BBQ4All Magazine numero 03 - Marzo 2019

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N°3/ANNO 1 - MARZO 2019

MAGAZINE

GIANFRANCO LO CASCIO LA S OT TI LE L INEA ROSSA T RA R EV E R S E SEARI N G, CBT E MIC ROON DE PORTFOLIO L’AUSTRALIA E IL CULTO DEL BBQ SP ECI ALE

UNA PORCHET TA PER DOMARLI


MAIL CLASS LA SERIE DI EMAIL DIDATTICHE DI GIANFRANCO LO CASCIO

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EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO

la sottile

LINEA ROSSA

che unisce

REVERSE SEARING

cottura a bassa temperatura E

MICROONDE

Sono certo che qualcuno tra voi se lo sta chiedendo: ma la cottura a bassa temperatura, la tecnica del sottovuoto insomma, e il Reverse Searing, il passaggio in forno delle carni fino al raggiungimento dei fatidici 52°C al cuore, sono la stessa cosa? Squillino i termometri a sonda, sto per dare a quel qualcuno una risposta. Ho constatato a malincuore che persiste ancora un po’ di confusione nella scelta del metodo e alcuni ritengono che le due tecniche siano intercambiabili. Vi do una brutta notizia, non è così. Facciamo quindi chiarezza ed iniziamo a snocciolare di nuovo i concetti chiave. Il Metodo BBQ4All per ottenere la bistecca perfetta prevede la suddivisione della procedura in due batch distinti di cottura: interna ed esterna. L’obiettivo della cottura interna è quello di ottenere una sfumatura omogenea nella sezione del taglio, uniforme dallo strato superficiale a quello sottostante, fino al grado di cottura richiesto dal commensale. Questo ci consente di preservare succosità e tenerezza al morso. Lo scopo della cottura esterna è quello di ottenere una crosta di cauterizzazione omogenea su entrambe le superfici; le grill marks, le righe incrociate che ci piacciono tanto, sono anelabili ma opzionali. La crosticina ambrata consente di incrementare le molecole umami ed è la chiave del potenziamento gusto-olfattivo. Fin qui ci siamo, giusto? Ora facciamo un piccolo ripassino e rispolveriamo la definizione di “reazione di Maillard”. È quella reazione chimico-fisica che si manifesta quando proteine e zuccheri riducenti, in totale assenza di acqua, vengono esposti ad una fonte di calore. Queste molecole, grazie al calore, si riallineano e formano nuove molecole

non esistenti in natura, molto profumate e gustose, dal colore ambrato. La crosta del pane, dell’arrosto, dei bignè, dei croissant, dei biscotti, del pollo, e di tutti quegli alimenti che contengono proteine e zuccheri riducenti, si trasformano grazie alla Reazione di Maillard. That’s all. Adesso ragioniamo su come ottenere questo risultato e quali tecniche distinte poter applicare per arrivare alla meta. Cominciamo dall’esterno. Come otteniamo una perfetta crosta di cauterizzazione? Quella che amiamo definire “crosticina croccante” è in realtà il prodotto di una reazione chimico-fisica ben precisa che prende il nome di reazione di Maillard. La reazione di Maillard avviene solo se si manifestano tutte le seguenti condizioni contemporaneamente: 1. Totale assenza di umidità. 2. Temperatura della superficie di contatto di almeno 140°C. 3. Presenza di zuccheri riducenti. Ma la bistecca è umida, è necessario trovare un espediente per eliminare completamente l’acqua. È qui che entra in gioco la tecnica del Reverse Searing, applicandola nel modo che ti ho insegnato: metti la bistecca in forno impostato a 52°C e aspetti che calore dolce e moti di convezione asciughino la superficie. Sai bene che tamponare la carne con la carta da cucina è una condizione necessaria ma non sufficiente ad eliminare ogni residuo di umidità. Ti serve una fonte di calore secco che permetta ai liquidi in superficie di evaporare. Parliamo ovviamente di un procedimento che richiede del tempo, nell’ordine di qualche ora. La cottura a bassa temperatura, che per comodità indicheremo con l’acronimo CBT, è una tecnica straordinaria che permette di raggiungere risultati altrimenti impossibili da ottenere. Nel nostro specifico caso, impatta in MARZO 2019 A


modo positivo per ciò che riguarda la cottura interna ma al contempo influisce in modo negativo sulla cottura esterna. Semplicemente perché il calore esercitato con la CBT produce un’inarrestabile contrazione proteica che, come ti ho detto più volte, strizza fuori l’acqua dalle fibre. L’acqua si riversa nel sacchetto del sotto-vuoto e quindi, di fatto, la superficie della bistecca resta bagnata. La tecnica CBT va benissimo per il condizionamento interno, dobbiamo solo tenere in considerazione che esiste un effetto collaterale legato al mantenimento di umidità in superficie. Fermo restando che il beneficio è nettamente superiore al difetto. Quindi sì, il condizionamento in CBT della nostra bistecca è ricevibile e più che degno di considerazione tra le tecniche papabili, ma sempre tenendo presente l’effetto collaterale nei confronti della superficie che, in un modo o nell’altro, dobbiamo eliminare successivamente. Ora torniamo sui parametri a cui attenersi per produrre una crosticina esterna perfetta. Una crosta di cauterizzazione perfetta (Reazione di Maillard) si ottiene con una minima permanenza al ca-

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lore e in totale assenza di umidità. Nell’optimum, la reazione di Maillard definitiva si ottiene esponendo la bistecca al calore per 30 secondi, su una superficie completamente asciutta e leggermente spennellata di olio. Per ottenere una superficie completamente asciutta devi, quindi, disidratarla. Puoi farlo in molto modi: nel forno, nell’essiccatore, con l’asciugacapelli (nella top five dei dispositivi per asciugare), con la pistola per sverniciare, con una salamandra, con una blow torch, un mantice da fabbro, o anche mettendola accanto ad un termosifone o sotto un asciugamani elettrico dell’Autogrill. Devi semplicemente esporla al calore secco e fare in modo che l’acqua in superficie evapori. Ma devi tenere bene in considerazione che è un processo che può richiedere del tempo a seconda della “forza” della tua fonte di calore secco. La disidratazione superficiale, in ordine temporale, è l’ultimo passaggio prima della padella o della griglia. Se hai una superficie completamente asciutta, leggermente unta, la tua crosta di cauterizzazione si produrrà in non più di 30 secondi di perma-

nenza sul fondo del tuo ferro. Matematico e garantito. Ha senso, a questo punto, fare una cottura in CBT e poi asciugare la carne in forno? Certo che ha senso. Come ti ho spiegato prima, la CBT serve a valorizzare il cuore della carne ma ha il “difetto” di mantenere umida la superficie. Pre condizionare sotto-vuoto per poi asciugare in forno ha tutto il senso della vita. Quindi se hai modo e tempo, fallo. E ti dirò di più, di base è la combo più gettonata dai Grill Master di lungo corso perché riduce al minimo gli sforzi in funzione del massimo beneficio. Una volta asciugata la superficie, non ti resta che spennellare la tua ribeye con dell’olio e lasciarla 30 secondi in padella rovente. Otterrai una crosta da manuale sempre e in ogni latitudine. Sistematicamente, tutte le volte. Lo so, ora vuoi sapere quale tra CBT e Reverse Searing garantisce una cottura al cuore omogenea. La risposta è: dipende. Se hai presente il Simposio di Platone e la teoria della mela, potrai facilmente capire che ogni tecnica ha dei


pro e dei contro, e su diversi fronti. Devi applicarle tenendo in considerazione tre parametri fondamentali: 1. Che tipo di bistecca hai davanti. 2. Quanto tempo a disposizione hai. 3. Che risultato vuoi ottenere. Ci ragioniamo fra un attimo. Per adesso fidati quando ti dico che non esiste una tecnica migliore dell’altra in senso assoluto. Esiste una tecnica migliore in funzione del risultato che vogliamo ottenere. Non tutte le bistecche sono uguali e non tutte si comportano allo stesso modo. Ho parlato spesso di Frollatura e Dry Brining, quindi do per scontato che tu queste cose le sappia già (iscriviti subito alla Mail Class se non sai di cosa parlo). Andando al sodo, una NYS di Rubia Gallega non si comporta come una Ribeye WX. Se sei un cliente Megastore avrai ben chiaro il concetto. Se invece non hai colto il parallelismo, la Rubia è una vacca anziana, quindi di base molto tenace, con una buona marezzatura e un significativo accumulo di grasso superficiale. Ha un carattere gustativo tutto suo e un nutrito seguito di estimatori. Il WX è di base un castrato o una scottona di

Wagyu, molto marezzato, molto frollato, molto saporito e molto tenero. Per quale motivo dovrei mettere una costata WX in un sacchetto? Devo intenerirla? No, non c’è alcun bisogno. Devo mettere allora la Rubia in CBT? Avrebbe già più senso. Di certo otterresti un miglioramento della texture gelificando il tessuto connettivo con qualche ora di CBT a temperatura controllata. Ma questo non vuol dire che la CBT sia deleteria per il wagyu WX. Puoi tranquillamente mettere la costata in un sacchetto, dargli una mezz’ora di CBT per scaldarla in modo uniforme e poi metterla ad asciugare in forno fino al momento di cuocerla in padella. Non gli fai un soldo di danno. Così come puoi, invece, metterla direttamente in forno per riscaldarla. Di base non è un reverse “vero”, ma scaldarla al cuore mentre la asciughi fuori non gli fa di certo male. E sappiamo anche perché. In questo caso sai di non avere alcuna necessità di “lavorare” il connettivo. Ti serve solo per portarla ad una temperatura di servizio e velocizzare la reazione di Maillard, partendo da una temperatura più alta. Tutto qui.

Mentre per la Rubia ha senso intenerire in CBT e poi asciugare in forno. La degradazione del tessuto connettivo, infatti, può avvenire per via termica e/o per via enzimatica. È fuori discussione che con la CBT andiamo ad accelerare la degradazione del connettivo per via termica. Perché l’acqua conduce il calore molto meglio dell’aria: la somministrazione del calore è molto più performante in CBT rispetto al Reverse. Quindi scegli la CBT quando sei certo di avere una bistecca che necessita di intenerimento. Se sai di avere una materia prima tenace, vuoi perché poco frollata, vuoi perché proveniente da una bestia matura che ha quindi fasci di connettivo molto più strutturati, ha molto senso ripiegare subito sulla cottura CBT. Anzi, ti dirò di più, è da preferire rispetto al Reverse perché mentre inteneriamo i fasci di connettivo, limitiamo la perdita di liquidi. C’è un legame molto stretto tra lo scioglimento del connettivo e la perdita di umidità. L’intenerimento del connettivo per via termica è tanto più efficace quanta più umidità esiste tra i fasci. Considerando che il MARZO 2019 Ad


Reverse produce, oltre alla disidratazione superficiale, anche l’evaporazione costante dei liquidi interni, ha più senso eliminare una variabile e intenerire la carne dentro al sacchetto. Fare un Reverse con una bistecca non frollata porterebbe ad una rapida evaporazione dei liquidi interni che potrebbe limitare la degradazione del connettivo. Il risultato sarebbe una carne molto compatta ma ancora dura. Il binomio umidità-calore, nella CBT, è di vitale importanza per ottenere il risultato ottimale. Ecco perché, almeno in teoria, sarebbe molto meglio procedere ad un Dry Brining (cospargendo la carne con del sale kosher) di almeno 24 ore su carni non frollate prima di procedere alla CBT. La degradazione avverrebbe in parte per via chimica grazie alle trasformazioni dovute al sale. Su una carne ben frollata non ti serve il Reverse per intenerire e nemmeno la CBT. Ti serve il Reverse per disidratare. E visto che la CBT non disidrata, di base, non dovrebbe mai venirti in mente di mettere una carne molto frollata in un sacchetto. A meno che, come ti ho detto sopra, tu lo faccia per qualche minuto per scaldarla, ma sempre tenendo a mente di dover andare in forno per asciugare. La vera domanda a questo punto è: ne vale la pena? Ma permettimi di tornare sulla degradazione enzimatica: funziona come per la frollatura. Calpaine e Catepsine sono gli enzimi responsabili della degradazione del connettivo. Il punto è che non sappiamo mai se questi enzimi sono presenti o meno nella bistecca che abbiamo davanti. In caso ci siano, ti basti sapere che a temperatura comprese tra 40°C e 50°C questi enzimi “si svegliano” con una fame boia e iniziano a “demolire” i fasci di connettivo. Di base, quindi, portare la bistecca ad una temperatura di 40-50 gradi, nel caso in cui siano presenti gli enzimi, significa fare una frollatura accelerata sotto steroidi. Prima porto la carne a quella temperatura, prima inizia. Per più tempo ci resta e più si intenerisce. E a questo punto entra in gioco il microonde. Ha senso usarlo per scaldare la carne? Ma chiaro che sì. Devi fare però molıA BBQ4All MAGAZINE

ta attenzione. Per prima cosa, non puoi controllare la forza delle microonde. Se vai oltre i 55 gradi fai piazza pulita degli enzimi. Se vai oltre i 72 fai anche piazza pulita di mioglobina. In pratica lessi la bistecca senza ottenere nessun beneficio. L’unica maniera saggia di usare il microonde è fornire energia pulsata, con delle pause in mezzo, per dare modo alla carne di scaldarsi in modo uniforme. Le microonde sono onde elettromagnetiche emesse da un magnetron (una valvola termoionica) che “eccitano” le molecole d’acqua facendole vibrare. La vibrazione sviluppa calore. In modo minore, anche zuccheri e grassi ballano al piffero del magnetron. Quindi non ci resta che usarlo in modo molto saggio: ogni microonde ha la funzione DEFROST. Infili dentro la tua bistecca in modalità defrost e la esponi alle microonde per un minuto. Acqua, zuccheri e grassi si scaldano. Contrariamente a quanto dicono, la bistecca è ricca di acqua anche sulla superficie, quindi saranno prima gli strati esterni a scaldarsi rispetto a quelli interni. Trascorso il minuto, aspetta un altro minuto per dare modo al calore di propagarsi per conduzione. Ricordi quella storia dei corpi caldi che cedono calore a quelli freddi? Bene, devi fare in modo che gli strati interni della bistecca assorbano il calore di quelli esterni. Dopo un minuto, rifai un secondo giro di microonde defrost. Fai ancora un minuto di pausa e poi infili la tua sonda. Verifica che la temperatura sia al di sotto dei 40/45 gradi e se sei ancora lontano fai un terzo giro. Ed eventualmente un quarto. E così via. Un minuto di microonde defrost più un minuto di pausa. Quando arrivi a 40/45 gradi la tiri via e la infili nel forno per il tuo Reverse. In questo modo, se presenti, avrai attivato gli enzimi. Ma non solo. Avrai attivato anche la degradazione termica che continuerà in forno in aggiunta al beneficio della disidratazione, che ti serve per la reazione di cauterizzazione.

ratura dell’acqua. Sarebbe solo una perdita di tempo. In forno, invece, potrebbero volerci ore prima che la bistecca si scaldi per conduzione. Quindi sì, in caso di Reverse puro ha senso la botta al microonde. In caso di CBT no.

Non ha alcun senso, invece, attivare in microonde e poi passare in CBT. Se metti una bistecca nel sous vide, in 6/8 minuti raggiunge la tempe-

Gianfranco Lo Cascio

A questo punto mi chiederai: posso fare condizionamento in CBT e poi abbattere in positivo? Se stai intenerendo il connettivo su più bistecche e vuoi lasciarle pronte da rinvenire successivamente, sì, te lo consiglio. Stai ottimizzando i tempi, nulla da dire. Ma se lo stai facendo perché qualcuno ti ha detto che abbattendo la carne risulta più tenera, stai soltanto facendo una cosa stupida detta da un cretino. Abbattendo la temperatura rallenti la degradazione enzimatica che torna a quella di una frollatura standard (settimane) e disattivi quella termica. È una roba priva di qualunque senso logico. E te ne dico un’altra, l’abbattimento della temperatura non elimina la carica batterica, ma manco nei sogni più bagnati. La cottura CBT, se fatta in abbinamento alle tabelle di pastorizzazione, di fatto sterilizza (non è il termine giusto ma è per rendere l’idea) il tuo prodotto. Non ci può essere carica batterica in quel preciso momento. Potrebbe cambiare durante il processo di raffreddamento, quello sì. Quindi, come detto, se devi conservare la tua carne devi assolutamente abbattere prima di mettere in frigo. Se devi farlo per scongiurare il carryover (inerzia termica) o perché tuo cugino ha detto che abbattendo diventa più tenera, sappi che stai facendo una cavolata senza alcun senso e per i motivi che ti ho spiegato prima. Più chiaro ora, giusto? Si parla di scienza, non di punti di vista, il resto non conta. L’aspetto più triste della vita di oggi, per citare qualcuno, è che la scienza accumula conoscenza più velocemente di quanto la società accumuli saggezza. Braci e abbacchi


MARZO 2019

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INDICE MARZO 2019 - NUMERO 3 ANNO 1

B U TC H E R C LASS

la bistecca del mese Flank Steak A PP RO FO N D I M E N TO

l’evoluzione del rub

PO RT FO L I O

L’Australia e il culto del barbecue

PER INIZIARE

cuocere e affumicare nei dispositivi a gas

10 16 20 26 28 ı

WINE CLASS

il profumo del vino ACC E SS O R I

6 coltellli che non ti possono mancare

S P EC I A LE

MA I A L E

GLOSSARIO BBQ

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BBQ4All MAGAZINE

SEGUO


RICETTE æ BB8e-effBeebfR B_c P eOOaQA-B O-e S B_c P eOOaa-d cxB_e6B_bB d I8O_BdxB8ea-B_* P Be-æ B_* P Be-a88B P B8 c B_* P Be-ı dLaa R 8ceOOa U8L8fa-aOace8B8LBO_a_UxOa_e d Me-a8a8exb_acea-MB’OB dæ Cc*e8LB--LBLf d Gxda-O_668de--eCc*e8-B--LBL æ 8aAb 6e8O8B 8aAb 6e8O__a b eBc c *Oa-

Tutti i loghi e marchi riportati, gli elementi grafici, le immagini e i materiali presenti nella presente pubblicazione sono soggetti alle norme vigenti sul diritto d’autore; è quindi severamente vietato riprodurre anche parzialmente ogni elemento delle pagine in questione. Nomi, marchi registrati e loghi eventualmente presenti su questa pubblicazione non possono essere utilizzati per alcuna forma di pubblicità o diversamente per indicare sponsorizzazione, patrocinio o affiliazione a prodotti o servizi senza previa autorizzazione scritta da parte della società che ne detiene i diritti. Le fotografie riportate a pagina 14 e 15 della presente pubblicazione sono tratte da Butchering Beef: The Comprehensive Photographic Guide to Humane Slaughtering and Butchering, di Adam Danforth. Tutto il restante materiale fotografico pubblicato è stato realizzato da BBQ4All e/o acquistato e/o licenziato allo stesso, con trasferimento dei diritti di utilizzazione economica salvo le immagini utilizzabili con licenza Creative Commons o GNU Free Documents Attribution. BBQ4All ha osservato le più ampie tutele affinchè non venisse violato il diritto d’autore altrui.

D I R E T TO R E E D I TO R I A LE

Rossella Neiadin

R E D AT T O R E C A P O

Michela Bongiorni REDAZIONE

Enio Berton, Michele Chipa, Tommaso Di Gregorio, Salvatore Di Mento, Luca Gallozza, Mariangela Ibba, Gianfranco Lo Cascio, Alessandro Morichetti, Riccardo Meniconi, Emiliano Nencioni, Carlo Trono, Paolo Tucci REALIZZAZIONE GRAFICA

Carlo Trono

C O L L A B O R AT O R I

Virgilio Brunetti

magazine@bbq4all.it instagram.com/bbq4allmagazine/ MARZO 2019


BUTCHER CLASS a cura di SAL DI MENTO

la bistecca del mese:

FLANK STEAK È una bistecca atipica, relativamente ingombrante nel grill, non proprio semplicissima da grigliare ma rappresenta, senza paura di alcuna smentita, un incredibile compromesso tra sapore, succulenza e tenerezza delle fibre. Il modo più classico, il vero cavallo di battaglia, la ricetta per antonomasia per cuocere la flank è quello nella tecnica Teriyaki.

narli sottilmente prima di metterli nel piatto, rigorosamente contro fibra.

La tecnica Teriyaki prevede prima una marinatura e poi una finitura con una salsa saporitissima e molto brillante -la Teriyaki appunto- capace di infondere una complessità aromatica incredibile. Se non l’hai mai provata, non solo è il momento di farlo, ma sappi che sarà un’esperienza alla quale non rinuncerai mai più.

Pulire la Flank La Flank steak necessita di un pre-trattamento veramente irrisorio. All’estremità del muscolo c’è uno strato ovale e spesso di silverskin; usa un coltello per rimuoverla. Squadra e rifila i bordi appuntiti che presentano tessuto connettivo, perlopiù nell’estremità più ampia.

Flank Steak – rectus abdominis Nel bovino, la regione della Flank (leggi “pancia”), da non confondere con la flank (leggi bavette) contenuta in essa, è l’unica regione priva di ossa. Questo negli U.S.A., però. È importante chiarire infatti che in Italia quando si dice “pancia” questa ha anche una parte ossea che negli Stati Uniti e nei Paesi anglosassoni chiamano short rib. Negli States si disossano gli animali con un approccio e protocolli differenti, come abbiamo già detto nei numeri precedenti, tienilo sempre a mente. Quindi, ricapitolando, negli U.S.A. la “pancia” è quella parte senza ossa che spesso rimane attaccata al posteriore al momento della separazione in due della mezzena.

La tecnica di cottura Questa preparazione ci farà capire che non sono i tagli di carne ad essere nobili o poveri, ma piuttosto le tecniche di cottura scelte ad essere giuste o sbagliate. Anche un taglio tenace come questo, se opportunamente preparato e (soprattutto) affettato nel modo corretto, può diventare una prelibatezza al pari del più blasonato filetto e, in certi casi, oscurarlo completamente.

Dalla pancia o Flank primal si ricavano 3 tagli: la flank steak, l’inside skirt e il sirloin flap. Sono muscoli sottili e forti che hanno l’inesorabile compito di sostenere le viscere addominali dell’animale. Possono trarre beneficio dalla marinatura, ma prima di tutto, assicurati di porzioA BBQ4All MAGAZINE

Nomi alternativi: jiffy steak, bavetta, bavette, flanchet. La flank steak è una bistecca facile e rapida da grigliare che, come tutte le bistecche di quel gruppo muscolare, trae beneficio dalla marinatura e dal taglio contro fibra.

Crosta croccante Ricercare le reazioni di cauterizzazioni è sempre il nostro obiettivo primario. In questo caso, la salsa che spennelleremo in cottura, se da una parte ci aiuta, dall’altra ci rende il compito più difficile a causa della presenza di zucchero che tende a bruciare. Carne tenera e succulenta La flank è un taglio relativamente sottile con fibre molto grandi, per questo motivo tende ad asciugarsi in fret-


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ta. Inoltra, la presenza di una grande quantità di tessuto connettivo la rende difficile da masticare. Per ovviare a questo problema sarà sufficiente cuocerla il giusto e affettare la carne sottilmente, mezzo centimetro al massimo, e in modo perpendicolare alle fibre. Le fibre corte, in questo modo, perdono la capacità di coesione anche se il connettivo non è completamente sciolto. Marinatura La salsa Teriyaki di base è composta da 3 ingredienti: salsa di soia, mirin (un sake leggermente dolce) e zucchero. Alcune varianti prevedono anche sake, zenzero e aglio. È straordinaria con il pollo, ma superba anche con il manzo. Bisogna distinguere la salsa Teriyaki usata per marinare da quella utilizzata per la finitura. La seconda viene lasciata sobbollire e ridurre fino ad una consistenza sciropposa. La prima, invece, viene lasciata un po’ più liquida, ideale per immergervi la carne, lasciandola ad insaporire per alcune ore prima della cottura (meglio se per tutta la notte). Se il tuo taglio è poco frollato, è una buona idea sostituire lo zucchero con dell’estratto fresco di polpa d’ananas. Questo frutto contiene un enzima, la bromelina (presente in quantità maggiori anche nel gam-

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bo, e reperibile come estratto secco), realmente capace di intenerire le fibre in maniera davvero efficace. Ma tu avrai senz’altro acquistato una Flank Steak dal Megastore Bbq4All e in quel caso, e solo in quello, la frollatura non avrà bisogno di aiutini o espedienti di sorta. Esistono molte Teriyaki commerciali, alcune molto valide. Usare quelle pronte non è un aspetto da sottovalutare a priori; basta trovare un prodotto di qualità. Come grigliare la flank steak Una volta che la nostra flank steak è stata marinata, bisognerà (come al solito) asciugarla con della carta da cucina, spennellarla con un filo d’olio di semi e grigliarla ad alta temperatura. Quando la nostra bistecca raggiunge un bel colore e ottiene una bella crosta saporita, arriva il momento di spennellare la salsa Teriyaki di finitura. A questo punto, è importante tenere d’occhio la cottura perché la presenza di zucchero nella salsa può rappresentare un pericolo. Gli zuccheri, sottoposti a calore elevato, tendono a caramellare molto in fretta ed è forse superfluo ricordare che la linea di confine tra caramellizzazione e carbonizzazione è davvero sottile.

Bisogna, a questo punto della cottura, rigirare spesso la carne in modo da evitare che arrivi troppo calore e troppo in fretta. Dopo un paio di spennellature dovresti ottenere una crosticina deliziosa, scura, profumatissima e brillante. Come porzionare la flank steak La flank ha una struttura che evidenzia palesemente una striatura delle fibre che corrono per il lato lungo del pezzo. Il taglio migliore è quindi quello perpendicolare. In questo modo, le piccole fettine di flank steak risulteranno molto tenere in quanto il tessuto connettivo, essendo tagliato in porzioni molto sottili, non sarà sufficientemente resistente e potrà essere masticato senza difficolta. Consigli per il servizio Tradizionalmente, il manzo Teriyaki viene servito affettato su un letto di riso e con una generosa dose ulteriore di salsa, peperoncino tritato e cipollotto fresco. Eccezionale anche servito come base per tacos o fajitas insieme a fagioli, insalata, julienne di peperone crudo e peperoncino Jalapeño.


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Ti portiamo la rivoluzione a casa, nel giro di 24 ore.

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BUTCHER CLASS a cura di SAL DI MENTO

La porzione anatomica principale del flank inizia vicino alla punta del controfiletto e continua fino alla tredicesima costola in direzione craniale. Per separare questa parte dal quarto posteriore basterà seguire la stessa direzione. L’approccio ideale è triplice: seguire le giunture naturali e la curvatura muscolare lungo lo short loin e il sirloin, trovare il lembo del sirloin flap e quindi tagliare parallelamente alle vertebre mantenendo la distanza dai muscoli lombari principali.

Ora che hai rimosso il fianco, puoi separare rapidamente i tre tagli principali (flank steak, inside skirt e sirloin flap). Tutti i muscoli del fianco sono grossi e molto suscettibili allo strappo. Per questo motivo, quando incontri una notevole resistenza, usa il coltello per separare le connessioni. La linea tratteggiata indica la posizione della flank steak.

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Identificata la flank steak pratica un incisione intorno ad essa con la punta del coltello. Tira la membrana del muscolo, iniziando dai bordi. Usa la mano libera per tenere fermo il muscolo sul tavolo ed evitare di strapparlo. I tessuti particolarmente resistenti possono essere recisi con il coltello.

Usando le dita, passa tra la punta appuntita del muscolo e la membrana sottostante, e quindi staccala dalla parte grassa. Questo passaggio può essere fatto principalmente a mano, anche se ci si può imbattere in aree che richiederanno l’uso del coltello. Infine, stacca il muscolo nel punto in cui si assottiglia il grasso.

Usa il coltello per passare sotto lo strato di connettivo (silverskin) sul bordo del muscolo e quindi rimuovi l’area esposta senza tagliare troppo in profondità. Rimuovi con cura tutte le membrane e il grasso in eccesso. La flank steak è pronta per essere cotta in griglia.

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Perché fermarsi al sale e pepe? Su cosa sia il rub e a cosa serva abbiamo discusso moltissimo in Community. Tuttavia, per semplificare la vita a quelli che non hanno ben chiaro l’argomento, ecco qui una piccola guida per comprendere meglio il concetto di rub: cos’è, a cosa serve, come si usa. Cos’è, a cosa serve? Partiamo dalle basi: il rub è una miscela di spezie che viene cosparsa sulla ciccia prima della cottura. Ha la funzione principale, nelle preparazioni bbq, di favorire la formazione della crosticina superficiale (bark), in modo da renderla ancora più croccantina e gustosa. La base di ogni rub è sempre il sale, che deve essere dosato in quantità tali da fornire la giusta sapidità a tutto il pezzo di carne. Il che significa, in parole povere, che assaggiando un rub col dito la sapidità deve essere sbilanciata per eccesso. La nota dolce del rub, lo zucchero quindi, serve a mitigare la durezza di sapore data dal sale, ma non solo: sciogliendosi e cristallizzandosi contribuisce alla formazione del bark. Oltre ad essere responsabile di quel terribile sapore amaro e del color carbone nelle preparazioni che, per dirla in modo soft, non sono andate a buon fine: bisogna fare sempre molta attenzione, perché lo zucchero si brucia molto velocemente. Nei vari rub di solito si utilizza lo zucchero di canna grezzo (in proporzione 3:1, cioè una parte di zucchero ogni tre parti di sale) per due ragioni principali: la prima è che ha un potere lievemente meno dolcificante rispetto al normale zucchero da cucina; la seconda è che i suoi sentori di caramello e melassa sono sicuramente più piacevoli al palato. Ok, adesso abbiamo la nostra base di sale e zucchero. Cosa manca? Il sapore. Tutti sappiamo che l’esaltatore di sapidità per eccellenza è il glutammato monosodico. Toglietevi pure quell’espressione disgustata dalla faccia: in natura esistono spezie ricche di questa sostanza. Qualche esempio? La paprika dolce, l’aglio e la cipolla disidratati e ridotti in polvere sono tutte spezie che contengono quantità concentrate di glutammato e sono anche ricche di sfumature aromatiche molto intense. Vanno quindi aggiunte alla miscela, in quantità variabili a seconda del gusto che si vuole dare. Inoltre, per caratterizzare un rub e renderlo unico, è necessario aggiungere altre spezie, creando un blend aromatico caratteristico che poi aggiungeremo alla miscela di base. Via libera quindi a qualsiasi cosa possa suggerirvi il vostro gusto: curcuma, semi di finocchio, cardamomo, cannella, cumino, noce moscata, macis, caffè. E via così.

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Montreal Steak Seasoning


L’EVOLUZIONE DEL

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Ci siamo quasi, il rub sta prendendo forma. Manca solo una cosa: il kick. Parliamo di una leggera nota piccante che deve arrivare dopo il morso e la masticazione. Un contraccolpo, quindi, dato dall’uso di peperoncino o di pepe (o di entrambi), il cui effetto deve essere ritardato grazie alla presenza dello zucchero. Il kick non è obbligatorio, sia chiaro, ma è spesso previsto, specie dal flavour profile (profilo gustativo) americano. Fin qui abbiamo parlato del dry rub. Per ottenere un wet rub, è sufficiente aggiungere un liquido: birra, vino, salsa di soia, aceto di mele o burro fuso. Come si usa? Solitamente, l’errore che tutti commettono (quando sono alle prime armi) è quello di usare troppo rub. In giro si vedono foto di ribs pronte per

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andare in cottura che sembrano fettine panate. Potremmo sintetizzare il pensiero comune in questo modo: se mi serve una bella crosta croccante, più rub metto, più sarà spesso il mio bark. Sbagliato. Uno strato troppo generoso di rub farà sì che quest’ultimo si bagni molto durante la cottura e non abbia poi il tempo di asciugarsi, diventando una pappetta molliccia che al primo morso si attacca ai denti. Quindi, per prima cosa bisogna sempre dosare bene il rub con una spolverizzata che si attacchi alla superficie e la ricopra tutta bene (di solito si usa un velo di senape o d’olio per fare in modo che si aggrappi alla carne), senza però esagerare e senza formare uno strato troppo spesso. Un

consiglio? Per distribuirlo sulla carne è utile usare un setaccio che separi bene le polveri e le sparga in modo omogeneo e senza grumi. Nel caso in cui si voglia usare il wet rub, perfetto in preparazioni come costolette di maiale e di agnello, braciole di maiale e cosce di pollo, bisogna sempre ricordarsi che la consistenza può anche variare, ma l’importante è che sia “sticky”, appiccicoso, cioè che si aggrappi saldamente all’ingrediente. Andare oltre Torniamo alla domanda iniziale: perché fermarsi al sale e pepe sulla bistecca? E soprattutto, perché fermarsi all’utilizzo del rub solo come descritto nel “foglietto illustrativo”? Utilizzare un buon rub per “pompare” preparazioni che sulla carta non


ne prevedono l’uso vuol dire aprire la mente a nuove sperimentazioni, significa essere liberi dai condizionamenti dei gastro-talebani e, particolare non trascurabile, ci fa godere molto di più. Come spesso abbiamo avuto modo di ricordare, un piatto è perfetto quando non c’è più nulla da togliere, non quando non c’è più niente da aggiungere. La maionese, per fare solo un esempio, non è migliorabile, perché è già perfetta così. La bistecca invece lo è, nonostante gli irriducibili del “non aggiungere nulla, basta solo il sapore della ciccia”. È possibile, e in molti casi auspicabile, migliorare l’esperienza gustativa di una bistecca aumentando, amplificando, migliorando il gusto che già adoriamo. Basta aggiungere il rub, quello giusto.

Certo, volendo uno può farselo in casa, ma chi si è cimentato nella preparazione casalinga deve dire la verità: quanti soldi ha speso per procurarsi ogni singola spezia? Polveri che sono a volte difficili da reperire, che avanzano e prendono umidità, dimenticate negli angoli più bui e reconditi delle nostre dispense.

utilizzabile sulla bistecca sia prima della cottura che dopo, mette letteralmente sotto steroidi la vostra ciccia. Il Tennessee Mild Rub è un’evoluzione del vecchio BBQ4All rub 19. Dalle ribs, allo stinco, dal Pit Beef al Pepper Stout. Senza dimenticare il pollo. Un grande classico intramontabile.

I rub già pronti sono sicuramente la soluzione ideale: già dosati, già perfettamente equilibrati, con un sapore ben bilanciato. Basta solo aprire la confezione e utilizzarli, fino all’ultimo granello, senza nessuno spreco.

Li trovate entrambi nel BBQ4All Megastore, insieme al Kosher salt che è, appunto, sale Kosher, perfetto per il Dry Brining (il pre trattamento della bistecca con sale). Meno invadente del sale grosso, ma con più mordente del Maldon.

La nostra proposta Noi di BBQ4All, dopo molte sperimentazioni, abbiamo messo a punto due ricette di rub definitive: Il Montreal Steak Seasoning e il Tennessee Mild Dry Rub. Il primo,

I rub per le bistecche, dai fanatici delle bistecche per i cultori delle bistecche, li trovate solo su:

https://megastore.bbq4all.it.

Tennessee Mild Dry Rub

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WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI

in un solo bicchiere

L’ODORE

del

MONDO

Perché il profumo del vino è magico? Scopriamolo insieme (prima parte)

“Quando vado a dormire indosso solo due gocce di Chanel N°5” (Marilyn Monroe) Il profumo del panettone appena scartato, un mazzo di rose centifolie, il burro affumicato del ristorante Andreina a Loreto, un cesto di fragole selvatiche, venti fiammiferi accesi contemporaneamente, la confezione di prugne Sunsweet appena aperta e una bella macinata di pepe del Sichuan, che pepe in realtà non è e profuma come i limoni di Sorrento. Per non parlare poi di gomma bruciata, pipì di gatto, sella di cavallo e lucido da scarpe. La gamma di profumi che possono uscire fuori da un bicchiere di vino è ammaliante e pressoché infinita, probabilmente più estesa che in qualsiasi altro genere alimentare. “Il vino racchiude in un solo bicchiere l’odore del mondo intero” non è mia ma del prof. Luigi Moio, uno dei massimi ricercatori universitari al æA BBQ4All MAGAZINE

mondo per quanto riguarda i profumi nel vino. Non serve una laurea per capire che l’aspetto olfattivo del vino sia quello più accattivante per il consumatore. Fondamentale il gusto ma più “emozionante”, stimolante, il profumo. Non serve nemmeno avere l’olfatto sovrumano di Jean-Baptiste Grenouille – indimenticabile protagonista del romanzo Il Profumo di Patrick Süskind – per apprezzare fino in un fondo un liquido capace di regalare centinaia di odori differenti. Ben più utili sono esercizio, confronto e apertura mentale, gli unici strumenti davvero necessari per costruire un bagaglio olfattivo ampio, affidabile e utile a memorizzare, riconoscere, apprezzare. Attenzione però: se è vero che possiamo addestrare il nostro naso e soprattutto il nostro cervello a riconoscere ed elencare gli odori di un vino, gli esperimenti di Jay Gottfried,

neuroscienziato della Northwestern University, dimostrano che siamo “costruiti” con un deficit neuronale che ci impedisce di “dare un nome” ai profumi, pratica inutile fino al Medio Evo con l’avvento della profumeria. Bella storia: tre miliardi di molecole profumate potenzialmente riconoscibili e la perenne difficoltà di identificare un odore. Perché diciamolo, niente avrà mai il potere evocativo di certi profumi, che in un nanosecondo ci portano avanti e indietro nello spazio-tempo come il teletrasporto di Star Trek. D’altra parte, come dice Laura Tonatto (“naso” della profumeria artistica di fama mondiale) “l’ultimo messaggio che lasciamo nella nostra esistenza è olfattivo, è la degenerazione delle nostre cellule”. Così come il primo rapporto del bimbo con la mamma è, appunto, olfattivo. Ma partiamo dalle basi, anzitutto. Che odore si sente camminando in


mezzo ad un vigneto? Esatto! Nella maggioranza dei casi, nessuno (oltre quello “ambientale” ovviamente). Le uve appese alla pianta, anche mature, non hanno nessun odore perché le molecole profumate sono ancora “vincolate”. Unica eccezione, le uve aromatiche, ricchissime di sentori già disponibili prima della fermentazione alcolica: sono quelle in cui il profumo del vino ricorda il profumo dell’uva stessa, già presente nella buccia dell’acino. Arriviamo così per direttissima alla classificazione dei profumi del vino in: 1) primari o varietali (dovuti al tipo di vitigno) 2) secondari o fermentativi (effetto della vinificazione) 3) terziari o postfermentativi o da invecchiamento “In natura, nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma” (A. Lavoisier) Un arco costituzionale che va dai profumi di rosa bulgara e muschio caratteristici di un Brachetto d’Acqui brioso, fresco e frizzante – vino dolce leggero e spensierato da fine pasto: provate quello di Braida ad esempio – ai profumi terziari com-

plessi e stratificati di un Brunello di Montalcino d’annata, magari una Riserva 1955 di Biondi-Santi, patriarca della denominazione e icona del grande vino da invecchiamento (inserito tra i 12 migliori vini del secolo da Wine Spectator, Bibbia americana del settore): sui 3.500 euro per un concentrato di cuoio, pietra focaia, goudron, prugne e viole secche, tabacco da pipa e chissà cos’altro. Quando lo trovo vi dico meglio. Tra i due estremi, praticamente il 99% dei vini del mondo, caratterizzati da profumi secondari delle tipologie più disparate. Come si annusa quindi un vino? Sostanzialmente in tre fasi. Anzitutto, a bicchiere fermo. Per valutare l’intensità dei profumi, cioè con quanta forza escono spontaneamente dal bicchiere. Attenzione: quello dell’intensità non è un indice qualitativo bensì quantitativo. Un vino più intenso non è necessariamente migliore di uno dallo sviluppo aromatico più timido, spesso anzi è l’esatto opposto: più un vino urla, meno ha da raccontare, mentre chi parla a bassa voce spesso ha molto da dire. In secondo luogo, con la rotazione del bicchiere si favorisce un’ossige-

nazione necessaria a liberare i profumi. Anche qui, cautela: non siamo in palestra a far volteggiare calici quindi non servono acrobazie circensi per indagare la complessità del vino, cioè la quantità di profumi differenti sprigionati. Un’areazione lenta e ponderata prolunga il piacere e con il graduale innalzarsi della temperatura di un vino aumenta anche la quantità di profumi percepiti (un vino semi-congelato è muto e inodore): un bene per i grandi vini, meno per gli altri perché l’effetto anestetico della bassa temperatura di solito aiuta chi ha qualcosa da nascondere. L’ultimo step, meno considerato, è l’olfazione a bicchiere vuoto. Può regalare sorprese, quindi quando state per riempire il bicchiere ormai scolmo, una rapida annnusatina non guasta mai. Intanto, però, l’incrocio di intensità e complessità dei profumi ci avrà dato informazioni di tutto rispetto sulla qualità dei profumi del vino che abbiamo scelto. A questo punto, l’unico modo per saperne di più è iniziare ad infilare il naso in alcuni vini didattici e molto rappresentativi. Forza e coraggio.

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WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI

V I N I CHE VA N N O

ASSOLUTAMENTE ANNUSATI Moscato d’Asti, Saracco Tanto bistrattato e svilito dall’industria coi pacchi di Natale da 2,99 euro comprensivi di Asti Spumante e panettone, quanto insuperabile nelle migliori versioni: il Moscato d’Asti (quello col tappo raso, a differenza dell’Asti Spumante che ha tappo a fungo e un paio di gradi alcolici in più) è un fine-pasto di inarrivabile piacevolezza. Dolce, frizzante e dal profumo inconfondibile: fiori d’arancio, pesca ed erbe aromatiche come la salvia unite ad un’intensità penetrante lo rendono corroborante, dissetante, quasi da bere in spiaggia, o in vigna, o nel cambio di campo a tennis. Squisitezza da cercare ma attenzione: l’evoluzione dei profumi dell’uva moscato è semplicemente sorprendente. Dopo 20 anni sembrerà di bere un tè alla pesca. Saracco poi è un fautore del tappo a vite e mi piace ancor di più.

Alto Adige Gewürztraminer Kolbenhof, Hofstätter Insieme al Moscato, il Gewürztraminer è l’uva aromatica per definizione. Profumo intenso e penetrante che è croce e delizia dei bevitori: amato dai beginners, malvisto dagli espertoni. La verità sta nel mezzo. Il tripudio di frutta esotica, rosa sotto spirito, mango, frutto della passione, lychees, pesca e albicocca esplode fuori dal bicchiere con una potenza deflagrante. Rapisce e stanca, stanca e rapisce di nuovo. Più sesso che amore ma chi storce il naso mente sapendo di mentire.

Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Col del Sas Extra Dry, Spagnol Come spiegare con una bottiglia il successo mondiale del Prosecco (per alcuni ormai sinonimo di “bollicine”)? Facile. Un profumino invitante, immediatamente comprensibile a tutti - pera, mela, mela, pera, pera, mela e qualche crosticina di pane – e un sapore altrettanto easy, gustoso e lineare come una bibita: un po’ di zucchero residuo ad ammorbidire il sorso e una temperatura di servizio decisamente bassa per compensare lo rendono l’aperitivo perfetto da San Pietro di Barbozza a Timbuctù passando per Londra. Se volete far venire un infarto ai puristi, gli espertoni, esibite a mo’ di croce dell’Anticristo una delle tante infografiche che mettono a confronto Prosecco e Champagne.

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Champagne Vintage Dom Pérignon Questo è LO Champagne per definizione. Marchio semplicemente inavvicinabile, storia che è ormai leggenda, numeri impressionanti (probabilmente ben oltre i 5 milioni di bottiglie), prezzo importante mai inferiore ai 150 euro: 50% chardonnay e 50% pinot nero che dopo 8 anni sui lieviti sono un archetipo del metodo classico o méthode champenoise. Al naso, in un’annata sontuosa come la 2008 appena uscita, tanta nocciola e tanti agrumi, poi anice, menta, ananas maturo, mele gialle, datteri, mirtilli e chi più ne ha più ne metta. Un esercizio olfattivo costoso ma di sicuro valore.

Sauvignon Sanct Valentin, Cantina San Michele Appiano In Italia, Sanct Valentin della Cantina Produttori San Michele Appiano è un po’ il paradigma del sauvignon. Celebrato, famoso, premiato, al costo di un cinema per due riporta tutto il repertorio di un’uva semiaromatica molto diffusa nel mondo. Esprime in maniera nitida il varietale nei toni vegetali peperonosi e muschiati ingentiliti da lime, pesca bianca, sambuco ed erbe aromatiche. Profumi netti che possono essere più o meno “spinti” a seconda delle aziende. Odori che in Loira, terroir d’elezione per questa uva, trasfigurano ipnoticamente diventando tutt’altro. Al primo appuntamento, una certezza.

Barolo Chinato, Cocchi Vertice qualitativo dei vini aromatizzati, il Barolo Chinato nasce col farmacista Giuseppe Cappellano nella Torino di fine Ottocento come vera e propria “medicina”, tanto che i vini aromatizzati sono stati fino a pochi anni fa nei listini di alcune distribuzioni di case farmaceutiche. Il Chinato Cappellano è tutt’oggi un punto di riferimento assoluto ma, come sempre accade, a ciascuno la propria ricetta e Giulio Cocchi ci mise del suo: immaginate solo cosa possa succedere all’interno del vostro naso quando ad un Barolo viene aggiunto un mix strabiliante di corteccia di china calissaja, radice di rabarbaro, genziana, seme di cardamomo e altre spezie segrete in proporzioni segrete. Quel che esce è un vino dolce-amaro dal naso sconvolgente di china, cacao, radice di liquirizia, fiori appassiti, spezie dolci e non.

In conclusione, quindi, tutti vi starete chiedendo: ma che differenza c’è tra una rosa bulgara e e una rosa centifolia? Non ne ho la più pallida idea ma la questione è rilevante. Alla prossima puntata

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DAL MEGASTORE ALLA BRACE - RICETTA di EMILIANO NENCIONI

BONELESS BEEF RIBS

con salsa chimichurri: e i commensali fanno ooohhhh! Le beef ribs sono una di quelle preparazioni che, quando eri novellino e inesperto in campo barbecue, ti facevano scaturire quell’oooooh di ammirato stupore. Probabilmente le hai viste condivise in qualche post autocelebrativo, con l’immancabile didascalia “costine di dinosauro!!” o motteggi similari. Ormai sei maturato, disilluso, e per quanto riguarda le cotture su fiamma hai visto cose che voi umani etc., ed è giusto che tu assapori, tolta tutta la sovrastruttura sensazionalistica, la bontà delle beef ribs preparate come si deve. Per toglierti la possibilità di generare l’ennesimo post “costine di triceratopo” (e, non lo nego, per il piacere di recarti una sottile delusione) voglio parlarti di come cuocere alla perfezione ...le costine senza costato. Cioè senz’osso. Viene rimosso precedentemente, dal macellaio. Sto parlando delle Boneless Beef Ribs, in questo caso delle sardanapalesche Boneless Beef Short Ribs di æA BBQ4All MAGAZINE

Wagyu Rangers Valley Australia. Roba che puoi trovare solo sul Megastore BBQ4All, e ti consiglio di avere una membership di quelle proprio insolenti e altère per aggiudicartele. Ti racconterò la loro preparazione secondo un flavour profile e un gusto che ricorda da vicino quello già affrontato con il Brisket Anche stavolta il rub sarà molto basilare e texano: sale, pepe, aglio. Nelle solite proporzioni da rub SPG, che poi sono quelle che ti fanno sempre litigare sui social: un terzo un terzo e un terzo, ma un terzo in volume? Un terzo in termini di peso? Dipende dalla granularità delle polveri che usi. Il mio consiglio è quello di usare il Sale Kosher BBQ4All, che può assicurarti mordente e granulosità ottimale. E assaggiare, aggiustando secondo i tuoi gusti. Alla fine della cottura la carne sarà accompagnata da un’ottima e sempre valida salsa Chimichurri, pungente e saporita, che renderà più

gestibile la marcata nota grassa delle beef ribs. A costo di suonare ripetitivo ti invito ancora a fissare bene i tuoi obiettivi. Flavour profile: è il “profilo gustativo”. L’identità del piatto è tipicamente statunitense: sarebbe fuori luogo inserire i sapori tipicamente mediterranei perché in Italia si mangia meglio che nel resto del mondo. Bark: le spezie deposte sulla carne devono formare una leggera crosticina molto saporita e devono risultare croccanti e non polverose o impastate. Sentore di fumo: l’affumicatura deve essere solo una parte del gusto, senza sovrastare. Aspetto: rendi giustizia alla carne producendo qualcosa che sia bello a vedersi, senza bruciature, disomogeneità e trascuratezze varie. Consistenza: al morso la carne deve essere morbidissima. Non al punto di sfilacciarsi, ma estremamente cedevole. Dovresti poterla mordere an-


che senza denti. Sapore: ogni componente del gusto deve essere ben riconoscibile: il sapore della carne, l’affumicato, le spezie. Nessun componente deve essere invadente. Procedimento: 1. Rifila e pulisci la slab: nel tuo caso sei fortunato, perchè le porzioni di Rangers Valley arrivano solitamente già pronte: al massimo puoi dover togliere qualche piccolo brandello di carne. 2. Ungi leggermente di olio di girasole e cospargi di rub la carne, in uno strato regolare, uniforme e non eccessivo. 3. Imposta il tuo kettle per una cottura indiretta, o stabilizza il tuo smoker, cercando una temperatura costante di 110°C in camera di cottura. 4. Assicurati di aver introdotto il tuo legno aromatico preferito. Qualcosa di deciso tipo hickory andrà benone. 5. Metti la carne sulla griglia pietanze, sdraiata. 6. Appena il bark è ben formato e risulta asciutto e bello scuro, avvolgi la slab nell’alluminio, creando un rivestimento ben chiuso e torna in cottura. L’assenza delle ossa evita il brutto inconveniente del foil bucato tipico delle ribs. 7. Al raggiungimento dei 95°C al cuore, segnalàti dalla sonda del tuo termometro, togli tutto dal dispositivo. 8. Lascia la pietanza in rest (mantenimento) per circa due ore. 9. Nel frattempo, mentre aspetti che la temperatura della tua ciccia scenda pian pianino, prepara la salsa: trita finemente il prezzemolo, la cipolla, l’aglio e il peperoncino: metti tutto in una ciotola, aggiungi l’olio, il succo del limone e il sale. Quando la carne avrà raggiunto la temperatura di circa 75 gradi al cuore, con un coltello affilato, a lama liscia, affettala e servila affiancata alla salsa Chimichurri. Preparazione fantastica, che piacerà agli amanti del manzo, anche a quelli che reputano un po’ troppo massiccio il gusto del brisket.

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GUIDA AGLI ACCESSORI - RUBRICA a cura di MICHELE CHIPA

dalla parte del manico

Sche E Inon CO LT E L L I ti possono mancare Uno dei principali alleati del griller è sicuramente il coltello. Con questo strumento egli potrà, infatti, preparare gli alimenti prima della cottura e porzionarli dopo. Il coltello deve essere di ottima qualità sia a livello costruttivo che di materiali: questo perché sarà più efficace e durerà di più nel tempo. È bene, quindi, evitare di acquistare i set già preassemblati che di solito sono realizzati con materiali più scadenti e affidarsi alle marche più rinomate in termini di qualità, oppure a produttori artigianali. Il coltello è composto da due elementi: lama e manico. A sua volta la lama può essere suddivisa in cinque parti: 1. punta, la parte più delicata ma anche più precisa; 2. filo, la parte centrale affilata alla perfezione e utilizzata per il taglio; 3. dorso, la parte superiore più resistente ed utilizzabile, con cautela, anche per rompere ossa di piccole dimensione e carapaci di crostacei; 4. innesto, la parte finale della lama, utilizzabile per il taglio di alimenti più duri, data la distribuzione ottimale del peso; 5. raccordo, cioè il punto di unione fra lama e manico, dove è inserito il “salvadita”. Esistono decine di tipi di coltello prodotti con i materiali più disparati, alcuni dei quali molto specifici e riservati ad un utilizzo professionale. Se siete alla ricerca del set di coltelli perfetto per un griller, vi elencherò quali sono quelli proprio indispensabili.

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COLTELLO DA MACELLAIO - SCIMITARRA proprio lei, la Scimitarra BBQ4All. Un coltello robusto e resistente, con una lama lunga 30 cm arrotata a filo e satinata per tutta la superficie. Pensata apposta dai Coach BBQ4All per renderla adatta al taglio di grandi pezzi di carne, come il Brisket, e affilatissima per non rovinare il bark. Presto nuovamente su https://diventaregrillmaster.store

COLTELLO DA CUOCO - TRINCIANTE ha una lama ampia e triangolare disponibile in varie misure (dai 15 ai 30 cm). La sua particolare forma curvata facilita l’oscillazione e quindi è perfetto per tritare, sminuzzare e tagliare a cubetti. È il coltello universale per eccellenza.

SPELUCCHINO è disponibile in varie forme. Scegliete quello a lama per così dire tradizionale, simile a quella del coltello da cuoco. Questa caratteristica lo rende ideale per le rifilature di pezzi piccoli o per perfezionare le trimmature dei pezzi più grandi. Inoltre la lama corta permette di controllare al meglio il coltello ed eseguire tagli di precisione

COLTELLO PER DISOSSO - BUTCHER ha una lama stretta, lunga e con punta curva. Fondamentale per le operazioni di disosso, è ottimo per le trimmature di pezzi grandi nelle parti in cui non è ne­ cessaria molta precisione.

COLTELLO DA VERDURE - SANTOKU coltello dalla lama sottile ma molto affilata e spesso con degli avallamenti su entrambi i lati che servono a non far attaccare le fette appena tagliate, poiché creano un cuscinetto di aria tra l’acciaio e alimento. La lama ampiamente sporgente dal manico è perfetta per il taglio veloce e ripetuto delle verdure, e la sua larghezza importante è utilissima per trasferire gli alimenti dal tagliere al di­spositivo di cottura.

COLTELLO DA BISTECCA in un set che si rispetti non può mancare questo coltello. È lo strumento ideale per il taglio della bistecca: la lama deve essere liscia, affilata alla perfezione e di una lunghezza media (15cm circa) adatta ad ogni tipo di steak.

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PORTFOLIO - RUBRICA a cura di PAOLO TUCCI

LET’S PUT A ON THE

SHRIMP

BARBIE MATE!

l’Australia ed il gusto del Barbecue

Per capire il segreto della ricchezza della gastronomia australiana bisogna guardare la storia, la demografia e la geografia di questo continente così lontano. In seguito allo sbarco della Prima Flotta della Marina Britannica, approdata nel 1788 nella baia che diventerà l’odierna città di Sydney, arrivarono i coloni inviati dalla madrepatria inglese per costruire i primi insediamenti. Fu da subito vitale per l’uomo bianco, non in grado di procurarsi risorse tramite la caccia e la raccolta come i nativi Aborigeni, il bisogno di coltivare la terra e allevare animali da carne e da latte il più velocemente possibile per generare risorse atte a garantire l’autosufficienza ed il futuro della neonata colonia. Questa monumentale spinta in avanti, questo desiderio di domare l’energia della terra è ancora oggi palpabile in tutte le regioni agricole che circondano come una cintura protettiva le metropoli principali, separandole dagli

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enormi spazi dell’Outback interno, apparentemente vuoti agli occhi occidentali, ma ricchi in realtà di una flora e fauna affascinanti e misteriosi, il cui pieno potenziale solo gli Aborigeni autoctoni sanno sfruttare appieno. Semi che una volta arrostiti danno vita a bevande corroboranti che ricordano caffè e nocciole, antichi ritua­ li per ottenere la perfetta cottura della carne in forni d’argilla scavati nel terreno (dindal), conoscenze precise sulla collocazione di sorgenti d’acqua, riserve di caccia e circa l’uso di piante officinali per la creazione di piatti e di “rub” per la carne squisiti e raffinati. Un gigantesco bagaglio di conoscenze tramandato per via orale di ge­ nerazione in generazione per più di 30.000 anni, un soft power in grado di imbrigliare l’enorme vitalità del continente, il tutto incastonato nella mitologia del tempo del Sogno, un’epoca leggendaria in cui gli dei camminavano sulla terra plasmandola con i loro poteri che gli uomini ancora ricordano attraverso i loro Canti.


Fra queste due visioni del mondo, quella Occidentale che cerca tra­ sformazione e dominio, e quella Aborigena che cerca di vivere in simbiosi con la terra, vi sono stati in passato ed ancora oggi permangono dei momenti di attrito e tensione, che trovano oggi una risoluzione perlopiù pacifica nell’abbondanza garantita da uno dei continenti più ricchi e straordinari del mondo. Anche per questo gli australiani sono considerati fra i più tenaci ed appassionati allevatori di maggior successo del mondo. La straordinaria vastità del continente, capace di affascinare e al tempo stesso di intimidire un Europeo, garantisce agli allevatori di bestiame una grande varietà climatica. Pensate al caldissimo clima semi-tropicale degli stati a nord come il Queensland, dove gli animali sono prevalentemente alimentati con cereali, e confrontatelo con gli stati del sud come Victoria, Tasmania e Sud Australia, benedetti dall’influenza mitigatrice dell’oceano, dove crescono rigogliosi i pascoli e le vacche sono prevalentemente grass fed. Sulle tavole americane le carni bovine disponibili sono principalmente grain fed, in Europa si tende ad una alimentazione a base di erba; in Australia è possibile avere facile accesso ad entrambe le tipologie di carne, e gli animali hanno a disposizione spazi immensi, non contaminati dall’inquinamento e dalla presenza dell’uomo. Con tanta fantastica ciccia a di­ sposizione non possiamo certo meravigliarci che lo stile di vita dell’australiano moderno incorpori nel suo quotidiano il rito ancestrale della cottura della carne per mezzo del fuoco. Spazi immensi, praterie e valli infinite, legna da ardere raccolta nei boschi, pianure o su spiagge tropicali, l’immagine mentale della perfetta grigliata con gli amici. E quando dico grigliata intendo una vera e propria celebrazione in pompa magna con costolette di agnello, maiale, salsicce, scotch filet e T-Bone come se piovesse. Tagli perfetti per essere cucinati in un mondo dove il clima è spesso clemente e i fumi della griglia possono percorrere da pochi metri a diversi chilometri prima di dare “noia” ad un vicino, che probabilmente non ne sarebbe infastidito, ma anzi si uniGENNAIO MARZO 2019

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rebbe ai festeggiamenti portando un six-pack di birra gelata ed ulteriore ciccia “to throw on the barbie” (N.d.R. slang australiano per barbecue). Il BBQ australiano non è solo questo ma un vero e proprio momento di aggregazione familiare e sociale, tanto in campagna quanto in città, dove la quieta preparazione di una cena in famiglia intorno al Weber può sempre trasformarsi in una festa con musica e amici; all’ospite potrebbe venire chiesto di “bring your own chair“ - portare la propria sedia in caso la famiglia ospitante sia piccola e non attrezzata per grandi tavo­late – un’abitudine che potrebbe far storcere il naso ai più perbenisti fra di noi, ma che è il segno tangibile di una cultura aperta, inclusiva ed easy going. Difficilmente ad un vero BBQ austra­ liano troverete montagne di focacce, antipasti, secondi e altri piatti come potrebbe accadere in altre parti del mondo, Italia inclusa. Il focus è solo ed esclusivamente ciccia, ciccia e ancora ciccia, con qualche eccezione ammessa per l’occasionale “corn on the cob”, o un dolce come

­ amingtons o Pavlova. L Ma parlare di barbie significa parlare di BBQ American style? Anche qui emergono delle interessanti differenze. Per anni in Australia si è pensato che il BBQ fosse uno sport quasi esclusivamente nazionale, guardando poco oltre i confini del paese. Solo negli ultimi 5 anni, grazie a frequenti viaggi di appassionati del settore negli Stati Uniti, la cultura del BBQ low & slow si è diffusa nelle princi-

pali città, ribaltando il concetto locale di barbecue fatto di tempi rapidi di cottura a temperature infernali. Fattore decisivo per capire un BBQ ed una tavola australiana è il melting pot culturale che anima la nazione fin dalla sua fondazione. Sydney e Melbourne sono città che sono state fortemente cambiate dall’immigrazione negli ultimi 70 anni : la prima ha in parte abbandonato le consuetudini alimentari britanniche per introdurne molte provenienti dalla forte componente etnica asiatica; la se­ conda, punto di arrivo dagli anni 50’ in poi di Italiani e Greci, ha assorbito tradizioni culinarie più mediterranee. Nascere, cucinare, grigliare in questo continente unico significa essere in grado di gestire una dispensa con più di 100 fra ingredienti esotici, curry, polveri, salse di soia, erbe fresche, essenze, sapendo far scivolare le dita fra barattoli e sacchettini per trovare il giusto mix di sapori con la stessa destrezza con cui un pianista professionista gioca con i tasti e le note durante un concerto di musica classica. Yuzu, gochujang, farofa, galanga, wattleseed e samphire non sono nomi di malattie esotiche, ma frecce da scagliare dal grill master nella lunga battaglia che conduce al godimento assoluto. L’Australia è viva e creativa perché libera di accettare la propria tradizione senza esservi incatenata, uno spunto di riflessione che in Italia potremmo cercare di fare nostro, ripensando alcune tradizioni, aggiornandole e così facendo inventandone di nuove. Restate sintonizzati, nei prossimi numeri l’Australia avrà molto da raccontarci.

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T H E U LT I M AT E S Y D N E Y

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Avete solo 24 ore di scalo a Sydney e non vedete l’ora di affondare i denti in un bel po’ di ciccia australiana? Abbiamo chiesto ad Anthony Puharich di consigliarci tre indirizzi di ristoranti imperdibili per chiunque voglia godere forte.

ROCKPOOL BAR & GRILL 66 Hunter St, Sydney NSW 2000, www.rockpoolbarandgrill.com.au +61 2 8099 7077

V I C ’S M E AT MAR K E T 50-60 Bank St, Pyrmont NSW 2009, www.vicsmeatmarket.com.au +61 2 8570 8570

“Da non perdere la bistecca cotta nel forno a legna e l’infinita selezione di diverse carni australiane di qualità eccelsa. Servizio elegante ed impeccabile”

“Collocato all’interno del Sydney Fish Market, contiene l’intera selezione di carni di Victor Churchill. Imperdibile il sandwich di Brisket affumicato 12 ore”

FIREDOOR RESTAURANT 23-33 Mary St, Surry Hills NSW 2010, www.firedoor.com.au +61 2 8204 0800 “Fuoco e fiamme sono protagonisti in questo ristorante con forni a legna, griglie ed uno spirito incandescente che richiama quello di Asador Extebarri. Imperdibile“

e per finire . . . se lo conoscete abbastanza bene, un barbecue a casa di Anthony Puharich, la miglior esperienza carnivora di tutta l’Australia. Buon appetito! GENNAIO MARZO 2019

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SPECIALE MAIALE - LA PORCHETTA BBQ4ALL a cura di MICHELA BONGIORNI

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P O R C H E T TA PER DOMARLI TUTTI

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BBQ4All MAGAZINE


Nel Giugno del 1796 Napoleone, durante la Campagna d’Italia, giunse in Toscana. Si fermò a cena, la sera del 29, in quel di San Miniato ospite del canonico Filippo Buonaparte. La “Gazzetta Toscana”, riportando fedelmente tutto ciò che accadde in quell’occasione, ci fa sapere che durante la cena venne servita al generalissimo una “profumatissima porchetta”. Nello stesso anno, il 24 Agosto 1796, a Bologna venne celebrata per l’ultima volta la Festa della porchetta. Di origini medievali (esistono numerose testimoniante che la attestano già nella seconda metà del 1200) era una grande celebrazione che ogni anno, in occasione della ricorrenza di San Bartolomeo, veniva organizzata nella città emiliana. Per circa 600 anni, dunque, a Bologna si è festeggiata la porchetta durante una manifestazione popolare che vedeva il suo culmine nel lancio dalla ringhiera del Palazzo del Popolo (l’attuale Palazzo d’Accursio, sede municipale) di un porchettone arrostito alla folla sottostante che, a suon di pugni e spinte, se lo contendeva: “...tutta la piazza s’empie di una ghiottissima, e golosissima fragranza, e allora si conoscono i golosi, perché molti inghiottiscono la saliva, e si vedono preparare molte persone sotto, per pigliarla con sacchi, sacconi, sacchette, lenzuoli e altre simili cose...” ( G.C.Croce, L’eccellenza e il trionfo del porco, Ferrara, 1594) Piatto da re e piatto popolare, dunque: la porchetta ha sempre messo tutti d’accordo. Certo non è facile risalire alle sue origini. Ad Ariccia ne rivendicano la paternità, ma lo stesso fanno in Umbria, dove sostengono sia nata a Norcia. In molti affermano che invece sia di origine etrusca, altri che sia nata nelle Marche, altri ancora a Campli, in provincia di Teramo, dove sono state ritrovate testimonianze nella necropoli picena di Campovalano. Di certo è una preparazione tipica dell’Italia centrale, che nel corso dei secoli poi ha “sconfinato” diventando una preparazione tradizionale anche in alcune parti del nord, in particolare in Veneto. Tradizionalmente è preparata utilizzando l’animale intero che viene pulito dalle interiora e disossato, insaporito all’interno, richiuso e successivamente cotto. Gli aromi utilizzati possono localmente variare un po’: in Toscana e a Roma, ad esempio, viene data una particolare preferenza al rosmarino. In altre parti, come un Umbria, nelle Marche e in Romagna, si predilige moltissimo il finocchietto selvatico. Di certo, qualsiasi porchetta deve essere molto agliata e pepata. La nostra variante Noi di BBQ4All, da un po’ di tempo, presentiamo ai corsi una variante di coach Alessandro Colusso che utilizza solo una sezione del maiale: ovvero la zona centrale della pancetta e della lonza. Si prepara in questo modo un tronchetto di porchetta più facilmente gestibile, che si può cuocere tranquillamente nei dispositivi casalinghi e perfino senza il girarrosto. La pancetta è un taglio molto ricco di sapore, morbido e dolce che, grazie alla presenza massiccia di grasso e MARZO 2019

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connettivo, rilascia succosità necessaria a contenere l’asciugatura e l’indurimento della carne durante la cottura. Il consiglio è sempre quello di non scegliere una pancetta troppo grassa (no, non è un ossimoro) nella zona sotto l’epidermide per non rischiare di trovarsi, al momento del taglio, con uno strato eccessivamente molliccio e poco gradevole. La lonza è un taglio più compatto e omogeneo, che serve a restituire una migliore consistenza all’intera preparazione ma che, essendo magra e povera di connettivo, tenderebbe a diventare asciutta e stopposa se non ci fosse la pancetta attorno a proteggerla e a rilasciare sostanze lubrificanti. L’elemento da cui, però, non si può prescindere è la cotenna del maiale che grazie alla sua struttura serve a proteggere i tagli sottostanti, limitando di molto l’eccessiva evaporazione superficiale e formando essa stessa una crosta croccante, saporitissima, che contrasta egregiamente con la morbidezza della carne più interna. La preparazione di una porchetta casalinga prevede, quindi, l’utilizzo di una pancetta che abbia ancora la cotenna, ovviamente pulita dalle setole, e della lonza, che di norma il macellaio dovrebbe mantenere attaccata per agevolare la chiusura del tutto. In fase di taglio va calcolata la lunghezza della pancetta affinché possa avvolgere completamente la lonza, arrivando quasi a toccarsi alle due estremità. La porchetta poi va condita prima della cottura, andando a distribuire in modo uniforme, all’interno della pancetta, le erbe aromatiche, il sale e le spezie. Tutti questi aromi, una volta arrotolata la lonza su se stessa e dopo averle fatto aderire intorno tutta la pancetta, andranno a infondere sapore e gusto poco alla volta, mentre la temperatura salirà e la carne inizierà a cuocere grazie ai liquidi che cominceranno a muoversi e a diffondersi all’interno delle fibre. Come si lega il tronchetto di porchetta Innanzitutto bisogna scegliere uno spago molto resistente che non perda fibre durante la legatura e durante le cottura. Poi si procede in questo modo: si passa lo spago sotto e sopra la porchetta, legando le due estremità del filo. La stessa cosa si fa passando lateralmente. Dopo aver fatto i nodi non si deve tagliare il filo: è molto più comodo lasciarlo attaccato alla matassa, così non si rischia che a un certo punto manchi. Con il filo si forma un cappio e si infila la mano al suo interno, girandola su se stessa due volte per formare un attorcigliamento alla base del cappio. Con il cappio attorno alla mano, si afferra l’estremità del tronchetto e si fa scivolare lo spago sotto di esso, in modo che entri nel cappio. A questo punto si sfila la mano dallo spago e si tira per stringere il cappio alla carne. Si continua a procedere per legare tutta la porchetta: ogni volta che si infila la carne nel cappio, bisogna spostarsi di un paio di cm rispetto al punto precedente. Completata la gabbia, ripetendo questa operazione su tutta la lunghezza del tronchetto, si ferma la legatura con un nodo all’estremità. Si taglia a questo punto lo spago et voilà: il tronchetto è pronto ıA

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per essere cotto. Una cosa da ricodare sempre è quella di stringere bene lo spago attorno alla carne, in modo che non risulti lasco quando inevitabilmente la porchetta si ritirerà durante la cottura. Come si cuoce Le caratteristiche fondamentali che deve avere una porchetta perfetta sono essenzialmente tre: la crosta croccante, il profumo e l’aroma di affumicato e l’interno morbido, succulento e saporito. Una buona cotenna croccante si ottiene con delle temperature medio alte, intorno ai 160-170°C sfruttando un veicolante di calore (olio o burro chiarificato fuso) da spennellare durante la cottura. Una buona affumicatura si ottiene aggiungendo il legno aromatico al combustibile nella prima fase della cottura. Quale legno utilizzare? Melo, ciliegio, pecan, hickory, usati sia da soli che in blend. L’importante è ricordarsi di dosare bene il fumo, in modo da non sovraffumicare la porchetta, rendendola immangiabile. Per quanto riguarda l’interno, come già accennato in precedenza, lo scioglimento del grasso presente nella pancetta sarà l’elemento che ci permetterà di ottenere un risultato strepitoso. La temperatura impostata prevista (come detto, 160170°C), ci permetterà di attivare, in tempi relativamente brevi, la reazione di Maillard sulla cotenna, aiutata anche dai grassi addizionati con il pennello durante la cottura, e di cuocere l’interno in tempi abbastanza lunghi (indicativamente circa 5-7 ore per porchette da 5-7 kg) per consentire al collagene presente nella lonza di convertirsi parzialmente in gelatina fissando il termine della cottura agli 84-85°C al cuore. Oltrepassare questa temperatura limite, calcolando anche l’innalzamento di qualche grado durante il riposo post-cottura, significherebbe portare il collagene alla totale conversione in gelatina, ottenendo il collasso della struttura delle fibre e di conseguenza fette che si sfaldano durante il taglio. Dove si cuoce La porchetta che tradizionalmente si cucina a casa, è una preparazione che ha una conformazione cilindrica, con un diametro che possiamo attestare tra i 20-25 cm, e di lunghezza variabile in base allo spazio utile nel dispositivo di cottura. Per ottenere una cottura uniforme si prediligono tutti quei dispositivi provvisti di coperchio dove sia possibile creare un setup di calore indiretto, come i kettle a carbone o i dispositivi a gas con più di un bruciatore. In questi dispositivi si andrà a posizionare la porchetta lontano dalla fonte di calore, facendola ruotare alcune volte, per ottenere una cottura uniforme. Ovviamente, col girarrosto diventa tutto più facile: far ruotare la porchetta su uno spiedo è la pratica migliore per ottenere un risultato omogeneo su tutta la superficie. Come dicevo però è possibile, specie con pezzature più piccole, ottenere un buon risultato senza il girarrosto:


basta appoggiare il tronchetto sulla griglia, in cottura indiretta, e ricordarsi di girarlo ogni tanto, in modo da ottenere una cottura più uniforme possibile. Una raccomandazione: pensate sempre durante la cottura a inserire una leccarda sotto la porchetta, con un po’ d’acqua all’interno, in modo da raccogliere il grasso, il quale inevitabilmente si scioglierà, anche e soprattutto per preservare il vostro dispositivo. Come ottenere una cotenna croccante Arriviamo all’eterna diatriba: va o meno bucherellata la cotenna? Il consiglio è di valutare a seconda dell’anatomia del taglio interno della pancetta. Se appena sotto l’epidermide c’è uno strato eccessivo di grasso, andrebbe preferita la foratura per agevolarne la fuoriuscita. Al contrario, se lo strato di grasso è ridotto, meglio non effettuare i fori perché i rivoli di grasso disciolto, ricchi anche di acqua, colerebbero lungo gli avvallamenti delle legature umettando parte della cotenna e inibendo la formazione della crosta croccante. Per evitare che la cotenna si vetrifichi, creando uno strato troppo spesso e duro, a fine cottura si può aumentare la temperatura fino ai 250°C, aggiungendo carbone nel kettle o aumentando i bruciatori a gas: l’epidermide si gonfierà e diventerà croccante e leggera. Un’alternativa all’aumento drastico di temperatura è la frittura della cotenna, realizzata versando con un mestolo dell’olio di arachidi bollente, preventivamente scaldato fino a 190-200°C, che agirà istantaneamente nei punti dove viene versato.

È consigliabile munirsi di una leccarda sottostante di dimensioni adatte a raccogliere l’olio versato, evitando di sporcare eccessivamente il grill o facendolo incendiare, nel caso di contatto con la fonte di calore. Come si serve Arrivati alla temperatura target, si toglie la porchetta dalla cottura e si lascia scoperta, facendola raffreddare lentamente fino ad arrivare ai 65-60°C interni. L’abbassamento termico favorisce la ripresa di consistenza del taglio garantendo fette esteticamente migliori e di una consistenza più uniforme e gradevole. Se si vuole un miglioramento in ambito gustativo, il mio consiglio è di far abbassare ulteriormente la temperatura almeno fino a 50°C e poi mettere la porchetta una notte a riposare in frigo, avvolta nella pellicola. Il giorno dopo il sapore sarà letteralmente esplosivo. Basterà affettarla (da fredda è anche più facile) e riscaldarla in forno per far rinvenire la cotenna. Partendo da questa base, è possibile apportare numerose altre varianti per preparare un ottimo tronchetto di porchetta. Date un’occhiata, ad esempio, alla ricetta qui a fianco: si sa che siamo temerari e quindi abbiamo osato farcire la pancia del maiale, invece che con la lonza, con un polpettone a base di salsiccia. Giusto per renderla un po’ più dietetica, no? Vedo che state sbavando. Quindi che aspettate? Provate immediatamente a cuocere la vostra porchetta perfetta!

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SPECIALE MAIALE - RICETTA di MARIANGELA IBBA

la porchetta... ...DAL CUORE TENERO Dunque hai imparato che per mangiare la porchetta non devi più aspettare la fiera di paese, perché puoi prepararla tu stesso nel tuo dispositivo a gas o carbone, cucinando non il maiale intero ma solo una sezione costituita dalla pancia e dalla lonza. Nell’articolo dedicato a questa preparazione, hai letto tutto quello che c’è da sapere. Qui, però, ti propongo una variazione sul tema: porchetta con cuore di salsiccia. Inoltre ti spiegherò come cuocerla senza il girarrosto, ottenendo comunque una cotenna croccantissima. Per fare il ripieno, servono salsicce molto speziate (tipo quelle toscane ricche d’aglio o quelle umbre), ma se nella regione in cui vivi questi insaccati sono poco saporiti, non devi far altro che separare la pasta della salsiccia, aggiungere sale, pepe, aglio, maggiorana e finocchietto ed avrai il ripieno perfetto. Vista la grande ricchezza di sapore di questo piatto, se non vuoi cedere al classico panino ma preferisci una presentazione più raffinata, ti consiglio di accompagnarlo ad un’insalata che, con il suo effetto rinfrescante sul palato, ti farà apprezzare ancora di più il gusto e la complessità aromatica della porchetta. Trovi la ricetta di un’insalata che fa al caso tuo proprio in questo numero. Procedimento: 1. Con un coltello, incidi la salsiccia per la lunghezza e separa il budello dalla pasta. A

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2. Se non hai a disposizione salsicce molto speziate, aromatizza la pasta con le spezie. 3. Dai all’impasto la forma di un polpettone, avvolgilo nella pellicola alimentare, stringilo bene e riponilo in frigo per tre ore circa, perché acquisti compattezza. 4. Prendi la pancia di maiale ed elimina dalla cotenna eventuali residui di setole, con un coltellino affilato. 5. Stendi la pancia sul piano, la cotenna deve essere rivolta verso il basso, distribuisci sulla carne il sale e le altre spezie, massaggia bene la superficie con le mani, in modo da distribuire uniformemente il rub. 6. Metti al centro della pancetta il polpettone di salsiccia e arrotolagli la pancia intorno, per creare il tronchetto di porchetta. 7. Legala con lo spago da cucina. 8. Prepara il dispositivo per una cottura indiretta a 160/170 gradi C° 9. Spennella la porchetta con olio d’oliva e mettila in cottura indiretta, appoggiandola sulla griglia vista la sua ridotta dimensione e affumicandola per un’ora circa con chips di legno aromatico (non ti dimenticare di mettere sotto la porchetta, sulla griglia delle braci, una vaschetta di alluminio con dentro un po’ d’acqua). 10. Terminata la fase di affumicatura spennella la cotenna ogni tanto con olio d’oliva: questo ti aiuterà a farla diventare croccante. 11. Quando la temperatura al cuore è tra gli 80/82 gradi C°, è il momento di far scoppiare la cotenna: puoi alzare la temperatura del kettle, puoi provare con olio bollente oppure, se la porchetta è di piccole dimensioni, puoi perfino provare a spostarla in

cottura diretta: devi avere però molta manualità in questo caso, perché rischi che a causa dei grassi che colano si incendi tutto e la cotenna invece di esplodere si annerisca. Quindi, se vuoi provare questo metodo, fallo solo con porchette di piccole dimensioni e solo se hai una discreta velocità di manovra. 12. Quando la cotenna è croccante e friabile, togli la porchetta dal dispositivo e lasciala raffreddare un po’. 13. Servila tiepida, o a temperatura ambiente.

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Pork Belly: che taglio è? Il nome può sembrare esotico e affascinante. In realtà pork belly è la traduzione di pancia di maiale in inglese. Questo tipo di taglio ha una diffusione quasi planetaria, in Cina è conosciuto come wǔhuāròu, in Francia viene utilizzato per fare la choucroute garnie, in Colombia viene invece tagliato a striscioline e fritto per il bandeja paisa. Questo taglio molto conosciuto anche in Italia viene principalmente utilizzato per la preparazione di salami e insaccati. Oltre alle preparazioni più tipiche si presta bene anche a cottura lunghe e a bassa temperatura in kettle.Visto l’elevato contenuto di grasso tendenzialmente, però, viene utilizzato per la preparazione della pancetta stesa o arrotolata. Se invece si è disposti a sacrificare le costine durante la macellazione, allora si otterrà un taglio più magro che meglio si presta a cotture in low&slow e che esalta maggiormente il sapore di questo piatto. É esattamente questo il taglio che abbiamo utilizzato per preparare il sontuoso pancettone che trovate qui a fianco. Per maggiore chiarezza, soprattutto nel momento dell’acquisto è utile fare una distinzione tra pancia di maiale e pancetta (fresca). Quest’ultima è quella che comunemente si trova al banco della macelleria, è possibile trovarla con o senza cotenna, affettata o meno. Preferibilmente, per avere il pezzo completo è opportuno ordinarlo con un poco di anticipo in maniera che questo non venga lavorato. La pancia di maiale ha un’elevata percentuale di grasso, che supera quella della parte magra, fatta di tessuto muscolare. Per avere una percentuale accettabile di parte magra (almeno il 50%) è necessario sacrificare le costine, in modo da poter cuocere la pancetta ed avere almeno una parte magra edibile. Sarà quindi preferibile chiedere al macellaio di staccare la pancia senza intaccare le costine. Si otterrà così un pezzo che sarà costituito dalle costine disossate e dal grasso della pancia stessa. MARZO 2019

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SPECIALE MAIALE - RICETTA di MARIANGELA IBBA

PORK B E L LY

ma quanto è sexy questa pancia? La pork belly è una squisita pancia di maiale con cotenna croccante, dal color caramello. Il sapore lussureggiante è dovuto non solo all’alta percentuale di grasso presente nel taglio, ma anche alla cottura lenta e all’affumicatura con chips di legno aromatico. Ti assicuro, ancora prima di assaporarla il suo aspetto invitante e il suo delizioso profumo manderanno le tue papille gustative in visibilio. Ai corsi BBQ4All la serviamo in un panino con la salsa dijonnaise, fresca e piacevolmente sgrassante. Tuttavia io non disdegno anche di assaporarla così, al naturale, magari con un contorno fatto con croccante insalata iceberg, salsa allo yogurt (ok, adoro le insalate, credo si sia capito) e crostini di pane. In ogni caso, un’ottima pork belly deve avere la pelle piacevolmente croccante. Come? Cuocendola con lo strato di cotenna rivolto verso l’alto. I flussi di convezione del dispositivo disididratano così la superficie, in modo che poi sarà più semplice renderla croccante semplicemente alzando la temperatura, dopo aver spennellato la cotenna con olio caldo. Il calore manderà in ebollizione l’acqua intrappolata nello strato di epidermide facendo letteralmente scoppiare la pelle come un pop corn.

lati con la salsa Worcestershire, spolverala col rub fatto con sale, pepe, aglio e paprika e massaggiala bene con le mani in modo che il rub sia distribuito uniformemente su tutta la superficie e nei solchi dei tagli. 4. Imposta il dispositivo per una cottura indiretta a 130/140 gradi C°. Accanto alle bricchette sulla griglia carbone metti una vaschetta con un dito d’acqua. Il water pan oltre ad aiutarti a stabilizzare la temperatura, raccoglie il grasso che si scioglie. 5. Poni la pancetta sulla griglia in cottura indiretta con la cotenna rivolta verso l’alto, e affumica con un paio di manciate di petali di legno aromatico. 6. Quando la temperatura al cuore arriva a 88°C, spennella la cotenna con olio caldo e alza la temperatura del kettle fino a circa 200°C, per fare in modo che la pelle scoppi e diventi croccantissima. 7. Togli la pancetta dal dispositivo e affettala seguendo i tagli sulla cotenna.

I N GRE D I E N T I PER PERSONE

Procedimento: 1. Prendi la pancia del maiale ed elimina eventuali residui di setole. 2. Stendi la pancia su un piano, con la cotenna rivolta verso l’alto: seguendo il verso della carne incidi la cotenna e un po’ del grasso sottostante, i tagli devono essere distanti tra loro circa mezzo centimetro. 3. Spennella la pancia su entrambi i

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SPECIALE MAIALE - RICETTA di LUCA GALLOZZA

PA N E , P O R C O . . . ...e fantasia

Cosa vi resta di bello dopo una grigliata con gli amici?

domanda: cosa resta di bello dopo una grigliata con gli amici?

Ok, potreste rispondermi: il ricordo del tempo passato assieme, delle risate fatte sorseggiando una buona birra o un buon bicchiere di vino, della bella giornata all’aperto. E riecheggiano i suoni: lo sfrigolìo dei grassi sulle braci, i profumi delle carni... a quel punto, presi quasi da un raptus, vi risvegliate dal torpore nostalgico e vi date la vera risposta alla

Gli avanzi.

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E vi ricordate di avere ancora delle belle fettone di quella Pork Belly che la brava Mariangela Ibba vi ha proposto in questo stesso numero del vostro magazine preferito. Come utilizzarle? L’idea migliore è quella di un paninozzo veloce che restituisca alla

pork belly la dignità del primo assaggio. Così la smetterete di chiamarli “avanzi”. Ma adesso ascoltatemi: io vi propongo una delle mille varianti a cui potenzialmente si presta questo panino. Aggiungete pure tutto quello che vi suggerisce la vostra fantasia. Ricordatevi però di non far mancare mai un elemento acido, che vada a “sgrassare” la pork belly, e un po’ di insalatina fresca, che alleggerisca il tutto.


Procedimento 1. Mescolate la maionese con la paprika e la senape; 2. Condite l’insalata con un filo d’olio e un pizzico di sale; 3. Tagliate sottilmente le cipolle rosse; 4. Aprite il panino a metà e stendete sulla base l’insalata, poi due belle fette della nostra magnifica pork belly, gli anelli di cipolla rossa e la maionese alla paprika.

Chiudete il panino e fate partire un bel morso. Entrerete nella macchina del tempo che vi riporterà al giorno prima: sentirete nuovamente i discorsi, le risate, i profumi e i sapori. E continuerete a sognare.

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SPECIALE MAIALE - RICETTA di MICHELA BONGIORNI

RAGÙ DI PA N C E T TA

la dieta? da lunedì del duemilamai

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Onestamente, devo dirvelo: ho provato questo ragù perché, dopo la preparazione della pork belly, non volevo sciupare i ritagli della pancia del maiale che erano avanzati dopo la rifilatura. È stata una decisone estemporanea insomma, non una cosa studiata e ponderata. Ho voluto provare, senza essere molto certa del risultato.Tuttavia, a volte, le cose fatte con poca convinzione si rivelano invece scelte felici. E questo ragù è stato esattamente questo: una scelta felicissima. Corposo, godurioso, appagante, quasi lo preferisco a quello classico. O, perlomeno, se la batte alla pari. Certamente non è dietetico (ma c’è veramente qualcuno a dieta fra voi lettori del BBQ4All Magazine o è solo una leggenda metropolitana?) e rappresenta un ottimo primo piatto per tutti quei pranzi importanti, della domenica, con le zie e le suocere che rimarranno a bocca aperta, anzi piena, di fronte a cotanta opulenza. La leggerissima nota affumicata è l’idea vincente in più. Il poterlo preparare sul kettle lo rende anche divertente da cucinare. Secondo me questo ragù rischia di diventare leggendario. Procedimento: 1. Tagliate a cubetti piccoli i ritagli della pancia, avendo cura di rimuovere la cotenna se ancora fosse presente. 2. Tritate finemente la cipolla, l’aglio e il peperoncino e teneteli da parte. 3. Predisponete il kettle per una cottura diretta, ponendo la cocotte weber nell’apposito spazio in griglia o comunque al centro della griglia,

con sotto mezzo cesto di bricchetti accesi: fate attenzione che non tocchino la cocotte. 4. Quando la cocotte sarà ben calda, versateci dentro l’olio, il trito di cipolla, aglio e peperoncino, e i cubetti della pancia del maiale: lasciate insaporire bene. 5. Dopo pochi minuti, aggiungete la paprika affumicata, aggiustate di sale e dopo poco aggiungete la passata di pomodoro e il concetrato di pomdoro. 6. Se necessario aggiungete a questo punto un po’ d’acqua. 7. Chiudete adesso il coperchio, stabilizzate il kettle su una temperatura di circa 150 gradi e affumicate per una mezz’oretta con petali di legno aromatico (melo o ciliegio sono ideali). 8. Passata la mezz’ora, riaprite il coperchio, controllate che il ragù non si sia asciugato e continuate la cottura coprendo la cocotte col suo coperchio in ghisa. 9. Controllando sempre che il ragù non si asciughi (e nel caso aggiungete acqua) continuate a cuocerlo per circa due ore (i bricchetti dovrebbero bastare, ma siate eventualmente pronti a fare un rabbocco veloce). Aggiustate di sale, se necessario. 10. Il ragù è pronto quando è bello rosso e ritirato, e la pancetta si disfa. 11. Non vi resta che cuocere la pasta in abbondate acqua salata e poi saltarla nel ragù, servendola con una bella macinata di pepe. Gustatevi un bel piattone di questa pasta e non pensate alla dieta. Per quella c’è sempre tempo. MARZO 2019

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RICETTA di MARIANGELA IBBA

ti farò un

I N S A L ATA

UN’ C H E N O N POT RA I

R I F I U TA R E

Diciamoci la verità, nel mondo barbecue le verdure sono un po’ bistrattate, a patto che non si possano grigliare o cuocere direttamente sulle braci, non vengono quasi mai prese in considerazione. Per questo, mi sento molto temeraria a proporti qui la ricetta di un contorno di verdure fresco e gustoso, che non necessita della griglia ma che ti assicuro farà apprezzare ancora di più a parenti ed amici il sapore intenso e deciso delle varie preparazioni barbecue che gli servirai. Se ancora non l’hai capito voglio parlarti dell’insalata, ma non di quella banale fatta di lattuga olio e sale, bensì dell’ insalata gourmet che renderà la tua grigliata con gli amici memorabile. So a cosa stai pensando: per te l’insalata è solo una pietanza di fortuna che porti in tavola quando, troppo concentrato sul taglio di carne giusto, sulle spezie e sulla salsa, ti dimentichi completamente del contorno. A quel punto, l’unica soluzione è mandare moglie, marito o figli al supermercato per comprare qualche busta di lattuga, da buttare in una ciotola con un po’ d’olio e sale, che in pochi mangeranno, perché decisamente poco allettante. Da qui nasce la tua convinzione che l’insalata non sia un contorno adatto alle cotture su griglia. In realtà è un ottimo accompagnamento per preparazioni dal sapore così ricco, intenso e aromatico, perché sgrassa e ridona freschezza al palato permettendo ai tuoi invitati di apprezzare a pieno il gusto specifico di ogni piatto; solo che, come tutte le portate, anche l’insalata va preparata con cura. Innanzi tutto deve risultare invitante alla vista: rendila allegra con fogliame A BBQ4All MAGAZINE

di diversi colori come la valeriana, il radicchio rosso, l’insalata iceberg, la rucola, la lattuga ecc... Aggiungi un elemento croccante come la frutta secca o i crostini di pane; donale un tocco di dolcezza e acidità con la frutta fresca e condiscila con una vinaigrette di olio, aceto o limone, sale e qualche erba aromatica tritata finemente. Te lo assicuro: l’insalata non avanzerà più. Io ti do la ricetta di un contorno che si sposa benissimo con le preparazioni grasse e unte a base di carne di maiale che trovi in questo numero. Ma scatena la tua fantasia. L’insalata può e deve diventare un piatto gourmet. . Procedimento: 1. Lava sotto l’acqua corrente il fogliame e asciugalo stendendolo tra due canovacci. 2. Taglia la mela senza sbucciarla in fette sottili e immergile in acqua con il succo di mezzo limone, perché non anneriscano. 3. Trita grossolanamente le noci. 4. Con una frusta emulsiona tra loro l’olio, il succo di un limone, il sale, il timo e un po’ di senape. 5. Prendi una ciotola capiente e versaci dentro il fogliame, le noci e la mela: combina gli ingredienti tra loro e condisci con l’emulsione, mescolando bene. L’insalata gourmet non è solo un ottimo contorno, se arricchita, con sott’oli, formaggi, pane tostato può diventare anche un gustoso piatto unico, da mangiare durante la pausa pranzo.

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NON SOLO CARNE - RICETTA VEGETARIANA di MICHELA BONGIORNI

Un Mojito da mangiare

MELANZANE A D A LT O TA S S O

A LCO L I CO

Facciamo un gioco, ora che siamo in primavera e si sente già il profumo del mare nell’aria: immaginate di essere in ferie, è un caldo pomeriggio estivo, siete sulla spiaggia Pelosa a Stintino e state sorseggiando un fresco Mojito cullati dal riverbero delle onde che si infrangono sul bagnasciuga. Tutto sembra perfetto, ma avete un languorino, ci vorrebbe qualcosa di fresco, leggero, che si abbini bene al vostro cocktail. La cucina sarda è ricca di leccornie e piatti eccellenti, ma una porzione di malloreddus non si addice molto all’aperitivo. Tra le molteplici pietanze della tradizione c’è, però, un piatto che si potrebbe adattare perfettamente alle esigenze estive: la melanzana alla sassarese. Conoscete tutti la ricetta classica, no? Melanzane tagliate a metà, incise, condite con olio, sale ed aglio e arrostite in forno (o in griglia). La versione al Mojito è una variante interessante, che ho provato una volta per i miei stupiti ospiti e che si abbina alla perfezione all’omonimo cocktail. E poi fa figo e non impegna. Procedimento 1. Lavate e asciugate la melanzana, tagliatela a metà per il lato lungo 2. Incidete la polpa con la lama di un coltello, facendo dei segni a scacchiera e prestando attenzione a non d A BBQ4All MAGAZINE

bucare la buccia. 3. Stabilizzate il kettle per una cottura diretta a circa 150°C. 4. Grigliate inizialmente in diretta le melanzane dal lato della polpa per un paio di minuti. 5. In una ciotola preparate un’emulsione di olio, lime, menta e rum. 6. Condite ora le melanzane con sale, pepe, menta tritata, zucchero di canna e l’emulsione appena preparata (conservatene una parte). 7. Mettete ora le melanzane nel dispositivo in cottura indiretta, appoggiandole sulla griglia dal lato della buccia. 8. Controllate le melanzane dopo circa un’ora e se appaiono asciutte aggiungete un po’ di emulsione conservata in precedenza. 9. Le melanzane sono pronte quando la polpa diventa morbida e cremosa 10. Prima di servire aggiungete un po’ di menta tritata e zeste di lime per guarnire. È un’ottima idea per far felici gli amici vegetariani, ma è perfetta da servire anche ai carnivori come aperitivo, magari nei bicchierini o sopra delle bruschette. L’idea in più? Qualora dovessero avanzarvi, queste melanzane sono ottime anche come condimento di una bella pastasciutta.

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RICETTA di LUCA GALLOZZA

CHICKEN LO L L I PO P

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Quanto vi suona familiare la frase: dai, non fare il pollo! È l’ora di invertire la rotta. Qualunque sia il senso di queste parole (letterario o figurato) con i chicken lollipop vi ricrederete, e farete i polli ogni volta che ne avrete l’occasione. Parliamo di cosce o fusi di pollo. Chi di voi ha visto La Spada nella Roccia almeno una volta nella sua vita, avrà notato la miriade di coscioni che si sbafava Caio, il fratello di Semola, nel suo castello in quel di Londra. Faceva venir voglia di assaggiarle! Ebbene, con questa preparazione i vostri sogni di bambini (e quelli dei vostri figli, se ne avete) diventeranno realtà. Pollo, bacon e salsa barbecue: una triade perfetta per ogni goloso. Il fine sarà quello di avere una coscia di pollo raccolta in un unico boccone, che ricorda un vero lecca lecca, saporito e gustoso. Procedimento 1. Il primo passo è procedere al trimming della coscia, come specificato nell’articolo tecnico. 2. Spennellate il fuso con senape e applicate un velo di rub. 3. Avvolgete la carne con una fetta di bacon, preoccupandovi di effettuare una bella chiusura della fetta, per evitare che si stacchi durante la cottura. dæA BBQ4All MAGAZINE

4. Preparate il vostro dispositivo per una cottura indiretta e stabilizzatelo a 110°C 5. Ponete le cosce di pollo in piedi sulla griglia e affumicatele con petali di legno aromatico, preferibilmente ciliegio. 6. Lasciate cuocere sino a 58°C al cuore. 7. Aggiungete dei bricchetti accesi e portate il vostro dispositivo sino a 200°C in griglia 8. Continuate a cuocere sino a 65° C al cuore. 9. Spennellate i chicken lollipop con la salsa barbecue e continuate l’indiretta sino a 75° C al cuore 10. A piacere, spennellate con altra salsa a fine cottura. Se siete forti e coraggiosi, provate ora a portarle in tavola, su un bel vassoio in pompa magna. Il coraggio vi servirà perché verrete presi d’assalto ancor prima che il plateau venga appoggiato sulla tavola. Il profumo inonderà la casa, il suo gusto stordirà le papille gustative e i vostri bambini gireranno per la cucina come piccoli primitivi, con l’osso tenuto stretto tra le mani e lo sguardo rabbioso del guai a chi me lo tocca!

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Chicken Lollipop: preparazione deliziosa e molto scenografica che, senza l’accortezza di una buona preparazione del pezzo di carne, non permette di ottenere l’effetto desiderato. Ora vedremo quali sono i passaggi corretti per eseguire una giusta pulizia della coscia. Gli step fondamentali sono tre: 1. Pulitura dell’osso e della giuntura tra tibia e metatarso 2. Taglio inferiore della tibia e del giunto tibio-femorale 3. Estrazione della fibula Cosa ci occorre per eseguire questa lavorazione? Un buon coltello a lama larga o una mannaia, un coltello tipo sfiletto e una forbice. Pulitura dell’osso e della giuntura tra tibia e metatarso. Prendiamo la nostra coscia di pollo e incidiamo, appena sopra il muscolo, la pelle intorno all’osso con un coltello a sfiletto, recidendo i tendini che andremo poi ad eliminare tagliandoli con una forbice. Spingiamo il muscolo verso il basso e asportiamo la pelle. Effettuiamo un taglio verticale, seguendo l’osso verso la giuntura, ed estraiamo la pelle e i tendini. Con l’aiuto della punta di un coltello, stacchiamo la giuntura metatarsiale dalla tibia in modo da lasciarla pulita. Taglio inferiore della tibia e del giunto tibio-femorale. Ora con l’aiuto di un coltello a lama larga o di una mannaia, pratichiamo un taglio sulla parte inferiore della tibia, per creare una base d’appoggio della coscia che in cottura deve rimanere in verticale sulla griglia. Se il taglio è effettuato in modo corretto, dovremo riuscire a vedere in sezione sia la tibia che la fibula ( l’ossicino attaccato alla tibia per mezzo della cartilagine). Estrazione della fibula Con la punta dello sfiletto, seguiamo la fibula dal basso verso l’alto per staccarla dal muscolo e dalla cartilagine. Estraiamola prendendola alla base, facendola ruotare delicatamente e tirandola verso il basso. A questo punto avete un chicken lollipop perfetto in ogni suo aspetto. Le caratteristiche che deve avere sono le seguenti: 1. più verticalità possibile; 2. un’ottima base di appoggio in griglia; 3. un muscolo raccolto e compatto intorno all’osso; 4. assenza di ossa o cartilagine superflua. Forse il piatto non sarà perfetto fin da subito, la prima volta potreste avere delle piccole difficoltà e le cosce non verranno come vi aspettate, ma questa guida, lo garantisco, vi darà una mano significativa per arrivare al risultato perfetto. Non mi resta che augurarvi buon lavoro.

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ADVANCED TRAINING CLASSES Grill to Perfection - Smoke to Perfection EVEN TS CLx8aL_BB8de_e8a ad ceLaffaO_a-Leffe_eb_ae-L

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Filippo Dubsky de Wittenau

Alberto Arshia Afshan

La mia recensione sui corsi “Grill to Perfection” Ieri ho avuto modo di partecipare al mio primo corso: il GTP. Esperienza davvero positiva sia per i contenuti del corso, sia per lo scambio di esperienze con coach e corsisti. Altra caratteristica fondamentale è stata l’assaggio della carne del Megastore (oltre a tutto il resto che era comunque spaziale), nello specifico delle stupende NY Strip di Black Angus USA, a mio parere Prime, davvero squisite. Se prima ero “scettico” ora so che ogni tanto un ordine vale davvero la pena di farlo. Buona ciccia a tutti!

La mia recensione sui corsi “Smoke to Perfection” Ad ogni corso imparo sempre di più, acquisisco più sicurezza nello svolgimento delle cotture, conosco sempre gente nuova che ha la mia stessa passione, si ride si scherza e alla fine si mangia bene. È un investimento che faccio su me stesso e sono pienamente soddisfatto. Ringrazio i coach per la Loro professionalità e simpatia, e se devo essere sincero mi dispiace che con lo SMOKE TO PERFECTION si concluda il ciclo di studio. Viva la ciccia e grazie ancora a tutto lo staff BBQ4All per essere sempre disponibile nella risoluzione dei nostri problemi.

Salvatore Barillari La mia recensione sui corsi “Grill to Perfection” Salve a tutti. Sabato 25 ho fatto il corso GTP2 e che dire: semplicemente straordinario e travolgente. Si continua a conscere e ad apprezzare tecniche e metodi nuovi su tutto quello che riguarda tagli di carne, preparazioni e temperature. Per non parlare del coach, gran persona, davvero preparato. Un grazie ancora al coach e a BBQ4All di averci teletrasportati in questo fantastico mondo! The show must go on.

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DULCIS IN FUNDO - RICETTA di MARIANGELA IBBA

B I SCOT T I A L M U E S L I CON CREMA ALLE

ARANCE G R I G L I AT E

I biscotti appena tolti dal forno di casa sono una bontà irresistibile. Ti assicuro che i biscotti preparati sulle braci lo sono ancora di più, perché il fuoco dona ai dolci una particolare nota aromatica che ne esalta in un modo unico e straordinario la dolcezza e il gusto. E poi non è una cosa così bizzarra cuocere torte e biscotti sul fuoco, le nostre bisnonne lo facevano con regolarità. Questo mese come dessert voglio proporti la ricetta dei biscotti al muesli da inzuppare in una golosissima crema di arance grigliate. Come ben saprai, il muesli è un alimento tipico della prima colazione, è composto da cereali, frutta secca, frutta disidratata, cioccolato, uvetta e molto altro e solitamente si mangia in una tazza con abbondante latte freddo. Nonostante in commercio ce ne siano di molti tipi, preferisco prepararlo in casa per poter abbondare con gli ingredienti che mi piacciono di più, l’uvetta e le gocce di cioccolato, e per poter calibrare secondo il mio gusto la sua dolcezza. Tuttavia relegare il muesli solo alla prima colazione è un peccato, perché con questo mix si possono preparare dei biscotti molto buoni, che diventano una vera leccornia se intinti nella crema freschissima e sgrassante di arance grigliate. Un dolce ottimo da offrire dopo una scorpacciata di porchetta. A questo punto ti starai chiedendo: “perché le arance vanno grigliate, visto che per fare la crema serve solo il succo? Non basterebbe semplicemente spremerle?” Perché grigliandole otteniamo una quantità maggiore di succo da ogni dA

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arancia; perché il succo risulterà più concentrato (una parte dell’acqua evapora mentre il frutto è in griglia); infine, perché il succo avrà un sapore più intenso in quanto le molecole scure ottenute grazie all’effetto della caramellizzazione finiranno inevitabilmente all’ interno della spremuta, rendendola una bomba di sapore. Procedimento 1. Versa in una ciotola capiente i fiocchi d’avena, la frutta secca tritata grossolanamente, la cannella, l’olio di semi e mescola bene gli ingredienti tra loro. 2. Aggiungi il miele: se questo fosse cristalizzato, scaldalo per renderlo liquido. 3. Prepara il tuo dispositivo per una cottura indiretta a 180°C. 4. Ricopri una teglia con la carta da forno e stendi il muesli. 5. Metti la teglia in cottura sulla griglia, dalla parte opposta delle braci, chiudi il coperchio e lascia cuocere per 15/20 minuti circa. 6. Quando il muesli sarà dorato, togli la teglia dal dispositivo e versalo in una ciotola, aggiungi l’uvetta e le gocce di cioccolata, poi mischia uniformemente gli ingredienti. 7. In una ciotola capiente versa il muesli, la farina, lo zucchero e il lievito mischiandoli tra loro. 8. Aggiungi prima il burro fuso e poi le uova sbattute, amalgamando bene. L’impasto ottenuto non sarà quello liscio e classico dei biscotti, anzi ti sembrerà di aver sbagliato qualcosa, perché gli ingredienti saranno quasi slegati tra loro. Tutto questo dipende dalla presenza dell’avena che è secca e ha bisogno di un po’ di tempo per

assorbire gli elementi liquidi ed ammorbidirsi. Lascia riposare l’impasto per 20 minuti circa. 9. Stendi su una teglia la carta forno, fai delle palline con l’impasto, poi schiacciale leggermente, cercando di farle tutte della stessa grandezza e regolari. 10. Prepara il tuo dispositivo stabilizzandolo a 180 gradi C°, poni la teglia in cottura indiretta per 15/20 minuti e cuoci i biscotti 11. Una volta pronti falli raffreddare. Preparazione della crema: 1. Taglia a metà le arance e ponile sulla griglia, direttamente sulla fonte di calore per qualche minuto dalla parte del taglio: quando sono leggermente brunite, sono pronte; 2. Spremi le arance ancora calde e lascia raffreddare il succo; 3. In un pentolino versa il succo dell’arancia, lo zucchero, la farina e l’uovo sbattuto e con una frusta dai un’ energica mescolata per evitare la formazione di grumi. 4. Aggiungi l’acqua a temperatura ambiente, metti il pentolino su fuoco medio basso e continua a mescolare: quando la crema è vicina al bollore, mescola più velocemente e toglila dal fuoco appena si addensa. 5. Lascia raffreddare la crema coperta con la pellicola alimentare. Ti consiglio di servire la crema fredda nei bicchierini in modo che i tuoi ospiti possano intingerci dentro i golosi biscotti.


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VINI ABBINATI a cura di ENIO BERTON

È ORA DI

BERE! abbinamenti consigliati

SAN MAGNO

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Cesanese del Piglio “San Magno” DOCG 2016 Corte dei Papi Porchetta

La porchetta mi riporta alla mente Ariccia; ebbene, a circa un’ora di strada dalla località laziale troviamo questa cantina che produce una delle ultime DOCG registrate in Italia (il disciplinare riporta la data del 01 agosto 2008). La porchetta ha gusto, morbidezza, succosità e, se siete bravi, croccantezza della cotenna. La parte grassa si è parzialmente sciolta irrorando la carne dei suoi succhi. Spezie varie, principalmente odori mediterranei, vanno poi a riempire la gamma dei profumi. In questo caso abbiamo la necessità di avere un vino con dei tannini giovani ma già aggraziati, che permettano di asciugare il palato dalla succulenza del boccone ma che preservino la voglia di mordere il panino o la fetta di nuovo senza nessun rimorso. La cantina ha una superficie di circa 190 ettari tra Anagni e Paliano di cui 25 riservati ai vigneti a bacca rossa dove prevale il Cesanese (sia d’Affile che comune). Altri 5 ettari sono riservati a vigneti di bacca bianca. Fondata nel 2004 da Antonio di Cosimo, si sviluppa attorno a tre colline dai nomi alquanto singolari: Colle Tonno (rotondo), Colle Ticchio e Colle Ricchezza. I vigneti derivano da selezioni di ceppi da vecchie vigne, per mantenere la tipicità clonale delle varietà. Particolare cura viene posta alla potatura verde nel corso dell’anno (praticamente, il diradamento dei grappoli) che ne abbassa la resa e la attesta attorno ai 60 quintali per ettaro. La vendemmia viene eseguita a mano e immediatamente si va alla spremitura soffice delle uve; numerosi rimontaggi (portare il mosto sopra le bucce) consentono di estrarre in modo naturale le sostanze nobili delle bucce. Finita la vinificazione, si passa in botti per 16-18 mesi fino all’imbottigliamento. Dal colore rosso rubino vivo, questo vino stupisce per le note floreali e fruttate impreziosite da tocchi speziati. Al palato risulta morbido di corpo medio con tannini leggermente astringenti che permettono di avere un fin di bocca fresco e prolungato Grado alcolico: 14,00% . Da servire a 16/18 gradi in bicchieri tulipano.

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L E BAST Ì E

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Bastìe Friulano Grave DOC Tenute Tommasella mezze maniche con ragù di pancia di maiale

Un azzardo? Forse, ma questo vino bianco merita un assaggio e sono convinto che regga alla grande il confronto con il piatto di abbinamento. Cerchiamo di capire cosa ci propone la cucina: il ragù con pancia di maiale e pomodoro (anche concentrato) ci dà, in abbinamento con la pasta, un boccone pieno con un gusto deciso. L’acidità del pomodoro contrasta con la succosità e la grassezza della pancia del maiale, e con la nota dolce data dalla pasta. Abbiamo bisogno di un vino che sappia sgrassare il palato e non sovrasti il gusto della carne. Troppo facile andare su un vino rosso, per cui vi propongo questo abbinamento con un vino di una cantina che ha una storia cinquantennale in una zona dal fascino e dalla storia millenaria. Ci troviamo nei dintorni di Portobuffolè, nelle terre della nobile Gaia da Camino figlia di Gherardo III, citato da Dante Alighieri nel Convivio. L’azienda di trenta ettari, ne ha sette nella Friuli Grave DOC da cui, con una selezione che parte già dalla vendemmia rigorosamente a mano, nasce questo vino affinato in barrique e tonneau di rovere per nove mesi, per poi passare in acciaio per altri sei mesi e maturare almeno dodici mesi in bottiglia. Dal colore giallo paglierino carico, al naso si passa da sentori di frutta esotica a note di agrumi che lasciano poi lo spazio a sensazioni erbacee e balsamiche; leggeri sentori di vaniglia contrastano la nota fumè. Al palato vengono confermate le sensazioni olfattive e si ha una buona sapidità che permette di avere un fin di bocca prolungato e piacevole. Grado alcolico: 13,00%. Da servire a 12/14 gradi in bicchieri tulipano.

AMARO NONINO

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Amaro digestivo Nonino digestivo

Pasta al ragù, porchetta, panino con pork belly: penso che il vostro stomaco abbia bisogno di una nota tonificante e digestiva. Anche se non confortata da analisi scientifiche positive, è opinione comune che una leggera dose di alcool sistemi lo stomaco. Nonino vuol dire la storia della grappa in Friuli Venezia Giulia; l’azienda fonda le sue origini nel 1897 quando Orazio Nonino decide di abbandonare l’alambicco itinerante e stabilire a Ronchi di Percoto (Ud) la sede della distilleria. È conosciuta nel mondo per un famoso premio letterario, oltre che per la produzione di grappe che valorizzano i vitigni autoctoni della regione. L’amaro, il cui grado alcolico è di 35,00% vol, viene prodotto da infusione di erbe della Carnia con grappa UE. Da servire a temperatura ambiente oppure, vi suggerisco, con un paio di cubetti di ghiaccio ed una fettina d’arancia.

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BIRRE CONSIGLIATE a cura della redazione del BBQ4All Magazine

UNGESPUNDET HEFETRÜB Bamberga è una cittadina dell’Oberfranken, l’Alta Franconia, che dai primi del XIX secolo fa parte della Baviera. I piccoli birrifici che sono presenti a Bamberga sono tutti storici, con birre che sono la naturale continuazione di quelle più antiche, nate agli albori della produzione tedesca. Uno di questi birrifici, le cui origini risalgono addirittura al 1670, è Mahrs Bräu. Ed è proprio su una delle loro birre, la più nota, che è caduta la scelta di questo mese per l’abbinamento ideale con la porchetta: la Ungespundet Hefetrüb, anche conosciuta come “U”, una kellerbier non filtrata e quindi torbida. La lettera “U” sta per Ungespundet, appunto, che indica una maturazione avvenuta in un fermentatore non pressurizzato, in modo da ottenere una birra dalla carbonazione contenuta. È una birra dal colore ambrato intenso con riflessi dorati. La schiuma bianca è compatta e cremosa. Al naso, presenta sentori di camomilla, di pane appena sfornato e di miele. In bocca presenta molte bollicine fini, è molto scorrevole e beverina. Anche nel sapore si ritrova la dolcezza mielosa del malto, tagliata, sul finale, dall’amaro del luppolo e da una discreta secchezza. La delicata luppolatura pulisce il palato molto rapidamente e spinge a volerne bere subito un altro sorso, il che la rende una birra ideale per una preparazione importante e speziata come la porchetta.

SAISON EX T RAOM N E S Un panino importante come quello con la pork belly è caratterizzato da una discreta grassezza e dal sapore particolarmente speziato. La necessità è quella di abbinare, quindi, una birra corroborante e beverina, che pulisca bene il palato e che abbia un gusto pulito. La scelta ricade sulla Saison del birrificio artigianale Extraomnes, una birra fatta praticamente dal lievito, senza spezie ma pepata e piccante grazie alla presenza del malto di segale. Dal colore oro brillante e dalla schiuma simile a una meringa, fine, cremosa e molto persistente, la Saison è una birra che al naso presenta note dolci e fruttate, di pepe fresco, di sambuco e tiglio. Corpo medio, carbonazione media. Il sapore corrisponde quasi totalmente all’aroma: dopo un attacco morbido e dolce, si distingue la freschezza piccantina, che termina poi con una luppolatura vegetale e balsamica molto simile nel sapore alla radice di liquirizia. Finisce secca e lascia un retrogusto pungente scaldato da una leggera nota alcolica. Da servire in un Calice Belga.

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COCKTAIL CONSIGLIATO a cura della redazione del BBQ4All Magazine

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Sembra un the ma non lo è, serve a darti l’allegria! Ok, citazione anni ‘80 a parte, in effetti è proprio così: il Long Island Iced Tea sembra proprio un innocuo the freddo, se visto da fuori. Nato, pare, negli anni ‘70 dalla mente di Robert Butt, un barman americano di Long Island, deve il suo nome al colore ambrato dato dalla cola, ma non ha niente a che vedere col the freddo: è, anzi, uno dei cocktail più inebrianti in circolazione. Esistono molte varianti di questo drink dall’alta gradazione alcolica, quindi non esiste una ricetta originale; tuttavia è stato codificato nel ricettario ufficiale IBA, nonostante sia contrario alle regole che non vorrebbero l’uso di più di due distillati. Si sposa benissimo coi sapori forti, affumicati e opulenti del maiale cotto al bbq che celebriamo in questo numero, ed è perfetto per party serali e finger food. Ecco la ricetta ufficiale: 1.5 cl di Gin. 1.5 cl di Tequila. 1.5 cl di Vodka. 1.5 cl di White Rum. 1.5 cl di Triple sec. 2,5 cl di succo di limone 3 cl di sciroppo di zucchero Cola per completare Come si prepara? Riempendo un bicchiere di tipo highball con cubetti di ghiaccio e versando tutti gli ingredienti al suo interno; dopodiché si mescola abbastanza lentamente e si decora con una spirale di limone. Una variante possibile che ben si adatta al nostro menù? Il Satisfaction Iced Tea: si sostituisce il triple sec con il liquore di mela verde, la cola con la ginger beer e si aggiunge confettura di mela. .

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TUTTO

foto cortesia WEBER ITALIA ıA

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PER INIZIARE - IL BBQ PER I PRINCIPANTI RUBRICA a cura di MICHELE CHIPA

Sei appassionato di cotture su griglia ma non hai il tempo per la gestione del carbone? Hai bisogno di un dispositivo velocemente pronto all’uso e dall’estrema semplicità di utilizzo? Abiti in un condominio e non puoi giocare con le fiamme libere? Rilassati, un rigo più in là ti parlerò del barbecue a gas, ovvero del dispositivo che risponde positivamente alle domande che ti ho appena posto. La struttura di un dispositivo a gas è semplice: un tubo omologato collega la bombola di combustibile ad un collettore e da lì ai bruciatori. Sopra ai bruciatori sono disposte delle barre aromatizzanti che li proteggono dalla caduta dei grassi sciolti e, vaporizzando questi ultimi, creano un fumo aromatico che risale verso l’alimento. Sopra le barre è disposta la griglia di cottura e, infine, il coperchio del dispositivo che permette le cotture indirette e low&slow. Per far funzionare il dispositivo basta aprire la valvola della bombola, ruotare la manopola dei bruciatori (in base alle necessità) e azionare il meccanismo di accensione. La temperatura di cottura è facilmente regolabile aumentando o diminuendo l’intensità della fiamma del bruciatore.

Il kettle ha le stesse dimensioni dell’omologo a carbone. Ha uno o due bruciatori circolari che percorrono la circonferenza della struttura (in caso di due bruciatori uno dei due è più piccolo) ed unisce la praticità della velocità di preparazione all’ingombro decisamente contenuto. Anche in questo caso, per le cotture indirette è necessario affidarsi a degli accessori.

Esistono diverse tipologie di barbecue a gas: australiani, kettle e affumicatori verticali.

COSA VALUTARE NELL’ACQUISTO Prima di acquistare un barbecue a gas è necessaria la valutazione attenta di una serie di parametri.

L’australiano è il tipico dispositivo rettangolare. È disponibile con un numero vario di bruciatori (da 2 fino a 6) e con diverso combustibile (gas propano o gas metano). Ha il vantaggio di avere grande spazio in griglia, conservando però dimensioni importanti. Alcuni modelli dispongono anche dei bruciatori laterali, esterni alla camera di cottura, per le preparazioni più veloci. Ci sono dei dispositivi più piccoli ad esempio (il Weber Q) con un solo bruciatore e con dimensioni decisamente più contenute, che permettono le cotture indirette grazie all’utilizzo di appositi accessori.

Gli affumicatori verticali hanno un solo bruciatore disposto nella parte inferiore del dispositivo che convoglia il calore nella camera di cottura (praticamente isolata dal bruciatore stesso). Sono perfetti per le cotture a bassa temperatura grazie alla proporzione fra le dimensioni della camera di cottura e quelle della camera di combustione.

Struttura, dimensione e peso: più la struttura è semplice e migliore sarà il dispositivo, poiché i componenti da manutenere e gestire saranno numericamente inferiori. Inoltre un numero inferiore di pezzi genera anche una minore probabilità di guasto. La dimensione da scegliere deve essere quella giusta per l’utilizzo che ne vorremo fare: è inutile acquistare un dispositivo da 6 bruciatori per gestire una grigliata da 3/4 persone. In questo caso non vale la massima del “più grande è meglio” perché rischiereste di trovarvi con un carro armato in balcone che userete poche

volte (sia per il consumo di combustibile che per la pulizia successiva alla cottura). Meglio optare a quel punto per uno con meno bruciatori. Più che sulla dimensione concentratevi sul peso del dispositivo. Ad un peso maggiore di solito corrisponde una maggiore qualità dei materiali e, soprattutto, un maggiore spessore degli stessi (all’aumentare dello spessore aumenta anche la stabilità in cottura del dispositivo). Per verificare il peso del bbq potete provare ad aprire e chiudere il coperchio. Maggiore sarà la forza necessaria per aprirlo e maggiore sarà il peso dell’intera struttura. Bruciatori, barre di aromatizzazione e potenza: la struttura dei bruciatori deve essere in grado di fornire il calore più omogeneamente possibile sulla griglia e nei dispositivi più economici questo non succede. Controllate anche le barre di aromatizzazione: più fini sono, più si riscalderanno e più rischierete fiammate in cottura. Per quanto riguarda la potenza, espressa in Kw, non soffermatevi asetticamente sul dato numerico: non è detto che a maggior potenza equivalga maggior efficienza. Questo perché dovrete valutare anche l’ampiezza della camera di cottura o meglio, la proporzione fra potenza e ampiezza della camera di cottura. Insomma, la valutazione di un dispositivo a gas non è cosi immediata e semplice come per il suo parente a carbone. Pensateci bene ma sappiatelo: difficilmente vi pentirete dell’acquisto. MARZO 2019 Aıd


Apparentemente, uno degli svantaggi più fastidiosi dei dispositivi a gas è la difficoltà di affumicatura rispetto all’omologo a carbone. Con questo articolo cercherò di sfatare questo mito e vi darò tutte le dritte del caso. Ma facciamo le dovute premesse. Differenza fra dispositivo a carbone e dispositivo a gas Un bbq a carbone è quasi ermetico: le uniche aperture presenti nella struttura sono le vent-in (nel braciere) e le vent-out (nel coperchio). Per questo motivo, il movimento dei flussi d’aria al suo interno è generato dalla differenza di peso fra aria calda (leggera) ed aria fredda (pesante). L’aria fredda entra dal basso, si scalda nel braciere e prosegue la sua corsa verso l’alto uscendo dal coperchio. L’uscita dal coperchio non è così veloce come l’entrata, perché appena fuori dalla vent-out l’aria subisce un brusco raffreddamento dato dall’ambiente esterno, rallentando la sua salita. Questo fa sì che il fumo generato dal legno aromatico e dal combustibile stazioni sull’alimento in affumicatura. Inoltre le vent-in e out possono essere regolate in maniera indipendente per aumentare/diminuire la permanenza del fumo sull’alimento. In un dispositivo a gas, il movimento del flusso d’aria all’interno della camera di cottura subisce un’interferenza dovuta al fatto che il coperchio non è completamente chiuso per una questione di sicurezza. Le numerose aperture su di esso creano una turbolenza che velocizza il flusso d’aria, quindi il fumo non riesce a stazionare per un lasso di tempo adeguato sull’alimento. Per questo motivo, per avere in un bbq a gas una affumicatura paragonabile a quella di un bbq a carbone, è necessario aumentare tempo e quantità di fumo. Come si affumica in un bbq a gas Se in un bbq a carbone è sufficiente posizionare del legno aromatico sulle braci o in vicinanza delle stesse per avere un adeguato flusso di fumo, in un bbq a gas dobbiamo utilizzare necessariamente un accessorio: la Smoker Box. Si tratta di una vera e propria scatolina di metallo con dei fori laterali e sul coperchio in cui inserire il legno aromatico. Questa scatolina va posizionata sulla griglia ( per un’affumicatura più leggera) oppure sulle barre aromatizzanti del dispositivo poste sopra ai bruciatori (per un’affumicatura maggiore). Un altro accessorio che si può utilizzare è il Pellet tube. Si tratta di un cilindro forato dove inserire del pellet aromatico alimentare. Per avviare l’affumicatura è sufficiente innescare il pellet con una fiamma (cannello, accendino, fiammifero) e poi posizionarlo sulla griglia. Allora? Chi ha detto che col bbq a gas non si può affumicare?

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RUBRICA a cura della BBQ4All UNIVERSITY

coach Virgilio Brunetti

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RAFFAELE PERSICHETTI chiede: I nitriti in che modo agiscono chimicamente sulla carne? Come la modificano oltre che nel colore, nel sapore e nella gestione dei batteri? risponde VIRGILIO BRUNETTI Approfitto della domanda per fare un discorso più ampio e il più completo possibile. La scelta dell’uso dei conservanti a livello amatoriale è una cosa che deve essere guidata da diversi fattori, quali: l’osservanza delle buone pratiche di igiene in cucina, la qualità e l’origine delle materie prime, la soggettiva percezione del rischio chimico e biologico e il buon senso. L’uso del nitrito di sodio E250 è estremamente diffuso nell’industria alimentare per la preparazione di prodotti crudi a media/lunga conservazione che non richiedano processi di fermentazione e stagionatura; ha lo scopo primario di migliorare i preparati dal punto di vista organolettico, soprattutto in termini di colore e texture, oltre a prevenire le contaminazioni da microorganismi patogeni. Nella produzione artigianale degli stessi prodotti, lo scopo primario dei conservanti a base di nitriti ha un ruolo determinante nella prevenzione delle intossicazioni alimentari, e nel prevenire lo sviluppo di microorganismi patogeni potenzialmente letali, tra cui il Clostridium botulinum che causa il botulismo. I nitriti di per sé hanno un potenziale tossico rilevante; l’uso cronico di alimenti conservati contenenti nitriti è associato ad aumento del rischio dei tumori dello stomaco e dell’esofago. Inoltre, in ambiente acido, a livello della bocca e dello stomaco, i nitriti possono subire delle modificazioni chimiche che danno origine ad una serie di molecole dette nitrosammine potenzialmente cance-

rogene. Le attuali normative di legge, che regolano l’uso dei nitriti come additivi alimentari. sono basate sul principio che consente il loro utilizzo in piccole quantità per i cibi in cui il rischio di una possibile contaminazione da botulino è molto maggiore rispetto al rischio di aumentare le probabilità di contrarre un tumore. In ogni caso, il limite massimo di nitriti ammissibile per la legge è di 200 milligrammi (200ppm) per chilogrammo di prodotto alimentare. L’uso combinato di acido ascorbico (la vitamina C) nel preparato, come agente antiossidante/riducente, abbatte efficacemente il rischio di formazione delle nitrosammine oltre a fornire altri vantaggi in termine di shelf life e mantenimento del colore. Un’intossicazione acuta da nitriti, invece, genera un avvelenamento metabolico dovuto all’affinità chimica del nitrito con i pigmenti muscolari e respiratori quali mioglobina e emoglobina che non legano più l’ossigeno. Nei processi di conservazione con nitriti, il colore rosato delle carni è proprio dovuto alla nitrazione della mioglobina in forma nitroso-mioglobina. Quando il consumo di prodotti contenenti nitriti è sconsigliabile? Sicuramente per le categorie a rischio: bambini, anziani e soggetti debilitati, in quanto i nitriti hanno tossicità intrinseca e legano mioglobina ed emoglobina, generando una sorta di intossicazione molto simile a quella da monossido di carbonio. Da notare che le fonti alimentari di nitriti non sono solo i cibi conservati, ma anche gli ortaggi e le acque potabili. Il rischio c’è, è giusto tenerne conto ma non ha proporzioni tali da giustificare qualsiasi atteggiamento terroristico. I nitriti e tutti i composti azotati sono alla base dell’esistenza degli ecosistemi, essendo l’azoto essenziale alla vita.

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Maneggiare E250 puro o in miscela è pericoloso? Certamente sì, non a caso non troverete mai questi sali puri o in miscela in un normale supermercato, ma solo presso aziende specializzate con varie denominazioni; inoltre vanno accuratamente scelti per non confonderli con sali puri o miscele di E251/252 che sono a base di nitrato di sodio/potassio ed hanno un uso differente (produzione di insaccati, conce per salumi a lunga stagionatura). I prodotti denominati Prague Salt #1, Insta Cure #1, Pink curing salt #1 contengono tipicamente 6.25% nitrito di sodio ed il 93.75% cloruro di sodio, oltre ad un colorante rosa per poterlo distinguere dal normale sale da cucina ed evitare che tua suocera lo usi sull’arrosto. In Italia sono reperibili miscele al 10% di E250 e 90% di sale comune con diverse denominazioni, fornite di opportuna scheda tecnica dedicata ai professionisti del settore. Le miscele a base di nitrito di sodio e sale da cucina sono denominate anche Quick Cure salt proprio perché il loro utilizzo è circoscritto a prodotti non a lunga conservazione e che non richiedono stagionatura. Come si usa e si dosa il conservante E250 o nitrito di sodio? Essendo le quantità necessarie veramente molto basse, si usano prodotti pre-miscelati a base di sale da cucina e nitrito di sodio dal 6,25% al 10%, anche per agevolare le operazioni di pesata. Di base attieniti sempre alle schede tecniche dei prodotti specifici. A livello casalingo, i nitriti ci aiutano ad ottenere un prodotto simile ma non uguale a quello industriale, ottenuto con attrezzature professionali. C’è sicuramente un fattore soggettivo determinante che ci spinge a impelagarci, ad esempio, nella realizzazione di un prosciutto cotto o di un pastrami, ossia la soddisfazione di averlo fatto noi in casa. Tuttavia la procedura di trattamento della materia non avrà mai i livelli di sicurezza e standardizzazione tali da assicurarci che il prodotto finale sia realmente buono:

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la riuscita del prodotto finito dipenderà da quanto siamo bravi nella preparazione e nella cottura. Sul sito Amazing Ribs trovate un “Wet Curing Calculator” che vi indicherà esattamente le dosi di E250 considerando il livello di nitriti fino a 200ppm, il peso del prodotto da trattare, il volume d’acqua, lo spessore massimo del taglio e la geometria del taglio. Personalmente ritengo che la miscellanea di diverse unità di misura di tipo anglosassone e l’abitudine di dosare i soluti in “spoon” renda in parte poco fruibile questo converter; inoltre si complicano i dosaggi anche del semplice sale da cucina. Io ti consiglio di riferirti sempre ad un sistema metrico a te familiare, quindi grammi, litri e centilitri e lasciare agli anglosassoni le variabili dovute alla gestione di un cucchiaio di sale comune grosso o fino, maldon o Kosher. Un grammo di sale da cucina è un grammo di sale da cucina e su questo, invece, non c’è da discutere: se lo devi sciogliere per creare una salamoia non ha senso andare a sindacare sulla geometria del cristallo di cloruro di sodio, sarebbe come discutere sul sesso degli angeli. In definitiva, oltre al termometro, comprati anche una bilancia precisa al grammo perché se non lo fai sei una fava atomica (cit). Nella formulazione di una salamoia sarà buona norma, affinché si possa generare un dosaggio efficace e sicuro dei nitriti, mantenersi su 2,5 grammi di curing salt per kg di carne (partendo da una miscela madre al 6,25% di E250), al quale va aggiunto tra il 5 e il 10% (v/v) di sale comune e facoltativamente il 5-10% (v/v) di saccarosio (zucchero semolato), aromi e spezie. L’aggiunta di curing salt va sempre fatta per ultima, al fine di poter fare opportuni aggiustamenti di volume e per evitare che si creino fenomeni di intorbidimento dovuti alla flocculazione dei sali. La salamoia va effettuata in contenitore igienico posto a 2-4 gradi C° per tempi che variano a seconda del taglio. Per tagli spessi oltre i 5 centimetri


sarà opportuno iniettare fino al 20% in peso della miscela. Il volume della salamoia dovrà essere tale da poter ricoprire tutta la carne che intendiamo trattare. La durata del trattamento sarà mediamente tra i 5 e i 7 giorni. In che preparazioni è possibile utilizzare i Nitriti? Nelle “cured-cooked meats” ossia salate e cotte e affumicate a caldo, destinate ad una conservazione breve a secco o medio-lunga in ambiente umido (sottovuoto, in busta, in scatola, in gelatina o altro opportuno liquido di governo). Prosciutti cotti o simili, salumi cotti a base di pollo e tacchino, bacon, pancetta, bacon Canadian Style, pastrami e corned beef. Il salmone o altri pesci grassi sono un’altra categoria di prodotti che possono richiedere l’uso dei nitriti ma qui entriamo nell’ambito di preparazioni che denominiamo “cured-raw meats”. Ovvero prodotti carnei (o ittici) che non vengono cotti nel processo di preparazione. Qui diventa preponderante da parte dell’operatore la volontà di aumentare la shelf life di un prodotto che è sicuramente tra i più deperibili. I pesci infatti perdono qualità e freschezza molto rapidamente; quelli particolarmente grassi tendono ad irrancidire anche se sottoposti a sola salagione, e i nitriti prevengono efficacemente i processi di ossidazione dei grassi, oltre a stabilizzare il colore e la coesistenza. In questo caso andremo ad operare un Dry

brining: infatti la disidratazione permette di ottenere un prodotto che si presta molto bene all’affumicatura fredda. Tuttavia proprio l’affumicatura fredda e una dubbia qualità del prodotto ittico possono essere fattori rilevanti di rischio per via di alcuni agenti patogeni. Ebbene sì, il salmone o i pesci in generale possono essere vettori di spore del botulino, poiché lo stesso batterio può annidarsi nella flora batterica intestinale degli animali. La salatura a secco dei pesci, inoltre, non permette un abbassamento del pH tale da prevenire il botulismo con assoluta certezza, e una lunga affumicatura fredda crea l’ambiente anossico sufficiente perché il botulino possa compromettere la preparazione. La miscela secca per la concia del salmone deve contenere circa il 2% di Curing Salt (miscela di nitrato tra il 5-10% di E250) e il 98% di sale bilanciato (50% sale comune +50% di zucchero semolato). È imperativo che la dispersione del curing salt sia uniforme, assicurando un trattamento omogeneo su tutta la superficie del pesce. Calcoliamo circa 250 grammi di concia per kg di pesce. La durata del trattamento sarà tra le 24 e le 48 ore a 4°C. I risultati saranno differenti a seconda della qualità e la freschezza di base del pesce che si presuppone di buona qualità e regolarmente abbattuto per prevenire infestazioni da anisakis.

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DO YOU speak DIZIONARIO DEL MONDO BARBECUE

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GLOSSARIO BBQ

Ogni mondo ha il suo codice, i suoi acronimi ed il suo dizionario di riferimento, e il barbecue non fa certo eccezione. Se vuoi diventare un griller esperto devi espandere il tuo vocabolario, che andrà da Adobo Sauce a Zest. La filologia, ovvero la disciplina che serve (anche) a ricostruire i documenti letterari nella loro forma più originale dice che è filologicamente molto più corretto chiamare le cose coi loro nomi originali piuttosto che usare le traduzioni. Sei d’accordo, no? Ci eravamo lasciati alla lettera “B”, continuiamo il nostro viaggio lessicale passando per “C” e “D”.

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Cabinet Affumicatore di forma rettangolare che somiglia un po’ ad un frigorifero. Alimentato a legna, carbone, gas o elettricità, ha un difetto rispetto ai bbq tipo bullet (vedi WSM Weber): quando si apre lo sportello per ricaricare le legna o riempire il water pan, la temperatura si abbassa repentinamente e ci vogliono 15-30 minuti prima che ritorni al range iniziale Call Quando ricevi una “call” ad una gara barbecue significa che hai vinto un premio, ne abbiamo parlato ampiamente nel numero di Febbraio del Magazine. Capsaicina È un composto chimico presente, in diverse concentrazioni, in piante del genere Capsicum (ad esempio nel peperoncino piccante). Insieme alla diidrocapsaicina, è uno degli alcaloiA BBQ4All MAGAZINE

di responsabili della maggior parte della “piccantezza” dei peperoncini, cui si aggiungono gli altri capsaicinoidi, meno piccanti. La capsaicina è un derivato del metabolismo di un acido grasso monoinsaturo e viene prodotta da ghiandole situate tra la parete del frutto e la placenta, il tessuto che sorregge i semi. Soprattutto quest’ultima è ricca di capsaicina, mentre i semi, contrariamente all’opinione comune, sono sì ricoperti in superficie di capsaicinoidi, ma ne sono internamente privi. Capsaicina e capsaicinoidi sono alcaloidi incredibilmente stabili: restano inalterati per lungo tempo, anche dopo cottura e congelamento. La capsaicina fu scoperta nel 1816 da P.A. Bucholtz, il quale isolò la sostanza piccante dai peperoncini macerati mediante solventi organici. La sensazione di bruciore dovuta alla capsaicina ha una sua scala di misura, la scala di Scoville. Va da 0 a 10, e inizialmente si riferiva alla diluizione necessaria ad attutire la sensazione di piccante nei coraggiosi assaggiatori volontari. Attualmente si usano le unità di Scoville, per cui si va da 0 a 16 MSU per la capsaicina pura in cristalli. La scala di Scoville prende il nome dal suo ideatore, Wilbur Scoville che sviluppò il SOT (Scoville Organoleptic Test) nel 1912. Questo test originariamente prevedeva che una soluzione dell’estratto del peperoncino venisse diluita in acqua e zucchero finché il “bruciore” non fosse più percettibile da un gruppo di 5 assaggiatori; il grado di diluizione, posto pari a 16.000.000 per la capsaicina pura, dava il valore di piccantezza in unità di Scoville. Il valore 16.000.000 per la capsaicina fu posto arbitrariamen-

te da Scoville. Quindi un peperone dolce, che non contiene capsaicina, ha un valore zero sulla scala Scoville, a significare che l’estratto di peperone non è piccante anche se non diluito. Al contrario uno dei peperoncini più piccanti, l’Habanero, fa misurare un valore superiore a 300.000 sulla scala Scoville: posto 16.000.000 la capsaicina pura, significa che l’estratto di Habanero ha un contenuto di capsaicina equivalente di 300.000:16.000.000x100= 1,875 % in peso. Il record, registrato nel Guinness dei primati nel dicembre del 2013, appartiene al Carolina Reaper con 2.200.000 SHU. Caramellizzazione Trasformazione chimica e fisica subita da uno zucchero sottoposto a riscaldamento. È anche quel processo che determina il cambiamento di colore della carne da rosso a brunito e che apporta complessità nei profumi e nel gusto. Carryover È l’inerzia termica, ovvero il processo che si innesca quando si allontana il cibo dalla fonte di calore, qualunque essa sia. La parte superficiale, più esposta, continua comunque a trasferire calore alla parte più interna equilibrando la temperatura. Tale trasferimento di calore può quindi mutare la struttura del cibo, di fatto cuocendolo. Cast Iron grates Griglie in ghisa, pesanti, che accumulano il calore lentamente ma lo trattengono a lungo. Carbone O Hardwood Lump charcoal, il carbone ottenuto dalla combustione del


legno in atmosfera povera di ossigeno. Questo processo elimina l’umidità e i gas volatili presente nella materia prima d’origine, cioè il legno. Il carbone risultante non solo brucia più a lungo e in modo più coerente rispetto al legno vergine, ma è anche più leggero, da un quinto a un terzo del peso originale. L’ HLC migliore, ideale per la cottura diretta, si ricava da legno duro e pregiato come quercia e noce, non scoppietta, dura molto e non produce odori sgradevoli. Cauterizzazione Processo attraverso il quale, lasciando la carne a contatto con una superficie rovente, si ottiene la formazione della crosta. Chili con carne Piatto texano a base di carne stufata ed insaporita con un blend di peperoncini in polvere, spezie e de erbe, solitamente peperoncino ancho, origano, aglio, pepe nero e paprika. Chips Petali di legno duro aromatico, utilizzati per affumicare i cibi. Chunks Ciocchi di legno duro aromatico, sempre utilizzati per affumicare i cibi Churrasco Piatto tipico del Sud del Brasile e dell’Argentina, è una grigliata mista di vari tipi di carne (dal pollo al manzo, dal maiale alla pecora) che vengono tagliati a pezzettoni o lasciati interi, marinati e poi cotti su brace, ad almeno 50cm di distanza dal carbone. Nel churrasco rodizio la carne viene servita direttamente sul piatto con i tipici spiedoni (espeto) Ciminiera di accensione Cestino in acciaio dalla forma cilindrica che viene riempito di combustibile, acceso con un innesco (solitamente cubetti di paraffina) posto nella parte sottostante. Accessorio fondamentale che dimezza i tempi di accensione del combustibile. Collagene È la principale proteina del tessuto connettivo negli animali. È la proteina più abbondante nei mammiferi (circa il 25% della massa proteica totale). Se trattata a dovere e cotta alla giusta temperatura, si scioglie e

si trasforma in succelenta e morbida gelatina. Conduzione Trasmissione di calore che avviene in un mezzo solido, liquido o aeriforme (all’interno di un corpo solo o due corpi tra loro in contatto) dalle zone a temperatura maggiore verso quelle con temperatura minore. Convezione È un particolare meccanismo di trasmissione del calore che avviene attraverso movimento macroscopico. In particolare nella convezione naturale il moto è indotto da differenze di densità , legate a loro volta a differenze di temperatura; quando una superficie (ad esempio una lastra di acciaio) è ad una temperatura superiore rispetto all’ambiente esterno essa riscalda l’aria immediatamente circostante che per effetto di un aumento di temperatura cambia la sua densità , divenendo quindi più leggera. Ciò crea dei moti convettivi per i quali l’aria più fredda “scende” verso il basso mentre quella più calda “sale” verso l’alto , in modo che il processo si possa ripetere nuovamente. Questi moti fanno si che il calore generato dalla superficie in questione venga quindi disperso nell’ambiente fino a raggiungere un equilibrio termico. Cottura diretta O Direct Grilling. Quando il cibo viene posto sulla griglia “direttamente” sopra le braci. La cottura diretta si caratterizza per temperature molto elevate (anche oltre i 400°C), tempi di cottura nell’ordine di pochi minuti e tagli di carne prevalentemente piccoli Cottura indiretta Può avvenire solo in grill che consentono di creare una camera di cottura chiusa. La fonte di calore viene posta su un lato del grill e sull’altro viene posto l’alimento da cuocere. Il calore investe il cibo per convezione, quindi indirettamente. La cottura indiretta si caratterizza per temperature medio-alte (130-200°C) tagli di carne medi o grandi e tempi di cottura nell’ordine di decine di minuti. Alla cottura può essere associata la presenza di affumicazione. Cowboy Steak È una Tomahawk steak con l’osso

più corto. Trovi questa tipologia di costata, molto maschia e davvero scenografica, sul nostro Megastore. Creosoto Dal gr. κρέας “carne” e σώζω “salvo”. È il nome comune di diversi prodotti, di differente composizione. Si tratta di derivanti dalla distillazione o di legna, o di catrami minerali. Il più comune derivato dal legname è un miscuglio di fenoli ed eteri fenolici che si ottiene dalla distillazione tra 200-225°C del legno di faggio. Crisp Letteralmente “croccante”. Fase di cottura ad alta temperatura che rende la superficie della cotenna di maiale o la pelle dei volatili croccante come un biscotto.

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Denver steak È una bistecca ricavata da un gruppo muscolare molto tenero del sottospalla, estremamente difficile da estrarre senza rovinare l’intero collo. La sua ricca infiltrazione di grasso dona alla carne sapore e morbidezza. Dip Salsa leggera a base di aceto, ideale per accompagnare le pietanze cotte al bbq. Dry Aged beef Processo di frollatura del manzo in un ambiente a temperatura e umidità controllata, dove enzimi e muffe lavorano per disidratare la carne e concentrare i sapori, creando spesso nuovi aromi ricchi di umami che ricordano i funghi , il formaggio e persino il prosciutto. Dry brine Operazione di salatura della carne prima della cottura. Il sale aiuta le proteine a trattenere l’umidità durante la cottura e ne migliora l’aroma. Per i tagli sottili, può essere fatto con 1-2 ore di anticipo. Dry Rub Una miscela di erbe e spezie applicate agli alimenti per aromatizzare e aiutare la formazione della crosta di cauterizzazione.

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SEGUO - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI

S E G UO Titolo del blog da installare: Cerco il libro di Lo Cascio Eventuali plugin richiesti: salve ma perché è tutto esaurito non lo trovo da ness-<EOF>

Hai appena letto un esempio delle tante clamorose scelte di canale sbagliato che, quando ci si trova dietro le quinte (e io sono dietro a tutte le quinte possibili), si ha la necessità di affrontare in maniera asettica, professionale e cortese. Ma come si fa? Sai quanti laptop hanno sofferto di urto repentino contro pavimentazione, quanti smartphone sono stati protagonisti di lanci degni del miglior Jurij Sedych, per il grande avvilimento risultato dalla lettura di queste perle? È innegabile, BBQ4All ha un sacco di dipartimenti, settori, aree d’interesse: c’è la parte University, rivolta ai corsi e alla formazione di voi fanatici della griglia; c’è il Megastore, che tratta la carne più bella che si possa trovare; c’è la Premium Community, il social network senza troll; c’è tutta la parte commerciale rivolta a accessori, dispositivi, oggetti esclusivi e ambìti; c’è la divisione Media, a cui fa capo il magazine che stai sfogliando con avidità in questo momento. Questi settori e dipartimenti possono essere raggiunti ıA BBQ4All MAGAZINE

efficientemente tramite vari indirizzi email, che ti metteranno in comunicazione con la nostra nuova piattaforma di helpdesk. C’è un indirizzo per ogni scopo e, onde nessuno abbia dubbi, ciascuno di essi è scritto ben in evidenza nella foto copertina della community su Facebook. Tuttavia, per quanti sforzi possiamo fare al fine di rendere la comunicazione agile e ordinata, c’è sempre qualcuno abbastanza fuori dagli schemi da rendere tutto imprevedibile e difficilmente gestibile. È per questo che, per rendere la tua esperienza il più gradevole possibile, voglio darti due dritte, se non altro affinché tu non sia ricordato come “quello dei ticket bizzari”: 1. Metti parole significative nell’oggetto della mail: “mancata ricezione pacco” o “info membership” sono molto più efficaci per il nostro scopo rispetto a “DAIIII MUOVERSI” o “adesso basta”. 2. L’helpdesk è un luogo dove trovare risposte, non dove sfogare la tua acrimonia verso la società. L’agente con


cui ti stai interfacciando è probabilmente reduce da altri drammi giornalieri, stanco quanto te e sta cercando di risolvere il tuo problema quanto prima: sii gentile e ricordati che stai parlando con chi ti può condurre a una felice soluzione. 3. Fornisci subito tutti i dettagli che possono servire: presentarti come TheThickHammer93 non consente una tua rapida individuazione sul database. 4. Interagire con un nome che ti suona nuovo, invece che con i coach-celebrities raffigurati sul materiale promozionale, non ti autorizza a essere sgarbato e arrogante: non offenderò la tua perspicacia spiegandoti nel dettaglio perché. Lo sai. 5. Per l’assistenza, usa l’assistenza. Non altri canali. Quest’ultimo punto è molto importante: può sembrarti logico che scrivere sulla community sia il modo migliore per condividere il tuo problema, cercare alleati e arrivare alla risoluzione, ma ti rivelo un dettaglio: agli altri 45 (quasi 46) mila utenti il tuo travaglio non interessa molto. Rischi solo di veder disperdere la tua criticità in una marea di commenti sarcastici, troll dell’ultim’ora e moderatori furiosi. Ripeti con me: se vuoi assistenza scrivi all’assistenza.

Se scrivi all’assistenza entri in un database micidiale seguito da persone preparate e competenti; se scrivi in giro ti perdi soltanto in mille io penso che, e rischi che nessuno prenda in carico il tuo caso. Senza arrivare ai capolavori di creatività citati nel paragrafo introduttivo della rubrica, è capitato che qualcuno fraintendesse leggermente lo scopo di un certo canale. Ad esempio, pare che tutta la faccenda dell’unsubscribe mandi in confusione un gran numero di utenti. Te la prendi, lettore, se provo a fare chiarezza anche qui? Sono sicuro che sicuramente qualcuno si adonterà, ma è necessario un approfondimento. Le notifiche in un thread o in un gruppo che stai seguendo nella Premium Community (e non dirmi che non ci sei già dentro) non sono una newsletter dalla quale rimuoversi: sono solo notifiche, gestibili dal tuo pannello di controllo. Scrivere UNSUSCRIBIS alla mia mail personale non sortirà effetti auspicabili. Se per qualche motivo hai effettuato un ordine con la mail di tua moglie o del tuo compagno, e loro, all’oscuro di tutta la pratica, continuano a mandare mail indignate e unsubscribenti in risposta agli inviti a confermare il nuovo account, tu non godrai mai della Premium. E la brutta notizia è che nel tuo rapporto ci sarebbe bisogno di molto, molto più dialogo.

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Un piccolo hamburger che andrà letteralmente a ruba nelle occasioni di festa. Particolarmente adatto ai bambini per le dimensioni ridotte, è perfetto per aperitivi, cene informali, serate in famiglia. Un vero e proprio boccone di puro sapore, che si presta ad essere declinato in mille versioni e abbinato a un’infinità di sapori, ma sorprendentemente gustoso e succulento anche da solo.

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Diventa il re della griglia durante le giornate in compagnia di amici e familiari grazie a questo hamburger da 200 grammi. Il perfetto bilanciamento del gusto, dato dall’equilibrio ideale di parte grassa e parte magra nella composizione del patty, lo rende un prodotto di cui non potrai più fare a meno. Dimentica gli hamburger sottili e insapori e preparati a un’esplosione di gusto, senza rinunciare alla praticità di un prodotto confezionato in skin.

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STEAK Trecento grammi di carne macinata, condita e ricompattata in una polpetta dallo spessore consistente. Questo Burger Steak unisce le due cose fondamentali che tutti cercano in cucina: qualità ottima e velocità di preparazione. In pochi minuti potrai servire un piatto ricco, bello da vedere, con un sapore esplosivo e una qualità indiscussa. Un hamburger alto, saporito, soddisfacente, che si presta a essere servito in mille modi diversi, mai asciutto e stoppaccioso. Scalda bene la griglia prima di mettere il Burger Steak in cottura, rigiralo spesso per creare la crosticina esterna senza rischiare di bruciarlo, cuocilo per pochi minuti e servilo come una tagliata, aggiungendo il tuo condimento preferito. Un sicuro successo. Un vero salva-cena di altissima qualità.

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DOVE TROVARCI Lista aggiornata a marzo 2019 puoi trovare la mappa interattiva di tutti i punti vendita costantemente aggiornata all’indirizzo

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OSTELLATO TRESIGALLO BATTAGLIA TERME BORGORICCO BUSA DI VIGONZA CADONEGHE CADONEGHE CAMPODARSEGO CASALSERUGO CITTADELLA GRANTORTO LIMENA LIMENA MASSANZAGO MONSELICE NOVENTA PADOVANA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA RUBANO SAN GIORGIO IN BOSCO SAN MARTINO DI LUP. TENCAROLA DI SELV. TOMBELLE DI SAONARA TOMBOLO VIGODARZERE VIGONZA PORTO TOLLE PORTO VIRO ROVIGO VILLADOSE CASIER CASTELFRANCO VEN. CONEGLIANO MASERADA MOGLIANO VENETO ONÈ DI FONTE PAESE PONTE DI PIAVE TREVISO TREVISO VEDELAGO VIDOR CAVALLINO TREPORTI CEGGIA CHIRIGNAGO VENEZIA DOLO FAVARO VENETO FAVARO VENETO FOSSÒ MARCON MESTRE VENEZIA MESTRE VENEZIA PORTOGRUARO SAN DONÀ DI PIAVE SAN DONÀ DI PIAVE SAN DONÀ DI PIAVE SAN DONÀ DI PIAVE BASSANO DEL GRAPPA MONTEBELLO VICENTINO MONTECCHIO MAGGIORE MONTEGALDA MONTICELLO CON. OTTO ROSSANO VENETO SOVIZZO VICENZA VICENZA VILLAFRANCA

FE FE PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD PD RO RO RO RO TV TV TV TV TV TV TV TV TV TV TV TV VE VE VE VE VE VE VE VE VE VE VE VE VE VE VE VI VI VI VI VI VI VI VI VI VR

STRADELLO DELLA CROCE 13 VIA ALDO MORO, 22 VIA GIACOMO MATTEOTTI, 10 VIA ROMA, 51/C VIA ALDO MORO, 17/B VIA VINCENZO BELLINI, 1 SOTTOPORTICO GUIDO ROSSA, 2 VIA ANTONIANA, 126/A VIA LEONINO DA ZARA 2 CONTRÀ CORTE TOSONI, 81 PIAZZA DEL BRAIO, 1S VIA ROMA, 87 VIA F.LLI CERVI 3 VIA ROMA, 31 VIA SQUERO, 14 VIA GUGLIELMO MARCONI, 9 VIA CURZOLA, 7 VIA INDUNO, 27 VIA TRE GAROFANI, 47-49-51 VIA NAZARETH, 22 VIA SIRACUSA, 18-20 VIA ANDREA VERROCCHIO, 18 VIA DEI COLLI, 60 VIA ANTONIO GRASSI, 38 SOTTO IL SALONE, 32- P. DEI FRUTTI VIA GIORGIO PULLÈ, 39 VIA ALESSANDRO PROSDOCIMI, 2 VIA DEI SALICI, 37 VIA MARTINO SANDELLI, 1/A PIAZZA METELLI, 6 VIA MONSIGNOR G.FORTIN, 47 VIA CHIESANUOVA 71 PIAZZA M.FRASSON 1 VIA VALSUGANA, 332/B VIA RIZZIERI SERATO, 84/A VIA S.ANTONIO, 2 VIA VIGONOVESE 130 VIA E.MONTALE, 5 PIAZZA UNITÀ D’ ITALIA 19 VIA PASTORE, 4 VIA ALBA 9 VIA XXV APRILE, 14-G VIALE PORTA ADIGE, 14/C VIA ZONA INDUSTRIALE 57 VIA DELLA LIBERAZIONE 68/A INT.7 VIA BORGO VICENZA, 20-26 VIA IMMACOLATA DI LOURDES, 88 VIA EUROPA, 114 VIA DELLO SCOUTISMO, 25 VIA CASTELLANA, 9/A VIA CASTELLANA 50 VIA DON LUIGI MORETTO 15 VIA DON LORENZO MILANI, 2/A VIA NICOLA DI FULVIO VIA PAPA SARTO, 14 PIAZZALE CAPITELLO, 5 VIA FAUSTA, 377 VIA XXV APRILE, 58 VIA FRATELLI CAVANIS, 42/A VIA SAN PIO X°, 5 - 7 VIA TRIESTINA, 50/1 VIA ALTINIA 168 PIAZZA ALDO MORO, 3 VIA G.B. TIEPOLO 4 PIAZZALE LUIGI CANDIANI, 14-16 VIA PIAVE, 172 BORGO SANT’AGNESE, 97 VIA DANTE ALIGHIERI, 31 VIA MARIO RORATO, 12 VIA CALNOVA, 34 VIA BRUSADE, 69 VIA BENVENUTO CELLINI, 5/A VIA LAGO DI GARDA 22 VIA DEGLI ALBERI, 17 VIA 2 GIUGNO, 4 VIA ALESSANDRO VOLTA, 3 - 5 VIA TORRICELLA, 34 - 36 VIALE DEGLI ALPINI 40 VIA GIOACCHINO ROSSINI, 71 VIA PERIZ 11 VIALE POSTUMIA 37

CONAD IPERMERCATO ALBA BOLOGNA BORGO SAN DALMAZZO SAVIGLIANO MODENA ARMA DI TAGGIA TORINO RIVOLI

CN BO CN CN MO IM TO TO

VIA CORSO ASTI 24 VIALARGA 10 VIA CUNEO 84/86 VIA SALUZZO 65 STRADA MORANE 500 VIA PRIVATA ROGGERI 56 STRADA ALTESSANO 129 CORSO FRANCIA 175 /F

IL GIGANTE

NIZZA MONFERRATO ALBINO BERGAMO BOTTANUCO GAGLIANICO BOLOGNA ERBUSCO MANTA MARIANO COMENSE VERTEMATE CON MIN. MONTANASO LOMB. CESANO BELLINZAGO CANEGRATE CASTANO PRIMO CAVENAGO CESANO BOSCONE CINISELLO BALSAMO CINISELLO BALSAMO CORNAREDO DORMELLETTO MILANO MILANO MONZA PADERNO DUGNANO RHO ROZZANO SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI USMATE VILLASANTA VIMERCATE CURTATONE TRECATE VARALLO POMBIA ROTTOFRENO REGGIO EMILIA CHIVASSO LA LOGGIA RIVAROLO CANAVESE TORINO TORINO TORINO CASTELLANZA DAVERIO LONATE POZZOLO SOMMA LOMBARDO MONCRIVELLO

MERCATÒ

ALBA BRA CUNEO CASALE MONFERRATO ASTI ASTI SAN DAMIANO D’ASTI ALBA BORGO SAN DALMAZZO CANALE CARAGLIO CEVA FOSSANO FOSSANO MONDOVÌ MORETTA SALUZZO SANTO STEFANO BELBO SAVIGLIANO VILLANOVA MONDOVÌ CAMPOROSSO CISANO SUL NEVA SAVONA BRANDIZZO CAMBIANO CARIGNANO CHIERI COLLEGNO MONCALIERI PIANEZZA PIOSSASCO RIVOLI SETTIMO TORINESE TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO

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S.S. 592, LOC. REGIONE POLVERATA VIA MARCONI BERGAMO VIA BONO IA PAPA GIOVANNI XXIII VIA MATTEOTTI, 129 P.ZZA G.DA VENAZZANO, 6 VIA ROVATO, 44 STRADA REGIONALE 589 VIA PAPA GIOVANNI XXIII, 57 S.S. 35 DEI GIOVI, 1/9 VIA EMILIA, 2 VIA MONTEVERDI S.S. PADANA SUPERIORE, VILLA FORNACE VIA MAGENTA ANG. VIA ROVIGO S.P. 34 ANGOLO VIA ADUA VIA PAPA GIOVANNI PAOLO II VIA ROMA, 20 VIA DE AMICIS, 2 VIA AQUILEIA, 72 VIA DELLA REPUBBLICA, 1 DORMELLETTO (MI) VIA LORENTEGGIO, 3 VIA ORNATO VIA PORTA LODI, 6 VIA NENNI 21 VIA MAGENTA ANG. VIA S.MARTINO V.LE LAZIO, 4 V.LE MARELLI, 19 VIA GRANDI, 110 VIA MONTI, 49 VIALE ITALIA VIA CARLO MAX VIA VIVALDI, LOC. CASC.CORRADA VIA T. VECELLIO, 1 VIA TORRE BIANCHI, 16 VIA GENERAL LAUGER (VERZELLOTTO) STRADA REGIONALE, 11 S.S. 32 TICINESE, 20 VIA EMILIA PAVESE (S.NICOLÒ TREBBIA) VIA JUSTUS LIEBIG 1/A/ VIA GUIDO GOZZANO 10 STRADA NIZZA S.S.20 DEL COL DI TENDA CORSO INDIPENDENZA, 74 CORSO MARCHE VIA CIGNA CORSO MORTARA VIA PERBUSTO VIA CESARE BATTISTI, 1 VIA BUSTO ARSIZIO, 152 VIA SORAGANA, 1 S.S. 593

CN CN CN AL AT AT AT CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN IM SV SV TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO

C.SO CANALE, 99 - FRAZ.MUSSOTTO VIA DON ORIONE 45 VIA GUIDO MARTINO 8 FRAZ. M. DELL’OLMO PIAZZA CAMILLO VENESIO 5 VIALE PILONE 97 VIA BRA 2, 4 VIA TORINO 39 VIA BEPPE FENOGLIO 1 VIA NIZZA 94 VIA ROMA 160 VIA SILVIO PELLICO, 6 VIA MARIO GATTI 14/A VIALE REGINA ELENA 118 VIA FORO BOARIO 11 VIA CUNEO 21 VIA CERVIGNASCO, ANG. VIA CUNEO 2/A VIA CIRCONVALLAZIONE 25 CORSO IV NOVEMBRE 37 VIA TORINO, 250/A VIA MONDOVÌ 34 VIA OBERTO D’ORIA VIA BENESSEA VIA NIZZA 43/R VIA VOLPIANO, 68 S.P CARMAGNOLA-CHIERI 3 VIA PIER LUIGI VIGADA, 2 VIA RIVA/VIA MONTÙ CORSO FRANCIA 143 VIA PESCHIERA 17 VIA PIAVE - S.S. 24 MONGINEVRO VIA UGO FOSCOLO 2 CORSO IV NOVEMBRE 57/B VIA EMANUELE GIANTURCO 10 A VIA BOTTICELLI 114 VIA CARSO 10 VIA GAIDANO 125/A CORSO UNIONE SOVIETICA 493/14 VIA LEINÌ,42/A VIA CARSO 10

MARZO 2019

A


TORINO TORINO VAIE VILLAFRANCA PIEM. CRESCENTINO

MYAUCHAN NAPOLI

OASI

ANCONA CASTELFIDARDO JESI LORETO ASCOLI PICENO FERMO PORTO S. GIORGIO AVEZZANO L’AQUILA CAMPOBASSO TERMOLI FRANCAVILLA AL MARE LANCIANO MACERATA MATELICA TOLENTINO MONTESILVANO PERUGIA GIULIANOVA PIANO D’ACCIO ROSETO DEGLI ABRUZZI

PAM

AREZZO AREZZO AREZZO S. GIOVANNI VALD. SAN SEPOLCRO ASTI BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA IMOLA BRESCIA BARBERINO VAL D’ELSA FIRENZE LEGNAIA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA FOLLONICA GROSSETO GROSSETO LIVORNO LIVORNO LIVORNO ALTOPASCIO VIAREGGIO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO ROZZANO VIGNOLA FOSDINOVO PADOVA PADOVA PADOVA GUBBIO PERUGIA PERUGIA CALCINAIA PISA PISA SAN MINIATO PORDENONE PORDENONE

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TO TO TO TO VC

CORSO GROSSETO 303/A VIA DEMARGHERITA, 9 VIA MARTIRI DELLA LIBERTÀ 50/1 VIA BRIGATA ALPINA TAURINENSE, 1 VIA VIOTTI 1

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VIA CILEA

AN AN AN AN AP AP AP AQ AQ CB CB CH CH MC MC MC PE PG TE TE TE

VIA GIULIO PASTORE, 30 SS IESINA KM 6,166 LOC CERRETANO P.ZA CADUTI SUL LAVORO, 4 VIA PIZZARDETO, SNC VIA DEL COMMERCIO, 52 VIA PROSPERI, 42 - LOC. CAMPIGLIONE VIA SOLFERINO, 2 VIA XX SETTEMBRE, SNC SS 17 KM 42+100 - LOC. BAZZANO VIA INSORTI D’UNGHERIA, SNC VIA MADONNA DELLE GRAZIE, 53 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 1 VIA SANTO SPIRITO, 119 VIA ENRICO MATTEI, 41 LOC. BRECCE SNC CONTRADA PACE, SNC CORSO UMBERTO, 334 VIA CENTOVA, SNC VIA GALILEO GALILEI, 371 S.S. 80 VIA NAZIONALE, 621

AR AR AR AR AR AT BO BO BO BO BS FI FI FI GE GE GE GE GR GR GR LI LI LI LU LU MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MO MS PD PD PD PG PG PG PI PI PI PI PN PN

VIA ALFIERI, 67 VIA CALÒ, 12 - ANG. VIA CURINA VIA M. PERENNIO, 23 V.LE GIOTTO, 28 VIA MONTEFELTRO, 1/C CORSO TORINO, 30 VIA BELLARIA, 47 VIA DI CORTICELLA, 3 VIA MARCONI, 28/A VIA ZELLO, 1/A VIA F.LLI PORCELLAGA, 26 STR. PROV.LE PER S. GIMINIANO VIA FRANCAVILLA 13/15 VIA ANDREA DA PONTEDERA, 30 VIA CHIARAVAGNA, 54R VIA MANUZIO, 11 VIA DON GIOVANNI VERITÀ, 6/R VIA LAGACCIO, 48/R VIA MASSETANA - LOC. LE CORTI NUOVE VIA DE BARBERI VIA DEL SABOTINO, 6 P.ZZA SARAGAT, 10/2 VIA CAPPONI VIA DEL BOSCO - ANG. VIA ROMA VIA ROMANA VIA AURELIA NORD SNC V.LE OLONA, 1/3 V.LE SABOTINO, 6 VIA ARCHIMEDE, 8 VIA BAZZINI, 33 VIA FOPPA, 33 VIA FORZE ARMATE, 44 VIA INGANNI, 87 VIA MEDEGHINO, 11 VIA PADOVA, 111 VIA PADOVA, 22 VIA PICCINNI, 2 VIA STRIGELLI, 8 VIA TIBALDI, 35 VIA TOLSTOI, 61 V.LE LIGURIA, 15 VIA FALCONE E BORSELLINO, 93 V.LE MALASPINA, 1 GALLERIA SAN CARLO, 15 (ZONA ARCELLA) P.TTA GARZERIA, 3 P.TTA S. CROCE, 17/18 VIA GIOTTO, 9 STR. COM. PERUGIA S. MARCO, 85/A STR. FONTANA LA TRINITÀ, 2/A - LOC.OLMO P.ZZA KOLBE, 2-15 LOC. FORNACETTE V.LE DELLE CASCINE, 1 VIA PASCOLI, 8 VIA PESTALOZZI, 10/12 C.SO GARIBALDI, 30 VIA GRIGOLETTI, 74

BBQ4All MAGAZINE

SPILIMBERGO POGGIO A CAIANO PRATO PRATO PRATO QUARRATA FORMELLO MONTEROTONDO NETTUNO ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA TIVOLI CHIUSI SIENA TRENTO LEINI’ PINO T.SE RIVAROLO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TRIESTE TRIESTE TRIESTE TRIESTE TREVISO LIGNANO CHIOGGIA MESTRE MESTRE SPINEA VICENZA VERONA VERONA

PANORAMA

ANGELI DI ROSORA ALESSANDRIA CAMPIBISENZIO ALATRI - FROSINONE CASSINO LATINA LOC.S.CROCE - FORMIA SASSUOLO PONTEDERA PARMA PISTOIA LOC. PAVONA - ARICCIA LUNGHEZZA - ROMA OSTIA - ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA S.MAURO TORINESE CASTRETTE DI VILLORBA TREVISO UDINE UDINE MARGHERA

SIMPLY

MERCOGLIANO AFRAGOLA AFRAGOLA CARDITO CASORIA GIUGLIANO IN C. MARANO DI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI SECOND. SALERNO SALERNO

PN PO PO PO PO PT RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM SI SI TN TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TS TS TS TS TV UD VE VE VE VE VI VR VR

VIA CAVOUR, 57 V.LE MATTEOTTI, 18 VIA FERRUCCI, 132 VIA PISTOIESE, 199 VIA PALERMO 7-9 VIA STATALE, 173 V.LE AFRICA, 134 - LOC. LE RUGHE VIALE BRUNO BUOZZI SNC VIA UGO LA MALFA CIRC.NE AURELIA, 21-23 P.ZZA VINCI, 46/48 V.LE IONIO, 390 VIA A. DI DECIMA - ANG. VIA C. TROIANI VIA G. USELLINI, 287 VIA PASSO DI FALZAREGO, 19 VIALE DI VALLE AURELIA, 32 VIA LAGO DI LESI - LOC. VILLA ADRIANA LOC. QUERCE AL PINO P.ZZA ROSSELLI, 21 INT. 1 VIA G. B. TRENER, 16 VIA TIZIANO, 4 VIA CHIERI, 96 C.SO INDIPENDENZA, 50 C.SO BRAMANTE, 93 C.SO COSENZA, 46/B C.SO ORBASSANO, 212 C.SO POTENZA, 60 C.SO SEBASTOPOLI, 227/A C.SO SVIZZERA, 52 C.SO TRAIANO, 58 CORSO RACCONIGI, 236/A VIA NIZZA, 230 VIA PORPORA, 38/BIS C VIA S. PAOLO, 36 VIA SALBERTRAND, 67 VIALE PIEMONTE, 34 VIA CAMPI ELISI-ANG.VIA D’AVIANO VIA GIULIA, 75/3 VIA LIONELLO STOCK, 4 VIA MIRAMARE, 1 VIA ZORZETTO, 12 V.LE EUROPA, 33/34 VIA MARCO POLO, 70 C.SO DEL POPOLO, 209 P.ZZA XXVII OTTOBRE, 1 VIA DELLE INDUSTRIE, 10/B VIALE TRENTO - ANG. VIA PECORI GIRALDI VIA DEI MUTILATI, 3 VIA IV NOVEMBRE, 6/A

AN AL FI FR FR LT LT MO PI PR PT RM RM RM RM RM RM RM RM TO TV TV UD UD VE

VIA VERDI 1 CORSO GIUSEPPE ROMITA 80/82 VIA SAN QUIRICO, 165 VIA CASILINA, 81.600 VIA CASILINA SUD KM 141.400 VIA PIER LUIGI NERVI VIA MARMORANO LOC S.CROCE SNC VIA ARCHIMEDE, 9 VIA DELL’INDIPENDENZA VIA SILVIO PELLICO, 20/A VIA BARTOLOMEO SESTINI VIA NETTUNENSE KM5+600 VIA COLLATINA, 858 VIA DELL’APPAGLIATORE VIA AURELIA, 822 VIA GINO FRONTALI, 14 VIA LAURENTINA, KM 9 VIA MARIO RIGAMONTI, 100 VIA TIBURTINA, 757 STRADA SETTIMO TORINESE, 371 VIA DELLA CARTIERA, 5 VIALE DELLA REPUBBLICA, 11 VIALE PALMANOVA, 109 VIALE VENEZIA, 327/329 VIA SARTORIO ORSATO 13/15

AV NA NA NA NA NA NA NA NA NA NA NA SA SA

VIA RAMIRO MORCONE, 29/33 IV TRAVERSA SAN MARCO,5 VIA DE GASPERI VIA MAHATMA GANDHI, 7 S.S. SANNITICA VIA LAGO PATRIA, 214 VIA DEL MARE, 2 VIA LIETI A CAPODIMONTE VIA GIUSEPPE BUONOCORE, 57/59 VIA DEI CIMBRI VIA ORAZIO, 145/G VIA VITTORIO EMANUELE III 17/21 VIA VOCCA, 17 VIA PIETRO DEL PEZZO, 34


SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO

SIGMA

ANGELI DI ROSORA BOLOGNA BOLOGNA CORTICELLA IMOLA IMOLA BORGOSATOLLO BOTTICINO MOLINETTO DI MAZ. BOMPORTO CAMPOSANTO SUL PAN. CARPI CARPI CAVEZZO MEDOLLA MIRANDOLA MODENA MODENA MODENA PAVULLO NEL FRI. SASSUOLO SORBARA DI BOM. MARINA DI MASSA BETTOLA CARPANETO CASTEL S.GIOVANNI FERRIERE GOSSOLENGO PIACENZA PIACENZA PIACENZA PIANELLO BUSSETO MEDESANO PARMA PARMA PARMA S.SECONDO RAVENNA BAGNOLO IN PIANO BIBBIANO BRESCELLO CASINA CASTELLARANO CASTELNOVO NE’ M. MONTECCHIO EMILIA QUATTRO CASTELLA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA RUBIERA SALVATERRA CASALGR. SAN MARTINO IN RIO SAN POLO D’ENZA VILLA MINOZZO CAMPAGNOLA LA SPEZIA

SUPERELITE FIUMICINO NETTUNO OSTIA POMEZIA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA

SA SA SA SA SA

VIA VIA VIA VIA VIA

ZANOTTI BIANCO, 32/28 MADONNA DI FATIMA, 160 SAN LEONARDO, 15 LUCIO PETRONE, 37 FILIPPO SCIARAFFIA, 21

AN BO BO BO BO BO BS BS BS MO MO MO MO MO MO MO MO MO MO MO MO MO MS PC PC PC PC PC PC PC PC PC PR PR PR PR PR PR RA RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE RE SP

VIA VERDI 1 VIA BERTI, 6 VIA SAN PIO V N. 7 VIA CORTICELLA,186/12 VIA G. DI VITTORIO 70 VIA PUNTA N. 1 VIA BETTONI 16 VIA MOLINI 57/59 VIA MARCONI 1 VIA ADIGE 250/R VIA FALCONE, 9 VIA CUNEO N. 47 VIA UGO DA CARPI N. 62 VIA VOLTURNO N. 73 VIA STATALE N.46/C VIA CIRCONVALLAZIONE,111 VIA CAVOUR,41/D VIA NOBILI 91/C VIA SAN GIOVANNI BOSCO N. 53 VIA GIARDINI 346 VIA MAGENTA, 72 VIA FALCONE E BORSELLINO 40/C VIA S.LEONARDO,348/350 VIA XXIV MAGGIO N.20 V.G.C.ROSSI ANG.V.PALLASTRELLI VIA MONTANARA N.4 LARGO RISORGIMENTO VIA DEI RIVI PIAZZALE MARCONI N. 37 VIA CADUTI SUL LAVORO, 12 VIA APPIANI 10 VIA L.DA VINCI 17/19 VIA IRENEO AFFO’ N° 6 ROTATORIA M.R. GANDOLFI 31/38 VIA GRAMSCI 9 VIA SILVIO PELLICO,5 VIA S. MORSE 14/A VIA PROVINCIALE PER PARMA,6 VIA FAENTINA 8 VIA BORRI, 2/L VIA RASORI - LOC. BARCO VIA KENNEDY N. 12 VIA ZUNA MAGNANI 1/A VIA RADICI NORD 31/T P.LE DORANDO PIETRI 1 VIA S. CONTI 70 VIA MORANDI, 3/A VIA A. FERIOLI 18 VIA COLONNA,9 VIA A.DE GASPERI,37 VIA ARMSTRONG N. 2 - LOC.FOGLIANO VIA REPUBBLICA, 27 (RIVALTA) VIA PRAMPOLINI N. 20/22 VIA A. LIGABUE, 1 VIA DELL’ARTIGIANATO VIA RAMPOGNANA VIA DON PASQUINO BORGHI 22 VIA GRANDE N. 5 VIA SARDEGNA 17/A

RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM RM

VIA DELLA SCAFA, 184 VIA ALCIDE DE GASPERI, 14 VIA FEDERICO PAOLINI, 48 VIA DEI CASTELLI ROMANI, 2 VIA A. G. RESTI 19 VIA DI SANT’ALESSANDRO, 380 VIA SALISBURGO, 20/32 VIA DELLA SETA, 27 VIA DELLA TECNICA, 164/D VIA ANNA FRANCHI, 10 VIA APPIA NUOVA, 472 VIA ARNO, 1 VIA DI CASTEL DI LEVA, 273 VIA CAVOUR, 232 VIA CRISTOFORO COLOMBO, 1780 VIA DELLA FARNESINA, 251/259 VIA LAURENTINA, 980 VIA MAGNAGRECIA, 97/A VIALE DELL’OCEANO INDIANO, 180

TIGRE

ANCONA CASTELBELLINO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO PORTO D’ASCOLI S. BENEDETTO DEL TR. AVEZZANO TERMOLI TERMOLI CHIETI VASTO ISERNIA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA FOLIGNO FOLIGNO SPOLETO FONTE NUOVA ROMA ROMA ROMA ROMA MARTINSICURO ROSETO DEGLI ABRUZZI

AN AN AP AP AP AP AP AQ CB CB CH CH IS PE PE PE PE PE PG PG PG RM RM RM RM RM TE TE

VIA E. SACRIPANTI, SNC VIA ITALIA, 1 LARGO PORTA ROMANA, 1 P.ZA S. MARIA INTER VINEAS, 1 VIA SALARIA KM. 207,700 VIA E. MATTEI, 14 VIA MARSALA, 56 VIA V. FALCONE, SNC VIA CORSICA, 188/192 VIA MONTECARLO VIA PICENA, 80 VIA DEI CONTI RICCI, 46/48 VIA S. IPPOLITO VIA ARAPIETRA, 63/65 VIA BATTISTI, 207 VIA D’AVALOS, 213/215 VIA FABRIZI, 159 65121 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 201 VIA MONTE CERVARA, 1 VIA IV NOVEMBRE, 37 VIA MARTIRI DELLA RESISTENZA SNC PIAZZA VARISCO VIA MONTEBUONO VIALE LIEGI V. T. BOETTI VALVASSURA, 110 VIALE ERITREA VIA ROMA, 447 - VILLA ROSA S.S. ADRIATICA KM. 417,600

MARZO 2019

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