MAGAZINE
N°7/ANNO 1 - LUGLIO 2019
L ’ E D ITOR IA LE DI G IA NFR A N CO LO CAS CIO
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SP EC IA LE FISH
SAPO R E D I SA LE , SA POR E D I MAR E , SA PO RE DI…
BBQ
D I R E T TO R E E D I TO R I A LE
Rossella Neiadin
R E D AT T O R E C A P O
Michela Bongiorni REDAZIONE
Enio Berton, Giovanni Bolzonella Virgilio Brunetti, Michele Chipa, Tommaso Di Gregorio, Salvatore Di Mento, Luca Gallozza, Mariangela Ibba, Gianfranco Lo Cascio, Alessandro Morichetti, Riccardo Meniconi, Emiliano Nencioni, Andrea Spaggiari, Alessandro Trezzi, Carlo Trono, Paolo Tucci. REALIZZAZIONE GRAFICA
Andrea Turrini
magazine@bbq4all.it instagram.com/bbq4allmagazine/ S TA M P A
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INDICE LUGLIO 2019 - NUMERO 7 ANNO 1
RUBRICHE
0 5 . L ' E D I TO R I A LE
Wagyu Day: cosa abbiamo imparato sulla carne più pregiata al mondo 1 1 . N I C E T O M E AT Y O U
Kobe Desramaults 17. WINE CLASS
Il gusto del vino è un gran bel casino 2 2 . D I S POS I T I V I E ACC E SS O R I
IL planking
25. PER INIZIARE
GRIGLIARE IL PESCE
RICETTE
S P EC I A LE P E SC E
28. Vol au vent con guacamole e gamberoni grigliati 30. FiSH BURGER
32. Cous Cous con brodo di pesce e scampi grigliati
36. Calamari grigliati in insalata di grano al pesto sfizioso 38. Moules Frites
40. Orata affumicata su piastra di sale fai da te 42. Polpo e patate 44. INSALATA
48. sorbetti allo yogurt con melone bruciato 5 0 . S P EC I A LE P E SC E
COME SFILETTARE IL PESCE 56. ABBINAMENTI
vino - birre- cocktail
60. THE CHEMICAL GRILLERS (terza parte)
Brining
6 4 . DA L M E G ASTO R E A L LA B RAC E
il pit beef
7 0 . D O YO U S P E A K B B Q e
lettera G H 72.
SEGUO
Io nel pensier mi fingo
MAIL CLASS LA SERIE DI EMAIL DIDATTICHE DI GIANFRANCO LO CASCIO
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EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO
WAGYU DAY:
cosa abbiamo imparato sulla carne più pregiata al mondo “Incontro con il selezionatore di Wagyu Onishi San, della Ginkakuji Onishi ”
Sono un nazionalista come voi, e sono quasi sicuro che ognuno dei lettori del BBQ4All Magazine venga investito da una sana vampata di orgoglio quando vede il proprio Parmigiano esportato in tutto il mondo, il proprio vino venduto ad ogni latitudine. Io sono dell’idea che quello stesso orgoglio dovremmo provarlo quando il nostro Paese riesce ad accogliere un prodotto che ha caratteristiche impressionanti, che nasce dallo studio e dall’amore di chi lo produce, praticamente dalla stessa energia deflagrante che proiettiamo sul nostro, di cibo. Oggi è una giornata molto importante perché siamo tra i primi ad intervistare Onishi San, il cuore pulsante dell’allevamento del Wagyu della prefettura di Kyoto. Parliamo di una razza che ha delle caratteristiche incredibili, la sua particolarità è quella di avere all’interno una quantità di grassi monoinsaturi come l’acido oleico, che è seconda solo a quella contenuta nell’olio extravergine di oliva. Tutto questo è dato da uno studio del prodotto. È dato da una grande determinazione nel perseguire un preciso risultato ed è quello che Wagyu Company oggi è riuscito a strappare dalle braccia dei signori del Giappone, rendendolo disponibile per ognuno di voi oggi. Imparerete che cosa è il Wagyu giapponese della prefettura di Kyoto e capirete perché è un prodotto straordinario e perché si sottrae ad ogni
paragone formulabile con tutto il resto della carne che conoscete. Ci sono delle differenze sostanziali tra la cottura del manzo e la cottura del Wagyu: la seconda va eseguita in armonia con la sua cultura e la sua origine, le fettine di carne devono essere tagliate sottilmente, poiché è cruciale che si sciolgano letteralmente in bocca, non vanno masticate più di tanto. Non andiamo alla ricerca di una cauterizzazione estrema ma ci limitiamo a servire la carne ad una temperatura gradevole. Il mio consiglio è quella di gustarla nella maniera più pura possibile, con un pizzichino di sale o appena pucciato nella salsa di soia migliore che riuscite a trovare (non quella da battaglia per capirci). Il Wagyu degustato nella maniera corretta è letteralmente un proiettile che ti esplode in bocca: impressionante. Lorenzo Ferraboschi assieme a Maiko Takashima è il fondatore di Wagyu Company, una società che si è impegnata e si impegna nell’andare a collegare, scovare pepite come quella dell’azienda di Onishi e portarle con grande fierezza in Italia. La collaborazione tra Wagyu company e BBQ4All nasce da un lavoro in sinergia che vi sarà sicuramente più chiaro a fine articolo. Lascio la parola ad Onishi San, fate tesoro di ciò che leggerete. LUGLIO 2019
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Alcuni di voi conosceranno Kyoto come destinazione turistica, ma prima la mia città era celebre in quanto capitale del Giappone fino all’epoca Edo, circa 400 anni fa. Oltre ad essere stata la città più importante del Paese, è anche storicamente la regione dove si consuma più carne, da sempre. Se è vero che in Giappone si mangia tanto, tantissimo pesce, noi a Kyoto siamo da generazioni molto legati all’allevamento dei bovini di razza Kuroge. Ho la fortuna di conoscere persone straordinarie, come l’erede più giovane dell’allevamento più antico di Kyoto, lo stesso allevamento dal quale noi prendiamo la carne. Rispetto alla Kobe o alla Wagyu persistono tante incomprensioni. Sono certo che tantissimi di voi avranno sentito parlare spesso della carne Kobe e forse meno della parola Wagyu. Esistono tantissimi brand, uno di questi è appunto Kobe, ma il prodotto in sé, la materia prima rimane comunque il Wagyu. Ultimamente, questo prodotto viene associato alla denominazione “Kagoshima” che è un porto di uscita nel sud del Giappone, un hub che ha ottenuto l’okay dall’Europa per poter importare ed esportare. Possiede la certificazione HCCP corretta per gli standard europei. Tra i principali Premium Wagyu che vengono esportati e prondotti in Giappone trovate la Kobe, trovate la Miyabi e tante altre regioni che sviluppano le proprie razze di Wagyu.
Io arrivo da qui, dove c’è la macchiolina rossa: è la prefettura di Kyoto.
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EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO La qualità senza pari del Wagyu si ottiene tramite il DNA puro, l’allevamento in Giappone e la lavorazione in loco.
Siamo una società che è cresciuta rapidamente nel Ma perché questa carne è così morbida? La razza è tempo, fortunatamente abbiamo la possibilità di senz’altro importante, ma cosa la rende così tenera e trattare e selezionare Wagyu dal Nord, da Hokkaido, succosa? l’isola più grande del Giappone, fino al sud, a Kyushu. Conosciamo in maniera approfondita tutte le razze, i fornitori, gli allevatori presenti sul territorio, perché la nostra struttura non solo alleva Wagyu ma fa anche commercializzazione di carni in Giappone. Questa volta sono qua per parlarvi del nostro prodotto di punta, il migliore di quelli che conosciamo. Il capo di Wagyu Kyoto Miyabi allevato dalla ragazza di cui vi ho parlato prima è un animale che ha vinto una di quelle competizioni che si fanno molto spesso in Giappone. Questa allevatrice riceve periodicamente tanti riconoscimenti, sono già diversi anni che raggiunge il primo premio alle Wagyu Olympics, le olimpiadi del Wagyu, arrivando sopra ai brand famosi e blasonati che tradizionalmente vincono più premi. La crescita ed i fattori ambientali sono importantissimi, sono banditi gli allevamenti La parola Wagyu è composta da wa, che significa intensivi, gli animali crescono un ambiente Giappone e gyu, che significa manzo. naturale, comodo e sereno. Ci sono in realtà quattro tipologie di bovino Il bestiame vive in stalle ampie su un letto morbido all’interno del mondo del Wagyu, il 90% però di trucioli, che viene cambiato ogni giorno, sempre appartiene alla razza chiamata Kuroge, “pelo nero”.
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EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO soffice, pulito e profumato. In tutti gli ambienti c’è questo aroma di legno di cipresso e cedro che piace molto agli animali, che crescono in maniera sana e tranquilla, in un ambiente davvero confortevole. Inoltre i capi non vengono mai separati tra loro, questo significa che i bovini crescono accanto ai propri fratelli, nella stessa stalla, sempre a contatto con i propri “familiari”, poiché strapparli dai propri consanguinei provocherebbe stress e agitazione. Ma passiamo all’alimentazione, altra variabile da prendere in considerazione. Il tipo di mineralità dell’acqua è importante, così come la temperatura: in estate viene raffreddata leggermente, d’inverno viene intiepidita per renderla più piacevole da bere. Oltre a dove stanno, come dormono, con chi stanno, cosa bevono, è importante cosa gli animali mangiano. L’erba timotea è un alimento che viene somministrato da pochi allevatori perché molto costosa. Quest’erba ha un effetto particolarissimo sullo stomaco dell’animale, cioè ne rinforza le pareti. Questo gli permette di non provare dolore durante la crescita, un elemento che potrebbe generare malessere. Tutti questi accorgimenti messi insieme sono focalizzate a ridurre lo stress. La tensione è l’elemento che provoca la durezza nella carne, minore stress c’è, maggiore sarà la tenerezza dei muscoli. La leggenda vuole che i capi di razza Wagyu vengano massaggiati, che bevano birra e ascoltino musica classica. È una cosa che mi fa sorridere, ma non escludo che qualche allevatore lo sperimenti per raggiungere l’unico obiettivo: eliminare qualsiasi fonte di malessere dalla nascita al momento della macellazione del bestiame. La macellazione avviene attraverso delle fasi precise: il metodo più diffuso è quello di portare il gruppo di animali in una sala dove vengono lavati, preparati e poi fatti svenire con una pistola ad aria compressa. Una volta svenuti vengono macellati, in una condizione di totale incoscienza. Quella sala è un posto che gli animali conoscono molto bene, iniziano un mese prima a fare un ciclo di docce proprio lì, perché in questo modo familiarizzano con l’ambiente e si sentono a casa. Sanno che in quella stanza fanno la doccia tutti i giorni, c’è una sorta di processo di insegnamento per evitare che il trasferimento in un luogo sconosciuto possa provocare agitazione e paura. Quello che nel mondo viene genericamente indicato con la parola “grasso” non è quella parte bianca che troviamo all’interno della carne. Il “grasso” per noi giapponesi è la parte esterna, quella che ricopre A
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il muscolo. Il tessuto infiltrato, che determina la marmorizzazione del pezzo, prende il nome di
“shimofuri”, che significa “brina”. Più c’è “brina”, più c’è marezzatura, più c’è qualità. Chi ha già acquistato Wagyu in passato, chi ha letto dei menu a base di Wagyu, avrà senz’altro notato delle sigle composte da lettere e numeri. Si tratta di un indice con due parametri, rispettivamente indicato con le lettere A, B o C e un numero che va dall’uno al cinque. Per poter interpretare questi codici bisogna sapere due cose : il primo parametro, la lettera, indica quanto è spesso lo strato di grasso esterno ; “C” avrà tanto grasso sopra e costerà meno, “A” avrà poco grasso sopra e costerà di più. Il secondo parametro è il grado di shimofuri, quanta “brina” c’è all’interno delle fibre a prescindere da quanto sia presente lo strato di grasso esterno. Il BMS (Beef Marble Score) è un altro tipo di indice, il quattro è raro, il cinque è rarissimo. Una regola che possiamo vantare è che il nostro Wagyu diventa Kyoto Beef Miyabi solo quando l’animale ha un indice BMS di quattro o cinque, quindi parliamo solo di carne ottima o eccellente.
EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO Normalmente gli animali vengono allevati per un periodo che va dai 25 ai 29 mesi, ci sono allevamenti più massivi che macellano gli animali a 22 mesi. A Kyoto l’animale viene allevato per un periodo che va dai 31 ai 36 mesi, quasi un anno in più rispetto alla media. Il motivo di questa estensione di tempo è che superando i 30 mesi di vita, oltre all’aumento della morbidezza, diminuisce temperatura di fusione del grasso. Di fatti, vi basta mettere un pezzo della nostra carne in bocca e questo si scioglie, letteralmente.
progetto al quale stiamo lavorando d circa un anno, il ponte che ha unito Wagyu Company e BBQ4All è Paolo Tucci. Lanceremo un hamburger gelo di Kyoto Beef Miyabi, un prodotto che sfida le regole del commercio in Italia. Una cosa interessante da valutare quando si mangia Wagyu è la differenza tra quello che ci si aspetta, un grasso dall’aroma molto forte e intenso, e questa eleganza di sapore. Se si trattasse di un grasso non così oleico, risulterebbe persistente, aggressivo e poco piacevole, il segreto del Wagyu sta proprio nella sua marezzatura sublime. Formulare questo burger è stata una vera sfida, perché bisognava renderlo “grigliabile” mantenendo il suo aroma caratteristico. E direi che ci siamo riusciti.
Cosa dovete controllare prima di acquistare della carne Wagyu? Il valore espresso in lettere ed il grado di shimofuri. Quello che noi chiamiamo grasso è acido oleico, parliamo di un prodotto molto vicino all’olio d’oliva. Andando a leggere un po’ i numeri , la carne australiana ha un contenuto di acido oleico pari al 43%, l’olio d’oliva al 60-70% , il Wagyu Miyabi 55- 58%. La filiera del Wagyu non è così semplice da controllare, i porti di imbarco e di uscita sono sempre gli stessi e per voi diventa difficile risalire alla provenienza della carne. Per questo è stato creato un certificato di autenticità, che vi fornisce un numero ID e tutti i valori relativi alla qualità del pezzo. Oltre a questo, per essere sicuri che la carne sia veramente originale, c’è un link fornito dallo Stato giapponese al quale potete inserire il codice di riferimento e verificare dove è nato quell’animale, dov’è cresciuto, quando è stato macellato. Non siamo noi a gestire questo servizio, ma è lo Stato giapponese che traccia ogni fase della vita dell’animale, per una filiera estremamente chiara e puntuale. Vi dirò di più, questo link funziona per tutte le carni. Quello che abbiamo sviluppato con BBQ4All è un Prima di lasciarvi, voglio darvi alcuni suggerimenti per conservare al meglio la carne di Wagyu: una volta aperto il pezzo, consumatelo subito. Altrimenti mettetelo a bagno in acqua, sale e ghiaccio in firgorifero, per evitare che si ossidi e diventi giallino. Meglio ancora sarebbe ripristinare il sottovuoto e abbattere la temperatura. Onishi Hideki LUGLIO 2019
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L'INTERVISTA di ANDREA SPAGGIARI
KO B E D E S R A M A U LT S
@ Chambre Séparée Un’insolita location, pochi coperti affacciati su una cucina aperta e il fuoco come unico strumento di cottura: Chambre Séparée è al tempo stesso una sfida e un invito a riscoprire valori autentici. Ce ne parla il suo creatore, lo chef pluristellato Kobe Desramaults.
Camminando nel centro storico di Ghent, città situata nella parte fiamminga del Belgio, potreste imbattervi in un gigantesco edificio industriale, vecchia dimora ormai dismessa dell’operatore telefonico Belgacom. Non ne sareste particolarmente impressionati dal punto di vista architettonico e di certo non indovinereste che è la sede, o meglio l’ambientazione, di una delle esperienze gastronomiche più in voga della città, già in passato culla di avanguardia culinaria e sperimentazione. Chambre Séparée è infatti molto più – o molto meno, decidete voi – di un ristorante tradizionale. Il centro dell’attenzione è costituito da un’imponente cucina aperta nella quale il fuoco la fa da padrone:
cinque grill in stile Santa Maria, un forno a legna e uno a carbone sono gli unici strumenti di cottura utilizzati e fanno da sfondo allo spettacolo che Kobe e la sua squadra portano in scena ogni sera, preparando davanti ai clienti una cena composta da 20 portate. Gli ospiti siedono a un bancone a forma di U che delimita lo spazio di lavoro della brigata di cucina, con i quali l’interazione non è solo accettabile ma addirittura incoraggiata. Proprio per consentire un’esperienza il più genuina possibile il numero di coperti è limitato a 16 e le prenotazioni sono possibili per un massimo di quattro persone; si arriva in orario, ci si siede e si scopre il menù della serata, elaborato dallo chef secondo la stagione, gli arrivi
e la sua ispirazione. Non bisogna nemmeno preoccuparsi troppo del conto dato i 230€ a persona, bevande escluse, si pagano in anticipo al momento della prenotazione tramite carta di credito. L’unica decisione da prendere una volta seduti è quindi se optare per alcolici o analcolici, con una selezione - che si paga 90€ circa - appositamente realizzata in abbinamento alle pietanze. Il prezzo, pur sostenuto, non è tuttavia l’indicatore più rappresentativo dell’esclusività dell’operazione visto che il ristorante si trova in una sede temporanea, disponibile per un massimo di tre anni e mezzo: l’iniziativa è oggi a metà strada e tra poco più di un anno e mezzo si concluderà senza possibili proroghe. LUGLIO 2019
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D: Ha dichiarato più volte che il concetto di sostenibilità è alla base di questa scelta. In che modo? R: Valorizziamo la cucina e i prodotti locali da sempre e questo aspetto rimane prioritario. La sostenibilità subentra con lo sforzo che facciamo di sfruttare al massimo ingredienti e prodotti, dimostrando che ci si può divertire in cucina e ridurre gli sprechi al tempo stesso.
Kobe Desramaults, del resto, non è nuovo a decisioni radicali. Non aveva esitato a chiudere il suo precedente ristorante, In De Wulf, quando nonostante il conferimento della stella Michelin si era reso conto che in quel particolare contesto non riusciva ad esprimere la sua filosofia: troppo importanti gli sforzi finanziari e i sacrifici in termini di vita privata a fronte di un insufficiente, per lui, contatto con i clienti. Ha quindi ripensato da zero il concetto: via la separazione tra sala e cucina, pochi clienti serviti da una squadra affiatata che opera “in presa diretta”, ingredienti prevalentemente locali e di stagione, sprechi ridotti al minimo possibile. Nonostante la cucina sia di stampo piuttosto tradizionale, Kobe spinge forte sulla sperimentazione e lo fa imponendosi un ulteriore downshifting: si usano solo fuoco vivo e braci, grill e forni a legna o a carbone. Parola dello chef, il cibo ne guadagna in aroma e i clienti assistono a passaggi di preparazione chiari e comprensibili. Che, attenzione, non significa facilmente riproducibili dai comuni mortali: ad esempio Kobe adotta tre cotture diverse per chele, coda e testa degli scampi, serve il piccione in stile sashimi e realizza salse dalle consistenze e dai sapori fuori æA
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dall’ordinario. Insomma, il talento e la ricerca sono evidenti. E i risultati lo premiano, come dimostra il successo di pubblico e la stella Michelin arrivata anche per Chambre Séparée. Incuriositi da queste premesse abbiamo voluto approfondire direttamente con lo chef quali sono la sua filosofia e i valori che ha voluto promuovere con questa avventura. Lo abbiamo quindi intervistato in una sessione dedicata esclusivamente a BBQ4All. D: La notorietà di Chambre Séparée ha evidentemente superato i confini nazionali del Belgio ed è in continuo aumento. Quali sono i segreti del successo di un’operazione come questa? R: Questo ristorante è, tecnicamente, il seguito di In De Wulf, il mio precedente locale. Sono sempre stato molto ambizioso e a un certo punto avevo realizzato che in un locale grande come quello non sarei mai riuscito a fare quello che volevo, ovvero cucinare personalmente e al tempo stesso mantenere il contatto con ogni singolo cliente. Con Chambre Séparée ho voluto un ambiente intimo e “trasparente”, in cui gli ospiti potessero entrare in contatto diretto con noi.
D: La cucina BBQ si ispira alla convivialità e al coinvolgimento dei commensali nei rituali della preparazione del cibo. Lei, allo stesso modo, rende gli ospiti partecipi della nascita delle pietanze e li guida nella loro esperienza di degustazione. Il suo intento è di rendere più accessibile la comprensione dell’alta cucina o c’è di più? R: Ci ispiriamo al rito ancestrale di ritrovarsi attorno a un falò e cuocere un animale intero [frutto della caccia o della pesca - ndr]. Mi piace l’idea di rievocare questo cerimoniale, radunando le persone attorno a me e usando braci e fuoco vivo: facendoli assistere a tutto il processo di preparazione li faccio sentire parte di qualcosa e risveglio un loro istinto. C’è qualcosa di romantico in tutto questo. D: E gli ospiti come reagiscono? Chiedono chiarimenti e interagiscono con lei o se ne stanno in contemplazione dello spettacolo? R: Come è normale che sia, alcuni si limitano a guardare e basta. Però a me piace sentire quando le persone si divertono e si godono appieno l’esperienza, interagendo tra di loro e con me, magari chiedendomi cos’è l’ingrediente appeso alle mie spalle e come intendo prepararlo. Mi piace quando siamo un tutt’uno.
D: Quante persone lavorano con lei e quanti clienti servite? R: Oltre a me ci sono altri tre chef e quattro stagiaire di supporto, quindi otto persone che cucinano per un massimo di sedici commensali. Lavoriamo su due turni ogni sera, il primo appunto da sedici coperti in cui gli ospiti arrivano alle 18.30 e lasciano il posto alle 21.30, ora in cui arriva il secondo turno, questa volta da otto persone. D: Chambre Séparée sta a un ristorante tradizionale come il teatro sta al cinema: se ci sono errori non si può semplicemente rifare fino a ottenere un buon
risultato. Quanto è importante la preparazione quando si lavora in “presa diretta” e quanto spazio c’è per l’improvvisazione e il colpo di genio? R: Per quanto mi riguarda questo è un aspetto estremamente positivo perché ci obbliga alla disciplina: all’inizio è strano essere circondati da persone che osservano ogni tua mossa, ma poi ti abitui e ti scopri capace di movimenti che diventano sempre più eleganti e misurati. Sia chiaro, non si tratta di fare scena: tutto è estremamente autentico, quindi disciplina e concentrazione sono indispensabili cosi come lo è la preparazione. Dato che lavoriamo
con un menù che prevede circa 20 portate da servire in circa due ore, ogni pietanza deve essere preparata con un rispetto rigoroso delle tempistiche e ognuno deve aver chiaro a che punto deve essere pronto il piatto di cui è responsabile, cosi come il seguente e così via. Tutto è coordinato al minuto. D: Come se non bastasse tutto questo, è vero che lei non cura solo l’organizzazione in cucina ma si occupa anche della scelta musicale? R: L’idea alla base era di far sentire gli ospiti di Chambre Séparée come se fossero invitati a casa mia, anche se credo che il risultato sia molto
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migliore! Sono un collezionista di vinili e ogni giorno preparo la playlist che sarà diffusa durante la cena: a volte mettiamo musica classica soffusa, altre volte Rock &Roll a volume sostenuto. La musica riflette il mio stato d’animo e un’ambientazione così varia è divertente sia per noi sia per gli ospiti. Anche questo aspetto contribuisce alla riuscita della serata. D: Da qualche anno le tecniche di preparazione più raffinate prevedono l’uso di strumenti come roner, macchine per il sottovuoto, abbattitori di temperatura e uso del vapore, per citarne alcune. Lei invece usa esclusivamente strumenti di cottura come i Grill Santa Maria e il forno a legna, una specie di ritorno alle origini. Perché questa scelta e che importanza ha secondo lei lo strumento per ottenere un risultato eccellente? R: Per me si è trattato di una sfida: usare solo il fuoco e la temperatura. Mi piace l’aroma che si crea nei cibi usando queste tecniche di cottura e il fatto che ci si misura costantemente con un elemento che, di sua natura, è difficile da controllare. Per una delle nostre ricette, per esempio, il piccione deve scaldarsi sulla griglia a circa 60° per un’ora, poi passare in forno a 460° per un minuto e tornare a una fase di rest a temperatura moderata prima del servizio. È un gioco fatto di piccoli gesti alla ricerca della perfezione in cui si combatte con il rischio di compromettere il risultato al minimo errore, ed è per questo che è estremamente divertente. Quando usi strumenti precisi e che danno risultati ripetibili come un roner, stai applicando una scienza esatta. Quando lavori come noi, sei all’estremo opposto: cerchi di crearti una routine e di imparare come adattarla ogni giorno. A
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La vera essenza della cucina, per me, è questa. D: Gli strumenti che vediamo nella sua cucina sono principalmente dei grill in stile Santa Maria, un forno a legna e uno a carbone. Qual è il suo preferito? R: Il mio metodo di cottura preferito è l’abbinamento tra grill e forno a legna, combinazione che ben si presta al nostro stile di cucina. Uso poco il forno a carbone, più adatto a grossi pezzi di carne piuttosto che alle nostre preparazioni, ma non escludo di sfruttarlo di più qualora trovassi una buona ragione per farlo. D: I clienti non scelgono il menù, che cambia giornalmente secondo gli arrivi e gli abbinamenti che la sua esperienza suggerisce. È la conferma che la qualità della materia prima influisce più della tecnica per raggiungere picchi di eccezione? R: La materia prima, ovviamente, è di estrema importanza. Tutti i nostri ingredienti sono biologici e abbiamo una selezione di fornitori a cui ci affidiamo per trovare ogni giorno quel particolare tipo di pesce o di carne che vogliamo proporre nel menù. Per rendere il nostro lavoro più interessante cambiamo quotidianamente da un minimo di una a un massimo di tre portate, evitando la monotonia - soprattutto per noi - e arrivando a proporre un menu completamente rinnovato ogni mese. Il mio motto è “adattati, crea e poi evolviti”: se ogni giorno ti sforzi di inventare qualcosa di nuovo e ti attieni a questo modo di operare, ti evolvi continuamente come persona e come chef. Da giovane, all’inizio della mia carriera, pianificavo l’intero menu sulla carta e da lì partivo pianificandone la realizzazione;
ora ho invertito l’approccio: parto dal prodotto, lo guardo, lo assaggio e poi decido come cucinarlo. È un modo più istintivo di lavorare che comporta qualche rischio in più, visto che i clienti potrebbero non apprezzare quello che i miei gusti mi suggeriscono, ma d’altra parte amo interpretare le loro reazioni di fronte alle novità. Anche questo costituisce uno stimolo quotidiano e una possibilità di imparare. D: Il suo ristorante è in una location temporanea, i coperti sono pochi e la sua notorietà si basa soprattutto sul passaparola e una comunicazione minimalista
nonostante la stella Michelin. Sono tutti elementi che comunicano ai foodie vicini e lontani “approfittatene fin che potete”. Creare un’esperienza di lusso era la sua intenzione fin dall’inizio o ha semplicemente colto un’opportunità? Quali piani ha per il futuro? R: Per me tutto è partito dall’opportunità di fare qualcosa in questa location, disponibile solo per un tempo ben definito. Ci ha costretto a partire subito decisi, spinti dalla motivazione che il tempo a disposizione era limitato e con l’obiettivo di assicurare l’esperienza perfetta fin dal primo giorno.
L’esclusività è un valore aggiunto per gli ospiti, sanno di far parte di qualcosa di unico che sarà chiuso tra un anno e mezzo e non sarà più ripetuto in futuro. Per il seguito ho tantissime idee ed è quasi giunto il momento di cominciare a lavorare alla prossima, che tuttavia non so ancora quale sarà: ho la grande fortuna di avere molta libertà di scelta e voglio godermela fino in fondo. di Andrea Spaggiari
WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI
I L G U STO DEL VINO È UN GRAN BEL
CASINO Da Moana allo Zio Gianfry il segreto è tutto in bocca (prima parte)
Se leggete questa rubrica è perché odiate sentirvi inadeguati quando si parla di vino. Che odio. Come mai nessun disagio davanti a una fiorentina cruda e immangiabile che invece fa miagolare di piacere? Il segreto è tutto nell’X-Factor ma… Calma! C’è una soluzione a tutto e oggi vi svelo un piccolo trucco. Andiamo per gradi: il senso di inadeguatezza con il bicchiere in mano ha un solo vero ostacolo ed è il meraviglioso mondo dei profumi di cui abbiamo parlato: non essere allenati a riconoscerli, o più facilmente a millantare risultando credibili, ci fa sentire un po’ scemi. Sudore freddo, disagio e principio di balbuzie sono i sintomi evidenti ma c’è un momento esatto in cui la paura svanisce ed è quando il liquido entra in bocca. Un passo alla volta: se in quattro mesi a gingillarci sui profumi non abbiamo quasi bevuto un sorso c’è un motivo. Non è mica un caso che il prototipo del bevitore di vino sia ritratto col calice perennemente rotante in mano. Gira e rigira poi annusa, chiude gli
occhi trasognante, alza il sopracciglio per scovare il descrittore segreto e infine sentenzia, spesso prima di aver bevuto. Macchietta ma non troppo perché una qualche verità c’è. Pensate invece per un attimo all’icona del bevitore di birra. Addome scolpito da anni di ginnastica da bancone, afferra con sicurezza il bicchiere senza stelo, non lo lascia volteggiare come un ottovolante per non disperdere la preziosa anidride carbonica, annusa per apprezzare il profumo e sincerarsi che corrisponda allo stile, non snocciola descrittori e beve. Beve di gusto, a sorsi pieni. Gestualità differenti che pur si sfiorano. Poche chiacchiere, l’odore del vino ha qualcosa di magico. Pur con soglie di percezione differenti, tutti siamo capaci di sentire gli odori ma il riconoscimento dei profumi è uno scoglio: raramente intuitivo, solitamente figlio di allenamento e confronto. Impresa ancor più complicata dal fatto che matrici LUGLIO 2019
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WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI complesse come vino, birra e formaggio offrono tante molecole odorose ma presenti a bassa concentrazione. Un gran casino? Abbastanza. Repeat: diffidare sempre di chi recita la messa cantata delle analogie. Ma adesso viene il bello. Dopo colori e profumi, è la terza fase dell’analisi organolettica a chiudere il cerchio e salvarci la vita. La più importante e la più affidabile! Ve lo conferma Gabriel Lepousez, docente francese di neuroscienze, su La Revue du Vin de France, Bibbia francese del vino: “I degustatori che si fondano molto sulla bocca sono generalmente più solidi, vale a dire più affidabili”. Il naso fluttua, evolve, è aereo, la bocca è solida, stabile, “ripetibile”. Dirò di più: avete mai fatto caso a come assaggiano enologi ed enotecnici che il vino lo fanno? Pochissimo naso, il minimo indispensabile per individuare eventuali difetti, poi liquido immediatamente in bocca. Perché è il palato la vera cartina di tornasole e avere il vino in bocca ci rasserena, tranquillizza gli animi e dispone ad un’analisi sulla quale siamo più preparati perché la alleniamo quotidianamente, più volte al giorno. Il gusto – o meglio l’esame gusto-olfattivo - è determinante: il liquido o solido entra fisicamente all’interno del nostro corpo per essere esplorato in tutte le sue dimensioni: gustative ma anche tattili e retro-nasali. Il cuore del piacere (o della sgradevolezza
più estrema) è qui, guardare e annusare senza “toccare” sono un coitus interruptus ma la questione si complica a dismisura. L’assaggio tecnico di molti vini in batteria che vengono poi sputati ne è la prova definitiva. Per godere bisogna ingoiare. Esploriamo allora il gusto del vino. Un tripudio di stimolazioni che attiva una serie di aree cognitive del cervello ben più ampia di quanto non avvenga con la semplice olfazione diretta. Ci servirà giusto qualche nozione basilare di fisiologia del gusto, l’ultimo sforzo per dotarci di un mini-lessico comune ma state bravi. Non ditelo al professore di chimica o anatomia perché qui abbiamo sempre sete e tagliamo con l’accetta le questioni complesse.
In principio era la lingua. Il centro di raccolta dati del gusto è da sempre la lingua ma non come la conosciamo oggi. La classificazione dei sapori affascina da sempre l’umanità. Dall’antica Grecia di Democrito, quattro secoli prima di Cristo, all’inizio del Novecento,
WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI si è parlato essenzialmente di quattro sensazioni esperimento sarà illuminante: cenate con pasta, insalata provocate dagli stimoli gustativi: dolce, acido, salato e fettina di carne ospedaliera senza salare alcunché poi ne parliamo. Per non parlare poi dei vini a cui viene aggiunto e amaro. sale: non è legale ma può accadere, fidatevi. Nel 1918, con la pubblicazione del suo manuale di anatomia umana (Gray’s Anatomy, da non confondere Si potrebbe giocare all’infinito con le soglie di percezione con la serie tv Grey’s Anatomy), Henry Gray dei diversi gusti modulando la diluizione di zucchero, illustra la scoperta delle papille gustative arrivando acido tartarico (si compra in farmacia; prima ancora di a disegnare una mappa della lingua con soli quattro malico e citrico è l’acido più presente nel vino) e sale da sapori puntualmente localizzati su una specifica area. cucina in acqua pura e sarebbe un buon allenamento, Il dolce sulla punta, l’amaro sul fondo, il salato sui miscelando poi i dosaggi nello stesso bicchierino. lati anteriori e l’acido su quelli centrali. Attenzione! Peccato che poi nel vino si incasini tutto! Pensate per È l’immagine che abbiamo visto migliaia di volte e che esempio ad un bicchiere al contempo con residuo tuttora campeggia su vari testi di degustazione ma è zuccherino alto, molto acido e adeguatamente alcolico: scorretta. Ci sono voluti decenni e centinaia di studi un tripudio di stimoli che manda in tilt! Ci arriveremo per rimettere in discussione questa falsa credenza su più ma non prima di aver introdotto il quinto incomodo, piani ma andiamo per gradi. (Per facilitare, saltiamo a l’umami. pié pari ogni approfondimento sugli organi di senso, cioè papille, recettori e bottoni gustativi). Mai sentito? Il nome suona strano ma alcuni dei cibi più buoni al mondo ne sono pieni: Parmigiano Reggiano, Anzitutto, prima inversione a U: la percezione dei prosciutto crudo stagionato, acciughe, pomodori gusti è distribuita su tutta la lingua. Cambiano le secchi, vongole e tanto altro. Nel vino verrebbe da intensità ma basta un chicco di sale sulla punta per pensare a qualche Marsala, ai vini di stile ossidativo dello svelare l’arcano: si sente eccome! Non esistono quindi Jura, agli Sherry, universi dal gusto pieno e profondo. aree di percezione esclusiva. Tutti i gusti sono percepibili L’umami viene scoperto in Giappone nel 1908 da sull’intera lingua ma con intensità differente a seconda Kikunae Ikeda, professore di chimica all’Università dell’area. di Tokyo che stava studiando il sapore del dashi, un brodo tradizionale a base di kombu. Responsabile In secondo luogo, i gusti non sono quattro. dell’umami – che in giapponese significa “saporito” Di sicuro ne esistono cinque. Molto probabilmente sei. - è l’acido glutammico (uno dei 23 amminoacidi Forse addirittura sette (do you know kokumi?). naturali che costituiscono le proteine) e in seguito Qualcuno ipotizza possano essere molti di più ma alla scoperta iniziò la commercializzazione del iniziamo con quelli già codificati e riconosciuti dalla glutammato monosodico, cioè il sale di sodio dell’acido comunità scientifica. Dolce, salato, acido e amaro filano glutammico, per rendere più saporite le pietanze. via facili: caramelle, sale da cucina, succo di limone e Ci sono voluti 94 anni prima che venissero trovati i caffè o mandorle li identificano intuitivamente e non recettori specifici dell’umami, localizzati principalmente staremo ad approfondire perché il dolce sia confortante al centro della lingua, facendolo così diventare e ricercato dai bambini o l’amaro evoluzionisticamente ufficialmente il quinto gusto nel 2002. [Per sapere tutto correlato all’idea di tossicità. Gusto per il dolce e in materia, cercate online su BBQ4All l’enciclopedico rifiuto dell’amaro hanno un’origine ancestrale eppur articolo di Carlo Trono: “Umami, il quinto sapore: attualissima: il latte materno è dolce e grasso, le foglie un approfondimento illuminante”]. pescate a casaccio nella foresta sono probabilmente amare e spediscono diretti al gabinetto. Da piccolo io Nel 2012, un altro colpaccio della ricerca: sul Journal mangiavo fette di limone intere ma conosco decine of Lipid Research alcuni ricercatori della Washington di persone che non lo farebbero da grandi nemmeno University School of Medicine dimostrano l’esistenza sulle sotto tortura: quell’aspro mi piaceva, era a suo modo papille gustative della lingua di recettori che riconoscono una sensazione “forte” ed è il motivo per cui non piace a le molecole di grasso. Di più: chi geneticamente tutti. Quanto alla centralità del gusto salato in cucina, un percepisce in maniera più debole il grasso sarebbe più LUGLIO 2019
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WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI predisposto all’obesità. Sarà mica un caso che anche una È autoevidente come nel cibo ci siano infiniti gradi di suola di scarpe è buona fritta? Finalmente una scusa libertà e saper giocare con la plasticità della materia è l’asso nella manica dei grandi chef. Chi invece come credibile: sono grasso però è colpa di Madre Natura! noi bevitori ha il preciso dovere morale di alzare Ma non finisce qui: è notizia di questi mesi che secondo la media nazionale dei consumi alcolici ragiona uno studio accreditato la lingua “senta” gli odori. più semplicemente e introduciamo due concetti Il Dr. Mehmet Hakan Ozdener e i suoi colleghi fondamentali: durezze e morbidezze. Parti dure e del Monell Chemical Senses Center di Philadelphia parti morbide del vino sono l’asse portante dell’analisi sembrano aver individuato recettori olfattivi anche gustativa, interagiscono tra loro, nei casi migliori si sulla lingua ma prima di perderci nei meandri della amalgamano, nei peggiori sono insiemi disgiunti. scienza torniamo a noi e per farlo sarà ora di rispolverare un’equazione dello Zio Gianfry che mette a sistema Percezioni chemestetiche non è una parolaccia. tutti gli elementi che compongono il gusto, di un piatto Indica sensazioni uguali a quelle termiche ma indotte da stimoli chimici. Piccantezza, pungenza e freschezza come di un vino (con pochi facili adattamenti). per esempio: il mentolo rinfresca anche se è caldo, La formula del piacere: G = Pc + Pt + Pm + Pd + Px + Fx. il pepe del Sichuan punge fin quasi ad anestetizzare Gusto = Percezioni chimiche + Percezioni termiche le mucose della bocca ma non picca, il peperoncino + Percezioni Meccaniche + Percezioni Dolorose + invece può rovinare l’esistenza per qualche minuto. Percezioni chemestetiche + X-Factor. Se bevendo vino Provate come ho fatto io a sbagliare la dose di Carolina non si è mai fatto male nessuno (quindi Pd=0), per il Reaper e passerete il quarto d’ora più brutto della resto parliamo la stessa lingua. Sembra stregoneria ma un vostra vita: una bomba a mano di spilli che esplode in bocca (unico modo per spegnere l’incendio: un attimo di pazienza e sarà tutto più chiaro. bicchiere di latte freddo). E una grappa con 50% vol. Percezioni chimiche sono tutte quelle esplorate fino di alcol? Calore, calore, calore… anche servita fredda. ad ora: ci sono dentro l’infinito mondo dei profumi veicolati attraverso il naso e i gusti percepiti in bocca. Last but not least, l’X-Factor. Il lato emozionale Non servono eccessivi gargarismi e strippaggio (avete è fondamentale nell’esplorazione del gusto: il presente quando chi beve vino fa orribili rumori con gorgonzola puzza da morire ma è celestiale come la bocca? Ecco, quella roba lì serve per assaggiare l’olio il vino del contadino di fianco a casa mia: ha uno ma nel vino è discretamente inutile) per stimolare il spunto acetico che ti fa la permanente ma lui ci palato e percepire il necessario, basterà “masticare” mette tanto di quell’amore che non puoi non berlo. silenziosamente il liquido per stimolare tutta la È anche il motivo per cui i vini bevuti nella zona di superficie della lingua e avere le informazioni necessarie. produzione, immersi nel panorama e tra le genti che lo fanno, è sempre più buono di quando si torna a casa. Percezioni termiche aka la temperatura del vino, Avete presente quanto si gode a mangiare una bistecca niente di più sottovalutato. E son bestemmie ogni con l’osso accompagnata da un calice di Chianti volta che ci servono un vino bianco congelato o dal fiasco comodamente seduti in un ristorante a un rosso caldo come il brodo. Uno schifo assurdo! Panzano in Chianti? Terribili entrambi ma poi alzi lo L’idea di un Barolo servito in spiaggia sotto il sole sguardo e passa tutto. d’estate è repellente ma non così lontana dal vero perché si passa dal trionfo al tracollo in un attimo. Noi però non ci accontentiamo e ne vedremo delle Il vino rosso fresco d’estate non è un crimine bensì belle. È solo l’inizio. una necessità. La temperatura di servizio modifica Alessandro Morichetti strutturalmente la percezione generale e più avanti vedremo come. Percezioni meccaniche, ovvero le consistenze. Qui solidi e liquidi imboccano strade differenti. æA
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PLANKING come cuocere sulle tavolette di legno
DISPOSITIVI E ACCESSORI - IL PLANKING a cura di MICHELE CHIPA Il pesce è un alimento che si presta molto bene all’affumicatura, l’importante è che sia leggera e non copra il sapore delicato di questa pietanza. I legni da scegliere, quindi, non devono avere caratteristiche aromatiche troppo forti, né essere pungenti. Per questo motivo si consiglia l’utilizzo di agrumi: hanno la giusta forza e il giusto aroma per abbinarsi alla perfezione al pesce. Oltre all’affumicatura con chunk e chips, esiste un altro metodo che permette di affumicare in maniera ottimale la carne del pesce: il planking. Con questa tecnica, la cottura avviene a contatto con delle tavolette di legno dette plank. Ne esistono diversi tipi, di legni differenti e dimensioni variabili. Le più comuni sono quelle di cedro, tra l’altro perfette per il pesce. Il procedimento di affumicatura in planking prevede come primo step l’immersione in acqua delle tavolette. I produttori consigliano di lasciarle a mollo per un minimo di 2 ore. Questo passaggio impedirà al legno di carbonizzarsi troppo o di incendiarsi una volta inserito nel dispositivo di cottura. Successivamente bisogna posizionare la tavoletta sulla griglia sopra ai carboni per iniziare la produzione di fumo e, una volta ottenuta, si deve spostare la mattonella di legno in cottura indiretta. A questo punto è sufficiente posizionare il pesce sulla tavoletta fumante ed aspettare la fine della cottura.
Il contatto con il legno fumante renderà il processo di affumicatura più efficiente e insaporirà ulteriormente l’alimento grazie agli oli essenziali che si sprigioneranno dal plank. Dopo un paio di volte, le tavolette inizieranno ad annerirsi e a diventare inutilizzabili per l’affumicatura. Potrete però ridurle in piccoli pezzi e riutilizzarle come chunk fino alla loro completa carbonizzazione. Vi do un piccolo consiglio: lasciate la pelle al pesce, per evitare che si attacchi alla tavoletta, e per questo tipo di cottura utilizzate una tipologia di pesce con delle carni non troppo tenere; ad esempio, il salmone si presta benissimo a questo tipo di cottura. Un altro suggerimento: utilizzate la tavoletta anche per servire il pesce in tavola, non prima di averla posizionata su un tagliere resistente al calore. L’effetto scenico sarà assicurato! Anche l’occhio (da pesce) vuole la sua parte. Michele Chipa
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PER INIZIARE - GRIGLIARE IL PESCE a cura di MICHELE CHIPA
BUT TIAMOCI A PESCE! Gli errori da non fare e qualche consiglio per grigliarlo alla perfezione Il pesce è uno degli alimenti più difficili da grigliare. Alzi la mano chi non ha mai fatto un disastro cimentandosi per la prima volta in questa impresa. Questa particolare materia prima, infatti, ha delle simpatiche abitudini che mettono alla prova le skill del grigliatore: intanto ha la carne talmente delicata che si distrugge in caso di utilizzo improprio della pinza o della spatola, inoltre si attacca facilmente alla griglia e riesce a passare da “è ancora crudo” a occavolo si è disintegrato" nel giro di pochi secondi. Un altro rischio che si corre quando si griglia questo
tipo di alimento è che la polpa, invece che delicata, succosa e piacevolmente saporita, diventi asciutta, stoppacciosa e sgradevole da masticare. In questo articolo vi darò delle dritte che vi permetteranno di grigliare in tutta tranquillità il pesce e di ottenere risultati ottimi con pochi accorgimenti. La prima cosa da sapere è che il pesce è ricco di grasso e tessuto connettivo. Quest’ultimo non è altro che collagene, una struttura capace di tenere unite le fibre muscolari. Rispetto a quelle del manzo, le fibre LUGLIO 2019
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muscolari del pesce sono molto corte e spesse e lo strato di collagene è meno resistente di quello presente nei bovini. Ciò cosa significa? Che il pesce cuoce molto velocemente, che non necessita di alcuna azione di intenerimento e che la vera sfida non è renderlo tenero ma evitare che si disfi in cottura o che diventi secco e immangiabile.
Basta accartocciarne un pezzo, bagnarlo con dell’acqua e poi distenderlo sulla griglia. Una volta avvenuta la reazione di Maillard potremo eliminarla perché ormai avremo azzerato il rischio che il nostro filetto si attacchi. Come scongiurare il pericolo di stracuocere il pesce? Non posso far altro che dirvi di usare il termometro. Non esiste un tempo di cottura. Sappiamo solo che la trasformazione del collagene in gelatina e la coagulazione completa della struttura proteica avviene a temperature comprese tra 58°C e 60°C. Solamente con un termometro avrete la certezza del risultato: controllare la cottura ad occhio mal s’addice ai nostri metodi...
Le fibre muscolari durante la cottura coagulano, cambiando da un aspetto traslucido ad opaco. Simultaneamente, il collagene si scioglie in gelatina molto presto e le grosse fibre muscolari, non avendo più sostegno, tendono a sfaldarsi e a scivolare l’una sull’altra lubrificate dal collagene disciolto. Questo è il motivo per cui, di solito, si tende a stracuocere il pesce. Inoltre, come tutti sapete, il pesce tende ad attaccarsi alla griglia: quindi, carne dura e asciutta che si disintegra quando Vi elenco anche le temperature di cottura ottimale per cerchiamo di girarla. Un vero incubo.. i principali pesci, molluschi e crostacei. Ovviamente le temperature al cuore sono misurate nel punto in cui la Fortunatamente esistono degli accessori che polpa è più spessa. facilitano il compito: i basket. Si tratta di graticole composte da reti metalliche Salmone................................................................... 54/57°C a maglie sottili che mantengono l’alimento non a Halibut/Merluzzo/Scorfano/Branzino/Trota.... 58/60°C contatto con la griglia. Una volta posizionato il pesce Tonno/Pesce Spada “rare”..................................... 40/45°C all’interno di questo prezioso strumento, e chiuso con un rapido gesto, è possibile girare l’alimento delicato Gamberi, gamberoni, astici, aragoste granchio.....58/62°C senza rischi. Utilissimo nel caso in cui si voglia grigliare Capesante..................................................................... 48°C un pesce intero. Se non abbiamo a disposizione questo accessorio, allora dovremo utilizzare un metodo Adesso non vi resta che mettere in pratica questi consigli facile, veloce e indolore: adoperare la carta da forno e prepararvi per la migliore grigliata di pesce di sempre. bagnata, utile soprattutto col pesce sfilettato. La carta forno permette il trasferimento del calore al filetto ma al contempo funge da supporto antiaderente. Michele Chipa æıA
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SPECIALE PESCE - RICETTA di MICHELA BONGIORNI
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VOL AU VENT CON GUACAMOLE E GAMBERONI GRIGLIATI Il gambero è un frutto del mare, te lo puoi fare arrosto, bollito, grigliato, al forno, saltato, c’è lo spiedino di gamberi, gamberi con cipolle, zuppa di gamberi, gamberi fritti in padella, con la pastella, a bagnomaria, gamberi con le patate, gamberi al limone, gamberi strapazzati, gamberi al pepe, minestra di gamberi, stufato di gamberi, gamberi all’insalata, gamberi e patatine, polpette di gamberi, tramezzini coi gamberi... e questo è tutto mi pare. - dal film Forrest GumpE in effetti, Bubba, hai proprio ragione: questo crostaceo gustoso e saporito si presta a infinite preparazioni e ad abbinamenti con moltissimi sapori diversi. La sfida era quella di proporvi qualcosa che unisse la passione per la griglia a un aperitivo sfizioso, non pesante, che si mangiasse in un sol boccone e facesse venir voglia di prenderne ancora, in stile uno tira l’altro. Sono nati così i vol au vent ripieni di salsa guacamole; questa burrosissima salsa con una spiccata nota di lime non va a coprire, anzi lo esalta, il sapore esplosivo del gamberone grigliato. Se - come è successo a me - avete qualche ospite un po’ schifiltoso (leggi Nencioni), che non sopporta l’idea di mangiarsi l’intestino, dovete assolutamente toglierlo e pulire per bene il crostaceo, anche se molti mangiatori seriali di gamberi diranno che questa operazione è inutile e che anzi, se non succhi la testa godi solo a metà (provateci, abbiate coraggio, e non smetterete più di farlo). In ogni caso, che voi apparteniate alla prima o alla seconda categoria - onestamente io preferisco pulirli non temo smentite se vi dico che questo piccolo boccone vi soddisferà pienamente. Burroso ma non pesante, acido al punto giusto, dolce quanto basta: la felicità in un morso. Il contrasto poi fra il gambero caldo e la salsa guacamole fredda, serviti in un fragrante vol au vent, vi sorprenderà piacevolmente ancora di più. Oh, mi raccomando, non barate: non rovinate
tutto comprandovi quei vol au vent imbustati, tristi, insapori e duri. Ci vuol poco a farseli in casa Ok, vi concedo almeno la pasta sfoglia già pronta. Ma per il resto non fate i pigri: occhio, che vi vedo! Preparazione: 1. Srotolate la pasta sfoglia e ricavate trentasei tondi tutti uguali usando un coppapasta di circa 6 centimetri di diametro. Mettetene da parte dodici, mentre praticherete un foro al centro dei restanti 24, utilizzando un coppapasta di diametro più piccolo, in modo da ottenere delle corone. 2. Bucherellate con una forchetta i dischi pieni e spennellateli con l’uovo sbattuto. Su ciascuno poi posizionate due corone, spennellando con l’uovo sbattuto anche i bordi. 3. Cuoceteli a 180 gradi finché non saranno dorati, leggeri e fragranti. 4. Preparate la guacamole sbucciando un avocado maturo, privandolo del nocciolo e tagliandolo a pezzetti piccoli. Schiacciate la polpa dell’avocado con una forchetta riducendolo a una poltiglia: a questo punto aggiungete sale, pepe, cipolla tritata finemente, il succo del lime e l’olio. Mescolate il tutto e tenete in frigo la guacamole così ottenuta. 5. Preparate il vostro dispostivo per una cottura diretta. Se volete pulire i gamberoni privandoli dell’intestino, togliete loro la testa e aiutandovi con uno stuzzicandenti sfilate l’intestino delicatamente. Non togliete il resto del carapace. In alternativa, lasciateli interi. 6. Mettete i gamberoni in cottura così come sono: saranno cotti quando avranno raggiunto i 55 gradi al cuore e il carapace sarà diventato bianco. Nel frattempo riempite i vostri vol au vent con la guacamole 7. A questo punto sbucciate i gamberoni e adagiateli caldi sui vol au vent ripieni. Servite con una macinata di pepe e un po’ di prezzemolo tritato finemente. Michela Bongiorni LUGLIO 2019
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SPECIALE PESCE - RICETTA di MARIANGEL IBBA
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(...MA ANCHE AI GRANDI):
un fish burger che mette tutti d’accordo Quando si organizza una grigliata tra amici, dopo essersi scervellati tanto ed aver pianificato ogni dettaglio del menù, c’è sempre un familiare che, con sguardo di sfida, ti domanda “...e i bambini cosa mangiano?”. Ma tu, poggiando i pugni sui fianchi in posa da supereroe, a testa alta rispondi: l’hamburger! Facile, finché si tratta di ciccia...ma col pesce? È ben noto che la maggioranza dei bambini non ami molto questo alimento. Spesso, di fronte ad una preparazione contenente pesce, assumono la loro tipica espressione di disgusto e con il consueto broncio sentenziano un "non mi piace". E tu cadi nella disperazione più profonda. Ma, ti assicuro, non c’è nessun motivo per disperarti, perché la soluzione al problema è molto semplice. Ebbene sì, stai per leggere la ricetta di uno squisito burger di pesce che ti risolverà ogni problema senza dover ricorrere a bastoncini di capitani di mare barbuti. Questa preparazione si può realizzare con diversi tipi di pesce, come il tonno e il ssalmone, ma per andare sul sicuro utilizziamo il merluzzo. È però un vero peccato relegare questa golosa preparazione solo al tavolo dei più piccoli. Per cui ti
propongo una farcitura per creare un fish-burger che soddisfi tutti quanti. Infatti, dopo aver trattato il pesce e averlo aromatizzato con sale, pepe e prezzemolo, impanato e buttato sulla griglia, racchiudiamo il burger in un panino, dove una deliziosa e fresca salsa allo yogurt si sposa alla perfezione con il sapore delicato del patty di merluzzo. Per rendere il nostro fish-burger una vera bomba di sapore, aggiungiamo anche un gustoso trito di acciughe e olive verdi, che esalta al massimo le caratteristiche del merluzzo. Infine, diamo un tocco di croccantezza al tutto con fettine sottili di cetriolo e carote alla julienne. Preparazione 1. Innanzitutto, elimina le eventuali spine presenti nei filetti di merluzzo. Poi tagliali grossolanamente e con l’aiuto di un mixer frulla il pesce. 2. Al merluzzo aggiungi il prezzemolo e il sale, poi amalgama bene gli ingredienti tra loro. Per dare un po’ di consistenza all’impasto aggiungi se vuoi del pangrattato. 3. Per dare al pesce la forma dei burger utilizza un coppapasta, quadrato o tondo scegli tu. Prendi 100g di composto, distribuiscilo all’interno della
cornice e pressalo con le mani, in modo da rendere il burger compatto. 4. Con molta delicatezza passa il pesce nel pangrattato, per dargli una leggera panatura. 5. Prepara il dispositivo per una cottura indiretta a 180 gradi 6. Mentre aspetti che il dispositivo raggiunga la giusta temperatura, prepara la crema. Mescola insieme la maionese, lo yogurt e l’erba cipollina tritata finemente. 7. Lava sotto l’acqua corrente il cetriolo e, senza sbucciarlo, taglialo a fettine sottili. 8. Taglia le carote a julienne, 9. Trita grossolanamente insieme le acciughe e le olive verdi. 10. Con un pennello cospargi con un velo di olio i burger di pesce. Ponili sulla griglia in cottura indiretta dalla parte opposta delle braci e falli cuocere per qualche minuto da entrambi i lati. 11. Dividi i panini in due e griglia la parte interna. 12. A questo punto sei pronto per montare i panini. Prendi il pane, metti un generoso strato di salsa, le carote, il patty di pesce un altro strato di salsa, le fettine del cetr iolo e infine il gustoso trito di olive verdi e acciughe. Chiudi il panino. Addenta. Ricordati anche dei bambini, eh. Mariangela Ibba LUGLIO 2019
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CO U S COUS
CO N BRODO DI PESC E
E SCAMPI GRIGLIATI piatto di popoli e di re
Il cous cous è una pietanza antichissima. Alcune fonti riportano che perfino il re Salomone si concedesse grandi abbuffate di questo piatto per alleviare le pene d’amore. La sua grande versatilità era utile ai nomadi berberi, che durante la transumanza avevano sempre a disposizione un cibo fresco e saporito. Grazie a questa caratteristiche, la pietanza si è diffusa lungo tutti i paesi dell’area mediterranea nel corso dei secoli. Verso la metà dell’800 i pescatori liguri e quelli siciliani, che stazionavano in Nordafrica, permisero la diffusione di questo piatto anche in Italia. I liguri lo fecero conoscere agli spagnoli e ai sardi, questi ultimi ancora oggi lo preparano con una grana più grossa rispetto al solito e lo chiamano fregola. I pescatori siciliani, invece, fecero conoscere il cous cous ai loro conterranei trasformandolo in un piatto tipico soprattutto nelle zone del trapanese. L’importanza e la diffusione di questa meravigliosa pietanza meritarono pure delle citazioni letterarie, forse una delle più belle è quella di Edmondo de Amicis, il quale in Marocco (1876) definisce il cous cous “piatto di principi e di popolo” e lo ricorda perché memoria delle identità in un piatto unico che unisce i popoli. È doveroso, prima di iniziare, fare una precisazione: il pesce per il brodo varia in base alla zona, di seguito vi propongo quelli più tipici dell’area del trapanese; per quanto riguarda le quantità è molto difficile dare una dose precisa, ognuno può decidere di metterne, per ogni tipo, quanto ne gradisce: æA
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aromi, perché al termine il sapore principale deve essere quello della zuppa e non delle spezie. 5. Terminata la fase di incucciatura si passa alla cottura del cous cous. Il metodo tradizionale prevede l’uso di un recipiente per la cottura a vapore chiamato couscoussiera. Quella usata nel trapanese è in genere composta da una specie di colapasta di terracotta verniciata a fondo tondo, con relativo coperchio, e una pentola dai bordi alti capace di ospitare questo Nel nostro caso, continuando la tradizione di questo “colapasta”. Se non si ha questo strumento, si può piatto che avvicina popoli e culture diverse, andremo utilizzare uno scolapasta forato sopra a una pentola. a unire a questa preparazione anche l’amore per la Se l’incastro tra il bordo della pentola inferiore e griglia; quindi, oltre al brodo classico fatto col pesce, il recipiente superiore non è ermetico, per non far griglieremo qualche scampo, qualche calamaro e una fuoriuscire il vapore dai lati viene usato una “colla” bella fettona di pesce spada. Il pesce grigliato e condito di acqua e farina. Questo perché il vapore dovrebbe con tanto limone darà una spinta in più a tutto l’insieme. uscire esclusivamente dai fori dello scolapasta. Nei paesi arabi si usa la pentola dai bordi alti per cuocere Preparazione del cous cous le verdure o la carne in umido e il cous cous si cuoce 1. Si inizia con l’incucciatura, ossia la preparazione del assorbendo i sapori della preparazione sottostante. chicco, una aggregazione di 2-3 granelli di semola. La A Trapani nella pentola sotto si mette solo acqua, e dimensione del chicco è fondamentale: se è troppo il cous cous si insaporisce una volta cotto, quando piccolo il cous cous in cottura rischia di diventare un viene unito alla zuppa di pesce. mappazzone, se è troppo grosso assumerà la consistenza 6. Adagiate sui fori della couscoussiera qualche foglia tipica della fregola sarda. Tradizionalmente si usa di alloro, o eventualmente della cipolla tagliata lu lemme, una zuppiera di terracotta bassa e larga. finemente, e versate il cous cous a formare un In alternativa potete utilizzare un piatto molto cumulo. Con un lungo stuzzicadenti formate un foro grande, scanalato e con i bordi alti. dal centro del cumulo fino al fondo per permettere 2. Versate tre o quattro pugni di semola nel piatto e una migliore circolazione del vapore. versate POCHISSIMA acqua. È di fondamentale 7. Mettete acqua nel recipiente sottostante e sigillate importanza mettere l’acqua poco alla volta, saremo i due contenitori con un impasto di acqua e farina. sempre in tempo ad aggiungerne altra. Tenete la mano Accendete il fuoco e – quando inizia a uscire vapore a coppo, come se steste impugnando un’arancia, con – abbassate la fiamma, mettete il coperchio in modo i polpastrelli a contatto con lu lemme, e massaggiate che rimanga leggermente aperto e fate cuocere per la semola in rotazione oraria. Aggiungete acqua e circa mezz’ora. Rimestate il cous cous sollevando i semola fino a ottenere chicchi di circa due millimetri granelli e facendo prendere aria – mai schiacciando di diametro. Preparate piccole quantità di cous cous – poi rimettete il coperchio e lasciate cuocere per per volta. un’altra mezz’ora. Una volta terminata la cottura, 3. Una volta formati, trasferite i chicchi in un altro il cous cous si dovrà presentare umido e sgranato. lemme. In assenza del lemme potete utilizzare una Tenetelo al caldo in un contenitore di terracotta, ciotola di terracotta. In alternativa, potete anche quello tipico si chiama Tajine, ma andrà bene anche utilizzare uno strofinaccio da cucina pulito, correndo un altro tipo di contenitore. però il rischio che il cous cous si asciughi troppo e che non cuocia mai. Procedete incucciando tutta la Preparazione del brodo semola. Una volta terminato il processo potete passare 1. Preparate il kettle per una cottura con il wok. il cous cous al setaccio per togliere l’eventuale residuo. 2. Pulite il pesce , eviscerandolo e squamandolo. 4. Condite il cous cous con un filo di olio extravergine Nel wok versate un po’ d’olio, aggiungete la cipolla d’oliva e, con il palmo delle mani, sfregatelo in modo tritata finemente e uno spicchio d’aglio, in alternativa che, alla fine, tutti i granelli siano unti d’olio e ben potete usare l’aglio e olio scientifica (spiegata da sgranati. Aggiungete al cous cous sale, pepe e se Gianfranco Lo Cascio sulla BBQ4All Community volete cannella e curcuma. Non esagerate con gli di Facebook) come fondo per la cottura del pesce. A
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3. Appena il fondo di cottura prende calore, aggiungete il pesce partendo dai più grandi fino ai più piccoli. Sfumate con un po’ di vino bianco e appena questo sarà evaporato aggiungete il pomodoro. Coprite con acqua, salate e pepate a piacere. Chiudete ll kettle e aspettate che il tutto arrivi a bollore. 4. Raggiunto il bollore del brodo aggiungete i calamari e lasciate cuocere qualche minuto. Come ultimo step aggiungete le cozze. 5. Appena il pesce è cotto, con una schiumarola togliete i tranci di pesce più grandi e adagiateli su una placca, scarnateli e deliscateli. Nel frattempo mettete nel brodo lische a carapaci per conferire ancora maggiore sapore al vostro brodo. Come ultimo passaggio filtrate a maglia molto fine il vostro brodo.
Passaggi finali e servizio: 1. Infine grigliate nel kettle in cottura diretta gli scampi, i calamari e la fetta di pesce spada, avendola prima asciugata con cura e poi ben oliata. Condite i calamari e il pesce spada con olio, limone, sale e pepe. 2. Come ultima cosa componete il piatto. Sul cous cous adagiate i tranci di pesce che avete precedentemente levato dal brodo, aggiungete le cozze e gli scampi. Decorate con del prezzemolo. Versate infine due mestoli di brodo caldo per condire un minimo il piatto. Poi unite anche il pesce grigliato. 3. Servite accompagnandolo col brodo: i commensali ne aggiungeranno la quantità che più preferiscono man mano che mangeranno questa prelibatezza assoluta. Michela Bongiorni
SPECIALE PESCE - RICETTA di MARIANGELA IBBA
Calamari grigliati in insalata di grano al pesto sfizioso:
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Le insalate di riso, di pasta e di farro sono un vero classico della stagione estiva. Sono immancabili durante i pranzi e le cene con gli amici, si prestano a essere utilizzate come piatto unico, come aperitivo o come spuntino al mare al posto del solito panino. Veloci e semplici da realizzare, sono anche molto gratificanti per il palato perché, se fatte bene, sono ricche di ingredienti e di sapori. Oggi vi propongo una versione con i calamari grigliati, per soddisfare la vostra voglia di griglia. Al posto della pasta, del riso o del farro utilizzeremo inoltre il grano saraceno, un ingrediente meno conosciuto per questo tipo di preparazione. Infatti, solitamente viene utilizzato nei preparati caldi, come zuppe e minestre, e nei panificati. Detto anche “grano nero”, sembra che la sua origine sia da collocarsi in Siberia e in Cina, per poi espandersi in India, Giappone e Turchia. E fu proprio quest’ultima a diffondere questo tipo di coltivazione nel Vecchio Continente, durante il Medioevo. Solo che a causa della sua poca produttività, nel tempo è diventato un cereale di seconda classe, tornato molto in voga oggi, perché privo di glutine e per il suo basso indice glicemico. ıA
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Il grano si sposa piacevolmente con questo tipo di ricetta: non scuoce, risulta gradevole alla masticazione e il suo sapore tipico si armonizza con gli ingredienti che utilizzeremo. Per legare insieme i calamari e il grano, condiamo il tutto con un pesto di prezzemolo, mandorle, aglio, olio, limone, sale e pepe. Provatelo e poi fatemi sapere cosa ne pensate. Per quello che mi riguarda, questa insalata di grano coi calamari grigliati è balzata al primo posto fra le preparazioni di questo tipo. Preparazione: 1. Lessate in abbondante acqua salata il grano. Una volta pronto, scolatelo e raffreddatelo sotto l’acqua corrente, per bloccarne la cottura. 2. In un mixer tritate il prezzemolo, l’aglio, le mandorle, l’olio d’oliva e il limone. Aggiustate di sale e pepe. 3. Passiamo alla pulizia dei calamari. Afferrate la testa e i tentacoli e con delicatezza tiratela, in modo che si stacchi dal resto del corpo. 4. Eliminate dalla sacca eventuali residui di interiora ed eliminate il gladio, o la penna di cartilagine. Lavate bene la sacca sotto l’acqua corrente.
5. Incidete leggermente la sacca con un coltello per eliminare la pelle spessa del calamaro e con le mani staccatela delicatamente. 6. Prendete i tentacoli, tagliate la testa sopra gli occhi ed eliminate anche il becco. Sciacquate i tentacoli sotto l’acqua corrente. 7. Mi raccomando, è fondamentale asciugare bene i calamari con della carta assorbente. 8. Preparate il dispositivo per una cottura diretta. 9. Quando la griglia sarà rovente, spennellate con un velo d’olio le sacche dei calamari e cuocetele per pochi minuti. 10. Per cuocere i tentacoli, vi consiglio di prendere della carta da forno bagnata e strizzata, di porla sopra le braci e di cuocerci sopra i tentacoli spennellati con un velo d’olio, anche questi per pochissimi minuti. 11. Quando i calamari sono pronti, tagliatetene qualcuno ad anelli, lasciandone altri interi, e tagliate i tentacoli grossolanamente. Conditeli con sale, olio e pepe. 12. Prendete il grano, che avrete versato in una ciotola capiente ed aggiungete il pesto facendo in modo che si distribuisca omogeneamente. Aggiustate di sale e poi unite i calamari conditi,
terminate con una grattugiatina della scorza di limone. 13. Riponete in frigo il recipiente coperto da pellicola alimentare, in modo che il pesto insaporisca sia il grano che i calamari. Per dare un tocco di colore in più, potreste aggiungere anche qualche pomodorino fresco. Mariangela Ibba
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MOULES FRITES con le patate andiamo a...cozze!
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SPECIALE PESCE - RICETTA di LUCA GALLOZZA
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Immagina di stare in una bella villa davanti al mare: un bel giardino con le palme, un prato verde appena rasato e il profumo di salmastro che arriva fino a te. Lì, in un angolino, un bel kettle che ti guarda pronto a mettersi a nudo. E anche se a due passi ci sono ristorantini più o meno quotati, tu preferisci comunque il magnetico richiamo di quel dispositivo. Ma è caldo, non hai voglia di metterti a cucinare ciccia per ore. Quindi, col classico abbigliamento da vacanziero e le infradito di ordinanza, corri subito dal pescivendolo. Stasera hai deciso: cucinerai le Moules Frites con gli amici sul prato, sotto il gazebo, a ridere e a scherzare in piena convivialità, davanti a quel dispositivo che ti ha rapito l’anima. Questo è un piatto di origine belga, preparato molto anche nel nord della Francia: di solito è costituito da mitili cucinati nel brodo o nella birra e poi serviti insieme a patatine fritte. Lo rivisiteremo in chiave BBQ, ovviamente, con un tocco di originalità. Ora smetti di sognare e datti una mossa, se non vuoi rimanere a pancia vuota.
4. Tagliate a fiammifero e friggete le patate. Se le volete perfette seguite le istruzioni del mensile di Giugno sulla patata perfetta. Ancora calde, salate e spolverizzate con il rub Montreal Steak Seasoning 5. Mentre aspettate che le patate siano pronte, posizionate in diretta un wok. Versate dentro il burro, il sedano, il porro e la mezza cipolla tritati finemente, insieme a uno spicchio d’aglio, che poi toglierete quando sarà imbiondito. 6. Fate soffriggere, quindi unite le cozze e il vino. Spolverate di prezzemolo e pepate. Fate sfumare e poi coprite. 7. Mescolate di tanto in tanto, finché le cozze non si saranno tutte aperte. 8. Direi che potete abbrustolire alcune fette di pane sulla griglia ancora calda, spalmandole preventivamente con un velo di burro e siete pronti a servire el Moules- frites ai vostri invitati, insieme alle fettine di limone grigliato. Luca Gallozza
Procedimento: 1. Pulite e lavate bene le cozze. Immergetele in acqua e sfregatele l’una con l’altra per eliminare le incrostazioni e il bisso, avendo cura di eliminare quelle aperte o rotte. 2. Impostate il vostro kettle con il carbone al centro, portando la griglia a temperatura di 180°C. 3. Grigliate in diretta un porro, una mezza cipolla e le fettine di due limoni per qualche minuto. Tenete da parte. LUGLIO 2019
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su piastra di sale
fai da te
Il sale è quel pezzo di mare che non è voluto tornare al cielo (...) Prima c’è la natura, in questo caso il sale, e poi l’uomo, che non può nulla per migliorarne la perfezione, può solo con umiltà cercare di usarlo bene. Tomaž Kavcic
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SPECIALE PESCE - RICETTA di MICHELA BONGIORNI La cottura su piastra di sale è un metodo ancora poco utilizzato dai griller. Vuoi perché le piastre che si trovano in commercio costano non poco, vuoi perché in molti non si fidano del risultato – diverse persone, spesso, mi hanno confessato il timore che alla fine il cibo risulti troppo sapido- sta di fatto che questo metodo rimane ancora uno dei meno usati dalla maggior parte dei nostri amici grigliatori seriali. Onestamente, è un vero peccato: questo tipo di cottura consente di preparare pietanze deliziosamente saporite e raffinate, oltre ad essere perfetta per la cottura del pesce. Il lento rilascio delle piccole quantità di sale assicura un gusto uniforme, delicato e – per rassicurare i più scettici- sapido al punto giusto. Come ovviare però al problema del costo non bassissimo delle piastre che si trovano in commercio? Facendosela in casa. Ebbene sì, è possibile e nemmeno troppo difficile farsela da soli; oltretutto, in questo modo, si può anche aromatizzarla come si desidera affinché durante la cottura rilasci, insieme alle piccole quantità di sale di cui parlavo prima, anche gli aromi delle spezie che abbiamo scelto. Nel nostro caso, andremo a cuocere su una piastra di sale fai da te un’orata intera. Seguitemi con attenzione perché è divertente, è facile, è scenografico e consente di ottenere un risultato da urlo. Quello dei vostri commensali. Come preparare la piastra di sale fai da te L’interessante metodo nasce da un’idea del cuoco sloveno Tomaž Kavcic, chef che si è fatto conoscere in Europa per la sua cucina innovativa e creativa: si prende del sale grosso e del sale fino, si aromatizza il tutto con un infuso di erbe e si crea una piastra di sale dove cuocere il pesce (intero o a filetti). Si parte quindi dal creare l’infuso di erbe: timo, alloro, rosmarino, aglio, prezzemolo e salvia. Si porta ad ebollizione l’acqua, si attende qualche minuto poi si mettono le erbe in infusione. Trascorso un po’ di tempo, anche una notte intera, si filtra l’acqua e si ottiene quindi l’infuso. A quel punto basta prendere una teglia di alluminio dai bordi alti, farla diventare rovente e poi versarci dentro uno strato di sale fino e uno di sale grosso mescolato con erbe aromatiche a piacere: nel nostro caso timo, rosmarino, salvia e aglio. Si compatta bene il sale e poi si comincia a inumidirlo, bagnandolo poco a poco con l’infuso preparato in precedenza. Si ripete l’operazione fino ad ottenere un strato di almeno 3 cm. A quel punto
non resta che aspettare che la piastra di sale si indurisca e il gioco è fatto. Per pulire la teglia in alluminio, basta versarci dentro un po’ d’acqua e attendere che il sale si sciolga un po’. Oppure, come abbiamo fatto noi, basta rivestire la teglia con dei fogli di alluminio e poi tirare su la piastra di sale alla fine, dopo che si è raffreddata. Preparazione: 1. Accendete il dispositivo e stabilizzatelo ad una temperatura di 180/200 gradi. 2. Fate arroventare nel dispositivo una teglia di alluminio. 3. Nel frattempo, tritate grossolanamente le spezie e mescolatele bene col sale grosso. 4. Quando la teglia di alluminio sarà rovente, versate meta del sale grosso e metà del sale fino nella teglia, livellando bene il tutto. Inumidite con l’infuso che avrete preparato il giorno precendente, usando le stesse erbe che avete mescolato al sale grosso. Mettete la teglia di nuovo nel dispositivo e poi ripetete l’operazione col restante sale. 5. Quando la lastra di sale si sarà indurita e sarà caldissima, abbassate la temperatura del disposiivo a 130 gradi. 6. Oliate bene l’orata eviscerata, insaporitela all’interno con un rametto di rosmarino intero, e poi appoggiatela sulla piastra di sale, tenendo la teglia di alluminio in cottura indiretta. Affumicate con qualche chips di legno aromatico e chiudete il coperchio. 7. Trascorso circa un quarto d’ora, girate l’orata dall’altra parte. Durante la cottura vaporizzate ogni tanto il pesce con l’infuso aromatico. 8. Termometro alla mano: la vostra orata sarà pronta quando infilando la sonda nel punto più carnoso avrà raggiunto i 60 gradi. 9. Non vi resta che toglierle la pelle, deliscarla, sfilettarla e servirla. Un consiglio? Mangiatela così, in purezza, senza coprirla troppo con salse varie, per assaporare tutti gli aromi. Una spruzzatina di limone sarà sufficiente. Un’idea in più? Se avete rivestito la teglia con del foil (fogli di alluminio), potete tentare di sollevare la piastra di sale con molta attenzione, senza farla rompere. A quel punto potrete portare l’orata direttamente in tavola, appoggiata sulla piastra, e sfilettarla davanti ai vostri ospiti: il successo è assicurato. Michela Bongiorni LUGLIO 2019
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POLPO E PATATE una lunga storia d’amore
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SPECIALE PESCE - RICETTA di MICHELA BONGIORNI Conoscete la Jacket Potato? La difinizione sui dizionari è “a large potato that has been baked with its skin on”: insomma, una grossa patata cotta nel forno con la buccia. Infatti, quel “jacket” nel nome, si riferisce proprio a quest’ultima, che le fa da giacchetto, ricoprendola e proteggendola. Nel Regno Unito è un tipico cibo da pub o da street food. Tradizionalmente la servono farcita all’interno con vari ingredienti, dal burro alla panna acida, dal cheddar al bacon. Tuttavia, mi sembravano tutti condimenti un po’ pesantucci vista la stagione. Ho pensato, quindi: ma se abbinassi la Jacket Potato al polpo grigliato? Polpo e patate, si sa, è un grande classico della cucina italiana, specie in estate. Una storia d’amore che dura da sempre. Detto fatto: il risultato è stato decisamente convincente. La patata viene prima cotta nella stagnola a contatto diretto con le braci, poi spennalata con burro e ripassata in griglia in cottura indiretta, in modo che la buccia diventi croccantina; poi scavata, schiacciata e insaporita con una salsa allo yogurt. Infine riempita di nuovo con questa deliziosa purea. Il polpo le viene adagiato sopra, dopo essere stato grigliato e condito. Mentre scrivo ho l’acquolina, ve lo giuro. È veramente una bomba! Come si cuoce il polpo Veniamo a uno dei problemi principali di questa ricetta: come grigliare il cefalopode senza farlo venire duro e gommoso? Il modo migliore è quello di precuocerlo prima. Ok, in che modo? Tralasciando i vari rimedi delle nonne, tappi di sughero nell’acqua di cottura compresi, il modo migliore di precuocere il polpo (e mi raccomando: non polipo!) è NON bollirlo. Intendiamoci, se lo bollite secondo le regole la carne risulterà comunque morbida. Ma potrebbe perdere molto in termini di sapore. Se invece lo portate a cottura in un tegame senza l’aggiunta di liquidi, gli umori che rilascerà saranno sufficienti a mantenerlo umido e morbido. Si procede mettendo il polpo pulito in un tegame a temperatura medio/bassa, coprendolo con il coperchio e lasciandolo cuocere fino ad una consistenza tenera delle carni, da testare con uno spiedino. Una volta cotto si lascia raffreddare all’interno del tegame chiuso, senza toccarlo.
Successivamente il polpo va conservato fuori dalla sua acqua di cottura in frigorifero per almeno otto ore, in modo che la sua carne torni a essere tonica senza perdere morbidezza. Et voilà. Precuocendolo in questo modo, è pronto per essere grigliato e poi condito. Voi, invece, adesso siete pronti per la ricetta della jacket potato con polpo grigliato. Preparazione 1. Accendete il carbone; avvolgete ogni patata nella carta stagnola e poi adagiatele tutte sui carboni ardenti. Quando saranno morbide, testandole con uno spiedino, toglietele dalle braci, apritele, spennellate la buccia con un po’ di burro e rimettetele in cottura adagiandole sulla griglia in indiretta, stabilizzando il dispositivo a 200 gradi: la buccia si colorerà in breve tempo e loro saranno pronte. A quel punto toglietele dal fuoco e lasciatele raffreddare. 2. Nel frattempo, prendete il polpo precotto, tamponatelo bene con la carta assorbente e spennellatelo con olio; grigliatelo velocemente, in modo che formi una gustosa crosticina. Toglietelo dalla griglia quando è pronto, e tagliatelo a pezzetti abbastanza piccoli. Conditelo con olio, sale, pepe e limone. 3. Aprite le patate praticando un’incisione per lungo e cominciate a scavarle: se sono state cotte bene, la polpa verrà via facilmente e la buccia non si romperà. 4. Mescolate lo yogurt alla maionese, aggiungendo un po’ di pepe e di erba cipollina. 5. Versate un po’ di salsa all’interno di ogni patata scavata e poi unite un altro po’ di salsa alla polpa delle patate. 6. Lavorate la purea con una forchetta, aggiustando di sale di pepe. Quando sarà omogenea e liscia, usatela per farcire ogni patata. Poi, di nuovo, versateci sopra un po’ di salsa allo yogurt e guarnite con erba cipollina a pioggia. 7. Adagiate sulle patate il polpo grigliato e condito. Servite con un’abbondante macinata di pepe. Michela Bongiorni
SPECIALE PESCE - RICETTA di EMILIANO NENCIONI
NON CI SONO PIÙ
L E I N S A L AT E
D I U N A V O LTA (… e menomale!)
INGRED I EN TI PER PERSONE • • • • • • • •
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Ti hanno svuotato un rasaerba nel piatto? Questa è la battuta di repertorio che fatico a trattenere ogni volta che qualcuno mangia un’insalata. Detesto l’insalata, è un blocco mentale infantile che non riesco a rimuovere: non ci provo neanche più. Durante la mia infanzia dickensiana ho avuto un vecchissimo pediatra, retrogrado e tradizionalista, che, per correggere la mia alimentazione, era solito tuonare: “questo bimbo deve mangiare più insalata! Mezzo cucchiaio d’olio a pasto!” L’insalata copriva quindi un ruolo di punizione, di sanzione per non aver saputo soddisfare i canoni da Deutschen Jungvolk che il medico vegliardo voleva applicare allo scontroso bimbotto dal caschetto platinato. È un piatto che non ho mai visto come un contorno, o come un cibo fresco, ma come una sostituzione mortificante di un piatto più gustoso: qualcosa da mangiare senza piacere, senza gusto, solo perché meno calorico di altre pietanze, solo perché fa bene. Il livello di odio per queste legnose e amare fogliacce arriva al punto di impormi di togliere la lattuga da qualsiasi hamburger da fast food, di detestare la rucola sopra la carne (ma seriamente piace a qualcuno? Rovina il manzo!) e di far scoppiare inutili polemiche quando un amico ordina la pizza del giardiniere, quella condita con una quantità ridicolmente eccessiva di foglie di erbacce infestanti non meglio identificate. Recentemente ho aggiornato la battuta del rasaerba svuotato nel piatto con qualcosa di più ricercato, la pizza pullula sotto un arco chiomato di caprifogli e di pruni, LUGLIO 2019
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SPECIALE PESCE - RICETTA di EMILIANO NENCIONI riuscendo comunque a creare un discreto e indispettito malcontento. L’insalata, però, mi dicono, serve. Accompagna un piatto. È fresca, non è punitiva, esistono persone che la mangiano anche non sotto minaccia, provandoci un certo gusto. A volte serve un trauma per scacciare un altro trauma, ed è forse quello che mi è successo un anno fa. Gianfranco Lo Cascio aveva organizzato un’ambitissima cena a base di carne pregiatissima, riservata a pochi fortunati clienti: tutti i coach e gli assistenti erano stati chiamati a preparare il menù più esclusivo mai visto, e a seguire le cotture perfette che il nome del brand richiede. Complice un ingorgo e forse anche una prima colazione troppo ricca, arrivo sul posto con tre ore di ritardo, e credo proprio che, dopo un veloce ma indispettito consulto, mi abbiano messo di corvée. C’era chi si occupava di trimmare lombatelli di altissimo livello, chi aveva la responsabilità degli hamburger, chi avrebbe dovuto assicurare la perfezione di bistecche degne di una gioielleria, chi con ampi sorrisi avrebbe accompagnato gli invitati a tavola, fungendo da immagine e interfaccia di BBQ4All verso il pubblico, deliziando con amene conversazioni ogni curiosità degli avventori. Mi hanno messo ad affettare le mele. Sei cassette di mele. E poi il mango, i cetrioli, le carote. Per sei ore, in piedi, in una posizione che dava estremo fastidio al restante personale della cucina. La situazione mi ricordava molto certe storie di Giovan Battista Carpi, sul Topolino degli anni ‘70, con Paperino costretto a pelare quintali ıA
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di patate in cambusa perché lo Zio Preparazione: Paperone aveva scelto dei biglietti 1. Taglia la carota alla julienne un po’ troppo economici per la dopo averla lavata, privata crociera in transatlantico. delle estremità e pelata con un Il ritardo in autostrada non mi aveva pelapatate; prendi la misticanza permesso di pranzare, e sicuramente e riduci in striscioline ogni foglia non avrei potuto cenare prima più grossa, facendo in modo che della fine dell’evento: mi sentivo la tipica apparenza di fogliame e spacciato, e circondato da maledetta di potatura di siepe scompaia, ma verdura. senza eccedere nello sminuzzare La fame leva il lupo dal bosco, si sa, per evitare di arrivare all’effetto e a poco a poco quella miscela di opposto, il mulching. foglie, frutta, semi e ortaggi iniziava 2. Lava il mango sotto l’acqua ad apparirmi sempre più invitante, corrente, ma non sbucciarlo sempre più appetibile, forse per adesso: come forse saprai ineluttabile. al suo interno è presente un A un certo punto succede. nocciolo allungato e piatto, saldamente attaccato alla polpa. È uno di quei momenti segnanti, Immaginandoti il nocciolo quando non puoi più dire io non all’interno del frutto tenuto in l’ho mai fatto, quando non ti puoi verticale sul tagliere, taglia una più permettere di dire ah no no, io calotta a destra e una calotta non lo farò mai, perché l’hai già fatto. a sinistra, lasciando una parte E sotto sotto sai di non poter dire centrale spessa circa 25mm, che nemmeno comunque non lo farò conterrà il nocciolo. Sdraia sul più, perché se ci pensi bene ti è tagliere la parte centrale e fai piaciuto, e lo rifarai, eccome se lo un’incisione ellittica attorno al rifarai. nocciolo, che se ne verrà quindi Avevo sotto mano gli ingredienti via pacificamente: a questo di due diverse insalate presenti nel punto puoi togliere la buccia, menù quella sera, e al riparo da occhi operazione discretamente facile indiscreti ho assemblato l’unica ma da non dimenticare, perché insalata capace di piacermi. la buccia del mango è spiacevole Buona, fresca, ricca di sapori, con durante la masticazione. Riduci una bella consistenza in bocca, anzi il mango in cubetti di lato con svariate consistenze diverse. approssimativamente 15mm. L’unica insalata che mangio. L’unico 3. Lava la mela e tagliala in quarti piatto verde che non tratto come un lungo il suo asse di simmetria che medicinale sgradevole. passa dal picciolo. Ad ogni quarto È un’insalata davvero buona, e se togli picciolo, torsolo e semi, piace a me puoi davvero fidarti. appoggialo su un tagliere e con Voglio dirti come farla, nella speranza un coltello molto affilato riduci la di offrire qualcosa di gustoso a chi mela in tante sottili fette simili a come me ha sempre visto la lattuga una C. Ti consiglio di non andare come la forma più abbietta e svilente oltre il millimetro e mezzo di di punizione culinaria. spessore: non serve una calibratrice a rullo, ma se col coltello fai attenzione ti assicuro che questo
è il compromesso ideale per una giusta sensazione di croccantezza e flessibilità tra le fauci. 4. Spremi il limone in un bicchiere, togli eventuali semi caduti e aggiungi l’olio. Sbatti con una forchetta o una piccola frusta, cercando di ottenere un’emulsione (una goccia di senape aiuta a stabilizzare), poi aggiungi la Worcestershire Sauce. In una scodella versa tutta la parte vegetale, la frutta, il mix di semi, l’emulsione e gira il tutto per uniformare. Aggiusta a tuo piacimento la quantità di olio e di sale, aggiungendo anche limone se preferisci un gusto più aspro. Il trucco, in questo caso, è di aumentare sempre la quantità di mela e mango a discapito della misticanza. Per una completa (ma non obbligatoria) Nencioni Experience dovrai arrivare a una sorta di macedonia salata arricchita con semi, con sporadiche tracce di lattuga e radicchio. Le foglie stanno bene in giardino. Emiliano Nencioni
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GHIACCIO FUMANTE sorbetti allo yogurt con melone bruciato
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SPECIALE PESCE - RICETTA di MICHELA BONGIORNI Cerco l’estate tutto l’anno, anche se odio il caldo afoso dei semi, poi scavate bene la polpa e mettetela nel e le zanzare, le scottature e le pubblicità mendaci mixer insieme allo yogurt e allo zucchero. dei deodoranti che spingono la gente a non lavarsi, 4. Preparatevi dei bicchierini di carta (quelli adatti per principalmente per due cose: il mare e la frutta di il caffè) e delle forchettine di legno per aperitivi: stagione, in special modo il melone. infilate una fragolina con le forchettine, versate È fresco, succoso, gustoso. È il tuo migliore amico il composto di yogurt e melone nei bicchierini quando vuoi fare uno spuntino di pomeriggio e, con riempendoli un po’ più di metà, e poi posizionate 45 gradi all’ombra, anche se la fame dice panino farcito al centro la forchettina con la fragola. con tutti i gusti più uno, lo spirito di sopravvivenza ti 5. Riponete i bicchierini in freezer per almeno suggerisce melone ghiacciato. È anche il tuo salvacena una notte: al momento di servire lasciate che si ideale: arrivi a casa, apri il frigo, prendi il prosciutto scongelino leggermente e riuscirete facilmente a crudo senza nemmeno toglierlo dal cartoccio, tagli rimuovere i sorbetti dallo stampo. a fette il melone, apri una bottiglia di bollicine e sei felice. Cracco te spiccia casa, in pratica. Michela Bongiorni Tuttavia, noi siamo qui perché anche con 45 gradi all’ombra vogliamo a tutti i costi farti accendere il dispositivo. Non è sadismo, è che quando il carbone chiama, il vero griller risponde. È comunque vero, però, che le temperature del periodo tendono a farti desiderare qualcosa di ghiacciato e dissetante. Ghiaccio e fuoco, il re degli ossimori. Come unirli? Così: col melone cotto a contatto diretto con le braci e poi utilizzato per dei piccoli sorbetti allo yogurt. È più facile a farsi che a dirsi. La cottura in ember dona al melone una lievissima, ma non invadente, nota affumicata e caramellata, che si unisce perfettamente al sapore più acido dello yogurt. Questi sorbetti sono perfetti a fine pasto, oppure fra una portata e l’altra, specie se hai appena mangiato l’insalata di grano col pesto ricco di aglio che ti propone Mariangela su questo stesso numero; ma anche come spuntino durante le giornata, quando la tua non è proprio fame ma più voglia di qualcosa di fresco (e buono). Insomma, fanne in grande quantità perché li vedrai sparire dal freezer alla velocità della luce. Preparazione: 1. Accendete mezza ciminiera di bricchetti e versateli nel dispositivo sulla griglia carboni. Appoggiateci sopra il melone e chiudete il coperchio. Dopo circa venti minuti giratelo dall’altro lato. Sarà pronto quando lo vedrete bruciacchiato fuori e lo sentirete cedevole al tatto. 2. Togliete il melone dalle braci, apritelo a metà facendo molta attenzione a non bruciarvi e lasciatelo raffreddare. 3. Una volta raffreddato, con un cucchiaio privatelo
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SPECIALE PESCE - PROCEDIMENTO a cura di LUCA GALLOZZA
come pulire e sfilettare
il pesce
Quello del pesce e di come sfilettarlo è un problema spinoso, in tutti i sensi. Non tutti sono capaci di farlo e vanno nel panico quando hanno la necessità di preparare particolari ricette che prevedono l’uso del solo filetto. Ora vedremo con i vari passaggi come sfilettare al meglio un pesce tondo. Partiamo dal fatto che, ancor prima di sfilettarlo, tutto ciò che concerne questa operazione è legato alle operazioni di pulizia del pesce. Semplifichiamo i vari passaggi elencandoli in successione, poi andremo ad analizzarli al meglio punto per punto. Fondamentale, in queste sequenze principali, è lavorare in ambiente pulito e igienicamente sicuro, nel minor tempo possibile, trattandosi di una materia prima fresca e particolarmente delicata. Pertanto anche gli strumenti utilizzati, come coltelli e taglieri, andranno mantenuti perfettamente puliti e in piena efficienza per ottenere il miglior risultato possibile. Vediamo dunque i passaggi : Sbarbare Con questa operazione si eliminano tutte le pinne. Partiamo con il togliere le pinne dorsali, poi quelle ventrali e quelle anali, con un coltello da pesce o ancor meglio con le forbici. Fate attenzione alle spine che contengono ghiandole velenifere, che pungendo causano dolore.
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SPECIALE PESCE - PROCEDIMENTO a cura di LUCA GALLOZZA Squamare Partendo dalla coda, eliminate le squame, tramite coltello o apposito accessorio, raschiando verso la testa.
Eviscerare Con una forbice, incidete il pesce procedendo dal foro anale verso la base delle branche. A questo punto continuante eviscerando il pesce. Eliminate anche eventuali sacche di sangue centrali. Asportate le branchie sempre usando la forbice ed infine lavate abbondantemente sotto acqua corrente. Sgocciolate e asciugate bene.
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SPECIALE PESCE - PROCEDIMENTO a cura di LUCA GALLOZZA Sfilettare Effettuate un taglio con un coltello da pesce, partendo dalla parte alta della testa e scendendo sino al ventre, parallelamente alla branchia. Incidete il dorso, dalla testa sino alla coda, separando il filetto dalla lisca centrale. Ottenuto il primo filetto, rivoltate il pesce dall’altro lato ed effettuiamo le stesse operazioni per ottenere il secondo filetto. Controllate la presenza di eventuali spine, ed eliminatele con un’apposita pinzetta.
Rifilate la parte del ventre, eliminando le spine più grosse e squadrate i lati del filetto.
Il nostro lavoro di sfilettatura è terminato. A seconda della preparazione si continua eliminando la pelle e lavorando il filetto in scaloppe, in tranci, in medaglioni o facendo una dadolata. Non era poi così difficile, vero? Luca Gallozza dæA
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ADVANCED TRAINING CLASSES Grill to Perfection - Smoke to Perfection
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Matteo Frosi
Giovanni Lupo
La mia recensione sui corsi “Grill to Perfection 2019” Ho partecipato al GTP Tour e ancora devo riprendermi! 2 giorni pieni di informazioni utili, che hanno consolidato le mie conoscenze pregresse e dato lo spunto per provare tecniche nuove. Investimento ripagato in pieno, già solo con la quantità di carne mangiata durante il corso. Era già da un po’ che sperimentavo le diverse tecniche (reverse, affumicature...) ma sentire le spiegazioni dei coach e vederli all’opera mi ha aperto un vero e proprio mondo. Ero titubante se frequentare il corso o meno, avevo la presunzione di avere già tutte le conoscenze a disposizioni leggendo su internet e sperimentando sul campo: nulla di
più sbagliato! I corsi sono un concentrato di nozioni che non troveresti da nessuna altra parte. Una menzione particolare va a tutti i corsisti: l’atmosfera che si crea è fantastica, tutti pronti a condividere le proprie esperienze e conoscenze. Siete stati fantastici! E poi ovviamente loro: i coach! Non ci sono parole per descrivere la loro bravura e la passione che ti trasmettono. Poco altro da dire: non frequentare questi corsi è uno degli errori più grandi che si possa fare per gli appassionati di barbecue. Un saluto a tutti e non vedo l’ora dell’arrivo del prossimo STP!
La mia recensione sui corsi “Grill to Perfection 2019” Ho partecipato al GTP che si è tenuto lo scorso weekend e vorrei condividere con voi alcune impressioni del corso organizzato dalla BBQ4ALL University. lo sono un newbie di questo fantastico mondo, ma molto allenato nella parte conclusiva, ovvero nella degustazione, e per niente nella parte pratica relativa alla cottura. Così ho deciso che solo i migliori grillmaster in circolazione potessero darmi le nozioni per lanciarmi con decisione nelle cotture con l’uso del BBQ. La mia prossima esperienza in griglia, finora svolta raramente dati i modesti risultati, sarà finalmente consapevole delle azioni da compiere. Naturalmente non è sufficiente un corso di un paio di giorni, con due coach dalla grande esperienza (si potrebbe pure dire “con du’ cosi cosi!”), per diventare infallibili, ma certo è che vedere compiere le
operazioni passo passo o farle con la loro supervisione, con spiegazioni minuziose, intrise di esperienza e scienza, mi renderà molto più semplice il ritorno alle griglie. Il GTP è un piccolo investimento che in brevissimo fa dimenticare la spesa sostenuta per l’iscrizione. Il viaggio tra le golosissime carni del Megastore, cotte alla perfezione con l’aiuto dei coach, ma anche dei tanti appassionati (e alcuni per niente alle prime armi) corsisti, vale da solo il costo sostenuto. Ma quello che ti porti a casa è il vero valore del GTP! Che dire del compendio cartaceo del corso? Spettacolo, ma non voglio spoilerare né togliervi il piacere della sorpresa. [ ... ] Grazie! A presto l’STP: non vedo l’ora!
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Gian Carlo Serra La mia recensione sui corsi “Smoke to Perfection 2019” È passato un mese dal corso e non mi ero più dedicato al bbq. Ieri pomeriggio mia sorella mi chiede se sono disponibile a cucinare per 8 per pranzo di oggi. “Dai, - dice - vieni con tua moglie, noi facciamo la spesa e tu ci fai mangiare le tue cose al bbq”. Detto fatto. Oggi ho cucinato e i commensali sono rimasti basiti. L’impressione è stata quella del film Il pranzo di Babette. Non so se lo conoscete. Un po’ pesante, ma per gli amanti di cucina è notevole. Sono rimasti senza parole. Alcuni avevano già provato le mie costine (le nostre!), il mio BBQ4All, ma oggi hanno trovato un livello diverso. Anche io mi sono sentito ad un livello diverso. Non parlo di ricette e di metodi, ma di consapevolezza, di obiettivi voluti e raggiunti.
Non che ne fossi rimasto deluso. Assolutamente, mantra in mille dettagli. E mi hanno permesso ma mi ero reso conto che, mentre ai GTP avevo di realizzare il miglior pranzo al bbq che avessi recepito 1000, ora avevo acquisito “solo” 100. mai realizzato. In apparenza. Oggi ho applicato tutto (senza aver fatto nessu- Potrei postare le foto dei piatti, della postazione na ricetta eseguita al STP) e mi sono trovato in con due bbq, del fuoco, della cenere, ma credo una dimensione nuova. che la foto che più mi rappresenti nella giornata di oggi sia quella che riprende il mio foglio delle E lo hanno notato anche a tavola. Anche mia tempistiche e degli appunti che ho stilato per moglie. Non mi ha riconosciuto in alcuni pasnon perdere di vista il pranzo. saggi e mi ha chiesto più volte se avessi fatto tutto io perché così non avevo mai cucinato.
È stato un successo incredibile: dai piatti serviti, dall’impiattamento, dai tempi di servizio, dai dettagli. Da tutto. Certo, le costine con il Montreal di Bbq4all rubato al corso hanno fatto un salto in avanti e tutti Devo dire la verità. I GTP mi erano piaciuti mol- hanno leccato anche gli ossi, ma le dritte dei coto. Molto di più di questo STP. Al momento. ach sono state perfette e sono tornate come un
Quindi grazie! Quindi provate i corsi (valgono tutto il prezzo richiesto)! Quindi studiate! Buon bbq! Buon BBQ4All!
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www.bbq4all.it/corsi/grill-to-perfection-tour
VINI ABBINATI a cura di ENIO BERTON
È ORA DI
BERE! abbinamenti consigliati
POUILLY FUMÉ BARON
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Pouilly Fumé Baron de Ladoucette 2017 Baron de Ladoucette Orata su piastra di sale
L’orata è sicuramente uno dei pesci più conosciuti e mangiati in Italia, amato per la sua carne bianca, consistente e saporita. Si adatta a diversi tipi di cottura che ne esaltano, comunque, il sapore. Come non abbinare ad un piatto così popolare un altrettanto notissimo vino come il Sauvignon? È un vino internazionale coltivato con buoni risultati in tutto il mondo: oltre che in Europa, lo troviamo in Sudafrica, in Australia, in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti. Tuttavia è la Francia la regina nell’espressione di tale vino. Originario dalla zona della Loira (per alcuni dalla zona di Bordeaux) deve il suo nome alla parola francese “sauvage” (selvaggio). La cantina, o meglio il domain Baron de Ladoucette, è nelle mani della famiglia dalla fine del 1700 con l’acquisizione dei terreni dalla figlia illegittima di Luigi XV. Attualmente possiede 165 ettari nelle zone più importanti del vino francese e viene considerato uno dei migliori produttori di Sauvignon Blanc al mondo. La sede della cantina è nel castello di Nozet a Pouilly sur Loire. Tutte le produzioni sono fatte con uve raccolte a mano e vinificate per singolo appezzamento. La produzione di Pouilly-Fumé, prodotto sotto l’Appellation Pouilly-Fumé Contròllé - la nostra DOC - possiamo definirla una base che ci permette di entrare nel mondo dei vini francesi senza spendere uno sproposito. Prodotto da uve raccolte a mano, non essendo un cru raccoglie uve da diversi vigneti che vengono lasciate fermentare sui propri lieviti dai 3 ai 6 mesi per poi proseguire l’affinamento in vasche. Dal colore giallo paglierino tenue, al naso si presenta con un bouquet ampio ma delicato di fiori bianchi con note minerali e di affumicato. Al palato risulta fresco, vivace, di buona struttura. Emergono note agrumate ed erbacee, fin di bocca persistente sapida e minerale. Da servire a 10/12 gradi in bicchieri tulipano. Uve: 100% Sauvignon blanc Zone produzione: zona di Pouilly Esposizione: sud Grado alcolico: 13,50%
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FA L A N G H I N A
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Falanghina Morabianca 2018 Irpinia DOC Mastroberardino cous cous con scampi
Il cous cous richiama alla mente i sapori e profumi del Marocco, ma in questo piatto troviamo in particolare il sugo di pesce fatto anche con scampi che, oltre ad impreziosirlo, gli dona la dolcezza tipica del crostaceo. Abbiamo bisogno di un vino giovane, non invasivo, con una buona acidità che compensi la dolcezza del nostro piatto. Questa volta andiamo in Campania e più precisamente nella zona di Avellino dove la cantina Mastroberardino coltiva la Falanghina. Vitigno dalle origini incerte - se ne hanno notizie a partire dalla seconda metà del 1800 secondo alcuni deve il suo nome alla falange, palo di sostegno della vite. Ha resistito alla filossera e può essere ancora coltivato su piede franco (breve nota tecnica: l’epidemia di filossera nella seconda meta del 1800 distrusse quasi tutti i vitigni in Europa e non solo; l’insetto, intaccando le radici delle vigne, portava la pianta alla morte in pochi anni. Si scoprì che certi vitigni erano resistenti alla malattia e si iniziò ad usare la tecnica dell’innesto: su un portainnesto resistente alla filossera si innesta, appunto, il tralcio del vitigno desiderato. Piede franco significa vite senza innesto). La cantina Mastroberardino fa parte della storia della viticoltura campana, fondata nel 1878 continua a produrre i tipici vini della zona per cui, oltre alla Falanghina, troviamo Greco di Tufo, Fiano di Avellino ed Aglianico. Il Morabianca nasce nel comune di Mirabella Eclano dove verso la fine del mese di ottobre viene vendemmiato a mano e vinificato in vasche di acciaio. Dopo una breve permanenza in bottiglia (3-4 mesi), viene messo in commercio. Dal colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, al naso prevalgono le note fruttate con sentori di agrumi ed alcune note floreali. Al palato risulta fresco con una ben bilanciata acidità, fin di bocca persistente. Da servire a 8/10 gradi in bicchieri tulipano. Uve: 100% Falanghina Zone produzione: Comune di Mirabella Eclano (AV) Grado alcolico: 13,00%
PIGATO
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Pigato Terre Ferme 2018 Riviera Ligure di Ponente DOC Lunae insalata di grano saraceno con calamari grigliati
Bella insalatina fresca ed estiva, complessa per l’abbinamento, nella quale troviamo grano saraceno, pesto, mandorle, agrumi e calamari grigliati. Sono presenti note dolci, acide e quel leggero sentore di griglia dei calamari. Abbiamo quindi bisogno di sapidità, acidità bilanciata ed aromi non invasivi. Ci rechiamo in Liguria: vi invito ad assaggiare questo Pigato prodotto dalla cantina Lunae. Il Pigato, assieme al Vermentino, è il vitigno a bacca bianca maggiormente prodotto in Liguria. Le prime tracce scritte del Pigato si trovano dal 1800, ma le origini sono ben più lontane anche se incerte. Il nome sembra derivare da pigau, termine dialettale locale che significa macchiato, in riferimento alle piccole macchie di color ruggine presenti nella buccia dell’acino dopo la maturazione; altri lo fanno risalire a picatum, vino aromatizzato in epoca romana. La cantina Lunae nasce nel 1966 da Paolo Bosoni che inizia ad utilizzare i possedimenti familiari per la produzione di vino nella bellissima zona dei Colli di Luni in provincia di La Spezia. Il Terre Ferme nasce da vitigni presenti a Castelnuovo Magra e Ortonovo, a sud del fiume Magra al confine con la Toscana. Le uve vengono raccolte a mano da metà settembre e la fermentazione e la successiva maturazione avvengono in vasche di acciaio inox a temperatura controllata. Dopo pochi mesi viene imbottigliato e messo in commercio. Dal colore giallo paglierino con riflessi verdi, si presenta al naso con un bouquet ampio molto floreale: profumi di fiori di albero da frutto e con note di frutta a polpa gialla. Al palato si sente la sapidità, data dalla posizione dei vigneti, con una buona freschezza che lo rende piacevole. Fin di bocca equilibrato e persistente. Da servire a 8/10 gradi in bicchieri tulipano. Uve: 100% Pigato Zone produzione: Colli di Luni Grado alcolico: 12,50% LUGLIO 2019
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BIRRE CONSIGLIATE a cura di RICCARDO MENICONI
FIGU MORISCA L’hamburger è considerato probabilmente il cibo americano per antonomasia. Con l’avvento dei fast food in Italia ha ben presto spopolato ed è entrato a far parte della nostra quotidianità. È stato rielaborato, destrutturato, “italianizzato” ed entrato di diritto anche nei ristoranti più rinomati. Così come l’hamburger, anche la birra subisce trasformazioni e incroci culturali. L’american pale Lager ne è un esempio lampante: a bassa fermentazione, come da tradizione teutonica, ma dalla luppolatura totalmente americana. Questo nuovo stile ancora non trova posto all’interno del BJCP (Beer Judge Certification Program), un manuale americano che stabilisce le linee guida nelle definizioni degli stili. L’American Magut, versione luppolata della Pilsner del birrificio Lambrate (la Magut per l’appunto) è perfetta da abbinare agli hamburger più classici, ma anche a quelli più gourmet. È una birra chiara, dal colore dorato intenso con una schiuma bianca e compatta abbastanza persistente. Al naso, insieme ai classici sentori erbacei, citrici e floreali della luppolatura americana, fa capolino anche un leggera crosta di pane e cereale fresco tipico della bassa fermentazione. Molto coerente al palato con un corpo agile e snello, dai toni amaricanti che uniti all’immensa pulizia fanno sì che la birra sia molto facile da bere e, grazie ai suoi 5 gradi, piacevole anche dopo il secondo bicchiere. Vi consiglio di servirla nella pinta americana ad una temperatura di 6/8° Cheers!
OUDE GEUZE Tornando dalla spiaggia, dopo una calda mattinata di Luglio, abbiamo fame ma non abbiamo certo voglia di pietanze pesanti. E cosa c’è di meglio dell’abbinamento polpo e patate per saziare il nostro appetito con leggerezza? Ovviamente abbiamo anche una certa sete, e non c’è niente che possa accompagnare questa pietanza meglio di una Oude Geuze 100% Lambic Bio della tradizione belga, più specificatamente della regione del Pajottenland, famosa per la grande quantità di lieviti selvaggi autoctoni che hanno reso celebre il birrificio Cantillon. Questi stili fanno storia a parte, nel mondo delle fermentazioni, non avendo nulla a che vedere con ale o lager. La birra viene fatta fermentare in grandi vasche di rame aperte in modo da favorire lo scambio di ossigeno e lieviti presenti nell’aria. Grazie a questo particolare processo, acquisisce una naturale acidità e una spiccata personalità. In particolare questa birra è ottenuta da un blend di 3 lambic di diverse annate che donano una complessità e un’aromaticità fuori dal comune. Nel bicchiere si presenta con un magnifico color biondo dorato e leggeri riflessi arancioni, sovrastata da una tenue schiuma bianca poco persistente che lascia trapelare da subito il bouquet aromatico dominato da agrumi non ancora maturi e da note di albicocca. Al palato la caratteristica che colpisce di più è sicuramente la spiccata acidità, probabilmente non troppo apprezzabile le prime volte ma che conquista già dal secondo sorso. Ritroviamo anche le sensazioni agrumate e fruttate esaltate da una piacevole carbonatura. Vi consiglio di servirla ad una temperature di 8 gradi nel tipico tumbler. ATTENZIONE: Una volta assaggiato questo stile non si torna più indietro.
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COCKTAIL a cura di RICCARDO MENICONI
KYOTO SOUR Il vol au vent di gamberi grigliati è una pietanza sfiziosa, perfetta per la stagione estiva. Possiamo servirla come aperitivo, sulla nostra terrazza vista mare, donandogli un tocco moderno ed orientale affiancandola ad un Kyoto Sour. È un cocktail fresco e dissetante, che ci accompagnerà piacevolmente alla cena, grazie all’acidità del succo di limone. Variante dei più classici cocktails sour, ha come ingrediente principale il Sake, bevanda alcolica tradizionale giapponese ottenuta dalla fermentazione del riso. Per prepararlo mettiamo in uno shaker: • 9cl di sake • 1,5cl di succo di limone • 2,2 cl di nettare d’agave • qualche goccia di tabasco verde Riempiamo di ghiaccio e schakeriamo, con l’ausilio di uno strainer trasferiamo in un tumbler basso (rockglass) precedentemente raffreddato e colmo di ghiaccio. Decoriamo con una fetta di pompelmo e menta fresca, che donerà aromaticità al nostro cocktail.
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CHAPTER THREE variazioni sul tema
In questo capitolo sulla salamoia discuteremo l’uso degli edulcoranti, le proprietà delle spezie e degli esaltatori di sapidità, ed inizieremo a comprendere qual è la linea sottile che divide una salamoia da una marinata.
sulla struttura e la conservabilità degli alimenti. Il cloruro di sodio può essere impiegato sia a secco, per aspersione, sia disciolto in salamoie. Inoltre può essere utilizzato in purezza oppure combinato con altri agenti con azione tecnologica e conservativa (nitriti, cloruro Abbiamo visto come il sale da cucina, se usato di calcio e polifosfati). Abbiamo anche discusso su correttamente, ha un effetto estremamente potente come approcciare le tecniche di Dry e Wet Brining e in ıA
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THE CHEMICAL GRILLERS - RUBRICA a cura di VIRGILIO BRUNETTI particolare abbiamo affrontato il discorso sull’efficacia del sale in termini di intenerimento della carne, mediante la denaturazione delle proteine muscolari, e sul conseguente incremento della succulenza e della sapidità.
dissociazione in acqua del comune sale da cucina, per cui si diffondono nella carne con una velocità molto bassa e rimangono confinati agli strati superficiali dell’alimento favorendo le reazioni di imbrunimento in cottura.
Oltre all’effetto ritenzione, il sale - in particolare lo ione sodio - è un efficace inibitore della crescita batterica soprattutto se utilizzato ad elevata concentrazione; inoltre con il suo uso si abbassa un parametro, fondamentale per la crescita di numerose specie batteriche, detto attività dell’acqua (Aw), ossia quella quota di acqua utile da permettere la sopravvivenza dei batteri. Il wet brining tradizionale (gradient brining) è ormai una tecnica consolidata e i suoi vantaggi sono indubbi, ma spesso gli strati superficiali degli alimenti risultano ipersalati. Gli effetti collaterali del gradiente di sapidità può essere gestito utilizzando tempi lunghi di esposizione e una quantità di sale non superiore al 2% in peso totale (riferito al peso della carne e dell’acqua). Questa tecnica evoluta denominata equilibrium brining ha però delle criticità in termini di tempo di esposizione e sicurezza alimentare, in quanto la quota di sale aggiunto è insufficiente a gestire la proliferazione dei batteri e i tempi di salatura sono dilatati.
Tecnicamente, il bilanciamento di una salamoia può quindi avvenire con l’aggiunta di edulcoranti come: saccarosio, glucosio, fruttosio, zuccheri di canna non raffinati, melassa, sciroppi, succo d’acero, malto, miele. Ovviamente alcuni di questi dolcificanti hanno un effetto caratterizzante sulla preparazione, dovuto al loro naturale profilo aromatico. Le quantità sono variabili: per il saccarosio (zucchero da tavola) le dosi possono variare dal 2 al 20% sul peso della carne, dal 5 al 30% per fruttosio e miele, dal 5 al 30% per lo sciroppo di glucosio. I rapporti sale zucchero devono tenere conto del potere edulcorante dello specifico zucchero. Il fruttosio e relative fonti di fruttosio hanno un potere edulcorante circa doppio rispetto al saccarosio, mentre lo sciroppo di glucosio ha un potere edulcorante inferiore rispetto al saccarosio. Il rapporto sale zucchero si attesta tra 1:1 e 3:1.
Aggiunta di Edulcoranti (sweeteners) In alcuni casi, proprio per bilanciare l’eccesso di sapidità nelle salamoie tradizionali, si preferisce utilizzare una miscela di sale da cucina e zucchero semolato detta sale bilanciato. È una metodica molto in voga tra gli amanti della cottura a bassa temperatura e tra gli chef anche di un certo calibro, tuttavia se fate un giro veloce in rete troverete che l’uso dello zucchero combinato al sale non viene motivato in nessun modo. Addirittura in alcuni casi vengono attribuite proprietà al sale bilanciato che non hanno nulla a che fare con la realtà. Facciamo, dunque, un minimo di chiarezza. L’uso dei sali bilanciati nelle tecniche di seasoning, ed in particolare nel brining, ha la funzione di abbassare l’attività dell’acqua inibendo la crescita dei batteri che non tollerano condizioni di osmolarità elevata; inoltre la combinazione di salato e dolce serve a mascherare gli eccessi di sapidità dovuti a concentrazioni di sale elevate (5-10%). Lo zucchero, poi, migliora la resa della reazione di Maillard. Le molecole degli zuccheri semplici, infatti, hanno una dimensione di gran lunga maggiore rispetto agli ioni inorganici (Na+ Cl- ) che si generano dalla
Aggiunta di aromi e spezie Piante aromatiche e spezie, sia secche che fresche, costituiscono un vero e proprio arsenale a disposizione del griller; tuttavia, sebbene siano fondamentali nella formulazione di rub, marinate e salse, sono degli elementi facoltativi nelle tecniche di dry e wet brining. L’uso di spezie ed erbe officinali deve essere sempre contestualizzato alla preparazione e alle caratteristiche dell’alimento che andiamo a trattare, poiché l’uso non consapevole porta spesso a eccessi che possono generare veri e propri disastri gastronomici. L’uso di questi elementi aromatici ha la funzione primaria di valorizzare e talora correggere alcune caratteristiche degli alimenti. Vale la pena sottolineare che i principi attivi presenti in molte specie vegetali danno un aiuto considerevole nel controllo della crescita batterica e nella gestione dei fenomeni di ossidazione. Tuttavia, solo alcune sono realmente efficaci: timo, rosmarino e origano sono erbe officinali ricche di oli essenziali dalle spiccate proprietà antiossidanti. Aggiungendo circa l’1% di queste essenze sul peso della carne si ottiene un effetto antiossidante pari a quello dell’acido ascorbico. Inoltre, timo e origano esplicano una efficace azione antimicrobica. In questo contesto aglio e paprika, aggiunti in ragione del 1-3%, oltre ad avere un forte effetto antiossidante contengono fonti ıæA
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naturali di nitriti e nitrati con potenti effetti conservanti. Qualsiasi altra aggiunta aromatica non ha reale efficacia: ha valore solo nella creazione di un opportuno flavour profile. Esaltatori di sapidità (flavour enhancer) Il glutammato monosodico GMS è il sale dell’acido L- glutammico, uno dei venti amminoacidi che compongono le proteine di qualsiasi essere vivente. È uno di quelli più presenti negli alimenti, sia in forma libera che sotto forma proteica: il glutine è composto per il 25% da questo amminoacido, mentre la caseina circa per il 20-23%. Oltre ad essere implicato nella costituzione delle proteine, l’acido glutammico è uno dei più importanti neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale, si ipotizza che sia implicato in funzioni cognitive quali l’apprendimento e la memoria. Questa sostanza presente in abbondanza in molti alimenti cari a noi italiani (Parmigiano, pomodori e funghi porcini ad esempio) ha una fama assolutamente sinistra perché creduto erroneamente responsabile della famigerata sindrome del ristorante cinese. GMS è il capostipite di una serie di sostanze responsabili della percezione del quinto gusto: l’umami. Chi ha fatto della cucina la propria passione o professione, sa che i
THE CHEMICAL GRILLERS - RUBRICA a cura di VIRGILIO BRUNETTI quattro classici sapori fondamentali interagiscono tra di loro in sinergia o in contrasto: ad esempio il sale a basse concentrazioni aumenta la percezione dolce, mentre dolce e salato in alte concentrazioni si annullano; l’aspro viene smorzato dal dolce mentre viene intensificato con il salato e con l’amaro, e così via. L’umami funziona invece come un potenziatore della percezione sensoriale di tutti gli altri sapori fondamentali. Il ruolo del GMP in purezza ha un uso limitato nelle tecniche di brining, tuttavia vale la pena citare delle variazioni sul tema, ad esempio l’utilizzo delle salse di soia come veri sostituti di una salamoia standard. Le più comuni salse di soia commerciali, a seconda dei brand, possono contenere fino al 20% di cloruro di sodio, quindi opportunamente diluite possono essere utilizzate come base per ottenere una umami brine. Ci sono altre sostanze responsabili del gusto umami, presenti in molti preparati da brodo, in particolare inositato e guanilato disodico agiscono in sinergia col GMS per aumentare la percezione del gusto umami. L’uso di questi preparati, spesso utilizzati nelle misture da injection, costituisce una manovra correttiva in caso di carni troppo fresche o di mediocre qualità, ma con l’abuso si possono generare effetti collaterali spiacevoli dal punto di vista gustativo, perché essi possono conferire alla carne il classico sapore di dado da brodo. Componenti acide?
Spesso, nelle discussioni tra griller, si consiglia di acidificare la salamoia aggiungendo componenti acide a vario titolo. Ti dico subito che questa procedura potrebbe vanificare in parte l’uso delle tecniche di wet brining. Infatti le componenti acide cuociono chimicamente la superfice degli alimenti, in particolare la carne, irrigidendo la struttura superficiale e limitando in maniera significativa la diffusione degli elettroliti presenti nella soluzione salina. Inoltre tutti i prodotti che di fatto variano il pH delle soluzioni saline, sia verso l’acido che verso il basico, sono da considerarsi a cavallo della sottile linea che distingue le tecniche di brining, in cui l’attore principale è il sale, e le marinate, che hanno utilizzi e applicazioni estremamente varie, e che possono essere distinte più ampiamente in marinate acide, alcaline, alcooliche ed enzimatiche. Ma i dettagli li vedremo nel prossimo capitolo dedicato a queste tecniche. Virgilio Brunetti
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DAL MEGASTORE ALLA BRACE - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI
non rinunciare alla ... preparati un bel
ciccia...
B A LT I M O R A PIT BEEF Il panino che mette tutti d’accordo
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DAL MEGASTORE ALLA BRACE - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI Baltimora Pit beef, un delizioso panino con fette sottili di eye round (girello) di manzo... nel numero di Luglio del Magazine BBQ4All con lo speciale pesce? Eh sì. Per l’appunto a chi tocca scriverlo? Al più riottoso e disallineato, è chiaro. Nella riunione di redazione, dove abbiamo stabilito di dedicare un numero intero al pesce, ho pensato alla mia scarsa simpatia per il cibo proveniente dai regni di Nettuno: buono, sì, quando è fatto bene, ma un po’ laborioso da pulire, discretamente puzzolente per i nasi delicatucci come il mio, e poi l’ansia persistente di conficcarsi una spina nel cavo orale, andare al pronto soccorso, codice bianco, lamentarsi della Sanità, pagare il ticket. No, ripeto, buono il pesce fatto bene, bellissime le ricette proposte sul Magazine questo mese: te lo garantisco visto che sono tutte quante risultate eccellenti al mio palato, nonostante l’antipatia di cui sopra. Ho pensato però di dover proporre anche un’alternativa proveniente dal mondo animale asciutto, quello che usa zampe e non pinne. Ciò che ti vado a spiegare è una preparazione molto importante nella carriera di un appassionato griller. Il Baltimora Pit Beef è di fatto la prima cosa che si fa, o che si dovrebbe fare, nel momento in cui si tenta il salto da grigliatore inconsapevole e brucia costine verso il griller scafato, esperto, pieno di nozioni e di metodi - che poi è quello che giocoforza diventerai, o già sei, se segui con passione le vicende di BBQ4All. È la prima cottura un po’ più lunga, ma non lunga dodici ore, un po’ più tecnica, ma non a difficoltà nightmare: un rito di passaggio, una via di mezzo ideale. Sto parlando di una cottura ibrida: un paio di ore in cottura indiretta di un pezzo di carne coperto di rub (e già qui il novizio impara i primi rudimenti sulle tecniche di rubbing e sul monitoraggio della temperatura), da passare poi in una brevissima cottura diretta per cauterizzare l’esterno, sviluppare una reazione di Maillard ed espandere i sapori delle spezie. Classicamente servito in un panino condito con salsa Tiger, ma onestamente irresistibile mangiato in purezza, preso con le mani e rubato mentre l’addetto al taglio lo riduce in fette finissime, è la classica cottura a prova di errore. Voglio dire, fare un pit beef cattivo è un campanello d’allarme: deve farti ripensare a tutte le tappe che non hai coperto, alle capacità che evidentemente non hai affinato, o al fatto che quel macellaio ti ha giocato un brutto tiro. Va da sé che prendendo un ııA
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bell’eye round del Megastore cascherai sempre in piedi, a meno di cataclismi allucinanti e imprevedibili durante la cottura. Ma veniamo al dunque. Procedimento: 1. Ispeziona la carne e valuta la necessità di rimuovere eccessi di grasso, parti troppo sottili o la silver skin, quella pellicina grigiastra che diventa coriacea in cottura. 2. Inumidisci con un velo di senape (o d’olio) la superficie della carne, senza esagerare, aiutandoti con un pennello di silicone se vuoi fare il raffinato e non ti va di ungerti le mani.
3. Spolverizza con cura il rub che avrai precedentemente mescolato con un cucchiaio per rompere eventuali grumi: uno strato sottile è sufficiente, ma bada di non lasciare zone scoperte.
4. Accendi il tuo dispositivo: prepara mezza ciminiera di bricchette e disponile su una metà della griglia carboni del tuo kettle, in modo da avere un setup
DAL MEGASTORE ALLA BRACE - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI adeguato per la cottura indiretta; se usi un dispositivo 7. Non appena tutto l’esterno è rosolato metti al sicuro a gas riscaldalo a 130°C e in entrambi i casi utilizza la pietanza su un tagliere e lascia freddare per diversi correttamente chips o chunk di legno aromatico per minuti. avere la giusta affumicatura. Puoi anche scegliere di 8. Nel frattempo taglia a rondelle la cipolla, meglio se realizzare questa fase nel forno di casa, ma dovrai in dischi non più spessi di un millimetro, mettila necessariamente rinunciare alla nota affumicata: a bagno in acqua salata e infilala in frigorifero: decidi tu se la rinuncia bilancia la comodità. questo step è opzionale, ma grazie ai prodigi della 5. Metti la carne in cottura indiretta, vale a dire dalla chimica smorzerai i miasmi socialmente pestilenziali. parte opposta rispetto alle bricchette, o lontano dal Chiaramente, se ti piaccionoil gusto strong e la bruciatore acceso in caso di dispositivo a gas; infila solitudine, fai come se non te l’avessi mai suggerito. la sonda del termometro nel cuore della ciccia e 9. Crea una salsa mescolando maionese, rafano e chiudi il coperchio. senape: aggiusta di sapore a tuo gusto, perché la 6. Lascia in cottura fino ai 50/52°C al cuore, dopodiché percezione del rafano varia molto da palato a palato. passa immediatamente alla cottura diretta, Se già sai di dover servire a persone poco avvezze spostando il pezzo direttamente sopra la fonte di ai sapori decisi, o che non si scostano mai dai soliti calore: questa è la fase più delicata. Ricorda che aromi tradizionali, vacci piano col kren. l’aspetto della fetta dovrà essere rosato intenso, per cui non eccedere con la rosolatura: aiutandoti con una pinza gira il cilindretto di carne non appena la parte a contatto con la griglia inizierà a dorarsi e le spezie a spandere aromi intensi.
10. Hai un’affettatrice? È il momento propizio per usarla. In caso contrario affila alla perfezione il coltello migliore che hai, con una lama lunga circa 20cm, e fai del tuo meglio: le fette di carne (togliendo “il culetto”, che ti mangerai, di nascosto, tagliandolo a dadini) devono essere il più sottili e regolari possibili.
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Per sottili intendo un millimetro, massimo due: con l’affettatrice te la cavi in un minuto mentre a mano... puoi considerarlo un buon allenamento per affinare la tecnica.
11. Servi nel panino una generosa quantità di fette di carne, un cucchiaio colmo di salsa tiger, due per i più ghiotti, e qualche anello di cipolla cruda.
È tutto. Non puoi sbagliare. L’unico inconveniente che ti può capitare è quello di andare troppo avanti nella cottura e servire le fette non rosatissime, un po’ ingrigite. In ogni caso tu tieniti la risposta pronta: te l’ho fatto apposta perché so che ti piace di più medium rare. Se pronunciata con estrema convinzione e sicumera, la frase dovrebbe estinguere ogni obiezione. Emiliano Nencioni
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GLOSSARIO BBQ
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DIZIONARIO DEL MONDO BARBECUE
Ogni mondo ha il suo codice, i suoi acronimi, il suo dizionario di riferimento, e il barbecue non fa certo eccezione. Se vuoi diventare un griller esperto devi espandere il tuo vocabolario, che andrà da Adobo Sauce a Zest. La filologia, ovvero la disciplina che serve (anche) a ricostruire i documenti letterari nella loro forma più originale, dice che è filologicamente molto più corretto chiamare le cose coi loro nomi originali piuttosto che usare le traduzioni. Sei d'accordo, no?
Gravy Fondo di cottura ottenuto facendo sobbollire ossa, cipolle, carote ed erbe, come un jus. È più lenta e fluida di una normale salsa.
Holy Trinity Le tre ricette più famose e tipiche del barbecue americano, ovvero Brisket, Ribs e Pulled Pork.
Grill Marks Tipiche righe di cauterizzazione impresse sulla carne dalla griglia di rosolatura
Hot’n’fast Tecnica di cottura opposta al Low&Slow, ovvero veloce e ad alte temperature, effettuata in modalità diretta o ibrida e solitamente a temperature superiori ai 350°F (177°C).
Ci eravamo lasciati alla lettera “F”, continuiamo il nostro viaggio lessicale passando per “G” e “H”.
Grilling Tecnica di cottura in cui piccoli pezzi di carne vengono cotto ad alta temperatura per breve tempo.
G
Gristle Tessuti connettivi, per lo più tendini, che tengo legati i muscoli alle ossa. Composti da una proteina chiamata elastina, e il nome dice tutto, sono difficili da masticare.
Ghee È il burro chiarificato originario dell’India. Il processo di produzione è leggermente diverso di quello del normale burro chiarificato, viene fatto generalmente sobbollire più a lungo e sviluppa un aroma più complesso. Glaze Una glassa lucida, che deve la sua brillantezza alla presenza di zuccheri, miele o sciroppo d’acero. Grain finished beef Quasi tutti i bovini mangiano erba e fieno per la maggior parte della loro vita fino a quando non vengono nutriti con cereali poco prima della macellazione, solitamente mais. Grass fed beef Un termine usato per descrivere quei bovini che non hanno mangiato altro che erba e fieno per tutta la vita, spesso impiegato deliberatamente per indurre in errore il consumatore, poiché quasi tutti i bovini vengono nutriti con erba o fieno per la maggior parte della loro esistenza. Grass finished beef La dicitura più appropriata per indicare un capo che si è nutrito di sola erba durante tutta la filiera.
Grill Master È il maestro della griglia. Un cuoco specializzato nella cucina sul fuoco.
Hot Smoking Affumicare a caldo, cioè ad una temperatura in camera di 54°C o superiore, per abbattere la carica batterica.
H
Hardwood, nutwood, and fruitwood Legno duro, legno di noce e legno da frutto. Parliamo di alberi come quercia, hickory, melo, ciliegio e molti altri. Sono senz’altro i legni aromatici migliori per affumicare. Legni teneri, come pino, cedro e altre conifere, conferiscono al cibo un sapore sgradevole e rilasciano resine potenzialmente tossiche. Hoisin Sauce Salsa di Hoisin. Chiamata salsa barbecue cinese o ketchup cinese, la salsa hoisin non assomiglia a nessuna salsa conosciuta. Dolce, marrone e lucida, è la salsa servita sui chūn bǐng quando si mangia l'anatra alla pechinese. Gli ingredienti che la compongono sono soia, aceto, riso, sale, zucchero, amido, aglio, peperoncino, semi di finocchio, anice stellato, cannella cinese e pepe di Sichuan.
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SEGUO - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI
SEGUO Io nel pensier mi fingo Gruppi segreti, gruppi chiusi, gruppi whatsapp, chat private: minuscole oasi di privacy, lontane dalla frenesia della condivisione compulsiva e dal voyeurismo/ esibizionismo del visibilità mondo. Un ridotto conclave dove, fra gente conosciuta e fidata, si può parlare con libertà degli assenti, una reinterpretazione in chiave social della pizzata del liceo, del calcetto, della palestra, dove essere assenti significa condannarsi ad essere oggetto di scherno e malevolo giudizio per tutta la serata. Ma nei gruppi segreti si allenta la guardia, cala la tensione, si finisce per parlare a ruota libera e qui, a volte, si generano dei piccoli disastri. Ne doveva saper qualcosa Fritz Mandl, malmostoso re delle munizioni della seconda guerra mondiale, affettuosamente noto nell’ambiente come mercante di morte. Fritz, buon per lui, si era sposato con Hedy Lamarr, nota come la donna più bella del mondo pre-Marilyn, e con tutta probabilità una delle più intelligenti e brillanti del tempo. Hedwig Kiesler, questo il vero nome di Hedy, nasce a Vienna nel 1914, da un padre banchiere che la spinge a studiare ingegneria e da una madre musicista che le LUGLIO 2019
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SEGUO - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI insegna a suonare il piano. A diciassette anni lascia la facoltà di ingegneria per buttarsi, molto poco vestita, nella carriera cinematografica: il suo film, Extase, è il primo nella storia del cinema ad avere scene di nudo totale, ma soprattutto a parlare di una protagonista libertina e sessualmente audace che la fa franca, senza l’allora abituale tragico finale. E’ abbastanza per scatenare le censure di mezzo mondo, far inorridire tutti e, ovviamente, finire nelle collezioni private e nascoste degli stessi inorriditi. Grazie alla fama regalatole da questa interpretazione e in teatro dal ruolo di Sissi (il ruolo successivamente ricoperto da Romy Schneider) Hedwig conosce il facoltoso e ammanicato Fritz Mandl, che la sposa. Ricco sfondato, amico di dittatori e personaggi sanguinari, sposato con la donna più bella e disinibita del mondo e probabilmente con una delle più intelligenti, Fritz commette l’errore più grosso che poteva fare: è geloso marcio e pretende di tenere la moglie segregata in casa. Compra tutte le copie rimaste di Extase perché nessuno possa vederla (salvo venderne una copia per la collezione privatissima di Mussolini), e la fa partecipare alle sue cene di capi di stato e ministri della guerra. In queste cene vengono trattati argomenti riservatissimi, su armamenti, tattiche e azioni di guerra, che giungono alle orecchie della donna più bella e più intelligente del mondo, e probabilmente la
più vendicativa, alla quale però viene chiesto solo di sorridere e di fare la bambolina idiota. Fritz, però, accidenti, le basi, sbagli proprio sulle basi. Hedy, che ancora si chiama Hedwig, ascolta. Ascolta per bene e prende mentalmente nota. Credo che sia un po’ quello che succede nei gruppi segreti e nelle chat private. Vuoi sapere una cosa? Non passa giorno che qualcuno non mi contatti per raccontarmi qualche discorso storto, qualche doppiogioco, qualche inconfessabile retroscena venuto fuori in queste situazioni. Prendine atto: parla sempre, nelle chat, come se tu parlassi nel luogo più pubblico del mondo. Ci sarà sempre qualcuno che racconta all’amico fidato, il quale racconta all’amico, fino ad arrivare a quello che proprio tanto amico del primo amico della catena non è, e parte la delazione. Assioma Uno delle chat private di gruppo: per ogni chat di gruppo della quale fai parte esisterà almeno una diversa chat con i soliti partecipanti escluso TE. Se ne deduce facilmente che tale chat non avrà buone parole per te. Come mai le cose si vengono sempre a sapere? Perché c’è sempre qualcuno che parla, magari per dispetto o per ingraziarsi la gratitudine di qualcun altro ma anche per pura volontà di mettere zizzania. Devi tener presente che molta gente ha tanto tempo libero o ha la possibilità di passare ore e ore a trastullarsi online sul posto di lavoro. Quando si ha tutto questo tempo, probabilmente si cerca la maniera di farlo fruttare, facendo nascere casini spesso inutili. Devi particolarmente guardarti da quelli che continuano a ripetere sei una grande persona, di una passione straordinaria: per qualche motivo solitamente usano la stessa ardente convinzione per poi dire agli altri che in verità non ti sopportano, che dicevano tanto per dire. Ne ho le prove. Tante prove. Un caso particolare di chat privata sono i commenti sotto un post in un profilo privato. Tutti amici a dare manforte al tenutario del profilo, tutti schierati, compatti, grandi risate. Un attimo dopo, in altri luoghi, virtuali o reali, prorompono in queste polemiche che hanno davvero rotto, ma si sa che lui è solo un rosicone, non lo sopporto più, mi vergogno per lui. La riconoscete? Il volto di Hedy è stato usato per gli splash screen e le copertine dei CD di CorelDRAW!9 (ma anche 8) senza autorizzazione. Si parla di cinque milioni di dollari di risarcimento.
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E questi erano gli amici! Gli amici con i quali farsi due risate rinfrescando la polemica della settimana. Credi di esserne immune? Ah, beh contaci. Anche gli altri credevano di esserne immuni e di essere circondati da personaggi leali e pieni di empatia e supporto: la verità è che la polemica continua e ripetitiva stufa tutti, anche i più assoggettati, e appena inizia a non essere più divertente (molto presto, se non ti inventi qualcosa di innovativo ad ogni iterazione) i tuoi presunti supporter diventano attivissimi delatori, impazienti di dissociarsi e di farti fare figure barbine. Uno screen è per sempre. Spesso, dietro a un discorso tipo gran persona, competente, piena di passione, grande amico fraterno, c’è una selva di screenshot di quando i due amici fraterni si scambiavano insulti nei rispettivi dialetti, usando parole che farebbero impallidire la più truce delle canaglie. Il continuo espandersi della capacità di immagazzinamento di immagini dei telefoni ha notevolmente aumentato la memoria storica dei social. I miei preferiti sono gli amici di tutti. Figure fantastiche che, in un mondo diviso in fazioni sui social, cercano di farsi voler bene e di essere adorabili con tutti, in un trasformismo contraddittorio continuo. Il risultato è quello di generare un traffico di delazioni e di spiate immenso, verso tutti gli schieramenti. Vengono anche, generalmente, poco stimati e considerati viscidelli. Ma, alla fine, cosa c’entra con tutto questo Hedy Lamarr? C’entra eccome, perché il bello viene ora: Hedwig, che ancora si chiama così, scappa dal tetto coniugale. Basta gelosie, dittatori, segregazione in casa, basta monogamia. Si imbarca su un transatlantico alla volta degli Stati Uniti, assieme a un noto produttore cinematografico che si dichiara infastidito e scandalizzato dalla condotta morale dell’attrice e afferma che, con il suo passato, con il ruolo di nudo scandaloso in Extase, non troverà mai nessuno disposto a offrirle una carriera cinematografica negli USA. Fatto sta che Hedwig deve aver avuto dei buoni argomenti, perché pochi giorni dopo, al termine della traversata, si ritrova con un contratto per Hollywood con la MGM e con un nuovo nome, più commercializzabile: Hedy Lamarr. Il produttore della Metro Goldwing Meyer deve aver passato una crociera davvero intensa e movimentata, ci scommetto.
Negli anni statunitensi, oltre a girare numerosi film e ad ispirare la figura di Catwoman, Hedy matura un’ossessione: i discorsi nel salotto del marito, a base di segreti militari, armi e dittatori. Come trarre vantaggio dai segreti ascoltati? Riuscirà ad avere la sua rivalsa su Fritz grazie a un pianista e ad un’idea geniale: è dall’inizio che ti ripeto che è probabilmente una delle donne più intelligenti del suo tempo, ricordi? Hedy ha una brillante intuizione: un sistema che impedisce al nemico di creare interferenze radio nel controllo remoto dei siluri anti sommergibili, e che rende inutile quella tecnica origliata quando era costretta a fare la bambolina sorridente in casa Mandl. L’idea è semplice: usare non solo una frequenza ma uno spettro di frequenze alternative in cui passare da una all’altra in maniera molto rapida in modo che, anche se qualcuno si fosse sintonizzato su una frequenza con scopi ostili di manipolazione del segnale, questa sarebbe stata abbandonata subito dopo, rendendo vano l’attacco. Si rendeva così necessario conoscere anche l’esatto ordine dei salti di frequenza per poter interferire, ma anche per poter controllare i dispositivi. L’ultima parte della sua idea, quella relativa al controllo della successione dei salti, Hedy la sviluppa assieme ad un pianista al quale si rivolge inizialmente per una consulenza sul suo seno, troppo piccolo per Hollywood. Mi rendo conto che detta così sia poco credibile. LUGLIO 2019
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SEGUO - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI Il Frequency Hopping Spread Spectrum, usato ancora oggi nel WiFi, nel Bluetooth e dall’esercito USA durante il blocco di Cuba, è stato teorizzato da una diva del cinema erotico dopo un confronto con un pianista studioso di fisiologia e tecnologia. George Antheil era un compositore d’avanguardia, non apprezzato dal pubblico suo contemporaneo: si dice che ad ogni suo concerto si scatenassero risse furiose fra gli astanti (tutti studiosi, pittori, pensatori, non esattamente dei teppisti), esasperati dalla cacofonia delle sue esibizioni. La specialità di Antheil era infatti il pianismo automatico sincronizzato, in cui le sue composizioni venivano fatte suonare da sedici autopiani controllati con nastri perforati. Oltre alla musica e all’automazione però l’incompreso pianista doveva avere anche ben altri interessi, visto che pubblicò un libro intitolato Studio di criminologia ghiandolare (la cui plausibilità ben esula dagli intenti di questa rubrica già di suo vaneggiante). Hedy, frustrata dall’imposizione di reggiseni imbottiti per recitare nei film, sentendosi non all’altezza delle dive prosperose del tempo, intuisce che un esperto di ghiandole potrebbe aiutarla e... lascia il suo numero scritto col rossetto sul finestrino dell’auto di Antheil.
Quando una è una superstar evidentemente non può agire con normalità. Più che al seno di Hedy i due però si dedicano all’invenzione dell’attrice che, adottando il protocollo di controllo degli autopiani sincronizzati di Antheil, diventa finalmente realtà e viene brevettato. Non è un caso che il sistema salti rapidamente fra 88 frequenze, tante quanti i tasti del pianoforte (sette ottave e una terza minore, generalmente). Il ministero della difesa rifiuta di usare il brevetto di un’attrice bomba sexy e di un compositore di scarso successo, salvo poi adottarlo poco dopo la scadenza legale del brevetto, negli anni ‘60, durante quel problemino con Cuba. Nei social, se non puoi essere riservato, sii almeno coerente. Non c’è niente di più patetico di vedere persone adulte cambiare completamente bandiera in due settimane, o anche istantaneamente, assieme allo switch tra una finestra di chat e l’altra. Prima fai body shaming e insulti a tappeto, poi lo chiami fratello, lo apostrofi con il buon... : ma che figura ci fai? Non c’è crittografia che ti salvi, non c’è privacy, non c’è evanescenza della memoria: è tutto scritto, e ci sarà sempre l’amico rancoroso pronto a spifferare tutto a tutti. Meglio cercare di essere inattaccabili, o come ti dicevo, coerenti. Negli anni novanta, ormai anziana e con diversi problemi alla vista, Hedy riceve il premio di Pioniere della frontiera elettronica che viene assegnato annualmente ai grandi innovatori dell’informatica. Il discorso di ringraziamento di Hedy è un laconico era ora. Come si fa a non adorarla? Emiliano Nencioni
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NEW YORK
SLIDERS æ9d:
Un piccolo hamburger che andrà letteralmente a ruba nelle occasioni di festa. Particolarmente adatto ai bambini per le dimensioni ridotte, è perfetto per aperitivi, cene informali, serate in famiglia. Un vero e proprio boccone di puro sapore, che si presta ad essere declinato in mille versioni e abbinato a un’infinità di sapori, ma sorprendentemente gustoso e succulento anche da solo.
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Diventa il re della griglia durante le giornate in compagnia di amici e familiari grazie a questo hamburger da 200 grammi. Il perfetto bilanciamento del gusto, dato dall’equilibrio ideale di parte grassa e parte magra nella composizione del patty, lo rende un prodotto di cui non potrai più fare a meno. Dimentica gli hamburger sottili e insapori e preparati a un’esplosione di gusto, senza rinunciare alla praticità di un prodotto confezionato in skin.
BURGER
STEAK Trecento grammi di carne macinata, condita e ricompattata in una polpetta dallo spessore consistente. Questo Burger Steak unisce le due cose fondamentali che tutti cercano in cucina: qualità ottima e velocità di preparazione. In pochi minuti potrai servire un piatto ricco, bello da vedere, con un sapore esplosivo e una qualità indiscussa. Un hamburger alto, saporito, soddisfacente, che si presta a essere servito in mille modi diversi, mai asciutto e stoppaccioso. Scalda bene la griglia prima di mettere il Burger Steak in cottura, rigiralo spesso per creare la crosticina esterna senza rischiare di bruciarlo, cuocilo per pochi minuti e servilo come una tagliata, aggiungendo il tuo condimento preferito. Un sicuro successo. Un vero salva-cena di altissima qualità.
DOVE TROVARCI Lista aggiornata a aprile 2019 puoi trovare la mappa interattiva di tutti i punti vendita costantemente aggiornata all’indirizzo
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BOLOGNA BO COPPARO FE LAGOSANTO FE OSTELLATO FE TRESIGALLO FE ABANO TERME PD ALBIGNASEGO PD BATTAGLIA TERME PD BORGORICCO PD BUSA DI VIGONZA PD CADONEGHE PD CADONEGHE PD CAMPODARSEGO PD CASALSERUGO PD CITTADELLA PD FONTANIVA PD GRANTORTO PD LIMENA PD LIMENA PD MASERA' DI PADOVA PD MASSANZAGO PD MEGLIADINO S.FIDENZIO PD MONSELICE PD NOVENTA PADOVANA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PIAZZOLA SUL BRENTA PD PIOVE DI SACCO PD ROVIGO PD RUBANO PD SAN GIORGIO IN BOSCO PD SAN MARTINO DI LUPARI PD SELVAZZANO DENTRO PD TENCAROLA DI SELVAZ. PD TOMBELLE DI SAONARA PD TOMBOLO PD VEDELAGO PD VIGODARZERE PD VIGONZA PD VILLAFRANCA PD PORTO TOLLE RO PORTO VIRO RO ROVIGO RO TAGLIO DI PO RO VILLADOSE RO CASALE SUL SILE TV CASIER TV CASTAGNOLE DI PAESE TV CASTELFRANCO VENETO TV CONEGLIANO VENETO TV ISTRANA TV MASERADA TV MOGLIANO VENETO TV ONE' DI FONTE TV ONE' DI FONTE TV PONTE DI PIAVE TV RESANA TV RIESE PIO X TV TREVISO TV TREVISO TV VIDOR TV ZERO BRANCO TV CAMPONOGARA VE CAORLE VE CAVALLINO TREPORTI VE CAVALLINO TREPORTI VE CAVARZERE VE CEGGIA VE CHIRIGNAGO VE DOLO VE FAVARO VENETO VE FAVARO VENETO VE FOSSO' VE JESOLO VE MAERNE DI MARTELLAGO VE MARCON VE MARGHERA VE MELLAREDO DI PIANIGA VE MESTRE VE MESTRE VE
A. BERGAMI, 7 VICOLO AVOGADRO, 1 VIA ITALIA, 19 STRADELLO DELLA CROCE, 13 VIA ALDO MORO, 22 VIA ANDREA PREVITALI, 30 VIA MODIGLIANI, 76 VIA GIACOMO MATTEOTTI, 10 VIA ROMA, 51/C VIA ALDO MORO, 17/B VIA VINCENZO BELLINI, 1 SOTTOPORTICO GUIDO ROSSA, 2 VIA ANTONIANA, 126/A VIA LEONINO DA ZARA, 2 CONTRA' CORTE TOSONI,81 VIA G. MARCONI, 90 PIAZZA DEL BRAIO, 1S VIA F.LLI CERVI, 3 VIA ROMA, 87 VIA CONSELVANA, 151/F VIA ROMA, 31 VIA G. MARCONI, 53 VIA SQUERO,14 VIA GUGLIELMO MARCONI, 9 VIA DEI COLLI, 60 VIA TRE GAROFANI, 47/51 VIA CURZOLA,7 VIA CHIESANUOVA, 71 VIA ANDREA VERROCCHIO, 18 VIA ANTONIO GRASSI, 38 VIA INDUNO, 27 SOTTO IL SALONE, 32 - PIAZZA DEI FRUTTI VIA NAZARETH, 22 VIA GIORGIO PULLE', 39 VIA SIRACUSA, 18/20 VIA VITTORIO SAETTA, 6 INT. 3 VIA ALESSANDRO PROSDOCIMI, 2 VIA DEI SALICI, 37 VIA MARTINO SANDELLI, 1/A PIAZZA METELLI, 6 VIA MONSIGNOR G. FORTIN, 47 VIA DEI BELLUDI, 13/A INT. 4 VIA LEONARDO DA VINCI, 6-8 VIALE PORTA ADIGE, 45/G PIAZZA M. FRASSON, 1 VIA VALSUGANA, 332/B VIA RIZZIERI SERATO 84/A VIA SCAPACCHIO', 133 VIA S.ANTONIO, 2 VIA VIGONOVESE, 130 VIA E. MONTALE, 5 VIA PAPA SARTO, 14 PIAZZA UNITA' D'ITALIA, 19 VIA PASTORE, 4 VIALE POSTUMIA, 37 VIA ALBA, 9 VIA XXV APRILE. 14/G VIALE PORTA ADIGE, 14/C VIA J.F. KENNEDY VIA ZONA IND. 57 VIA SAN MICHELE, 47/H VIA DELLA LIBERAZIONE, 68/A INT. 7 VIALE BRUXELLES, 3 BORGO VICENZA,20/26 VIA IMMACOLATA DI LOURDES, 88 VIA CASTELLANA, 50 VIA EUROPA, 114 VIA DELLO SCOUTISMO, 25 ROMA 95/A VIA CASTELLANA, 9/A VIA DON LUIGI MORETTO, 15 BRIGOLA, 2 VIA CASTELLANA, 44 VIA NICOLA DI FULVIO VIA DON LORENZO MILANI, 2/A PIAZZALE CAPITELLO, 5 VIA KENNEDY VIA ARZERINI, 15 VIALE DEGLI AIRONI, 12 PIAZZETTA DELLA LIBERTA', 1 VIA FAUSTA, 377 VIA TULLIO SERAFIN, 19 VIA XXV APRILE,58 VIA FRATELLI CAVANIS, 42/A VIA SAN PIO X, 5/7 VIA ALTINIA, 168 VIA TRIESTINA 50/1 PIAZZA ALDO MORO, 3 VIA ROMA DESTRA, 118 VIA I°^ MAGGIO, 4 VIA G.B. TIEPOLO, 4 PIAZZALE GIUSEPPE SIRTORI, 28 VIA PO', 29 PIAZZALE LUIGI CANDIANI 14/16 VIA PIAVE, 172
PORTOGRUARO SAN DONA' DI PIAVE SAN DONA' DI PIAVE SAN DONA' DI PIAVE SAN DONA' DI PIAVE BARBARANO VICENTINO BASSANO DEL GRAPPA BASSANO DEL GRAPPA CAMISANO VICENTINO CUSINATI T. SUL BRENTA DUEVILLE MONTEBELLO VICENTINO MONTECCHIO MAGGIORE MONTEGALDA MONTICELLO CON. OTTO ROSSANO VENETO SOVIZZO VICENZA VICENZA
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BORGO S.AGNESE, 97 VIA DANTE ALIGHIERI, 31 VIA MARIO RORATO, 12 VIA CALNOVA, 34 VIA BRUSADE, 69 VIA DEL COMMERCIO, 14 VIA BENVENUTO CELLINI, 5/A VIA S. GIOVANNI BOSCO, 53/B VIA PADRE AURELIO MANIN, 17-23 VIA NAZIONALE VIA VALDASTICO, 2 VIA LAGO DI GARDA, 22 VIA DEGLI ALBERI, 17 VIA 2 GIUGNO, 4 VIA A. VOLTA 3/5 VIA TORRICELLA, 34/36 VIALE DEGLI ALPINI, 40 VIA GIOACCHINO ROSSINI, 71 VIA PERIZ, 11
CONAD IPERMERCATO ALBA BOLOGNA BORGO SAN DALMAZZO SAVIGLIANO MODENA ARMA DI TAGGIA TORINO RIVOLI
IL GIGANTE
NIZZA MONFERRATO ALBINO BERGAMO BOTTANUCO GAGLIANICO BOLOGNA ERBUSCO MANTA MARIANO COMENSE VERTEMATE CON MIN. MONTANASO LOMB. CESANO BELLINZAGO CANEGRATE CASTANO PRIMO CAVENAGO CESANO BOSCONE CINISELLO BALSAMO CINISELLO BALSAMO CORNAREDO DORMELLETTO MILANO MILANO MONZA PADERNO DUGNANO RHO ROZZANO SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI USMATE VILLASANTA VIMERCATE CURTATONE TRECATE VARALLO POMBIA ROTTOFRENO REGGIO EMILIA CHIVASSO LA LOGGIA RIVAROLO CANAVESE TORINO TORINO TORINO CASTELLANZA DAVERIO LONATE POZZOLO SOMMA LOMBARDO MONCRIVELLO
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VIA CORSO ASTI 24 VIALARGA 10 VIA CUNEO 84/86 VIA SALUZZO 65 STRADA MORANE 500 VIA PRIVATA ROGGERI 56 STRADA ALTESSANO 129 CORSO FRANCIA 175 /F
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S.S. 592, LOC. REGIONE POLVERATA VIA MARCONI BERGAMO VIA BONO IA PAPA GIOVANNI XXIII VIA MATTEOTTI, 129 P.ZZA G.DA VENAZZANO, 6 VIA ROVATO, 44 STRADA REGIONALE 589 VIA PAPA GIOVANNI XXIII, 57 S.S. 35 DEI GIOVI, 1/9 VIA EMILIA, 2 VIA MONTEVERDI S.S. PADANA SUPERIORE, VILLA FORNACE VIA MAGENTA ANG. VIA ROVIGO S.P. 34 ANGOLO VIA ADUA VIA PAPA GIOVANNI PAOLO II VIA ROMA, 20 VIA DE AMICIS, 2 VIA AQUILEIA, 72 VIA DELLA REPUBBLICA, 1 DORMELLETTO (MI) VIA LORENTEGGIO, 3 VIA ORNATO VIA PORTA LODI, 6 VIA NENNI 21 VIA MAGENTA ANG. VIA S.MARTINO V.LE LAZIO, 4 V.LE MARELLI, 19 VIA GRANDI, 110 VIA MONTI, 49 VIALE ITALIA VIA CARLO MAX VIA VIVALDI, LOC. CASC.CORRADA VIA T. VECELLIO, 1 VIA TORRE BIANCHI, 16 VIA GENERAL LAUGER (VERZELLOTTO) STRADA REGIONALE, 11 S.S. 32 TICINESE, 20 VIA EMILIA PAVESE (S.NICOLÒ TREBBIA) VIA JUSTUS LIEBIG 1/A/ VIA GUIDO GOZZANO 10 STRADA NIZZA S.S.20 DEL COL DI TENDA CORSO INDIPENDENZA, 74 CORSO MARCHE VIA CIGNA CORSO MORTARA VIA PERBUSTO VIA CESARE BATTISTI, 1 VIA BUSTO ARSIZIO, 152 VIA SORAGANA, 1 S.S. 593
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C.SO CANALE, 99 - FRAZ.MUSSOTTO VIA DON ORIONE 45 VIA GUIDO MARTINO 8 FRAZ. M. DELL’OLMO PIAZZA CAMILLO VENESIO 5 VIALE PILONE 97 VIA BRA 2, 4 VIA TORINO 39
ALBA BORGO SAN DALMAZZO CANALE CARAGLIO CEVA FOSSANO FOSSANO MONDOVÌ MORETTA SALUZZO SANTO STEFANO BELBO SAVIGLIANO VILLANOVA MONDOVÌ CAMPOROSSO CISANO SUL NEVA SAVONA BRANDIZZO CAMBIANO CARIGNANO CHIERI COLLEGNO MONCALIERI PIANEZZA PIOSSASCO RIVOLI SETTIMO TORINESE TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO VAIE VILLAFRANCA PIEM. CRESCENTINO
MYAUCHAN NAPOLI
OASI
ANCONA CASTELFIDARDO JESI LORETO ASCOLI PICENO FERMO PORTO S. GIORGIO AVEZZANO L’AQUILA CAMPOBASSO TERMOLI FRANCAVILLA AL MARE LANCIANO MACERATA MATELICA TOLENTINO MONTESILVANO PERUGIA GIULIANOVA PIANO D’ACCIO ROSETO DEGLI ABRUZZI
PAM
AREZZO AREZZO AREZZO S. GIOVANNI VALD. SAN SEPOLCRO ASTI BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA IMOLA BRESCIA BARBERINO VAL D’ELSA FIRENZE LEGNAIA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA FOLLONICA GROSSETO GROSSETO LIVORNO LIVORNO
CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN IM SV SV TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO VC
VIA BEPPE FENOGLIO 1 VIA NIZZA 94 VIA ROMA 160 VIA SILVIO PELLICO, 6 VIA MARIO GATTI 14/A VIALE REGINA ELENA 118 VIA FORO BOARIO 11 VIA CUNEO 21 VIA CERVIGNASCO, ANG. VIA CUNEO 2/A VIA CIRCONVALLAZIONE 25 CORSO IV NOVEMBRE 37 VIA TORINO, 250/A VIA MONDOVÌ 34 VIA OBERTO D’ORIA VIA BENESSEA VIA NIZZA 43/R VIA VOLPIANO, 68 S.P CARMAGNOLA-CHIERI 3 VIA PIER LUIGI VIGADA, 2 VIA RIVA/VIA MONTÙ CORSO FRANCIA 143 VIA PESCHIERA 17 VIA PIAVE - S.S. 24 MONGINEVRO VIA UGO FOSCOLO 2 CORSO IV NOVEMBRE 57/B VIA EMANUELE GIANTURCO 10 A VIA BOTTICELLI 114 VIA CARSO 10 VIA GAIDANO 125/A CORSO UNIONE SOVIETICA 493/14 VIA LEINÌ,42/A VIA CARSO 10 CORSO GROSSETO 303/A VIA DEMARGHERITA, 9 VIA MARTIRI DELLA LIBERTÀ 50/1 VIA BRIGATA ALPINA TAURINENSE, 1 VIA VIOTTI 1
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VIA CILEA
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VIA GIULIO PASTORE, 30 SS IESINA KM 6,166 LOC CERRETANO P.ZA CADUTI SUL LAVORO, 4 VIA PIZZARDETO, SNC VIA DEL COMMERCIO, 52 VIA PROSPERI, 42 - LOC. CAMPIGLIONE VIA SOLFERINO, 2 VIA XX SETTEMBRE, SNC SS 17 KM 42+100 - LOC. BAZZANO VIA INSORTI D’UNGHERIA, SNC VIA MADONNA DELLE GRAZIE, 53 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 1 VIA SANTO SPIRITO, 119 VIA ENRICO MATTEI, 41 LOC. BRECCE SNC CONTRADA PACE, SNC CORSO UMBERTO, 334 VIA CENTOVA, SNC VIA GALILEO GALILEI, 371 S.S. 80 VIA NAZIONALE, 621
AR AR AR AR AR AT BO BO BO BO BS FI FI FI GE GE GE GE GR GR GR LI LI
VIA ALFIERI, 67 VIA CALÒ, 12 - ANG. VIA CURINA VIA M. PERENNIO, 23 V.LE GIOTTO, 28 VIA MONTEFELTRO, 1/C CORSO TORINO, 30 VIA BELLARIA, 47 VIA DI CORTICELLA, 3 VIA MARCONI, 28/A VIA ZELLO, 1/A VIA F.LLI PORCELLAGA, 26 STR. PROV.LE PER S. GIMINIANO VIA FRANCAVILLA 13/15 VIA ANDREA DA PONTEDERA, 30 VIA CHIARAVAGNA, 54R VIA MANUZIO, 11 VIA DON GIOVANNI VERITÀ, 6/R VIA LAGACCIO, 48/R VIA MASSETANA - LOC. LE CORTI NUOVE VIA DE BARBERI VIA DEL SABOTINO, 6 P.ZZA SARAGAT, 10/2 VIA CAPPONI
LIVORNO ALTOPASCIO VIAREGGIO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO ROZZANO VIGNOLA FOSDINOVO PADOVA PADOVA PADOVA GUBBIO PERUGIA PERUGIA CALCINAIA PISA PISA SAN MINIATO PORDENONE PORDENONE SPILIMBERGO POGGIO A CAIANO PRATO PRATO PRATO QUARRATA FORMELLO MONTEROTONDO NETTUNO ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA TIVOLI CHIUSI SIENA TRENTO LEINI’ PINO T.SE RIVAROLO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TRIESTE TRIESTE TRIESTE TRIESTE TREVISO LIGNANO CHIOGGIA MESTRE MESTRE SPINEA VICENZA VERONA VERONA
PANORAMA ANGELI DI ROSORA ALESSANDRIA CAMPIBISENZIO ALATRI - FROSINONE CASSINO LATINA LOC.S.CROCE - FORMIA SASSUOLO PONTEDERA PARMA
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VIA DEL BOSCO - ANG. VIA ROMA VIA ROMANA VIA AURELIA NORD SNC V.LE OLONA, 1/3 V.LE SABOTINO, 6 VIA ARCHIMEDE, 8 VIA BAZZINI, 33 VIA FOPPA, 33 VIA FORZE ARMATE, 44 VIA INGANNI, 87 VIA MEDEGHINO, 11 VIA PADOVA, 111 VIA PADOVA, 22 VIA PICCINNI, 2 VIA STRIGELLI, 8 VIA TIBALDI, 35 VIA TOLSTOI, 61 V.LE LIGURIA, 15 VIA FALCONE E BORSELLINO, 93 V.LE MALASPINA, 1 GALLERIA SAN CARLO, 15 (ZONA ARCELLA) P.TTA GARZERIA, 3 P.TTA S. CROCE, 17/18 VIA GIOTTO, 9 STR. COM. PERUGIA S. MARCO, 85/A STR. FONTANA LA TRINITÀ, 2/A - LOC.OLMO P.ZZA KOLBE, 2-15 LOC. FORNACETTE V.LE DELLE CASCINE, 1 VIA PASCOLI, 8 VIA PESTALOZZI, 10/12 C.SO GARIBALDI, 30 VIA GRIGOLETTI, 74 VIA CAVOUR, 57 V.LE MATTEOTTI, 18 VIA FERRUCCI, 132 VIA PISTOIESE, 199 VIA PALERMO 7-9 VIA STATALE, 173 V.LE AFRICA, 134 - LOC. LE RUGHE VIALE BRUNO BUOZZI SNC VIA UGO LA MALFA CIRC.NE AURELIA, 21-23 P.ZZA VINCI, 46/48 V.LE IONIO, 390 VIA A. DI DECIMA - ANG. VIA C. TROIANI VIA G. USELLINI, 287 VIA PASSO DI FALZAREGO, 19 VIALE DI VALLE AURELIA, 32 VIA LAGO DI LESI - LOC. VILLA ADRIANA LOC. QUERCE AL PINO P.ZZA ROSSELLI, 21 INT. 1 VIA G. B. TRENER, 16 VIA TIZIANO, 4 VIA CHIERI, 96 C.SO INDIPENDENZA, 50 C.SO BRAMANTE, 93 C.SO COSENZA, 46/B C.SO ORBASSANO, 212 C.SO POTENZA, 60 C.SO SEBASTOPOLI, 227/A C.SO SVIZZERA, 52 C.SO TRAIANO, 58 CORSO RACCONIGI, 236/A VIA NIZZA, 230 VIA PORPORA, 38/BIS C VIA S. PAOLO, 36 VIA SALBERTRAND, 67 VIALE PIEMONTE, 34 VIA CAMPI ELISI-ANG.VIA D’AVIANO VIA GIULIA, 75/3 VIA LIONELLO STOCK, 4 VIA MIRAMARE, 1 VIA ZORZETTO, 12 V.LE EUROPA, 33/34 VIA MARCO POLO, 70 C.SO DEL POPOLO, 209 P.ZZA XXVII OTTOBRE, 1 VIA DELLE INDUSTRIE, 10/B VIALE TRENTO - ANG. VIA PECORI GIRALDI VIA DEI MUTILATI, 3 VIA IV NOVEMBRE, 6/A
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VIA VERDI 1 CORSO GIUSEPPE ROMITA 80/82 VIA SAN QUIRICO, 165 VIA CASILINA, 81.600 VIA CASILINA SUD KM 141.400 VIA PIER LUIGI NERVI VIA MARMORANO LOC S.CROCE SNC VIA ARCHIMEDE, 9 VIA DELL’INDIPENDENZA VIA SILVIO PELLICO, 20/A
PISTOIA LOC. PAVONA - ARICCIA LUNGHEZZA - ROMA OSTIA - ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA S.MAURO TORINESE CASTRETTE DI VILLORBA TREVISO UDINE UDINE MARGHERA
SIMPLY
MERCOGLIANO AFRAGOLA AFRAGOLA CARDITO CASORIA GIUGLIANO IN C. MARANO DI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI SECOND. SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO
SIGMA
ANGELI DI ROSORA BOLOGNA BOLOGNA CORTICELLA IMOLA IMOLA BORGOSATOLLO BOTTICINO MOLINETTO DI MAZ. BOMPORTO CAMPOSANTO SUL PAN. CARPI CARPI CAVEZZO MEDOLLA MIRANDOLA MODENA MODENA MODENA PAVULLO NEL FRI. SASSUOLO SORBARA DI BOM. MARINA DI MASSA BETTOLA CARPANETO CASTEL S.GIOVANNI FERRIERE GOSSOLENGO PIACENZA PIACENZA PIACENZA PIANELLO BUSSETO MEDESANO PARMA PARMA PARMA S.SECONDO RAVENNA BAGNOLO IN PIANO BIBBIANO BRESCELLO CASINA CASTELLARANO CASTELNOVO NE’ M. MONTECCHIO EMILIA QUATTRO CASTELLA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA RUBIERA SALVATERRA CASALGR.
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VIA BARTOLOMEO SESTINI VIA NETTUNENSE KM5+600 VIA COLLATINA, 858 VIA DELL’APPAGLIATORE VIA AURELIA, 822 VIA GINO FRONTALI, 14 VIA LAURENTINA, KM 9 VIA MARIO RIGAMONTI, 100 VIA TIBURTINA, 757 STRADA SETTIMO TORINESE, 371 VIA DELLA CARTIERA, 5 VIALE DELLA REPUBBLICA, 11 VIALE PALMANOVA, 109 VIALE VENEZIA, 327/329 VIA SARTORIO ORSATO 13/15
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VIA RAMIRO MORCONE, 29/33 IV TRAVERSA SAN MARCO,5 VIA DE GASPERI VIA MAHATMA GANDHI, 7 S.S. SANNITICA VIA LAGO PATRIA, 214 VIA DEL MARE, 2 VIA LIETI A CAPODIMONTE VIA GIUSEPPE BUONOCORE, 57/59 VIA DEI CIMBRI VIA ORAZIO, 145/G VIA VITTORIO EMANUELE III 17/21 VIA VOCCA, 17 VIA PIETRO DEL PEZZO, 34 VIA ZANOTTI BIANCO, 32/28 VIA MADONNA DI FATIMA, 160 VIA SAN LEONARDO, 15 VIA LUCIO PETRONE, 37 VIA FILIPPO SCIARAFFIA, 21
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VIA VERDI 1 VIA BERTI, 6 VIA SAN PIO V N. 7 VIA CORTICELLA,186/12 VIA G. DI VITTORIO 70 VIA PUNTA N. 1 VIA BETTONI 16 VIA MOLINI 57/59 VIA MARCONI 1 VIA ADIGE 250/R VIA FALCONE, 9 VIA CUNEO N. 47 VIA UGO DA CARPI N. 62 VIA VOLTURNO N. 73 VIA STATALE N.46/C VIA CIRCONVALLAZIONE,111 VIA CAVOUR,41/D VIA NOBILI 91/C VIA SAN GIOVANNI BOSCO N. 53 VIA GIARDINI 346 VIA MAGENTA, 72 VIA FALCONE E BORSELLINO 40/C VIA S.LEONARDO,348/350 VIA XXIV MAGGIO N.20 V.G.C.ROSSI ANG.V.PALLASTRELLI VIA MONTANARA N.4 LARGO RISORGIMENTO VIA DEI RIVI PIAZZALE MARCONI N. 37 VIA CADUTI SUL LAVORO, 12 VIA APPIANI 10 VIA L.DA VINCI 17/19 VIA IRENEO AFFO’ N° 6 ROTATORIA M.R. GANDOLFI 31/38 VIA GRAMSCI 9 VIA SILVIO PELLICO,5 VIA S. MORSE 14/A VIA PROVINCIALE PER PARMA,6 VIA FAENTINA 8 VIA BORRI, 2/L VIA RASORI - LOC. BARCO VIA KENNEDY N. 12 VIA ZUNA MAGNANI 1/A VIA RADICI NORD 31/T P.LE DORANDO PIETRI 1 VIA S. CONTI 70 VIA MORANDI, 3/A VIA A. FERIOLI 18 VIA COLONNA,9 VIA A.DE GASPERI,37 VIA ARMSTRONG N. 2 - LOC.FOGLIANO VIA REPUBBLICA, 27 (RIVALTA) VIA PRAMPOLINI N. 20/22 VIA A. LIGABUE, 1
SAN MARTINO IN RIO SAN POLO D’ENZA VILLA MINOZZO CAMPAGNOLA LA SPEZIA
SUPERELITE FIUMICINO NETTUNO OSTIA POMEZIA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA
TIGRE
ANCONA CASTELBELLINO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO PORTO D’ASCOLI S. BENEDETTO DEL TR. AVEZZANO TERMOLI TERMOLI CHIETI VASTO ISERNIA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA FOLIGNO FOLIGNO SPOLETO FONTE NUOVA ROMA ROMA ROMA ROMA MARTINSICURO ROSETO DEGLI ABRUZZI
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DELL’ARTIGIANATO RAMPOGNANA DON PASQUINO BORGHI 22 GRANDE N. 5 SARDEGNA 17/A
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VIA DELLA SCAFA, 184 VIA ALCIDE DE GASPERI, 14 VIA FEDERICO PAOLINI, 48 VIA DEI CASTELLI ROMANI, 2 VIA A. G. RESTI 19 VIA DI SANT’ALESSANDRO, 380 VIA SALISBURGO, 20/32 VIA DELLA SETA, 27 VIA DELLA TECNICA, 164/D VIA ANNA FRANCHI, 10 VIA APPIA NUOVA, 472 VIA ARNO, 1 VIA DI CASTEL DI LEVA, 273 VIA CAVOUR, 232 VIA CRISTOFORO COLOMBO, 1780 VIA DELLA FARNESINA, 251/259 VIA LAURENTINA, 980 VIA MAGNAGRECIA, 97/A VIALE DELL’OCEANO INDIANO, 180
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VIA E. SACRIPANTI, SNC VIA ITALIA, 1 LARGO PORTA ROMANA, 1 P.ZA S. MARIA INTER VINEAS, 1 VIA SALARIA KM. 207,700 VIA E. MATTEI, 14 VIA MARSALA, 56 VIA V. FALCONE, SNC VIA CORSICA, 188/192 VIA MONTECARLO VIA PICENA, 80 VIA DEI CONTI RICCI, 46/48 VIA S. IPPOLITO VIA ARAPIETRA, 63/65 VIA BATTISTI, 207 VIA D’AVALOS, 213/215 VIA FABRIZI, 159 65121 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 201 VIA MONTE CERVARA, 1 VIA IV NOVEMBRE, 37 VIA MARTIRI DELLA RESISTENZA SNC PIAZZA VARISCO VIA MONTEBUONO VIALE LIEGI V. T. BOETTI VALVASSURA, 110 VIALE ERITREA VIA ROMA, 447 - VILLA ROSA S.S. ADRIATICA KM. 417,600
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Dire tta m e n t e da lla com m uni ty d i maes tri d i barb ecu e p iù gran d e d ’Ita lia, na s c e i l pre st i gi oso c lub ch e ti offre la p o s s ibilità d i avere: accesso p riorita rio a l meg a store, dove pot ra i fa re ra zz i e men tre tu tti gli altri “s o no in coda”; u na p rogram mazi o ne intellig ente dei tuoi a cquisti gra z i e a l c re di to m e ns ile p rep agato (s cegli tu quan to ); u n coach priva to che ti g uiderà ne l fa r t i vi ve re l’ e sperien za p iù eccitan te d i s emp re con la pre parazio n e d ei tu oi p iatti; e molto a ltro a ncora... Av ra i tu tto que sto solo se t i i sc rivi s u bito al MEGASTO RE CLU B, l’u n ico luogo r i s e rvato a una c e rc hi a r i st re tta d i as p iran ti grill mas ter ch e d es id era no a ppre n de re pi ù ve loc e m e n te e n el modo p iù accu rato p o s s ibile, la sublime arte d el grill. Puoi di si s criverti quan do vu oi e i l tu o cred i to sa rà sempre disponibile.
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