BBQ4All Magazine - Anno 0 - Numero 0 - Dicembre 2018

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N°0/ANNO 0 - DICEMBRE 2018

SPECIALE

DA NATALE A CAPODANNO i menù tradizionali finiscono in griglia

L’EDITORIALE DI GIANFRANCO LO CASCIO

TI GRIGLIO PER LE FESTE

L’INTERVISTA

dario cecchini Mangiare la carne: rispetto e partecipazione APPROFONDIMENTO

wagyū

una guida completa

MAGAZINE


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TI GRIGLIO PER LE FESTE

EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO

una guida per fare barbecue anche d’inverno Poco più di un anno fa, precisamente ad agosto 2017, ho chiesto alla Community di BBQ4All cosa si sarebbe aspettata in un ipotetico mensile italiano dedicato al grilling e al barbecue. Le risposte più interessanti furono: ricette, tecniche di base, spiegazioni sui tagli e sulla qualità della carne, magari con paginone centrale staccabile da poter conservare, recensioni, interviste a personaggi importanti, rubriche per i principianti. Come ho già avuto modo di dire più volte, io sono lento ma inesorabile, e quella che un anno fa poteva sembrare un’idea strampalata dello zio Gianfry, oggi è diventata realtà. Ho quindi l’onore e l’onere di presentare il BBQ4All Magazine, che esce a Dicembre con un numero speciale tutto dedicato alle feste natalizie, e lo faccio con orgoglio e con la consapevolezza di aver soddisfatto la richiesta della comunità. In questo mensile potete trovare tutto quello che avete chiesto: un cazziliardo di contenuti e di ricette, uniti a informazioni utili, articoli di approfondimento e rubriche. Sapete che la mia fame di condividere informazioni non è mai sazia, sapete che voglio sempre alzare l’asticella e che non sono mai soddisfatto. Questa è solo una delle tante novità che il mondo BBQ4All vi riserverà: preparatevi perché il 2019 sarà esplosivo. Si sentiva il bisogno di un Magazine del genere? Decisamente sì. Non temo smentite se dico che nel panorama editoriale italiano non esiste niente di simile.

Sarà una vera e propria rivista “interattiva”: risponderà alle esigenze della Community, andrà a dare le risposte alle domande che avete fatto e che ancora dovete fare. Esaustivo e all’avanguardia, su questo Magazine non troverete fuffa ma solo veri contenuti e informazioni a tutto tondo, insieme alle novità e alle anticipazioni. Nell’immaginario collettivo la classica grigliata è legata ai mesi primaverili ed estivi. Per molti, grigliare è una cosa stagionale: in inverno ripongono il dispositivo e tanti saluti, se ne riparla ad aprile. Noi scegliamo di uscire con il nostro primo numero fra l’autunno e l’inverno, e lo facciamo appositamente per veicolare un messaggio importante: il grilling e il barbecue non devono e non possono più essere attività legate solo alla

stagione estiva. Grigliare in inverno si può e si deve, senza sentirsi dire, come spesso capita “sei fissato”. Per questo motivo voglio darvi anche qualche piccolo consiglio per le vostre cotture sul fuoco invernali, tanto le ricette potrete trovarle più avanti. Sarà per le giornate corte che limitano il mio inutile rincorrere il tempo, sarà per il freddo che mi avvicina al calore della ceramica o dell’acciaio dei miei kettle, fatto sta che l’inverno mi piace e mi consente di dedicarmi ad un bbq diverso da quello estivo, più “sentito”, più “intimo”, forse più “vero”. In buona parte della Penisola i -10, -8°C sono purtroppo una costante che ci accompagna per diversi mesi l’anno, tanto che la neve, che porta a 0° la temperatura, spesso è benvenuta, più per mitigare il gelo che non per poesia. I griller poi sanno bene quanto fastidio e quanti grattacapi crea il vento, che con le sue sferzate impedisce un sano controllo della temperatura, che schizza tra alti e bassi come la bor sa di quest’ultimo anno. Ecco allora che un luogo protetto su tre lati e con una copertura sopra consente di affrontare anche le condizioni più avverse. Certo, cambia il fire management (gestione del fuoco) e deve necessariamente aumentare l’attenzione nei confronti del termometro. Ma andiamo per gradi (Ah!) BBQ A GAS Molte persone credono erroneamente che il gas non circoli a basse temperature. Falso. Il propano è in forma liquida e deve bollire per diventare un gas. Il punto di ebollizione del propano è di -43° C, quindi non dovreste avere problemi ad utilizzarlo, a meno che non viviate in Yakuzia, Siberia. La pressione diminuisce quando la temperatura dell’aria DICEMBRE 2018 - 3


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effettivo dipende dalla miscela del vostro combustibile, sceglietene una che abbia una buona dose di butano all’interno. Con le temperature avverse, il bbq non si scalda come fa con il bel tempo e userete più gas che in estate. Utilizzerete anche più carburante perché alcuni joule (unità di misura dell’energia) vengono sprecati per portare il liquido allo stato gassoso. Un rimedio consiste nell’utilizzare una bombola più grande e piena, poiché esercita una pressione maggiore. BBQ A CARBONE E PELLET Preparatevi ad accendere più bricchetti di quanto fate di solito. Se utilizzate abitualmente il Minion Method o lo snake , è il caso di saltare questo passaggio ed accendere tutto il braciere. Come al solito, non c’è alcun sostituto per l’esperienza, quindi fate dei test senza cibo. Dovete fare cenere per imparare a padroneggiare i vostri strumenti, le scorciatoie non esistono. ALCUNI RIMEDI Non faccio altro che ripeterlo: non aprite il coperchio del kettle per sbirciare le costine, rischiate di alterare i tempi di cottura e di far alterare me. E se lo fate in inverno è pure peggio. Se c’è spazio, provate a mettere dei mattoni in materiale refrattario nella camera di cottura, aiuteranno ad assorbire e irradiare il calore.

diminuisce e man mano che il livello del carburante si abbassa, ecco perché i dispositivi a gas e gli smoker hanno un regolatore, quel dispositivo a forma di disco tra il serbatoio e il fornello. Questo regola il flusso per mantenerlo uniforme: la pressione del serbatoio non scende mai sotto la pressione del regolatore. Raramente si possono riscontrare tracce di vapore acqueo nel serbatoio, che potrebbero congelare e intasare le valvole. Ma parliamo di casi inusitati. Inoltre, per facilitare la vita di noi poveri griller infreddoliti, il propano viene miscelato con una percentuale di butano per migliorare l’accensione. Il butano gassifica a -0.4 °C. Quindi il punto di ebollizione

Un rimedio molto semplice è quello di posizionare il dispositivo al riparo dal vento e dalla pioggia, facendo però attenzione a non fondere i rivestimenti in vinile o ad incendiare le grondaie di casa. Ripetete con me: mai spostare un grill o uno smoker in ambienti chiusi. Nemmeno nel garage. Il monossido di carbonio è pericolosissimo e può arrivare nelle stanze dei vostri bambini. Trattate il vostro bbq come se si trattasse del vostro corpo quando fa freddo: tenetelo asciutto, lontano dal vento, isolatelo e assumete più calorie (carburante e ossigeno). Utile è avvolgere la camera di cottura in una coperta ignifuga da saldatura, che protegge anche dal vento, dalla pioggia e dalla neve. Anche l’alluminio termo isolante funziona

molto bene, ha un strato interno a bolle avvolto in un rivestimento di alluminio. È resistente al calore, ma può sciogliersi, quindi è preferibile usarlo solo attorno alla camera di cottura e mai a contatto con il braciere. Qualunque isolante scegliate di utilizzare, è importante consentire un flusso d’aria adeguato. Se si rallenta o si blocca l’ossigeno durante l’affumicatura, rischiate di soffocare il fuoco o produrre fumo grigio e fuliggine, che possono donare al vostro cibo un inconfondibile gusto di posacenere. RIASSUMENDO 01. Se non avete un luogo riparato dalla corrente d’aria create uno scudo sui tre lati, qualsiasi barriera, anche improvvisata, vi aiuterà parecchio. 02. Cercate di sfruttare il riparo offerto dalle sporgenze del tetto, anche se minimo, serve. 03. Se d’estate mettete in conto 45-60 minuti di preparazione propedeutica alla cottura, considerate un 50% in più di tempo, le accensioni e la messa a regime risultano più lente. 04. Anche se pensate di lavorare in Low&Slow date una bella scaldata al vostro dispositivo con un mezzo cesto di braci roventi, che lascerete esaurire. 05. Tenete presente che più le condizioni sono difficili, più aumenterà il consumo di combustibile e la sua quantità in relazione alla temperatura di regime. 06. Non fatevi trovare impreparati e accendete qualche bricchetto o carbone in più, sarete sempre in tempo a toglierlo o a non usarlo se avrete esagerato. 07. Dedicate il giusto tempo al raggiungimento della temperatura che vi siete prefissati e, una volta raggiunta, stabilizzatela per una decina di minuti, prima di inserire il cibo. Non mi resta che salutarvi e augurarvi buona lettura. Mi dispiace solo non essere riuscito ad accontentare quelli di voi che mi chiedevano il Coach nudo nel paginone centrale, ma ci sto lavorando. Braci e Abbacchi. Gianfranco Lo Cascio DICEMBRE 2018

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INDICE DICEMBRE 2018 - NUMERO 0 ANNO 0

N I C E T O M E AT Y O U

intervista a

DARIO CECCHINI G U I DA A G L I ACC E SS O R I

cinque accessori da regalare a Natale PO RT FO L I O

la mia natura

è il FUOCO

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B U TC H E R ’ S C LASS

La bistecca del mese: ribeye

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D I R E T TO R E E D I TO R I A LE

Rossella Neiadin

R E D AT T O R E C A P O

Michela Bongiorni REDAZIONE

Enio Berton, Michele Chipa, Tommaso Di Gregorio, Salvatore Di Mento, Luca Gallozza, Mariangela Ibba, Gianfranco Lo Cascio, Riccardo Meniconi, Emiliano Nencioni, Carlo Trono, Paolo Tucci REALIZZAZIONE GRAFICA

Carlo Trono

C O L L A B O R AT O R I

Guglielmo Pontiggia, Vincenzo Santoro, Ezio Spada, Marco Zorzan magazine@bbq4all.it instagram.com/bbq4allmagazine/ 6 - BBQ4All MAGAZINE

SEGUO

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A PP RO FO N D I M E N TO

WAGYU una guida completa

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B B Q P E R P R I N C I PA N T I

il carbone, caratteristiche e modalità di accensione

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S P EC I A LE

da Natale a Capodanno i menù in griglia

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NON SOLO CARNE

#CHIEDIALCOACH

80 GLOSSARIO BBQ Tutti i loghi e marchi riportati, gli elementi grafici, le immagini e i materiali presenti nella presente pubblicazione sono soggetti alle norme vigenti sul diritto d’autore; è quindi severamente vietato riprodurre anche parzialmente ogni elemento delle pagine in questione. Nomi, marchi registrati e loghi eventualmente presenti su questa pubblicazione non possono essere utilizzati per alcuna forma di pubblicità o diversamente per indicare sponsorizzazione, patrocinio o affiliazione a prodotti o servizi senza previa autorizzazione scritta da parte della società che ne detiene i diritti. Le fotografie riportate a pagina 10 e 11 della presente pubblicazione sono tratte da Butchering Beef: The Comprehensive Photographic Guide to Humane Slaughtering and Butchering, di Adam Danforth. Tutto il restante materiale fotografico pubblicato è stato realizzato da BBQ4All e/o acquistato e/o licenziato allo stesso, con trasferimento dei diritti di utilizzazione economica salvo le immagini utilizzabili con licenza Creative Commons o GNU Free Documents Attribution. BBQ4All ha osservato le più ampie tutele affinchè non venisse violato il diritto d’autore altrui.

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BUTCHER’S CLASS a cura di SAL DI MENTO e TOMMASO DI GREGORIO

la bistecca del mese:

RIBEYE

Frollatura, marezzatura e taglio: ecco le caratteristiche di una ribeye degna di questo nome. Non è facile districarsi nell’universo delle carni, ecco perché è necessario capire dei concetti di base per acquistare una bistecca senza poi ritrovarsi con una suola di scarpa, pagata cara e amara. Ci sono dei casi in cui riporre la propria fiducia nel macellaio (sempre che siate fortunati ad averne uno in gamba sul serio) è la migliore soluzione per non rimanere delusi. Altri, invece, in cui è meglio chiedere con chiarezza e specificatamente quello che si vuole, augurandosi che capisca la lingua che parlate. Una ribeye in pieno stile USA deve avere tre fondamentali caratteristiche: deve essere ben frollata, deve avere un elevato grado di marezzatura e, infine, deve essere tagliata a regola d’arte. Chiariamo, dunque, perché questi requisiti sono fondamentali per la buona riuscita della nostra bistecca. La frollatura è un naturale processo di maturazione che porta il muscolo a diventare carne. Dopo l’abbattimento dell’animale i tessuti muscolari si irrigidiscono e rendono la carne molto dura, per questa ragione è necessario un tempo di maturazione variabile in cui questi tessuti si inteneriscano e rendano la carne più morbida alla masticazione. Durante il processo di frollatura, gli enzimi contenuti all’interno dei tessuti muscolari degradano i grassi e le proteine degli stessi rendendoli via via più morbidi. Esistono due tecniche di frollatura: wet aging e dry aging. La frollatura con metodo wet aging prevede che, dopo il sezionamento delle mezzene, i pezzi di carne vengano conservati in sacchi sottovuoto. Le carni rimangono in questi sacchi per un periodo di tempo variabile, anche fino a 120gg in casi eccezionali. Questa particolare metodologia di maturazione viene utilizzata soprattutto per limitare la naturale perdita di peso dovuta ai processi di disidratazione. Di contro però, ciò darà come risultato una carne che ha una minore concentrazione aromatica. Questo tipo di tecnica viene utilizzata principalmente dalle grandi aziende per velocizzare il processo di produzione, per diminuire la perdita di peso, e per incrementare la shelf life del prodotto finito. La frollatura con tecnica dry aging prevede, invece, che la carne rimanga a maturare in celle frigo per un periodo di tempo variabile con temperatura, umidità e areazione controllata. Questo sistema richiede più tempo rispetto a quello wet aging e comporta anche una maggiore perdita di peso nel prodotto finito, a causa dell’evaporazione dell’umidità contenuta nella carne. Questi due fattori rendono questo sistema molto svantaggioso per la GDO e le grandi industrie, quindi non sempre utilizzato. 8 - BBQ4All MAGAZINE


Sebbene non sia una tecnica conveniente per la grande distribuzione, questo sistema amplifica e migliora sensibilmente il gusto della carne. Gli enzimi proteolitici, avendo un maggiore tempo di azione, agiscono sui complessi proteici strutturali del muscolo, scomponendo le fibre muscolari e determinando un aumento della tenerezza e succosità. Gli enzimi lipolitici, nel frattempo, disgregano i grassi e formano l’aroma e il sapore tipico della carne. L’evaporazione dei liquidi superficiali, che avviene nelle celle di maturazione, concentra ed enfatizza i succhi contenuti all’interno della carne. Questo tipo di frollatura generalmente viene fatta per un periodo di circa 30 giorni, ma ultimamente si stanno eseguendo frollature di 90-120 giorni, come grandi esercizi di stile. Periodi di frollatura così lunghi sono ben sopportati da carni di alto valore e generalmente è opportuno che la carne abbia un certo spessore di grasso esterno che la protegga durante la fase di maturazione. Esaminata quindi la parte della frollatura è bene capire ora cosa sia la marezzatura. Con il termine marezzatura (marbling) si vuole indicare la distribuzione del grasso nella massa muscolare dell’animale (intramuscolare). Parlare in generale di carne significa valutare l’insieme dei vari tessuti di cui si compone, tenendo a mente che per la maggiore percentuale sono formati da acqua, per il 20% da proteine e per la restante parte da grasso. Il grasso gioca un ruolo fondamentale durante la cottura: in questa fase, infatti, tenderà a sciogliersi con la diffusione del calore, che amplificherà l’aroma e la succosità della carne. La marezzattura in Italia non ha un indice di valutazione, l’unica componente del grasso classificata è il grado di copertura della mezzena (che va da 1 a 5). In altri paese esistono sistemi codificati ed oggettivi per determinare questo parametro: una carne più marezzata sarà quindi considerata di maggior pregio e costerà di più rispetto a una con una marezzatura inferiore. Chiarito ora come stabilire la qualità della carne è il momento di spiegare come riconoscere, e come scegliere una buona ribeye. Dando per scontato che la nostra costata venga tagliata a mano, concentriamoci sullo spessore che deve avere. Dimentichiamo il detto toscano che recita: “sotto le quattro dita è carpaccio”. Lo spessore ideale che dovrebbe avere la ribeye è di circa 30-35 millimetri, pressappoco 2-3 dita. Questa è l’altezza che ci serve per massimizzare il risultato, se la facessimo tagliare più sottile non riusciremmo a esprimere al meglio la cottura e rischieremmo di fare venire la nostra costata troppo cotta. Di contro uno spessore più elevato rende più complicato, con le tecniche tradizionali, ottenere un buon grado di cottura al cuore. Come dicevano i latini “in medio stat virtus”, per cui non esageriamo con le misure delle nostre costate: come già detto, non è importante che sia GROSSA, ma che sia GRASSA! DICEMBRE 2018

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RIBEYE STEAKS COME RICAVARE LE

Prima di tagliare le nostre bistecche (steaks), dobbiamo cominciare a smontare la nostra carcassa e capire da dove si ricava il taglio anatomico (primal cut), cuberoll o ribeye roll. Parto dall’approccio all’italiana, poi vi spiego anche la prassi americana. In Italia partiamo da una lombata intera (8 coste) e per localizzare l’area dobbiamo concentrarci solo sulla porzione più craniale, ovvero in prossimità della testa dell’animale. In particolar modo andremo a suddividere la stessa in 2 parti, contando le coste: la prima porzione includerà le prime 5 coste della lombata (in realtà dalla sesta alla decima costa) e la seconda parte che include le restanti 3 costole (XIª,XIIª,XIIIª)

RIB PLAT

E

Negli Stati Uniti, invece, la parte di nostro interesse viene lasciata assieme all’anteriore dell’animale e non al posteriore. Per capirci, quello che da noi forma la lombata, in America è il primal rib (sono 7 le coste che ci interessano) più lo short loin (1 costa) Ma ritorniamo a noi. Il ribeye fa parte di quella macro area che possiamo chiamare primal rib o tronchetto, che vedete nella parte alta della foto qui a fianco. Come potete notare, questa proviene da un sezionamento all’americana, più avanti affronteremo in dettaglio le differenze tra Italia e paesi anglofoni. Il prime Rib include più gruppi muscolari e parti grasse, il che si traduce in una maggiore diversità di sapori. Questa macro area, se lasciata in osso, può trasformarsi in una delle presentazioni più stupefacenti e sceniche dell’intera carcassa, pensate ad un rib roast o ad una cowboy steak, o alla teatrale Tomahawk, tutte ricavate proprio da questa porzione, il tronchetto. Pssst! Ti svelo un segreto sottovoce: tieni per te o per chi vuoi bene la parte vicina alla testa dell’animale, ti spiego in chiusura dell’articolo il perché.

DEL TRONCHETTO FANNO PARTE: 01 longissimus dorsi (lunghissimo del dorso) 02 spinalis dorsi (Spinale) 03 trapezius (trapezio) 04 multifidus dorsi (mm multifidi) 05 complexus (m. elevatore coste) 06 longissimus costarum (m. ileocostale) 07 rhomboideus (rhomboideus) 08 latissimus dorsi (muscolo gran dorsale) 09 intercostales (muscoli intercostali)

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Sezionata questa parte, andremo a togliere in primis la così detta copertina o ribcap. Questa è costituita prevalentemente da 2 muscoli (trapezio e gran dorsale), che seppur molto coriacei, risultano estremamente gustosi e si prestano, da macinati, alla preparazione di hamburger clamorosi.

Togliendo tutte le coste e lasciando i muscoli intercostali al loro posto, otterremo il nostro meraviglioso cuberoll pronto per essere sezionato ricavando le nostre amate bistecche.

Arriviamo finalmente a noi: delmonico, scotch filet, boneless rib steak, ribeye roll steak, entrecote o ribeye. N.B. Ricordi il segreto di cui ti parlavo all’inizio? Beh, parlavo del taglio che tutti in America si contendono. Pensa, lo separano addirittura “dall’occhio” (eye o longisimus dorsi) e lo vendono separatamente. Sì, è proprio lui la parte più tenera di tutta la nostra ribeye, quel muscolo che più ti sposti nella zona craniale del taglio anatomico intero, più sarà grande: lo spinalis dorsi o ribeyecap.

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di PAOLO TUCCI

NATURA è

FUOCO

il

la mia

o alle radici della Gastronomia Mai come oggi è palpabile nella società una crescente passione, che spesso sfocia in ossessione, per tutto ciò che riguarda il cibo, l’alimentarsi e più in generale la gastronomia. Questa parola è da sempre capace di ispirare in noi visioni orgiastiche di pranzi sfarzosi preparati da osti corpulenti e gioviali, intenti a imbandire tavolate coperte di vassoi ricolmi di morbide costine, arrosti profumati e succulento pulled pork. La Gastronomia, graziosa protagonista di questo breve articolo, è una parola riscoperta nell’era moderna grazie alla penna degli scrittori Joseph Berchoux e Grimod de la Reynière, rispettivamente un poeta e un bon vivant vissuti nella Francia del XIX secolo. Questo vecchio lemma, già in uso nei tempi antichi, affonda le sue radici nella parola greca gastèr, “ventre” e nomos,” legge”, letteralmente l’insieme delle leggi che governano lo stomaco. Come spesso accade un’etimologia contenuta in libri polverosi e maleodoranti fallisce nel rispondere alla moderna esigenza di sapere ora e subito dell’appassionato di oggi. Cosa sarà mai questa gastronomia di cui tutti parlano? L’esperto banconiere del supermercato sotto casa, l’amico selezionatore di carni da tutto il mondo, lo chef di talento che riesce a creare cene incredibili con pochi ingredienti locali: non sono, a conti fatti, da considerarsi gastronomi? La risposta, caro lettore, è “No”, essi lo sono solo in parte. Per dirimere la questione, ci può forse venire in aiuto il prof. Alberto Capatti, fine studioso delle scienze alimentari e primo rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in Piemonte. Nel suo libro di recente pubblicazione intitolato “Il Mangiapensieri” (ed. DeriveApprodi, 2017), il prof. Capatti sfida e sonda la nostra competenza in materia alimentare rivolgendoci una semplice domanda :

“Cosa sono le agnulesse?” 12 - BBQ4All MAGAZINE


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Immaginando il nostro sgomento davanti ad una domanda così semplice, armato della solerzia che contraddistingue una mente estremamente brillante, egli ci suggerisce subito una potenziale risposta: “Beh, anche se non ne abbiamo mai sentito parlare, possiamo immaginarlo: delle specie di agnolotti friulani con ricotta ed erbette, o qualcosa di simile, condite con cacio e burro; da quelle parti le «agnolesse» sono le donne angeliche, e il cuoco, ai fornelli, chissà a chi pensava mentre riempiva quelle taschine di farina da servire agli ospiti in sala.” Qualsiasi sia la nostra supposizione, l’autore ci avvisa che “Sbaglieremmo: le «agnulesse» non costituiscono un cibo; sono soltanto una parola, e precisamente il palindromo di «esselunga». Magari, se qualche esperto di marketing se ne accorgesse, un giorno le troveremo in busta, bell’e pronte, fra gli espositori del noto supermercato.” Chi è dunque il gastronomo? Una persona di grande intelligenza e vasta competenza alimentare, talmente eclettica da spaziare agilmente dalla cucina alla chimica, dalla letteratura all’arte, dall’agronomia alla sociologia? Un semplice venditore in

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grado di farci credere per un solo, gustosissimo, istante che da qualche parte del mondo esistano dei teneri fagottini di pasta ripiena ancora da scoprire, chiamati agnulesse? Se bastasse questo a rendere un gastronomo tale, qualsiasi impiegato di un’agenzia di marketing potrebbe fregiarsi di questo titolo, e noi saremmo punto e a capo nella nostra ricerca. La gastronomia, nella sua interpretazione più moderna e radicale vuole essere “scienza multidisciplinare che coinvolge e interseca tutte le conoscenze relative al cibo in quanto elemento materiale - in ogni sua fase - e in quanto elemento culturale, trasformato, secondo tradizione o no, scambiato in maniera equa oppure no, raccontato o analizzato in maniera più o meno scientifica, scelto” (Enciclopedia Italiana, Carlo Petrini, 2004). Nel quotidiano essere gastronomi significa dunque avere una concezione della vita e del cibo estremamente gioiosa, curiosa, inclusiva ed avventurosa. È gastronomo il ricercatore che lavorando per un’organizzazione internazionale si reca in Africa per

selezionare varietà indigene di caffè cadute in disuso per salvarle dall’oblio. Egli cerca di tutelare la biodiversità, cioè la capacità straordinaria che la natura ha di cambiare sé stessa tramite il proprio DNA in maniera casuale e spontanea. Queste mutazioni sono un dono, una protezione contro batteri e virus che specializzandosi, potrebbero danneggiare le piante che costituiscono la base del ciclo alimentare. Cambiando e difendendosi, la Madre Terra ci regala non solo efficienza ma una vera e propria esplosione di Gusto. Una volta estratti con accortezza (esistono tantissimi tipi di estrazioni, non solo moka o l’espresso) i chicchi sapientemente arrostiti svilupperanno sentori che possono spaziare dall’albicocca al cioccolato, dal cuoio all’affumicato e al floreale. Immaginatevi durante una tranquilla domenica mattina, intenti a preparare il vostro Weber nel giardino di casa. Pensate al grasso filetto di maiale iberico che vostra moglie, ancora sdraiata a letto, sta aspettando che voi le cuciniate per pranzo. La carne che sfrigola allegra sulla piastra, i succhi e i grassi che colano, puro erotismo gastronomico. Mentre la carne riposa fatevi un favore: versate sulla piastra un cuc-


chiaio di vino rosso e una tazzina di quel meraviglioso caffè del Guatemala che vostro cugino vi ha regalato dopo esserci stato in viaggio di nozze. Otterrete una salsa ricca di sapore con una esplosione di tannini e retrogusto di nocciole, cioccolato e agrumi che sarà perfetta per impreziosire il grasso aromatico del maiale. Non ringraziate la ricetta, ringraziate la biodiversità, ringraziate la Terra Madre e quando potrete restituite il favore, difendetela! È gastronomo anche chi alla mattina del sabato si reca al mercato per fare la spesa, ponendo continuamente domande ad agricoltori, rivenditori e bottegai, cercando di capire la natura e la storia delle carni, dei vegetali e di tutto quello che mangia e mangerà. È gastronomo chi educa gli altri e si lascia educare, studiando, ricercando, testando e provando, tentando di arricchire sé stesso e il mondo che lo circonda, con umiltà e pazienza. È gastronomo chi viaggia alla ricerca del gusto e chi ricorda il sorriso folle che gli si è stampato in faccia la prima volta che ha assaggiato un vero banh mi, una croccante baguette che avvolge un cuore di coriandolo, carote, cetriolo, maionese e maiale marinato nella soia e citronella, un raggio di sole nelle strade rumorose e trafficate di Hanoi. È gastronomo chi si commuove vedendo gli occhi traboccanti di gioia

di un artigiano di 86 anni mentre batte una padella di rame utilizzando tecniche ormai dimenticate che sono state tramandate nella sua famiglia per secoli. Grazie alle sue pentole il signor Umberto giura, è possibile cuocere la carne in maniera talmente perfetta da superare qualsiasi Coach! È gastronomo chi ama cucinare con gli altri, per gli altri utilizzando le ricette di altri. Il momento zero in cui nasce la socialità, e quindi l’umanità, è forse individuabile, andando a ritroso nei secoli, in quei primi atti gastronomici compiuti insieme dagli uomini primitivi, che si univano per soddisfare un bisogno comune, la fame. La necessità di sopravvivere spinse i nostri antenati a cacciare insieme, vivere insieme e soprattutto, cucinare insieme. Li possiamo immaginare, radunati intorno ad un fuoco acceso tentando di scaldarsi, intenti a macellare un animale appena catturato. Una gamba di antilope dimenticata troppo vicino al fuoco, la reazione di Maillard che inizia a lavorare e meraviglia! Un profumo di paradiso si spande nell’aria, i tessuti connettivi si sciolgono, i succhi sgorgano a profusione, tutto si compie. E gli uomini, quei primi esponenti della razza umana in grado di identificarsi come tali, che come bestie guidate dall’istinto per il piacere, addentano quel primo, squisito pezzo di carne. Da quel momento per l’essere umano non è più solo importante nutrirsi, è importante godere.

Da quella bistecca, sicuramente stracotta per gli standard scientifici dei nostri griller, la gastronomia ha letteralmente spiccato il volo, espandendosi nel tempo e nello spazio fino ad abbracciare il mondo intero. Le prime panificazioni egizie, i piatti raffinatissimi dei regni cinesi di Wu, Shu e Wei, i potlatch degli indiani d’America, la scienza moderna, la filosofia, l’arte, la sociologia, la chimica del gusto, le tecniche di cucina, l’archeologia, sono tutte espressioni dell’atto alimentare, sorgenti di acqua paura sgorgate attraverso i secoli per rispondere alle esigenze dell’umanità e che oggi confluiscono in un unico fiume che sbocca nell’oceano della Gastronomia. C’è gastronomia quando ritrovandoci tutti insieme riuniti intorno ad una tavola lasciamo che il cibo sia l’elemento centrale del nostro stare insieme, al tempo stesso protagonista e ospite discreto, animatore di tante conversazioni che in realtà parlano di noi, non degli ingredienti che mangiamo. È gastronomia, quando grazie al cibo la mia storia e la tua storia diventano la nostra storia. In questa piccola rubrica spero non me ne vorrete se cercherò, con il vostro aiuto, di raccontarla. E ricordate, Buono Shall Save the World!

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GUIDA AGLI ACCESSORI - RUBRICA a cura di MICHELE CHIPA

CINQUE ACCESSORI BBQ

DA

REGALARE A NATALE

Il Natale si sta avvicinando ed inizia uno dei periodi più stressanti dell’anno: quello della ricerca dei regali. In questo periodo ci spremiamo le meningi e cerchiamo quante più idee possibili per regalare qualcosa di originale ai nostri cari, amici o conoscenti. Se devi fare un regalo ad un amante del bbq e della grigliata sei fortunato: ti darò qualche idea di sicuro effetto, sia per i principianti che per gli esperti.

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GUANTI Per spostare le griglie o altri accessori incandescenti è necessario utilizzare dei guanti specifici resistenti alle alte temperature. In questo modo le mani del griller saranno perfettamente isolate dal fuoco. Più versatili del classico guantone imbottito, consentono una presa salda di griglie in acciaio e ghisa, e una gestione del cesto accenditore in totale sicurezza.

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CIMINIERA DI ACCENSIONE Basta con i liquidi infiammabili, carta di giornale e continui sventolamenti: con la ciminiera di accensione le braci si possono accendere in 20/25 minuti senza necessità di intervento. La ciminiera è un cilindro metallico forato dove inserire il carbone. Basta posizionarla sopra ad un paio di accenditori. Niente di più semplice, veloce e soprattutto sicuro. Averne più di una ci aiuta a gestire meglio le scorte di combustibile acceso, abbattendo sensibilmente i tempi di attesa. La trovi in tutti i bundle del Diventare Grill Master Store: https://diventaregrillmaster.store

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TERMOMETRO A TEMPERATURA ISTANTANEA Il griller principiante saprà che la cottura di ogni alimento non è più misurata in “tempo di cottura” ma in “temperatura di cottura al cuore”. Con questo accessorio potrà sapere in ogni momento il grado di cottura ottimale. TERMOMETRO A SONDA Il griller esperto si starà già avventurando nelle cotture a temperatura controllata che durano qualche ora. Con un termometro multi sonda potrà sapere in tempo reale sia la temperatura della camera di cottura che quella del cuore dell’alimento.

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Che siate principianti o esperti non importa. I Coach della BBQ4All University lo ripetono come un mantra ad ogni corso: il termometro deve diventare il vostro migliore amico, perché è l’unico che vi dirà sempre la verità.

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PINZE È un accessorio utile sia per il principiante che per l’esperto. Un famoso detto recita “una pinza in più non fa mai male”. Ricordatevi di prenderne una con il manico lungo in modo da tenere lontane le mani dalla brace, più una corta da utilizzare per il vostro dispositivo a gas. Non vi fate mancare nulla, insomma.

WOK Con il wok si possono preparare moltissime pietanze, ad esempio risotti, pasta, baked beans (perfino la paella!): tutto questo anche sul bbq. Un griller esperto sa che le possibilità di cottura su griglia sono infinite. E non dimenticate che il wok può essere un’ottima idea regalo anche per le signore e le signorine, che scoprendo l’incredibilite versatilità di questo accessorio potranno avvicinarsi al mondo della cottura su fuoco. Psst! Non ditelo a nessuno, ma il Diventare Grill Master Store vi saprà sorprendere con un bonus speciale proprio sugli accessori in ghisa, riservato alla BBQ4All community.

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LO STO R E U F F I C I A L E D E L L A

COMMUNITY un luogo in cui puoi trovare periodiche offerte imperdibili: dispostivi, accessori e novità solo per i veri appassionati della griglia. Ma non solo: Diventare Grill Master Store ti mette a disposizione un servizio di consulenza gratuita al quale potrai fare tutte le domande che vorrai. Senza nessun obbligo ma con tutte le facoltà del mondo. Vuoi saperne di più sui dispositivi per valutarne l’acquisto? Non devi fare altro che chiedere di essere ricontattato da un consulente, scrivendo una mail a commerciale@bbq4all.it Un consulente esperto si metterà in contatto con te e ti spiegherà tutto fin nei minimi dettagli e senza nessun tipo di obbligo da parte tua. Quindi fai così: 1. Tieni d’occhio le offerte periodiche su https://diventaregrillmaster.store 2. Scegli l’offerta che più ti interessa 3. Scrivi una mail a commerciale@bbq4all.it e chiedi di parlare con un consulente. Verrai ricontattato entro 24 ore e avrai la tua consulenza gratuita, senza vincoli, senza obblighi e senza domande. Non perderti le prossime offerte su Diventare Grill master Store e scrivici.

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BEEF BEEF

NICE TO MEAT YOU - INTERVISTA a cura di PAOLO TUCCI

TO OR not TO THAT IS THE

question

viaggio nello stomaco e nel cuore di Dario Cecchini, macellaio di Panzano Nome? Il mio nome è Cecchini, Dario Cecchini. Come è nata la sua Professione? Sono nato in casa nel 1955 nel piccolo abitato di Panzano in Chianti, di fronte alla macelleria che da otto generazioni è di proprietà della mia famiglia. Mi raccontano che alla nascita, oltre all’ostetrica e a mia madre, la prima persona che vidi fu mio padre, che saputa la notizia era accorso lasciando il negozio aperto, vestito ancora con la candida giacca da macellaio. Vedete, sono nato con l’imprinting del Macellaio. Squadra del cuore? Fiorentina per identità e assonanza. Ma il mio sport preferito è il ciclismo. Mio padre fu amico intimo di Gino Bartali, considerato in famiglia l’incarnazione stessa dell’essere italiano. Ciccia del cuore? Ginocchio di manzo, bollito e servito con le sue verdure ed una tazza di brodo fumante! Sapete, sono stato allevato in un paesino di 960 persone che aveva ben quattro macellerie. Non ci è mai mancato nulla ma eravamo una famiglia sobria, la prima bistecca l’ho mangiata per il mio diciottesimo compleanno. Io e mia sorella più piccola, Marina, siamo cresciuti alla tavola di mia nonna, che ci ha insegnato ad utilizzare tutte le parti dell’animale cucinando prelibatezze incredibili. Da piccoli pensavamo che gli animali avessero quattro teste, cinque zampe e quattro code. Lingue parlate? Volgare toscano abbastanza evoluto, italiano e francese. Inglese lo parlicchio, per dirla alla Totò. Ho voglia di latino, che al liceo non mi andava tanto giù, e per questo in macelleria tormento i miei ragazzi con motti e proverbi dell’antica Roma. Ora utilizziamo molto il “CARNE DIEM “, con grande ilarità dei nostri avventori! 20 - BBQ4All MAGAZINE

Da ragazzo voleva fare l’astronauta? In realtà volevo fare il veterinario. Fin dall’età di 3 anni ho sempre seguito mio padre sulla sua Vespa (non aveva ancora la patente il mio babbo) quando si recava dalle famiglie di contadini per comprare gli animali. Li consideravo la nostra famiglia allargata gli allevatori, insieme condividevamo la vita del paese e del campo. Mentre in me cresceva questo desiderio alla fine degli anni 60’, le campagne si spopolavano e sempre più famiglie si trasferivano in città per lavorare in fabbrica. Nasceva la città moderna, ma per noi, nel piccolo paese di Panzano nel cuore del Chianti un intero mondo tramontava, e con lui il mio sogno di fare il veterinario. BBQ o forno ? Il Brillat-Savarin diceva che cuochi si nasce, rosticcieri si diventa. Io scelgo il BBQ perché adoro la cucina primitiva come accostamento di carne e fuoco, la vera origine della tribù e della socialità umana. Sous vide o Reverse Searing? Credo che dopo tanto parlare di azoto liquido e cotture particolari sia tempo di tornare semplicemente a Carne e Carbone, al cibo della tribù fatto di Ciccia e fuoco. Per questo stiamo sviluppando a Panzano una cucinalaboratorio con diversi tipi di griglia, per garantire la miglior cottura a fuoco ad ogni taglio del manzo. E se il dottore la obbligasse a diventare vegano? Non vedo perché mi dovrebbe fare questo torto. Non me lo merito! E fra poco aprirà il fast food Cecchini Panini? Seriamente? Cecchini Panini è uno slogan, un modo di sdrammatizzare il fast food che per anni è stato combattuto e vilipeso. Pane buono, carne buona, salsa buona. Io mi stufo a mangiare lentamente, mi toglie energia. Ho bisogno di prendere la vita a morsi. E inizio dalla ciccia!


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Macellaio, artista, poeta e anche attore! Nel 2019 parteciperà alla serie tv Chef’s Table creata da Netflix, e poi. . . un Oscar?!? Mi viene in mente la battuta di Woody Allen nel film Provaci ancora Sam “Chi credi di essere, Dio? “A qualcuno mi dovrò ispirare” risponde lui. Io sono e sarò sempre il macellaio di Panzano, un artigiano che lavora. Questo paese ha dato vita alla mia famiglia per sette generazioni, io sono l’ottava. Spero che questo film serva a fare una riflessione. È un film di vita e spero anche che sia un modo per ridare al paese quello che ha dato a noi. Belen o Sophia Loren? Sophia Loren. Che scherzi! Rubia Gallega o Chianina? Non sono un razzista! Quando mi parlano di razze mi confondo. Che vedi una bella donna e ti domandi se è Chianina? No, non lo fai! Dante o Boccaccio? Per godimento Boccaccio, ma il padre Dante non si può toccare. È un burbero bonario che mi guarda ogni volta che lavoro, come testimonia il busto che ho di lui in negozio. La carne va mangiata . . . Come tartare cruda a colazione, poi a pranzo e cena. Mangiare la carne è un atto liberatorio, è entrare nella pancia del mondo, nella natura, in una ruota armonica che prevede rispetto e partecipazione. Per citare il grande Franco Califano “Tutto il resto è soia, maledetta soia!” Consiglio per un giovane macellaio che inizia oggi? Armarsi di pazienza e umiltà per fare bene tutti i giorni, prendere confidenza con il coltello ed esercitare un grande senso di responsabilità in tutti gli ambiti della nostra professione. Più di tutto è importante amare questo lavoro fino in fondo. Non si diventa maestri di taglio se non si è maestri di cuore. Consiglio per un macellaio di ieri che lavora oggi? Lasciare la terra un po’ meglio di come l’abbiamo trovata come dicono 22 - BBQ4All MAGAZINE

i nostri contadini più anziani. E per fare questo bisogna avere il coraggio di donare la propria esperienza, bisogna alleggerirsi di tutto quello che si è imparato. Nella nostra macelleria sono passati più di 200 giovani macellai, a cui abbiamo regalato la possibilità di stare con noi un mese in bottega. Vengono qui, vivendo e mangiando con noi, non tanto per imparare una tecnica, quella può essere appresa in un supermercato. Vengono qui per essere ispirati, per imparare perché e come fare bene il nostro lavoro. BBQ4All: setta satanica o salvezza dell’umanità? Io spero solo che sia fonte di godimento, per tutti. Taglio “nobile” che faccia vedere la Madonna ai nostri Griller? Nobile? Per me niente sono i ginocchi! Taglio “povero” che faccia vedere la Madonna ai nostri Griller? Pellegrino Artusi metteva fra le sue prime ricette il brodo, fatto con ossa di manzo. Ora le ossa si danno ai cani, perché fare brodo richiede tempo, una semplificazione terrificante penso io. Pensate che il mio piatto di Natale è il brasato al midollo, uno stinco di manzo adulto farcito con burroso midollo, servito ad un tavolo conviviale. L’unico vero modo di servire la carne, la nostra messa laica dove ringraziamo l’animale per i suoi doni.

Affumicatura sì o affumicatura no? Un’affumicatura data dall’odore della legna che arde nel camino, un buon profumo di carbone di leccio e quercia come direbbe Prezzolini, legni forti e profumati che lasciano una leggera carezza sulla carne. La carne va sempre accarezzata, viva o morta che sia. Ci vuole. American Skills, Italian Style : ci si ritrova in questa definizione? Mi ci ritrovo benissimo. Tutto quello che è libero pensiero, curiosità, sperimentazione che porta gli uomini a navigare nel mare della conoscenza, sulle orme di Ulisse, è benvenuto. L’importante è bilanciare queste tecniche con il saper fare e la convivialità italiana, per questo ovunque io vada porto sempre addosso qualcosa di tricolore. La vita deve essere festa ogni giorno! Ma in tutto questo . . . la Moglie? Mia moglie Kim, californiana cresciuta sulla baia di San Francisco, è semplicemente splendida. Ha una grande pazienza e condivide lo spirito del mio progetto, tenendomi “in bilancia”. Mi accompagna sempre in ogni mio viaggio ed è il mio angelo custode, in senso carnale. Il Suo ricordo più bello in Macelleria? Tutte le volte che all’inizio della mia carriera di macellaio, quando ero impaurito e con le dita tremanti piene di tagli, le signore di Panzano, che mi avevano visto nascere e crescere, mi chiamavano con il vezzeggiativo Darino. Un diminutivo che oggi, a 63 anni, il tempo non ha cancellato. Quello bellissimo era quando mi chiamavano Tullio, scambiandomi per mio padre. Il mio sogno è sempre stato di diventare un giorno bravo come il mio babbo come macellaio e soprattutto nei rapporti umani. E lo è ancora. Come vorrebbe salutare i nostri appassionati che la seguono in modo religioso? Che la strada vi sia lunga, gioiosa e piena di ciccia ben grigliata, fratelli!


APPROFONDIMENTO a cura di TOMMASO DI GREGORIO

和牛

WAGYŪ una guida completa

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“La so! La so!” Così esordirebbe il ragionier Fantozzi interpellato dal geometra Calboni per far colpo sulla signorina Silvani. C: “Fantocci ci spieghi cosa è il wagyū dunque. Non cincischi” F: “Dunque dicesi wagyū…aspetti la sapevo fino a poca fa! Quindi, quando prendi la pillola, la metti nel bicchiere ci metti un po’ di zucchero e poi lei vaggiù!” C: “Fantocci la smetti di fare l’imbecille, via spieghi alla signorina Silvani cosa è il wagyū!” S: “Suvvia Fantocci non faccia la merdaccia e mi dichi, mi dichi!” Potremmo immaginarlo così il dialogo tra i protagonisti del celebre film. Effettivamente è comprensibile la difficoltà del ragionier Fantozzi, capire bene cosa è il wagyū richiede un po’ di sforzo. Facciamo quindi un po’ di chiarezza su quest’argomento. Letteralmente wagyū significa “bue dal Giappone”: la parola gyū vuol dire “bue”, wa invece significa “Giappone”. Il termine wagyū indica, quindi, la provenienza dell’animale e include un macro gruppo di quattro razze autoctone giapponesi, le quali sono classificabili come: 1. La razza nera giapponese (黒毛和種 - Kuroge washu), costituisce il 90% delle razze wagyū nazionali, con diversi allevamenti a Tottori, Tajima, Shimane e Okayama; 2. La razza bruna giapponese (赤毛和種 - Akage Washu) detta anche razza rossa, è la seconda per quantità ed ha allevamenti a Kōchi e Kumamoto; 3. La razza senza corna giapponese (無角和種 - Mukaku Washu); 4. La razza Shorthorn giapponese (日本短角和種 - Nihon Tankaku Washu), comprende l’1% delle razze Wagyū del Paese. Queste razze derivano da un complesso e lungo periodo di ibridazione tra razze giapponesi e razze continentali. Per molto tempo, infatti, in Giappone non era possibile consumare carne di manzo per motivi religiosi e i buoi venivano usati principalmente per arare la terra. Nel periodo Edo, durante una guerra, un generale impose ai propri soldati il consumo di carne per aumentare l’apporto proteico e rendereli più forti e vigorosi. Fu così che quest’usanza religiosa andò in disuso e iniziò a diffondersi il consumo di carne anche tra gli altri abitanti del Giappone. Fino alla metà del 1800 però il consumo di queste carni era sporadico e spesso accomunato alla vita di campagna; era infatti vietato cucinare la carne di manzo nelle case, molti contadini la consumavano cuocendola sul vomere dell’aratro riscaldato, usandolo come 24 - BBQ4All MAGAZINE

una piastra. Con l’arrivo dell’era industriale, anche le tecniche di allevamento cambiarono e furono incrociate le razze autoctone, prettamente adatte al lavoro, con le razze continentali, più adatte alla produzione di carne. Tra le principali razze che furono scelte spiccano la Frisona, la Simmenthal, l’Aberdeen Angus e la Coreana. In un primo momento questi incroci migliorarono sensibilmente la qualità della carne, ma all’inizio del XX secolo il fenomeno divenne troppo diffuso causando un notevole aumento dei capi di bestiame e l’impoverimento genetico della razza. Di conseguenza, venne vietata l’importazione di capi di bestiame dall’estero e venne istituito un Registro del Wagyū Giapponese che stabiliva tutti i criteri genetici e le tecniche di alimentazione necessarie per allevare questo tipo di razze. La principale caratteristica di questo registro, ancora oggi in vigore, è quella di prestare particolare attenzione al livello di marmorizzazione delle carni, la quale è classificata secondo una ben precisa scala chiamata BMS (Beef Marble Score). Questa scala assegna dei punteggi crescenti in base al livello di marezzatura della carne: si parte da un punteggio pari a 3 e si arriva fino a 12 (punteggi pari a 1 e 2 non sono ammessi perché troppo bassi). Altra caratteristica fondamentale delle carni appartenenti al Registro del Wagyū Giapponese è il basso contenuto in colesterolo. I grassi che formano la marezzatura sono principalmente di tipo insaturo e di conseguenza hanno un basso contenuto di colesterolo, oltre a essere ricchi di Omega 3 e Omega 5. Leggenda vuole che, per ottenere questi risultati, gli allevatori nipponici diano da bere birra e sake alle vacche e le massaggino mentre ascoltano musica classica.Nient’altro che credenze popolari. Ciò che sappiamo con certezza però, è che in Giappone, visti i limitati spazi destinati al pascolo, è necessario prestare particolare attenzione alla dieta e al movimento degli animali per non danneggiare il prodotto finale, per cui l’utilizzo di cure come una dieta studiata risulta piuttosto credibile. Va precisato che nel disciplinare queste cose non vengono menzionate, ma viene chiaramente esplicitato che l’animale deve essere spazzolato con regolarità. Le aree adibite al pascolo nella terra del Sol Levante sono poco estese e per questa ragione la carne di wagyu è generalmente associata alla zona dove è stata allevata. L’esempio più famoso è quello del manzo di Kobe allevato nella prefettura di Hyōgo, ma è il Kyoto Miyabi, allevato nella prefettura di Kyoto appunto, ad aver vinto quest’anno il premio come miglior wagyu di tutto il Giappone. Degno di menzione è anche il manzo di Matsusaka, allevato in un territorio piuttosto ostico ed impervio. Il Giappone non è però l’unico paese che alleva wagyū, infatti, con il diffondersi della cultura gastronomica e l’ampliamento del mercato mondiale questo prelibato tipo di carne si è diffuso sempre di più sulle tavole di tutto il mondo. Molti paesi, intuendo le notevoli potenzialità di questo commercio, hanno iniziato ad allevare con discreto successo questo tipo di animali. I pionieri


in questo mercato, grazie anche a una facilitazione geografica legata alla vicinanza, sono stati gli australiani che a oggi sono i più grandi produttori mondiali di carne wagyū. I più intransigenti consumatori nipponici non vedono di buon occhio le carni allevate nella terra dei canguri. E non hanno tutti i torti. Sebbene in Australia si sia giunti alla sesta generazione di allevatori, i quali hanno accumulato un pregevole bagaglio esperienziale, non possiamo affermare che il prodotto sia paragonabile all’orginale, nonostante l’ottima qualità finale. Di recente anche nel nord del Belpaese sono nati piccoli allevamenti di wagyū che stanno cercando di farsi conoscere in un mercato ancora molto legato alla fettina magra e senza grasso. Le peculiari attenzioni necessarie a ottenere un prodotto di tale livello e la distanza che deve percorrere per arrivare sui nostri piatti comportano un alto costo di produzione e di conseguenza anche un proporzionale costo di vendita: in alcuni casi il wagyū arriva a costare fino a 1000 euro al chilo. Un’esperienza unica, che la maggior parte delle persone non può fare facilmente tutti i giorni, ma a scapito di qualche sacrificio; è sicuramente una carne che va mangiata almeno una volta nella vita. Parliamo di pietanze più adatte alle tasche del super mega direttore galattico che a quelle del ragionier Fantozzi, ma per conquistare la signorina Silvani questo è sicuramente un ottimo inizio!

MAESAWA

YONEZAWA YAMAGATA

SENDAI

KYOTO MIYABI KYOTO

HITACHI

KOBE

KAZUSA

SAGA

HIDA

MATSUSAKA MIE MIYAZAKI

AKAUSHI KAGOSHIMA

WAGYU nel MONDO il

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S U K I YA K I I N G REDIEN T I

con pomodoro e carne Wagyū

P ER 2 PERSO N E

• 350 g di ran-ichi (rib cap) o topround (scamone) di Wagyū tagliato in fette spesse 2-3 mm • 1 spicchio d’aglio • 300 gr di cipolla bianca • 400 gr di pomodori maturi • olio extravergine di oliva PER IL BRODO • 30 ml di sake • 130 ml di Mirin • 50 ml di salsa di soia • 1 cucchiaio di zucchero semolato

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PROCEDIMENTO 1. Scaldare l’olio in un tegame di ghisa a fuoco moderato e aggiungere l’aglio tritato sottilmente. 2. Preparare il brodo a parte, portando a bollore il sake ed il mirin, per far evaporare la parte alcolica. Aggiungere la salsa di soia e lo zucchero, mescolare. 3. Quando l’aglio si sarà imbiondito, aggiungere la cipolla a fette spesse

1cm. Aggiungere il brodo nel tegame del sukiyaki. 4. Lasciar sobbollire il brodo e aggiungere il pomodoro tagliato in spicchi. Quando le cipolle saranno cotte del tutto, adagiate la carne Wagyū sui pomodori. 5. Servire il sukiyaki a 80°C, a questa tempertura il Wagyū sprigiona tutto il suo aroma.


SHABU SHABU

INGREDIENTI PER 2 PERS O N E

• 350 gr di ran-ichi (rib cap) o topround (scamone) di Wagyū tagliato in fette spesse 1,5 mm • 400 gr di cavolo cinese • 60 gr di porro • 70 gr di carote • 30 gr di funghi shiitake • 45 gr di funghi enoki PER IL DASHI • 1/1,5 lt d’acqua • 10 cm di alga kombu • 100 ml di sake • sale q.b. (5-7 gr)

PROCEDIMENTO 1. Versare l’acqua nel tegame di ghisa, aggiungere le alghe e lasciare in infusione per almeno 30 minuti, per permettere alla kombu di sprigionare tutto il suo aroma. Portare a bollore l’acqua e rimuovere l’alga. Tenere da parte 50 ml di dashi per la salsa tare. Condire il dashi con il sake ed il sale. 2. Tagliare il cavolo cinese in pezzi di 5-6mm, affettare il porro a tocchetti di 1 cm e la carota a rondelle spesse 5mm. Rimuovere i gambi dagli shiitake, tagliare le estremità dei

funghi enoki, ricavando dei piccoli pezzi. 3. Mescolare gli ingredienti della salsa tare (succo di limone o lime, salsa di soia e dashi) e mettere da parte. 4. Versare il dashi nel tegame dello shabu shabu. Immergere le fette di carne con le bacchette e lasciar cuocere per qualche secondo, poi intingere nella salsa tare e mangiare. Ripetere la procedura con le verdure ed i funghi.

PER LA SALSA TARE • 100 ml di salsa di soia • 60 ml di succo di limone o lime • 50 ml di dashi

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NIGIRI di Wagyū scottato

INGRE DIE NTI PER 2 P ER S O N E

• 140 gr di ny strip o ribeye di Wagyu • 200 gr di riso per sushi • 5 gr di rafano grattugiato fresco o in barattolo • 20 ml di aceto di riso • 1 cucchiaio di zucchero • 1 cucchiaino di sale

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PROCEDIMENTO 1. Cuocere il riso per assorbimento, versando nella pentola 200 gr di acqua. 2. Mescolare l’aceto con lo zucchero ed il sale, fino a dissolvere il tutto. Versare la miscela nel riso cotto e rigirare con una spatola di legno. 3. Tagliare il filetto di wagyu in fettine sottili, circa 8. Incidere con il coltello a losanghe e scottare la superficie con un cannello. 4. Per realizzare il nigiri, stringere tra le mani una piccola porzione di riso, adagiare le fettine di wagyu e e spingere contro l’indice e l’anulare per imprimere la forma. Condire con piccoli spuntoncini di rafano e servire immediatamente.


WA G Y Ū TATA K I

IN GREDIENTI PE R 2 PERSO N E

• 350 g di zabuton di Wagyū • 4 pizzichi di sale • 2 cucchiai di olio d’oliva PER LA SALSA • 1/2 cucchiaino di wasabi o rafano grattugiato • 2 cucchiai di maionese • 1 cucchiaino di salsa di soia • 1 cucchiaino di succo di limone • 1 cucchiaio di Sake

PROCEDIMENTO 1. Portare la carne a temperatura ambiente, tirandola fuori dal frigorifero 30 minuti prima della cottura. Condire lo scamone con due pizzichi di sale per lato. 2. Scaldare l’olio in una padella o su una piastra e cauterizzate la carne per pochi secondi, fin quando non si sia formata la crosticina brunita. Togliere dal fuoco e immergere per un minuto in acqua e ghiaccio.

3. Asciugare la carne con della carta da cucina e tagliarla in fette sottili, spesse circa 3 mm. 4. Preparare la salsa di accompagnamento. Mescolare la maionese con il wasabi, la salsa di soia, il succo di limone ed il Sake, utilizzando una frusta. Servire il tataki con la salsa al wasabi.

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STANDARD QUALITA’ QUALI SONO GLI

DI

DELLA

IN GIAPPONE (scala BMS)

CARNE? IN GIAPPONE e NEGLI USA

PRIME

IN AMERICA (scala USDA)

CLASSIFICAZIONE GIAPPONESE

PUNTEGGIO COMPLESSIVO

SCALA BMS (2008)

CLASSIFICAZIONE USA

IFM% MINIMO

MARBLING GRADE

USDA GRADE

2,59

LEGGERO

SELECT

3,91

PICCOLO

CHOICE-

5,34

MODESTO

CHOICE

6,89

MODERATO

CHOICE+

8,56

LEGGERMENTE ABBONDANTE

PRIME-

10,33 12,22

A3 A4

A5 30 - BBQ4All MAGAZINE

3

21,4

4

29,2

5

35,7

6

40,6

7

42,5

8

43,8

9

50,8

10

52,9

11

53

12

56,3

MODERATAMENTE ABBONDANTE

MOLTO ABBONDANTE

PRIME PRIME+

PRIME++

CHOICE SELECT


MA DOVE LO TROVO? La migliore carne dal mondo, dal Wagyu giapponese al Black Angus, frollata, marezzata e selezionata con cura: tutto questo solo nel

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PER INIZIARE - IL BBQ PER I PRINCIPANTI RUBRICA a cura di MICHELE CHIPA

IL CARBONE TIPOLOGIE modalità di

&

ACCENSIONE

Hai comprato il tuo primo barbecue a carbone ma ti sei perso nella scelta della tipologia di combustibile? Non sai scegliere tra carbone, carbonella e bricchetti (o ovuli)? Non sai quale è il metodo più efficiente per la loro accensione? Provo a toglierti ogni dubbio con questa piccola guida. Il carbone è un elemento già presente in natura ma spesso, per la elevata quantità di domanda di mercato, deve essere prodotto artificialmente con un processo chiamato carbonizzazione. Una volta ottenuto, il prodotto finito viene sminuzzato in varie dimensioni e confezionato per la vendita. La carbonella non è altro che carbone frammentato in piccoli pezzi. Ha un alto potere calorifero ma di breve durata e per questo è il combustibile perfetto per le cotture dirette. I bricchetti o ovuli sono composti da carbone polverizzato e compresso con appositi leganti. Sebbene questo combustibile sia adatto anche per cotture dirette, il suo utilizzo è consigliato per cotture indirette e di lunga durata. Questo perché i bricchetti sprigionano meno calore rispetto al carbone ma assicurano una durata e una stabilità di temperatura maggiori. COME ACCENDERE IL COMBUSTIBILE Vediamo insieme quali sono i metodi principali per l’accensione del carbone. CIMINIERA DI ACCENSIONE: s​ i tratta di un cilindro forato dove viene inserito il combustibile spento, che rimarrà sospeso dalla superficie grazie ad una apposita griglia. Sotto alla ciminiera va posizionato un accenditore solido acceso. In circa 20 minuti l’intero carico di carbone sarà pronto. Il difetto di questo accessorio sta nella produzione di un fumo nero e di sgradevole odore per i primi 10 minuti dall’inizio dell’accensione. ​Consiglio: posiziona la ciminiera su una superficie piana e in grado di sopportare alte temperature ACCENDITORI ELETTRICI: ​ il loro principio di funzionamento è semplice: per accendere il combustibile si usa il calore generato da una serpentina elettrica. I più co32 - BBQ4All MAGAZINE

muni consistono in una serpentina da inserire sotto ad un cumulo di carbone ma esistono in commercio delle vere e proprie ciminiere elettriche. Hanno il vantaggio di produrre molto meno fumo rispetto alle ciminiere di accensione ma anche il limite di dover essere utilizzate solo dove presente l’energia elettrica. Il carico di combustibile viene acceso in circa 30/35 minuti. ​Consiglio: una volta presente la fiamma, scollega l’accenditore dalla presa della corrente per risparmiare energia elettrica e per preservare la serpentina. ACCELERATORI: ​sono liquidi infiammabili che agevolano l’accensione del combustibile. Hanno il difetto di essere difficilmente controllabili e, soprattutto, se non completamente combusti trasferiranno il loro aroma di petrolio alle nostre pietanze. Per questo vengono sempre meno utilizzati dagli utenti. ​Consiglio: non utilizzare gli acceleratori in presenza di fiamma viva ALTRI TIPI DI ACCENDITORI: in commercio esiste tutta un’altra serie di accenditori e anche di accessori per gli accenditori. In alcuni casi viene posizionata una ventola sotto alla ciminiera di accensione per velocizzare ulteriormente il processo grazie all’introduzione forzata di ossigeno. In altri casi si tratta di dispositivi che producono un getto di aria rovente (in alcuni casi fino a 650°C) con il quale sarà innescato il combustibile. Fra tutti i suddetti metodi quello che offre un ottimo compromesso fra risultato e facilità di utilizzo è la ciminiera di accensione tradizionale. E’ vero che produrrà un po’ di fumo nella primissima fase di accensione ma è anche vero che potremo utilizzarla dove vorremo e il carbone sarà acceso con facilità e velocità.


N ATA LE SPECIALE

i menù della tradizione finiscono in griglia CENA DELLA VIGILIA

P R A N Z O D I N ATA L E

ANTIPASTI Insalata di Mare in Griglia Russa in Ember

34 35

PRIMI PIATTI Tortellotti affumicati Spaghetti vongole&wok

36 38

SECONDI PIATTI Baccalà alla vicentina Black Angus Tonnato

S A N S I LV E S T R O

ANTIPAST0 Crostoni ai fegati fumosi

48

ANTIPASTI Tartare secondo Lo Cascio 56 Aperislider 58

PRIMO PIATTI Lasagne Ragù&Fumo

49

SECONDI PIATTI Grigliato e Brasato

PRIM0 PIATTI Risotto frutti di mare

64

51

40 42

DESSERT Grigliati e Golosi

52

SECONDI PIATTI Polpo grigliato caciuccato A Fuoco il Cotechino

66 67

DESSERT Bûche de Noël

44

54 54

DESSERT Panettone Fuoco&Pere Ananas Arrostito

68 69

DA BERE Manhattan Cocktail vini in abbinamento birre in abbinamento

DA BERE vini in abbinamento birre in abbinamento

45 46 47

DA BERE vini in abbinamento 70 spumante 71 birre in abbinamento 71 DICEMBRE 2018

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di LUCA GALLOZZA I N G RED I EN TI P E R 4 P E RS ON E

• 3 Calamari • 1kg Cozze • 1kg Vongole veraci • 1kg Seppie • Un peperone rosso • Un limone • 2 cucchiaini di senape • Succo di limone q.b. • Prezzemolo fresco q.b • Aglio q.b • Sale q.b • Pepe nero q.b • Olio extravergine d’oliva q.b.

Cena della Vigilia / antipasti

I N S A L ATA

DI MARE IN GRIGLIA Siete pronti a stupire i vostri amici per la cena della Vigilia? Allora tenete la ciminiera e i bricchetti a portata di mano, perché questa volta partiamo con un bell’antipasto sfizioso come piace a noi, griller irriducibili anche a Natale. Facciamoci una bella insalata di mare grigliata. Un saltino dal nostro pescivendolo di fiducia e prendiamo il necessario per lasciare a bocca aperta i commensali. Vedrete che, dopo il primo assaggio, vi chiederanno di moltiplicare i pani e i pesci. Iniziamo a vedere come preparare il tutto. 1. Prepariamo il nostro kettle, accendendo una ciminiera piena e settandolo per una cottura diretta, tenendo le braci sui due lati e la zona di comfort, al centro, sotto la griglia gourmet®. 34 - BBQ4All MAGAZINE

2. Mettiamo, su un lato delle braci, il peperone per una cottura in ember, e sullo stesso lato in griglia, posizioniamo il limone tagliato a metà, a grigliare. 3. Sull’altro lato del kettle, procediamo alla cottura in indiretta dei calamari e delle seppie. Per queste ultime è consigliabile un vassoio apposito in acciao forato per evitare la caduta sulle braci.

6. A cottura ultimata, filtriamo i succhi delle vongole e delle cozze e prepariamo un’emulsione con la quale condiremo l’insalata. In un contenitore, versiamo i succhi dei molluschi, l’olio, l’aglio e il prezzemolo tritato, il succo di limone e due cucchiaini di senape. Aggiungiamo sale e pepe ed emulsioniamo con un mixer ad immersione o una frusta a mano.

4. A cottura ultimata di tutto ciò che c’è in griglia, spostiamo le braci al centro del kettle e procediamo con la cottura dei molluschi ( cozze e vongole ).

7. Completiamo la preparazione dell’insalata sgusciando I molluschi, tagliando a striscioline i calamari e le seppie, affettando i limoni e riducendo i peperoni a pezzetti.

5. Disponiamo le cozze e le vongole in un wok sulla griglia gourmet®. Irroriamo con olio extravergine d’oliva, uno spicchio di aglio intero schiacciato, e lasciamo cuocere sino ad apertura dei gusci.

8. Mescoliamo tutte le preparazioni (calamari, seppie, peperoni, cozze e vongole ) in un recipiente da portata e utilizziamo la nostra emulsione per condire l’insalata.


SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MARIANGELA IBBA

Cena della Vigilia / antipasti

RUSSA IN EMBER L’insalata russa è un antipasto tipico delle feste natalizie, è un piatto che da solo rallegra la tavola con i suoi colori che fanno capolino dalla maionese e le sue splendide decorazioni; a volte è talmente ben decorata che sembra quasi un peccato mangiarla, ma è troppo buona e non si può resisterle a lungo. Nonostante si chiami russa la sua origine rimane dubbiosa: c’è chi attribuisce la sua paternità al cuoco belga Lucien Olivier, che l’avrebbe ideata mentre lavorava a Mosca nel suo ristorante l’Hermitage a metà dell’800; c’è chi invece afferma che sia stata la creazione di un cuoco della corte dei Savoia a fine ‘800; ma c’è anche chi sostiene che questo piatto sia nato in Polonia nel XVI secolo per omaggiare la nuova regina Bona Sforza, figlia del Duca di Milano. L’unica cosa certa è che l’insalata russa è una delle bontà delle feste e che può diventare ancora più buona aggiungendo alla complessità del sapore della maionese, dei piselli

e delle carote, la nota aromatica del fumo cuocendo in ember roasting le patate. 1. Prepara il tuo dispositivo per una cottura diretta sulle braci. 2. Sbollenta le patate in acqua per 5 minuti: questo passaggio ti aiuta ad accelerarne la cottura. 3. Asciuga bene le patate, avvolgile nella stagnola, ponile a diretto contatto con le braci e chiudi il coperchio. Dopo 20 minuti verifica la cottura: infilzandole con uno stecchino devono risultare morbide fino al cuore; morbide sì, ma non completamente disfatte, altrimenti non riuscirai a ricavarne dei dadini. Se non sono pronte chiudi il coperchio e continua la cottura, ma tienila costantemente d’occhio. 4. Quando le patate sono pronte, toglile dalle braci, apri la stagnola e lascia raffreddare; dopodiché togli la buccia e tagliale a dadini. 5. Mentre le patate sono in cottura puoi lessare le carote tagliate a rondelle e i piselli in acqua salata. Ti

consiglio di usare due pentole distinte visti i tempi diversi di cottura. Quando le carote e i piselli sono pronti, toglili dall’acqua e lascia freddare. 6. Sbatti con una frusta l’uovo con il sale; quando le uova saranno ben sbattute inizia ad aggiungere a filo l’olio sbattendo energicamente con la frusta fino a quando la maionese non si è ben addensata. A questo punto aggiungi il limone e amalgama bene. Mi raccomando, le uova non devono essere fredde di frigo se non vuoi correre il rischio che la maionese impazzisca. 7. A questo punto gli ingredienti sono pronti: amalgama bene le carote,i piselli e le patate nella maionese e la tua insalata russa è pronta. Ti assicuro che il palato dei tuoi ospiti rimarrà piacevolmente stupito dalla gradevole nota di affumicato che esalta ancora di più la bontà dell’insalata russa.

I N G REDI EN T I P E R 4 P E RS ONE

• 2 tuorli d’uovo • 200g di olio di semi • un pizzico di sale • un cucchiaino di limone • 250g di patate • 100g di piselli • 100g di carote • sale qb

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MARIANGELA IBBA

Cena della Vigilia / primi piatti

TO RT E L LOT T I A F F U M I C AT I I N B R O D O

L’idea iniziale era quella di fare dei tortellini. I tortellini in brodo sono una prelibatezza e una grande tradizione del pranzo di Natale: per molti di noi, non è Natale se sulla tavola non c’è una zuppiera bianca con brodo fumante e tortellini. E’ un piatto che mette tutti d’accordo e naturalmente ogni regione ha la sua variante. Tuttavia, i veri tortellini sono emiliani e se ne contendono la paternità Bologna, Modena e Castelfranco Emilia. Per questo motivo, esistono anche diverse leggende sulla nascita dei tortellini con luoghi e scenari diversi, molti dei quali associano la nascita del tortellino alla folgorazione di un uomo che, guardando l’ombelico di una nobildonna (alcune leggende parlano della dea Venere, altre di Elena di Troia), cerca di riprodurlo con un fazzolettino di pasta ripiena. I nostri però avranno un ripieno decisamente diverso dai tortellini che, secondo il disciplinare depositato nel 1974 dalla Dotta Confraternita del Tortellino, dovrebbero essere fatti solo con carne di maiale, prosciutto crudo e mortadella; ma soprattutto sarà maggiore la loro dimensione dato che, sempre secondo il disciplinare, il peso finale dovrebbe essere di 5 grammi. Per cui abbiamo deciso di chiamarli tortellotti, onde evitare incidenti diplomatici. La nostra variante da veri griller incalliti è stata quella di farcirli con carne affumicata. Ma quale carne? Per fare questo ripieno ci vuole una bella fetta di Top Blade di Black angus del nostro Megastore, da un chilo circa. Il Top Blade è un taglio di seconda categoria corrisponde al collo del bovino: è ricco di collagene e grasso, perciò adatto a cucinare un ripieno ricco di sapore. PER IL RIPIENO Stabilizza il tuo dispositivo a 110°C per una cottura indiretta. Spennella la carne con un velo d’olio, mettila in cottura indiretta e affumica, buttando dei petali di legno aromatico sulle braci, chiudendo il coperchio. Quando la carne ha raggiunto i 75°C al cuore, toglila dalla griglia e ponila in una pentola, adatta alle cotture in forno, sopra il soffritto classico fatto con sedano, carota e cipolla che avrai precedentemente preparato. Aggiungi la passata di pomodoro, il brodo, il sale, e il pepe, quindi chiudi il coperchio della pentola e continua la cottura indiretta sempre in griglia, aggiungendo brodo se necessario e alzando la temperatura a 150°C. Ovviamente, chiudi anche il coperchio del dispositivo. Il Top Blade è pronto quando alla minima pressione con una forchetta 36 - BBQ4All MAGAZINE

si sfilaccia. Ciò dovrebbe accadere al raggiungimento dei 98°C al cuore. A questo punto, prendi la carne con un po’ di sugo, tritala molto molto finemente, aggiungi il Parmigiano grattugiato e amalgama bene. PER LA SFOGLIA Fai la classica fontana con la farina, scava un buco in cima, rompi le uova, aggiungi il sale e con l’aiuto di una forchetta inizia ad unire gli ingredienti; termina di impastare con le mani fino a quando non hai ottenuto una palla compatta, che lascerai riposare mezz’ora sotto un canovaccio. Se sei alle prime armi, formare tortellotti tutti uguali non è semplice, per questo ti consiglio, dopo aver steso finemente la pasta, di suddividerla in quadrati. La dimensione? Preoccupatene poco, non c’è un disciplinare. Al centro di ogni quadrato metti il ripieno e chiudi il fazzoletto di pasta formando un triangolo; fai aderire la pasta bene al ripieno per eliminare l’aria e chiudi bene i bordi. Metti il triangolo sul dito e, avvolgendolo intorno al dito, unisci le due punte. A questo punto i tortellotti sono pronti per essere cotti in un buon brodo, saporito e sostanzioso. PER IL BRODO Prendi una pentola capiente, metti dentro tutti gli ingredienti e riempila d’acqua fredda. Quando il brodo arriva al bollore, abbassa la fiamma, coprilo con un coperchio e lascia sobbollire per 4 ore circa, avendo cura di eliminare la schiuma che si crea in superficie. Quando il brodo è pronto, togli la carne e le verdure, filtralo per togliere ogni piccola impurità e lascialo raffreddare in modo che il grasso si solidifichi e possa essere tolto facilmente. Dividi il brodo in due parti, in una cuoci i tortellotti, nell’altra li servi. Ti assicuro, offrirai ai tuoi ospiti un piatto dal gusto eccezionale: la giusta sapidità del brodo avvolgerà il sapore deciso e pieno del tortellotto, e la nota affumicata del ripieno esalterà ancora di più questo connubio perfetto di sapori.


I N G REDI EN TI P E R 4 P E RS ON E

PER IL RIPIENO • 1kg di Top Blade Black Angus del Megastore • una cipolla • un gambo di sedano • una carota • due bicchieri di brodo di carne • 3 cucchiai di passata di pomodoro • 300g di Parmigiano grattugiato • sale q.b. • pepe q.b PER LA PASTA • 400g farina • 4 uova • un pizzico di sale PER IL BRODO • 4 litri di acqua • un gambo di Sedano • una carota • una cipolla • un pomodoro • una patata • qualche grano di pepe nero • sale q.b. • 1 kg di carne per bollito mista (pollo, manzo)

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MICHELE CHIPA

INGREDIEN TI PER 4 PERSO N E

• 350g Spaghetti • 1kg Vongole veraci • Olio extravergine di oliva • Peperoncino q.b. • uno spicchio d’aglio • sale q.b. • pepe q.b. • mezzo bicchiere di vino bianco • Prezzemolo q.b.

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Cena della Vigilia / primi piatti

S PA G H E T T I VO N G O L E & WO K

Nel giorno della Vigilia di Natale, in molte regioni italiane è abitudine mangiare “di magro”, ovvero piatti non a base di carne. Questa tipica tradizione cristiana, che oggi ovviamente è rimasta solo come pura abitudine nei credenti, risale al Medioevo: a quel tempo la carne cotta specialmente con burro, lardo e strutto era considerata IL vero cibo, per cui chi doveva rispettare la penitenza durante i giorni stabiliti (la Quaresima, ogni venerdi e ogni vigilia di feste importanti) doveva accontentarsi del cibo considerato magro, come pesce, verdure e legumi. Come dicevo, oggi è rimasta solo l’usanza, per coloro che ancora amano rispettare questa tradizione, di mangiare il pesce nei giorni penitenti. Gli spaghetti alle vongole sono un primo piatto adatto a chi vuol rispettare la tradizione, ma sicuramente godurioso per tutti quanti. Il piatto ha origini campane e come tale ha sia la versione bianca che rossa. Noi abbiamo cucinato la versione in bianco nella cocotte direttamente nel bbq. La cosa più importante da fare è pulire bene le vongole: le mettiamo in acqua di mare o acqua fredda per almeno 12 ore. Successivamente le scoliamo e le ripassiamo sotto l’acqua corrente fredda. Per assicurarci della completa pulizia, picchiettiamo le vongole su un piano e verifichiamo l’assenza di sabbia.

vino bianco. Dopo aver fatto evaporare l’alcool, mettiamo un coperchio ed aspettiamo che le vongole si aprano (circa 3/5 minuti). Scoliamo il tutto e recuperiamo il sughetto ottenuto che andrà filtrato e messo da parte. Mettiamo nella cocotte calda tre cucchiai d’olio per far rosolare il peperoncino e l’aglio tritato finemente o lasciato intero, poi aggiungiamo le vongole e il sughetto filtrato. Mentre gli ingredienti si insaporiscono tritiamo finemente il prezzemolo per la guarnizione finale. Mettiamo gli spaghetti in abbondante acqua salata bollente e lasciamo cuocere per qualche minuto. In questa fase andremo a sbollentare velocemente la pasta per poi portarla a cottura “risottandola” nel sugo, usando l’acqua di cottura. Aggiungiamo la pasta al sugo e portiamo a cottura. Se il sugo si dovesse ritirare troppo, possiamo aggiungere qualche ulteriore cucchiaio di acqua di cottura della pasta per mantenere il tutto ben umido. Impiattiamo gli spaghetti guarniti con una spolverata di prezzemolo e godiamoci la nostra pasta con le vongole fatta al bbq.

Predisponiamo il kettle per una cottura diretta e mettiamo la cocotte sulla griglia gourmet® per farla riscaldare. Una volta pronto aggiungiamo le vongole, l’aglio e il DICEMBRE 2018

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di LUCA GALLOZZA

Cena della Vigilia / secondi piatti

BACCA L À

ALLA VICENTINA Da sempre Natale è sinonimo di grandi abbuffate. Sopratutto in Italia, dove il cibo è cosa sacra. Ogni regione ha le proprie pietanze e le proprie specialità, che caratterizzano questa tradizione. Tra queste, quella che non può mancare in Veneto è il baccalà alla Vicentina. Ma che cos’è il baccalà o bacalà (con una “C”)? C’è da far distinzione, sebbene si tratti della stesso pesce, tra stoccafisso e baccalà. Ciò che li differenzia è la modalità di trattamento del pesce. Il baccalà, dopo essere stato deliscato e depinnato, viene conservato sotto sale in barili. Lo stoccafisso si ottiene per essiccazione, esponendolo a freschi venti del Nord Europa o del Canada, con temperature prossime allo zero. Bene, sappiate che i vicentini, abili maestri nella cottura di questo pesce, chiamano baccalà quello che in realtà è stoccafisso, per pura ragione fonetica, pur conoscendone essenzialmente la differenza. Così si è fatto nei secoli (la prima ricetta ufficiale di questo piatto così gustoso e saporito risale al 1700) e così si continuerà a fare. Tra i vari passaggi da effettuare in questa ricetta, è fondamentale la cottura che deve avvenire in maniera lenta e prolungata a fuoco bassissimo, in un contenitore di coccio, senza che mai venga mescolato il tutto. Questa particolare tecnica, in Veneto prende il nome di “pipiare “. Veniamo al dunque. Cosa ci serve per realizzare questo baccalà? Un coccio di terracotta, un ottimo stoccafisso (se già ammollato 40 - BBQ4All MAGAZINE

vi risparmierete tanta fatica) e un kettle sul quale andremo ad impostare un setup con minion method e una temperatura in camera di cottura tra i 100/120°C. Iniziamo col prendere il nostro stoccafisso, batterlo con una mazzuola in legno e sfibrarlo, per poi metterlo a mollo in acqua per 3-4 giorni, ricordandosi di cambiare l’acqua almeno ogni 6-8 ore. In alternativa lo si trova già ammollato, ma ricordatevi che deve essere stoccafisso e non baccalà. Una volta che lo stoccafisso riprende vigore, assorbendo parte dell’acqua, si procede a rifilare e deliscare il pesce, aprendolo successivamente a libro. Procediamo col tritare le cipolle, facendole poi soffrigere a fuoco bassissimo con una parte d’olio e uno spicchio d’aglio. Quando le cipolle si saranno ammorbidite, si aggiungono le sarde deliscate facendole sciogliere nel soffritto. Apriamo lo stoccafisso a libro e cospargiamo tutta la polpa con le cipolle precedentemente ammorbidite. Spolveriamo il tutto con farina, Parmigiano, prezzemolo, sale e pepe. Richiudiamo il pesce. Dividiamo in parti uguali il pesce, passando i suoi tagli nuovamente nella farina. Ora ricopriamo il fondo di una pentola in coccio con il composto di cipolle e adagiamo i tranci di baccalà, in verticale col taglio verso l’alto, affiancandoli l’uno all’altro sino a riempirla. Versiamo il rimanente olio e il latte fino a coprire il

tutto. Mettiamo nel kettle in diretta, a temperatura compresa tra i 100°C e i 120° C e lasciamo “pipiare” (ovvero lasciare che l’olio sobolla leggermente a bassa temperatura ) per minimo tre ore, finché i tranci non si sfalderanno da soli, senza mai girare il contenuto della pentola. Se volete affumicare leggermente il pesce, potete utilizzare una tavoletta di cedro precedentemente bagnata e messa in indiretta, dalla parte opposta al vostro setup. Il vostro baccalà alla vicentina è pronto. Se volete rispettare le buone regole vicentine di questo piatto, preparate delle strisce di polenta grigliata come accompagnamento tradizionale.

I N G REDI EN TI P E R 4 P E RS ON E

• 1kg Stoccafisso • 300g cipolla bianca • 4 sarde sotto sale • 500ml di olio extra vergine d’oliva • 500ml latte intero • Farina 00 q.b. • 50g Parmigiano • Prezzemolo q.b. • Sale e Pepe q.b.


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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di EMILIANO NENCIONI

Cena della Vigilia / secondi piatti

B LAC K A N G U S

T O N N AT O La nostalgia degli anni ‘80 non si nota solo negli innumerevoli reboot e rifacimenti dei film culto di quel decennio, ma anche in cucina. E così anche noi, colti da improvviso rimpianto per gli odori e i sapori di trenta (ormai quasi quaranta) anni fa, abbiamo pensato di reinterpretare, attualizzare e migliorare un classico immancabile sulle tavole di allora, come le capigliature cotonate, le giacche con le spalline enormi, il Moncler, le Timberland e il diario El Charro. Il vitello tonnato era una pietanza non priva di difetti: tanto per cominciare era tradizionalmente un bollito di girello di fassona, quindi esattamente non la preparazione più ricca di sapori del mondo. Noi però abbiamo a disposizione la carne spettacolare del BBQ4All Megastore, ed è proprio qui che entra in gioco un bellis42 - BBQ4All MAGAZINE

simo Eye Round di Black Angus, gustosamente “beefy” e saporito. Sicuramente, sarete tutti d’accordo, non lo impoveriremo facendone un bollito. L’obiettivo è quello di ottenere una carne morbida, saporita, facilmente masticabile e che non ricordi il gusto del sughero immerso nel brodo di manzo. Abbiamo le metodologie e gli strumenti adatti, adesso: prendiamo l’eye round, lo copriamo con le spezie del Rub#18 BBQ4All e lo mettiamo nel forno preriscaldato da 50 a 55 gradi massimo; giunti a 50 gradi all’interno dell’Eye Round lo spostiamo dal forno al kettle, impostato per una cottura diretta: facciamo una lesta rosolatura per procurare un po’ di reazione di Maillard e un buon bark, poi, dopo un minimo di rest, riduciamo il Black Angus in fette sottili circolari, disponendolo su un vas-


I N G REDI EN TI P E R 4 P E RS ON E

• 1 Eye Round di Black Angus di circa 2kg dal Megastore • Rub#18 BBQ4All • 200g Tonno in olio d’oliva sgocciolato • 2 tuorli di uova sode • Frutti del cappero q.b. • Due cucchiai di maionese • 1 filetto d’acciuga • Olio extravergine d’oliva • Spremuta di mezzo limone

soio pronto per essere ricoperto di salsa tonnata e capperi, servendolo poi a temperatura ambiente. PREPARAZIONE DELLA SALSA TONNATA: 1. Prendere il tonno, i tuorli delle uova sode, i capperi, il filetto d’acciuga, l’olio e il limone e frullare tutto a immersione. 2. Aggiungere due cucchiai di maionese. PREPARAZIONE DELL’EYE ROUND: 3. Asciugare con carta assorbente la superficie dell’Eye Round e successivamente inumidirlo con un filo d’olio d’oliva; depositare con cura il Rub#18 sulla carne, senza eccessi e senza lasciare zone scoperte. 4. Preriscaldare il forno a 50-55 gradi e mettere l’Eye Round su una griglia (non su una leccarda), posizio-

nando la sonda di un termometro al cuore del pezzo. 5. Giunti a 50 gradi, spostare la carne su un kettle adeguatamente settato per la cottura diretta (avendo cura di predisporre una zona di sicurezza in griglia dove poter appoggiare la pietanza in caso di necessità) e arrivare a una buona rosolatura uniforme, girando quando necessario la pietanza ed evitando di causare bruciature nel rub che potrebbero risultare amare. 6. Affettare sottilemente il girello, usando un coltello molto affilato. Quando le fette sono appena tiepide, copritele con la salsa tonnata e decoratele con i capperi.

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MICHELA BONGIORNI

Cena della Vigilia / dolci

BÛCHE DE NOËL CON ARANCE ALLA GRIGLIA

Tradizionalmente il bûche de Noël, o tronchetto di Natale, è un dolce francese a forma di tronco, fatto con pan di Spagna, ricoperto di glassa al cioccolato e ripeno di vari tipi di crema. Cercando di adattarlo alla cottura sul fuoco e di abbinarlo anche alla nostra tradizione italiana, abbiamo tirato fuori dal cappello questa piccola meraviglia. Mi scuserete se mi prendo la libertà di definirlo così, ma questo tronchetto è un vero capolavoro, ed è anche facile da preparare. Anzitutto, è un ottimo modo per riciclare pandori avanzati anche dopo le feste natalizie. In secondo luogo si può (anzi si deve) congelare e quindi conservare anche per diverso tempo. Terzo, ci dà la possibilità di utilizzare il barbecue per fare un dolce: cosa che stupirà tantissimo i vostri ospiti. Ultimo ma non ultimo, è divertente e abbastanza facile da preparare, il che vi spingerà a prepararlo anche coi bambini, che saranno felici di “aiutarvi col babbechiù!” . Come dicevo, è praticamente una preparazione perfetta, che soddisfa tutti: i tradizionalisti dei dolci natalizi, gli innovatori, gli amanti del bbq, i bambini, gli ospiti e in generale tutti i golosi. Già, perché è anche buonissimo. Tagliate a fettine sottili le arance con la buccia. Predisponete il vostro dispostivo bbq per una cottura indiretta e stabilizzatelo ad una temperatura di 110 gradi. Mettete le arance sulla griglia, in cottura indiretta, chiudete il coperchio e dimenticatele lì per un po’ di tempo. Piano piano essiccheranno. Saranno pronte quando completamente essiccate. Mi raccomando, controllatele ogni

I N GREDIENT I PER 4 PERSO N E • un pandoro • 500 g di mascarpone • 250 ml di panna fresca • 400g zucchero • 1 kg di arance mature • mezzo bicchiere di Prime Arance Maschio

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tanto, in modo da non far sbruciacchiare troppo quelle che inevitabilmente si troveranno più vicine alla fonte di calore. In questa fase, se vi sentite particolarmente temerari, potete provare anche ad affumicarle con legni fruttati. Nel frattempo, preparate la crema: montate la panna con 150 grammi di zucchero e unitela al mascarpone, facendo attenzione ad amalgamare il tutto in maniera perfetta. Prendete uno stampo per tronchetti e rivestitelo con fettine di pandoro alte circa un centimentro. Farcite con la crema e chiudete il tronchetto con altre fettine di pandorlo. Mettete tutto in freezer per almeno tre ore. Quando le arance saranno essiccate, preparate un caramello liquido, usando il Prime Arance: in un pentolino fate sciogliere 200 g di zucchero con mezzo bicchiere di Prime Arance. Quando sarà pronto e l’alcol evaporato, aggiungete acqua bollente (occhio agli schizzi!) e mescolate velocemente. Mettete le arance in un altro pentolino con poca acqua bollente e due cucchiai di zucchero, in modo che si ammorbidiscano bene. Tirate fuori dal freezer il tronchetto, lasciatelo scongelare un po’ e poi bagnate col caramello, aiutandovi con un pennello, la superficie. A questo punto prendete le arance e attaccatele al tronchetto, ricoprendolo interamente. Aiutatevi col caramello, spennellandolo un po’ sulle arance, qualora doveste far fatica a farle aderire al tronchetto. Il dolce è pronto. Fatelo riposare un po’ fuori dal frigo e poi affettatelo. Non vi preoccupate se le arance si staccheranno un po’ durante il taglio. Il dolce deve essere così, rustico, con le arance che si mescolano alla crema. E voi dovete leccarvi le dita.


SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - COCKTAIL a cura di RICCARDO MENICONI

Cena della Vigilia / cocktail

M A N H AT TA N Le festività natalizie sono sinonimo di grandi abbuffate e di giornate lente dedicate alla famiglia e al riposo. Sono questi i giorni dove ogni vizio è concesso e la convivialità viene prima di tutto. Iniziare i pasti con un aperitivo è cosa comune, e perché non farlo con un classicissimo Manhattan? Un cocktail attempato ma che si porta bene gi anni, ancora molto attuale, famosissimo in tutto il mondo e citato in tantissimi film e serie tv, da “A qualcuno piace caldo” a “Il colore dei soldi”, da “Will e Grace”a “Sex & the City”. Pare che sia nato intorno al 1870 e che prenda il nome dal club di New York in cui è stato servito per la prima volta. La ricetta originale prevede che si usi

il rye Whiskey: il suo calore, insieme alle note speziate del Vermut rosso sono il contorno perfetto per le nostre feste. È molto semplice anche da preparare a casa. In un mixing glass pieno di ghiaccio uniamo: 5cl di Rye Whiskey 2cl di Vermouth rosso 1 goccio di angostura Mescoliamo bene (non agitiamo) e trasferiamo con uno strainer in una coppa martini ben fredda. Guarniamo con una ciliegina e siamo pronti ad iniziare i festeggiamenti.

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - ABBINAMENTI a cura di ENIO BERTON

I L B R U C I AT O Vino: Il Bruciato Bolgheri Rosso 2016 Cantina: Guado al Tasso Antinori Abbinamento : carne - cena della vigilia di Natale Tipo: vino rosso fermo Gradazione alcolica: 14,0% Uve: 60% Cabernet Sauvignon 30% Merlot 10% Syrah Regione: Toscana Denominazione: Bolgheri DOC Rosso

Da una delle famiglie che hanno fatto la storia del vino in Toscana e, quindi, in Italia, questo blend di cabernet sauvignon, merlot e syrah rappresenta un buon rapporto qualità prezzo per entrare nel mondo magico della zona di Bolgheri, famosa in tutto il mondo per le sue eccellenze quali il Sassicaia ed il Massetto che rappresentano la categoria dei supertuscan. Zona, quella di Bolgheri, baciata dalla brezza marina che salendo la notte dal mar Tirreno crea un microclima particolare che dona sapidità ed aromi ai suoi vini. La tenuta di Guado al Tasso si estende per circa 1000 ettari di cui 300 dedicati ai vigneti immersi in mezzo a boschi, uliveti e coltivazioni di orzo e grano. Il bruciato nasce dalla miscelazione a fermentazione avvenuta (per questo blend e non uvaggio) dei tre vini che vengono raccolti in momenti diversi ma che subiscono lo stesso procedimento di fermentazione e macerazione in vasche inox a temperatura controllata sui 28-30°C, parte del mosto di syrah e merlot viene mantenuto a temperature più bassa per preservare gli aromi primari fruttati. Affinato 8 mesi in barrique dove avviene anche la fermentazione malolattica e successivamente almeno un affinamento di 4 mesi in bottiglia. Dal colore rubino intenso con avvolgenti profumi di frutta a bacca rossa tra i quali more e lamponi, che con il tempo lasciano lo spazio a note di spezie dolci e sentori di tostatura. Al palato risulta corposo, rotondo confermando i profumi che si sentivano al naso, lasciatelo riposare un attimo e le note di spezie (anice stellato…) vi avvolgeranno il palato. Servire su calici Tulipano da rosso

S O AV E C L A S S I C O Vino: Soave Classico DOC Vin Soave 2016 Cantina: Inama Abbinamento : pesce - cena della vigilia di Natale Tipo: vino bianco fermo Gradazione alcolica: 12,5% vol. Uve: 100% Garganega età media 30 anni Regione: Veneto - Zona di produzione: Monteforte d’Alpone e Soave Denominazione: Soave Classico Doc

Il soave, come dice il nome, é una gioia al palato per la sua delicatezza e profumo. Prodotto da uve garganega, introdotte nella zona del veronese dai romani oltre 2000 anni fa, ha avuto, negli ultimi anni, un rinnovato vigore ed appeal presso i consumatori. Una azienda che sta valorizzando questo prodotto è la cantina Inama dislocata nella campagna di San Bonifacio nei dintorni di Verona. Prodotto nelle zone collinari della DOC Soave da vigne di circa 30 anni si avvale dei terreni di origine vulcanica che danno una mineralità e sapidità unica al vino. Definito dallo stesso produttore un vino di entrata, ha un rapporto qualità/ prezzo eccellente. Al naso i profumi di fiori bianchi di campo con note di camomilla, sambuco predominano anche se il vino risulta equilibrato e preciso. La mineralità del terroir viene immediatamente avvertita dal palato, in bocca la prima sensazione lascia stupefatti, la sapidità pulisce il palato e si avverte la necessità di un altro sorso. In fin di bocca l’amaro di mandorla (tipica della garganega) viene avvertito. Da servire a 8/10 gradi in calici tulipano. 46 - BBQ4All MAGAZINE


SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - ABBINAMENTI a cura di RICCARDO MENICONI

WESTMALLE DUBBEL

Con il primo menù, a base di carni, andremo oggi ad abbinare una birra della tradizione belga, che grazie alla sua alcolicità ed effervescenza ci aiuterà a vivere il pasto in modo piacevole. Quale birra migliore se non una classicissima Westmalle Dubbel? Caposaldo del suo stile, si presenta di color bruno scuro con riflessi ramati, e con una schiuma compatta e persistente; al naso possiamo apprezzare note di frutta secca e zuccheri caramellati, che ritroviamo anche nel gusto, insieme a piacevoli sensazioni di frutta matura e datteri. In particolar modo con i tortellini ripieni potremmo apprezzarla a pieno, trovando l’equilibrio giusto fra i sapori complessi del piatto e il corpo persistente della nostra trappista. Con i suoi 7 gradi darà una piacevole scorrevolezza al piatto. Vi consiglio di servirla ad una temperatura di 12°C in una coppa.

BERLINER WEISSE CANEDIGUERRA

Per il secondo menu ci spostiamo in Germania con una birra dallo stile eccentrico che si sposa perfettamente con il gusto sapido e fresco del pesce: sto parlando di uno degli stili tedeschi più antichi e particolari, reinterpretato con maestria dal birrificio Canediguerra con la sua Berliner Weisse. Dal caratteristico colore giallo paglierino e con una schiuma poco persistente, sprigiona fin da subito un gradevole aroma agrumato e fresco con sentori di frutta acerba. In bocca troviamo un gusto acido, dato dalla fermentazione lattica del frumento in essa contenuto e dalle note di mela verde; ha una gradevole astringenza e sapidità, e grazie ai suoi 3,2 gradi richiama subito il bicchiere successivo. Splendida con l’insalata di mare grigliata. Vi consiglio di servirla a 6-8 gradi in una pinta americana.

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MICHELA BONGIORNI

Pranzo di Natale / antipasti

C ROSTO N I

A I F E G AT I F U M O S I In Toscana, una ricetta che non passa mai di moda è il famoso patè di fegatini di pollo da mangiare sui crostini di pane. Gustosi e goderecci, tanto da essere riportati già dall’Artusi nel suo famoso ricettario “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891), i crostini col patè di fegatini ancora oggi non mancano mai sulle tavole toscane in occasione delle feste. Mi ricordo che la mia bisnonna mangiava il patè a cucchiaiate mentre preparava questo delizioso antipasto per i parenti a Natale. In questo caso, ho preparato il patè nel wok sul kettle, affumicandolo durante la cottura e rendendo così più attuale una ricetta dai sapori antichi, senza stravolgere quella originale, che certo non è dietetica e che prevede l’utilizzo delle interiora, cosa da non sottovalutare, dato che la maggior parte delle ricette a base di interiora sono andate via via scomparendo. Questo patè servirà poi a farcire dei crostini fatti col tipico pane toscano, quello senza sale, che fa storcere il naso a molti. Provare per credere. Il pane senza sale, tagliato a fette alte circa mezzo centimetro e poi tostato, è in assoluto il pane più adatto per gustare questo patè dal sapore forte e deciso. Tuttavia se proprio non riucite a convincervi, provatelo sulle fettine di polenta fritta.

I N G REDIEN T I P ER 6 PERSO N E

• 500 grammi di fegatini di pollo • una carota • una cipolla bianca • una costa di sedano • mezzo bicchiere di vino bianco • 2 filetti di acciughe sott’olio • una foglia di alloro • pane toscano senza sale • sale q.b. • pepe q.b. • due cucchiai di olio extravergine di oliva

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1. Pulite bene i fegatini togliendo la vescichetta del fiele senza romperla (a meno che non siano già puliti quando sono stati comprati). Lavate e tritate finemente le verdure. 2. Predisponete il kettle per una cottura diretta e ponete al centro della griglia gourmet il wok. Fatelo scaldare bene, poi versate nel wok l’olio e subito le verdure tritate. Quando saranno dorate, aggiungete i fegatini di pollo e lasciateli rosolare per alcuni minuti. Sfumateli a questo punto col vino bianco, lasciandolo evaporare. 3. Aggiungete la foglia di alloro e i filetti di acciuga, salate e pepate. A questo punto chiudete il coperchio, aggiungete qualche chip del legno che preferite facendolo cadere un po’ sulla griglia e un po’ direttamente sul carbone, stabilizzate il kettle alla temperatura di 150°C e lasciate cuocere il composto fino a quando i fegatini non si saranno del tutto ammorbiditi. Ogni tanto aprite il coperchio e, se vedete che il composto si sta asciugando troppo, aggiungete un po’ di acqua o brodo. 4. Quando i fegatini saranno pronti, togliete l’alloro e passateli nel mixer: otterrete così un patè bello cremoso. 5. Tagliate il pane a fette spesse circa mezzo centimetro e tostatelo. Spalmate il patè sul pane e condite i crostini con un filo d’olio extravergine d’oliva. Serviteli caldi.


SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MICHELA BONGIORNI

I N G REDIENT I P ER 4 PERSO N E

PER IL RAGÙ: • 500g macinato di manzo • 500g salsiccia toscana • una costa di sedano • una carota • una cipolla • uno spicchio d’aglio • due foglie di salvia • un rametto di rosmarino • qualche chiodo di garofano • una foglia di alloro • un bicchire di vino rosso • tre cucchiai di doppio concentrato di pomodoro • mezzo bicchiere di passata di pomodoro • olio extravergine di oliva • sale q.b. • pepe q.b. PER LA BESCIAMELLA: • un litro di latte • 100g farina • 100g burro • noce moscata q,b. PER LE LASAGNE: • 250g sfoglie per lasagne fresche • burro q.b, • Parmigiano Reggiano grattugiato 150 g

Pranzo di Natale / primi piatti

LASAGNE

RAGÙ & FUMO Non so voi, ma io, quando vedo una bella teglia di lasagne al ragù, la prima cosa a cui penso è proprio il Natale. Non a caso abbiamo scelto la foto delle lasagne come copertina di questo primo numero, tutto dedicato ai menù natalizi. Le lasagne sono la preparazione regina sulle tavole degli italiani per queste festività. Declinate in tantissime varianti, rappresentano più o meno per tutti un ricordo d’infanzia, legato alle feste in famiglia, alla nonna che si alzava prestissimo la mattina per prepararle in dosi da battaglione, al profumo del ragù che sobbolliva piano e che, una volta pronto, non potevi fare a meno di assaggiarlo con una bella fetta di pane. Ogni regione ha, come dicevo, la sua variate di ragù e ogni famiglia ha poi

il suo personale adattamento, cosicché è praticamente impossibile dare una ricetta che metta d’accordo tutti senza che qualcuno abbia qualcosa da ridire o da suggerire. Allora lo dico subito, giusto per mettere le mani avanti: questa versione è quella col tipico ragù toscano, che ovviamente ho imparato da mia nonna, fatto con manzo macinato (non scelto, non magro, ma macinato grossolanamente e con una buona percentuale di grasso) e salsiccia toscana, molto speziata e saporita. Inoltre, l’ho adattata alla cottura sul fuoco, utilizzando il wok sul kettle e affumicando leggermente il ragù. Ho rispettato quindi la tradizione di famiglia, ma l’ho anche adattata alle esigenze dei griller più accaniti: il risultato è davvero sorprendente, che DICEMBRE 2018

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vi consiglio di provare quanto prima. Preparate le sfoglie per le lasagne oppure utilizzate quelle già pronte, fresche. Tritate finemente il sedano, la carota, la cipolla, le foglie di salvia, il rosmarino, l’aglio. Preparate il kettle per una cottura diretta, adagiando i bricchetti al centro della griglia carboni. Fate attenzione a non accendere subito tutti i bricchetti, ma posizionate anche alcuni spenti accanto a quelli accesi: avete bisogno che la cottura si protragga per quattro o cinque ore. Posizionate il wok nell’apposito spazio in griglia, facendo attenzione che il carbone si trovi sotto il wok, ma non a contatto. Chiudete il coperchio del kettle e aspettate che si scaldi bene. Poi versate abbondante olio extravergine e il soffritto. Quando sarà ben appassito, aggiungete il macinato e la salsiccia e fate insaporire. Bagnate col vino rosso e aspettate che evapori. Poi aggiustate di sale e di pepe, e aggiungete il concentrato e la pas-

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sata di pomodoro. Se volete, potete a questo punto aggiungere chips di melo o altro legno per affumicare. Chiudete il coperchio, stabilizzate il kettle alla temperatura di 110 gradi centigradi e lasciate andare il ragù piano piano, aprendo il coperchio ogni tanto per aggiungere legno per affumicare e per bagnare il ragù con un po’ d’acqua o brodo se dovesse asciugarsi troppo. Se dovesse bollire in modo troppo vivace, allontanate un po’ i bricchetti dal wok, perché vuol dire che sono troppo vicini alla padella. Fate cuocere il ragù per almeno tre o quattro ore, facendolo ritirare bene quando lo vedete pronto: non deve risultare né troppo asciutto, né troppo acquoso. Preparate la besciamella: in un pentolino fate sciogliere il burro, poi aggiungete la farina mescolando con una frusta velocemente in modo che non si creino grumi. Quando la farina avrà formato una cremina dal colore biscottato, aggiungete il latte tiepido e continuante a mescolare

velocemente. Salate leggermente e aggiungete una bella spolverata di noce moscata. Portate la besciamella a ebollizione, sempre mescolando, e vedrete che a quel punto comincerà ad addensarsi. Quando sarà bella densa, spegnete il fuoco e fatela intiepidire. Imburrate una pirofila adatta alla cottura in forno. Montate le lasagne a strati, aggiungendo sfoglie di pasta fresca, ragù, bescamella e Parmigiano grattugiato: così per ogni strato. Fate almeno cinque o sei strati. Sull’ultimo strato abbondate con la besciamella e il Parmigiano. Predisponete a questo punto il kettle per una cottura indiretta, stabilizzandolo alla temperatura di 180 gradi. Adagiate la teglia delle lasagne sulla griglia, fuori dalla fonte di calore, e chiudete il coperchio: cuocete finché le lasagne non saranno morbide alla prova con la forchetta. Non servitele subito, aspettate che si repprendano un poco, ma fate attenzione a non farle raffreddare.


SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MICHELE CHIPA

Pranzo di Natale / secondi piatti

G R I G L I AT O & B R A S AT O

IN GREDIENTI PE R 4 PERSO N E • • • • • • • • • • • • •

1kg Cappello del prete una bottiglia di Barolo 1 Carota 1 Sedano 1 Cipolla Due spicchi d’aglio 1 rametto di rosmarino 1 foglia di alloro chiodi di garofano sale q.b. pepe q.b. cannella in stecche Olio extravergine di oliva

Quando fuori fa freddo, non c’è niente di meglio che mangiare un ottimo brasato per riscaldare mente e cuore. Il brasato al Barolo è una ricetta tipica piemontese, i cui ingredienti principali sono manzo e Barolo. E’ una ricetta ricca e molto saporita, ideale per le occasioni speciali e per le feste Natalizie. Tradizionalmente si usano i tagli di carne come pesce, noce o cappello del prete per preparare questo piatto, prima facendo marinare a lungo la carne con le verdure e il Barolo, e poi stufandola nella marinatura stessa per diverse ore. Su molti siti, anche accreditati, troverete scritto che è importantissimo “sigillare la carne prima di metterla a cuocere nella marinatura per trattenere all’interno i suoi succhi”. Ebbene, quello della sigillatura delle carne è uno dei miti da sfatare particolarmente ostico. Torneremo in futuro sull’argomento, per ora vi chiedo di fidarvi se vi dico che sigillare la carne per mantenere i succhi all’interno è assolutamente pleonastico. In ogni caso, noi abbiamo deciso di sostituire l’inutile passaggio della sigillatura con una ben più interessante fase di affumicatura, che dà una bella spinta di sapore in più a questo piatto già squisito. Ora che ho la vostra attenzione, seguitemi in tutti i passaggi della ricetta. La prima cosa da fare è preparare la marinatura per la carne. In una ciotola capiente, mettiamo tutti gli aromi e le verdure tagliate a tocchetti di 2/3cm, aggiungiamo la carne e poi copriamo il tutto con il vino. Lasciamo la carne a marinare per tutta la notte. Scoliamo il tutto tenendo

da parte sia il liquido che le verdure. Prepariamo il nostro bbq per una cottura indiretta a bassa temperatura. Dopo aver asciugato molto bene la carne la spennelliamo di olio e rubbiamo con sale, pepe, aglio. Mettiamo in cottura la carne nel bbq e aggiungiamo qualche pezzetto di legno da affumicatura (scegliamo un aroma leggero, come melo o ciliegio, per non sovrastare il sapore della carne e del vino). Quando la carne avrà raggiunto i 55 gradi al cuore smettiamo di affumicare. Ai 75 gradi al cuore togliamola dalla griglia e mettiamola nella cocotte insieme alle verdure della marinatura e un filo d’olio EVO. Chiudere il coperchio della cocotte e lasciare insaporire per 15 minuti. Regoliamo poi di sale e aggiungiamo il liquido della marinatura fino a coprire metà della carne. Proseguire la cottura fino ai 95/96 gradi al cuore sempre a coperchio chiuso. Una volta giunto a cottura, mettiamo il cappello del prete a riposo in una teglia coperta con della carta stagnola. Trasferiamo il contenuto della cocotte in un contenitore per poi frullarlo con il minipimer in modo da ottenere una salsina con la quale guarnire il brasato. Una volta che la temperatura al cuore del cappello del prete avrà raggiunto i 60 gradi procediamo al taglio e al servizio delle fette guarnite con la salsina.

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MARIANGELA IBBA

Pranzo di Natale/ dolci

G R I G L I AT I & G O L O S I TA R T U F I D I N ATA L E Il Natale porta nelle nostre case tante cose belle: allegria, musica, luci colorate, regali, famiglie unite. Ma porta anche una cosa veramente terribile, che ogni anno si ripete: i panettoni che avanzano e che per molti diventano la classica colazione della mattina per i mesi a venire.

INGREDIENTI PER 8 PA LLIN E

• Tre belle fettone di panettone • un bicchiere di Vin Santo • zucchero di canna q.b. • granella di nocciole q.b. • cioccolato fondente al 70% • 100ml di panna

La soluzione per smaltirne qualcuno potrebbe essere la ricetta che hai letto su internet “come riciclare il panettone”; ma le tue precedenti esperienze ti fanno desistere. Tutte le volte che ti sei cimentato in quel tipo di ricetta hai creato dei veri orrori dolciari: brutti alla vista, traballanti, grondanti creme liquide o farciti di gelato duro come il marmo. Dolci che si disfano al primo taglio, guardati con disgusto dagli ospiti. Tutto questo è successo perché hai scelto ricette troppo elaborate, pesanti e, diciamocelo, un po’ banali. Ti assicuro, invece, che la semplicità è sempre la scelta vincente. Ed è proprio semplice, ma decisamente sorprendente, la ricetta che ti sto proponendo: praline di panettone caramellate. Sono morbide pallette di panet-

tone aromatizzate al Vin Santo, prima grigliate e poi caramellate con granella di nocciole tostate, infine condite con abbondante cioccolato fuso. Ti avviso: creano dipendenza. 1. Spezza il panettone grossolanamente, eliminando la crosta; bagnalo col Vin Santo quel tanto che basta ad ammorbidirlo bene. 2. Forma delle pallette un po’ più grosse di una noce e passale nella granella di nocciole e poi nello zucchero. 3. Stabilizza il tuo dispositivo per una cottura indiretta a 180 gradi, adagia le pallette su una teglia di alluminio e mettile in cottura, coprendo il coperchio. Lasciale dentro fino a quando lo zucchero non si sarà caramellato, circa 20 minuti. 4. Prepara nel frattempo un caramello classico, avendo cura di lasciarlo un po’ liquido. Aiutandoti un pennello, stendi il caramello sulle praline, senza esagerare, rendendole lucide, poi aspetta che si asciughino. 5. In un pentolino, sciogli il cioccolato fondente a bagnomaria insieme alla panna. Cola il cioccolato fuso ancora caldo sulle praline e servi.

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - ABBINAMENTI a cura di ENIO BERTON

NO NAME Vino: No name Langhe Nebbiolo 2014 Cantina: Giacomo Borgogno Abbinamento : pranzo di Natale Tipo: vino rosso fermo Gradazione alcolica: 13,5% Uve: 100% Nebbiolo Regione: Piemonte vigneti di proprietà situati nelle Langhe, nell’area intorno a Barolo Denominazione: Nebbiolo

Un nome che rappresenta il binomio territorio / vitigno. La storia della cantina Borgogno si perde nella notte dei tempi, fondata nel 1761 da Bartolomeo Borgogno lega la sua origine all’unità d’Italia nel 1861, con il brindisi sul patto celebrato proprio con il Barolo di questa cantina. La cantina è stata acquistata dalla famiglia Farinetti (Eataly) nel 2008. Il nome “No Name” nasce come simbolo di protesta contro la troppa burocrazia prodotta dalle leggi italiane, che ha generato un declassamento, mal digerito, di una botte di Barolo. Viene messo in commercio dopo almeno 3 anni di maturazione in grandi botti di rovere da 33 ettolitri ed altri 2 in bottiglia. Le vigne sono presenti nelle zone storiche del Barolo quali Cannubi, Fossati e San Pietro delle Viole. Di colore rosso granato acceso con leggeri riflessi aranciati sprigiona un bouquet di profumi che spazia dalla frutta rossa matura alle spezie. Al palato si esaltano ancora gli aromi di marmellata di more, che lascia col tempo lo spazio a sentori di caffè e pepe, immancabile il sentore di catrame (NON E’ UN DIFETTO ma un tipico profumo dei vini a base nebbiolo). Morbido, rotondo con tannini dolci, segno di una adeguata maturazione. Servire in calici ampi a temperatura sui 18°C (magari apritelo un’oretta prima...)

SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - ABBINAMENTI a cura di RICCARDO MENICONI

D U N K E LW E I Z E N VUDU Parenti, grandi abbuffate ed ovviamente l’immancabile birra! Per il pranzo di Natale ce ne servirà una da mettere in tavola che sia capace di allietare il pasto con una buona bevibilità e che abbia sentori complessi e strutturati. Il menù di terra dai sapori rotondi richiama subito una dunkelwaizen. Abbiamo scelto per voi la Vudu, intramontabile interpretazione del classico stile tedesco di Agostino Arioli del Birrificio Italiano. E’ una birra caratterizzata da un colore ambrato carico tendente al marrone, con una schiuma compatta color nocciola; il naso è dominato da note di frutta a pasta gialla, in particolar modo da albicocca e pesca, con il tipico sentore di banana delle waizen. Completano il bouquet aromatico leggere note tostate di cacao e di crosta di pane appena sfornarto. In bocca è avvolgente e dolce, con un finale di frutta secca che richiama subito l’inverno. Colpirà sicuramente tutti i vostri commensali. Grazie anche ai suoi 5,5 gradi rimane comunque una birra dalla buona bevibilità. Vi consiglio di servirla a 10-12 gradi nel suo particolarissimo bicchiere o, in mancanza di quello, va benissimo un waizenglass. Buon Natale!

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MAIL CLASS LA SERIE DI EMAIL DIDATTICHE DI GIANFRANCO LO CASCIO

Cercare informazioni, metterla in fila, filtrarle e poi farne un compendio presume una grande voglia di mettersi in gioco, ma soprattutto una grande disponibilità di tempo.

TEMPO CHE SPESSO, PURTROPPO, NON HAI. La buona notizia è che possiamo aiutarti. Non solo a mettere ordine alle informazioni, ma soprattutto a rendere la conoscenza semplice ed immediata attraverso una serie di mini-lezioni che ti permetteranno, già dalla prima, di cambiare totalmente il tuo approccio alla scelta e alla preparazione della carne. L’obiettivo di BBQ4All è mettere nelle tue mani lo strumento che ti permetterà di scegliere, selezionare e cuocere al meglio qualunque pezzo di carne, e meglio di chiunque altro. Tutto questo potrai ottenerlo, a partire da subito, dedicandoti per 5 minuti alla lettura di una breve mail che ti invieremo ogni giorno, gratuitamente.

VUOI DIVENTARE UN VERO GRILL MASTER? Iscriviti subito alla mail class, inizia da qui:

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - IL CONSIGLIO di GIANFRANCO LO CASCIO

San Silvestro / antipasti

TA R TA R E

S ECO N D O G I A N F RA N CO LO CASC I O

Tartare: uno di quei piatti dal potenziale incredibile ma che di solito, vuoi per abitudine, vuoi per pigrizia, non mettiamo mai in discussione per capire se e come è possibile migliorarlo o esaltarlo. Un aperitivo, un antipasto ma anche un piatto unico e veloce. Conoscete qualcosa di più versatile? Difficile. Nella sua forma più classica, la tartare è carne cruda, magra, ridotta in piccolissimi pezzi, insaporita con sale, pepe e poco altro. Nulla da dire, qualsiasi cultore del manzo la adora anche in questa versione semplice ed essenziale. Esistono mille espressioni di potenziamento della tartare, tutte valide e tutte diverse. Ma molte di queste si accordano solo al gusto personale; non è detto che tutto ciò che funziona per il mio palato funzioni anche per quello di un altro. Ci sono però degli elementi che “rispondono” ai nostri stimoli gustativi “quasi” sempre allo stesso modo. Hanno cioè la capacità di “potenziare” in maniera universale questo piatto di carne cruda. E quali sono questi elementi? 1 IL CONDIMENTO Non pensate di poter condire una tartare con il grasso crudo di manzo, non fatelo. Vi sembrerà di addentare una saponetta. Che è anche la ragione per cui la tartare si fa con i tagli magri. Aggiungere però la parte unta è un valore aggiunto, un boost che amplifica il sapore della carne stessa. E non mi riferisco solo all’olio extravergine di oliva o al burro. Pensate all’avocado, alla burrata o allo stesso tuorlo d’uovo. Una quantità di grasso pari al 15/20% della massa di carne è la soluzione ideale per trasformare la tartare in un proiettile che scoppia in bocca. 2 AROMA Per dare forza gastronomica alla tartare basta semplicemente aggiungere degli elementi aromatici. Può sembrare banale ma non lo è. Ortaggi saporiti come il cetriolo, il sedano o i ravanelli, oppure elementi dal grande 56 - BBQ4All MAGAZINE

impatto estetico come i germogli. Ormai si vendono ovunque ed è anche semplicissimo farli crescere in casa. Germoglio di aglio, di senape, crescione, erba cipollina, daikon, rape, erba ostrica e via discorrendo. Ne esistono decine e decine, tutte con sfumature aromatiche molto interessanti. I germogli, oltre che al palato, sviluppano moltissimo aroma “retronasale” cioè un odore percepito nel naso mentre mastichiamo. Sono molto potenti e ne bastano pochissimi per dare colore, profumo e sapore. 3 CROCCANTEZZA È un modo semplice per aggiungere un contrasto di consistenze al morso. La carne deve necessariamente essere tenera quando la mastichiamo, quasi fondente. L’elemento croccante, che però deve risultare molto friabile, aggiunge un’esperienza sensoriale ulteriore. Preparate del pane ben tostato, magari leggermente unto con olio o burro prima della tostatura, ma qualsiasi elemento croccante, dal grissino alla barchetta di pasta sfoglia. 4 ACIDITÀ Che ci piaccia oppure no, la nostra bocca ragiona in termini chimici e l’unico vero ingrediente che rende buono il cibo è l’equilibrio. L’equilibrio tra le percezioni. Quindi mettete in equilibrio con qualche goccia acida, senza esagerare, limone o aceto balsamico tradizionale per esempio: vi aiuteranno a bilanciare il condimento che abbiamo aggiunto e ad equalizzare perfettamente le note grasse. Fate attenzione a non coprire troppo il gusto della carne, il segreto è l’armonia tra i gusti fondamentali. 5 ASPETTO/FATTORE VISIVO Contrasti cromatici, perché anche la percezione visiva influenza la nostra mente di fronte ad un piatto ben fatto. Affiancate note cromatiche verdi e bianche al rosso della carne, ed eventualmente servite in un piatto nero per aumentare la percezione di eleganza. Per sfruttare anche l’elemento croccantezza, esistono in commercio dei conetti di pasta brisè o delle cialde salate da riempire con la nostra tartare. Vi do qualche dritta, poi divertitevi a personalizzare


Tartare su crostino di pane di grano duro tostato al burro con brunoise di sedano, coriandolo e burrata. Tartare con brunoise di avocado, cipolla rossa, cetriolo, pomodoro ciliegino, sesamo e salsa Sriracha (thai). Tartare in cono di pasta brisè con julienne di cetriolo, burrata, olio di nocciole e germogli di aglio dolce.

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I N G RED I EN T I P E R 4 P E RS ON E • • • • • • • • • •

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BBQ4All Sliders Uova di quaglia Mortadella a fette Pancetta a fette sottili Gorgonzola Prugne della California, snocciolate Stracchino maionese salsa bbq salsa tartara


SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di EMILIANO NENCIONI

San Silvestro / antipasti

APERISLIDER Per esordire nei pasti di questo special natalizio, volevamo pensare a qualcosa di diverso: dopotutto in questo stesso numero potete trovare preparazioni più tradizionali, istituzionali e irrinunciabili, quindi perché non proporre qualcosa di più scanzonato, che faccia presa anche sui più giovani presenti al vostro desco? Va da sé, niente è più attraente e palatabile di un bell’hamburger farcitissimo, per i giovani virgulti. E con la scusa dei ragazzini, anche i senatori della forchetta, i veterani del diger seltz, potranno fermarsi un attimo la fame con qualcosa di esplosivo. Niente di più facile con gli Slider BBQ4All: sono piccoli hamburger della dimensione perfetta per un aperitivo monoporzione, hanno il sapore deflagrante che ben conoscete e al quale BBQ4All vi ha abituato e con la loro composizione sono facilissimi da cuocere alla perfezione. Un ottimo hamburger chiede però un bun (il panino tondo!) all’altezza, e ancora una volta ci viene incontro BBQ4All: basta seguire la nota ricetta che potete trovare sul sito www.bbq4all.it. O anche quella sul libro “Diventare Grill master” di Gianfranco Lo Cascio. Sono due ricette diverse, ma entrambe molto valide. Per fare una cosa differente, abbiamo decorato e insaporito la cupola del bun con del grue di fave di cacao, molto interessanti come consistenza sotto i denti e dal sapore un po’ insolito (e se vi dicessimo che presto li potrete acquistare?) Ricordatevi che un hamburger eccezionale non può prescindere da una bella reazione di Maillard, per cui, se la possedete, tirate fuori una piastra in ghisa e scaldatela sul kettle: girate i patty facendo attenzione a non far annerire la superficie, che dovrà essere bruna e saporita, non nera e amara; i più scafati di voi provvederanno a schiacciare leggermente il centro con il pollice, per evitare che il patty si gonfi come una palla da rugby, ottenendo così una rosolatura più uniforme delle due superfici. Quelli che avranno utilizzato gli slider BBQ4All possono stare tranquilli invece, perché non succede, mai. Temperatura al cuore? Vi consiglio di non superare i 75°C, a noi piace a 55°C. Noi vi suggeriamo tre modi di farcire i mini hamburger, ma questi sono solo spunti per farvi scatenare con la fantasia.

HAMBURGER CON PANCETTA CROCCANTE E UOVO DI QUAGLIA FRITTO Mettete le strisce di pancetta sulla griglia, o sulla piastra se l’avete, e osservatele sfrigolare e ritirarsi: quando la parte grassa diventerà dorata, rilasciando grassi che doreranno anche la parte magra, è il momento di girarla dall’altra parte e attendere lo stesso risultato. Mettetele subito in salvo appena pronte. Sulla stessa piastra, leggermente unta, potete rompere l’uovo di quaglia (attenzione, potrebbe essere più coriaceo di quanto pensiate, per merito di una membrana testacea piuttosto resistente), stando bene attenti a non rompere la membrana vitellina del tuorlo, per farlo friggere quei pochi secondi necessari per far solidificare il poco albume. A cose fatte toglietelo subito con una paletta e mettetelo sopra il patty già cotto. Non esitate adesso, e montate il panino: parte inferiore del bun, patty, uovo, strisce di pancetta croccante, parte superiore del bun. Salse a piacimento: sicuramente la maionese si sposa bene con l’uovo, ma per sicurezza chiedete ai vostri piccoli (e non più tanto piccoli) ospiti, che potrebbero voler osare con una salsa bbq. HAMBURGER CON STRACCHINO E MORTADELLA L’abbinamento classico tipico dell’Emilia: questa variante è facilissima, ma eccezionale. Portate al giusto grado di cottura il patty, come indicato sopra, e appoggiate semplicemente due o tre strati di mortadella sulla carne; ricoprite con un generoso strato di stracchino e incorniciate col bun leggermente scaldato. Qui, se volete esagerare, vi consiglio una buona salsa tartara alla base del panino.. HAMBURGER CON PRUGNE E GORGONZOLA Potrà sembrarvi strano l’abbinamento di prugne e manzo, ma dovreste aver imparato a fidarvi di noi. Davvero, provateci. Anche qui la difficoltà è bassissima: una volta cotto il patty (alla perfezione, inutile ricordarlo) appoggiateci sopra una fettina di gorgonzola e due prugne della California snocciolate, e via dentro il bun. Niente salse, è già perfetto così. Se temete che questo strano sapore di prugna e gorgonzola possa essere sgradito ai giovanissimi, provate tranquillamente a tenere segreti gli ingredienti: è talmente buono che lo divoreranno. DICEMBRE 2018

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NEW YORK

SLIDERS 200g (4x50g)

Un piccolo hamburger che andrà letteralmente a ruba nelle occasioni di festa. Particolarmente adatto ai bambini per le dimensioni ridotte, è perfetto per aperitivi, cene informali, serate in famiglia. Un vero e proprio boccone di puro sapore, che si presta ad essere declinato in mille versioni e abbinato a un’infinità di sapori, ma sorprendentemente gustoso e succulento anche da solo.

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ORIGINAL

BURGER 200g

Diventa il re della griglia durante le giornate in compagnia di amici e familiari grazie a questo hamburger da 200 grammi. Il perfetto bilanciamento del gusto, dato dall’equilibrio ideale di parte grassa e parte magra nella composizione del patty, lo rende un prodotto di cui non potrai più fare a meno.

BURGER

STEAK 300g

Trecento grammi di carne macinata, condita e ricompattata in una polpetta dallo spessore consistente. Questo Burger Steak unisce le due cose fondamentali che tutti cercano in cucina: qualità ottima e velocità di preparazione. In pochi minuti potrai servire un piatto ricco, bello da vedere, con un sapore esplosivo e una qualità indiscussa. Un hamburger alto, saporito, soddisfacente, che si presta a essere servito in mille modi diversi, mai asciutto e stoppaccioso.

Scalda bene la griglia prima di mettere il Burger Steak in cottura, rigiralo spesso per creare la crosticina esterna senza rischiare di bruciarlo, cuocilo per pochi minuti e servilo come una tagliata, aggiungendo il tuo Dimentica gli hamburger sottili e insapori e preparati a condimento preferito. Un sicuro successo. Un vero un’esplosione di gusto, senza rinunciare alla praticità di salva-cena di altissima qualità. un prodotto confezionato in skin.

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D OVE TROVARCI Lista aggiornata a dicembre 2018

puoi trovare la mappa interattiva di tutti i punti vendita costantemente aggiornata all’indirizzo

http://products.bbq4all.it/dove-trovarci/

ALÌ

OSTELLATO TRESIGALLO BATTAGLIA TERME BORGORICCO BUSA DI VIGONZA CADONEGHE CADONEGHE CAMPODARSEGO CASALSERUGO CITTADELLA GRANTORTO LIMENA LIMENA MASSANZAGO MONSELICE NOVENTA PADOVANA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA RUBANO SAN GIORGIO IN BOSCO SAN MARTINO DI LUP. TENCAROLA DI SELV. TOMBELLE DI SAONARA TOMBOLO VIGODARZERE VIGONZA PORTO TOLLE PORTO VIRO ROVIGO VILLADOSE CASIER CASTELFRANCO VEN. CONEGLIANO MASERADA MOGLIANO VENETO ONÈ DI FONTE PAESE PONTE DI PIAVE TREVISO TREVISO VEDELAGO VIDOR CAVALLINO TREPORTI CEGGIA CHIRIGNAGO VENEZIA DOLO FAVARO VENETO FAVARO VENETO

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STRADELLO DELLA CROCE 13 VIA ALDO MORO, 22 VIA GIACOMO MATTEOTTI, 10 VIA ROMA, 51/C VIA ALDO MORO, 17/B VIA VINCENZO BELLINI, 1 SOTTOPORTICO GUIDO ROSSA, 2 VIA ANTONIANA, 126/A VIA LEONINO DA ZARA 2 CONTRÀ CORTE TOSONI, 81 PIAZZA DEL BRAIO, 1S VIA ROMA, 87 VIA F.LLI CERVI 3 VIA ROMA, 31 VIA SQUERO, 14 VIA GUGLIELMO MARCONI, 9 VIA CURZOLA, 7 VIA INDUNO, 27 VIA TRE GAROFANI, 47-49-51 VIA NAZARETH, 22 VIA SIRACUSA, 18-20 VIA ANDREA VERROCCHIO, 18 VIA DEI COLLI, 60 VIA ANTONIO GRASSI, 38 SOTTO IL SALONE, 32- P. DEI FRUTTI VIA GIORGIO PULLÈ, 39 VIA ALESSANDRO PROSDOCIMI, 2 VIA DEI SALICI, 37 VIA MARTINO SANDELLI, 1/A PIAZZA METELLI, 6 VIA MONSIGNOR G.FORTIN, 47 VIA CHIESANUOVA 71 PIAZZA M.FRASSON 1 VIA VALSUGANA, 332/B VIA RIZZIERI SERATO, 84/A VIA S.ANTONIO, 2 VIA VIGONOVESE 130 VIA E.MONTALE, 5 PIAZZA UNITÀ D’ ITALIA 19 VIA PASTORE, 4 VIA ALBA 9 VIA XXV APRILE, 14-G VIALE PORTA ADIGE, 14/C VIA ZONA INDUSTRIALE 57 VIA DELLA LIBERAZIONE 68/A INT.7 VIA BORGO VICENZA, 20-26 VIA IMMACOLATA DI LOURDES, 88 VIA EUROPA, 114 VIA DELLO SCOUTISMO, 25 VIA CASTELLANA, 9/A VIA CASTELLANA 50 VIA DON LUIGI MORETTO 15 VIA DON LORENZO MILANI, 2/A VIA NICOLA DI FULVIO VIA PAPA SARTO, 14 PIAZZALE CAPITELLO, 5 VIA FAUSTA, 377 VIA XXV APRILE, 58 VIA FRATELLI CAVANIS, 42/A VIA SAN PIO X°, 5 - 7 VIA TRIESTINA, 50/1 VIA ALTINIA 168

FOSSÒ VE PIAZZA ALDO MORO, 3 MARCON VE VIA G.B. TIEPOLO 4 MESTRE VENEZIA VE PIAZZALE LUIGI CANDIANI, 14-16 MESTRE VENEZIA VE VIA PIAVE, 172 PORTOGRUARO VE BORGO SANT’AGNESE, 97 SAN DONÀ DI PIAVE VE VIA DANTE ALIGHIERI, 31 SAN DONÀ DI PIAVE VE VIA MARIO RORATO, 12 SAN DONÀ DI PIAVE VE VIA CALNOVA, 34 SAN DONÀ DI PIAVE VE VIA BRUSADE, 69 BASSANO DEL GRAPPA VI VIA BENVENUTO CELLINI, 5/A MONTEBELLO VICENTINO VI VIA LAGO DI GARDA 22 MONTECCHIO MAGGIORE VI VIA DEGLI ALBERI, 17 MONTEGALDA VI VIA 2 GIUGNO, 4 MONTICELLO CONTE OTTO VI VIA ALESSANDRO VOLTA, 3 - 5 ROSSANO VENETO VI VIA TORRICELLA, 34 - 36 SOVIZZO VI VIALE DEGLI ALPINI 40 VICENZA VI VIA GIOACCHINO ROSSINI, 71 VICENZA VI VIA PERIZ 11 VILLAFRANCA VR VIALE POSTUMIA 37

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C.SO CANALE, 99 - FRAZ.MUSSOTTO VIA DON ORIONE 45 VIA GUIDO MARTINO 8 FRAZ. M. DELL’OLMO

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S.S. 592, LOC. REGIONE POLVERATA VIA MARCONI BERGAMO VIA BONO IA PAPA GIOVANNI XXIII VIA MATTEOTTI, 129 P.ZZA G.DA VENAZZANO, 6 VIA ROVATO, 44 STRADA REGIONALE 589 VIA PAPA GIOVANNI XXIII, 57 S.S. 35 DEI GIOVI, 1/9 VIA EMILIA, 2 VIA MONTEVERDI S.S. PADANA SUPERIORE, VILLA FORNACE VIA MAGENTA ANG. VIA ROVIGO S.P. 34 ANGOLO VIA ADUA VIA PAPA GIOVANNI PAOLO II VIA ROMA, 20 VIA DE AMICIS, 2 VIA AQUILEIA, 72 VIA DELLA REPUBBLICA, 1 DORMELLETTO (MI) VIA LORENTEGGIO, 3 VIA ORNATO VIA PORTA LODI, 6 VIA NENNI 21 VIA MAGENTA ANG. VIA S.MARTINO V.LE LAZIO, 4 V.LE MARELLI, 19 VIA GRANDI, 110 VIA MONTI, 49 VIALE ITALIA VIA CARLO MAX VIA VIVALDI, LOC. CASC.CORRADA VIA T. VECELLIO, 1 VIA TORRE BIANCHI, 16 VIA GENERAL LAUGER (VERZELLOTTO) STRADA REGIONALE, 11 S.S. 32 TICINESE, 20 VIA EMILIA PAVESE (S.NICOLÒ TREBBIA) VIA JUSTUS LIEBIG 1/A/ VIA GUIDO GOZZANO 10 STRADA NIZZA S.S.20 DEL COL DI TENDA CORSO INDIPENDENZA, 74 CORSO MARCHE VIA CIGNA CORSO MORTARA VIA PERBUSTO VIA CESARE BATTISTI, 1 VIA BUSTO ARSIZIO, 152 VIA SORAGANA, 1 S.S. 593

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PIAZZA CAMILLO VENESIO 5 VIALE PILONE 97 VIA BRA 2, 4 VIA TORINO 39 VIA BEPPE FENOGLIO 1 VIA NIZZA 94 VIA ROMA 160 VIA SILVIO PELLICO, 6 VIA MARIO GATTI 14/A VIALE REGINA ELENA 118 VIA FORO BOARIO 11 VIA CUNEO 21 VIA CERVIGNASCO, ANG. VIA CUNEO 2/A VIA CIRCONVALLAZIONE 25


SANTO STEFANO BELBO SAVIGLIANO VILLANOVA MONDOVÌ CAMPOROSSO CISANO SUL NEVA SAVONA BRANDIZZO CAMBIANO CARIGNANO CHIERI COLLEGNO MONCALIERI PIANEZZA PIOSSASCO RIVOLI SETTIMO TORINESE TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO VAIE VILLAFRANCA PIEM. CRESCENTINO

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TIGRE

ANCONA CASTELBELLINO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO PORTO D’ASCOLI S. BENEDETTO DEL TR. AVEZZANO TERMOLI TERMOLI CHIETI VASTO ISERNIA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA FOLIGNO FOLIGNO SPOLETO FONTE NUOVA ROMA ROMA ROMA ROMA MARTINSICURO ROSETO DEGLI ABRUZZI

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CORSO IV NOVEMBRE 37 VIA TORINO, 250/A VIA MONDOVÌ 34 VIA OBERTO D’ORIA VIA BENESSEA VIA NIZZA 43/R VIA VOLPIANO, 68 S.P CARMAGNOLA-CHIERI 3 VIA PIER LUIGI VIGADA, 2 VIA RIVA/VIA MONTÙ CORSO FRANCIA 143 VIA PESCHIERA 17 VIA PIAVE - S.S. 24 MONGINEVRO VIA UGO FOSCOLO 2 CORSO IV NOVEMBRE 57/B VIA EMANUELE GIANTURCO 10 A VIA BOTTICELLI 114 VIA CARSO 10 VIA GAIDANO 125/A CORSO UNIONE SOVIETICA 493/14 VIA LEINÌ,42/A VIA CARSO 10 CORSO GROSSETO 303/A VIA DEMARGHERITA, 9 VIA MARTIRI DELLA LIBERTÀ 50/1 VIA BRIGATA ALPINA TAURINENSE, 1 VIA VIOTTI 1

NA VIA CILEA

AN AN AN AN AP AP AP AQ AQ CB CB CH CH MC MC MC PE PG TE TE TE

VIA GIULIO PASTORE, 30 SS IESINA KM 6,166 LOC CERRETANO P.ZA CADUTI SUL LAVORO, 4 VIA PIZZARDETO, SNC VIA DEL COMMERCIO, 52 VIA PROSPERI, 42 - LOC. CAMPIGLIONE VIA SOLFERINO, 2 VIA XX SETTEMBRE, SNC SS 17 KM 42+100 - LOC. BAZZANO VIA INSORTI D’UNGHERIA, SNC VIA MADONNA DELLE GRAZIE, 53 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 1 VIA SANTO SPIRITO, 119 VIA ENRICO MATTEI, 41 LOC. BRECCE SNC CONTRADA PACE, SNC CORSO UMBERTO, 334 VIA CENTOVA, SNC VIA GALILEO GALILEI, 371 S.S. 80 VIA NAZIONALE, 621

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VIA E. SACRIPANTI, SNC VIA ITALIA, 1 LARGO PORTA ROMANA, 1 P.ZA S. MARIA INTER VINEAS, 1 VIA SALARIA KM. 207,700 VIA E. MATTEI, 14 VIA MARSALA, 56 VIA V. FALCONE, SNC VIA CORSICA, 188/192 VIA MONTECARLO VIA PICENA, 80 VIA DEI CONTI RICCI, 46/48 VIA S. IPPOLITO VIA ARAPIETRA, 63/65 VIA BATTISTI, 207 VIA D’AVALOS, 213/215 VIA FABRIZI, 159 65121 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 201 VIA MONTE CERVARA, 1 VIA IV NOVEMBRE, 37 VIA MARTIRI DELLA RESISTENZA SNC PIAZZA VARISCO VIA MONTEBUONO VIALE LIEGI V. T. BOETTI VALVASSURA, 110 VIALE ERITREA VIA ROMA, 447 - VILLA ROSA S.S. ADRIATICA KM. 417,600

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VIA RAMIRO MORCONE, 29/33 IV TRAVERSA SAN MARCO,5 VIA DE GASPERI VIA MAHATMA GANDHI, 7 S.S. SANNITICA VIA LAGO PATRIA, 214 VIA DEL MARE, 2

NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI SECOND. SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO

SIGMA

ANGELI DI ROSORA BOLOGNA BOLOGNA CORTICELLA IMOLA IMOLA BORGOSATOLLO BOTTICINO MOLINETTO DI MAZ. BOMPORTO CAMPOSANTO SUL PAN. CARPI CARPI CAVEZZO MEDOLLA MIRANDOLA MODENA MODENA MODENA PAVULLO NEL FRI. SASSUOLO SORBARA DI BOM. MARINA DI MASSA BETTOLA CARPANETO CASTEL S.GIOVANNI FERRIERE GOSSOLENGO PIACENZA PIACENZA PIACENZA PIANELLO BUSSETO MEDESANO PARMA PARMA PARMA S.SECONDO RAVENNA BAGNOLO IN PIANO BIBBIANO BRESCELLO CASINA CASTELLARANO CASTELNOVO NE’ M. MONTECCHIO EMILIA QUATTRO CASTELLA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA RUBIERA SALVATERRA CASALGR. SAN MARTINO IN RIO SAN POLO D’ENZA VILLA MINOZZO CAMPAGNOLA LA SPEZIA

SUPERELITE

FIUMICINO NETTUNO OSTIA POMEZIA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA

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LIETI A CAPODIMONTE GIUSEPPE BUONOCORE, 57/59 DEI CIMBRI ORAZIO, 145/G VITTORIO EMANUELE III 17/21 VOCCA, 17 PIETRO DEL PEZZO, 34 ZANOTTI BIANCO, 32/28 MADONNA DI FATIMA, 160 SAN LEONARDO, 15 LUCIO PETRONE, 37 FILIPPO SCIARAFFIA, 21

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VIA VERDI 1 VIA BERTI, 6 VIA SAN PIO V N. 7 VIA CORTICELLA,186/12 VIA G. DI VITTORIO 70 VIA PUNTA N. 1 VIA BETTONI 16 VIA MOLINI 57/59 VIA MARCONI 1 VIA ADIGE 250/R VIA FALCONE, 9 VIA CUNEO N. 47 VIA UGO DA CARPI N. 62 VIA VOLTURNO N. 73 VIA STATALE N.46/C VIA CIRCONVALLAZIONE,111 VIA CAVOUR,41/D VIA NOBILI 91/C VIA SAN GIOVANNI BOSCO N. 53 VIA GIARDINI 346 VIA MAGENTA, 72 VIA FALCONE E BORSELLINO 40/C VIA S.LEONARDO,348/350 VIA XXIV MAGGIO N.20 V.G.C.ROSSI ANG.V.PALLASTRELLI VIA MONTANARA N.4 LARGO RISORGIMENTO VIA DEI RIVI PIAZZALE MARCONI N. 37 VIA CADUTI SUL LAVORO, 12 VIA APPIANI 10 VIA L.DA VINCI 17/19 VIA IRENEO AFFO’ N° 6 ROTATORIA M.R. GANDOLFI 31/38 VIA GRAMSCI 9 VIA SILVIO PELLICO,5 VIA S. MORSE 14/A VIA PROVINCIALE PER PARMA,6 VIA FAENTINA 8 VIA BORRI, 2/L VIA RASORI - LOC. BARCO VIA KENNEDY N. 12 VIA ZUNA MAGNANI 1/A VIA RADICI NORD 31/T P.LE DORANDO PIETRI 1 VIA S. CONTI 70 VIA MORANDI, 3/A VIA A. FERIOLI 18 VIA COLONNA,9 VIA A.DE GASPERI,37 VIA ARMSTRONG N. 2 - LOC.FOGLIANO VIA REPUBBLICA, 27 (RIVALTA) VIA PRAMPOLINI N. 20/22 VIA A. LIGABUE, 1 VIA DELL’ARTIGIANATO VIA RAMPOGNANA VIA DON PASQUINO BORGHI 22 VIA GRANDE N. 5 VIA SARDEGNA 17/A

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VIA DELLA SCAFA, 184 VIA ALCIDE DE GASPERI, 14 VIA FEDERICO PAOLINI, 48 VIA DEI CASTELLI ROMANI, 2 VIA A. G. RESTI 19 VIA DI SANT’ALESSANDRO, 380 VIA SALISBURGO, 20/32 VIA DELLA SETA, 27 VIA DELLA TECNICA, 164/D VIA ANNA FRANCHI, 10 VIA APPIA NUOVA, 472 VIA ARNO, 1 VIA DI CASTEL DI LEVA, 273 VIA CAVOUR, 232 VIA CRISTOFORO COLOMBO, 1780 VIA DELLA FARNESINA, 251/259 VIA LAURENTINA, 980 VIA MAGNAGRECIA, 97/A VIALE DELL’OCEANO INDIANO, 180

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di LUCA GALLOZZA

San Silvestro / primi piatti

R I S OT TO

FRUT TI DI MARE IN GRIGLIA Secondo voi quanto è possibile prendere un piatto classico della cucina italiana e pensare di poterlo cuocere su un dispositivo a carbone ? Parlandone tra amici, qualcuno ha sgranato gli occhi, qualcuno ha sghignazzato, io ho sorriso, anzi ho riso. Si ho riso perché di quello si parlava: risotto ai frutti di mare. Adatto a tutte le stagioni, è un primo piatto versatile e il più delle volte apprezzato anche da chi non ama il pesce. Vi assicuro però che raccontare alle persone di un primo piatto cotto sulla griglia di un kettle le lascia alquanto perplesse. Per fare in modo che smettano di fare “quella” faccia, noi griller abbiamo solo un’arma: invitarli a casa e far assaporare loro i nostri piatti. Ora vediamo come approcciarci alla preparazione che, seppur semplice, richiede una cura minuziosa nella pulizia di molluschi e dei frutti di mare, e un po’ di pazienza nella preparazione. Suddividiamo in due fasi il procedimento: pulizia e cottura. La prima è importantissima per un ottimo risultato. Seconda solo all’importanza di scegliere materie prime di ottima qualità, ovviamente. PULIZIA Calamari: lavare i calamari e dividere la testa dalla sacca. Estrarre dalla sacca il gladio o penna di chitina. Incidere la pelle e sfilarla via, tenendo le pinne triangolari attaccate alla sacca. Risciaquare nuovamente la sacca. Tagliare la testa sotto gli occhi ed estrare il rostro (o dente) del calamaro dal centro della testa. Gamberi: lavare i gamberi. Staccare le teste e metterle da parte se si vuol preparare una bisque. Con una forbice, tagliare le antenne dalla testa e gli appendici dal torace. Incidere il carapace lungo tutto il dorso, ed eliminare l’intestino con cura. Risciaquare. Cozze: immergerle in acqua, sfregarle l’una con l’altra per eliminare le impurità esterne, avendo cura di eliminare quelle aperte o rotte. Vongole: immergerle in un contenitore di soluzione salina al 3,5 % ,per lo spurgo della sabbia; meglio se tenute sospese all’interno di un colapasta, affinché la sabbia si separi dai molluschi e non rimanga a contatto con essi. 64 - BBQ4All MAGAZINE

Eliminare subito quelle visibilmente rotte o aperte. Tenerle in acqua almeno 8 ore, sostituendo l’acqua almeno tre o quattro volte, finché non risulti limpida. COTTURA Predisponiamo il kettle per una cottura diretta, disponendo le nostre braci principalmete al centro e portando la temperatura sui 250° C alla griglia. In un wok o in una cocotte, procediamo alla cottura delle cozze e delle vongole. Poniamo un fondo d’olio e uno spicchio d’aglio schiacciato, e versiamo cozze e vongole. Rigiriamo il tutto un paio di volte e chiudiamo con coperchio, fino ad apertura dei gusci. A cottura ultimata, spostiamo il contenitore fuori fuoco, recuperiamo i succhi e sgusciamo mitili e molluschi, lasciandone alcuni integri per la rifinitura del piatto. Procediamo alla cottura dei calamari: prendiamo un wok e posizioniamolo al centro della griglia gourmet®. Versiamo due cucchiai di olio e facciamo soffrigere aglio, sedano, carota e peperoncino. Buttiamo dentro i calamari e sfumiamo poco dopo con vino bianco. Togliamo i calamari dal calore quando risultano teneri, togliamoli dal wok e teniamoli da parte. Disponiamo i gamberi in griglia per una diretta di due minuti per lato. Lasciamo raffreddare, togliamo il carapace e teniamo da parte i gamberi. Teniamo anche qualche gambero intero, per abbellire il piatto. Nel wok utilizzato precedentemente, aggiungiamo un cucchiaio d’olio e il cipollotto tritato e facciamo appassire. Uniamo il riso e facciamo tostare, sino a che i chicchi diventino traslucidi. Sfumiamo il riso con vino bianco e proseguiamo la cottura per il tempo necessario al riso, allungando di tanto in tanto con acqua o con brodo di pesce. Poco prima di ultimare la cottura, aggiungiamo prima i calamari, poi le cozze e le vongole sgusciate insieme al loro sughetto che avevamo tenuto da parte, infine le code di gamberi. Aggiungiamo brodo se necessario fino a completa cottura del riso. Regoliamo di sale e di pepe, e aggiungiamo una noce di burro. Mantechiamo. Lasciamo riposare quanche minuto prima di impiattare. Impiattiamo, aggiungendo qualche cozza e vongola con il loro guscio e un gambero intero grigliato. A piacere, una leggera spolverata di prezzemolo, una macinata di pepe nero e un filino d’olio extra vergine d’oliva. Lo sentite il profumo del mare?


I N G REDI E N T I P E R 4 P E RS ONE • • • • • • • • • • • • • • • • •

320g riso Carnaroli 4 calamari 1kg gamberi 1kg vozze 1kg vongole Prezzemolo q.b 2 spicchi aglio 250ml vino bianco 1l brodo di pesce Olio extra vergine d’oliva q.b 30g burro 1 cipollotto 1 costa sedano 1 carota Peperoncino q.b Sale fino q.b Pepe nero q.b

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MICHELA BONGIORNI

San Silvestro / secondi piatti

P O L P O G R I G L I AT O

T R AV E S T I T O D A C A C C I U C C O Il termine “cacciuccato” (e mi raccomando con quattro c) significa ovviamente “servito in una zuppa simile al cacciucco”. Il cacciucco è per i livornesi una ricetta sacra che sarebbe riduttivo chiamare “zuppa di pesce”. Ogni livornese vi dirà che è LA zuppa di pesce per eccellenza, quella più saporita e gustosa che possa esserci, che prevede una preparazione abbastanza lunga e accurata. Oltre al cacciucco vero e proprio, però, in quel di Livorno e anche nelle zone limitrofe si usa “cacciuccare” anche altre preparazioni, come ad esempio i moscardini o, appunto, il polpo. La ricetta del polpo cacciuccato, che in questo caso è stato anche grigliato prima, è sicuramente più veloce nella preparazione del cacciucco tradizionale, ma non meno gustosa e goduriosa. Noi abbiamo usato il polpo precotto alla maniera di BBQ4All (tegame vuoto e pulito, si adagia il polpo sul fondo, si chiude il tegame e si mette sul fuoco medio-basso fino a cottura), poi successivamente grigliato velocemente in diretta e solo alla fine messo in una zuppetta gustosa 66 - BBQ4All MAGAZINE

e piccantina, che vi farà fare un figurone per le feste natalizie, qualora voleste servire un menù di pesce. Difficile relegare il polpo cacciuccato in una categoria ben precisa: può essere un ottimo antipasto se servito sui crostini, ma può essere anche un primo o un secondo piatto. La sua versatilità è sicuramente uno dei suoi punti di forza. Una piccola curiosità: da dove nascono i termini “cacciucco” e “cacciuccato”? Pare che il nome tragga le sue origini dal termine turco küçük, ovvero “di piccole dimensioni”: le piccole dimensioni dei pezzetti di pesce (in questo caso di polpo) che compongono la zuppa 1. Prendete il polpo precotto, tamponatelo bene con la carta assorbente e spennellatelo con olio; predisponete il barbecue per una cottura diretta e grigliate velocemente il polpo, in modo che formi una gustosa crosticina. 2. Toglietelo dalla griglia quando è pronto, e tagliatelo a pezzetti abbastanza piccoli. 3. In un tegame, o se volete anche nella cocotte sul kettle, versate l’olio extravergine d’oliva, l’aglio tritato finemente, le foglie di salvia intere e il peperoncino. 4. Unite il polpo e bagnatelo col

vino bianco. Lasciate evaporare e poi versate nel tegame il concentrato di pomodoro e la passata, stemperando se necessario con un poco d’acqua. 5. Regolate di sale e di pepe e fate cuocere a fuoco lento, coprendo il tegame, per circa mezz’ora. 6. A fine cottura, se necessario fate ritirare bene la zuppa e servitela calda con pane tostato e un po’ di prezzemolo tritato finemente

I N G REDI EN TI P E R 4 P E RS ON E

• 1kg di polpo precotto alla maniera di BBQ4All • tre cucchiai di olio extravergine di oliva • uno spicchio d’aglio • due foglie di salvia • 500ml di vino bianco • 250g di passata di pomodoro •un cucchiaio di concentrato di pomodoro • prezzemolo q.b. • sale q.b. • pepe q.b. • peperoncino a piacere • fettine di pane tostato


SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MICHELE CHIPA

San Silvestro / secondi piatti

A F U OCO I L COT EC H I N O Una dei piatti principe del periodo natalizio è senz’altro il cotechino con le lenticchie. Cos’è il cotechino? Una miscela di carni suine: spalla, guancia, collo, geretto, cotenna, ai quali vengono aggiunti sale, pepe e spezie come cannella, chiodi di garofano e noce moscata. Il tutto racchiuso in un budello naturale (se invece viene usata la cotenna dalla zampa anteriore, si ha lo zampone). A Natale lo ritroviamo più o meno in tutti i pacchi dono, insieme al panettone, una busta di lenticchie, il torrone, dei cioccolatini di pessima qualità e il caffè. Quello che troviamo nei pacchi natalizi è precotto, ma sicuramente un cotechino fresco comprato dal macellaio di fiducia è infinitamente migliore. Di solito il cotechino fresco viene cotto avvolgendolo in un panno o nell’alluminio, bucherellandolo e facendolo sobbollire per circa un paio d’ore. Noi abbiamo preferito cuocerlo nel kettle, affumicandolo leggermente come si fa con le salsicce. Poi ovviamente lo abbiamo accompagnato alle lenticchie, come da tradizione, ma preparate anche quelle sul kettle, nella cocotte. Il risultato è stato ottimo. Quindi provateci.

INGR EDIE NTI P ER 4 P ER S O N E

• Un cotechino fresco da circa 1 kg • 300g lenticchie • 1 cipolla • 1 costa di sedano • 1 carota • Mezzo bicchiere di passata di pomodoro • Una foglia di alloro • Sale q.b. • Pepe q.b. • due cucchiai di olio extravergine di oliva

Per prima cosa dobbiamo mettere a bagno le lenticchie secondo le istruzioni riportate sulla confezione (normalmente 8 ore), quindi meglio farlo la sera prima, in modo che si ammollino durante la notte. Impostiamo il kettle per una cottura indiretta e stabilizziamolo alla temperatura di circa 150 gradi centigradi. Posizioniamo il cotechino in cottura indiretta, con un termomentro a sonda inserito fino al cuore e con una leccarda di alluminio appoggiata sotto, sulla griglia carboni, con un pochino di acqua dentro. Buttiamo un po’ di chips di melo o ciliegio sui carboni e chiudiamo il coperchio. Il cotechino sarà pronto al raggiungimento di circa 85 gradi al cuore, o comunque quando sarà bello morbido alla prova con uno stecchino. Quando sarà pronto, avvolgiamolo con dell’alluminio e teniamolo in caldo. Nel frattempo, predisponiamo il kettle per una cottura diretta, mettendo il carbone al centro della griglia carbone e posizioniamo la cocotte nell’apposito spazio. Lasciamola scaldare. A cocotte calda andiamo a prepare un soffritto classico, con olio extravergine di oliva e un trito di cipolla, sedano e carota. Quando le verdure saranno brunite aggiungiamo le lenticchie accuratamente sciacquate. Facciamo cuocere per qualche minuto e mettiamo anche la passata di pomodoro con una foglia di alloro (se notate poco liquido nella cocotte aggiungete due o tre mestoli di brodo). Chiudete il coperchio della cocotte e portiamo a cottura le lenticchie (più o meno in mezz’ora saranno pronte) Una volta pronte, prendiamo il cotechino, lo affettiamo e lo serviamo con le lenticchie in umido. DICEMBRE 2018

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di MARIANGELA IBBA

San Silvestro / dolci

PA N E T T O N E

FUOCO & PERE Stai organizzando il pranzo di Natale e l’unica portata che non ti desta preoccupazione è il dolce: come tutti gli anni, secondo la tradizione, servirai un panettone, che è proprio quello che si aspettano i tuoi ospiti. E se tu rompessi questa routine delle feste preparando un dolce diverso, col quale poter finalmente dimostrare coi fatti che anche il panettone può diventare un dolce ricercato e gourmet? Qui ti propongo una ricetta che prevede l’uso del panettone alle gocce di cioccolato, farcito poi con una deliziosa crema al profumo di pere affumicate e decorato con fette di pera disidratate. Una goduria per la vista e per il palato. Il sapore classico del panettone unito alle gocce di cioccolato si sposa alla perfezione con la dolcezza della crema alle pere: delicato, godurioso, ricercato. Perfetto per fare un figurone, perché oltretutto è anche molto scenografico e bello da vedere. Stabilizza il tuo dispositivo a 180 gradi per una cottura indiretta. In una teglia disponi le pere sbucciate, divise a metà e prive del torsolo. Metti la teglia sulla griglia e affumica; per affumicare butta una manciata di petali di legno aromatico sulle braci e chiudi il coperchio. Dopo venti minuti circa, controlla la cottura infilzando con uno stecchino la pera, se risulta cedevole fino al cuore è pronta, ma deve rimanere comunque soda e compatta. Una volta pronte, tagliale a cubetti e lasciale raffreddare. Monta la panna con metà dello zucchero; lavora bene la

ricotta amalgamandola con le pere. Ottenuto un composto omogeneo, aggiungi la panna montata mescolando dall’alto verso il basso. Ora che la crema è pronta prendi il panettone e taglia due fette in orizzontale (quindi due cerchi) dello spessore di 2 cm. Per assemblare un dolce compatto, stabile e pulito, ti consiglio l’uso di un anello per torte. Prendi le due fette di panettone e coppale con l’anello perché abbiano il giusto diametro, poggia l’anello su un piatto e metti il disco di panettone, la crema, di nuovo il panettone e nuovamente la crema. Mi raccomando livella bene l’ultimo strato di crema con una spatola. Metti il dolce nel congelatore per una notte. Per la decorazione ti servono delle pere abate biologiche. Prepara il tuo dispositivo per una cottura indiretta a 110/120 gradi. Taglia la pera a fette sottili in verticale, mantenendo la buccia e lasciando ad alcune fettine il piccolo. Metti in cottura indiretta, appoggiando le fettine sulla griglia: ti consiglio di utilizzare un foglio di carta forno. Le pere sono pronte quando hanno acquistato un bel colore ambrato e sono completamente disidratate. Sforma il dolce e con l’aiuto della spatola aggiusta il bordo a cui applicherai, giro giro, le tue fette di pera. Ti assicuro: sarà un successo: i tuoi ospiti rimarranno talmente deliziati dalla bontà di questo dolce che nessuno rimpiangerà il classico panettone.

I N G RED I E N T I P E R 6 P E R S ONE

• Un panettone con gocce di cioccolato • 500g ricotta vaccina, meglio se di bufala • 250g panna fresca • 200g zucchero a velo • 350 g di pere abate per il ripieno più alcune per la decorazione

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - RICETTA di LUCA GALLOZZA

San Silvestro / dolci

A N A N AS A R ROST I TO Brasil la la la la la la la laaaaa, Brasil Brasil! Più o meno finiscono così le feste in stile natalizio e i veglioni di fine anno. Trenino qui, trenino là. E si va avanti fino a notte fonda. Tutto questo dopo essere passati per antipasti, primi, secondi di carne e di pesce, contorni, e dolci. Senza dimenticare la frutta, che nelle tavole delle feste è la regina di fine pasto. Noci, nocciole e mandarini, melograno e uva, simbolo di ricchezza e benessere, nelle credenze popolari. Sono, tutti, frutti che accompagnano il tempo che scorre tra un pasto e l’altro, in queste giornate di festività. Ma noi non ci conformiamo al semplice e al banale. Cerchiamo di offrirvi un tocco in più che, oltre a nutrirvi e a soddisfarvi, sia anche leggero, per non sovraccaricare ulteriormente un pasto già ultra saturo di calorie, e che al contempo vi faccia fare un figurone con tutti gli invitati. L’ananas è un frutto appartenente alla famiglia delle Bromeliaceae, cresce sopratutto nelle zone tropicali e sub tropicali del Sudamerica. Tra le migliori varietà c’è quella della Costa Rica extra gold, dal colore giallo intenso, dolcissima e succosissima. Il frutto dell’ananas ha una grandissima proprietà, quella di contenere bromelina. La bromelina è infatti un enzima proteolitico, in grado di degradare altre proteine in aminoacidi, perciò favorirà lo smaltimento delle grandi abbuffate di carne. Vi permetterà di digerire facilmente e non aumenterà il vostro

apporto di calorie, avendone un basso contenuto. Ma passiamo al dunque. Vediamo come prepararla al meglio. Iniziamo con la pulitura dell’ananas, eliminando la scorza esterna. Tagliamo l’ananas per metà dalle parte della lunghezza e poi ricaviamone delle fette a semicerchio. In un contenitore, versiamo il latte di cocco e quindi immergiamo una per una le nostre fette succose. Una volta bagnate col latte di cocco, passiamole, solo da un lato, sullo zucchero di canna. Infine spolverizziamo con la cannella. Settiamo il nostro dispositivo per una cottura diretta e, quando la nostra griglia sarà ben calda, adagiamo le nostre fette d’ananas, prima dal lato senza zucchero e poi rivoltiamole quando si saranno formate le classiche grill marks, anche sul lato dello zucchero. Le nostre fette d’ananas grigliata, succose e salutari, sono pronte. Pronti a stupire ? Volete esagerare ancora, dopo tutta la pappardella che vi ho fatto sui benefici dell’ananas ? Ok, peggio per voi. La festa è festa. Allora prendete la vostra ananas ancora calda e irroratela con del buon rhum, servitela con una tazzina di latte di cocco e zucchero di canna e, se ancora non vi basta, accompagnatela con una pallina di gelato alla vaniglia o una cucchiaiata di panna montata.

INGREDIENTI PER 6 PERSO N E • • • • •

Ananas 1 Zucchero di canna q.b Cannella q.b ½ litro Latte di cocco Rhum (facoltativo) q.b.

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SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - ABBINAMENTI a cura di ENIO BERTON

VIGNE 50 ANNI Vino: Friulano 50 anni 2012 Cantina: Le Vigne di Zamò Abbinamento : cenone di San Silvestro (cotechino escluso) Tipo: bianco fermo Gradazione alcolica: 13,5% Uve: 100% Friulano Regione: Friuli Denominazione: DOC Colli Orientali del Friuli Bianco

Il menù del cenone di San Silvestro si presta benissimo ad avere almeno 3 vini in abbinamento ma mi hanno chiesto di abbinare un vino per tutta la serata, ed io obbedisco (cit. Garibaldi….). Abbiamo carne e pesce quindi dobbiamo trovare un vino corposo che regga il sapore della carne ma che allo stesso tempo non prevalga sul pesce. Siamo fortunati (grazie Michela……) in quanto il risotto ai frutti di mare ha, di solito, una mantecatura molto grassa ed il polpo caciuccato con il pomodoro ha bisogno di un vino che sappia reggere l’acidità del piatto. Il friulano 50 anni è un vino molto particolare, la zona di produzione è il Collio, una conca che poco ha da invidiare ai più famosi terroir francesi. I vini bianchi prodotti in questa zona hanno un potenziale che si esprime negli anni e non necessariamente vanno bevuti giovani. Le Vigne di Zamò è una cantina nata nel 1978 dopo una prima esperienza come osti fin dal 1924. Nel sito dell’azienda si trova questa frase: “Invecchiare si dice sia l’inferno delle donne: per il nostro vino è invece il paradiso” che, secondo me, la dice tutta sulla filosofia dell’azienda. La produzione viene raccolta in due zone distinte che dopo la criomacerazione rimangono sur lies (sulle fecci) per dieci mesi. Dopo tale periodo le due produzioni vengono assemblate e messe in bottiglia. Il vino di un giallo dorato carico e brillante al naso denota immediatamente un complesso bouquet che spazia dalla frutta tropicale matura agli agrumi con una sensazione di pasta di mandorle. Quello che ci si aspetta lo si trova in bocca, rotondo senza spigoli dove il profumo di mela golden e la frutta tropicale donano ricchezza ed aroma al sorso. Da servire a 10/12 gradi in bicchieri tulipano.

M U R I L LO

Vino: Sherry Pedro Ximenez “Murillo” Cantina: Bodegas Lustau (ES) Abbinamento : per le feste Tipo: vino liquoroso Gradazione alcolica: 17% Uve: 100% Pedro Ximenez Regione: Spagna Denominazione: Sherry

Siamo in periodo natalizio e allora concediamoci qualche dolcezza. Lo sherry ha una storia antica che si abbina in maniera inscindibile con il territorio di Jerez de la Frontera (nota per il famoso gran premio motociclistico). Prodotto con uve Palomino , Ximenez e Moscatel è un vino liquoroso che durante la fermentazione subisce la “mutizzazione” cioè l’aggiunta di un distillato di vino a 78 gradi alcolici che blocca tutte le fermentazioni in atto e preserva la “flor”, uno strato di lieviti esausti presenti sulla superficie del mosto. Il sistema di invecchiamento è di tipo soleras y criaderas dove il vino giovane viene posto su botti nella parte alta della catasta da dove viene periodicamente travasato al livello inferiore, fino a scendere al livello più vecchio a contatto con il terreno (soleras), pronto per il consumo. La cantina di produzione nasce nel lontano 1896 e vanta una produzione conosciuta a livello mondiale. Dal colore mogano opaco intenso e viscoso alla vista. Al naso esplodono i profumi di frutta matura liquirizia e richiami di melassa. Al palato risulta dolce vellutato e morbido con un buon equilibrio che ne consente una chiusura lunga in bocca. Servire su bicchierini da liquore a 18 °C 70 - BBQ4All MAGAZINE


A B AT E N E R O B R U T

Vino: Abate Nero Trento Doc Brut Cantina: Abate Nero Abbinamento : bollicine per le feste Tipo: spumante metodo classico Gradazione alcolica: 12,5% Uve: 100% chardonnay Regione: Trentino Denominazione: Spumante metodo classico Trento DOC brut

Il brindisi di fine anno ma anche un piacevole aperitivo per tutte le occasioni. Abate nero che evoca, nel nome, la figura dell’abate francese ritenuto l’inventore dello champagne, nasce nel 1973 quasi per gioco dalla passione di alcuni amici trentini tra cui Eugenio de Castel Terlago e Luciano Lunelli, ancora oggi al timone dell’azienda. Diverse sono le produzioni, ma oggi analizziamo il Trento Doc brut, un blanc de blanc che rimane imbottigliato sui lieviti per almeno 18 mesi. All’esame visivo risulta di un bel colore giallo paglierino con leggeri riflessi verdolini. Il perlage è fine e persistente. Al naso i sentori di frutta fresca bianca sono accompagnati da profumi di fiori bianchi tra i quali si sentono note di glicine e rosa canina bianca, piacevoli note di tostatura di pane. Al palato si presenta fine ed equilibrato confermando i sentori di frutta e la dolce nota di tostatura. Servire in flute o tulipano a massimo 6 °C.

SPECIALE MENÙ DELLA TRADIZIONE - ABBINAMENTI a cura di RICCARDO MENICONI

MUNDAKA

La Mundaka è una Session Ipa, capolavore del birrificio CR/AK. E’ una birra dal colore dorato intenso e con una schiuma bianca candida abbastanza persistente. Ancora prima di versarla nel bicchiere si sprigionano aromi agrumati di mandarino con sentori di mango e ananas. Il corpo è agile, la bevibilità esagerata, al palato un amaro elegante e un finale secco. I 4,6 gradi rendono il tutto ancora più piacevole. In particolare è ottima se abbinata agli slider. Vi consiglio di servirla ad una temperatura di 8/10° in una pinta americana.

DAU G H T E R O F AU T U M N Andando avanti con le portate, la Daughter of autumn, scotch ale del birrificio Retorto, si sposa benissimo con il cotechino. E’ una birra dal colore ambrato scuro con riflessi mogano ed una schiuma color nocciola compatta. Al naso ricorda il whiskey, senza essere però stucchevole o troppo pesante; troviamo anche aromi di frutta secca e caramello contornato da una leggera torbatura. Al palato percepiamo tutte queste sensazioni: abboccata ma comunque molto scorrevole, con un finale secco che vira all’amaro, è perfetta anche a fine pasto. Consiglio di servirla ad una temperatura di 12° un una pinta americana. Vi auguro un felice anno nuovo, pieno di buone birre! Salute!

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NON DI SOLA CARNE RICETTA VEGETARIANA di MARIANGELA IBBA

R AV I O L I con taleggio e pere affumicate al whisky

Il pranzo di Natale è vicino e tu vuoi servire ai tuoi ospiti, sia carnivori che vegetariani, una pasta ripiena che soddisfi e stupisca entrambi i palati; ma sai già che per mancanza di idee farai i due classici delle feste: tortelli di carne e ravioli con ricotta e spinaci. Così alla fine ti ritrovi in cucina a fare un doppio lavoro, facendo i salti mortali per riuscire a servire i due primi contemporaneamente. Tutti gli anni si ripete la stessa storia, perché preferisci stare nella zona confortevole dei piatti sicuri, ormai fatti e rifatti mille volte, non avendo il coraggio di portare in tavola qualcosa di diverso per paura che poi non piaccia a nessuno. Bene, io ho la ricetta giusta per te, quella che ti farà uscire dalla routine dei piatti delle feste; un ricetta sicuramente vegetariana, ma che farà impazzire i carnivori convinti: ravioli ripieni di pere grigliate al whisky e taleggio. Sono dei ravioli dal sapore unico ed esplosivo, ripieni di una crema alle pere grigliate e delicatamente affumicate, con un cuore fondente di taleggio. L’armonia perfetta di sapore tra le pere e il formaggio viene esaltata ancora di più dalla leggera nota di affumicato. Il tutto è condito semplicemente con burro fuso e con alcune gocce di aceto balsamico per dare un tocco di acidità al piatto..

1. Fai la classica fontana con la farina, con un buco in cima, rompi le uova, aggiungi il sale e con l’aiuto di una forchetta inizia ad unire gli ingredienti; impasta con le mani fino a quando non hai ottenuto una palla compatta, che lascerai riposare per una mezz’ora.

INGREDIENTI PER 4 PERSO N E

PER LA PASTA: • 400g farina • 4 uova • un pizzico di sale PER IL RIPIENO: • 3 pere abate • un bicchiere di Whisky • 100g Parmigiano grattugiato • pangrattato q.b. • 200g taleggio • 150g burro • aceto balsamico q.b.

2. Nel frattempo, predisponi il dispositivo per una cottura indiretta e stabilizzalo a 180 gradi centigradi. Disponi in una teglia le pere sbucciate, divise in due, prive di torsolo e bagnate col whisky. Mettile in cottura indiretta e comincia ad affumicare, col legno che preferisci, chiudendo il coperchio. 3. Dopo circa 20 minuti verifica la cottura con una forchetta: se sono morbide e tendono a disfarsi, sono pronte. Frulla le pere a immersione, poi aggiungi Parmigiano, sale e pangrattato per dare consistenza all’impasto. 4. Stendi sottilmente la pasta, fai dei dischi abbastanza grandi e posiziona il ripieno con al centro un quadratino di taleggio, chiudi piegando in due il disco, usando una forchetta per chiudere bene il raviolo. Butta i ravioli in acqua bollente salata e falli cuocere. 5. Quando sono cotti, condiscili col burro fuso, e con qualche goccia di aceto balsamico: un’esperienza che vorrai ripetere, anche dopo le feste.

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RUBRICA a cura della BBQ4All UNIVERSITY

#CHIEDIALCOACH LUCA VERGNANO chiede: #chiedialcoach la fase di rest. Dove? (isobox? Forno? Piatto?) Come? (avvolta in stagnola? Aperta?) per quanto (fino a che temperatura?) Partiamo dalla costata. Conviene farlo? Se sì dove? Se no, perché? risponde GULI PONTIGGIA Abbiamo imparato durante i corsi a grigliare la bistecca perfetta. Il grado di cottura finale è ovviamente soggettivo, ma in ogni caso il forte calore che andiamo a somministrare per avere la famosa crosticina data dalla reazione di Maillard, provoca una contrazione del tessuto connettivo che a sua volta fa contrarre le fibre con conseguente perdita di liquidi. Più rimane sulla griglia più aumenta la temperatura al cuore e più la nostra costata perde umidità. Nel momento in cui la togliamo dalla griglia e decidiamo di non affettarla subito (e quindi fare rest) , avviene un rilassamento del tessuto connettivo. Se lasciamo in rest per svariati minuti, la temperatura interna diminuisce aumentando la viscosità dei liquidi dati dall’emulsione dei grassi e dell’acqua presenti nella carne, che si sono mischiati con la cottura. Cosa succede? Succede che al taglio avremo minor perdita di liquidi. Di contro però andremo a servire una costata tiepida che potrebbe non piacere. Un altro problema che si può riscontrare durante la fase di rest, soprattutto se appoggiamo la carne su di un piatto o tagliere, è che la naturale fuoriuscita di liquidi può andare a rovinare la crosticina che tanto abbiamo faticato a raggiungere. Il mio consiglio allora è di fare un rest su una griglia, evitando così di rovinare la nostra crosticina e mantenendo il più possibile la croccantezza. Se vogliamo ricavare una tagliata dalla nostra costata, il rest è consigliabile proprio per non trovarsi Il tagliere o il piatto pieno di liquidi. Se decidiamo invece di servirla e gustarla intera , il rest avviene comunque nel piatto mentre la mangiamo, perché ne tagliamo un pezzetto alla volta e in più la gustiamo piacevolmente calda. In più dopo la cottura, prima che la carne cominci a raffreddarsi, c’è un leggero carry-over che può far aumentare la temperatura di due tre o più gradi, compromettendo il grado di cottura desiderato. E non è un dettaglio da poco. Non serve invece fare il rest se durante la cottura raggiungiamo una temperatura interna troppo elevata quindi sopra i 65 gradi, perché i liquidi probabilmente sono ormai già tutti evaporati. Se decidiamo o meno di fare il rest, è importante servire sempre la nostra bistecca su un piatto ben caldo. Abbiamo parlato del rest di una bistecca, che è il risultato di una cottura diretta, pochi minuti, alte temperature,

tagli piccoli e non tenaci. Nelle cotture BBQ è tutt’altra questione. Non possiamo farne a meno. Il risultato sarebbe un disastro sia in termini gustativi che di tempo (oltre ai soldi sprecati) Parliamo del rest di un Pulled Pork e di un Brisket, per esempio. Due tagli diversi, di animali diversi ma con importante presenza di collagene che può variare anche in base all’età dell’animale stesso. Perché è importante il rest? Come e dove farlo? Questo passaggio è fondamentale per la buona riuscita delle due preparazioni perché permette di trasformare il collagene in gelatina, ma tutto ciò avviene a determinate temperature e in presenza di umidità. Raggiunta quindi la temperatura target di cottura, con il rest dobbiamo evitare che si abbassi repentinamente ma che rimanga il più possibile tra gli 85° e 100 °C, che è il range nel quale il tessuto connettivo degrada trasformandosi in sostanza gelatinosa, grazie alla presenza di umidità. Più lentamente scende la temperatura e più umidità sarà trattenuta all’interno della gelatina, quindi più morbidezza e succosità finale. Non esiste a priori un tempo predefinito per stabilire la durata del rest, in quanto ogni taglio presenta delle caratteristiche diverse. Il Pulled Pork può essere lasciato avvolto nel foil (alluminio) precedentemente usato nella fase di cottura, accompagnato dai succhi raccolti nella vaschetta, che verranno poi utilizzati dopo il pullaggio. Il Brisket dopo aver fatto asciugare il bark nello Smoker, va messo in un contenitore isotermico o in alternativa nel forno precedentemente riscaldato a 60°C, per almeno un paio d’ore. Questa operazione permette di mantenere la temperatura ancora alta per il tempo necessario allo scioglimento del collagene. Quando la temperatura avrà raggiunto i 65°-70°C , si potrà affettare e gustare con i succhi di cottura. Quindi forno e isobox vanno bene entrambi (se il forno di casa dovesse disperdere troppo velocemente la temperatura meglio utilizzare un contenitore isotermico). Il pollo, invece, non necessita di particolari attenzioni poiché non ha la stessa struttura in termini di fibre e di tessuto connettivo. Se dobbiamo pullarlo, è sufficiente raggiungere i 98°C al cuore senza fare rest come avviene invece per un Pulled Pork , che al suo interno presenta molto piu collagene. La stessa cosa vale se dobbiamo cuocere parti di esso, dobbiamo fare solo attenzione a servirlo una volta raggiunti i 75 gradi al cuore. A questa temperatura i liquidi dell’alimento saranno gia evaporati, saremo stati bravi noi invece, a cercare di conservarli il piu possibile attraverso un seasoning adeguato, di cui abbiamo parlato spesso durante i corsi della BBQ4All University. Non serve fare il rest.

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RICCARDO TECCHIO chiede: #chiedialcoach Flashing fatto bene, materie, usi e costumi, risponde EZIO SPADA Il Fat Flashing è una procedura di finishing che nasce dalla fusione di altre due tecniche utilizzate per la cottura della carne in alcuni ristoranti e stekhouse americane . Riunisce infatti il Basting (inumidire la superficie della carne durante la cottura con determinati composti solitamente a base di burro fuso o fondi di cottura per aggiungere sapore ) e il Flashing (somministrare una veloce botta di calore prima del servizio finale della bistecca) . Con Fat Flashing si indica il passaggio che prevede di versare del grasso bollente ( olio, burro, strutto ecc. ) sulla superficie della carne cotta dopo che è trascorso un lasso di tempo che può essere da qualche decina di secondi ad alcuni minuti (rest). Bisogna tener presente che non è una tecnica di cottura vera e propria ma un modo per terminare la cottura (il calore intenso della parte grassa fusa è in grado di scottare la superficie della carne già cauterizzata, intensificando la cauterizzazione, ma non sarebbe logicamente in grado di creare una crosticina saporita sulla superficie della carne cruda). Quando e perché, dunque, potrei decidere di utilizzare il fat flashing? Di solito viene usato con le bistecche, ma potrei scegliere di applicarlo

anche per un arrosto. Mettiamo per esempio di avere una steak perfettamente cotta, interno succoso ed esterno brunito e ben cauterizzato; decido di applicare del rest (5/10 minuti) prima di servirla per limitare la perdita dei succhi interni al momento del taglio. Trascorso il tempo stabilito prendo la bistecca e cosa noto? Con ogni probabilità quella bella crosticina esterna si sarà rovinata a causa dei succhi interni della carne che inevitabilmente fuoriuscendo l’avranno bagnata, rendendola molliccia e vanificando l’effetto crisp superficiale che è il vero turbo di una perfect steak. Ecco, il fat flashing può essere la risposta al nostro problema. Versando infatti appena prima del servizio del grasso liquido caldissimo sulla superficie, come per magia la crosticina inizierà a sfrigolare recuperando velocemente l’intensità come quando è appena tolta dalla griglia o dalla padella . Tutto qui ? Assolutamente no, la parte grassa donerà inoltre un layer di sapore caratteristico e personalizzabile, con l’aggiunta di profumi a piacimento (di solito lo scalogno e il timo sono i più utilizzati ma si potrebbe variare a piacimento magari con del rosmarino, della salvia o ancora del cipollotto o del lemongrass). Questa tecnica può essere applicata anche ad arrosti e in generale a tutti quei tagli, che dopo la cottura, presentano una superficie non perfettamente cauterizzata per aumentarne l’effetto. La

parte grassa versata veicolerà molto velocemente e intensamente il calore sulla superficie cauterizzata, aumentando la temperatura e favorendo la reazione di Maillard, ma al contempo questo aumento sarà così breve da non determinare un innalzamento interno della temperatura andando a vanificare la succosità finale. Quali sono le criticità da tener presenti ? Innanzitutto bisogna ricordare che il fat flashng lavora su superfici già cauterizzate ma che probabilmente mancano o hanno perso un po’ di intensità. In secondo luogo dobbiamo considerare quale grasso utilizzare e a che temperatura d’esercizio portarlo; dovendo infatti far “sfrigolare “ la superficie dovremo lavorare ad una temperatura tra i 170 e 180 °C. Il grasso utilizzato non deve però raggiungere il suo punto di fumo e quindi non tutte le tipologie di grasso sono indicate. Il burro tradizionale per esempio non si può utilizzare (punto di fumo intorno ai 130°C) ma se si sostituisce con quello chiarificato allora sì. Alcuni olii poi sono più indicati di altri (l’olio di mais o di soia non sono indicati, mentre l’olio di arachidi può raggiungere temperature più alte). L’olio di palma o lo strutto poi sono ricchi di grassi saturi e quindi hanno un punto di fumo ancora più alto, anche se logicamente il loro utilizzo continuo va limitato per altre problematiche. Discorso a parte per l’olio extravergine di oliva; in generale ha un punto di fumo alto, ma le impurità contenute potrebbero abbassarlo notevolmente scendendo sotto la soglia dei 180°C. Un’ottima idea sarebbe quella di riutilizzare i grassi risultanti dalla cottura, in particolare se si è effettuata la fase di cauterizzazione della bistecca in una padella in ghisa con del grasso e quindi abbiamo già pronto e disponibile un mix perfetto pronto per essere portato a temperatura. Il fat flashing è quindi una freccia in più al nostro arco per poter servire una bistecca o un arrosto perfetti ai nostri commensali, con una crosticina fantastica e con un sapore ancora più intenso.

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MATTEO DE COLLE chiede: Anatomia e genesi del Bark, dalla chimica al morso. risponde MARCO ZORZAN Il bark è così fondamentale e irrinunciabile in ogni cottura barbecue, perché ci permette di apprezzare una nota di contrasto netto tra la sua tipica connotazione croccante all’esterno e la morbidezza della carne all’interno. Ricercato da tutti i pit master e agognato da chi si avvicina a questo mondo, dona alle cotture barbecue un carattere inimitabile. Frutto di un perfetto equilibrio tra i vari elementi che lo compongono, è il risultato della somma di fenomeni chimico-fisici complessi. Nel risponderti partiamo quindi dalla chimica, parlando di qualcosa che avrai sicuramente già incontrato nelle preparazioni grilling: la famosa Reazione di Maillard, che dona alla superficie della carne quella deliziosa

MAPHIA MARANZA chiede: #chiedialcoach usando lo snake, come faccio ad affumicare in thin blue alla perfezione? Mi è riuscito solo qualche volta, non trovo un metodo per replicarlo ongi volta perfettamente. Grazie in anticipo! risponde VINCENZO SANTORO Affumicare alla perfezione ovvero in “thin blue”, bella domanda. L’affumicatura è un elemento che contraddistingue tutte le cotture Low&Slow, noi sappiamo che per parlare di Barbecue l’affumicatura diventa un elemento imprescindibile. Ovviamente l’affumicatura deve essere considerata UN ingrediente e non IL SOLO ingrediente In questa risposta affronterò un tema molto complesso, forse il più complesso dell’intero panorama delle cotture a fuoco vivo. Naturalmente per fare Barbecue è necessario affumicare nella prima parte della nostra cottura in Low&Slow (temperatura bassa per un lungo periodo). Questa modalità deriva dall’essenza stessa della tipologia di cottura, dobbiamo immaginare che inizialmente le cotture venivano effettuate nei PIT, dove il combustibile che bruciava era la legna che sviluppava fumo, motivo per il quale

crosta profumata. Essendo questo un vero e proprio processo legato a fattori quali zucchero,temperatura, umidità e tempo, il suo esito viene definito dalla”velocità di reazione”, data in questo caso da due valori: la quantità di reagenti e la temperatura. Al variare di uno dei due fattori avremo sempre una variazione nella reazione. Ciò avviene anche nella formazione chimica del bark, reazione però più complessa, perché comprende anche la polimerizzazione degli elementi idrosolubili e liposolubili che compongono il tuo rub. Nella cottura barbecue diminuiamo di molto uno dei due fattori (la temperatura) ottenendo così un riflesso nell’unità di tempo, che si dilata. Le proteine della carne, alla fine del processo, si legano irreversibilmente con il complesso di polimeri divenuti permanenti, che donano poi una sensazione unica

al morso. Nella genesi del bark giocano quindi un ruolo fondamentale questi fattori che, uniti poi al fumo indotto, portano la carne, dopo molte ore di cottura, ad ottenere le caratteristiche che conosci. Se da un lato la chimica ci spiega cosa avviene nel processo, dall’altro possiamo scegliere la qualità del nostro bark, giocando a nostro piacere sulla composizione di ciò che applicheremo sulla carne. Quasi sempre in queste preparazioni si associa un base umida aggrappante alle spezie che verranno poi strofinate sulla carne. Il variare di questi elementi può regalarci delle differenze al morso, con bark più o meno spessi o colorati. Ti invito a provare la differenza tra la senape e l’olio come base del rub: rimarrai stupido dalla differenza della consistenza finale del tuo bark.

questa componente aromatica ha da sempre caratterizzato il barbecue. È chiaro che se vogliamo fare Barbecue è necessario ricercare questa componente, nonostante il più delle volte ci troviamo a utilizzare dei dispositivi che non bruciano legna, ma carbone o gas. Ovviamente non stiamo parlando dell’affumicature che deriva dalla perdita dei liquidi e grassi, restituiti alla carne sotto forma gassosa, ma stiamo analizzando quella introdotta dalle cotture indirette, quella che nel mondo del barbecue è conosciuta con il nome di “affumicature artificiale o indotta”, e che con i dispositivi a gas o a carbone può essere simulata attraverso l’aggiunta di legna.

vare all’affumicatura perfetta ovvero la cosiddetta thin blue, è importante approfondire la composizione del legno e in particolare capire quali di questi elementi ci interessano al fine di ottenere il giusto bouquet aromatico, derivante solo dall’affumicatura thin blue. Il legno è composto da: • Cellulosa • Emicellulosa • Lignina • Altri minerali in minima parte Quello che più ci interessa non sono la cellulosa e la emicellulosa, ma la lignina. I primi sono carboidrati e zuccheri, frutto della fotosintesi delle piante e una parte zuccherina, la lignina è la parte che dobbiamo prendere in considerazione, perché a determinate temperature è in grado di sviluppare note aromatiche particolarmente interessanti

Per comprendere la complessità dell’affumicatura dobbiamo conoscere gli elementi principali che compongono il legno. Innanzitutto, il legno DEVE essere disidratato, nonostante i trattamenti, sappiamo che una piccola percentuale di acqua resterà all’interno. La prima, quella contenuta tra le fibre, si eliminerà durante la prima fase di combustione, la seconda persisterà più a lungo. Per meglio comprendere ed arri-

A differenza del seasoning, dove in modo consapevole e ingegneristico siamo in grado di replicare un rub, una marinata e/o una salamoia, per l’affumicatura raramente riusciremo a simulare il medesimo sentore, in quanto esistono troppe variabili: • La temperatura di esercizio • Dove è stata coltivato l’albero • Dove è cresciuto DICEMBRE 2018 - 77


Un altro aspetto che dobbiamo considerare è che l’affumicatura non può essere misurata come la temperatura, in quanto non esiste uno strumento che indica la percentuale di fumo assorbita dalla carne. Per ultimo ma non per importanza, la forma gassosa del fumo comporta una persistenza non uniformemente continua con il trascorrere delle ore. In tutti i dispositivi domestici normalmente la fonte di energia che produce il calore per cucinare è la stessa che si utilizza anche per attivare l’innesco della legna per affumicare, non sempre la gestione di queste due cose collimano e quindi non sempre siamo nella situazione ottimale per fare le due cose. Spesso si ragiona per priorità. Questo elemento è ancora più difficile da domare quando la camera che contiene le braci è la stessa della camera di cottura Abbiamo accennato al fatto che la lignina può sprigionare note aromatiche interessanti, per entrare nel merito dobbiamo però fare un ultimo sforzo e comprendere gli stadi della combustione della legna. Vi darò delle temperature di riferimento che mi permettono di classificare la combustione secondo 4 fasi che variano in funzione delle temperature di riferimento, e che ci servono solo per capire il ciclo della combustione. 1. Fase di disidratazione: 150°C – 260°C. Il pezzo di legno si disidrata ed elimina l’eccesso di acqua, il fumo bianco è il vapore acqueo. Inizia la produzione di anidride carbonica e iniziano a bruciare pochissimi gas. 2. Fase di gassificazione 260°C 370°C. Produzione dei gas del pezzo di legno: monossido di carbonio, anidride carbonica, verso la fase finale (370°C) inizia la produzione dell’ossido di azoto, che sarà importante per l’affumicatura. Parte la produzione di molecole di particolato che andrà a mischiarsi col vapore acqueo, che si unirà al fumo. In questa fase, se c’è un innesco, si accendono i gas prodotti mischiati

all’ossigeno dell’area che brucerà il nostro legno. L’innesco parte intorno ai 300°C 3. Fase di combustione vera e propria 370°C – 540°C (1000°F) nella quale registriamo la maggior parte di particelle interessanti per la produzione di fumo aromatico, questo fino a 450°C . Sopra questa soglia inizia anche una produzione di molecole cancerogene, non è quindi la parte ottimale di fumo da impartire alla nostra ciccia 4. Arrivati ai 1000°F inizia ad esserci la totale assenza di acqua, abbiamo eliminato la maggior parte di particolato, rimane il carbonio, che brucerà fino a formare la cenere. Ovviamente sappiamo che il legno non brucia in maniera uniforme, sappiamo essere un ottimo isolante, quindi superficialmente potrei essere nella terza fase appena sotto, invece nella seconda al cuore, o addirittura alla prima. Quindi capite che quando brucia un pezzo di legno lo fa in maniera non proprio uniforme, potrei avere vapore acqueo, una produzione di ossido di azoto, una produzione di anidride carbonica, particelle aromatiche che si hanno solo a determinate temperature. Ma che strumenti ho a disposizione per vederci più chiaro? Quali sono i parametri da controllare? Il colore della fiamma rappresenta un KPI che mi permette di valutare la temperatura di combustione del legno: • Se la fiamma è blu i composti gassosi si miscelano perfettamente con la percentuale dell’ossigeno. • Se la fiamma cambia di colore, vuol dire che questo bilanciamento non avviene in modo ottimale, quindi una percentuale di gas sfugge (si raffredda ) e non viene totalmente bruciata. In questo caso diremo che la combustione non è uniforme. Abbiamo detto che la lignina è la parte più aromaticamente rilevante, sviluppa i sentori aromatici tra la seconda e la terza fase, dai 340°C –

400 °C. Ci accorgeremo di essere in questo range perché Il legno inizierà ad ardere, il fumo quasi invisibile ci permetterà di intravedere dei riflessi blu, che potranno essere generati solo se l’ossigenazione avviene in maniera importante. Viceversa, se l’ossigeno sarà insufficiente, mancando il comburente, il legno tenderà a spegnersi emanando un fumo grigiastro. Quindi se da un punto di vista della cottura dobbiamo cuocere a bassa temperatura, dal punto di vista dell’affumicatura in thin blue, dobbiamo ragionare esattamente al contrario,. Qual è quindi la soluzione? Utilizzare piccoli quantitativi di braci e mantenere le valvole di ingresso dell’aria aperte, questo permetterà di massimizzare la ventilazione, che accelererà il processo di combustione fino ad arrivare a quel range di 340°C – 400°C, scatenando così le note aromatiche contenute nella lignina così tanto ricercate. Mantenere una T (temperatura) per una cottura in Low&Slow a 120°C è possibile in due modalità: 1. Effettuare un setup con mezzo cesto di bricchetti e poi chiudere la valvola inferiore di areazione 2. Effettuare un setup con un pugno di bricchette bene accese con la valvola ben aperta. Per cuocere, entrambi i metodi sono validi, ma l’affumicatura in thin blue si ottiene solo se ho una migliore combustione, quindi accendiamo la risposta numero 2. Il suggerimento che mi sento di dare è che per ottenere dei buoni risultati dovete evitare di affumicare con il minion method, in quanto l’aria che investe l’intera superficie di bricchette sarà insufficiente. Ne consegue che la combustione del legno avverrà ad una temperatura inferiore ai 300°C, con una produzione di fumo non ottimale. In questo caso si potrà parlare non di thin blue smoke ma di affumicatura tipo Smoldering. Ma di questo parleremo la prossima volta.

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ADVANCED TRAINING CLASSES Grill to Perfection - Smoke to Perfection EV E N TS C’è una profonda differenza che passa tra l’essere bravi e l’essere i migliori. Ed è la stessa differenza tra il cuocere bene un pezzo di carne e offrire ai tuoi commensali la bistecca più buona mai provata in vita loro.

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La mia recensione sui corsi “Grill to Perfection” Ho partecipato ai corsi GTP. Premetto sono quasi 2 anni che sono nella community ed ho studiato e provato parecchio. Devo dire bellissima esperienza, che per chi è agli inizi insegna molto ed invece per chi ha studiato già un po’ aiuta a togliere gli ultimi dubbi e a imparare sempre qualche cosa in più dall’esperienza del Coach. La parte teorica semplice e chiara mentre nella parte pratica è bello poter vedere il coach all’opera e allo stesso tempo replicare i suoi movimenti e consigli sotto il suo occhio attento. Consiglio a tutti di partecipare ai corsi sia per una crescita personale sia per il piacere di passare una bella giornata di bbq con gli altri corsisti.

La mia recensione sui corsi “Grill to Perfection” Dopo qualche mese da autodidatta decido di iscrivermi al GTP di Bologna per iniziare a studiare nel dettaglio le basi. Il corso è stato illuminante: il Coach mi ha aperto gli occhi sul mondo delle cotture dirette e delle indirette. Il tempo è volato e sia l’organizzazione del corso che la capacità di insegnamento del Coach sono state semplicemente perfette.

Marco Ferraresi La mia recensione sui corsi “Smoke to Perfection” Grande Coach! Persona disponibile e instancabile oltre che grande professionista: un mio particolare ringraziamento per avere risposto ai miei dubbi. Una giornata assai piacevole e ricca di informazioni pratiche e piena di risposte precise e puntuali in tema di Brisket, Beef Ribs e Pepper Stout Beef (scusate se è poco!) La cottura Low&Slow fa meno paura adesso.

Matteo Barlassina La mia recensione sui corsi “Smoke to Perfection” Cosa dire? Esperienza bellissima, ottimo clima di intesa con lo staff e i corsisti. E poi ci siamo portati a casa un baule pieno di conoscenza e di segreti su sua maestà il brisket. Cosa volere di più?

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DO YOU speak DIZIONARIO DEL MONDO BARBECUE

GLOSSARIO BBQ

BBQ

Hai il coraggio di ammettere che la tua fissazione nel ripetere di usare termini italiani nel mondo del barbecue, “perché la lingua italiana è così bella” sia in realtà legata al fatto che, con tutti quei termini in inglese, non ci capisci niente? Foil. Bark. Rub. Slab.

Diciamolo subito: se sei uno di quelli che “l’italiano è la lingua più completa del mondo e non abbiamo bisogno di darci delle arie coi termini inglesi!” questo mondo non fa per te. Molte delle cose che imparerai con noi provengono da una cultura gastronomica diversa dalla nostra, ma che si adattano benissimo alle nostre preparazioni, talvolta migliorandole. Un esempio? Il Reverse Searing, anche conosciuto come metodo Finney dal suo ideatore Chris Finney, tecnica utilizzata nelle più famose Steakhouse americane. Il primo a parlarne in Italia è stato...indovina un po’? Gianfranco Lo Cascio. E secondo te avrebbe do-

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3-2-1 Tecnica di cottura delle costine di maiale, le pork ribs, che divide il tempo di cottura in tre fasi: affumicatura, foil (ovvero avvolgere la pietanza nell’alluminio) e finitura, rispettivamente in 3, 2 e 1 ora. In realtà è errato considerarla una regola in ore, si tratta perlopiù di una linea guida sul rapporto tra i tempi dei tre passaggi.

A

Adobo Sauce Salsa messicana a base di peperoncino Ancho, aceto, aglio, cannella, cumino e origano, usata in particolare nel confezionamento dei peperoncini chipotle in lattina. Anaheim Chile Peperoncino che prende il nome dalla città di Anaheim, Orange County, California. Si tratta di un peperoncino blando, di colore verde e dalla forma allungata e stretta. La sua for80 - BBQ4All MAGAZINE

vuto chiamarlo “cauterizzazione inversa”? Se hai risposto sì, vuol dire che chiami Tom Cruise “Tommaso Crociera” e Morgan Freeman “Morgano Uomolibero”. Ogni mondo ha il suo gergo e se vuoi entrare in quel determinato mondo, devi imparare il suo slang, in qualsiasi lingua sia. Pensi che aprendo un libro di anatomia, senza aver studiato medicina, tu riesca a capire tutti i termini anche se scritti in italiano? Inoltre, esiste una cosa chiamata filologia. È la disciplina che serve (anche) a ricostruire i documenti letterari nella loro forma più originale. Si può quindi espandere il concetto e dire che è filologicamente molto più corretto chiamare le cose coi loro nomi originali piuttosto che usare le traduzioni. Quindi l’unica cosa da fare è studiare. Se vuoi entrare nel mondo della moda userai termini come outfit e nail art. Se vuoi essere uno di noi, userai rub e bark. Quindi studia, iniziando dalla lettera A.

ma essiccata e rossa prende il nome di Colorado Chile. Viene venduto sia fresco che in scatola, ed ha un gusto non troppo intenso e dolce, con una punta di piccantezza. Ancho Chile Peperoncino dal colore marrone rossastro molto intenso, con un gusto di paprika che spazia dal dolce al moderatamente piccante. È il più dolce tra i peperoncini essiccati. Da fresco, di colore verde acceso, prende il nome di peperoncino Poblano. Armadillo Eggs Famoso piatto barbecue preparato con peperoncini jalapeño ripieni di formaggio cremoso avvolti in uno strato consistente di pasta di salsiccia e affumicati, somiglianti a grosse uova brunite. Arni Kleftiko (Αρνί κλέφτικο) In Grecia, nelle occasioni speciali, l’agnello viene cotto in un forno a legna, sigillato con la creta e lasciato

cuocere a bassa temperatura per ore. Chiamato anche “agnello dei banditi”, poiché si crede che la tecnica sia stata inventata dai briganti che vivevano nelle montagne e cucinavano nelle grotte. L’agnello veniva condito con limone, aglio, cipolla, origano, olio d’oliva, verdure, spezie e sale, e successivamente avvolto in foglie o in un panno di cotone. Asado La tecnica del grilling (grigliare) in Argentina, Brasile, Uruguay ed altri Paesi dell’America Latina. Atomic Buffalo Turds (ABT) A dispetto del nome, parliamo di un piatto gustosissimo preparato con peperoncini jalapeño ripieni di formaggio cremoso, avvolti nel bacon ed affumicati. Au Jus “Jus” significa succo o salsa ricavata dai liquidi delle carni. “Au jus” significa servito con il suo “sugo”.


SEGUO a cura di EMILIANO NENCIONI

Seguo. Anzi, senza punto:

SEGUO

Che razza di nome è per una rubrica? Seguo cosa, la carne, le temperature? E chi è che segue? No, “seguo” è semplicemente il commento più detestato da chiunque debba curare un social network o una qualsiasi community online. E che c’entra con questa rivista? Andiamo per ordine, tra poche righe vi sarà spiegato tutto.

E’ il primo numero, per cui mi sembra necessario presentarmi: sono Emiliano Nencioni e sono stato un troll prima di voi. Un troll è una figura fastidiosa in qualsiasi tipo di comunità online, un utente che si diverte a vedere le reazioni scomposte o infastidite degli altri quando questi vengono provocati e punzecchiati. Così come la naturale evoluzione dell’hacker telematico di metà anni ’80 è stata la carriera in esperto di sicurezza informatica, il troll che cresce e invecchia, se ha fortuna e particolari capacità, diventa un community manager. Il community manager è una figura a metà fra il vigile urbano e la maestra d’asilo che cerca di far convivere in maniera sufficientemente civile gli utenti di un grande gruppo, o pagina, o forum online; questo almeno è quello che si vede da fuori, poi c’è tutto un sommerso che - lasciamo perdere. Se hai un bel gruppo su un social network, fra le tue ricchezze più grandi ci sono i commenti ai post, ma non c’è delusione più grossa di ricevere un pacco di notifiche e poi constatare che molti commenti sono inutili, tutti uguali. Seguo Seguo Non si sa bene chi sia stato il primo, non si sa chi abbia avuto la brillante idea, ma non appena qualcuno scrive “seguo” arriva una raffica di imitatori compulsivi che suppongono che scrivere tutti la stessa cosa sia

la maniera migliore per avvertire del proprio interesse verso l’argomento. Con certezza si sa che lo fanno per ricevere le notifiche dei nuovi commenti e. appunto, seguire la discussione. Potrebbero attivare le notifiche, esiste un modo semplice, indolore e silenzioso per farlo, porebbero scrivere un commento che apporti valore alla discussione, o fare una domanda. Ma no: in un momento di trasporto e di gioia nell’uniformarsi agli altri, impestano il flusso mondiale di dati con le loro cinque lettere terribili. “Seguo”, per quanto mi riguarda, è l’esempio principe del malcostume telematico: in una sola parola abbiamo pigrizia, sciatteria, inconsapevolezza del fastidio arrecato e soprattutto la voglia di emulazione. La voglia di emulazione, di uniformarsi a tutti gli altri, è quella cosa che ti fa andare sul sicuro: perché scrivere qualcosa di proprio quando si può riciclare qualcosa di altri? Perché provare a fare una battuta, quando ci sono le solite trequattro espressioni che fanno sempre ridere tutti? Tra l’altro questo è la base dello straordinario successo dei meme. Un proverbio è un meme, una filastrocca è un meme, la moda è un meme. Questa rubrica, sempre che non venga soppressa per eccesso di lamentele, ripercussioni e musi lunghi (una cosa in cui sono mio malgrado specialista) cercherà proprio di parlare di questi strani fenomeni: fauna da social, reazioni inaspettate, comportamenti di branco, e in generale strani, assurdi comportamenti di persone che altrove, offline, sarebbero individui miti. O ragionevolmente assennati. DICEMBRE 2018

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In mezzo a questo circo parleremo anche di nuovi progetti, nuove iniziative, nuovi sviluppi online (e un po’ offline) del brand BBQ4All: sì, serve una rubrica intera, perché il fermento di idee che ancora non potete vedere è incredibile. Ma avremo modo di approfondire. Uno di questi progetti, che parte proprio dalla necessità di salvaguardare la nostra utenza dalla turbolenza di Facebook, è la Premium Community. Abbiamo uno spazio nostro, privo di troll, popolato solo da utenti realmente interessati all’argomento e realmente interessati a BBQ4All, dove i coach possono concentrarsi a rispondere a curiosità e problematiche di cottura, non dovendo sobbarcarsi insulsi teatrini, reazioni da diva del cinema muto, vendettucole e colpi di scena degni di una soap opera argentina di metà anni ‘80. E’ un’opportunità fantastica per l’utente che diventa cliente e sceglie di affidarsi completamente al brand: seguito negli acquisti e nel post vendita, ogni singolo utente ha pareri chiari e autorevoli su come procedere per valorizzare al meglio carne di pregio, senza dover barcamenarsi tra decine di interventi contraddittori tipici dei social network di massa. E’ quasi un helpdesk “uno a uno”. E’ vero, forse si chiacchiera meno, forse ci si perde meno in caciara: ma è perché in quel contesto i coach lavorano, elargiscono contenuti e informazioni ben ponderate. Serio, forse, ma molto utile. E in questo ambiente le persone si adeguano, si imitano fra loro, esattamente come dicevo all’inizio; in questo ambiente un troll o uno spaccone maleducato si sentirebbe, lui per primo, estremamente fuori luogo - e infatti non si palesa. Ok, ci saranno ancora uno o due bug da sistemare, ma quanto si sta bene. Nessuno sente il bisogno di scrivere seguo: tutti seguono con grande interesse. Sono tanti i piccoli drammi telematici che vorrei raccontarvi, e con un po’ di fortuna continuerò a esporli qui, in questo piccolo spazio che mi è stato concesso. Se vorrete seguirmi.

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