N°2/ANNO 1 - FEBBRAIO 2019
MAGAZINE
GIANFRANCO LO CASCIO T UT TO QU EL LO C HE NO N D E VI FAR E PE R CR EARE U N TEAM B AR B E C U E DALLA MACELLERIA PIÙ BELLA DEL MONDO INTERVISTA AL PATRON DI
VICTOR CHURCHILL
W . E.S.T . 2 0 19 R E PORTAG E
BU IO. F R EDD O. ESTREM O.
2 - BBQ4All MAGAZINE
CREARE UN
EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO
TEAM BARBECUE TUTTO QUELLO CHE DEVI SAPERE E NON FARE Il Barbecue è una passione ormai condivisa da tantissimi. Personalmente ho sempre avuto una fiducia cieca in questo mondo e ci ho creduto anche quando nessuno (o quasi) lo riteneva possibile.
Ci ho creduto fermamente anche quando iniziò ad accendersi in me una fiammella: l’idea di portare le competizioni barbecue KCBS in Italia. Me lo ricordo come se fossi ieri: Il 21 febbraio 2014 noi di BBQ4All arrivammo a Memphis, direttamente a casa di Wayne Lohman, per convincerlo a portare la KCBS a casa nostra. Andammo lì con niente in mano e zero team attivi in Italia. Non zero virgola, zero e basta. Gli garantimmo di poter dare un contributo alla creazione del circuito e ci venne accordata la fiducia. Il 17 maggio dello stesso anno, alla Rocca di Verrua Savoia, la KCBS tenne il primo corso per giudici certificati e 74 persone ottennero il badge quel giorno. Moltissimi sono membri ancora attivi del circuito: giudici o componenti di barbecue team.
no, sarebbe una pretesa assurda. Ma di certo non si può negare il contributo significativo, anche solo in termini di ispirazione, che BBQ4All ha profuso nella nascita e soprattutto nella crescita del circuito delle competizioni in Italia.
arrivato alla fine, avrai voglia di formare una squadra per partecipare a una competizione. Mettiti comodo e leggi con attenzione, ho più di qualcosa da dirti a riguardo.
Siamo nel 2019 e di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia: i team si sono moltiplicati. Alcuni si sono sciolti per poi riformarsi sotto altri nomi, altri sono definitivamente naufragati. Lo stesso vale per le gare organizzate nel Belpaese: alcune hanno avuto più successo di altre, di certe nemmeno si parla più. Il W.E.S.T., a cui è dedicato questo Speciale di Febbraio, è sicuramente quella che gode di maggior prestigio.
L’idea è bella e stimolante ma hai una vaga idea di quanto ti costerà avviare la baracca? Ti anticipo un po’ di cose, giusto per farti passare la voglia:
Ma non è questo il punto. Il punto è che quella prima intuizione era giu sta e sono molto contento di averla avuta. Per questo motivo, ho pensato a te che molto probabilmente, una volta
Vuoi fondare un team barbecue?
• Comporta una mole di lavoro inaudita (no, di più). • È un hobby costoso (molto) e ci rimetterai dei quattrini (troppi) specialmente all’inizio. • Litigherai spesso con tua moglie/ marito/compagna(o) e anche furio samente. • Ti verrà a mancare il concetto di tempo libero. • Puzzerai perennemente di fumo di hickory o ciliegio. Anche dopo la doccia. Anche dopo lo shampoo.
Il 15 giugno, quindi meno di un mese dopo, 8 team si sfidarono alla prima edizione dell’Italian Barbecue Championship, dove Tomaso Castiglioni e il suo Pit Club furono consacrati come Primi Grand Champion della storia delle competizioni italiane. BBQ4All negli anni ha avuto addirittura 4 squadre impegnate nelle gare bbq: dal Jack Daniel’s Invitational al Prime Uve Invitational, dal W.E.S.T. a Piacere Barbecue, abbiamo vinto anche qualcosina e ci siamo tolti diverse soddisfazioni. L’evoluzione è stata significativa: dagli zero team del gennaio 2014 siamo arrivati a più di cinquanta. Tutto merito di BBQ4All? Certo che FEBBRAIO 2019
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ma non meno duro. Avrai successo, crescerai insieme alla tua squadra, rientrerai dagli investimenti e potenzialmente potrai anche guada gnarti da vivere. Scriverai un piccolo capitolo di storia e vivrai delle espe rienze fantastiche. Potrai girare il mondo, gareggiare e vincere. Aprire ristoranti, fare catering, scrivere libri, andare in tv, produrre le tue salse e le tue miscele di rub. Raccontare la tua storia a qualcuno. Sarai una persona vincente.
Jim Johnson Anche dopo giorni. • Litigherai anche con chi ti ha messo al mondo e sovente. Ma non chiedermi perché, la risposta potrebbe non piacerti. • Più diventerai bravo e più sarai il bersaglio continuo dei tuoi detrattori (ma non farti intimorire e archiviali). • Ti verranno riconosciute solo piccole parti del merito. • Non sarai capito. • Una persona saggia e posata farebbe bene a rinunciare prima di cominciare (fallo, fidati). Sei ancora lì? Non sto scherzando, è più lavoro di quanto tu possa immaginare e avrai sempre meno soldi. Può esserci solo una ragione, solo un motivo può spingerti a voler con sciamente addomesticare que sto delirio: o sei pazzo, o sei pazzo per il barbecue, o sei uno di quei pochi eletti che farà cose gloriose nel mondo della ciccia cotta al fumo di hickory. Se sei un folle, sarai un fuoco di paglia. Investirai del denaro e dopo qualche mese vedrai la tua squadra smembrarsi perché sì, non vivi in Kazakistan e gli uomini non hanno voglia di sottostare al tuo delirio di onnipotenza. Essere un leader non significa avere una patacca appuntata sulla camicia, non è sedere sul trono e comandare a bacchetta i sudditi. Essere leader è sporcarsi le mani prima e più degli altri, essere in prima linea, tirare il carretto. Tendi la corda il giusto e fai in modo che non si spezzi. Puoi anche non farlo, ma ricorda che gli altri ti guardano e 4 - BBQ4All MAGAZINE
si fanno un’opinione in base ai tuoi comportamenti. Se sei pazzo per il barbecue sarai animato dal fuoco, ma devi stare attento all’effetto “fischione impazzito”. Non pianificare, decidere oggi per domani e poi cambiare idea dopodomani, perché protenderti in avanti senza una direzione, un obiettivo o uno scopo preciso ti porterà al fallimento. Resta focalizzato, prova a non cedere alle lusinghe dei primi successi, non cambiare costantemente opinione, non contraddirti in conti nuazione, non curarti degli avversari, persegui gli obiettivi con perizia e soprattutto rispetta i tuoi compagni. Ad ogni costo. Ogni costo significa senza compromessi. Loro sono come te. Rispettali e si prenderanno una pallottola al posto tuo, non farlo e terranno il mirino puntato sulla tua nuca. Se sei l’eletto sarà molto più semplice
Ancora della stessa intenzione? Sei davvero propenso a fondare o ade rire a un team barbecue? Allora la scia che ti suggerisca 4 step da mettere in pratica per iniziare: 1. ATTREZZATURE Il primo passo è avere una strumentazione idonea. Per il grilling è semplice, basta avere un paio di kettle e un po’ di accessori e il problema è risolto. Ma l’american barbecue di livello superiore non può prescin dere da una batteria di smoker. Sì, ho scritto batteria. Diciamo che un paio sono il minimo sindacale. So cosa stai per fare: inizierai a scandagliare la rete in cerca del migliore affumicatore che il mercato possa offrire: Bullet Smoker, Kamado in ceramica, affumicatori offset tradizio nali, con flusso inverso, a pellet e chi più ne ha più ne metta. Primo consiglio spassionato: chetati e punta alla massima resa con il minor sforzo. Esistono centinaia di barbecue team americani che hanno vinto fior fiore di gare utilizzando gli smoker verticali WSM di Weber. L’attrezzo conta ma le mani e la cenere che ti
butterai alle spalle conteranno molto di più. Altro consiglio: evita gli affumicatori elettrici, a gas o a pellet perché non sono regolamentari e se non costano più di 7/8000€ possono tranquillamente essere ascritti alla categoria “giocattoli”. Un paio di WSM 57, dei termometri con termocoppia affidabile, guanti, grembiuli, pinze, ciminiere di accensione, qualche quintale di bricchetti e una cassa isobox per la birra sono un ottimo inizio. Fidati di me, bastano e avanzano. I primi tempi saranno dedicati solo ed esclusivamente al training. 2. CONOSCENZA Se pensi che ti basti uno smoker, un paio di slab di costine e qualche post letto su internet per diventare Pit Master, beh, stai sbagliando di grosso. Le ribs per gli amici sono una cosa, le ribs da presentare a un giudice in una gara sono un’altra cosa. I tuoi avversari sono professionisti e con ogni probabilità hanno alle spalle quintali se non tonnellate di cenere. Pile alte quanto un palazzo di quindici piani. Impossibile competere con loro? Nient’affatto. Se sei preparato hai le stesse opportunità di un gruppo solido e consolidato, ma non sarà un percorso breve o semplice. Gira la rete, compra dei libri importanti, segui dei corsi da dei veri professionisti, come i miei Coach. Se hai deciso di intraprendere l’avventura di un team barbecue, non ha senso non porsi l’obiettivo di diventare il più bravo del mondo. Riu scirci è un altro paio di maniche, ma non si può non tentare, giusto? La conoscenza è la chiave del tuo successo. Viene prima di ogni cosa, prima di ogni cubetto di paraffina che andrai ad accendere. Ogni volta che porti lo smoker in stabilizzazione, fissa bene il tuo obiettivo. Stai lavorando sulle ribs? Definisci a priori il risultato che vuoi ottenere. Segna i passaggi e correggili. Segna le dosi del rub e aggiustalo. Cuoci ribs fino a quando il risultato al morso è identico a quello che hai descritto sul pezzo di carta prima di cominciare. Metodo e disciplina. Non accontentarti mai del provo la prossima volta, per adesso voglio capire come viene. La prossima volta è adesso e subito, senza se e senza ma. 3. APPARTENENZA Crea la tua identità ma cerca di aderire ad un circuito. Fai squadra con
altri e fai sinergia per farti conoscere. Non fare il solone, non iniziare a parlar male degli altri credendo di apparire bello e figo: otterrai esattamente l’opposto. Crea una pagina Facebook, un sito web con un blog dove proponi dei contenuti di alto livello a cadenza più o meno regolare. Al pubblico non frega nulla se sei bello, se hai scritto libri, se vai in TV o hai il numero 1 sul biglietto dei salumi al supermercato. Le persone hanno bisogno di valore, sono molto consapevoli e, che tu ci creda o no, hanno una testa, ti giudicano e probabilmente non saprai mai cosa esattamente pensano di te. Ciò che dai deve essere e rappresentare per loro un vero beneficio. Non aspettarti lodi e preghiere perché gli ita liani non sono un popolo, sono una folla (cit.). Ed è da qualche migliaio di anni che la folla sceglie sempre Barabba. I social network hanno accorciato le distanze, hanno sfatato i miti, distrutto i mentori, annullato i riferimenti. Tutti si sentono in diritto
di criticare tutti e se da un lato è un bene, dall’altro t’impone di essere sempre al meglio di te stesso. Dai valore, resta umile e impara dai tuoi errori. In ogni caso preparati a vedere altri proporre le tue idee rimpastandole alla meno peggio. Sì, pensano che tutti apprezzeranno il loro colpo di genio tranne te, che sai di essere quello da cui hanno copiato. Non curartene, costa fatica mantenere un’identità precisa e senza ta lento li vedrai sciogliere come neve al sole. Matematico. 4. UMILTA’ Parla con il tuo team. Di tutto e di niente, del serio e del faceto, dei programmi e dello sviluppo. Scendi dal tuo piedistallo e non pensare di dover essere sul trono solo perché tu hai dato il via a tutto. Sei anche tu una persona e in quanto tale puoi commettere errori. Dovresti essere una guida giusta. Autorevole senza mai apparire autoritario. È vero, a volte non è possibile. A volte vorresti FEBBRAIO 2019
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battere i pugni ma non puoi farlo, e in ogni caso devi impegnarti ad essere la risposta ad ogni domanda. Quando non riesci ad essere quella risposta, non privarti dell’esperienza di gruppo. Magari tu sei quello che ne sa di più sul barbecue, ma ricorda che ogni membro della tua squadra potrà e saprà offrirti spunti ed espe rienze che unite alla tua visione, potranno rovesciare e sovvertire le sorti di quel problema. Ti assicuro che guidare un gruppo può essere un affare infarcito di molte insidie. Devi incoraggiare e nutrire la spinta motivazionale della tua squadra. E non devi farlo a chiacchiere, ma con fatti concreti. Non dare mai per scontata la fedeltà dei tuoi compagni perché è proprio quando lo fai che iniziano i problemi. Ti sarà necessario trovare un giusto mix di giocatori e tipi di personalità. Personaggi capaci di riuscire a stare uniti per condurre insieme un gioco inarrestabile. Allora? Vuoi proprio farlo? Se l’idea ti stuzzica ancora, lascia che ti dia 9 ottimi consigli sul “come” fare sba6 - BBQ4All MAGAZINE
gliando il meno possibile. 1. Fondazione del team In qualità di Leader, è tuo compito stabilire la mission del tuo Team. Stabilisci adesso dove vorrai arrivare e scrivi su un foglio di carta come pensi di arrivarci. Non importa quanto tempo e con quali risorse. Scrivi. Segna gli obiettivi e ragionaci. Vedrai che giorno dopo giorno quella lista apparirà sempre più chiara. 2. Co-Fondatore Da solo non vai da nessuna parte. Ricordalo. Potrai anche voler fare il solista ma se non sei Tony Stark non riuscirai mai a fare da solo ciò che potresti fare con 20 persone. Uno conta uno, venti contano venti. Potrai anche trovare degli assistenti ma sappi che prima o poi si stancheranno di vivere alla tua ombra, ti abbandoneranno e dovrai ricominciare da capo. E ti dirò di più. Se c’è una cosa che fa imbestialire le comparse è sentire qualcuno decantare la performance del divo di turno e attribuirgli tutto il merito, dimenticando di dare il giusto riconosci-
mento anche a chi era lì a dare una mano. È il modo migliore per iniziare a sgretolare la sua carriera da star. Partire insieme ad un buon CoFondatore è un passo fondamentale per il tuo team. Scegli il migliore che cono sci e che sia disposto ad impegnarsi senza riserve. Con un grande senso di organizzazione e che sia in grado di sostituirti quando non ci sei. In tutto e per tutto. Fa in modo che tu possa essere identificato come leader ma fai anche in modo che il tuo team ascolti e offra rispetto al tuo co-fondatore tanto quanto ne offre a te. 3. Nome del team Trova un nome che sia facile ma al contempo evocativo. Evita nomi banali quali “1-2-3 Barbecue” o “Happy Grill Marks”. Ricorda che dovrai invecchiare e con te anche la tua autorevolezza. Con un nome sciocco farai fatica a essere credibile. Fai in modo che il tuo nome faccia venire il mal di stomaco ai tuoi avversari ogni volta che lo sentono o lo leggono. Il nome giusto è fondamentale. Non sottovalutare questo aspetto.
4. Reclutamento Difficile non è trovare persone, difficile è farle restare a lungo. Poche semplici regole: i membri del tuo team non devono necessariamente essere i più grandi pit master della galassia. Devono solo essere ben disposti all’idea di far parte di un collettivo in cui tutto è basato sul lavoro del singolo veicolato ad un obiettivo comune. Scegli individui con diverse personalità e prova a farli lavorare insieme, in modo che il pregio di uno compensi il difetto dell’altro. Ricorda che ne vedrai entrare molti e ne vedrai uscire altrettanti. Probabilmente, a qualche anno dalla prima formazione, ti resteranno vicini al massimo un paio di membri. È una selezione naturale che fa solo bene al gruppo. Non tentare in nessun modo di trattenerli. Se non funziona, lasciali andare. Lascia il romanticismo fuori dalla gestione della tua squadra. Se c’è affinità la vedrai subito, altrimenti non la vedrai mai. 5. Eventi e Campionati Questa è la parte divertente. La cosa più importante per un team barbecue è essere attivo. Fai in modo di avere delle attività pianificate settimanalmente, specialmente durante la stagione primaverile e estiva. Or-
ganizzate reunion con gli amici o cominciate ad offrire i vostri servizi a pagamento. C’è una grandissima richiesta, la domanda è in crescita e l’offerta è davvero poca. C’è davvero spazio per tutti. Il campionato, invece, è la tua opportunità per farti conoscere, vincere ed entrare così nel circuito delle sponsorizzazioni e della promozione del tuo business. A quel punto si comincia a fare sul serio, ma ricorda che avrai a che fare con altri team altrettanto agguerriti e determinati. Dovrai continuare a mantenere la posizione acquisita. 6. Supporto Come leader del team, è tuo compito supportare i tuoi membri in ogni modo. Assicurati di ascoltare tutti, di sentire tutte le campane e fare in modo che ognuno possa dimostrare il suo valore. Ricorda che alcuni di loro possono avere molta più esperienza di te in alcuni campi e possono rappresentare un beneficio per tutta la squadra. Affida loro delle responsabilità e lascia che le gestiscano in autonomia. Dai degli obiettivi e lascia che portino a casa il risultato. Devi guidarli, non con trollarli. Fidati di loro senza riserve e allo stesso modo escludili senza pietà se il loro atteggiamento nuoce
all’equilibrio raggiunto. 7. Errori comuni Sbaglierai, è connaturato. Di seguito ti elenco alcune insidie facilmente identificabili che spesso portano al fallimento di un team. Prova a te nerle in considerazione da subito e le tue possibilità di successo aumenteranno enormemente. Troppi dirigenti. Le tavole rotonde non funzionano. Tu e il tuo co-fondatore siete più che sufficienti. Ascolta il parere di tutti ma decidi tu. Se hai l’appoggio del tuo co-fondatore, conferma la tua scelta anche se tutti gli altri non sono d’accordo. Se ne faranno una ragione o se ne andranno, fa lo stesso. Chi muore giace e chi vive si dà pace. Inattività Non stare mai fermo. Allenati, prova, pianifica, fai un progetto e seguilo. L’inattività è la prima causa di scioglimento dei team. Tieni viva l’attenzione. Dispute interne. Usa estremo giudizio ma rimuovi i rami secchi senza colpo ferire. Non offrire mai una terza possibilità ai membri che causano problemi e non
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offrire mai una seconda a chi ti crea danni permanenti. Membri che non si integrano. Ce ne saranno molti. Prova a condividere le responsabilità con loro ma allontanali se vedi che nulla cambia. Se non c’è sintonia all’inizio non ci sarà mai. Se c’è all’inizio potrebbe non durare. Quando è così, inutile insistere. L’armonia è il tuo fare; gestire i malumori interni ti sottrae tempo e risorse per fare ciò che invece ha la priorità. Generatori di cattiva reputazione Rimuovili senza pietà. Chi non ti ascolta o ha manie da prima donna è una mina vagante; lascia che esplo da lontano. Soloni I celolunghisti sono quelli che sanno fare tutto alla perfezione e criticano sistematicamente gli altri. Anche questi devono essere immediatamente allontanati. Chiunque siano. Chi non accetta la squadra è solo un opportunista che sta cercando di stare sul cavallo fino alla prossima fermata. Lascialo a piedi nel deserto. Co-Leader troppo leader Presta la massima attenzione a questo parametro perché più vai avanti e più sarà complicato mettere le cose a posto. Se è tuo amico, riconoscerà il tuo ruolo. Se prova a sopraffarti, lascialo fuori o minaccia di andartene e ricominciare altrove. Chi ti ama ti seguirà e potrebbero non essere pochi.
dizioni dovesse verificarsi. Devi essere un leader leale e con i piedi per terra. Premiare i membri, con ogni mezzo possibile, ti consente di far crescere la tua squadra e al contempo coltivare nuove leve attraverso gli anziani. Accertati che ognuno di loro sappia di avere l’obbligo di seguire le direttive che tu e il tuo co-fondatore stabilirete. Sembra banale ma ti assicuro che a volte qualcuno potrebbe far fatica a capire il motivo per cui lo hai ripreso mentre cucinava con la sigaretta accesa in bocca. Di contro, però, ricorda che quelle persone non sono lì per diritto acquisito ma per scelta. Sei un fortunato e non hai un titolo nobiliare che legittima la tua posizione. Accetta e rispetta questo privilegio in ogni momento. Senza di loro puoi averne altri ma in ogni caso, senza una squadra, non avrai nulla. Esprimi sempre la tua gratitudine e fai in modo che possano ottenere soddisfazioni personali importanti. In tutti i sensi. 9. Divertimento Divertiti. Questo è il vero spirito del barbecue: passare le notti a bere birra ghiacciata davanti al fuoco acceso mentre butti un occhio al termometro dello smoker in cui si abbronza il brisket; mangiare carne buona e cotta bene come se non ci fosse domani; abituarsi alla migliore espressione dell’alleanza e del convivio e nel frattempo guadagnare ogni possibile tipo di gratificazione. Ricorda che il barbecue ti renderà una persona felice. Senza dubbio. In alcuni casi anche benestante.
Nessuna pratica Tutti i membri del team hanno bisogno di fare pratica costante. Un membro che per esempio vive in appartamento e non ha il barbecue in casa, non può sviluppare le stesse abilità di chi accende lo smoker tre volte a settimana. Fai in modo di riservare un luogo in cui poter fare pratica costante.
Ancora qualche piccolo consiglio:
8. Leadership Il team esiste grazie a te e deve vivere grazie alla tua guida. Tutti i problemi comuni che ti ho paventato possono portare a spaccature o addirittura allo scioglimento del team. E se questo accade è soprattutto colpa tua. Tutto ciò può essere evitato adottando le giuste misure nel momento in cui una di quelle con-
Una volta che hai una base solida e sai di poter contare su un buon numero di persone, non aver timore di lasciare andare coloro che non ingranano bene o che vivono un disagio con te o con gli altri membri. Può essere controproducente per te e per loro.
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Parti con il reclutare chiunque sia interessato; avrai tempo per sele zionare. Accetta tutti ma tieni affilata la cesoia per tagliare il ramo secco ai primi sentori di inconcludenza. Cerca di limitare il numero dei componenti del team. Se si è in troppi, inizia a diventare complicato.
Non arrabbiarti mai con un membro
del team, specialmente in pubblico. Lava in famiglia i panni sporchi. Le carnevalate sono becchime per i detrattori. Mantieni sempre la calma, anche quando ottieni una sconfitta. La lucidità ti permette di trasformarla in un’opportunità, sempre. Sii onesto con i membri del team. Se in pubblico, difendili fino alla morte, con senso critico ma anche se hanno torto. Fagli da scudo in ogni controversia e parla tu al posto loro. Prendi tutti gli oneri e assumiti ogni responsabilità. Poi, lontano da tutto e tutti, quando nessuno ascolta eccetto l’interessato, sentiti libero di fare il tuo cazziatone. Non essere romantico. I membri del team vanno e vengono. Sii positivo e incoraggia chi esce per espandersi in proprio. I matrimoni che non funzionano generano solo attriti e malumori. Meglio lontani ma felici. Ac cetta di perdere qualche compagno, fa parte del gioco. Un vero amico non ti tradirà e comprenderà sempre le tue posizioni. Ricorda che un team può sciogliersi in qualsiasi momento. Se non è solo colpa tua e se sai di aver fatto bene, non abbatterti. Basta iniziare da capo e fare tesoro di ciò che hai imparato. Bene, dovrebbe essere un po’ tutto. Se sei ancora convinto di fondare un team barbecue, queste informazioni dovrebbero portarti quantomeno sulla buona strada. Perciò, se davvero sei abbastanza pazzo per il barbecue, scegli il nome del tuo team e corri fuori a fare cenere. Gianfranco Lo Cascio
LO STO R E U F F I C I A L E D E L L A
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INDICE FEBBRAIO 2019 - NUMERO 2 ANNO 1
B U TC H E R C LASS
la bistecca del mese New York Steak
WINE CLASS
vini di tutti i colori
N I C E T O M E AT Y O U
intervista a
Anthony Puharich
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S P EC I A LE
competizioni barbecue #CHIEDIALCOACH
SEGUO
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ARTICOLI 24 KCBS&SCA: storia e regolamento 26 Reportage: W.E.S.T. 2019 38 Classifica punteggi W.E.S.T. 2019 40 Intervista ad Haymo Gutweniger 45 Interviste ai Team Internazionali RICETTE 48 Kansas City Style Pork Ribs 50 Chicken thighs 52 Salsa Barbecue 54 Mini-porchette 55 Mac&Cheese 56 Il panino di Elvis 58 Missisipi Mud Cheesy Potatoes 60 Strudel di carnevale 62 Ricetta veg: rigrigliata 64 Abbinamenti vino 66 Abbinamenti birra 68 Abbinamenti cocktails
D I R E T TO R E E D I TO R I A LE
Rossella Neiadin
R E D AT T O R E C A P O
Michela Bongiorni REDAZIONE
Enio Berton, Michele Chipa, Tommaso Di Gregorio, Salvatore Di Mento, Luca Gallozza, Mariangela Ibba, Gianfranco Lo Cascio, Alessandro Morichetti, Riccardo Meniconi, Emiliano Nencioni, Carlo Trono, Paolo Tucci REALIZZAZIONE GRAFICA
Carlo Trono
C O L L A B O R AT O R I
Guglielmo Pontiggia, Ezio Spada, Marco Zorzan magazine@bbq4all.it instagram.com/bbq4allmagazine/
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BUTCHER CLASS a cura di SAL DI MENTO e TOMMASO DI GREGORIO
NEW YORK STEAK la bistecca del mese:
Delmonico’s restaurant, Manhattan, New York, 1827. Autore, luogo e data in cui venne creata la Strip steak. Molte fonti concordano e attribuiscono a questo ri storante la paternità di questa prelibatezza. La storia ebbe inizio in una pasticceria di New York, in William Street. I fratelli Giovanni e Pietro, di origini ticinesi, stanchi della loro attività decisero di seguire il loro so gno americano: aprire un ristorante di lusso. Ristrutturarono quindi la pasticceria e la trasformarono in un ristorante. Il loro obiettivo era quello di creare un ambiente invitante per i nuovi ricchi che a quel tempo iniziavano a popolare Manhattan. Per invogliare i clienti fu realizzato un menù alla carta, creata una lista di vini separata dal resto e infine ideata una nuova iconica bistecca: la Delmonico steak. Questa bistecca inizialmente veniva indicata come Kansas City Steak. In seguito a numerose lamentele da parte di alcuni clienti, lo chef decise di rimuovere l’osso e servirla senza. Di conseguenza, la dicitura sul menù venne aggiornata e diventò “New York Steak”. Questa secolare bistecca è conosciuta anche come Strip Steak. Veniamo ai dettagli: vi ricordate delle lombata formata da otto coste da cui abbiamo cominciato a smontare il nostro cuberoll per ottenere la ribeye? Ne abbiamo parlato nello speciale di dicembre. 12 - BBQ4All MAGAZINE
Bene, oggi continuiamo da quel punto per ricavare l’iconico taglio delle steak house americane. In italia è conosciuta come lombata, i più raffinati arrivano addirittura a suddividerla in lombata alta (carvery) e lombata bassa (1 rib loin); ebbene, la lombata bassa è quella su cui ci dobbiamo concentrare per ricavare il nostro striploin (o se vogliamo dirlo in italiano controfiletto) Per gli aficionados, così ci capiamo meglio: prendete una fiorentina, togliete il filetto e il fantomatico osso a T, ed otterete il controfiletto. Per ottenere le nostre amate NY Strip Steak, non dobbia mo far altro che porzionare le bistecche tagliando perpendicolarmente alle fibre del longissimus dorsi, unico muscolo di questo taglio. Unico muscolo? Beh, in realtà è una piccola bugia, perché mano a mano che procediamo caudalmente al nostro controfiletto, troveremo un punto in cui si manifesterà il gluteus medius (lo conoscete come scamone, non agitatevi per le parole troppo difficili). Trattasi solitamente dell’ultima porzione di NY Strip, se tagliate belle spesse come noi del Megastore. Ovviamente la bisteccozza potete comprarla anche con osso, ma credere che sia più buona è solo un illusione per appagare il nostro desiderio di spolparlo con i denti.
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WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI
OCCHI VINI DI TUTTI I COLORI A ME GLI
Le tonalità del liquido ammiccano. Non c’è ancora contatto, solo sguardi a distanza
L’ultima in ordine di tempo è stata la bistecca alla fiorentina di un locale molto noto, contemporaneamente cruda, bollita e bruciata. Per fortuna non l’ho mangiata, è bastato il colore: una sentenza. Le apparenze contano, spesso rivelano la sostanza, talvolta depistano. Il primo contatto con il vino è a distanza, solo visivo. A volte può ba stare uno sguardo per capirsi, o per intuire che qualcosa non va. Molto raramente, già da come il vino scende nel bicchiere o dal colore spento si intuisce l’anomalia, magari un’ossidazione precoce: vini bianchi particolarmente dorati o aranciati, privi di luminosità e brillantezza, o rossi decadenti che dimostrano 50 anni e magari ne hanno 5. Serve allenamento, certo, e mai dare nulla per scontato. L’analisi del colore del vino è inizialmente fredda e sterile, poco informativa, meramente descrittiva. I vini si dividono in 3 macro-categorie: bianchi, rosa e rossi. La scheda di degustazione
dell’Associazione Italiana Sommelier codifica 11 tinte: giallo verdolino, paglierino, dorato o ambrato, rosa tenue, cerasuolo o chiaretto, rosso porpora, rubino, granato o aranciato. Lavorando su sfumature, variazioni, intensità e riflessi si può arrivare a 36 tonalità: un arcobaleno, una mera viglia per gli occhi. L’analisi del colore è importante ma i dati, inizialmente solo quantitativi, ad un certo punto iniziano a diventare qualitativi. Se un Brunello di Montalcino è rubino scurissimo abbiamo un problema (perché il sangiovese è uva dalle tinte trasparenti) così come se un Verdicchio (nome omen) di Matelica si presenta arancione. Attenzione però. Una convin zione dura a morire in tanta parte del mondo è quella secondo cui il colore scuro e impenetrabile sia indicatore di alta qualità dei vini rossi. Al crescere del prezzo e del blasone di una bottiglia, il vino – a prescindere da zona di provenienza, vitigno e tecniche produttive – si fa viscoso,
materico ed opulento, incute timore per ostentare il suo presunto rango. Ricordo un celebratissimo vino della Napa Valley, El Dorado dei vini ca liforniani, nero come la pece e dal profumo di pesche sciroppate prepotente: prototipo del vino bomba stico, impattante. Purtroppo imbevibile, e si intuiva già dal colore. Non tutto è perduto, fortunatamente. La pigmentazione estrema non è più una virtù a prescindere. Al contrario, negli ultimi anni hanno trovato spazio vini pallidi, trasparenti, dalle tonalità pastello, a volte sin troppo. Alcuni degustatori, addirittura, di fronte a colori leggiadri si sentono confortati a prescindere, già un po’ rapiti. Che gran casino, vero? Ma facciamo un passo indietro. Il colore è solo uno degli aspetti dell’analisi visiva. Ci rendiamo conto di quanto serva proprio quando viene meno, col bicchiere nero. Guardare il vino nel calice, infatti, orienta le preferenze individuali e può dare molte informazioni. Dicono, ad esempio, che il vino debba essere limpido, ma sarà vero? Assolutamente no. Una delle espressioni più ricorrenti nel vino contemporaneo è “non chiarificato, non filtrato”. Precisa scelta tecnica che corrisponde più o meno a “non depilato”: una grande categoria che va da Sean Connery a Chewbecca, con tutti i distinguo del caso. La limpidezza a tutti i costi, cioè l’assenza di particelle in sospensione, non è più una virtù. Quello che sarebbe un difetto, un errore te cnico per chi opera industrialmente, nel caso di certi vini artigianali è una precisa scelta stilistica tesa a
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non “spogliare” il vino, mantenendo inalterato il corredo di struttura e profumi, opalescenza inclusa. Sarà poi l’analisi organolettica a determinare se la scelta sia azzeccata, ma la spasmodica ricerca del vino enologicamente ineccepibile, filtrato e limpidissimo, è stata abbondantemente ridimensionata. Per fortuna. C’è di più. Nell’ultimo decennio, hanno trovato nuova linfa, in Italia e non solo, una pluralità di vini detti “col fondo” o sur lie, cioè prodotti con il metodo ancestrale della rifermentazione in bottiglia senza sboccatura, che prevede proprio la presenza in bottiglia di particelle in sospensione, atte a proteggere dall’ossidazione e ad ampliare il bagaglio aromatico (non sempre positivamente) mettendo sul piatto un’evidente torbidità. Proporrei un vino così alla suocera per iniziare il pranzo della domenica? Certo, convintamente.
tripartizione iniziale. Ma non è tutto. Da un’uva rossa è possibile produrre vino bianco? Ebbene sì. Se lasciamo le bucce di uva bianca a contatto con il mosto (quindi facendo una vinificazione in rosso di uve bianche) nascono i vini orange, o vini bianchi macerati, tipologia contemporanea eppur arcaica, praticamente assente dalla manualistica per sommelier e riscoperta solo di recente. Basti pensare che il primo libro interamente dedicato alla tipologia – Amber Revolution del giornalista inglese Simon Woolf – è uscito appena un anno e mezzo fa. I vini ambrati hanno rivoluzionato l’immaginario, sia dei produttori che dei bevitori, facendo da ponte tra vini bianchi e rossi, stravolgendo
gusto, modalità di consumo ed orizzonti. I bianchi realizzati come fossero rossi vanno bevuti ad una temperatura più simile a quella dei rossi che dei bianchi (il freddo li aneste tizza) e nelle zone d’elezione, come il Carso a cavallo tra Friuli-Venezia Giulia e Slovenia, vengono abbinati con quasi tutto perché hanno tannino e acidità, corpo e articolazione. Curiosamente, spesso vengono prodotti attraverso una macerazione in anfora, tecnica ispirata dalle vinificazioni tradizionali in Georgia (storicamente culla della vite, da Mosè nella Bibbia in poi) e diffusa in Italia con tale vigore da essere famosa in Francia quasi alla stregua di una “tecnica “italiana”. Ma questa è un’altra storia…
Tollerato inizialmente solo nei rossi da lungo invecchiamento, il leggero deposito sul fondo della bottiglia non è più un tabù ma nel caso dei vini bianchi – dove la pigmentazione gialla rende ben più evidente la velatura – pone non pochi interrogativi. Tecnici ma anche estetici, formali e sostanziali insieme perché troverete ben più di un enologo considerare “difettoso” un vino bianco solo perché non perfettamente limpido. La limpidezza, però, è strettamente collegata alla trasparenza, cioè la capacità del liquido di farsi attraversare dalla luce. Ma come nascono i colori? Il colore, sotto forma di antociani, sta nella parte esterna della buccia (eccet tuate le uve tintorie, in cui anche la polpa è colorata) ed essendo solubile viene trasmesso al mosto attraverso la macerazione, cioè il contatto con la buccia stessa. Tradizionalmente, si parla di vinificazione in rosso quando il mosto rimane per un periodo più o meno lungo (diciamo da 3 a 30 giorni) a contatto con le bucce, mentre si parla di vinificazione in bianco quando mosto e bucce vengono immediatamente separate. Il vino sarà quindi rosso rubino o granato, tra sparente o impenetrabile, a seconda della varietà di uva di partenza, dell’età e delle modalità di estra zione del colore. Un’infinità di sfumature che espande a dismisura la FEBBRAIO 2019
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IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI
G RA N D I V I N I COLORI DIVERSI
DA PROVARE ASSOLUTAMENTE
Giallo paglierino torbido Zero Infinito Pojer e Sandri Bianco frizzante col fondo prodotto da quel genio di Mario Pojer, scienziato pazzo e buono col vizio della sperimentazione. Da uve solaris, una varietà resistente interspecifica, profuma di Fanta (aranciata, mela gialla, albicocca), è secco e godibilissimo.
Giallo dorato carico Terminum Alto Adige Gewurztraminer Vendemmia Tardiva, Tramin L’uva aromatica per eccellenza vi nificata dalla cantina cooperativa altoatesina che ne è interprete di riferimento porta ad un vino dolce strabiliante, dal profumo intenso e penetrante che inebria e stordisce come un indimenticabile doppio passo a velocità supersonica di Ronaldo, con litchi, mango, ananas e pompelmo. Goduria allo stato puro, non delude mai.
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Giallo paglierino intenso Villa Bucci Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva, Bucci Un grande classico dei vini bianchi italiani è un Verdicchio che viene dalle Marche, matura in legno grande e ha profumi delicati di anice e finocchietto anche dopo una lunga permanenza in bottiglia. Chi ha bevuto Villa Bucci 1988 con 25 anni sulle spalle deve ancora riprendere coscienza.
Giallo ambra Vitovska Venezia Giulia igp Zidarich Un eccezionale campione dei bian chi macerati che mantengono un carattere di ferro: dorato non limpido, dal profumo di cera d’api, arancia candita, miele e pietra e con un gusto irradiante, ampio e saporitissimo. Quando è in carta al ristorante, lo ordino sempre.
Ambrato Ribolla Josko Gravner Un must assoluto tra i vini bianchi macerati, arrivando nelle migliori annate anche a 7 mesi di macerazione. Gravner è il capostipite moderno di questa vinificazione e il suo radicale ripensamento stilistico (figlio dei viaggi in Georgia a partire dall’anno 2000) ha influenzato produttori in tutto il mondo. Vino da servire a non meno di 14 gradi e da lasciare a lungo nel bicchiere per goderne tutta l’evoluzione olfattiva.
Rosa cerasuolo Piè delle vigne Cerasuolo d’Abruzzo Cataldi Madonna Il rosato in Abruzzo è vino quotidia no per eccellenza, dal colore carico, quasi rosso perché l’uva montepulciano ha una pigmentazione importante. Il prof. Luigi Cataldi Madonna lo interpreta con la tecnica della svacata (a un 85% dell’uva vinificata in bianco viene aggiunto un 15% di liquido che fa 4-5 giorni di mace razione). Perfetto con una tonnellata di arrosticini.
Rosso porpora scuro Es Primitivo di Manduria Gianfranco Fino Da alberelli che guardano il mare, su terre rosse da 400 grammi di uva per pianta raccolta a fine agosto viene uno dei vini rossi più premiati d’Italia. Ricco e denso, opulento ma non greve, è una macedonia di frutta scura matura che avvolge il palato e si pianta nella memoria. Deep Purple.
Rosa tenue Bardolino Chiaretto Rodon Le Fraghe Prototipo assoluto del rosato leggero e spensierato, tonico e pimpante, icona dei vini da piscina. Sbarazzino, dal colore delicato e dai profumi floreali che ammiccano senza mai stancare. Il tappo a vite è un plus.
Rosso rubino trasparente Pian del Ciampolo Montevertine Vino d’ingresso di un’azienda-mito nel cuore del Chianti Classico. Da uve sangiovese al 90%, con un saldo di canaiolo e colorino, incarna il prototipo della grazia, con giochi di trasparenze e profumi che ammaliano, conquistano e stordiscono. Prezzo accessibile, un inno alla gioia.
Rosso granato chiaro Barolo Cav. Lorenzo Accomasso Basti il nome perché è ricercatissimo in tutto il mondo ma introvabile. Un Barolo classico d’altri tempi come chi lo produce, una figura mitica distante anni luce dalle mode. Quasi aranciato trasparente, scarico e dai profumi classici di terra, viole e tartufo, antitesi perfetta del vino da competizione. Bello anche solo da immaginare.
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NICE TO MEAT YOU - INTERVISTE a cura di PAOLO TUCCI
INTERVISTA A
A N T H O NY PUHARICH
MENTE E CUORE DELLA MACELLERIA PIÙ DEL
bella mondo
Questo mese prendiamo insieme a voi un aereo per il continente australiano, direzione Sydney, per portarvi alla scoperta di Victor Churchill, nominata nel 2009 come macelleria più bella del mondo, uno dei templi mondiali della lavorazione delle carni di alta qualità. Il fondatore e cuore pulsante di questa istituzione, Anthony Puharich, ci ha portato in un viaggio alla scoperta delle radici di un progetto che ancora oggi continua costantemente ad innovare il modo di intendere, relazionarsi e consumare la carne in ogni angolo del pianeta. Incastonata in una strada di Woollahra, operoso quartiere di Sydney non lontano dal centro, nasce sulle ceneri della più antica macelleria d’Australia, Churchill’s Butcher Shop, fondata nel lontano 1876. Salvata e riaperta dai Puharich nel 2009, il nome del negozio viene in parte modificato da Anthony aggiungendo all’insegna il nome di Victor, suo padre, un gesto estremamente umano, che racchiude un omaggio al prezioso passato della famiglia Puharich e la unisce a doppio filo al futuro radioso della carne e della gastronomia australiana nel mondo.
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Nome? Anthony Puharich Professione? Macellaio Australiano DOC? Si può dire così, sì. In che senso “Si può dire”? Sono nato e cresciuto qui ma la mia famiglia è originaria della Croazia. Quasi tutti gli australiani o sono discendenti di immigrati, o dei nativi aborigeni, i soli autentici abitanti del continente prima dell’arrivo degli Inglesi. Quando i miei antenati approdarono qui quasi 50 anni fa, portarono con loro un cambio d’abito in valigia e l’unica eredità di famiglia trasportabile: il sapere trasmesso dalle generazioni di macellai che li avevano preceduti. L’eredità di famiglia come si riflette nel tuo lavoro? E quanto il tuo essere nato in Australia? Direi 50-50. L’arte degli insaccati, di affumicare il prosciutto, di preparare i ćevapčići e di utilizzare l’intero 20 - BBQ4All MAGAZINE
animale, quindi anche le frattaglie e le ossa, derivano dalla filosofia di mio padre. In un paese come la Croazia, storicamente più povero dell’Australia, lo spreco concesso al macellaio era zero. La metà australiana che è in me ama invece l’arte del BBQ, del giocare e lavorare con carne e fuoco. Queste due tradizioni sono tenute insieme da un forte sentimento che le accomuna: il rispetto, per l’animale in primis e per il cliente che andiamo a servire.
siano, sembrano non avere più il tempo di cucinare, di stare in famiglia o di recarsi dal proprio macellaio locale. Tutto quello che comprano deve necessariamente essere disponibile in un solo luogo, nel medesimo istante. La distribuzione organizzata sta mettendo in crisi primo fra tutti il negozio di vicinato, distruggendo il mondo delle relazioni che ruotano intorno a noi. Noi di Victor Churchill siamo impegnati nel combattere questi fenomeni il più possibile!
A quali sfide va incontro un macellaio che lavora in Australia? Per dirla tutta, in questo particolare momento storico non riusciamo a trovare collaboratori. C’è un vero e proprio salto, in termini di competenze e attitudine al lavoro fra la generazione di professionisti affermati che oggi ha 60 anni, come mio padre, ed i giovani che si avvicinano alla nostra industria oggi.
In che modo? Cambiando, evolvendo, attraendo nuove persone verso il nostro mondo, sia davanti che dietro il bancone. Per fare questo il tema del viaggio è fondamentale. Noi incoraggiamo i nostri macellai a viaggiare, assaggiare, comprendere altre culture gastronomiche e farle proprie. Organizziamo corsi e organizziamo degli stage che danno la possibilità ai nostri collaboratori di esplorare e lavorare in altre aziende. La macelleria deve essere un luogo di crescita e sviluppo, questo è
Un altro tema molto attuale qui a Sydney è quello della distribuzione organizzata. Le persone, ovunque
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il segreto per diventare un grande mastro macellaio. Il nostro obiettivo è sempre stato cercare di tra sformare Victor Churchill in un faro di speranza per tutti i macellai del mondo, incoraggiandoli a spingere sull’acceleratore, e ricordandogli che “si può fare “. Parlando di carne in generale, la ciccia va mangiata... In un solo modo: con la famiglia, gli amici ed un’ottima bottiglia di vino! Un consiglio per i nostri lettori: il tuo taglio preferito? Personalmente amo una Rib eye con osso, frollata dalle 4 alle 6 settimane e ben grigliata. La piccola noce di grasso che contiene, una volta in cottura, si scioglie lentamente mantenendo la carne unta e succosa a dovere. Preferisco tagli proveniente da animali più maturi, fra i 28 e i 36 mesi. Parlando di tagli più economici hai qualche suggerimento? Sicuramente l’Inside Skirt, da non confondere con il taglio Hanger steak. Ha una fibra particolarmente adatta ad assorbire le marinature, basta scottarlo velocemente per ottenere una bistecca piena di sapore e morbidissima.
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In Australia non si mangia solo carne bovina. Se dovessi scegliere due specialità locali: wallaby o canguro? Canguro! Amo la carne di canguro principalmente perché è nativa austra liana. Per generazioni non è stata consumata poiché avendo a disposizione una vasta scelta di carni, gli australiani sono stati un po’ viziati. Ma con 60 milioni di canguri che trotterellano in giro per l’Australia nutrendosi di cibi incontaminati, oggi più che mai ha senso guardare alla carne di canguro come una risorsa preziosa e abbondante, traendo ispirazione dalle abitudini alimentari degli antichi aborigeni, che molto più di noi sapevano interpretare l’abbondanza alimentare presente sul nostro continente. La carne è molto gustosa, ricca di ferro e non troppo grassa. Cotta per poco tempo ad alta temperatura, è perfetta a cottura media, oppure ideale per stufati. La coda in particolare cotta a bassa temperatura è una vera prelibatezza, soprattutto se abbinata a spezie locali, che difficilmente potrete trovare sugli scaffali europei. Cosa significa essere sostenibili nel mondo delle carni? Con un consumo di carne di circa 110 kg l’anno a persona, noi australiani
siamo il terzo paese dopo Stati Uniti e Kuwait per consumo mondiale pro capite di carne. Essere sostenibili per noi di Victor Churchill ha si gnificato innanzitutto accettare di essere parte del problema. Questo ci ha fatto capire che potevamo essere anche parte della soluzione. Dato il forte impatto che l’allevamento industriale della carne ha sull’ecosistema, non possiamo aspettarci un futuro roseo per i nostri figli se non cambiamo le nostre abitudini. Dobbiamo scegliere animali alimentati in maniera corretta, senza mangimi di dubbia qualità e tracciabilità, da allevamenti che cercano di minimizzare il proprio impatto sul territorio. Non voglio fare come gli struzzi e nascondere la te sta nella sabbia. A Victor Churchill ad esempio, abbia mo voluto dare il nostro contributo con un progetto legato al mondo del Rose Veal. Rose Veal? Ci puoi spiegare? L’allevamento di vacche da latte in Australia è una vera e propria indu stria intensiva che ogni anno genera uno scarto di circa 400.000 vitelli da latte, la cui carne, non particolarmente pregiata, viene venduta a poco prezzo senza curare l’alimentazione
o il welfare dell’animale. Il nostro progetto “Rose Veal” ha lo scopo di trasformare questo “scarto” in animali di alta qualità, tramite uno specifico programma di allevamento della durata di 7 mesi che ci regala capi di circa 150 kg di peso. Il risultato è una carne particolare, dal sapore elegante e delicato, morbida e magra, perfetta per persone che cercano una fonte gustosa e magra di proteine. Abbiamo iniziato 4 anni fa per seguire la nostra inclinazione etica volta alla sostenibilità, ed ora non riusciamo a stare dietro alle richieste che riceviamo, soprattutto dall’estero. Il ricordo più bello dietro al bancone? I primi 5 anni di attività passati a lavorare gomito a gomito con mio padre, le giornate di 14 ore spese ad affrontare la sfida dell’essersi messi in proprio, lavorando accanto al mio modello e mentore. Sembrerà ovvio e stucchevole, ma dal punto di vista tecnico ritengo mio padre Victor il miglior macellaio del mondo. E tua moglie? Ormai sarà diventata vegana... Conosco mia moglie da 25 anni e siamo sposati da 20. Durante gli alti e i bassi legati all’espansione della
nostra macelleria e al crescere quattro figli insieme, si è sempre rivelata la mia supporter numero uno, capace di ascoltare idee per nuovi progetti e dare giudizi puntali e costruttivi. Per quanto riguarda diventare vegana, non credo ci sia questo problema, adora la carne, anche se negli ultimi anni abbiamo ridotto il nostro consumo in famiglia. Come mai? Crediamo che mangiare meno carne sia parte della soluzione agli squilibri della catena alimentare. Meno carne, di alta qualità, cucinata in manie ra impeccabile e creativa, traendo spunto da altre culture. L’Asia, con la sua dieta fatta di verdura e carni cucinate in maniera gustosa e sempre diversa, avrà un enorme impatto sul modo in cui l’occidente si alimenta, vedrete! E guardando al futuro? Dopo tanto lavoro cosa ti rimane da fare? Se penso a quanta strada abbiamo fatto ancora non ci credo. Oltre alla nostra azienda di distribuzione Vic’s Meat e al nostro flagship store Victor Churchill, abbiamo realizzato anche uno show televisivo, The Chef & The Butcher e scritto un libro, “Meat“, pubblicato pochi mesi fa, una vera e propria bibbia della carne volta a
tra smettere al mondo quanto abbiamo imparato in 20 anni di storia. Nel Novembre 2019 apriremo a New York all’interno del mercato voluto dal mio caro amico Anthony Bourdain, ahimè scomparso da poco, un secondo Victor Churchill, per poter condividere con una platea più grande il nostro ethos e la nostra visione del mondo delle carni. Dopo tutto questo lavoro e dopo 22 anni dietro al bancone, in futuro voglio passare più tempo con la mia famiglia e viaggiare di più. Non vedo l’ora di poter tornare a Milano, una delle mie città preferite. La gastronomia Peck è uno dei miei punti di riferimento per ambiente, servizio al cliente e scelta. Un ultimo consiglio per i nostri appassionati? Non abbiate paura di fare errori. È tutta la vita che vivo con e per la carne, macellando, studiando, gri gliando ed ancora di tanto in tanto commetto errori e imparo. Perseve rate e raggiungerete il vostro obbiettivo! Grazie mille per il tuo tempo Anthony! A te Paolo, ti aspetto di nuovo a Sydney!
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APPROFONDIMENTO a cura di MICHELE CHIPA
KCBS &SCA UNA PICCOLA GUIDA
La Kansas City Barbecue Society (KCBS) è un’ associazione che nasce negli Stati Uniti nel 1985, la sua missione è la celebrazione, l’insegnamento, la protezione e la promozione del barbecue americano come tecnica culinaria, sport e forma d’arte. Quale miglior modo di compierla se non creando un circuito di gare?
La gara di barbecue è un evento durante il quale decine di team si sfidano a colpi di carbone durante un intero fine settimana. Il pubblico può interagire con i team in gara, rispettandone il lavoro, e assaggiando le preparazioni. Ogni team deve presentare un campione delle pietanze preparate ad un pool di giudici che le valuterà secondo le regole KCBS. I giudici ovviamente non conoscono la provenienza dell’assaggio per garantire la massima oggettività di giudizio. Attualmente la KCBS conta più di 20.000 membri in tutto il mondo e ha a disposizione giudici per oltre 500 eventi all’anno. Ma quali sono le preparazioni che ogni team deve consegnare obbligatoriamente? Le quattro categorie obbligatorie sono: chicken, ribs, pork e brisket La carne viene ispezionata prima dell’inizio della gara (meat inspection) al fine di valutarne la conformità alle direttive: solo dopo l’ispezione i team potranno iniziare a prepararla. Questa operazione viene eseguita dai REP ovvero i rappresentanti KCBS responsabili della correttezza della manifestazione. Oltre all’ispezione, i REP devono controllare il rispetto della normativa di gara, degli orari dei turn in (la consegna delle preparazioni), della regolarità dei giudizi e, infine, proclamano i vincitori di categoria e assoluti. Possono esser presenti delle categorie facoltative come 24 - BBQ4All MAGAZINE
chef choice, mistery box, salsa bbq ed altre che non concorrono alla definizione del vincitore finale, ma solamente del vincitore di categoria. Non è possibile utilizzare per la cottura dei dispostivi a gas o elettrici. Come si svolge la gara? La gara è articolata su due giorni, generalmente un fine settimana. Spesso si parte già il venerdì con la judging class, ovvero il corso finalizzato alla formazione di nuovi giudici. Il sabato mattina/primo pomeriggio è dedicato alla preparazione dei dispositivi e della postazione di lavoro e alla meat inspection. Successivamente si parte con la preparazione della carne: e qui ogni team ha una propria strategia. C’è chi va in cottura per l’intera notte (overnight), c’è chi preferisce farlo la mattina prestissimo e accorciare i tempi: in ogni caso, il campo gara non chiude mai. La domenica è il giorno della consegna delle prepara zioni (turn-in) e della valutazione dei giudici. Ogni tipo di carne deve essere consegnata in un box bianco fornito dall’organizzazione che non porti segni distintivi, ma solo un numero, assegnato anch’esso dall’organizzazione. Si parte col pollo alle 12, le ribs alle 12,30, il pork alle 13 e il brisket alle 13, 30. Le categorie extra vengono consegnate dopo. La tolleranza per la consegna va dai cinque minuti prima ai cinque minuti dopo l’ora prestabilita. Sforare quell’orario significa essere squalificati per quella determinata categoria. Nel pomeriggio della domenica avvengono le premia zioni e la proclamazione dei vincitori.
Come si svolgono i giudizi?
Che cosa è la SCA (Steak Cookoff Association)?
I giudici incaricati agli assaggi vengono divisi in tavoli composti da 6 membri. Ogni tavolo ha un responsabile (table captain) che controlla la regolarità dell’assaggio. Per avere il risultato più oggettivo possibile, ogni tavolo assaggia preparazioni di diverse squadre in modo da evitare che lo stesso team sia valutato sempre dal medesimo tavolo.
È sempre più frequente l’abbinamento di una gara SCA ad una gara KCBS. La SCA fu fondata nel 2013 e, a distanza di 5 anni, sanziona ben 180 eventi nel mondo. In una competizione di questo genere si va a giudicare la cottura della bistecca. In questo caso, per cuocere le bistecche sono permessi tutti i tipi di dispositivi, quindi anche quelli elettrici e a gas.
Ogni giudice valuta l’assaggio e dà una votazione numerica da 2 a 9 su tre aspetti: appearance (aspetto), taste (gusto), tenderness (morbidezza). La somma dei voti, al netto del giudizio peggiore, moltiplicato per un coefficiente di ponderazione predefinito (gusto più importante di morbidezza, morbidezza più importante di aspetto) dà il punteggio alla preparazione. Ogni categoria obbligatoria dà un punteggio ed una classifica Dalla somma dei punteggi di ogni categoria si ottiene il vincitore (Grand Champion) e il secondo classificato (Reserve Grand Champion).
Per evitare anomalie, le bistecche vengono fornite direttamente dall’organizzatore (taglio ribeye). Le squadre vengono estratte per la scelta delle due bistecche da grigliare. Devono però presentarne una sola. Il grado di cottura deve essere rigorosamente medio (warm pink center) e gli aspetti giudicati sono taste (gusto), doneness (grado di cottura), texture (consistenza della carne), appearence (aspetto) e overall impression (impressione generale). La somma dei voti dei giudici decreta il vincitore.
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REPORTAGE - testi di MICHELA BONGIORNI foto di ROSSELLA NEIADIN
WEST 2019 CRONACHE DEL GHIACCIO E DEL FUOCO Non è facile raccontare cosa sia una gara di barbecue a chi non l’ha mai vissuta. Mi ricordo bene la prima volta che ho cercato di descriverla ad amici e parenti: facce smarrite e sguardi interrogativi, con sorrisi fintamente accondiscendenti e commenti cortesemente distratti, tipo “ma pensa. Che bello. Insomma cucini tanto, eh? Brava.” Per questo motivo, non farò un semplice resoconto di quello che ho vissuto, ma cercherò, caro lettore, di prenderti per mano e portarti con me attraverso la gara di barbecue più estrema e spettacolare che, a tutt’oggi, viene organizzata ogni anno in Italia. Non sarà una descrizione, sarà un viaggio, anzi, un’immersione, quindi amico mio prendi fiato e facciamo il salto.
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l W.E.S.T. – Winter Extreme South Tyrol BBQ Contest è una gara di barbecue sanzionata dalla Kansas City Barbecue Society (KCBS). Viene organizzata, sempre a Gennaio ormai da cinque anni, dai leggendari MiG (Männer im Glutrausch, ovvero, in libera traduzione: uomini nell’ebbrezza della brace): Haymo Gutweniger, Michele Capano e Myrko Leitner. Uniti da una fortissima passione per la griglia e per il barbecue americano, un bel giorno i MiG hanno deciso di organizzare una gara di barbecue che fosse unica ed estrema. E ci sono perfettamente riusciti. Per darti solo una piccola idea di dove si svolge questa competizione, ti fornisco qualche informazione geografica e climatica: siamo a Riva di Tures, in provincia di Bolzano, a 1542m nella Valle Aurina ai piedi del Collalto (3.436 m), il monte più alto e imponente del Gruppo delle Vedrette di Ries. Pensi di potere arrivare quassù e sperare in una bella giornata di sole per scaldarti? Sbagliato. In Gennaio, ovvero il mese in cui, lo ripeto, ogni anno viene organizzata la gara, ci sono solo dai 30 ai 60 minuti di sole che illuminano l’area contest e la temperatura scende quasi sempre fino a -20 gradi centigradi e oltre. Senti già il freddo? Per arrivare fin qua, noi della redazione del BBQ4All Magazine abbiamo preso quattro treni, un autobus e un taxi. A ogni cambio, scendevamo di cinque o sei gradi rispetto alla fermata precedente. Il viaggio faticoso fa parte del pacchetto. Devi letteralmente arrampicarti, devi sudarti la meta. E quando arrivi, sei solo all’inizio.
Appena metti piede sul ghiacciato suolo del campo gara, due cose ti rimangono impresse: la meraviglia del pae saggio che si apre intorno a te, così bianco e accecante, fatto solo di monti, vallate e metri di neve (hai presente “Frozen”? Manca solo Elsa che canta “Let it Go”) e il pensiero “queste temperature non sono compatibili con la vita umana, chi me lo ha fatto fare?”. E se lo pensa chi, come noi, è solo uno spettatore, ti lascio immaginare cosa possano pensare coloro che gareggiano. La competizione si svolge il sabato e la domenica (sì, la notte compresa), ma già dal venerdì qui tutto è in fermento: ci sono nuovi giudici da formare con la KCBSJudging Class, durante la quale viene insegnato, a chi vuole diventare giudice per le gare future, quali siano i parametri da tenere in considerazione e quale sia il flavour profile di ogni singola preparazione; ci sono i team che cominciano ad arrivare e a scaricare tutta la loro roba (smoker, kettle, isobox, coltelli, taglieri, utensili da cucina, tavoli, sedie, stufe, cibo, alcol di varia natura, gazebo aggiuntivi) per sistemarsi in una delle trenta casette di legno che sono state tirate su apposta per l’occasione. Ah già, le casette di legno sono state usate dal secondo anno: nel primo erano stati messi a disposizione dei normali gazebo. I sopravvissuti lo ricordano come una sorta di espiazione dei loro peccati. Ma, come si sa, dagli errori si impara, ed ecco quindi tutte queste casettine immerse nella neve, che ricordano molto il villaggio di Babbo Natale. Solo che qui non ci sono gli elfi a costruire giocattoli per bambini viziatelli. Qui si griglia. Forte.
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Arriviamo sul campo gara sabato mattina: diversi team non sono ancora arrivati, molti invece si stanno sistemando, alcuni sono già con i dispositivi accesi e con la ciccia in cottura; non è certo quella che verrà presentata in gara, è un’altra ciccia: quella del divertimento e del sollazzo. Ci accoglie un Haymo indaffarato e gentile: “sono contento che siate arrivati! Trenta team in gara quest’anno! Abbiamo fatto il sold out di iscrizioni in poche ore”. Ci promette poi che ci concederà un’intervista di lì a breve. Nel frattempo ci invita a fare un giro sul campo gara. Fra poco ci sarà la Meat Inspection: i responsabili KCBS controlleranno la carne dei team per verificare che sia ben conservata, che non sia già pretrattata e che i tagli siano quelli previsti dal regolamento. Le quattro categorie ufficiali sono: Chicken, Ribs, Pork e Brisket. La prima cosa che facciamo è cercare i team italiani presenti: Bros Hog, The Barktenders, Psycho Dog, Luna Smoke, Burros, Italian Style e Smokin’Hot. Gli altri provengono da varie nazioni: Austria, Belgio, Svizzera, Germania, Svezia; ci rila sceranno interviste molto interessanti che potrete leggere qualche pagina più avanti. Incontriamo subito Alessandro Pavanello, degli Italian Style, che è lì insieme al suo team per partecipare solo alla SCA. La Steak Cookoff Association (SCA) è una mini-sfida affiancata alla gara maggiore: si svolge il sabato nell’arco di poche ore. L’organizzazione for-
nisce le bistecche (Ribeye) ai team partecipanti che possono scegliersi la propria fra tutte le bistecche presenti sul bancone, in base a un’estrazione. Tutti possono scegliersene due, ma devono poi presentarne una sola. Accanto alla bistecca, in questa occasione le squadre dovranno presentare anche un altro piatto: l’hot dog. La prima cosa che ci fa vedere Alessandro è proprio una foto di quello che presenterà ai giudici. Già ci fa venire fame: abbiamo davanti una goduriosa preparazione a base di hot dog e mac&cheese, una di quelle cose che fa salire il colesterolo solo a guardarla.
Fra poco i team che partecipano alla SCA devono andare a scegliere le bistecche, poi hanno poco tempo per cucinarle e per presentare i loro piatti: alle 16 devono correre a consegnare le Ribeye, alle 17 l’hot dog, poi possono rilassarsi un pochino in attesa della prima piccola premia zione, che ci sarà alle 18,30 circa. Lasciamo Alessandro a studiarsi le varie strategie di cottura e prose guiamo il nostro giro nel campo gara. Quest’anno c’è una gran bella novità: i foodtruck, fra cui quello dei MadforBbq, ragazzi riminesi che servono continuamente panini caldi con salsiccia affumicata, pulled pork ed altre preparazioni bbq e i Burros (che sono anche un team in gara) che servono i tortellini di Modena nel brodo caldo, un vero sollievo dal freddo intenso che già si insinua sotto le giacche. Mentre ci aggiriamo timidamente fra le casette dei team, incontriamo Marco Agostini dei The Barktenders che, con le sue due Ribeye appena scelte, ci saluta e ci dice che esi stono diverse strategie per la cottura della bistecca. C’è chi mette un rub particolare, chi sceglie di usare il burro, chi la lega come un filet mignon. Sappiamo che la bistecca non potrà essere trimmata e che l’assaggio avverrà dopo che i giu-
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- 29
dici avranno valutato il grado di cottura (è richiesta una cottura media da regolamento). Tutti quanti presentano le bistecche con grill marks nette e di un bel colore marrone scuro. Chiediamo se è un paramentro richiesto e ci viene riposto che è come lo smoke ring per il Brisket: le grill marks non sono obbligatorie ma ufficiosamente è meglio se sono presenti, perché la bistecca risulta più bella. Vedendo che alcuni team non sono ancora arrivati, decidiamo di fare qualche foto e di aspettare poi la premiazione SCA nella tenda riscaldata, dove costantemente vengono serviti the caldo, birre, liquori e bibite. La musica è alta, gli avventori e i curiosi si avvicendano, l’atmosfera è di festa. Accanto alla tenda c’è anche un bar che serve, fra la altre cose, il latte caldo con Zabov: schiumoso, liquoroso, bollente è quello che ci vuole per riscaldarsi. Non mancano le toilette pulite e i servizi essenziali: l’organizzazione è una macchina perfettamente oliata. Alle 18,30 le prime premiazioni: la tenda riscaldata si riempie, siamo tutti seduti ai tavoli e già abbiamo un piccolo spoiler di quella che sarà la grande premiazione, l’indomani. La cerimonia finisce presto, fra gridolini di gioia e applausi, poi Haymo preannuncia che sarà una serata di festa con musica dal vivo e cuochi che serviranno, intorno alla mezzanotte, la zuppa di gulash. Divertimento per tutti tranne che per i team, per loro inizia la vera sfida: sopravvivere alle temperature che scenderanno anche sotto i -20 gradi durante la notte. Eh sì, mio caro lettore: qui si fa sul serio. Le squadre presenti in gara si dividono abbastanza
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equamente in due scuole di pensiero: cottura hot&fast e cottura low&slow. Chi opta per la tradizione, ovvero per il calore dolce e prolungato nel tempo, sceglie di farsi l’overnight, cioè di controllare le proprie prepara zioni, che lentamente cuociono chiuse nei dispositivi, per l’intera notte (i team più numerosi riescono a dividersi il picchetto in due turni). Il low&slow è la scelta di Massimo Zaramella degli Psycho Dog, che ci dice in modo un po’ colorito ma decisamente esaustivo: “Per me solo tradizione, solo low&Slow. Venire in gara e fare hot&fast è come grattarsi il cuBIP! coi guanti”. Di altro avviso Carlo Alvaro dei Bros Hog, team pluripre miato in Italia e in Europa: “Durante le prime gare ti fai tutta l’overnight, perché è parte del divertimento. Poi quando come noi ne fai dodici o più all’anno, capisci che dormire la notte è molto importante ai fini del risultato, e quindi abbandoni il low&slow in favore dell’hot&fast”. Chi esegue questa tecnica, infatti, va a dormire la notte e arriva sul campo gara alle cinque del mattino per iniziare le cotture. Le due diverse scuole di pensiero sono anche, per estensione, un diverso approccio alla gara in generale. C’è chi la vive più come competizione sportiva, chi invece vuole godersi proprio ogni minuto e considera parte del divertimento anche la mancanza di sonno. Ma non credere a chi ti dice che va lì solo per partecipare: anche i team più sgarrupati e improvvisati del mondo vanno lì perché sotto sotto sperano di portarsi a casa uno o più premi. Fare una gara di barbecue è costoso. Ci sono team che riescono ad autofinanziarsi le gare, grazie ad eventi organizzati appositamente, ce ne sono altri che hanno trasformato questa passione in lavoro, aprendo
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locali o fornendo servizi di catering; ma ci sono anche quelli che lo fanno solo come hobby: portarsi a casa un premio ripaga di tanta fatica e tante spese. E se è un premio importante, si vincono anche dei soldini. Quindi ripeto, in barba a de Coubertin: l’importante è partecipare, ma se si vince è molto meglio. Chiediamo a quasi tutte le squadre presenti perché hanno scelto di partecipare a una gara così estrema, al freddo e al gelo. Tutte, nessuna esclusa, rispondono che è una gara unica nel mondo, che la bellezza del paesaggio è mozzafiato, che il W.E.S.T. ha un fascino particolare, che la doppia sfida col fuoco e col ghiaccio rende il tutto ancora più appassionante. Ci sono poi anche aspetti romantici: i Bros Hog, ad esempio, la ricordano come la loro prima gara in assoluto e ogni anno, partecipando, celebrano l’anniversario. “Ma cosa differenzia questa da tutte le altre gare in Italia e nel mondo?” chiediamo ancora ai Bros Hog. Risponde Alessandro Iorio: “Noi ormai abbiamo partecipato a molte gare sia in Italia che all’estero. Il W.E.S.T. fra le italiane è quella organizzata meglio, con gli eventi associati alla gara e ogni anno una novità. Ne è prova il fatto che i team fanno le corse per potersi iscrivere in tempo. Rispetto al resto del mondo l’Italia è ancora indietro. La gara di barbecue rimane ancora una cosa di nicchia, ci vorrà del tempo prima di avvicinarsi ai numeri, per esempio, della gara di Ruhrpott in Germania, che se condo noi è la migliore in Europa.” “E l’America?” “Quello è proprio un altro mondo. Noi abbiamo fatto l’American Royal World Series of Barbecue, che è come il Disney World delle gare di barbecue. È un evento co stosissimo, paragonabile con le dovute proporzioni al
Super Bowl: team che affittano spazi enormi e organizzano feste private a pagamento, con musica e streetfood. Pullman di turisti che raggiungono l’evento da tutto il mondo, la tv, i giornali, gli sponsor. Una cosa inimmaginabile, se non ci sei stato”. A te, caro amico che leggi, non è venuta una voglia enorme di vederla, una cosa del genere? Torniamo sulla terra e al nostro W.E.S.T. È incredibile come nelle competizioni di questo tipo il tempo scorra in modo diverso: tanto lunga è la notte che, come diceva una famosa canzone, non passa mai, tanto veloce è la mattina, allorché tutti i team si ritrovano in un battibaleno al dover cominciare le consegne (turn in). Ed è in quel momento che l’ansia comincia a prendere il sopravvento: alle 12 devi consegnare il Chicken, alle 12,30 le Ribs, alle 13 il Pork e per ultimo, alle 13,30 il Brisket. Esistono poi categorie accessorie facoltative: in questo caso i team devono presentare un dolce, alle 14. Tutte le preparazioni principali vengono presentate in box bianchi forniti dall’organizzazione che non possono avere segni distintivi, pena la squalifica. L’unica guarnizione permessa nei box è un “tappeto” di insalata lattuga o prezzemolo riccio, su cui vengono appoggiati gli assaggi di ogni preparazione (almeno sei assaggi, uno per ogni giudice). Poi i box vengono chiusi e consegnati ai responsabili, che hanno il compito di distribuirli ai tavoli dei giudici. La domenica mattina non osare avvicinarti a uno dei team nei minuti che precedono il turn in, se non vuoi ritrovarti con un coltello alla gola. Noi, molto rispettosi,
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ci limitiamo a fare le foto e a guardare gli avventori curiosi e affamati, che aspettano con trepidazione la fine delle consegne, perché a quel punto le squadre mettono fuori tutte le preparazioni avanzate. Hai presente le cavallette? Ecco, più o meno così. Alle 14,05 il campo gara diventa una bolgia infernale di visitatori che, a mani nude, arraffano succulente costine, fettone di bri sket e sfilacci di pulled pork, come se avessero fame da un paio d’anni. Le squadre a quel punto si rilassano, quel che fatto è fatto. Inizia l’attesa della premiazione. Se non hai mai partecipato a una gara di barbecue, non puoi sapere cosa sia davvero l’ansia. Certamente, a un certo punto della gara tutti pensano “ma perché decido volontariamente di sottopormi a una tortura del genere?”. Anch’io, che ho partecipato qualche volta e mi sono presa un paio di soddisfazioni, non saprei risponderti su due piedi. L’adrenalina. La sfida. L’atmosfera. Ma pensandoci bene conta anche il fatto di partecipare a una cosa strana agli occhi di molti, non banale, non scontata, veramente faticosa, che mette alla prova fisico e nervi e che non tutti sarebbero in grado di affrontare. Il momento che segue il turn in è suddiviso così: una mezz’ora di “mi siedo due minuti finalmente” e, subito dopo, la frenesia “ok, cominciamo a mettere a posto che appena finite le premiazioni ce ne andiamo, eh!”. In un battibaleno le squadre rimontano tutto sui loro furgoni. Via gli striscioni, le bandiere, i dispostivi. Per le quattro e mezza, orario della premiazione, sono tutti pronti e seduti nella tenda riscaldata con una birra davanti, in attesa delle call. La premiazione è in assoluto il momento più bello: Haymo col microfono in mano chiama le squadre vincitrici e tu vedi ragazzoni alti due metri piangere come pupi perché hanno ricevuto un premio per la cottura del pollo o del pork. Vedi i team che non vengono chiamati applaudire gli altri con un po’ di tri stezza, un po’ di invidia ma anche partecipazione. Vedi i mariti che sul palco portano le mogli (a proposito, la presenza femminile nei vari team è in costante ascesa) e i figlioletti, alcuni anche di pochi giorni. Urla 36 - BBQ4All MAGAZINE
liberatorie, qualche siparietto simpatico, abbracci a non finire. Noi tifiamo per le squadre italiane, che ci danno delle belle soddisfazioni: The Barktenders si aggiudicano un primo posto Brisket e un primo posto Pork. Luna Smoke è la squadra italiana col punteggio più alto in overall (classifica generale) e per questo si aggiudica un gettone per la partecipazione al Jack Daniel’s World Championship Invitational Barbecue, la mitica gara che si svolge in autunno in Tennessee. Alla fine delle premiazioni tutti si fiondano a prendere le score sheet sulle quali possono leggere il loro risultato, i voti dati da ogni giudice a ogni singola preparazione, e possono trovare le eventuali comment card, ovvero dei bigliettini in cui il giudice a sua discrezione giustifica un voto che ha dato, sia esso molto basso o molto alto. Le squadre si dividono in capannelli, vedi teste chine sui fo gli. Qualcuno alza le spalle, qualcuno scuote la testa: come sempre c’è chi si aspettava di più e non capisce. Poi, però, sportivamente accetta il risultato e se ne va. Incontriamo i tre ragazzi del team Smokin’Hot, giovanissimi (uno di loro ci tiene a farci sapere di avere solo 23 anni) che sono alla loro prima gara KCBS e che si portano a casa un buon risultato. Si dicono soddisfatti, sono contenti per l’organizzazione perfetta, il freddo non li ha spaventati, il giudizio ricevuto è coerente con le loro aspettative. Devono solo aspettare il carro attrezzi perché l’auto di uno di loro è in panne a causa del congelamento del gasolio e poi potranno andare a casa contenti. Le due giornate sono finite, cala velocemente il buio sul campo gara, l’organizzazione comincia a smontare tutto. I team se ne sono andati, alcuni felici, alcuni con un po’ di amarezza. Tutti stanchi. In molti poi durante il ritorno pensano: “basta, questa è l’ultima gara che faccio!”. Fino alla prossima. E tu che hai letto fino a questo momento, dimmi: non hai voglia di viverti un’esperienza simile? FEBBRAIO 2019
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CLASSIFICA GENERALE
Individual Categories Master Series
Grand Champion : Hot Wachula’s Reserve Grand Champion: Gecko BBQ
Individual Categories Master Series
CHICKEN
PORK RIBS
RANK
TEAM NAME
TOTAL
RANK
TEAM NAME
TOTAL
RANK
TEAM NAME
TOTAL
1
Hot Wachula’s
696.5828
1
Masters of Fire
180.0000
1
Good Old BBQ
176.0116
2
Gecko BBQ
689.0744
2
Hot Wachula’s
177.2000
2
Hot Wachula’s
173.7028
3
Good Old BBQ
687.9544
3
Smoke and Fire
177.1428
3
Knockstone BBQ Team Austria
173.1428
4
Smoke and Fire
679.4404
4
West Side BBQ
174.8456
4
Luna Smoke
173.1428
5
Cooklounge BBQ
675.4400
5
Cooklounge BBQ
173.1428
5
Psycho Dog bbq team
173.1200
6
Luna Smoke
675.3372
6
White Squirrel BBQ
171.9656
6
Smoke and Fire
172.5944
7
Knockstone BBQ Team Austria
673.6340
7
Rokende Regahs
170.8456
7
Cooklounge BBQ
172.5600
8
Smokin’ Hot
673.1772
8
BBQ Freunde Südtirol
169.6800
8
The Barktenders
171.9772
9
Iron BBQ
672.1144
9
Gecko BBQ
169.6800
9
Gecko BBQ
168.5716
10
White Squirrel BBQ
667.3484
10
PureBBQ
169.6684
10
Iron BBQ
168.0000
11
Rokende Regahs
667.2912
11
KGB - Katka Gergo Barbecue
169.6684
11
Rokende Regahs
166.2400
12
Bros hog
665.0056
12
Good Old BBQ
168.5600
12
Viking BBQ
165.7256
13
Viking BBQ
661.1656
13
Smokin’ Hot
165.6912
13
Bughouse Smokers
164.5256
14
Bughouse Smokers
655.2684
14
Bros hog
165.1084
14
Smokin’ Hot
163.9888
15
KGB - Katka Gergo Barbecue
653.1088
15
Iron BBQ
164.6400
15
BBQ Freunde Südtirol
163.9772
16
Burros bbq
652.9944
16
Wild Hogs BBQ
164.5484
16
Chläggi-Brutzler
163.9772
17
West Side BBQ
649.6112
17
No Regrets Barbecue
163.4284
17
West Side BBQ
163.3944
18
PureBBQ
649.0172
18
Viking BBQ
161.7372
18
Masters of Fire
163.3828
19
Masters of Fire
647.9084
19
Südtiroler BBQ
159.9656
19
Bros hog
162.2516
20
Wild Hogs BBQ
637.5888
20
Luna Smoke
159.9428
20
PureBBQ
162.2516
21
District of Grillers-Xtreme BBQ Team
635.7940
21
District of Grillers-Xtreme BBQ Team
159.9428
21
Salzburger Barbecue Bulls
162.2284
22
BBQ Freunde Südtirol
635.2572
22
Knockstone BBQ Team Austria
159.4056
22
White Squirrel BBQ
159.4172
23
Salzburger Barbecue Bulls
631.2912
23
Bughouse Smokers
157.0856
23
District of Grillers-Xtreme BBQ Team
158.2056
24
No Regrets Barbecue
627.4744
24
Burros bbq
155.3484
24
Tactigrill
157.7028
25
Chläggi-Brutzler
622.7544
25
Chläggi-Brutzler
153.1200
25
Burros bbq
157.6572
26
Psycho Dog bbq team
618.0800
26
BBQ Grillfreunde Vinschgau
152.5828
26
BBQ Grillfreunde Vinschgau
156.5828
27
BBQ Grillfreunde Vinschgau
586.8344
27
Salzburger Barbecue Bulls
150.8112
27
No Regrets Barbecue
156.5716
28
Südtiroler BBQ
581.0056
28
Tactigrill
149.1888
28
KGB - Katka Gergo Barbecue
155.4288
29
The Barktenders
525.6916
29
Psycho Dog bbq team
116.9944
29
Wild Hogs BBQ
141.6576
30
Tactigrill
469.7488
30
Südtiroler BBQ
141.1200
38 - BBQ4All MAGAZINE
Individual Categories Master Series
Individual Categories Master Series
PORK
Caregoria accessorie
CHEF CHOISE
BRISKET
RANK
TEAM NAME
TOTAL
RANK
TEAM NAME
TOTAL
RANK
TEAM NAME
TOTAL
1
The Barktenders
177.7144
1
The Barktenders
176.0000
1
Knockstone BBQ Team Austria
178.8572
2
Gecko BBQ
177.7028
2
Wild Hogs BBQ
175.4056
2
Chläggi-Brutzler
177.1772
3
Smokin’ Hot
177.2000
3
Gecko BBQ
173.1200
3
Salzburger Barbecue Bulls
176.0572
4
Hot Wachula’s
172.5716
4
Hot Wachula’s
174.8456
Luna Smoke
173.1084 172.0456
4
Iron BBQ
177.1772
5
Knockstone BBQ Team Austria
177.1428
5
Viking BBQ
169.1428
5
6
Burros bbq
175.4400
6
Good Old BBQ
168.5372
6
BBQ Freunde Südtirol
7
Good Old BBQ
174.8456
7
Luna Smoke
167.9772
7
Tactigrill
169.1200
8
Luna Smoke
174.2744
8
Smokin’ Hot
166.2972
8
Iron BBQ
167.9656
9
Südtiroler BBQ
151.9540
9
Hot Wachula’s
173.1084
9
Cooklounge BBQ
165.7372
10
Bros hog
171.9656
10
Bughouse Smokers
165.6800
11
White Squirrel BBQ
170.8228
11
Bros hog
165.6800
12
Rokende Regahs
168.5256
12
White Squirrel BBQ
165.1428
13
Bughouse Smokers
167.9772
13
No Regrets Barbecue
164.5944
14
Smoke and Fire
167.4288
14
Burros bbq
164.5488
15
Viking BBQ
164.5600
15
KGB - Katka Gergo Barbecue
164.0116
16
Cooklounge BBQ
164.0000
16
Psycho Dog bbq team
163.9772
17
KGB - Katka Gergo Barbecue
164.0000
17
Knockstone BBQ Team Austria
163.9428
18
Psycho Dog bbq team
163.9884
18
District of Grillers-Xtreme BBQ Team
163.3828
19
Chläggi-Brutzler
163.4056
19
Tactigrill
162.8572
20
Salzburger Barbecue Bulls
158.8344
20
Iron BBQ
162.2972
21
BBQ Freunde Südtirol
157.6800
21
Smoke and Fire
162.2744
22
PureBBQ
156.5484
22
Rokende Regahs
161.6800 160.5488
23
West Side BBQ
155.9884
23
PureBBQ
24
Wild Hogs BBQ
155.9772
24
Salzburger Barbecue Bulls
159.4172
25
District of Grillers-Xtreme BBQ Team
154.2628
25
Masters of Fire
157.1084
26
BBQ Grillfreunde Vinschgau
150.8572
26
West Side BBQ
155.3828
27
Masters of Fire
147.4172
27
BBQ Freunde Südtirol
143.9200
28
No Regrets Barbecue
142.8800
28
Chläggi-Brutzler
142.2516
29
Südtiroler BBQ
141.1428
29
Südtiroler BBQ
138.7772
30
BBQ Grillfreunde Vinschgau
126.8116
FEBBRAIO 2019
- 39
INTERVISTA - a cura di MICHELA BONGIORNI e MARIANGELA IBBA
HAYMO
GUTWENIGER il segreto del nostro successo
Davanti a un bicchiere pieno e fumante di tortellini in brodo di cappone, siamo seduti insieme ad Haymo Gutweniger nel tendone riscaldato tirato su, qui al W.E.S.T., apposta per permettere a tutti i visitatori e ai partecipanti di riscaldarsi e di riposare. Haymo è il rappresentate italiano della KCBS, da pochissimo membro del KCBS Board of Directors, si occupa fra le tante cose anche della formazione di nuovi giudici (insieme a Luca Famigli, l’altro rappresentante italiano) ed è uno dei tre MiG, gli organizzatori di questo evento così particolare. Sguardo vivace, barba folta e bianca e spiccato accento altoatesino, Haymo ci concede questa intervista al volo, mentre viene chiamato da tutte la parti da persone dello staff, visitatori, partecipanti e amici. Nonostante sia così indaffarato, accetta di rispondere a tutte le domande con perizia di particolari: segno che per lui questo non è solo un lavoro, ma una vera e autentica passione.
40 - BBQ4All MAGAZINE
FEBBRAIO 2019
- 41
Perché il West è una gara barbecue fondamentalmente diversa da tutte le gare italiane? Non solo è fondamentalmente diversa dalle gare italiane, è fondamentalmente diversa da qualsiasi contest barbecue a livello mondiale. Questa gara è nata in un quarto d’ora, come un’idea strana, quando il circuito delle gare KCBS in Italia e in Europa era all’inizio. Il primo contest europeo è del 2011, la prima edizione del West è del 2015. L’idea del West è nata in una serata estiva. Riflettendo sul fatto che tutti organizzavano gare barbecue in esta te, ci siamo detti: “perché noi non proviamo a fare qualcosa di diverso e di estremo?” Abbiamo messo su la prima edizione del W.E.S.T. in tre mesi. Il primo anno ci aspettavamo sette, otto squadre, non pensavamo che ci fossero tante persone così matte da partecipare a una gara del genere. Invece abbiamo avuto ventiquattro squadre. Il primo anno i team avevano a di sposizione solo le tende, per la se conda edizione abbiamo cercato altri sponsor per dare ai partecipanti delle casette di legno. Questa è una zona molto ventosa e per la sicurezza dei team le casette di legno sono un’ottima soluzione. Ci hanno chiesto di replicare il W.E.S.T. anche d’estate ma abbiamo rifiutato, nel periodo estivo ci sono
già tanti contest. In Italia il W.E.S.T. è la gara barbecue che ha avuto più consensi, un successo che è andato crescendo, rispetto ad altre gare che sono partite bene ma hanno registrato un calo significativo di entusiasmo nel tempo. Perché secondo te? Forse l’errore delle altre manifesta zioni è nell’organizzazione. Noi ad ogni edizione abbiamo cercato di aggiungere sempre qualcosa di nuovo, anche adesso che siamo arrivati alla quinta edizione non abbiamo perso la voglia di migliorarci. Una gara barbecue all’esordio non
deve mai partire come un grande evento, ma crescere nel tempo, trattare bene i team e i giudici, e creare un programma di eventi aggiuntivi per il pubblico. Oggi abbiamo i foodtruck e il tendone riscaldato, con musica anche dal vivo: cose che non avevamo all’inizio. Il West è cresciuto nel corso delle varie edizioni, aggiungendo ogni anno delle novità. Tutto questo è molto importante per le squadre, per gli spettatori, per i giudici e, siamo sinceri, anche per gli sponsor. Sponsor che devi cercare, devi convincere, ai quali devi vendere la tua manifestazione e fare in modo che guadagnino anche loro, indirettamente. Un posto come questo, estremo in tutti i sensi, anche dal punto di vista del panorama mozzafiato, attira più pubblico e più team rispetto ad altri contest barbecue orga nizzati in posti meno belli? Sicuramente la cornice invernale e l’essere così vicino a montagne alte 3500 metri è un di più che attira spettatori e team. L’anno scorso abbiamo ricevuto un complimento bellissimo, gli americani hanno stilato una lista dei contest barbecue più strani e importanti a livello mondiale, il W.E.S.T. era tra i primi cinque. La stranezza della nostra competizione non è la gara invernale, perché ce ne sono altre, ad esempio in Minnesota gareggiano su un lago ghiacciato. Solo che lì i team arrivano sui loro trailer e non scendono mai, mentre noi siamo gli unici al mondo dove i team vivono la gara
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completamente all’aperto, affrontando le difficoltà del freddo intenso. Un altro vantaggio di cui beneficiamo è la pausa della stagione agonistica da Ottobre a Marzo, i team si sono riposati e scalpitano per gareggiare: il W.E.S.T. è il primo contest dell’anno. Arrivato all quinta edizione il W.E.S.T. si è fatto una sua reputazione, perché, siamo sinceri, è vero che si gelano le mani, è vero che si gelano le carni, ma almeno una volta i team vogliono viverlo. Ogni anno, alla fine della manifesta zione, se domandi a noi organizzatori: “Ma il prossimo anno lo rifate?” la risposta è: “No!”, perché siamo cotti, in special modo quest’anno. Nessuno lo sa, ma la strada per arrivare qui è stata chiusa fino a martedì sera, per rischio valanghe, e noi avevamo programmato l’arrivo delle casette di legno per mercoledì mattina. La stessa identica sensazione la vivono anche i team dopo ogni gara, ma dopo una settimana torna la voglia di gareggiare. Succede anche a noi. Dalla prima edizione, la domenica dopo i turn in i team offrono ciò che hanno cucinato al pubblico in cambio di un contributo libero, i soldi raccolti vengono donati alla Debra Italia Onlus. Ecco, nel momento in cui con-
segniamo alla Debra il nostro piccolo contributo, ci torna immediatamente la voglia di organizzare la nuova edizione (quest’anno il W.E.S.T. è riuscito a devolvere 1700 euro per l’associazione, per un totale complessivo di 10.000 euro in cinque anni N.d.r.). Visto il grande successo del W.E.S.T. gli sponsor fanno a gara per finanziarvi o dovete sempre cercarli? In parte sì, in parte no. Oggi tutte le manifestazioni cercano sponsor, noi abbiamo il vantaggio di avere un nome, ma continuiamo comunque a ricercare partner commerciali. A dirla tutta non ci lamentiamo: abbiamo sponsor piccoli e qualche sponsor più grande. Quest’anno avete introdotto la SCA, il contest sulla bistecca. È un contest molto interessante per le squadre: veloce, con regole semplici, che si basa sulla bistecca. La SCA è diversa dalla classica gara barbecue, perché dura solo tre, quattro ore e la carne la fornisce l’organizzazione. Ogni squadra riceve un box e due bistecche, che può scegliere durante il cook meeting. I team devono riconsegnare una sola bistecca nel box chiuso; è richiesta una cottura media. La bistecca viene tagliata e giudicata da cinque giudici
su quattro parametri: aspetto generale, punto di cottura, sapore, consistenza. Per cuocere la carne i team possono usare tutto: gas, carbone, elettrico. Vale tutto. Secondo me, questo tipo di contest si sposa molto bene con la gara KCBS che ha preparazioni molto lunghe. L’hanno scorso avevamo come categoria extra per la SCA gli hamburger, quest’anno abbiamo gli hot dog. I giudici molto spesso sono stati oggetto di discussione, tu cosa pensi sulla veridicità dei giudizi? Il problema del nostro mondo è che tutti noi compriamo perfezione e tutti noi vendiamo perfezione, ben sapendo che non esiste. C’è l’errore della squadra, dell’organizzatore e l’errore qualche volta del giudice, ma se guardiamo i risultati europei, con 40 contest annui e vediamo più o meno le stesse squadre in alto nella classifica, cosa possiamo dire? È sempre facile lamentarsi e le squadre si lamentano dei giudici in tutto il mondo. Uno dei problemi che ho riscontrato come membro di un team è che troppo spesso, qui in Italia, il giudice non scrive la comment card e tu rimani spesso con un voto molto basso chiedendoti perché è arrivato. Non sarebbe bene spingere i giudici a giustificare i voti bassi,
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in modo da aiutare i team a capire dove hanno sbagliato? C’è stata una discussione interna alla KCBS, sulla richiesta di alcune squadre di rendere obbligatoria la comment card con un certo punteggio. Alla fine la KCBS ha stabilito che la comment card non può essere obbligatoria, ma solo volontaria. Le squadre vogliono giudici esperti, in Europa ne abbiamo venti, venticinque. In realtà, per la mia esperienza, i giudici nuovi sono molto più cauti nei giudizi e tendono a rimanere alti, mentre il giudice esperto no, perché ti dice sinceramente anche quando la preparazione non va e ti dà anche il 5 e il 6. Ma un giudice che proviene da culture gastronomiche molto diverse è in grado di riconoscere se un brisket è veramente buono o no, senza averlo mai assaggiato prima? Gli diamo noi i parametri da seguire, gli insegniamo a riconoscere se è buono o no, al di là del gusto personale. Io da tre anni sono anche istruttore di nuovi giudici, ne ho certificati tra i 350 e i 400 e continuo a seguirli. Una cosa è certa: se una preparazione non è buona è giusto dare il 4, il 5 e il 6. Inoltre dall’anno scorso, all’interno della KCBS la scelta dei giudici non è più libera, ma è affidata a un sistema computerizzato che funziona da Dio. Il tempo a nostra disposizione è finito. Haymo deve scappare, fra poco i team devono andare a scegliersi le bistecche per la SCA, poi devono prepararsi per le premiazioni. Prima di salutarci, però, prende il cellulare e ci mostra le foto di due bambini appena nati: “ci tengo a dirvelo, la cosa più importante della mia vita sono loro: mia figlia, di poche settimane e mio nipote, che ha solo nove giorni”. Gli occhi gli diventano lucidi per un attimo, poi si alza e se ne va.
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INTERVISTA - a cura di EMILIANO NENCIONI
DALLA ALLA
SVIZZERA F LO R I DA
i team internazionali al
W.E.S.T.
Il mio compito, qui al W.E.S.T., è ben preciso: venendo meno il mio solito incarico di guidatore astemio, dopo l’incauto affidamento degli spostamenti all’agghiacciante sistema ferroviario italiano, serve qualcuno in grado di intervistare in inglese i membri dei team stranieri più quotati.
I momenti buoni per l’intervista sono essenzialmente due: il primo, la mattina del sabato, quando tutti i concorrenti, freschi e generalmente di buon umore, socializzano e offrono qualche grigliatina estemporanea; il secondo, il sabato notte, nei festeggiamenti e nella famigerata convivialità della lunga cottura notturna, l’overnight. Mai, assolutamente mai importunare i concorrenti la domenica mattina a ridosso del turn in, quando devono dare il loro meglio e rispettare precisamente i tempi di conse gna delle preparazioni ai giudici; e neanche dopo il turn in, prima della premiazione, quando tutti i team, stanchissimi, con poche (diciamo pochissime) ore di sonno sulle spalle, cercano solo di rilassarsi, riprendere fiato e contemporaneamente smontare il loro piccolo accampamento competitivo. Sabato mattina: un freddo insopportabile, impossibile stare fermi all’aperto. Comunico che aspetterò i team da intervistare al caldo del bar attiguo al campo gara, tanto prima o poi tutti passano da lì. Sabato notte: il freddo della mattina era solo un assaggio, e anche solo togliersi i guanti un attimo per utilizzare uno smartphone diventa doloroso dopo una manciata di secondi. Domenica mattina il resto degli inviati della redazione, riuniti davanti a un confortevole latte e zabov bollente, mi chiede con entusiasmo un breve riassunto di tutti gli aneddoti sensazionali e imperdibili frammenti di vita vissuta da me raccolti. Il mio bottino al momento consiste in un paio di selfie, lo scontrino di un food truck
austriaco e due chiacchiere con la barista. Con ampi gesti da venditore di auto usate tranquillizzo i colleghi, con una vaga scusa mi allontano e mi dirigo verso le mie interviste internazionali. Lo so, avevo detto che la domenica sarebbe stato il momento meno adatto. Invece ho dovuto ricredermi: nono stante la stanchezza e il calo di tensione, sono stati tutti felici di concedermi un’intervista e hanno parlato a lungo con me, sia durante le operazioni di sgombero, sia dopo le premiazioni. I primi che ho intercettato sono stati i Good Old BBQ, dalla Svizzera, tra Lucerna e Zurigo sottolineano. Nel 2018 hanno fatto dodici gare, di cui quattro in italia, una in Svizzera e il resto in giro per l’Europa; la scelta di venire al W.E.S.T è stata anche di carattere strategico, perché è la prima competizione KCBS della stagione, utile per fare un posizionamento e verificare l’efficienza del team. La prendono anche un po’ come una sfida perché, sostengono loro: “Fare barbecue con 28 gradi riesce a tutti!”. Ottimisti. I Good Old BBQ sono infatti alla terza partecipazione e solo la prima volta hanno avuto problemi di gestione della temperatura in griglia. Parlandoci un po’ scopro però che non fanno la cottura overnight: si dedicano all’Hot&Fast, per cui le loro cotture iniziano la mattina alle sei, togliendo di mezzo molti problemi di ipotermia. Sottolineando svariate volte che “gli altoatesini non si sentono italiani e più si va a nord più le gare europee sono precise, pignole e fiscali, mentre scendendo in Italia si nota un certo permissivismo e fin troppa tolleranza.” Riguardo a cosa, chiedo. “Per FEBBRAIO 2019
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esempio molti team si lasciano andare all’eccessiva sporcizia e ci vorrebbe il polso più fermo”. Li ringrazio, li saluto e mi dirigo velocemente verso i KGB, che hanno appena completato il turn in: il nome del team viene dalle iniziali dei fratelli Katka e Gergo, provenienti dall’Ungheria, ristoratori a tempo pieno. Fanno gare quando la loro attività glielo concede, precisamente
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sette nel 2018 e se tutto va bene sperano di riuscire a farne quattro o cinque nel 2019. In italia il W.E.S.T è la loro prima gara, ma in compenso hanno ricevuto il draw per il Jack, un’ambitissima competizione negli States. La loro principale difficoltà, guarda caso, è stata gestire il grande freddo, specie al momento del turn in, “perché ai giudici la carne molto fredda potrebbe piacere meno del dovuto”. Hanno apprezzato molto
la presenza delle casette in legno, e il generale buon umore e la predi sposizione a fare amicizia dei team presenti. Scorgo un team che sta portando via tutto quanto dal campo gara, caricando le masserizie su una slitta di vago stampo santaclausiano: sono i Rokende Règahs dall’Olanda, un team da settanta gare in sette anni, presenti al W.E.S.T per la quarta volta e invitati tre volte su tre al Prime Uve Invitational Barbecue Champion ship, l’esclusiva gara italiana che per quattro anni è stata organizzata nella storica sede della Distilleria Bona ventura Maschio a Gaiarine (Tv). Li intercetto prontamente, provocando solo un lievissimo ritardo nelle loro operazioni di sgombero. Questi signori vogliono che il loro talento alla fiamma rimanga solo un hobby, nonostante competano senza sosta in Olanda, Belgio, Germania, Inghilterra, Svizzera, Austria, Repubblica Ceca: “la nostra priorità è divertirci e non abbiamo nessuna intenzione di farne un lavoro”. Si concedono però alcuni workshop, eventi e ca-
tering a pagamento, pratica comune fra i team più forti, per finanziare l’attività competitiva. Approfondendo qualche concetto tecnico concordiamo che una difficoltà inaspettata al West è la carenza di ossigeno dovuta all’altitudine, con tutti i problemi di combustione e di resa del carbone ovviamente legati a questo fattore ambientale. Essendo organizzatori di gare i Rokende Règahs sono dell’avviso che “ogni gara debba avere degli eventi collaterali per portare pubblico, soldi e interesse, con la speranza che i semplici curiosi diventino un giorno degli appassionati”. Alle gare trovano sempre “amici molto generosi”, e di solito quando gareggiano fuori dall’Olanda i loro “barbecue friends” prestano loro le attrezzature e i dispositivi necessari, un gesto decisamente molto bello da parte degli amici-avversari. Un fuggi fuggi generale mi fa capire che nel tendone (più o meno) riscaldato sta per aver luogo la premiazione: corro con la velocità appropriata ad un principio d’assideramento per
accaparrarmi il posto migliore (che non è in prima fila, ma accanto al cannone dell’aria calda) e mi godo i crolli emotivi dei concorrenti. È Matt Barber degli Hot Wachulas (Lakeland, Florida), Grand champion del West 2019, che ho il piacere di interpellare al termine della cerimonia di premiazione. Ha vinto, è il numero uno, e si fa intervistare molto volentieri. Ha gareggiato in team con appassionati italiani conosciuti in Florida, che lo hanno aiutato nella sua partecipazione al W.E.S.T. Compete da circa nove anni, per una media di circa trenta - quaranta gare all’anno, e questa è la prima sua gara in Italia. È rimasto colpito da “quanto siano tutti amichevoli e di sponibili” e, con mia discreta soddisfazione, usa la parola comraderie (vedi rubrica Seguo più avani n.d.r.). Dettaglio di colore, Matt è felicissimo di “trovare, nelle gare italiane, quella dimensione più familiare e ludica che negli States si è ormai persa, visto che oltreoceano i contest sono dei megaeventi che riempiono autodromi interi”. Vive il clima più ap-
passionato e più umano come un ritorno alle origini. Gli Smoke and fire, dal Belgio, hanno realizzato un risultato particolare nella categoria chicken: il Perfect Score. Tutti nove. Una bella medaglia da appuntarsi all’uniforme del team. Per loro probabilmente non è un punteggio troppo inaspettato: di solito vanno molto forte proprio nel pollo, mi dicono. Partecipano a dieci - dodici competizioni all’anno, escludendo gli invitational. Fanno gare in Belgio, in Olanda, sono già stati al W.E.S.T e al Prime Uve. La loro maggiore difficoltà è stata un corto circuito che ha causato un blackout alla loro casetta di legno, che ha bloccato il riscaldamento e ha fatto congelare tutto. Prima di salutarmi, il team leader ci tiene a sottolineare che “al W.E.S.T tu sai per certo che sarà molto freddo, ti organizzi con indumenti e strutture. Invece nelle altre gare il freddo ti può prendere alla sprovvista. Ecco, stavolta non ci siamo fatti trovare impreparati”. Effettivamente, non fa una piega.
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RICETTE DA GARA di EMILIANO NENCIONI
Kansas City Style
PORK RIBS Le costine di maiale cotte affumicando per un lungo periodo di tempo sono una delle preparazioni più tipiche ed evocative dell’american barbecue: morbide, saporite, dolci, luccicanti di salsa, si contrappongono, nell’immaginario italiano, alle nostra versione più basilare, veloce e troppo spesso un po’ bruciacchiata. In questo articolo, come è capitato lo scorso numero per il brisket, non cercherò di darti le dritte essenziali per un buon piazzamento in una gara KCBS (visto che questo numero ne parla ampiamente), ma farò in modo di darti la possibilità di preparare un’ottima pietanza da servire in tavola, che incontri i gusti dei più e che si possa mangiare fino ad esaurimento, non solo un morso a testa. Ho scelto di presentarti la cottura “Kansas City Style”, una wet con rub a base di paprika e salsa barbecue rossa. Parti dal fatto che ti serve il taglio giusto: baby back o spare ribs. • Baby back: ricavate a partire dall’osso spinale, per una lun ghezza di 10cm circa, sono molto incurvate. • Spare ribs: ricavate a partire dal 48 - BBQ4All MAGAZINE
taglio finale delle baby back fino ad arrivare allo sterno. Scelta che lascio ai tuoi gusti. Ovviamente non puoi pensare di fare delle pork ribs da manuale con un taglio “molto italiano” in cui tutte le ossa sono state separate tra loro. Fissati, come sempre, degli obiettivi: • Flavour profile: è il “profilo gustativo”. Così come un piatto napoletano non deve ricordare la cucina indiana, una preparazione tipica americana deve avere un suo gusto e una sua identità. • Bark: le spezie deposte sulla carne devono formare una leggera cro sticina molto saporita e devono risultare croccanti e non polverose o impastate. • Sentore di fumo: non c’è barbecue senza smoky flavour, ma la nota affumicata deve essere solo una parte del gusto, senza essere preponderante. • Aspetto: dovranno essere belle, ben rifilate, di un bel colore mogano senza bruciature e senza chiazze dovute a una cattiva di sposizione del rub. • Consistenza: per una preparazione
casalinga ti consiglio di “stare sul morbido”, puntando sulla morbidezza più che sulla precisione del morso. • Sapore: senza voler sottolineare l’ovvio, devono essere buone. Ma non basta: ogni componente del gusto deve essere ben riconoscibile: il sapore della carne, l’affumicato, le spezie del bark, la salsa. Tutto ben definito. Nessun componente deve essere invadente o rovinare l’azione di un altro. Scoprirai che la conformazione del costato non è assolutamente ideale per l’uso di un termometro a sonda: per questo motivo dovrai imparare a fidarti dei tuoi sensi usando uno (o entrambi!) di questi due metodi: • Bend test: con una pinza capovolgi la slab sulla griglia e poi afferrala per le prime tre ossa. Solleva la pinza e osserva con attenzione il modo con cui la carne si piega: se nel punto di flessione la carne inizia a lacerarsi, la slab può essere considerata cotta. Più si piega, più è cotta. Più resiste, più sarà tenace al morso. • Toothpick test: con uno stuzzica-
denti fai un buco nel centro della slab (e un altro paio di buchi a due ossa di distanza, per sicurezza). Se riesci a penetrare incontrando pochissima resistenza, sei arrivato a cottura: ancora una volta, più resistenza incontrerai più sarai indietro di cottura. Per questa cottura ho usato, e ti consiglio sinceramente di usare, il nostro nuovo BBQ4All Tennessee Mild Rub, perfetto per questa preparazione, già pronto, formulato alla perfezione e di sicuro effetto. Molto meglio che ritrovarsi in casa una dozzina di buste aperte di spezie e poi litigare a cottura ultimata perché il bilanciamento dolce - salato - piccante era completamente sballato. Procedimento: 1. Rifila e pulisci la slab: rimuovi la pleura polmonare, quella pellicola tenace che trovi nella parte concava, aiutandoti con il manico di un cucchiaino o con un altro strumento simile, non tagliente. Il trucco è sollevarla quanto basta per poterla afferrare e strapparla via come si farebbe con un brutto adesivo. Con un coltello molto affilato togli il grasso in eccesso ed eventuali brandelli di carne,
facendo attenzione a non scoprire l’osso facendo dei fastidiosi buchi nella carne. 2. Ungi leggermente di olio e cospargi di rub la slab, in uno strato regolare, uniforme e non eccessivo. 3. Imposta il tuo kettle per una cottura indiretta, o stabilizza il tuo smoker, cercando una temperatura costante di 110/120°C in camera di cottura. 4. Assicurati di aver introdotto il tuo legno aromatico preferito, per far partire la fase di affumicatura. 5. Metti la slab sulla griglia pietanze, sdraiata, con la parte concava rivolta verso il basso. 6. Appena il bark è ben formato e risulta asciutto e di color mogano avvolgi la slab nell’alluminio, creando un rivestimento ben chiuso e torna in cottura. 7. Quanto la carne risulta morbida al bend test o al test dello stuzzicadenti liberati dell’alluminio e metti la slab su un tagliere: qui provvederai a versare lentamente la salsa barbecue sulla tua preparazione, uniformando poi con un pennellino di silicone. 8. Con un coltello affilato, a lama liscia, taglia la slab andando parallelamente alle ossa, nella maniera più precisa che riesci.
Credo non ci sia bisogno di sottolineare che in questo caso un’ottima salsa barbecue è fondamentale per un risultato eccezionale e, guarda un po’, proprio su questo magazine, da qualche parte, troverai l’articolo che ti permetterà di farti delle salse micidiali. L’esperienza in griglia ti farà capire quali parametri variare per arrivare al tuo sapore preferito: gradi di cottura diversi, salse diverse, materia prima diversa, potranno portarti a risultati del tutto dissimili tra loro.
I N G RED I EN TI P E R U N A S LA B D I R I BS • una slab di spare ribs o di baby back • tre cucchiai di BBQ4All Tennessee mild rub • un cucchiaio d’olio • mezzo bicchiere di salsa barbecue • una manciata di chip o chunk per affumicatura
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RICETTA DA GARA di MARIANGELA IBBA
piccoli bocconi dal gusto esplosivo
CHICKEN THIGHS Le gare di barbecue del circuito KCBS sono composte da quattro categorie fondamentali e obbligatorie: chicken, ribs, pork e brisket. Qui voglio parlarti del chicken, perché nel team BlueSmoke, di cui faccio parte, aiuto la team leader Michela Bongiorni su questa preparazione, con la quale nella gara d’esordio a Perugia durante IBC 2016, conquistammo il podio con un terzo posto. Nonostante il regolamento dia piena libertà ai team di cucinare il pollo in qualsiasi modo, per una consuetudine non scritta quasi tutte le squadre preparano le chicken thighs. Sono palline di sovracosce di pollo disossate, avvolte nella loro pelle . Le sovracosce sono private dell’osso, tagliate e rifilate, in modo che tutte abbiano la stessa forma e lo stesso peso: questo è importante per ottenere una cottura omogenea e per l’appearence, dato che le chicken 50 - BBQ4All MAGAZINE
thighs a colpo d’occhio devono sembrare tutte uguali. Successivamente si fanno le injection e si condisce l’interno della carne col rub. Arrivati a questo punto, il pollo viene avvolto su se stesso, con l’aiuto della pellicola alimentare, per formare delle palline compatte. Ma adesso passiamo alla parte più divertente della preparazione. Prima di iniziare il procedimento che ti ho appena descritto, al pollo viene tolta la pelle, la quale viene stesa su un tagliere e sgrassata con un coltello ben affilato. Ti assicuro che sgrassare la pelle del chicken sotto una tenda non è né semplice, né gradevole, perché a causa della temperatura esterna, spesso alta, e del calore corporeo, il grasso si scioglie rendendo tutto scivoloso: non solo la pelle che stai sgrassando, ma anche la postazione di lavoro, il coltello e le mani. L’unica gara in cui i team non hanno questo inconveniente è il W.E.S.T., perché a
-16 gradi C il grasso certamente non si scioglie. Poco prima di essere messe in griglia, le palline vengono avvolte nella pelle con una cura maniacale e una volta cotte vengono spennellate con la salsa barbecue, per poi essere posizionate ordinatamente nel box con estrema cautela. Il turn in del pollo solitamente è alle 12. Le chicken thighs, come tutte le altre categorie, vengono giudicate da sei giudici sulla base di tre parametri: appearence (aspetto generale), taste (gusto) e tenderness (morbidezza e consistenza). So a cosa stai pensando: le chicken thighs sono una ricetta quasi impossibile da realizzare nella vita frenetica di tutti i giorni, per questo qui ti propongo la versione veloce e semplificata per cucinare delle palline di pollo succose, morbide, dalla
I N G RED I EN TI P E R 4 P E RS ON E • 8 sovracosce • 100g burro • 1/2 cucchiaino di paprika dolce PER IL RUB • 120g paprika dolce • 50g sale • 20g aglio in polvere • 10g pepe nero • 5g peperoncino in polvere • 250 g di salsa barbecue piccante
pelle croccante e dal gusto esplosivo, senza impazzire con quelle bene dette pelli da sgrassare. Procedimento: 1. Elimina dalla pelle delle sovracosce eventuali piume residue bruciandole con la fiamma di un cannello. 2. Togli la pelle dalle sovracosce, facendo attenzione a non romperla. Se hai difficoltà a staccarla, lo so che è scivolosa, usa della carta da cucina per avere una presa migliore. 3. Disossa le sovracosce, incidendo la carne lungo e sotto l’osso. Elimina anche il tendine, il ginocchietto e il grasso in eccesso e rifila i bordi per renderle il più possibile regolari. 4. Condisci le sovracosce solo all’interno col rub, che avrai pre cedentemente preparato mescolando la paprika, il sale, l’aglio, il pepe e il peperoncino. 5. Prendi un foglio di pellicola alimentare, stendici sopra la sovra
coscia e chiudila a pallina formando una caramella. 6. Una volta chiusa la sovracoscia, stringi bene i lati della caramella. 7. Per stringere bene il pollo, afferra i lati della caramella e falla scorrere sul piano (in un solo verso) fino a quando non è ben compatta. 8. Annoda tra loro i lati della pellicola per evitare che perda la forma aprendosi e metti le palline e le pelli (coperte dalla pellicola) nel frigo per una notte. 9. Il giorno successivo stendi su un tagliere la pelle lasciando che l’interno più liscio e grasso rimanga rivolto verso l’alto; poni al centro la pallina di pollo e richiudila bene dentro la pelle: se necessario taglia la pelle in eccesso col coltello. 10. Sciogli il burro in un pentolino e aromatizzalo con mezzo cucchiaino di paprika dolce. 11. Spennella le palline di pollo col burro e salale leggermente.
13. Prepara il dispositivo per una cottura indiretta a 150°C e metti di fianco ai bricchetti, sulla griglia carbone, una vaschetta con un dito d’acqua (water pan). 14. Metti il pollo in cottura direttamente sulla griglia e affumica con 2 manciate di chips di legno aromatico. Chiudi il coperchio. È pronto quando la temperatura al cuore è di 78°C. Consiglio di lasciare infilato un termometro a sonda in una delle palline. 15. Fai una veloce passata in cottura diretta, facendo attenzione a non bruciare la pelle, e togli il pollo dal dispositivo. 16. Spennella le palline con la salsa barbecue piccante e servile calde. Si sposano benissimo con un’insalata fresca. Un’idea? Iceberg, carote alla julienne, pinoli tostati, olio extravergine d’oliva, sale, timo e aceto di mele. FEBBRAIO 2019 - 51
RICETTE DA GARA di EMILIANO NENCIONI
correte, che salsa!
( . . . BA R B EC U E ) Sin dai miei primi goffi esordi in griglia la preparazione della salsa di accompagnamento è sempre stata l’incombenza che preferivo. Considero rilassante e appagante mettermi lì con misurini, bilance di precisione, siringhe e pentolini, tentando a ripetizione abbinamenti inconsueti fino a ridurmi la lingua ad una moquette insensibile e ane stetizzata, finendo poi per ridurre la cucina di casa in un antro alchemico con barattoli aperti e pentole sporche disseminate ovunque. La quantità di salse diverse ottenibili è sterminata, direi infinita visto che i sapori possono variare con conti nuità, e il solo errore possibile è quello di procedere a casaccio. Bisogna certamente procedere con metodo, fissando degli obiettivi precisi. Col nostro consueto metodo scien-
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tifico, possiamo dividere le componenti della salsa barbecue in: • base: nel nostro caso, la base sarà il ketchup. • grasso: olio, burro, strutto, etc • sapido: sale, salsa di soia, capperi, etc • aroma: spezie, oli essenziali, etc • percezioni: peperoncino, pepe, wasabi, etc • acido: agrumi, vino, aceto, etc • amaro: olive, caramello, scorza di agrumi, etc • dolce: miele, zucchero, melassa, etc • umami: funghi, alghe, salsa di soia, etc Un buon modo di partire è quello di creare un’ottima salsa barbecue “normale”, e per normale intendo non pesantemente virata verso il sapore fruttato, o verso la piccantezza, o
verso l’acidità. Una salsa barbecue multiuso, da arricchire successivamente, ma molto, molto più buona e soddisfacente di quelle commerciali. Procedimento: 1. Versa in una pentola grande a sufficienza tutte le polveri e tutti i liquidi, escludendo gli sciroppi e il ketchup, e scalda a fuoco moderato. Per evitare la comparsa di grumi, agita con una frusta. 2. Arrivato a bollore togli dal fuoco, aggiungi tutto il ketchup e frulla tutto con un mixer a immersione, direttamente nella pentola. 3. Torna a cuocere a fuoco moderato per circa mezz’ora: dovresti notare una riduzione notevole in volume, circa il 40%. 4. Raggiunta la densità voluta, a fuoco spento, aggiungi gli sciroppi, aiutandoti con la frusta.
INGREDIEN TI • • • • • • • • • • • •
250g di ketchup 20g di zucchero di canna grezzo 100g di miele 100g di sciroppo d’acero 50g di aceto di mele 50g di succo limone 40g di Worcestershire sauce 25g di senape 10g di peperoncino di Cayenna 3g di aglio in polvere 3g di pepe nero 1g di sale
Una curiosità: la salsa darà il meglio di sé dopo un paio di giorni, te ne accorgerai dalla maggiore complessità aromatica. Adesso hai un’ottima base, che puoi comunque ritoccare a tuo piacimento: puoi farla più piccante, più dolce, più pungente o più ricca in aromi, seguendo i tuoi gusti o la voglia del momento. Ma, per quanto mi riguarda, è da qui in avanti che arriva il vero divertimento: puoi trasformare una buona salsa nella tua salsa segreta e stupire amici e colleghi invidiosi. Ci ho pensato per un po’. Voglio dirti come faccio la mia salsa segretissima. Salsa che non sarà la migliore del mondo, ma ogni volta che la portavo ad una gara mi assicurava sempre un premietto. Non aspettarti le dosi precise, qui devi giocare e arrivare a cosa ti piace di più. Il trucco è: un buon sapore fruttato, un buon sapore di agrumi, un pe peroncino con del bel carattere e un po’ di whiskey.
Caccia al tesoro: • Procurati, per vie traverse, due frutti di Citrus Lumia Pyriformis, una pianta abbastanza rara che dà frutti a metà strada fra il limone e il cedro, con un aroma e un sapore particolarissimi. La buccia non è commestibile, ma puoi strizzarla fra due dita per ottenerne l’olio essenziale, estremamente profumato. • Acquista le amarene, quelle in sciroppo, vendute nel vasetto bianco con le decorazioni blu. Quel sughetto fantastico dovrà essere parte della salsa, ed è la parte che stupirà tutti. • Al supermercato dovresti trovare la glassa alla mela, vicino all’aceto balsamico. Costituirà la parte un po’ acida ma fruttata. • Riduci in un pentolino un bicchiere di whiskey: aumenterà la sensazione di profondità della salsa. • Metti le mani su dell’habanero autentico in polvere (in senso figurato, che poi brucia). • Invece del miele “normale”, usa miele di qualità, aromatizzato alla mela. A freddo, in una ciotola, mescola a
piacimento succo di Citrus Lumia, sciroppo di amarena e glassa alla mela, fino ad avvertire una dominante di amarena contrastato da un grande aroma di agrumi. In sottofondo, come un controcanto, un sentore di mela. Il whiskey ridotto serve solo a dare colore (sensorialmente parlando) e complessità, non devi pensare a una “salsa ubriaca”. Occhio con l’habanero. Una punta di coltello è sufficiente per un bicchiere intero di salsa: deve dare aroma e piccantezza, non mandare al tappeto le persone. Le gare di chi riesce a mangiare più piccante sono un’altra cosa. Può darsi che tu abbia bisogno di qualche tentativo prima di azzeccare la quantità di amarena o di miele aromatizzato che fa al caso tuo, ma ti assicuro che te ne accorgerai: una salsa barbecue del genere dà prati camente dipendenza. E ovviamente non provare neanche a sostituire il Citrus Lumia Pyriformis con del limonaccio comune preso in rete al supermercato. Ora però non andare a dire a tutti il nostro piccolo segreto, fammi questo favore. FEBBRAIO 2019 - 53
RICETTA di MICHELA BONGIORNI
MINI-PORCHET TE anche il nome vuole la sua parte
Qualche mese fa ho postato una foto in Community su Facebook che ha avuto un discreto successo: le MiniPorchette. Subito in molti mi hanno chiesto la ricetta e hanno cercato di replicarle. Questo perché, se è vero che noi griller abbiamo bisogno di cotture lunghe, preparazioni infinite e overnight, è vero anche il contrario: a volte abbiamo bisogno di semplicità e velocità, senza rinunciare al gusto. Cercavo qualcosa da preparare in griglia che fosse, appunto, veloce ma gustoso, per cui ho pensato che tentare di replicare il sapore della porchetta, ma in piccolo, potesse essere un ottimo compromesso.
che comprende tagli come lombo, controfiletto, filetto).
Ho preso quindi delle belle fettone di pancetta alte circa un centimetro, le ho condite con il rub che di solito uso per la porchetta, poi le ho arrotolate con all’interno quella che in Toscana chiamiamo arista (ovvero una parte della schiena del maiale,
Procedimento 1. Stendere le fette di pancetta su un tagliere e condirle con una presa di sale, il misto spezie e il pepe; 2. Adagiare sulla fetta di pancetta una o due fettine di arista e poi condire anche queste ultime allo stes-
Dopo averle cotte in indiretta e affumicate, mi sono accorta che erano esattamente ciò che volevo: delle piccole bombette di gusto, ottime come secondo piatto, o come aperitivo prima di una grigliata, o ancora ideali per farcire un panino. In realtà chiamarle MiniPorchette è un po’ arbitrario, perché di fatto sono grandi involtini. Ma anche il nome vuole la sua parte: vi assicuro che avranno un gran successo con gli amici se le chiamerete così, rispetto a un anonimo “ehi, lo vuoi un involtino di maiale?”.
so modo, facendo attenzione a non esagerare col sale: 3. Arrotolare la fetta di pancetta con all’interno le due fettine di arista, chiudere l’involtino con uno stuzzicadenti e rubbare l’involtino col misto spezie (senza il sale stavolta) e col pepe; 4. Predisporre il dispositivo per una cottura indiretta stabilizzandolo a un a temperatura di circa 150°C; 5. Adagiare le miniporchette sulla griglia, in cottura indiretta, e affumicare con una manciata di chips di melo a coperchio chiuso; 6. Quando le porchettine raggiungono i 75 gradi al cuore, spennellarle con un po’ d’olio extravergine di oliva e passarle velocemente in diretta, per rosolarle bene. L’idea in più: servitele affettate sottilmente in un panino, farcito con spinaci saltati in padella, honey mustard e qualche fogliolina di salvia fritta.
I N G RED I EN TI P E R 4 P E RS ON E • 6 fette di pancetta alte 1 cm circa; • 12 fette sottilissime di arista di maiale; • mezzo cucchiaio di sale • misto aromi in polvere: aglio, rosmarino, salvia, alloro, maggiorana, timo a piacere • pepe q.b. • olio extravergine di oliva q.b.
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RICETTA di LUCA GALLOZZA
ci sta come il
CHEDDAR SUI MACC H E RO N I Quando pensate al piatto re della tradizione culinaria italiana, cosa vi viene in mente? Spaghetti al pomodoro? Pizza? O forse le lasagne? La cucina italiana è così varia che i piatti popolari sono molteplici e tutti diversi a seconda della regione di appartenenza. Se ponessi, invece, la stessa domanda negli Stati Uniti, son sicuro che la stragrande maggioranza mi direbbe Macaroni and Cheese o Mac&Cheese. Questo piatto, straordinariamente buono, è di una sempli cità incredibile. In America è un vero cult, fatto principalmente di due ingredienti: pasta corta e formaggio. Ma non un formag gio qualsiasi: la versione originale prevede il Cheddar. Stiamo parlando del celeberrimo formaggio inglese di vacca, a pasta dura, dal sapore importante, che varia da un colore giallo pallido sino all’arancione. In realtà ognuno, poi, in America ha una propria versione di Mac&Cheese: ho un amico americano che vive in Italia, il quale afferma di non essere mai riuscito a replicare in modo perfetto questo piatto che gli preparava la nonna, perché lei usava un formaggio particolare che non ha mai trovato qui da noi. Questo vi fa capire quanto possano essere diverse le ricette di ogni singola famiglia. Io ho preparato una delle tante versioni possibili, ma niente vieta che voi possiate usare anche altri formaggi. Volete dei suggerimenti? Castelmagno, Gruviera e Emmenthal. L’importante è che siano formaggi dal sapore forte e spiccato. Ma come si realizza? Semplice. Si cuoce la pasta, si crea una crema di formaggio e poi si fa gratinare
tutto al forno. La ricetta prevede la pasta corta, meglio se rigata e tubolare, per fare in modo che si impregni e riesca a trattenere a sé una buona parte della spettacolare crema di formaggio. Voi però vedrete ora come farla, nel vostro fedele dispositivo. Procedimento 1. Mettete a bollire l’acqua salata e cuocete la pasta. 2. In un tegamino, sciogliete il burro, al quale (una volta sciolto) va aggiunta la farina, mescolando sino a formare il roux. 3. Aggiungete il latte a filo, poco per volta. Man mano che il roux assorbe quello già versato, aggiungetene altro. 4. Una volta versata tutta la quantità di latte, aggiungete il Cheddar (o il vostro mix di formaggi preferito) e aggiungete, mescolando, la senape in polvere e una grattugiata di noce moscata. Salate e pepate. 5. Scolate la pasta molto al dente, raffreddandola sotto un getto di acqua corrente, in modo che perda l’amido. 6. In un recipiente, mescolate la pa sta con la crema di formaggio, impregnandola per bene. 7. Imburrate una pirofila, rivestitela di pan grattato e versateci dentro la pasta condita. 8. Cospargete infine con una spolve rata di pane grattugiato e col Parmigiano Reggiano. 9. Settate il vostro dispositivo in in-
diretta, sino a 180° /200° C in ca mera. Inserite la vostra pirofila e la sciate cuocere circa 20 minuti, finché si sia formata una bella crosticina superficiale. Avete bello che pronto in tavola un piatto della tradizione americana. Un primo piatto cosmico, godurioso, carico di sapore, con quello strato brunito della pasta, croccante e bruciacchiato. La bellezza del piatto sta nel dargli un vostro tocco personale. Potete sbizzarrirvi con l’aggiunta di altri ingredienti in polvere al posto della senape, come paprika o chipotle. Insomma, partite da questa base e fatela vostra.
I N G REDI EN TI P E R 4 P E RS ON E • 400g di pasta corta tipo pipe rigate • 1 l di latte intero • 50g di farina • 50g di burro • 100g di Cheddar • 50g di pane grattugiato • 100gr di Parmigiano Reggiano • 1 cucchiaino di senape in polvere • noce moscata q.b • sale q.b • pepe q.b.
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RICETTA di EMILIANO NENCIONI
I L PA N I N O D I E LV I S e voi siete così folli da provarlo?
The Fool’s Gold sandwich, il panino dello stolto. Un cibo avvolto dalla leggenda, come qualsiasi cosa graviti attorno a Elvis Presley. Parlando di Elvis è doveroso ricor dare che ci stiamo riferendo a un bel giovanotto (almeno inizialmente) del Mississippi, nato nel ’35, pioniere del rock’n’roll e di una certa qual li berazione dei costumi, sia nel ballo che nei modi di porsi; in vent’anni di carriera, oltre a generare gli spin-off nostrani di Little Tony e Bobby Solo, ha smesso di essere un cantante ed è diventato un fenomeno, un oggetto di culto, un personaggio al centro di oscuri complotti dell’FBI, ha avuto a che fare con Nixon e con la morte di JFK. Solo personaggio, nessun talento quindi? Assolutamente no, vista la produzione musicale di alto, talvolta altissimo livello: certo, essere nella propria maturità artistica nel momento dell’esplosione del rhythm’n’blues e del rock aiuta molto, ma provateci voi a interpretare Suspicious Minds con la stessa intensità. In italia ci hanno provato, con esiti altalenanti, Gianni Morandi e Ligabue, più una versione al contrario del brano che spero conosciate. Tutto questo per dirvi che un mito del genere non muore e basta. Muore in circostanze misteriose, con complotti terribili, e magari non muore neppure, si è solo auto esiliato alle Hawaii, con Marilyn, Jim, Jimi e 56 - BBQ4All MAGAZINE
Ettore Majorana. Una figura così non può semplicemente morire, a 42 anni, per l’abuso di farmaci, barbiturici, anfetamine e psicofarmaci di cui fa largo uso per contrastare le paranoie, la depressione e la vita eccessiva a cui è costretto: deve morire lasciando una bella storia da raccontare. Ad esempio potrebbe morire d’infarto, seduto sul WC a leggere un libro sul volto di Cristo, per colpa della sua dieta da 94mila Kcal giornaliere. Lasciamo perdere per un attimo il fatto che 94mila calorie dovrebbero essere circa 20 chili di grassi e proviamo a crederci. Elvis prendeva il suo jet privato, un Lockheed che chiamava “Lisa Marie” (come sua figlia, che poi spo serà un’altra leggenda, un certo Michael), andava a Denver in Colorado e si faceva preparare il panino più folle, calorico e probabilmente famoso della storia: fool’s gold, oro dello stolto, come veniva anche chia mata la pirite. Un gioco di parole per sottolineare l’inganno nutrizionistico del panino? Chissà, lasciamo anche questo avvolto nel mito. La leggenda narra di un’intera pa gnotta piena di un barattolo di marmellata, uno di burro di noccioline, mezzo chilo (!) di bacon e qualche banana, tutto mangiato direttamente nell’hangar dell’aeroporto, accompagnato da champagne. Non uno, due panini, già che ci siamo, afferma la
leggenda. Noi della redazione non siamo (al momento in cui scrivo) leggende, al massimo siamo aneddoti, per cui terremmo a proporre una versione capace di tenerci in vita: niente di consigliabile come pasto pre-workout, ma nulla che vi faccia trovare in arresto cardiaco sul WC mentre componete un prezioso commento su Facebook. Procedimento 1. Innanzitutto niente pagnotte intere. Due fette di pane bianco, quello per i sandwich tipico americano, andranno benissimo. 2. Prendete una banana e tagliatela in dischi di 5-6mm. Non impanatela, non friggetela, state calmi un attimo. 3. Spalmate uno strato generoso di burro sulle parte esterna delle fette di pane e grigliatele o tostatele in padella, solo dalla parte del burro: occhio che si bruciano in fretta. 4. Quando saranno tostate alla perfezione, spalmate sull’altro lato del pane il burro di arachidi a piacere. 5. Tagliate il bacon in strisce sottili e rendetelo croccante su una padella in ghisa o sulla griglia del kettle, do-
podiché mettetelo tutto nel panino, insieme alla banana. Non metteteci un barattolo di marmellata, non pensate di friggere il tutto. È già pesantuccio così com’è. Dividete a metà e servite sopra ad un 45 giri di Rock’n’roll, country o al massimo rockabilly, accompagnandolo con lo champagne più costoso che riuscite a trovare. Qualcuno, in redazione, qualcuno di insospettabile, ha detto “secondo me ci manca un hamburger in mezzo”, e in qualche modo non ha
tutti i torti. Il re del rock fagocitava sicuramente sostanziose quantità di calorie, ma forse il bilanciamento dei sapori poteva essere rivisto e un bell’hamburger di manzo sarebbe servito alla bisogna. Potete usare questo panino per fare i fenomeni in una cena fra amici spacconi, per rendere più filologica una commemorazione di “the King” Elvis o per mettere alla prova le vostre coronarie ma, per carità, non fatene il vostro regime alimentare quotidiano.
I N G REDI EN TI P E R U N PA N IN O • Due fette di pane bianco da • • • •
sandwich americano burro a piacere una banana 120g di bacon burro di arachidi a piacere
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RICETTA di LUCA GALLOZZA
Missisipi Mud Cheesy Potatoes
L A PATATA CHE TI MANCA Non è facile aprire un articolo parlando di patata. Si cade nella battuta facile e ovvia. Rocco Siffredi e la sua amica patatina, nella famosa pubblicità, ne sono l’esempio. Tuttavia, al netto delle battute e dei doppisensi (‘importante è non scendere mai nella volgarità) la ricetta che sto per presentarvi è una cosa squisita e sono sufficientemente convinto che questa patata vi manchi letteralmente: sia perché non conoscete la ricetta, sia perché una volta assaggiata non potrete più farne a meno. Non voglio stare qui a dilungarmi per descrivervi il sapore. Vi dico solo questo: avete presente quando mangiate qualcosa e alla prima forchettata state già pregustando la seconda? Esattamente così. Io lo so che c’è una cosa in questa ricetta che al solo sentirne parlare
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fa strabuzzare gli occhi: la maionese. Ebbene sì. Anche piuttosto abbondante. Vi chiedete quale pasticcio americano vi stia proponendo? Nient’altro che un ottimo contorno: le Missisipi Mud Cheesy Potatoes. Provatelo e capirete.
pepate. 7. Trasferite il tutto in una teglia e cospargete col Cheddar. 8. Mettete a cuocere in indiretta nel vostro dispositivo, settato a 180°/200°C per circa 60 minuti, affumicando, se volete, con un legno fruttato.
Procedimento 1. Pelate le patate, tagliatele a cubotti, sciacquatele sotto l’acqua per far perdere loro l’amido e asciugatele. 2. Tagliate grossolanamente la cipolla. 3. Saltate la pancetta affumicata su una piastra in ghisa adagiata sul nostro dispositivo di cottura bbq, sino a tostarla. 4. Affettate il Cheddar a strisce o riducetelo a pezzetti. 5. Unite in una ciotola, le patate, la pancetta già tostata, la cipolla e aggiungete la maionese. 6. Mescolate per bene, salate e
Se vi piace, aggiungete dell’erba cipollina fresca a fine cottura o una spolverata di rosmarino fresco tritato. Un tocco mediterraneo non fa mai male.
I N G REDI EN TI PER 4 PERSONE • 6 grosse patate a pasta gialla • 1 cipolla rossa • 150 g di pancetta affumicata a cubetti • 200 g di formaggio Cheddar • 100 g di maionese • Sale q.b • Pepe q.b
ADVANCED TRAINING CLASSES Grill to Perfection - Smoke to Perfection EVEN TS C’è una profonda differenza che passa tra l’essere bravi e l’essere i migliori. Ed è la stessa differenza tra il cuocere bene un pezzo di carne e offrire ai tuoi commensali la bistecca più buona mai provata in vita loro.
I percorsi BBQ4All University ti aiuteranno a raggiungere questo obiettivo e se saprai applicare tutti gli insegnamenti del tuo Coach il risultato sarà scientificamente garantito.
Filippo Dubsky de Wittenau
Alberto Arshia Afshan
La mia recensione sui corsi “Grill to Perfection” Ieri ho avuto modo di partecipare al mio primo corso: il GTP. Esperienza davvero positiva sia per i contenuti del corso, sia per lo scambio di esperienze con coach e corsisti. Altra caratteristica fondamentale è stata l’assaggio della carne del Megastore (oltre a tutto il resto che era comunque spaziale), nello specifico delle stupende NY Strip di Black Angus USA, a mio parere Prime, davvero squisite. Se prima ero “scettico” ora so che ogni tanto un ordine vale davvero la pena di farlo. Buona ciccia a tutti!
La mia recensione sui corsi “Smoke to Perfection” Ad ogni corso imparo sempre di più, acquisisco più sicurezza nello svolgimento delle cotture, conosco sempre gente nuova che ha la mia stessa passione, si ride si scherza e alla fine si mangia bene. È un investimento che faccio su me stesso e sono pienamente soddisfatto. Ringrazio i coach per la Loro professionalità e simpatia, e se devo essere sincero mi dispiace che con lo SMOKE TO PERFECTION si concluda il ciclo di studio. Viva la ciccia e grazie ancora a tutto lo staff BBQ4All per essere sempre disponibile nella risoluzione dei nostri problemi.
Salvatore Barillari La mia recensione sui corsi “Grill to Perfection” Salve a tutti. Sabato 25 ho fatto il corso GTP2 e che dire: semplicemente straordinario e travolgente. Si continua a conscere e ad apprezzare tecniche e metodi nuovi su tutto quello che riguarda tagli di carne, preparazioni e temperature. Per non parlare del coach, gran persona, davvero preparato. Un grazie ancora al coach e a BBQ4All di averci teletrasportati in questo fantastico mondo! The show must go on.
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DULCIS IN FUNDO - RICETTA di MARIANGELA IBBA
se non è fritto
C H E D O LC E D I C A R N E VA L E É ? Febbraio è per antonomasia il mese del Carnevale, una ricorrenza ricca di dolci fritti. Ogni regione ha le sue specialità, e alcune si somigliano molto fra loro: sono spesso preparazioni semplici, povere, fatte con farina, acqua, latte e zucchero. In alcuni casi sono arricchite con il miele e la crema. Sono famosi i nastri di pasta dolce fritta, chiamati Cenci, Chiacchiere o Bugie. Allo stesso modo tutti conoscono le Castagnole, delle palline di pasta fritta ripiene con crema o ricotta, così come i Tortelli fritti, vuoti o ripieni di crema, spolverati con zucchero a velo e cannella. Così, vista la grande abbondanza di dolci fritti carnevaleschi, abbiamo deciso di crearne uno anche noi, solo più sostanzioso. Dato che per prepararlo abbiamo usato i tipici ingredienti dello strudel, anche in onore del W.E.S.T. cui è dedicato questo numero, abbiamo deciso di creare una sorta di “ministrudel”, prima grigliando le mele e affumicandole, poi friggendole insieme alla pasta fillo, la crema, l’uvetta e i pinoli. Io ci scommetto: appena finirete di leggere questa ricetta correrete a comprare gli ingredienti per rifarla subito. Quindi, non perdiamo tempo. Procedimento 1. Prepara il dispositivo per una cottura indiretta a 180 gradi. 2. Sbuccia le mele e tagliale a dadini. 3. Aggiungi alle mele il succo di limone, lo zucchero e mescola bene. 4. In una teglia disponi le mele stendendole bene e senza ammassarle troppo. 5. Metti le mele in cottura indiretta a 180°C, affumicandole con una 60 - BBQ4All MAGAZINE
manciata di chips di melo, e lasciale cuocere per 30/40 minuti circa. 6. I dadini di mela sono pronti quando sono belli dorati e cedevoli al tocco della forchetta. 7. Togli le mele dal dispositivo e lasciale raffreddare. 8. Tosta i pinoli e comincia a preparare la crema.. 9. Con la punta di un coltello incidi la bacca di vaniglia per tutta la sua lunghezza, poi raschia l’interno della bacca per estrarre i semi, con i quali aromatizzerai lo zucchero. 10. Versa in una ciotola lo zucchero e la vaniglia e con un cucchiaio inizia a mescolare. 11. In un pentolino versa lo zucchero aromatizzato, i tuorli, l’amido di mais e dai una prima energica mescolata con la frusta. 12. Aggiungi il latte intero a temperatura ambiente e sempre con la frusta mescola energicamente gli ingredienti per evitare la formazione di grumi. 13. Poni il pentolino su fuoco medio continuando a mescolare con la fru sta, quando la crema arriva al bollore mescola con più energia e togli la crema dal fuoco appena si addensa. 14. Versa la crema in un ciotola, copri con pellicola a contatto e lasciala freddare 15. Mentre aspetti che la crema ra f freddi, fai rinvenire l’uvetta nella grappa almeno una mezz’ora. 16. Prendi un foglio di pasta fillo, stendilo sul piano per lungo, la parte più corta deve essere rivolta verso di te. 17. A circa tre centimetri dal bordo più corto, metti un cucchiaio di crema al centro poi aggiungi metà cucchiaio di mele, i pinoli e l’uvetta. 18. Sei pronto per chiudere: piega il lato corto fino a farlo aderire alla crema, senza schiacciarla, coprendola in parte. Lo stesso fai con i lati più
lunghi: li pieghi verso la crema, li fai aderire con delicatezza per non schiacciarla, coprendo totalmente il ripie no. A questo punto, non ti rimane che avvolgere il fagottino per tutta la lunghezza del foglio. Bagna l’estremità con un po’ d’acqua per chiudere. 19. Se proprio non vuoi rinunciare a cuocerli al bbq, prepara il dispositivo per una cottura diretta, versa mezza ciminiera di bricchetti accesi al centro e sostituisci il centrale della griglia con il wok, facendo attenzione che i bricchetti non tocchino il fondo della pentola. 20. Versa l’olio di semi di arachidi e quando è caldo inizia a friggere i fagottini uno per volta, la pasta fillo ci mette veramente pochi secondi a cuocere. 22. Sono pronti quando entrambi i lati sono ben dorati. 23. Asciugali dall’olio di frittura in eccesso e lasciali intiepidire. Ti consiglio di mangiarli quando sono ancora tiepidi, con una bella spolverata di zucchero a velo.
I N G REDI EN TI PER 4 PERSONE PER LE MELE • 500g di mele sbucciate (Renette, Golden o Stark) • un limone • 50g di zucchero PER LA CREMA • 500ml latte intero • 120g tuorlo d’uovo • 90g zucchero • 40gr amido di mais • una bacca di vaniglia PER I MINISTRUDEL • una confezione di pasta fillo • 500ml olio di semi di arachidi • 200gr pinoli • 100gr uvetta • un bicchiere di grappa • 100gr zucchero a velo
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I N GREDIENT I • • • • • • • • • • • • • • • • •
500g pane toscano raffermo 500g fagioli bianchi secchi uno spicchio d’aglio 3 foglie di salvia sale q.b. olio extravergine q.b. una cipolla una costa di sedano 3 carote 50gr concentrato di pomodoro un mazzo di cavolo nero mezzo cavolo verza un mazzo di bietola tre zucchini pepe q.b. sale q.b. olio extravergine q.b.
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NON SOLO CARNE - RICETTA VEGETARIANA di MARIANGELA IBBA
LA R I G R I G L I ATA Da Nord a Sud, quando si parla di Ribollita l’associazione con la Toscana è automatica. Infatti questa zuppa è un piatto tipico toscano e non c’è trattoria tradizionale che non lo proponga nel suo menù. La Ribollita nasce come piatto povero della tradizione contadina. Era una pietanza di recupero: si utilizzavano le verdure presenti in casa, unite al pane raffermo. Per questo non esiste una ricetta unica, ma tante versioni più o meno ricche, che però ruotano attorno a tre ingredienti principali: il cavolo nero, il cavolo verza e i fagioli. Ma perché si chiama Ribollita? Come ti ho già detto, era una ri cetta di recupero, le donne la preparavano il venerdì (giorno in cui per tradizione si mangiava di magro) e veniva mangiata per diversi giorni. Prima di gustarla la ribollivano sul fuoco, per poi inzuppare il pane. Ne esistono più versioni: mentre la ribollita prevede che venga riscaldata continuamente nei giorni successivi alla preparazione e che il pane venga inzuppato di volta in volta,
nelle zone di Pisa e Livorno esiste la “Zuppa di cavolo nero”, una preparazione molto simile, nella quale però il pane viene ammollato tutto subito e lasciato riposare, meglio se una notte intera. Il giorno successivo si scalda e si mangia (ma c’è chi se la mangia anche fredda!). Quindi, giocando un po’ con le va rianti di questa ricetta e adattandola alla griglia, abbiamo creato la Rigrigliata. Una cosa fondamentale da ricordare è che il pane da utilizzare è rigo rosamente quello senza sale, che è l’accompagnamento perfetto per questa preparazione così saporita. Il pane toscano per eccellenza è il Pane di Altopascio, diventato un prodotto D.O.P. con la direttiva europea del 2016/58/UE pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 4 Marzo dello stesso anno. Procedimento 1. Metti i fagioli a bagno in acqua fredda per una notte. 2. Lessa i fagioli in acqua con un po’ di sale, uno spicchio d’aglio e la salvia: mi raccomando, cuocili a fuoco molto molto basso, altrimenti perdono la buccia, e non stracuocerli. 3. Quando i fagioli sono pronti, sco lane la metà e mettila da parte. 4. Passa l’altra metà dei fagioli con la loro acqua di cottura: devi ottenere una crema di fagioli non eccessivamente asciutta. 5. In una pentola fai soffriggere, con un po’ di olio extravergine, lo spicchio d’aglio schiacciato e la salvia (che toglierai successivamente) e poi aggiungi il passato di fagioli con tre bicchieri della loro acqua di cottura: lascia andare a fuoco basso per 30 minuti circa. 6. Prepara il dispositivo per una cottura diretta, versa nella parte centrale una mezza ciminiera di bricchetti accesi, sostituisci il centrale
della griglia con la cocotte in ghisa; mi raccomando i bricchetti non devono toccare la pentola. 7. Fai soffriggere nell’olio extravergine la carota, la cipolla e il sedano tritati finemente. 8. Quando il soffritto è imbiondito, aggiungi le foglie del cavolo nero (private della parte fibrosa centrale) e il cavolo verza tagliato grossolanamente, sala e lascia appassire le verdure. 9. Quando le foglie del cavolo nero e del cavolo verza sono appassite, aggiungi la bietola, privata totalmente della costa centrale, e due carote tagliate a rondelle. 10. A questo punto, aggiungi due bicchieri d’acqua o brodo e chiudi il coperchio del dispositivo, affumicando con una manciata di chips di legno aromatico. Lascia andare per 40/45 minuti circa controllando che le verdure non si asciughino e aggiungendo al bisogno acqua o brodo. 11. Passati i 45 minuti, aggiungi le verdure che hai affumicato alla mi nestra di fagioli che hai preparato all’inizio. 12. Aggiusta di sale e di pepe, aggiungi il concentrato di pomodoro e cuoci a fuoco basso (sul fornello di casa in questo caso) per almeno due ore. Nell’ultima mezz’ora aggiungi la metà dei fagioli che avevi messo da parte. 13. Nel frattempo, griglia gli zucchini tagliati per lungo e le fette di pane. 14. In una teglia che possa andare nel kettle, stendi prima uno strato di pane, poi uno di verdure col brodo; sopra le verdure metti gli zucchini grigliati tagliati a pezzetti e poi procedi con un altro strato di pane, di verdure e di zucchini. 15. Lascia riposare la zuppa per una notte e poi rigrigliala, in cottura indiretta nel kettle a 180°C per una ventina di minuti. Ti consiglio di servirla con sopra un filo d’olio extravergine d’oliva. FEBBRAIO 2019 - 63
SPECIALE W.E.S.T. - VINI ABBINATI a cura di ENIO BERTON
È ORA DI
BERE! abbinamenti consigliati
R O S S O C E LT I C O Vino: Cantina: Abbinamento :
Rosso Celtico 2011 Moschioni pork ribs
Siamo di fronte ad un abbinamento difficile. Oltre che della succosità e dell’affumicatura della pietanza, dobbiamo tener conto anche del tipo di salsa usata in finitura, che può essere più o meno dolce oppure più o meno piccante in base ai gusti di ognuno di noi. Prendo dunque come riferimento la ricetta classica delle ribs, che è stata insegnata a tutti noi di BBQ4All dallo Zio, e vi propongo questo vino in abbinamento. La famiglia Moschioni, presente nel cividalese fin dal 1500, fonda la cantina all’inizio del 1900 con quattordici ettari di terreno di proprietà. Nel 1953 vengono acquistati altri tredici ettari di terreno dalla Curia Vescovile. Tutti i terreni sono nei dintorni di Cividale del Friuli, con caratteristiche organolettiche diverse ma con una grande presenza di calcare. Da quando, nel 1989, Michele Moschioni ha preso il comando l’azienda ha puntato tutto sulla produzione dei vini rossi, in una zona prevalentemente dedita ai vini bianchi, per valorizzare i vitigni autoctoni quali il Pignolo, lo Schioppettino, il Refosco ed il Tazzelenghe. Il rosso celtico è un blend di Merlot e Cabernet Sauvignon (50% Merlot 50% Cabernet Sauvignon). Le uve vengono raccolte da metà a fine settembre, e subiscono una maturazione di dodici mesi in barrique ed altri quarantotto mesi di affinamento in grandi botti di rovere. Prima della vendita vengono tenute dodici mesi in bottiglia per un ulteriore affinamento. Dal colore rosso rubino acceso, al naso si sentono profumi complessi di frutta rossa matura con note speziate di anice stellato che evolvono nel tempo in sentori di cuoio, tabacco e caffè. Al palato risulta potente, profondo, con note di frutti di bosco. Tannini dolci, levigati dalla lunga maturazione. Note minerali che si espandono nel fin di bocca. Grado alcolico: 14.5%. Bicchiere consigliato: ballon.
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KREMS Vino: Cantina: Abbinamento :
Kremstal Reserve DAC Riesling Krems 2016 Rainer Wess Mac&Cheese, Mississippi Mud Cheesy Potatoes
Visto che in questo speciale abbiamo parlato del Sud Tirolo, andiamo in Austria a scoprire questo vino. Vogliamo abbinarlo al Mac&Cheese alle Mississippi Mud Cheesy Potatoes, che tendenzialmente portano verso un gusto dolciastro maggiormente accentuato dal Cheddar e dalla maionese. Abbiamo bisogno, pertanto, di un vino che con la sua sapidità possa darci una sensazione di freschezza in bocca e ci consenta di ripulire il palato dalla grassezza del boccone. La cantina è nella regione di Kremstal, in Austria, nella vallata di Wachau, in una zona di produzione che i conoscitori del vino definiscono eroica, con terrazzamenti ripidi a secco che richiedono un grande lavoro manuale per la coltura delle uve. Applica la coltivazione biologica anche se non certificata. Le uve sono raccolte a mano, la fermentazione avviene a temperatura controllata in vasche di acciaio inox e continua la sua maturazione sempre in vasche di acciaio: un riesling prodotto in purezza che permette di conoscere il potenziale di questo vitigno. Dal colore giallo paglierino, all’olfatto i sentori di frutta bianca matura si susseguono alla mela con note di ciliegia e mango; sentori di pompelmo rosso e prugne ci accompagnano fino all’assaggio. In bocca si presenta fine, elegante con un regale fin di bocca agrumato. Consiglio di servirlo ad una temperatura di 12°C. Grado alcolico: 13% .Bicchiere consigliato: calice tulipano
PIERA DOLZA Liquore: Cantina: Abbinamento :
Torchiato di Fregona Piera Dolza DOCG Cantina Produttori Fregona dolci fritti di carnevale
Voglio giocare vicino casa e farvi scoprire una peculiarità e un’eccellenza del territorio trevigiano. Le colline del trevigiano sono note in tutto il mondo per il Prosecco e il Torchiato, che si ottiene dalle uve bianche di Glera (base del Prosecco), Verdiso e Boschera (55% Glera, 20% Verdisio, 25% Boschera). È permessa l’aggiunta fino ad un 10% di riesling e Bianchetta. I grappoli sono raccolti ed appesi in locali asciutti ed arieggiati, esposti al sole per evitare la coltura di muffe. La spremitura avviene nella settimana che precede la Pasqua in tinozze di legno, battendo gli acini con l’utilizzo della “becanela”, un cilindro di legno con due manici. Il mosto ottenuto viene torchiato e poi nuovamente battuto e nuovamente torchiato per più volte. Fatto riposare in piccole botti di rovere o castagno fino al 2 di agosto, viene poi assaggiato e successivamente stoccato in botticelle di legno fino alla Pasqua successiva. Il nome (Piera Dolza) è stato scelto per ricordate la pietra tenera con cui venivano adornate le ville nel territorio di Vittorio Veneto e con la quale venivano anche costruiti gli antichi torchi (uno dei quali ancora presenti in un frazione del comune di Fregona). È un vino dal colore dorato carico, con sentori di miele di acacia e tiglio; al palato un leggero gusto maderizzato con retrogusto amarognolo. Acidità equilibrata. Grado alcolico: 16%. Bicchiere consigliato: piccolo calice da vino passito. FEBBRAIO 2019
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SPECIALE W.E.S.T. - BIRRE CONSIGLIATE a cura di RICCARDO MENICONI
X YA U Y Ù F U M È Per superare la notte con la birra giusta
I grossi pezzi di carne stanno cuocendo lentamente, il legno aromatico profuma l’aria di hickory e ciliegio, il tempo rallenta e tutti cercano di riposare. Si discute davanti al mite calore che si propaga dall’affumicatore in azione. Quale momento migliore per prendersi una pausa e bere con i propri amici e compagni di team una bella birra da meditazione come un barley wine. E per rimanere in tema fumo, perché non una straordinaria Xyauyù Fumè 2014 di Baladin? Mentre la versiamo, si intuisce subito una certa viscosità, di colore bruno intenso con riflessi ramati, limpida e senza schiuma, scalda già alla vista. Al naso, note torbate date dall’invecchiamento in botti di wiskey scozzese e sentori maltati; il corpo è caldo e morbido, anche grazie ai suoi 14°, e si possono distinguere bene note caramellate, sentori di datteri e frutta secca, di ciliegia sotto spirito e di marmellata di prugne. Le chiamano birre da divano, birre da contemplazione. Noi la chiameremo birra da overnight, birra da competizione. Da servire in un tulip ad una temperature di 12-14 gradi, magari tenendola nel bicchiere ad ossigenare mentre si parla di un pulled pork o di quel coltello che tanto vorreste comprare, ma che non potete permettervi perché spendete tutto in birra.
TA P 5 FOLLE come ELVIS
Il panino di Elvis è uno dei sandwich più famosi al mondo. Chiamato “Fool’s Gold”, l’oro del matto, in molti lo ritengono il principale colpevole della morte prematura del Re del Rock&Roll. Questa versione, con burro di arachidi, banane e pancetta croccante, è sicuramente più “light” della ricetta originale (che veniva anche spalmata e fritta nel burro e alla quale veniva aggiunto abbondante miele) ma comunque abbastanza...folle. La birra ideale da abbinare avrà un tenore alcolico piuttosto elevato e una carbonazione spinta, per contrastare la grassezza della pancetta e del burro di arachidi. Per quanto riguarda le banane, beh, se c’è una birra in cui possiamo trovare nitide note di questo estero così particolare è nelle Weizen: uno dei pochi stili classici tedeschi ad alta fermentazione. La TAP5 di Schneider è però una Hopfenweisse, sottogenere molto particolare che si distingue per il dry hopping di luppoli tedeschi, normalmente assente in questo stile. Il cappello di schiuma è molto consistente, bianco e pannoso. Subito sotto si presenta di colore arancione opalescente con riflessi dorati. Al naso i luppoli si fanno sentire, con note di frutta tropicale accompagnati da sentori speziati donati dai lieviti. In bocca la dolcezza del malto e l’acidità del frumento rendono la birra molto equilibrata, lasciando poi spazio alla veloce sterzata sui toni amari e fruttati che rendono la bevuta pericolosamente facile nonostante gli 8,2° alcolici. Vi consiglio di servirla nel tipico bicchiere da Weizen ad una temperatura di 7°C. 66 - BBQ4All MAGAZINE
MU-PILS Una birra per la gara più fredda
Via, si accendono le ciminiere, si svuotano sacchi di carbone e si spacca la legna. Gli affumicatori sono caldi, le carni sui taglieri vengono trimmate e si preparano le salse. La tensione cresce e la sete aumenta. Ma noi siamo arrivati preparati, vero? Nel costipato bagagliaio della macchina, del camper o del furgone, abbiamo sicuramente trovato un po sticino per una bella cassa di birra dissetante. Forse con queste temperature qualcuno preferirebbe una cioccolata calda. Ma noi no, a noi il freddo fa venire voglia di pilsner, fragrante, leggermente luppolata e 100% marchi giana. La Mu-Pils, del birrificio Mukkeller di Porto Sant’Elpidio ha tutto quello che cerchiamo. Nel bicchiere si presenta con il classico cappello di schiuma bianca candida e compatta, dal colore giallo dorato, limpida come da tradizione. Al naso spiccano note erbacee e floreali con una delicata crosta di pane. In bocca ritroviamo la leggera luppolatura con un finale secco ed amaro molto equilibrato unita alla giusta carbonatura che richiama il sorso successivo. Ottima per le preparazioni barbecue tipiche da gara. Vi consiglio di servirla in un pilsner glass a temperatura ambiente, se siete al freddo estremo come al W.E.S.T., altrimenti a circa 8°C..
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SPECIALE W.E.S.T. - LA PROPOSTA a cura di ENIO BERTON
L A C O P PA
DELL’AMICIZIA Il giusto conforto per la lunga notte
Non me ne vogliano gli amici valdostani ma cercherò di essere chiaro e preciso nella definizione della ricetta e del contenitore. Quella in foto è la coppa dell’amicizia, più comunemente chiamata grolla, anche se in realtà la grolla è utilizzata per servire il vino ed è più alta. Chiarito il primo punto, passiamo al secondo: la coppa dell’amicizia va riempita con il caffè alla valdostana che, per la sua origine tra Val d’Aosta, Piemonte e Valtellina andrebbe fatta rigorosamente con caffè e Genepy o Genepì. Siccome il Genepy non si trova in giro facilmente, in questo caso potremmo sostituirlo con la grappa, preferibilmente di vinacce bianche o, per i più audaci, con del gin. Il Genepy è un liquore ottenuto dalla macerazione in alcool e zucchero di artemisie alpine (piante perenni che 68 - BBQ4All MAGAZINE
crescono tra i 2400 e 3500 metri) dal profumo intenso floreale e fruttato. Dal 2014 ha ottenuto il riconoscimento dell’ IGT (indicazione Geografica Tipica). Bene, dato giusto spazio alla tradizione, passiamo alla preparazione di questa bevanda che ci può accompagnare nelle lunghe notti, in attesa dei cicalini dei termostati o delle sveglie per le cotture overnight. La coppa è fatta apposta per condividere con i compagni la bevanda e preservare il tepore. L’ho già detto: ci vuole il caffè, nero e forte (60%) e il Genepy (o grappa o gin, 40%), poi zucchero, scorze d’arancia e limone. Scaldate il tutto, inseritelo nella coppa, bagnate il coperchio con lo zucchero e il liquore, date fuoco al liquido e chiudete il coperchio. Buon divertimento e buona bevuta a tutti.
SPECIALE W.E.S.T. - COCKTAIL a cura di RICCARDO MENICONI
Un cocktail per scaldarsi
IL NEGRONI Finalmente è arrivata la competizione che tutti aspettavano, la più fredda, la più spettacolare, la più estrema: Winter Extreme South Tyrol Bbq Contest, il W.E.S.T. Tutte le squadre accorrono, con non poche difficoltà, al campo gara. La neve la fa da padrona, le piccole strutture in legno sembrano poter essere le uniche zone di comfort quando, ad un certo punto, per rinfrancarsi dalla prima fatica dell’intenso weekend, qualcuno inizia a miscelare tre magici ingredienti. Vermouth rosso, bitter e dell’ottimo gin.
Ha così tanta vita uno dei cocktail più famosi, molto in voga anche nel mondo di BBQ4All, di cui quest’anno si festeggia il centesimo anniversario: il Negroni. Era il 1919 quando a Firenze il conte Camillo Negroni, forse perché stanco del solito Americano, chiese di aggiungere una dose di gin in sostituzione del seltz al barman Fosco Scarselli dell’aristocratico Caffè Casoni. Nacque così questo cocktail che scalda il cuore, l’anima e il corpo. La speziatura del vermouth, l’amaro del bitter, la secchezza e l’aromaticità del gin lo rendono, se fatto bene,
l’aperitivo perfetto. Vediamo come si prepara: in un bicchiere old fashioned pieno di ghiaccio si versa prima un ottimo gin (come il Tanqueray N°10), poi il vermouth rosso (io adoro il Punt e Mes, il nostro Gianfranco Lo Cascio il Carpano Antica Formula) e infine il bitter Campari. 2cl per ogni ingrediente per un totale di 6cl di puro piacere. Mi raccomando, non dimenticate lo spicchio, o meglio, un twist di arancia, in modo da spruzzare gli olii essenziali sul bordo del bicchiere.
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RUBRICA a cura della BBQ4All UNIVERSITY
coach Michela Bongiorni
#CHIEDIALCOACH
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MANUELE RUNNER chiede: Scusate la domanda da neofita: nel pulled pork le inje ction vanno fatte poco prima di andare in griglia oppure contestualmente al rub, quindi la sera prima? risponde MICHELA BONGIORNI Il Pulled Pork è una delle tre preparazioni della Holy Trinity del Barbecue americano (Ribs, Pork, Brisket). Di solito è un pezzo molto grande di spalla di maiale che viene cotto, in modo classico, con il metodo low&slow, cioè a bassa temperatura per tempi lunghi, fino a che non si disfa (pulla) ovvero fino a che la carne non perde la sua struttura tenace e diventa talmente morbida, te nera e succosa al punto da sfaldarsi. A questo risultato ci si arriva sciogliendo il collagene, una delle proteine del tessuto connettivo, in gelatina. Questa trasformazione è in realtà una reazione chimicofisica precisa chiamata “idrolisi del collagene” e avviene soprattutto per via termica. La denaturazione delle proteine può avvenire, tuttavia, anche per via chimica. Due elementi in grado di favorire questo processo sono il sale e l’acidità. Ecco perché è molto importante fare le injection, ovvero iniettare, tramite una siringa bella grossa, una salamoia acidificata all’interno del pezzo di carne qualche ora prima. La dose ideale è un litro d’acqua, 40g di sale e 5 cucchiai di aceto di vino (o succo di limone, o salsa Worcestershire). Le injection quindi non sono altro che dei composti prevalentemente liquidi che vengono iniettati tramite una siringa all’interno del nostro pezzo di ciccia. Nel preparare le injection è importante ricordarsi che devono aiutare a denaturare le proteine, che devono aiutare a migliorare la succosità della carne, ma non devono assolutamente coprire il sapore di quest’ultima. Meglio evitare quindi sapori troppo invasivi, (ad esempio aglio, peperoncino, spezie particolarmente forti) e optare per basi neutre come ad esempio un buon brodo, a cui aggiungere il sale, una parte grassa e una acida: succo di limone, aceto di mele, burro, salsa Worcestershire, salsa di soia, vino bianco o rosso sono alcuni degli ingredienti più usati. Per tornare alla domanda principale, ripeto: inietta le tue injection nella spalla (o nella coppa) di maiale e lasciale agire in frigo per qualche ora prima di andare in cottura. Per quello che riguarda il rub, io preferisco sempre metterlo poco prima di andare in cottura e non la sera prima, per evitare che si bagni troppo e che impedisca la formazione della tanto desiderata crosticina (bark). Ultima raccomandazione: mai il rub prima delle injection, lo laveresti via. Questo, quindi, il percorso ideale da seguire: injection, riposo in frigo, rub e via in cottura. E buona “pullata”.
MARIO CARIELLO chiede: Io vorrei sapere maggiori info sul metodo di cottura Hot&Fast, pregi e difetti e differenze con il Low&Slow risponde EZIO SPADA Ciao Mario ti ringrazio per la domanda perché mi dà modo di affrontare un argomento molto in voga ultimamente ma
oggetto di grande confusione : il barbecue in Hot&Fast o più semplicemente H&F. Come ben intuirai dal nome, H&F si contrappone a quel che è definito Low&Slow o “barbecue in purezza” e si riferisce alla temperatura di cottura e di conseguenza ai tempi per ottenere il risultato voluto. Nel L&S si ricorre ad una temperatura di cottura molto bassa, intorno ai 107°C (225°F), mentre nell’H&F si viaggia a temperatura molto più alte, dai 170°C ai 190°C (ovvero 350/375° F e oltre). Capirai bene che i tempi di cottura saranno molto diversi risultando notevolmente ridotti nell’H&F (per fare un esempio semplificato diciamo che una spalla di maiale che normalmente in L&S cuoce dalle dieci ore alle quattordici e oltre, nell’H&F può essere cotta dalle cinque alle sette ore circa). A questo punto è logico porsi delle domande: • Come mai dovresti impiegare più tempo se puoi ottenere lo stesso risultato dimezzandolo? • Il risultato finale sarà esattamente uguale? • I vari passaggi richiesti, la loro difficoltà e la loro sequenza saranno uguali per tutte e due le metodologie di cottura ? Procediamo con ordine. Le due tecniche sono simili ma allo stesso tempo del tutto differenti. Per capire meglio questo concetto dobbiamo partire da due punti in comune tra loro: 1. La ciccia utilizzata fa parte di quei tagli “poveri” ca ratterizzati da una grande presenza di tessuto connettivo (e di conseguenza di collagene, la proteina che principalmente lo compone), molto difficile da trattare e denaturare per far risultare la carne una esplosione di sapore e morbidezza. 2. Dobbiamo stamparci ben in testa un concetto che Gianfranco, in una delle sue Mail Class, ha evidenziato in maniera disarmante : - Lo scioglimento del connettivo non avviene solo ad una data temperatura. Avviene sempre, anche quando l’animale è vivo. Il punto sostanziale è che a determinate temperature questo processo si accelera in modo significativo. Questo range è compreso fra 70°C e 82°C/85°C. A 85°C si ha il picco massimo di velocità di scio glimento del connettivo. Questi 85°C però non sono “un interruttore”, nel senso che non è che se arrivo a 85°C allora tutto il connettivo si è sciolto. Ma nemmeno per idea. Il punto è che mantenendo la carne a questa temperatura sto velocizzando il processo di scioglimento. Che comunque ci impiegherà, rea listicamente, qualche ora. Ed è proprio per questo motivo che entra in gioco la fase di “rest” cioè di riposo. Maggiore è il tempo in cui lasciamo la carne all’interno di questo range di temperature, più veloce sarà il processo di scioglimento. Ecco, ora è possibile comprendere meglio come il L&S e l’H&F affrontano questo problema con due approcci diversi. Con la tecnica del L&S la bassa temperatura ti consente di stressare meno le fibre per portare la carne alla temperatura interna richiesta (70°C) per iniziare ad attuare questo processo (idrolisi del collagene), e una volta arFEBBRAIO 2019
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rivato nel range prestabilito, impiegherai ancora tanto tempo per far continuare a salire la temperatura interna fino a quella finale desiderata, garantendoti un intervallo sufficiente per la totale gelificazione del connettivo. Con la tecnica dell’H&F invece porterai molto più velocemente il tuo pezzo di carne ad una temperatura interna di circa 70°C, e molto più velocemente questa continuerà a salire fino a 85-90°C e oltre. 3 sono però i punti fondamentali che dovrai tenere in considerazione con l’H&F: 1. Viaggiando ad una temperatura più alta potrai ottenere dei sentori di arrostito molto più marcati grazie ai processi della reazione di Maillard accelerati, ad una notevole quantità di grasso che sciogliendosi e venendo vaporizzato dal calore delle braci restituirà più sapore ed alla agevolazione della formazione del Bark (stai solo attento allo zucchero eventualmente utilizzato nella composizione del rub che a determinate temperature potrebbe bruciare). 2. Questa temperatura di cottura più elevata “strizzerà” inevitabilmente le fibre della carne facendo fuoriuscire più acqua; devi quindi prevenire questo problema con un trimming più leggero (cioè cercando di schermare la superficie esterna più esposta al calore lasciando una quantità maggiore di grasso superficiale), e andando in foil il prima possibile, non appena avrai dato la quantità di fumo sufficiente e non appena il tuo bark si sarà ben formato. A questo punto ti risulterà chiaro che se la qualità della materia prima fa sempre la differenza, questo è ancora più vero con l’H&F, in quanto un taglio di carne ben infiltrato di parte grassa ti permetterà di ovviare al problema della maggiore perdita di liquidi interni
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mantenendo il morso finale succoso e saporito. 3. In ultimo, e forse più importante di tutto, nell’H&F è fondamentale la fase di REST (o meglio di “rest controllato”). Il rest è sempre importante nelle cotture ed in particolare in quelle barbecue “tradizionali”, ma diventa essenziale con l’H&F; siccome in cottura la tua carne sarà rimasta nel famoso range di attua zione dell’idrolisi del collagene per un periodo troppo breve, dovrai, una volta raggiunta la temperatura che ti eri prefissato, terminare la cottura e mettere in rest la ciccia avendo cura che la temperatura interna non scenda al di sotto dei 70/75°C. La fase di rest nell’H&F è logicamente fatta in foil ed è prolungata, può arrivare a diverse ore (impossibile stabilire con esattezza la durata a priori, dipende dalla temperatura mantenuta e dalla morbidezza raggiunta), e puoi attuarla sia in un dispositivo stabilizzato apposta, che nel forno di casa o dentro un contenitore isotermico professionale ben isolato. Concludendo, L&S e H&F sono due tecniche (qualcuno forse direbbe due filosofie di cottura) molto differenti che portano a risultati eccezionali ma diversi. Nel L&S, a fronte di una gestione più semplice e che ti permette una probabilità di riuscita maggiore, hai una necessità di stabilizzare il dispositivo per un periodo molto più lungo. Con l’H&F invece i fattori si invertono ed è molto più facile incorrere in un risultato finale troppo asciutto o in una quantità di connettivo non perfettamente ammorbidito a causa di un errore su uno dei vari passaggi di cottura; se sarai però abbastanza in gamba da centrare l’obbiettivo, avrai impiegato complessivamente meno tempo.
ALESSANDRO CARLINI chiede: #chiedialcoach È possibile effettuare un dry brining e reverse searing e conservare in sottovuoto le carni cosi da utilizzare il forno una sola volta? E se è possibile, ha senso portare la carne a 52° per poi raffreddarla?
na - proteina sciolta nell’acqua - rimane intatta, mentre l’acqua, evaporando, cede il suo peso all’aria avviando di fatto un processo di concentrazione del sapore, così come avviene quando partendo da un brodo di manzo otteniamo un gustoso fondo bruno.
La fase successiva, la cosiddetta “ cottura diretta”, normalmente non richiede le procedure di abbattimento e successiva rigenerazione; quasi sempre infatti si prefe risce consumare la carne immediatamente. Nella ristorazione professionale, immediatamente dopo le prime due fasi, per ottimizzare i tempi e gestire grossi numeri o si abbatte in positivo o talvolta si congela, il tutto in tempi molto rapidi per evitare i problemi tipici della conservazione casalinga derivanti, ad esempio, dai Poniamo quindi il caso che tu abbia comprato un bel macro-cristalli di ghiaccio. pezzo di cuberoll e lo abbia porzionato in grosse (mi auguro) bistecche alle quali poi hai applicato le procedure Portare quindi una preparazione ai fatidici 52°C e poi indicate. I pezzi di carne così trattati subiranno delle raffreddarla, perché si è deciso ad esempio di consutrasformazioni chimico fisiche che sono in ogni caso marla in un altro momento, non inficia tutto il lavoro fatto in precedenza, poiché come già detto la struttura irreversibili, che tu li cuocia o meno. della carne è stata modificata. Il dry brining per mezzo degli ioni di sodio e cloro che si diffondono penetrando nel tessuto, innescano un È d’obbligo quindi seguire le regole di un abbattimento processo di denaturazione che cambia in sostanza la rapido e, ove prevista, il successivo congelamento deve essere effettuato con degli accorgimenti che preservino struttura proteica. al meglio una materia prima cosi fortemente disidratata. Il reverse searing amplifica questo processo con l’attivazione di enzimi che inteneriscono ulteriormente Prima di porre la carne in sottovuoto, se non si è dotati la struttura e, mentre la miosina inizia a sciogliersi per di un abbattitore professionale, la si dovrebbe adagiare poi emulsionarsi con i grassi presenti, è con la disidrata su delle placche rivestite di carta forno e metterla nel zione superficiale che cambia radicalmente il quadro ri freezer senza coprirla, per favorire un veloce raffreddamento e procedere con la messa in busta sottovuoto, spetto al punto di partenza. solo dopo a congelamento avvenuto. Rimanendo infatti sotto la soglia dei 52°C la mioglobiFEBBRAIO 2019 - 73 risponde MARCO ZORZAN Ciao Alessandro, è sicuramente possibile effettuare dry brining e reverse searing e poi conservare in sottovuoto, ma nel caso di procedura casalinga dovrai adottare degli accorgimenti per non incorrere in alcuni pericoli, problema che nella ristorazione professionale difficilmente può accadere.
MECU SPECNAZ chiede: Qual è la differenza sostanziale tra dry aged e sottovuoto nella Frollatura? #chiedialcoach risponde GULI PONTIGGIA In risposta ad un nostro membro della community Mecu Specnaz, oggi analizziamo i vari tipi di frollatura. Innanzitutto voglio ricordare cos’è e perché viene fatta la frollatura. Possiamo considerarla come una fase di riposo dopo la macellazione fino al momento del consumo vero e proprio. La frollatura viene solitamente effettuata in celle frigorifere apposite, per un determinato periodo di tempo. Durante questo processo, all’interno della carne si creano dei nuovi enzimi che in questa fase di maturazione vanno a denaturare parzialmente il tessuto connettivo. Ne consegue un maggiore intenerimento delle fibre e una trasformazione, o meglio una concentrazione, del sapore delle fibre stesse. Questi enzimi sono le calpaine e le
catepsine, che possono essere più o meno presenti e che comunque lavorano lentamente. Per questo motivo, più la frollatura sarà lunga e più la carne ne beneficerà sia in termini di gusto che di morbidezza. Non dimentichiamoci inoltre che la morbidezza è data anche dalla marezzatura che può essere più o meno presente nella carne e che, se abbinata ad una frollatura adeguata, porta ad un risultato strepitoso anche in termini di gusto. Veniamo quindi al punto. Nello specifico troviamo il wet aging e il dry aging. Il primo è la frollatura effettuata in sacchetti sottovuoto, come la carne che trovi nel nostro Megastore. La dry aging invece viene effettuata in camere o teche apposite con temperature controllate, umidità co stante dell’80% e con l’ausilio di lampade UV che aiutano a tenere sotto controllo la proliferazione batterica in superficie. La carne subisce un notevole calo che può raggiun-
gere anche il 30% del peso iniziale, e ciò influisce negativamente sul prezzo finale. Considerando che il mercato è sempre in continua evoluzione, in commercio ormai si trovano sia sacchetti per la frollatura fai da te, sia teche per uso domestico per effettuare una frollatura dry aged con standard di buon livello. In ogni caso, per non incorrere in problemi, è bene affidarsi ai professionisti del settore che garantiscono e certificano tempi e accorgimenti adeguati in totale sicurezza. È vero, c’è ancora chi preferisce la carne magra e fosforescente, snobbando quella magari un po’ scura e grassa, sospettando che il macellaio l’abbia dimenticata fuori dal frigo. Ma sono sicuro che i nostri corsisti e i membri della Community di BBQ4All vanno dritti su quel pezzo di carne che non vuole nessuno… o qualcuno chiede ancora la fettina fresca e bella rossa?
“Vuoi entrare a far parte della Community di appassionati di barbecue e grilling più grande d’Italia? Iscriviti a
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#CHIEDIALCOACH
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SEGUO - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI
SEGUO
“Ciao, mi puoi sbannare?”
Avete mai visto Tango & Cash (USA, 1989)? Avete presente la scena in cui Sylvester Stallone e Kurt Russell, che interpretano due poliziotti, vengono incastrati e condotti in un carcere di massima sicurezza pieno di gente arrestata proprio da loro? Questa è un po’ la storia del mio arrivo a Campo di Tures, terreno di sfida della competizione KCBS. Per prima cosa, una precisazione: io di solito sono molto infastidito dal freddo già a novembre, sul litorale to scano. Ed è un clima considerato mite, sui dodici gradi. Non perché abbia particolari problemi, è solo che considero decisamente superfluo e seccante dover tollerare la
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sensazione sgradevole del freddo alle estremità. Invece eccomi lì, catapultato in un posto bellissimo, candido di neve fresca e assolutamente inospitale, “incompatibile con la vita!” come andavo bofonchiando sotto la sciarpa. Meno venti gradi, un delta di circa trenta gradi rispetto alla temperatura che per i miei standard rappresentava l’idea di freddo. Il piano è molto semplice: “devi intervistare i team stra nieri, SOLO i team stranieri, agli italiani pensiamo noi”, e il team sorriso della redazione spariva nel bagliore della neve, lasciando chi vi scrive in un tendone adibito a bar, a rimuginare sulle interviste da fare, all’uso del ter-
mine comraderie (lo capiranno? È un vocabolo desueto?) e a cosa poter scrivere nella rubrica Seguo del numero di febbraio, che far sorridere i lettori quando si ha il permafrost nell’anima non è così immediato. “Solo gli stranieri, con gli italiani parliamo prima noi, è meglio”. Ma perché il confronto con la scena di Tango & Cash? Perché sono il Community Manager di BBQ4All e perché, per un motivo o per l’altro, il settantacinque per cento dei concorrenti era stato, in passato, sanzionato (ok, proprio bannato) da me. Nota bene: mai avuto uno scambio di parole storto, mai un diverbio personale. Con buona approssimazione, non so neanche che faccia abbiano: è sempre stata solo l’applicazione di una regola che è uguale per tutti, spesso a causa di comportamenti non corretti nei confronti dell’azienda che rappresento, qualunque ne sia stato il motivo scatenante. Tutto intorno, però, un gran levare di sopracciglia. Ho visto qualcuno farsi dei selfie con me sullo sfondo, come quei turisti all’Isola del Giglio con la Costa Concordia spiaggiata dopo l’inchino. Questo ovviamente solo dopo essere stato riconosciuto, cosa non facile vista la mia somiglianza con un goffo gomitolo di pile e goretex, due cappucci in testa e diversi giri di sciarpa che lasciavano intravedere solo degli occhi accigliati. Ma ad un tratto, l’inaspettato: “ciao, mi sbanni?” “...eh?” “Sì dai, almeno vedo cosa scrivete, puoi togliermi il ban? Io non sono uno di quelli che dice cattiverie, sì ok ne ho dette diverse. Sì, in certi momenti ripetutamente, ma solo perché le dicevano gli altri dai.” Dai. Uno dietro l’altro, la stessa storia: invece delle tazze sbattute sulle sbarre della scena di Tango & Cash accoglievo una sfilza di sorrisi, strette di mano, richieste di amnistia, “dai sbannami”: amichevoli, tranquilli, ragionevoli. “Era solo una serata un po’ così, era solo la forza del coro, mi sentivo in branco e mi sono lasciato trascinare, ma poi è diventato grottesco, non ha senso questo continuo darsi addosso”.
Una delle strette di mano più illustri è avvenuta in maniera rocambole sca proprio in bagno, alle prese con un orinale. Sì, dopo essersi lavati le mani, non facciamo battutine da seconda media. In generale, sembrava non ci fosse proprio mai stato niente per cui scontrarsi, offendersi, bannare. Abbiamo avuto modo di salutare il mio primo istruttore, ora pilastro della squadra forse più famosa e ricca di successi internazionali in KCBS, che non ha potuto sottrarsi al piacere sottile di ricordare a tutti di quella volta che, con la goffaggine dell’esordiente, feci cadere uno dopo l’altro tutti gli hamburger attraverso gli spazi vuoti della griglia, come se fossero gettoni all’autolavaggio. Abbiamo vissuto la grande tensione emotiva della premiazione, con questi omoni barbuti e pettoruti che arrivano alle lacrime e strillano come sopranisti quando ricevono una call per la pietanza che hanno preparato: tensione che conosco molto bene, visto che ho avuto una crisi di nervi da diva del cinema muto per un quinto posto alla mia prima gara KCBS. Ma sotto i tre giri di sciarpa e la matrioska di cappucci di pile rimango un attento osservatore e non ho potuto fare a meno di notare la gente che cambiava direzione per non incrociare lo sguardo, o il concorrente giovanissimo che si rifiuta di concedere un’intervista “a quelli là”, ma che poi ci tiene a farmi sapere che lui, ah lui il gruppo facebook lo legge lo stesso, perché si è creato un account sotto falso nome! Wow, Kevin Mitnick delle costine, bastava fare un logout, il gruppo ha visibilità pubblica.
E non ho potuto non notare una signora dalla faccia simpatica e sorridente raggelarsi e incupirsi, come se avesse visto l’Azrael delle gri gliate, fare un passo indietro e allontanarsi solo perché aveva riconosciuto credo - una frazione della mia iride, unico dettaglio visibile nella matassa agghiacciante di tessuto termoisolante che mi ricopriva. Questo è sicuramente quello che mi auguro che possa sparire quanto prima dai rapporti online e offline tra griller: perché ok, si può anche non essere d’accordo su alcuni argomenti, ma la spirale di insulti, conti in sospeso, sfottò e bassissimi attacchi che continuano dopo anni dal primo screzio (secondo me in molti non si ricordano nemmeno perché e quando hanno iniziato) ha stufato un po’ tutti a quanto pare; con un po’ di fortuna la spirale summenzionata diventerà abbastanza ridicola e insensata da nauseare e scocciare definitivamente anche gli hater più accaniti. Il numero del magazine che stai leggendo lo abbiamo messo assieme anche con questa segreta speranza: uno speciale sulle competizioni, per ricordarsi cosa tutto il movimento barbecue dovrebbe essere, per migliorare le cose con - si spera la collaborazione di tutti. Difficile, parecchio complicato, ma qui in BBQ4All abbiamo conseguito degli obiettivi mica da niente, chissà.
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NEW YORK
SLIDERS 200g (4x50g)
Un piccolo hamburger che andrà letteralmente a ruba nelle occasioni di festa. Particolarmente adatto ai bambini per le dimensioni ridotte, è perfetto per aperitivi, cene informali, serate in famiglia. Un vero e proprio boccone di puro sapore, che si presta ad essere declinato in mille versioni e abbinato a un’infinità di sapori, ma sorprendentemente gustoso e succulento anche da solo.
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ORIGINAL
BURGER 200g
Diventa il re della griglia durante le giornate in compagnia di amici e familiari grazie a questo hamburger da 200 grammi. Il perfetto bilanciamento del gusto, dato dall’equilibrio ideale di parte grassa e parte magra nella composizione del patty, lo rende un prodotto di cui non potrai più fare a meno.
BURGER
STEAK 300g
Trecento grammi di carne macinata, condita e ricompattata in una polpetta dallo spessore consistente. Questo Burger Steak unisce le due cose fondamentali che tutti cercano in cucina: qualità ottima e velocità di preparazione. In pochi minuti potrai servire un piatto ricco, bello da vedere, con un sapore esplosivo e una qualità indiscussa. Un hamburger alto, saporito, soddisfacente, che si presta a essere servito in mille modi diversi, mai asciutto e stoppaccioso.
Scalda bene la griglia prima di mettere il Burger Steak in cottura, rigiralo spesso per creare la crosticina esterna senza rischiare di bruciarlo, cuocilo per pochi minuti e servilo come una tagliata, aggiungendo il tuo Dimentica gli hamburger sottili e insapori e preparati a condimento preferito. Un sicuro successo. Un vero un’esplosione di gusto, senza rinunciare alla praticità di salva-cena di altissima qualità. un prodotto confezionato in skin.
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D OVE TROVARCI Lista aggiornata a dicembre 2018
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OSTELLATO TRESIGALLO BATTAGLIA TERME BORGORICCO BUSA DI VIGONZA CADONEGHE CADONEGHE CAMPODARSEGO CASALSERUGO CITTADELLA GRANTORTO LIMENA LIMENA MASSANZAGO MONSELICE NOVENTA PADOVANA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA RUBANO SAN GIORGIO IN BOSCO SAN MARTINO DI LUP. TENCAROLA DI SELV. TOMBELLE DI SAONARA TOMBOLO VIGODARZERE VIGONZA PORTO TOLLE PORTO VIRO ROVIGO VILLADOSE CASIER CASTELFRANCO VEN. CONEGLIANO MASERADA MOGLIANO VENETO ONÈ DI FONTE PAESE PONTE DI PIAVE TREVISO TREVISO VEDELAGO VIDOR CAVALLINO TREPORTI CEGGIA
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80 - BBQ4All MAGAZINE
STRADELLO DELLA CROCE 13 VIA ALDO MORO, 22 VIA GIACOMO MATTEOTTI, 10 VIA ROMA, 51/C VIA ALDO MORO, 17/B VIA VINCENZO BELLINI, 1 SOTTOPORTICO GUIDO ROSSA, 2 VIA ANTONIANA, 126/A VIA LEONINO DA ZARA 2 CONTRÀ CORTE TOSONI, 81 PIAZZA DEL BRAIO, 1S VIA ROMA, 87 VIA F.LLI CERVI 3 VIA ROMA, 31 VIA SQUERO, 14 VIA GUGLIELMO MARCONI, 9 VIA CURZOLA, 7 VIA INDUNO, 27 VIA TRE GAROFANI, 47-49-51 VIA NAZARETH, 22 VIA SIRACUSA, 18-20 VIA ANDREA VERROCCHIO, 18 VIA DEI COLLI, 60 VIA ANTONIO GRASSI, 38 SOTTO IL SALONE, 32- P. DEI FRUTTI VIA GIORGIO PULLÈ, 39 VIA ALESSANDRO PROSDOCIMI, 2 VIA DEI SALICI, 37 VIA MARTINO SANDELLI, 1/A PIAZZA METELLI, 6 VIA MONSIGNOR G.FORTIN, 47 VIA CHIESANUOVA 71 PIAZZA M.FRASSON 1 VIA VALSUGANA, 332/B VIA RIZZIERI SERATO, 84/A VIA S.ANTONIO, 2 VIA VIGONOVESE 130 VIA E.MONTALE, 5 PIAZZA UNITÀ D’ ITALIA 19 VIA PASTORE, 4 VIA ALBA 9 VIA XXV APRILE, 14-G VIALE PORTA ADIGE, 14/C VIA ZONA INDUSTRIALE 57 VIA DELLA LIBERAZIONE 68/A INT.7 VIA BORGO VICENZA, 20-26 VIA IMMACOLATA DI LOURDES, 88 VIA EUROPA, 114 VIA DELLO SCOUTISMO, 25 VIA CASTELLANA, 9/A VIA CASTELLANA 50 VIA DON LUIGI MORETTO 15 VIA DON LORENZO MILANI, 2/A VIA NICOLA DI FULVIO VIA PAPA SARTO, 14 PIAZZALE CAPITELLO, 5 VIA FAUSTA, 377 VIA XXV APRILE, 58
CHIRIGNAGO VENEZIA DOLO FAVARO VENETO FAVARO VENETO FOSSÒ MARCON MESTRE VENEZIA MESTRE VENEZIA PORTOGRUARO SAN DONÀ DI PIAVE SAN DONÀ DI PIAVE SAN DONÀ DI PIAVE SAN DONÀ DI PIAVE BASSANO DEL GRAPPA MONTEBELLO VICENTINO MONTECCHIO MAGGIORE MONTEGALDA MONTICELLO CON. OTTO ROSSANO VENETO SOVIZZO VICENZA VICENZA VILLAFRANCA
IL GIGANTE
NIZZA MONFERRATO ALBINO BERGAMO BOTTANUCO GAGLIANICO BOLOGNA ERBUSCO MANTA MARIANO COMENSE VERTEMATE CON MIN. MONTANASO LOMB. CESANO BELLINZAGO CANEGRATE CASTANO PRIMO CAVENAGO CESANO BOSCONE CINISELLO BALSAMO CINISELLO BALSAMO CORNAREDO DORMELLETTO MILANO MILANO MONZA PADERNO DUGNANO RHO ROZZANO SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI USMATE VILLASANTA VIMERCATE CURTATONE TRECATE VARALLO POMBIA ROTTOFRENO REGGIO EMILIA CHIVASSO LA LOGGIA RIVAROLO CANAVESE TORINO TORINO TORINO CASTELLANZA DAVERIO LONATE POZZOLO SOMMA LOMBARDO MONCRIVELLO
MERCATÒ
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VIA FRATELLI CAVANIS, 42/A VIA SAN PIO X°, 5 - 7 VIA TRIESTINA, 50/1 VIA ALTINIA 168 PIAZZA ALDO MORO, 3 VIA G.B. TIEPOLO 4 PIAZZALE LUIGI CANDIANI, 14-16 VIA PIAVE, 172 BORGO SANT’AGNESE, 97 VIA DANTE ALIGHIERI, 31 VIA MARIO RORATO, 12 VIA CALNOVA, 34 VIA BRUSADE, 69 VIA BENVENUTO CELLINI, 5/A VIA LAGO DI GARDA 22 VIA DEGLI ALBERI, 17 VIA 2 GIUGNO, 4 VIA ALESSANDRO VOLTA, 3 - 5 VIA TORRICELLA, 34 - 36 VIALE DEGLI ALPINI 40 VIA GIOACCHINO ROSSINI, 71 VIA PERIZ 11 VIALE POSTUMIA 37
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S.S. 592, LOC. REGIONE POLVERATA VIA MARCONI BERGAMO VIA BONO IA PAPA GIOVANNI XXIII VIA MATTEOTTI, 129 P.ZZA G.DA VENAZZANO, 6 VIA ROVATO, 44 STRADA REGIONALE 589 VIA PAPA GIOVANNI XXIII, 57 S.S. 35 DEI GIOVI, 1/9 VIA EMILIA, 2 VIA MONTEVERDI S.S. PADANA SUPERIORE, VILLA FORNACE VIA MAGENTA ANG. VIA ROVIGO S.P. 34 ANGOLO VIA ADUA VIA PAPA GIOVANNI PAOLO II VIA ROMA, 20 VIA DE AMICIS, 2 VIA AQUILEIA, 72 VIA DELLA REPUBBLICA, 1 DORMELLETTO (MI) VIA LORENTEGGIO, 3 VIA ORNATO VIA PORTA LODI, 6 VIA NENNI 21 VIA MAGENTA ANG. VIA S.MARTINO V.LE LAZIO, 4 V.LE MARELLI, 19 VIA GRANDI, 110 VIA MONTI, 49 VIALE ITALIA VIA CARLO MAX VIA VIVALDI, LOC. CASC.CORRADA VIA T. VECELLIO, 1 VIA TORRE BIANCHI, 16 VIA GENERAL LAUGER (VERZELLOTTO) STRADA REGIONALE, 11 S.S. 32 TICINESE, 20 VIA EMILIA PAVESE (S.NICOLÒ TREBBIA) VIA JUSTUS LIEBIG 1/A/ VIA GUIDO GOZZANO 10 STRADA NIZZA S.S.20 DEL COL DI TENDA CORSO INDIPENDENZA, 74 CORSO MARCHE VIA CIGNA CORSO MORTARA VIA PERBUSTO VIA CESARE BATTISTI, 1 VIA BUSTO ARSIZIO, 152 VIA SORAGANA, 1 S.S. 593
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C.SO CANALE, 99 - FRAZ.MUSSOTTO VIA DON ORIONE 45 VIA GUIDO MARTINO 8 FRAZ. M. DELL’OLMO PIAZZA CAMILLO VENESIO 5 VIALE PILONE 97 VIA BRA 2, 4 VIA TORINO 39 VIA BEPPE FENOGLIO 1 VIA NIZZA 94 VIA ROMA 160 VIA SILVIO PELLICO, 6 VIA MARIO GATTI 14/A VIALE REGINA ELENA 118 VIA FORO BOARIO 11 VIA CUNEO 21
MORETTA SALUZZO SANTO STEFANO BELBO SAVIGLIANO VILLANOVA MONDOVÌ CAMPOROSSO CISANO SUL NEVA SAVONA BRANDIZZO CAMBIANO CARIGNANO CHIERI COLLEGNO MONCALIERI PIANEZZA PIOSSASCO RIVOLI SETTIMO TORINESE TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO VAIE VILLAFRANCA PIEM. CRESCENTINO
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ANCONA CASTELFIDARDO JESI LORETO ASCOLI PICENO FERMO PORTO S. GIORGIO AVEZZANO L’AQUILA CAMPOBASSO TERMOLI FRANCAVILLA AL MARE LANCIANO MACERATA MATELICA TOLENTINO MONTESILVANO PERUGIA GIULIANOVA PIANO D’ACCIO ROSETO DEGLI ABRUZZI
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AREZZO AREZZO AREZZO S. GIOVANNI VALD. SAN SEPOLCRO ASTI BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA IMOLA BRESCIA BARBERINO VAL D’ELSA FIRENZE LEGNAIA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA FOLLONICA GROSSETO GROSSETO LIVORNO LIVORNO LIVORNO ALTOPASCIO VIAREGGIO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO
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VIA CERVIGNASCO, ANG. VIA CUNEO 2/A VIA CIRCONVALLAZIONE 25 CORSO IV NOVEMBRE 37 VIA TORINO, 250/A VIA MONDOVÌ 34 VIA OBERTO D’ORIA VIA BENESSEA VIA NIZZA 43/R VIA VOLPIANO, 68 S.P CARMAGNOLA-CHIERI 3 VIA PIER LUIGI VIGADA, 2 VIA RIVA/VIA MONTÙ CORSO FRANCIA 143 VIA PESCHIERA 17 VIA PIAVE - S.S. 24 MONGINEVRO VIA UGO FOSCOLO 2 CORSO IV NOVEMBRE 57/B VIA EMANUELE GIANTURCO 10 A VIA BOTTICELLI 114 VIA CARSO 10 VIA GAIDANO 125/A CORSO UNIONE SOVIETICA 493/14 VIA LEINÌ,42/A VIA CARSO 10 CORSO GROSSETO 303/A VIA DEMARGHERITA, 9 VIA MARTIRI DELLA LIBERTÀ 50/1 VIA BRIGATA ALPINA TAURINENSE, 1 VIA VIOTTI 1
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VIA CILEA
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VIA GIULIO PASTORE, 30 SS IESINA KM 6,166 LOC CERRETANO P.ZA CADUTI SUL LAVORO, 4 VIA PIZZARDETO, SNC VIA DEL COMMERCIO, 52 VIA PROSPERI, 42 - LOC. CAMPIGLIONE VIA SOLFERINO, 2 VIA XX SETTEMBRE, SNC SS 17 KM 42+100 - LOC. BAZZANO VIA INSORTI D’UNGHERIA, SNC VIA MADONNA DELLE GRAZIE, 53 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 1 VIA SANTO SPIRITO, 119 VIA ENRICO MATTEI, 41 LOC. BRECCE SNC CONTRADA PACE, SNC CORSO UMBERTO, 334 VIA CENTOVA, SNC VIA GALILEO GALILEI, 371 S.S. 80 VIA NAZIONALE, 621
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VIA ALFIERI, 67 VIA CALÒ, 12 - ANG. VIA CURINA VIA M. PERENNIO, 23 V.LE GIOTTO, 28 VIA MONTEFELTRO, 1/C CORSO TORINO, 30 VIA BELLARIA, 47 VIA DI CORTICELLA, 3 VIA MARCONI, 28/A VIA ZELLO, 1/A VIA F.LLI PORCELLAGA, 26 STR. PROV.LE PER S. GIMINIANO VIA FRANCAVILLA 13/15 VIA ANDREA DA PONTEDERA, 30 VIA CHIARAVAGNA, 54R VIA MANUZIO, 11 VIA DON GIOVANNI VERITÀ, 6/R VIA LAGACCIO, 48/R VIA MASSETANA - LOC. LE CORTI NUOVE VIA DE BARBERI VIA DEL SABOTINO, 6 P.ZZA SARAGAT, 10/2 VIA CAPPONI VIA DEL BOSCO - ANG. VIA ROMA VIA ROMANA VIA AURELIA NORD SNC V.LE OLONA, 1/3 V.LE SABOTINO, 6 VIA ARCHIMEDE, 8 VIA BAZZINI, 33 VIA FOPPA, 33 VIA FORZE ARMATE, 44 VIA INGANNI, 87 VIA MEDEGHINO, 11 VIA PADOVA, 111 VIA PADOVA, 22
MILANO MILANO MILANO MILANO ROZZANO VIGNOLA FOSDINOVO PADOVA PADOVA PADOVA GUBBIO PERUGIA PERUGIA CALCINAIA PISA PISA SAN MINIATO PORDENONE PORDENONE SPILIMBERGO POGGIO A CAIANO PRATO PRATO PRATO QUARRATA FORMELLO MONTEROTONDO NETTUNO ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA TIVOLI CHIUSI SIENA TRENTO LEINI’ PINO T.SE RIVAROLO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TRIESTE TRIESTE TRIESTE TRIESTE TREVISO LIGNANO CHIOGGIA MESTRE MESTRE SPINEA VICENZA VERONA VERONA
PANORAMA
ANGELI DI ROSORA ALESSANDRIA CAMPIBISENZIO ALATRI - FROSINONE CASSINO LATINA LOC.S.CROCE - FORMIA SASSUOLO PONTEDERA PARMA PISTOIA LOC. PAVONA - ARICCIA LUNGHEZZA - ROMA OSTIA - ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA S.MAURO TORINESE CASTRETTE DI VILLORBA TREVISO UDINE UDINE MARGHERA
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VIA PICCINNI, 2 VIA STRIGELLI, 8 VIA TIBALDI, 35 VIA TOLSTOI, 61 V.LE LIGURIA, 15 VIA FALCONE E BORSELLINO, 93 V.LE MALASPINA, 1 GALLERIA SAN CARLO, 15 (ZONA ARCELLA) P.TTA GARZERIA, 3 P.TTA S. CROCE, 17/18 VIA GIOTTO, 9 STR. COM. PERUGIA S. MARCO, 85/A STR. FONTANA LA TRINITÀ, 2/A - LOC.OLMO P.ZZA KOLBE, 2-15 LOC. FORNACETTE V.LE DELLE CASCINE, 1 VIA PASCOLI, 8 VIA PESTALOZZI, 10/12 C.SO GARIBALDI, 30 VIA GRIGOLETTI, 74 VIA CAVOUR, 57 V.LE MATTEOTTI, 18 VIA FERRUCCI, 132 VIA PISTOIESE, 199 VIA PALERMO 7-9 VIA STATALE, 173 V.LE AFRICA, 134 - LOC. LE RUGHE VIALE BRUNO BUOZZI SNC VIA UGO LA MALFA CIRC.NE AURELIA, 21-23 P.ZZA VINCI, 46/48 V.LE IONIO, 390 VIA A. DI DECIMA - ANG. VIA C. TROIANI VIA G. USELLINI, 287 VIA PASSO DI FALZAREGO, 19 VIALE DI VALLE AURELIA, 32 VIA LAGO DI LESI - LOC. VILLA ADRIANA LOC. QUERCE AL PINO P.ZZA ROSSELLI, 21 INT. 1 VIA G. B. TRENER, 16 VIA TIZIANO, 4 VIA CHIERI, 96 C.SO INDIPENDENZA, 50 C.SO BRAMANTE, 93 C.SO COSENZA, 46/B C.SO ORBASSANO, 212 C.SO POTENZA, 60 C.SO SEBASTOPOLI, 227/A C.SO SVIZZERA, 52 C.SO TRAIANO, 58 CORSO RACCONIGI, 236/A VIA NIZZA, 230 VIA PORPORA, 38/BIS C VIA S. PAOLO, 36 VIA SALBERTRAND, 67 VIALE PIEMONTE, 34 VIA CAMPI ELISI-ANG.VIA D’AVIANO VIA GIULIA, 75/3 VIA LIONELLO STOCK, 4 VIA MIRAMARE, 1 VIA ZORZETTO, 12 V.LE EUROPA, 33/34 VIA MARCO POLO, 70 C.SO DEL POPOLO, 209 P.ZZA XXVII OTTOBRE, 1 VIA DELLE INDUSTRIE, 10/B VIALE TRENTO - ANG. VIA PECORI GIRALDI VIA DEI MUTILATI, 3 VIA IV NOVEMBRE, 6/A
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VIA VERDI 1 CORSO GIUSEPPE ROMITA 80/82 VIA SAN QUIRICO, 165 VIA CASILINA, 81.600 VIA CASILINA SUD KM 141.400 VIA PIER LUIGI NERVI VIA MARMORANO LOC S.CROCE SNC VIA ARCHIMEDE, 9 VIA DELL’INDIPENDENZA VIA SILVIO PELLICO, 20/A VIA BARTOLOMEO SESTINI VIA NETTUNENSE KM5+600 VIA COLLATINA, 858 VIA DELL’APPAGLIATORE VIA AURELIA, 822 VIA GINO FRONTALI, 14 VIA LAURENTINA, KM 9 VIA MARIO RIGAMONTI, 100 VIA TIBURTINA, 757 STRADA SETTIMO TORINESE, 371 VIA DELLA CARTIERA, 5 VIALE DELLA REPUBBLICA, 11 VIALE PALMANOVA, 109 VIALE VENEZIA, 327/329 VIA SARTORIO ORSATO 13/15
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SIMPLY
MERCOGLIANO AFRAGOLA AFRAGOLA CARDITO CASORIA GIUGLIANO IN C. MARANO DI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI SECOND. SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO
SIGMA
ANGELI DI ROSORA BOLOGNA BOLOGNA CORTICELLA IMOLA IMOLA BORGOSATOLLO BOTTICINO MOLINETTO DI MAZ. BOMPORTO CAMPOSANTO SUL PAN. CARPI CARPI CAVEZZO MEDOLLA MIRANDOLA MODENA MODENA MODENA PAVULLO NEL FRI. SASSUOLO SORBARA DI BOM. MARINA DI MASSA BETTOLA CARPANETO CASTEL S.GIOVANNI FERRIERE GOSSOLENGO PIACENZA PIACENZA PIACENZA PIANELLO BUSSETO MEDESANO PARMA PARMA PARMA S.SECONDO RAVENNA BAGNOLO IN PIANO BIBBIANO BRESCELLO CASINA CASTELLARANO CASTELNOVO NE’ M. MONTECCHIO EMILIA QUATTRO CASTELLA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA RUBIERA SALVATERRA CASALGR. SAN MARTINO IN RIO SAN POLO D’ENZA VILLA MINOZZO CAMPAGNOLA LA SPEZIA
SUPERELITE FIUMICINO NETTUNO OSTIA POMEZIA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA
AV NA NA NA NA NA NA NA NA NA NA NA SA SA SA SA SA SA SA
VIA RAMIRO MORCONE, 29/33 IV TRAVERSA SAN MARCO,5 VIA DE GASPERI VIA MAHATMA GANDHI, 7 S.S. SANNITICA VIA LAGO PATRIA, 214 VIA DEL MARE, 2 VIA LIETI A CAPODIMONTE VIA GIUSEPPE BUONOCORE, 57/59 VIA DEI CIMBRI VIA ORAZIO, 145/G VIA VITTORIO EMANUELE III 17/21 VIA VOCCA, 17 VIA PIETRO DEL PEZZO, 34 VIA ZANOTTI BIANCO, 32/28 VIA MADONNA DI FATIMA, 160 VIA SAN LEONARDO, 15 VIA LUCIO PETRONE, 37 VIA FILIPPO SCIARAFFIA, 21
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VIA VERDI 1 VIA BERTI, 6 VIA SAN PIO V N. 7 VIA CORTICELLA,186/12 VIA G. DI VITTORIO 70 VIA PUNTA N. 1 VIA BETTONI 16 VIA MOLINI 57/59 VIA MARCONI 1 VIA ADIGE 250/R VIA FALCONE, 9 VIA CUNEO N. 47 VIA UGO DA CARPI N. 62 VIA VOLTURNO N. 73 VIA STATALE N.46/C VIA CIRCONVALLAZIONE,111 VIA CAVOUR,41/D VIA NOBILI 91/C VIA SAN GIOVANNI BOSCO N. 53 VIA GIARDINI 346 VIA MAGENTA, 72 VIA FALCONE E BORSELLINO 40/C VIA S.LEONARDO,348/350 VIA XXIV MAGGIO N.20 V.G.C.ROSSI ANG.V.PALLASTRELLI VIA MONTANARA N.4 LARGO RISORGIMENTO VIA DEI RIVI PIAZZALE MARCONI N. 37 VIA CADUTI SUL LAVORO, 12 VIA APPIANI 10 VIA L.DA VINCI 17/19 VIA IRENEO AFFO’ N° 6 ROTATORIA M.R. GANDOLFI 31/38 VIA GRAMSCI 9 VIA SILVIO PELLICO,5 VIA S. MORSE 14/A VIA PROVINCIALE PER PARMA,6 VIA FAENTINA 8 VIA BORRI, 2/L VIA RASORI - LOC. BARCO VIA KENNEDY N. 12 VIA ZUNA MAGNANI 1/A VIA RADICI NORD 31/T P.LE DORANDO PIETRI 1 VIA S. CONTI 70 VIA MORANDI, 3/A VIA A. FERIOLI 18 VIA COLONNA,9 VIA A.DE GASPERI,37 VIA ARMSTRONG N. 2 - LOC.FOGLIANO VIA REPUBBLICA, 27 (RIVALTA) VIA PRAMPOLINI N. 20/22 VIA A. LIGABUE, 1 VIA DELL’ARTIGIANATO VIA RAMPOGNANA VIA DON PASQUINO BORGHI 22 VIA GRANDE N. 5 VIA SARDEGNA 17/A
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DELLA SCAFA, 184 ALCIDE DE GASPERI, 14 FEDERICO PAOLINI, 48 DEI CASTELLI ROMANI, 2 A. G. RESTI 19 DI SANT’ALESSANDRO, 380 SALISBURGO, 20/32 DELLA SETA, 27 DELLA TECNICA, 164/D ANNA FRANCHI, 10 APPIA NUOVA, 472
ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA
TIGRE
ANCONA CASTELBELLINO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO PORTO D’ASCOLI S. BENEDETTO DEL TR. AVEZZANO TERMOLI TERMOLI CHIETI VASTO ISERNIA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA FOLIGNO FOLIGNO SPOLETO FONTE NUOVA ROMA ROMA ROMA ROMA MARTINSICURO ROSETO DEGLI ABRUZZI
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VIA ARNO, 1 VIA DI CASTEL DI LEVA, 273 VIA CAVOUR, 232 VIA CRISTOFORO COLOMBO, 1780 VIA DELLA FARNESINA, 251/259 VIA LAURENTINA, 980 VIA MAGNAGRECIA, 97/A VIALE DELL’OCEANO INDIANO, 180
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VIA E. SACRIPANTI, SNC VIA ITALIA, 1 LARGO PORTA ROMANA, 1 P.ZA S. MARIA INTER VINEAS, 1 VIA SALARIA KM. 207,700 VIA E. MATTEI, 14 VIA MARSALA, 56 VIA V. FALCONE, SNC VIA CORSICA, 188/192 VIA MONTECARLO VIA PICENA, 80 VIA DEI CONTI RICCI, 46/48 VIA S. IPPOLITO VIA ARAPIETRA, 63/65 VIA BATTISTI, 207 VIA D’AVALOS, 213/215 VIA FABRIZI, 159 65121 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 201 VIA MONTE CERVARA, 1 VIA IV NOVEMBRE, 37 VIA MARTIRI DELLA RESISTENZA SNC PIAZZA VARISCO VIA MONTEBUONO VIALE LIEGI V. T. BOETTI VALVASSURA, 110 VIALE ERITREA VIA ROMA, 447 - VILLA ROSA S.S. ADRIATICA KM. 417,600
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