvolti più evidenti sono visibili nella grande svalutazione del lavoro, sempre meno qualificato e sempre più assimilabile alla ripetizione ossessiva di compiti e movimenti incasellati e codificati, non molto lontana dall’ingenua visione proto-distopica di Tempi Moderni di Chaplin (del 1936!). Il lavoratore non deve essere qualificato, non deve essere istruito e soprattutto creativo, perché l’apporto di fantasia personale è quanto di meno auspicabile per il McDonaldismo.

Taciturno, decerebrato, ubbidiente, è meglio di capace, intelligente, innovativo e propositivo.

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Juan Sánchez Cotán - Hunting, Vegetables and Fruits (particolare)


I lavoratori McDonaldizzati sono facilmente sostituibili, e questo toglie ogni potere contrattuale; sono rapidamente addestrabili e non v’è necessità di capacità o talenti innati. La stessa muta obbedienza nel frattempo è richiesta anche al consumatore, che diventa cameriere del suo stesso tavolo, tenuto anche a creare l’ordinazione, effettuare il pagamento e pulire e sgomberare il desco, con impeccabile raccolta differenziata. Stessa cosa accade con l’acquisto dell’inevitabile armadio a basso costo, consegnato nel famigerato pacco piatto, chiedendo al cliente di trasformarsi in abile installatore. Anche nell’istruzione certi test a risposta multipla sono un omaggio alla McDonaldizzazione: quantificabili, numerabili, senza espressioni creative personali da interpretare, senza soggettività, valutabili in tempi ridottissimi (anche istantaneamente se eseguiti online) senza l’incombenza certamente massacrante di dover leggere traballanti elaborati dai costrutti avventurosi o dover interpretare grafìe irricevibili. Basta pensarci un po’, guardarsi un minimo attorno e quest’andazzo si può trovare un po’ ovunque, dalla smart TV che invece di creare un palinsesto fa scegliere da un mucchio di programmi, per poi profilare l’utente tramite preferiti e consigliati, ai supermercati che offrono il barcode scanner per trasformarsi in cassieri di se stessi. E il vostro magazine iperproteico mensile che fa? Vi restituisce il privilegio del rischio.

Il rischio è quello tipico della mancanza di banalità e di standardizzazione: potreste imbattervi nel pargolo schizzinoso che sputa i broccoli, nella nonna polemica che detesta i formaggi erborinati, nello zio pesante che attacca ad agitare le folle perché “chissà cosa c’è dentro!”: il classico fuoco amico dato dall’innovazione e dalla sorpresa. In contrasto a questo portiamo un po’ di regionalità, di gusti soggettivi ed esperienze personali, ricette dettagliate da accogliere come suggerimenti ragionati, utili, se necessario, per piegare ogni preparazione ai gusti della vostra tavola e delle vostre abitudini. Dopotutto, anche McDonald’s, nell’ottica di riuscire ad attirare qualche consumatore in più, ha proposto in italia l’hamburger di chianina, le scaglie di parmigiano DOP, e sono convinto di aver visto la ‘nduja da Burger King (ma era sempre terminata). Prendete quindi tutto questo numero come una colossale forma di esperimento sociologico, volto ad allontanarvi dalla consuetudine, dall’omologazione, dalla comodità del già visto, per proiettarvi con effetto fionda nelle lande dell’incerto, del provocatorio, di un romantico sturm und drang. Oppure prendetelo come un bel numerone pieno pieno di ricette, che va bene lo stesso.

Emiliano Nencioni

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Vi propone di creare hamburger complessi, diversi, dagli accostamenti non immediati; hamburger

che sono l’antitesi del fast, che richiedono in molti casi un sacco di tempo per essere preparati, fin troppe stoviglie da mettere in giro, ore di cicli di lavastoviglie e flaconi interi di sgrassatore per porre rimedio ai tumulti avvenuti in cucina.

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