MAGAZINE
N°9/ANNO 1 - SETTEMBRE 2019
L’ E D I TORI A L E D I GI A N FRA N C O L O C A S C I O
NICE T O M EAT YOU
MIGLIORARE SIGNIFICA CAMBIARE ESSERE PERFETTI SIGNIFICA CAMBIARE SPESSO
SNAKE RIVER FARMS:
Vive el BBQ loco UN INCONTRO TRA ORIENTE ED OCCIDENTE
S P EC I A L E T E X M E X T U T TO I N G R I G L I A
MAIL CLASS LA SERIE DI EMAIL DIDATTICHE DI GIANFRANCO LO CASCIO
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TEMPO CHE SPESSO, PURTROPPO, NON HAI. LaxB8a b 8BOace
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EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO
ilmigliorare RISOTTO significa cambiare
essere perfetti significa cambiare spesso
Cosa succede quando l'amido del riso gelatinizza a causa della somministrazione di calore legando i chicchi tra loro in un composto setoso e vellutato? Esatto, quel riso diventa risotto. Esiste un protocollo per creare il risotto perfetto e suggellare la sublimazione dell'Oryza sativa? Non ho nessun dubbio nell’affermare che sì, esiste e passa attraverso quattro variabili ben precise: 1. Scelta del Riso. 2. Tostatura del Riso. 3. Cottura del Riso. 4. Mantecatura del Riso.
cristallizare, in altre parole la indebolisce, permettendo ai liquidi di permeare i chicchi. Sembra complicato ma non lo è: due risi con basse quantità di amilosio “tengono” la cottura grazie a un modesto rilascio di amido, che tuttavia è ancora in grado di gelatinizzare. Ovviamente, comprendere quando fermare il rilascio dell’amido fissandone così la cremosità, è compito nostro, di noi che stiamo cuocendo il risotto, ecco.
TOSTATURA DEL RISO La tostatura iniziale serve a indebolire l’amilopectina permettendo all’acqua di entrare nei chicchi. ToSCELTA DEL RISO statura a secco o aiutata da qualche grasso in realtà è D’accordo, iniziamo dal riso: superfino Carnaroli e poco influente. semifino Vialone nano, due varietà che rilasciano un I grassi, che sono ottimi conduttori del calore, a parte tipo particolare di amido, ad alto contenuto di amilo- aggiungere elementi aromatici, permettono ai chicchi pectina e basso di amilosio. di riscaldarsi più in fretta. Ma cosa sono questi due polisaccaridi? Amilopectina e amilosio sono due componenti dell’a- MANTECATURA DEL RISO mido che danno risposte diverse ai liquidi e al calore. Invece la mantecatura è la creazione di un fluido, di A differenza dell’amilopectina, l’amilosio non è so- un’emulsione, ottenuta bilanciando grassi e liquido lubile in acqua ma forma una dispersione gelatinosa di cottura. quando viene a contatto con i liquidi tiepidi. Di solito si usano burro e Parmigiano Reggiano, ma Un po’ come il brodo che magicamente si addensa con vanno bene Robiola e Castelmagno per esempio; e il roux, sapete, l’addensante ottenuto mescolando fa- solo per voler citare due fra infiniti ingredienti. Sparina e burro. zio alla creatività. L’amilosio attenua la tendenza dell’amilopectina a L’emulsione si stabilizza grazie all’amido rilasciaSETTEMBRE 2019
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to dal riso. Non basta sciogliere il grasso nel riso per mantecare, dobbiamo generare le “piccolissime gocce” cui fanno riferimento i dizionari di cucina. Per farlo occorre rimestare in modo molto vigoroso al fine di “rompere” e separare le particelle di grasso (da qui la dicitura risotto all’onda). Più è vigoroso il movimento, più piccole saranno le particelle, maggiore l’aria catturata durante lo scuotimento. In questo modo si ottiene un’emulsione spumosa che dà cremosità al piatto. Siete arrivati fin qui? Mi seguite? Avete afferrato i segreti di una buona mantecatura? RISOTTO IDEALE Il risotto ideale è dunque ancora al dente, né troppo liquido né troppo poco, con una sgranatura dei chicchi evidente, una generosa quantità di grassi per dare nerbo e, fate attenzione, una parte acida accuratamente bilanciata. Chi ha gusti un po’ omologati tende ad azzerare la componente acida del sapore, eppure, vi assicuro che maggiore è la quantità di recettori attivati, più intensa sarà l’esperienza sensoriale. La percezione acida smorza i toni del grasso producendo una maggiore armonia. L’importante è non eccedere, proviamo a bilanciare il tono acre in modo da livellare la sensazione di unto che, se da una parte amplifica la percezione del gusto, porta con sé il difetto di una consistenza fastidiosa. Ho volutamente lasciato da parte la COTTURA del Riso e per un motivo preciso. Il Risotto scientifico diventerà uno speciale di una delle prossime uscite del vostro BBQ4All Magazine. Perché parlare del Risotto? Perché un Grill Master è PRIMA un cuoco e POI uno specialista del Grill. E proprio la cottura avrà un ruolo determinante nel computo del risultato. E no, con ogni probabilità non è ciò che vi aspettate. Tenete d’occhio la campagna di rinnovo dell'abbonamento se non volete perderlo. Tutti gli abbonati dovrebbero già saperlo, ma per sicurezza ci tengo a rammentare questa importante variazione. A partire da Gennaio 2020 il prezzo del BBQ4All Magazine salirà alla quota definitiva di €12,90 a copia per tutti; sia vecchi che nuovi abbonati. Il 2019 è stato il primo anno ed effettivamente abbiamo avuto non pochi problemi a gestirlo. A
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mi test e abbiamo capito cosa vi piace e cosa non vi piace. E sono pronto a scommettere quello che volete che la maggior parte di voi si è accorto che ogni numero superava, per valore e prestigio, quello precedente. I contenuti della vostra rivista continueranno ad essere affilati, taglienti, focalizzati al laser. Saranno la pietra su cui potrete continuare ad affilare la lama delle vostre conoscenze sul mondo della carne. Oltre a questo, grazie a tutte le criticità affrontate in questo anno di gestione, saremo impeccabili e puntuali anche nella consegna. Insomma tutta la fiducia che ci avete concesso e tutta l'esperienza che abbiamo accumulato spaccandoci la schiena su questo progetto monumentale, diventeranno le leve che ci permetteranno di alzare l'asticella ancora di più.
Alcune criticità ci hanno investito e abbiamo fatto un po' fatica a sistemarle. Una su tutte la puntualità delle spedizioni. In realtà non avevamo fatto i conti con i tempi biblici delle Poste. Non avendo alcuna esperienza precedente non potevamo sapere che una normalissima spedizione poteva impiegare anche fino a un mese prima di giungere a destinazione. Mi rendo conto che, vista dal vostro lato, è una situazione in cui è facile che si tappi la vena e venga il nervoso. Realisticamente, al posto vostro, avrei avuto le stesse sensazioni. Ad onor del vero però, e centinaia di persone possono testimoniare le mie parole, il nostro servizio assistenza si è sempre dimostrato aperto e disponibile, oltre che tempestivo, nella risoluzione di tutti i problemi. Si può fare di meglio? Certo che sì e infatti lo stiamo facendo e continueremo a farlo. La versione 2020 del Magazine sarà molto diversa da quella di adesso. Ma non dico solo nei contenuti, che già avete avuto modo di apprezzare. Sarà gestita in modo perfetto e senza sbavature. Impeccabile. E vi spiego perché. Perché durante questo anno abbiamo fatto moltissiıA
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Sulla scorta dell'onestà che vi sto dimostrando in questo momento (come vedete vi sto parlando a cuore aperto) adesso vi invito a confermare che il prezzo del Magazine è di parecchio inferiore al suo reale valore e per l'azienda, questo primo anno, ha rappresentato un valore finanziario in forte perdita. Ma è stata una scelta voluta proprio per avvicinare quante più persone possibili e permetterci di creare questo gioiellino che avete in mano.
del vostro abbonamento, spendendo un po' meno di quello che altrimenti dovreste spendere semplicemente consigliandolo ad un paio di amici che, alla fine, vi ringrazieranno per averglielo fatto conoscere. A me non sembra così assurda come cosa. Anzi, la trovo molto pertinente e molto in linea con il senso di "Community". Ovviamente non è che vi piantiamo in asso chiedendovi di praticare "il passaparola". Ci mancherebbe. Faremo molto di più: vi forniremo un kit, una busta contenente tutto il materiale che potrete consegnare a mano ai vostri amici. All'interno troveranno tutte le istruzioni e la super offerta per attivare il loro abbonamento grazie a voi. Se anche uno di loro accetta, e arriviamo a 10.000 sottoscrizioni, il vostro abbonamento, per tutto l'anno successivo, rimane con il prezzo bloccato di €9,90. L'unico sforzo che dovrete fare sarà quello di consegnare una busta che vi forniremo noi ovviamente, alle persone che, secondo voi, potrebbero amare la nostra rivista.
Dal piano dei conti che è emerso, non possiamo più mantenere il prezzo invariato per l'anno successivo. Considerando il numero di abbonati attuale il prezzo dovrà salire fino ad arrivare ai 12,90€. Ma c'è un ma... C'è ancora un slot di abbonamenti disponibili per il 2019. Ed aprirà a settembre. Se in questo slot riusciremo ad arrivare a 10.000 abbonamenti, prometto che manterrò il prezzo attuale, cioè 9,90€ anche per tutto l'anno 2020. Potreste dirmi "eh ma noi che c'entriamo? Come potremmo mai cambiare questo dato?" Potreste eccome. E volendo potrete. Il modo è molto semplice. Basta rispondere a tre semplici domande: 1. Il Magazine vale il costo dell'abbonamento? 2. Conosco almeno due persone a cui potrebbe interessare? 3. Riesco a spiegar loro che vale la pena investire questi pochi spiccioli e che in cambio otterranno gli stessi formidabili benefici che ho ottenuto io? Se ognuno di voi abbonati rispondesse di sì e riuscisse a convincere anche solo una delle due persone, si raggiungerebbe la quota di 10.000 abbonamenti in un battere di ciglia.
Questo è tutto. Auspico che possiate raccogliere questo mio invito cristallino e trasparente. Posso contarci? Gianfranco Lo Cascio
Non so, magari potrà sembrarvi una richiesta strana ma io non ci vedo nulla di male: continuate a godere SETTEMBRE 2019
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INDICE GIUGNO 2019 - NUMERO 6 ANNO 1
RUBRICHE
1 0 . N I C E T O M E AT Y O U
SNAKE RIVER FARMS intervista a Kelsea Monterotti 16. WINE CLASS
il gusto del vino parte II è oggettivo o soggettivo?
2 2 . I L B B Q P E R P R I N C I PA N T I
LA GRIGLIATA AFFOLLATA è il momento di sfamare tanta gente
2 6 . G U I DA A G L I ACC E SS O R I
E Questo a cosa serve?
quattro accessori apparentemente inutili più uno 3 0 . A PP RO FO N D I M E N TO
TANTO FUMO E NIENTE FUMO guida ai legni per affumicare
SPECIALE
TEX-MEX
34. TORTILLAS 40. Nachos 42. ARROZ ROJO 44. BURRITO 46. EL TACO LOCO 52. TAMALES 54. PICO DE GALLO 56. ELOTE 58. BIRRIA 60. PATATA MESSICANA 62. CHURROS 64. VINI ABBINATI 66. BIRRE CONSIGLIATE 67. IL COCKTAIL DEL MESE
APPROFONDIMENTI 68. #CHIEDIALCOACH
alimenti congelati e sicurezza alimentare
74. THE CHEMICAL GRILLER marinature, parte seconda
78. SEGUO
D I R E T TO R E E D I TO R I A LE
Rossella Neiadin
R E D AT T O R E C A P O
Michela Bongiorni REDAZIONE
Enio Berton, Giovanni Bolzonella Virgilio Brunetti, Michele Chipa, Tommaso Di Gregorio, Salvatore Di Mento, Luca Gallozza, Mariangela Ibba, Gianfranco Lo Cascio, Alessandro Morichetti, Riccardo Meniconi, Emiliano Nencioni, Andrea Spaggiari, Alessandro Trezzi, Carlo Trono, Paolo Tucci REALIZZAZIONE GRAFICA
Carlo Trono S TA M PA
Graphic Master s.r.l. - Perugia magazine@bbq4all.it instagram.com/bbq4allmagazine/ ©2019 BBQ4All è un marchio BBQ4All Consulting s.r.l. BBQ4All Magazine è un prodotto in concessione a ©2019 NetAddiction s.r.l. Tutti i loghi e marchi riportati, gli elementi grafici, le immagini e i materiali presenti nella presente pubblicazione sono soggetti alle norme vigenti sul diritto d’autore; è quindi severamente vietato riprodurre anche parzialmente ogni elemento delle pagine in questione. Nomi, marchi registrati e loghi eventualmente presenti su questa pubblicazione non possono essere utilizzati per alcuna forma di pubblicità o diversamente per indicare sponsorizzazione, patrocinio o affiliazione a prodotti o servizi senza previa autorizzazione scritta da parte della società che ne detiene i diritti. Tutto il restante materiale fotografico pubblicato è stato realizzato da BBQ4All e/o acquistato e/o licenziato allo stesso, con trasferimento dei diritti di utilizzazione economica salvo le immagini utilizzabili con licenza Creative Commons o GNU Free Documents Attribution. BBQ4All ha osservato le più ampie tutele affinchè non venisse violato il diritto d’autore altrui.
NICE TO MEAT YOU - INTERVISTE a cura di GIOVANNI BOLZONELLA
un incontro di culture TRA
OCCIDENTE e
oriente
Questo mese abbiamo intervistato la responsabile di uno dei marchi a noi più cari. Parliamo di Snake River Farms, una delle realtà più longeve per quanto riguarda l’American Wagyu. Abbiamo esplorato assieme a Kelsea i segreti di questa azienda a gestione familiare, sviscerando la loro filosofia e scoprendo i punti chiave di un prodotto così unico.
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Ciao Kelsea, presentati ai nostri lettori! Ciao, sono Kelsea Monterotti e sono Coordinatrice Marketing presso Snake River Farm, in cui lavoro da 2 anni! Cosa ci puoi raccontare su questa azienda? Tutto si svolge sotto l’ala della “company parent” Agre Beef, un’azienda familiare verticalmente orientata all’allevamento e trasformazione della carne bovina. Tutte le operazioni si svolgono nel Northwest, iniziando da dove produciamo il mangime con cui alleviamo i nostri animali, lungo Snake River, presso American Falls in Idaho. Quali sono i punti di forza della vostra azienda? La forza e il fatto che siamo un punto di riferimento per il mercato li dobbiamo certamente a quella che noi chiamiamo la nostra filosofia “STAR”, essa riassume perfettamente i nostri criteri di lavoro e le nostre priorità: • sostenibilità; • totale qualità; • l'animale e il suo benessere; • responsabilità. Come avviene il processo di selezione dei vostri capi? Abbiamo un processo di selezione unico nel suo genere, grazie al sistema integrato che comprende tutta la filiera. Questo ci permette di lavorare con precisione avendo il controllo completo su tutto quello che accade e di partire dalle genetiche che più favoriscono il risultato che vogliamo ottenere. Possiamo così decidere di essere selettivi sulle caratteristiche della carne che desideriamo e sulla marezzatura finale. æA
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Quante genetiche allevate come Snake River e che caratteristiche hanno? Alleviamo un incrocio 50/50 tra una razza Wagyu giapponese e una genetica di Angus. La razza Wagyu è celebre per la marezzatura che sviluppa nel tempo e ci permette di ottenere una carne dalla texture burrosa, tenera, ricca di sensazioni organolettiche, con la tendenza a sciogliersi in bocca. Allo stesso tempo, il taglio conserva il profumo e il sapore della carne nazionale Americana. Un incontro di culture, tra Oriente e Occidente, che genera un prodotto davvero unico! Molto innovativo! Quanto c’è della “vecchia scuola” nel vostro lavoro? La nostra storia è nelle fondamenta dell’azienda. Siamo un’attività a conduzione familiare che si è sempre rinnovata ed espansa nel tempo, mantenendo però integrità e
autenticità al centro del processo mali perché possano difendersi innovativo. Se avremo successo in meglio dal freddo. futuro lo dobbiamo a questo! Quali sono gli obiettivi e le sfide Aspetti ambientali e cambia- per il prossimo futuro? menti climatici come interferi- Noi ci sentiamo una realtà autentiscono con il vostro lavoro? ca, molto fedele ai propri principi. Gli aspetti ambientali sono sem- Il nostro obiettivo è offrire un serpre fattori decisivi nell’allevamen- vizio di qualità, grazie all’ottima to. Non possiamo dominarli, ma carne, restando esattamente gli con qualche accortezza riusciamo stessi. Sappiamo chi siamo e cosa sfruttarne alcuni a nostro favore e facciamo e amiamo tutto questo e ad adattarci di conseguenza. Le ri- l’idea di poter condividere questa sorse ambientali vanno salvaguar- passione! date con coscienza. In cambio, la Come in tutti i business la compenatura ci premia permettendo di tizione è presente e sorgono spesnutrire le nostre mandrie con un’a- so nuove sfide in un mercato che limentazione di qualità, che rende vede entrare nuovi concorrenti la carne dei nostri capi un prodot- tutti i giorni. Noi restiamo autentito straordinario. Ovviamente mo- ci alla nostra storia e coerenti con nitoriamo costantemente queste le nostre politiche: sono queste le condizioni, così che sia possibi- nostre armi segrete, ci permettono le intervenire per salvaguardare di tenere alta l’asticella e guardare gli animali da possibili stress. Ad la concorrenza dall’alto. Inoltre, esempio, durante l’inverno cam- abbiamo la più lunga esperienza biamo l’alimentazione degli ani- con l’American Wagyu che il mer-
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cato abbia mai visto. Questa lunga esistenza sul mercato ci permette di vivere la concorrenza in maniera relativamente serena, come stimolo a migliorarsi. Come trovate il Mercato Europeo, è interessato ai vostri prodotti? Il mercato europeo ci ha sempre dato molte soddisfazioni. Purtroppo, per questioni burocratiche e fiscali, c’è molto fermento e non sappiamo cosa succederà nei prossimi anni: potrebbe crescere l’export o potremmo essere costretti a rivedere la posizione di Snake River Farms sul mercato estero. Siamo però molto incoraggiati dalla domanda degli appassionati che conoscono il nostro valore e alimentano la domanda dei nostri prodotti. Come saprai, i nostri lettori sono veri e propri cultori delle preparazioni al BBQ. Vorrei suggerissi loro i tuoi prodotti preferiti e come ti piace prepararli. Su uno smoker o sulla griglia, i nostri prodotti sono davvero una prelibatezza secondo i cultori del genere. In particolare Tri Tip e Brisket sembrano essere i prodotti più venduti per le proprie caratteristiche uniche. Voglio restare imparziale, però se devo suggerire un taglio che non è assolutamente ammissibile perdere, credo sia giusto informarvi che il Brisket di Snake River Farms è in assoluto il più premiato nel circuito delle competizioni con il BBQ! A
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MA DOVE LA TROVO? La migliore carne dal mondo, frollata, marezzata e selezionata con cura: tutto questo solo nel
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WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI
il gusto del Vino
È OGGETTIVO O SOGGETTIVO?
Perché amare vini molto diversi non è reato e fa parte del gioco (parte seconda) Bastasse un articolo per rispondere a una domanda così centrale in qualsiasi esame di estetica, BBQ4All Magazine dovrebbe costare qualche centinaio di euro però state tranquilli. Non sveleremo segreti capitali per le sorti dell’umanità ma qualche piccola perla utile a godersi un vino buono uscirà fuori.
ad esiti non solo differenti ma, talvolta, opposti e praticamente inconciliabili. Possibile? Possibilissimo. Anzi, assai frequente. Per carità, la scienza enologica è viva e lotta insieme a noi: da quasi due secoli abbiamo iniziato a studiare fermentazioni, lieviti, batteri e reazioni chimiche del vino per capire i processi e monitorarli ma un conto è la bibliografia scientifica e un altro conto è la filosofia del gusto. Il parallelismo con le carni è interessante e un po’ spiazzante ma vediamo se mi seguite. Siamo diventati tutti maggiorenni con una fettina senza grasso poi qualcuno ha scoperto l’universo BBQ e si è aperto un mondo nuovo: in questo universo, un grande taglio cotto a perfezione secondo i sacri crismi è “oggettivamente” buono. La scienza su cui lo zio Gianfranco insiste è metro e misura per capire se si sta lavorando bene, poi io posso preferire le Ribs e la mia compagna un Pulled Pork ma, se eseguiti come si deve, c’è poco da discutere.
Basta partire dalla fine, perché sono sicuro che tutti vi stiate chiedendo quel che io stesso mi chiedo di fronte a una Flank Steak perfetta in salsa Teriyaki: “Piacciono a tutti le stesse carni?”. Che suona un po’ come dire: “Piacciono a tutti gli stessi vini?”. Perché ovviamente no, non a tutti – anche prendendo un manipolo di cosiddetti “esperti” – piacciono gli stessi vini ma dirò di più, e un brivido mi corre lungo la schiena: se nel mondo delle carni, e su queste pagine abbiamo centinaia di esempi, la scienza viene in aiuto per distinguere buono e cattivo, fatto bene e fatto male, giusto e sbagliato, nel mondo del vino dobbiamo rilevare un dato straniante: il relativismo gustativo regna sovrano. Mai come in questo periodo storico, la pluralità prospettive critiche su una stessa etichetta porta Ecco, nel vino – purtroppo o per fortuna – dobbiamo ıA
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mettere in conto una quota di anarchia e relativismo decisamente significativi. Il concetto di “vino oggettivamente buono” è un po’ franoso e cedevole, specie negli ultimi anni. Intendiamoci, ci sono alcuni nomi che mettono quasi tutti d’accordo ma, al contempo, ci sono molte più etichette famosissime, blasonate, vendute alla velocità della luce che dividono, alimentano discussioni infinite e vedono fazioni armate fronteggiarsi a colpi di dialettica. Piccolo esempio personale: uno dei vini italiani più famosi al mondo si chiama Masseto ed è anche uno dei più costosi perché viaggia serenamente oltre i 500 euro la bottiglia (!). Merlot toscano di alto livello, conteso tra i collezionisti di tutto il mondo, in teoria la bottiglia che mette tutti d’accordo. Qualche anno fa ad una degustazione verticale ho avuto la possibilità di assaggiarne ben 8 annate e furono sufficienti per capire che Masseto non è proprio il mio vino. Esplosione di frutta e materia, figlio di terreni argillosi e varietà internazionale per antonomasia, è un vino imponente che non mi scalda il cuore ma ciò non toglie
sia una icona del vino italiano riconosciuta in tutto il mondo: classico esempio, tra addetti ai lavori, di critiche private e pubbliche virtù. Tanti a decantarne le lodi poi però berrebbero altro. Capite che gran casino? Masseto a parte, qualcosa del genere è sempre accaduto durante le sessioni di assaggio di alcune importanti guide ai vini, dove le bottiglie premiate non erano poi le più bevute a tavola. Come a dire: “questo vino ha le caratteristiche giuste per un riconoscimento… ma in realtà preferisco bere altro”. Strano, vero? Non che questo meccanismo sia venuto meno ma è stato fortemente ridimensionato, per fortuna. Vi dirò di più: da almeno 10/15 anni è in corso a macchia di leopardo una nemmeno così silenziosa rivoluzione del gusto. Quando ho iniziato ad appassionarmi voracemente di vino, oltre 10 anni fa, il modello del “vinone” importante era chiaro: struttura, potenza, volume in bocca, estrazione importante, contributo del legno abbondantemente percettibile, insomma c’era tanto di tutto per impressionare. L’etichetta di punta, specie per le aziende emergenti, era immancabilmente il vino più grosso e grasso, imponente. Doveva mettere sul tavolo i muscoli e colpire, stupire, “riempire” il palato. Col senno di poi, una noia pazzesca. Un modello di gusto che resiste tutt’ora ma così poco interessante per il bevitore smaliziato. Vini impattanti che stancano dopo mezzo bicchiere, pensati per suggestionare gli assaggiatori di professione – che testano magari 100 o più vini in batteria nello spazio di mezza giornata – ma irrimediabilmente inchiavabili a tavola, noiosissimi, bloccati nell’espressività, monocordi. Quello degli assaggi alla cieca sarebbe poi un altro capitolo su cui ragionare: immaginate di avere davanti, in linea di massima, batterie dai 3 ai 6 vini omogenei per colore e di doverli degustare senza conoscerne l’etichetta per non essere influenzati dal blasone del brand. Colore, profumi, poi sorso, “masticazione” del vino per stimolare tutte le papille… poi via di espulsione nella sputacchiera. Perché il vino analizzato tecnicamente non viene deglutito. Poi se un vino è eccezionalmente buono il sorsetto ci scappa, però la tecnica d’assaggio prevede di sputare – più o meno elegantemente - il liquido, in antitesi con quello che invece è il momento determinante del consumo e cioè la deglutizione. Prevengo la domanda: non si rischia di perdere informazioni rilevanti così facendo? In qualche misura sì ma i benefici compensano la perdita. Io non
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amo sputare i vini, per nulla. Il calore alcolico che sale dopo la deglutizione, misto ai rimandi retrolfattivi, è parte integrante di un’analisi davvero completa ma è pur vero che, in certi casi, moltissimi casi, è molto meglio sputare specie se il vino non vale l’assaggio.
allenamento e confronto in dosi industriali per esplorare la propria sensorialità, attivare le sinapsi e favorire analisi ragionate a cavallo tra stimolo sensoriale, memoria, filosofia del gusto e quel tanto di affettività, o meglio emozionalità, che non guasta. “Un linguaggio diverso è una diversa visione della vita” diceva Federico I tempi cambiano. Un gusto contemporaneo predilige Fellini, un genio del cinema: così è per il vino, tanti linvini più leggeri, in cui l’articolazione gustativa pre- guaggi che parlano a persone diverse. vale sull’opulenza. L’espressione “vinino” è terribile e degradante ma sicuramente preferibile al vinone: Ma dove eravamo rimasti? Riprendiamo il filo del i grandi vini cui è lecito augurare un futuro radioso discorso perché ora viene il bello. Abbiamo giusto nascono per essere bevuti più che per ottenere rico- piazzato i paletti del campo da gioco: i gusti non sono noscimenti e, soprattutto, per essere bevuti a tavola quattro e la lingua non è divisa in fettine da una Madurante il pasto. Perché forse non tutti sanno che in son-Dixon Line. L’esame gustativo è una sommatoria, certe zone del mondo il vino viene bevuto fuori dai il calcolo complesso di tanti stimoli intrecciati su cui pasti, senza cibo, e questo ha tutta una serie di con- il cervello applica filtri e controfiltri per arrivare a un seguenze, prima fra tutte la necessità di una struttura responso. Quando il liquido entra in bocca, inizia una importante che basti a se stessa: i vini mangia-e-bevi. impercettibile danza sulla lingua. Uno spettacolo che Per noi il vino è quasi inconcepibile senza tavola e non dura il tempo di un sorso e racchiude uno o più anni a caso sul Magazine abbiniamo birre e vini alle diverse di lavoro. Quindi iniziamo con una macrodistinzione preparazioni. Altro gran bel capitolo che riprendere- utilissima per sviscerare le caratteristiche di un vino. mo più avanti. Con un po’ di fantasia, dobbiamo immaginare la cavità Prima di esplorare più a fondo le faide del gusto, però, orale come una splendida bilancia. Lì si gioca la partisarà il caso di aggiungere qualche mattoncino ai nostri ta del gusto. Morbidezze e durezze, alpha e omega del rudimenti di degustazione. Perché, a ben guardare, i vino. Da una parte sensazioni accoglienti, rotonde, concetti fondamentali per avere un’idea del vino che avvolgenti, dall’altra sensazioni più ruvide, meno imsi sta bevendo non sono così tanti: servono solo tanto mediate, ora pungenti, ora graffianti. Zuccheri, alcoli SETTEMBRE 2019
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e polialcoli conferiscono morbidezza al vino. Acidità, tannini, sali minerali ed eventuale anidride carbonica danno invece durezza. Come abbiamo già visto, la temperatura influisce ex post sulla percezione: in basso indurisce, in alto ammorbidisce. Un esempio fulminante per approfondire al meglio i sensi del gusto ce lo offre una bevanda nota a tutti che col vino non c’entra niente: la Coca Cola, nono marchio più famoso al mondo. Cosa ci dice il gusto oltre il marketing? La Coca nasce ad Atlanta nel 1886 col farmacista John Stith Pemberton come rimedio contro mal di testa e stanchezza: era uno sciroppo cui bisognava aggiungere acqua gassata. La Coca Cola di oggi è un intruglio segreto, inimitabile e dolcissimo con alcune caratteristiche organolettiche fondamentali: aroma inconfondibile, dolcezza smisurata (100 grammi/litro di zucchero), acidità violenta dovuta a un pH bassissimo, anche inferiore a 3 (non siamo alla lezione di chimica quindi fidatevi, 3 è davvero il valore di confine delle bevande che sverniciano gengive: al di sotto è quasi sofferenza fisica). Gustativamente la Coca Cola è una somma di eccessi e questo la rende una droga. Ha morbidezza e durezza entrambe alle stelle e, se ci pensate bene, la beviamo con tutto nonché da sola. In pizzeria col salato o a fine cena con la torta di compleanno dei figli. Incedibile! Io, per dire, la bevo solo quando vado in bici e sono molto stanco, possibilmente molto fredda: con tutto quello zucchero che entra in circolo, risveglia le mie stanche e grasse membra da ciclista della domenica. Al contrario, il pensiero di una Coca Cola calda e sgasata è orribile: assenza di anidride carbonica e alta temperatura spostano la bilancia irrimediabilmente verso la morbidezza più sfacciata, rendendo la bevanda insopportabile. æA
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Saltando al vino, ci viene ora facile un parallelismo coi vini frizzanti o spumanti. Come già sapete, fondamentale è la temperatura. Poi c’è da divertirsi perché grana delle bollicine (cioè il calibro, la grandezza percepita in bocca) e residuo zuccherino,- solitamente assente nei vini fermi e presente nei frizzanti/ spumanti proprio per bilanciare la durezza indotta dall’anidride carbonica - dialogano creando un’infinita di soluzioni. Perché il Prosecco è raramente un vino da grandi appassionati? Perché la versione più diffusa nel mondo è quella Extra Dry, cioè con un residuo zuccherino tra i 12 e i 17 g/l, ben percettibile, ammiccante. Il Prosecco che trovate comunemente in giro è “dolcino” e frizzante, tanto gradevole quanto poco appagante. Mentre un Prosecco col fondo, tirato a secco quindi senza dolcezza a bilanciare le bollicine e la delicata acidità, avrà un gusto più deciso e incisivo, meno concessivo. Attenzione: non che l’uno sia buono o cattivo a prescindere, queste generalizzazioni vanno ripudiate. Diciamo che decidono di giocare campionati diversi con strumenti diversi. Niente di sorprendente: la dolcezza è una sorta di gusto primordiale. Il latte materno è grasso, calorico e dolce, sulle prime poppate si forgia il palato e ci vogliono anni per prendere confidenza con tutte le declinazioni del gusto. Pensate che io da piccolo adoravo i limoni, ne mangiavo a fette come fossero patatine: un coacervo di sensazioni dure, tra acidità spiccata e amaro della buccia. Al contrario, da adolescente, trovavo amarissima e respingente la birra: mi sono forzato a berne pensando alle pubblicità, tra virilità e belle bionde, ma la birra mi faceva proprio schifo. Niente di nuovo, le sensazioni dolci sono ammiccanti,
invogliano: non è un caso che i vini destinati alla grande distribuzione possano spesso avere un piccolo residuo zuccherino, è un artificio non così infrequente per andare incontro a un gusto meno raffinato e più diffuso. Ma attenzione! Mai assolutizzare e vedere sempre malvolentieri la dolcezza. In alcuni casi, l’enostrippato va giù di testa per acidità violente e abrasive, incalzanti e senza bilanciamento – della serie: va bene tutto purché “acido” - mentre il bevitore più rilassato e senza preparazione specifica trova più allettante un vino delicatamente morbido. Spesso fa benissimo. I gradi di separazione tra un vino letteralmente secco, quindi senza zucchero residuo, e uno stucchevole (tipo la Coca calda e sgasata, per intenderci), sono infiniti e intersecati da altri fattori, su tutti l’acidità. Ma ne parleremo in dettaglio più avanti e stavolta ci concentriamo sulle parti morbide, che accanto allo zucchero si basano sul tenore alcolico. Un vino dolce e alcolico insieme è una bomba a mano di morbidezza ma spesso anche molti vini “secchi” giocano sul filo del rasoio, spingendo sull’una o l’altra leva. L’alcol prodotto durante la fermentazione alcolica è un conservante, scalda e stimola una sensazione di pseudo-calore, perché in realtà non ha nulla a che fare con la temperatura. Basta sorseggiare una grappa pur ghiacciata per capire di che “calore” si tratti. L’alcol arrotonda, ammorbidisce e smussa ma al contempo appesantisce il liquido sbilanciandolo sul lato greve e flaccido.
lico e qualità del vino non hanno alcuna correlazione. Eppure un tempo – in realtà succede tutt’ora – si dava quasi per scontato che un vino ben dotato di alcol (“Guarda qua, addirittura 14,5% vol.!”) fosse anche più valido. Oggi, è spesso vero il contrario: non nego di vedere con favore – irragionevolmente, per certi versi – vini bianchi e rossi dal tenore alcolico calibrato, 13% o magari 11,5%, talvolta anche ottimi da 10 gradi. Meno materici, meno poderosi, più scarni e leggiadri ma con elementi d’interesse che prescindono dalla dimostratività.
Per chiudere in bellezza, però, un’eccezione che conferma la regola. Un mostro a tre teste della morbidezza, dall’alcol debordante numericamente che però Ricordo ancora una domanda di quando ero aspiran- trova la sua quadratura in una struttura poderosa che te sommelier con mille dubbi: “Ma i vini buoni sono non difetta di eccezionale e sorprendente dinamismo. quelli più alcolici?”. Una volta per tutte: tenore alco- Non un peso piuma ma un peso massimo tonico e definito, scolpito da sontuose masse muscolari. Il Gioia del Colle Primitivo 2010 Selezione Nicola Chiaromonte delle Tenute Chiaromonte di Acquaviva delle Fonti mette a referto ben 19 gradi alcolici, frutto di una “selezione di selezione” di piccoli concentratissimi acini da piante centenarie. Un tripudio semplicemente sconcertante di frutta, spezie e cioccolato che rimane impresso sul palato per ore, un esempio incredibile di potenza e controllo che lascia a bocca aperta, dimostrando che chi ha padronanza dei propri mezzi può spingersi ovunque. Ci vogliono alcune centinaia di euro per un viaggio così ma ci arriveremo per gradi. Quando avremo ben chiaro anche il ruolo fondamentale delle durezze del vino ci sarà da iniziare a divertirsi davvero.
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PER INIZIARE - IL BBQ PER I PRINCIPANTI - RUBRICA a cura di MICHELE CHIPA
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Finalmente sei pronto: hai studiato lo studiabile, grigliato il grigliabile e sperimentato lo sperimentabile. Adesso puoi compiere il passo successivo, ovvero incrementare il numero di persone da sfamare! Il dispositivo ce l’hai, le tecniche le hai interiorizzate ma ti manca la parte organizzativa. Come si fa a servire tante persone? Quali sono le preparazioni che semplificano la gestione dei commensali e il costo della grigliata? In questo articolo cercherò di fornirti dei suggerimenti per gestire al meglio l’ansia da prestazione della prima grigliata numerosa.
Primo consiglio: prediligere la cena al pranzo La prima cosa da scegliere è il pasto da servire. Il pranzo ti concederà più elasticità per il servizio ma di contro avrai meno tempo per organizzare le preparazioni. La cena, invece, ti permetterà di avere più tempo per le preparazioni, potrai servire un pasto più “leggero” ma avrai meno tempo per il servizio (non potrai certo servire il secondo a mezzanotte!). Fra i due io ti consiglio la cena perché il problema principale di una grigliata a cui parteciperanno molte persone è il numero delle pietanze da servire. Meglio avere più tempo, meglio potersi organizzare prima. Secondo consiglio: prediligere la cottura indiretta e preparazioni con il miglior rapporto resa/impegno. Se devi preparare una grigliata per 30 persone è impensabile gestirla con alimenti che richiedono una grande attenzione per la cottura e soprattutto con piccole pezzature. Immaginati di dover gestire la cot-
tura diretta di sessanta cosce di pollo oppure di fettine di petto di pollo (ne vorrai servire almeno due per ogni commensale, e anche in questo modo li tieni tutti a dieta stretta). Oltre alla necessità di spazio in griglia dovrai anche tener conto della difficoltà di gestione delle fiammate e del corretto punto di cottura di ogni pezzo. Quindi buttati su cotture indirette (con minor necessità di controllo puntuale della cottura) e su alimenti di più grande pezzatura. Piuttosto che grigliare delle fette di pollo prepara dei petti interi in indiretta, con passaggio finale in diretta per creare la crosticina (cottura ibrida), così come al posto delle classiche fettine di maiale preferisci quelle di più alto spessore (con risparmio di quantità da gestire). Il top sarebbe quello di preparare dei grossi pezzi di carne in modo da ottimizzare quantità e impegno. Potresti concentrarti su degli arrosti di manzo (girello in stile Baltimora Pit Beef) oppure su una coppa/spalla di maiale (per fare un pulled pork oppure un semplice SETTEMBRE 2019
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arrosto) o ancora su un bel brisket. Terzo consiglio: ottimizzare i tempi e modalità di cottura Dopo aver definito cosa e come grigliare devi per forza decidere il quando. Il tuo obiettivo deve essere quello di far mangiare tutti i commensali più o meno contemporaneamente: sarebbe brutto ritrovarsi con l’ultimo commensale servito che inizia a mangiare un'ora dopo gli altri. Per arrivare a questo risultato è imprescindibile crearsi una scaletta temporale. La programmazione delle cotture vi limiterà problemi e stress di gestione delle stesse. Parti dalle basi: decidi quando mettere in marinatura/ salamoia gli alimenti (se necessario), quando applicare il rub o altri condimenti (se necessario), quando mettere in cottura gli alimenti e quando gestirne le particolarità (eventuali passaggi in foil, innalzamenti di temperatura necessari, passaggi in diretta). Ovviamente la tempistica sarà indicativa perché ogni alimento cuoce in maniera differente dagli altri ma avere una traccia da seguire è di fondamentale importanza. Potrebbe capitarti un imprevisto, la mitica sfiga del griller, ma se hai una pianificazione corretta avrai modo di gestirla molto meglio rispetto alle cotture “a sentimento”. Quarto consiglio: anticipare le preparazioni ai giorni precedenti In caso di preparazioni low&slow non è detto che tu abbia la possibilità di procedere alla cottura nello
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stesso momento. Mi spiego meglio: se hai intenzione di preparare un brisket e nella tua scaletta ipotizzi almeno 14 ore di cottura, dovrai necessariamente partire con largo anticipo. Se non hai questo tempo ma vuoi comunque portare a termine la preparazione, potresti valutare di cucinarla con grande anticipo per poi conservarla in attesa del servizio. Una volta raffreddato l’alimento, può essere conservato in frigo per 2/3 giorni oppure surgelato per una maggiore durata. Con la giusta tecnica di rigenerazione, la perdita rispetto ad una cottura fresca è praticamente inesistente. E ti dirò, alcune preparazioni, se riposano, sono ancora più sono buone. Vedi il pepper stout beef o il baltimora pit beef. Quinto consiglio: avere il giusto numero di dispositivi e di griller Se nonostante i consigli che ti ho dato vuoi comunque preparare una grigliata per molti commensali utilizzando quasi esclusivamente la cottura diretta, allora dovrai quantificare il numero dei dispositivi e dei griller necessari. Nel set up diretto devi sempre tenere in considerazione la necessità di creare una safe zone dove “proteggere” la carne da eventuali fiammate e quindi non avrai l’intera griglia a disposizione per disporre gli alimenti. Quindi è probabile, se non matematicamente certo, che non ti basterà un unico dispositivo e per questo avrai la necessità di avere un aiuto perché gestire tanti pezzi di carne su più dispositivi da solo è difficile (ho detto difficile, non impossibile, ma di certo non sarai sereno!).
Adesso ti racconto la mia personale esperienza su una grigliata per quindici persone gestita interamente con un kettle Weber 47. Il menù prevedeva: lasagne non preparate da me (mi hanno aiutato a placare la fame dei commensali e mi hanno permesso di limitare le quantità di alimenti da grigliare), kaiser roll con baltimora pit beef, salsa tiger e cipolle caramellate, chicken lollipops e ribs con patate (già pronte). Come quantità procapite, ho calcolato un bel panino abbondante (circa 150gr di carne), due cosce di pollo e due ossa di ribs (circa 4 slab). Grigliata prevista per la cena (ore 20). La mia scaletta è stata la seguente:
potute mettere quattro slab insieme. Ore 16 circa: ribs in foil. Ore 18: ho tolto il pit beef dal frigo (era estate e quindi mi sono potuto permettere un servizio a temperatura ambiente). Ore 19:30 circa: le ribs erano pronte e le ho messe in rest in isobox. Ho affettato il Pit Beef e l'ho disposto sui vassoi. Ho fatto la salsa tiger e l'ho messa in frigo. Ho messo le cipolle caramellate nel kettle per riscaldarle.
Ore 20:00 circa: ho tolto le cipolle e le ho messe in isobox, ho messo le chicken lollipops nel kettle per riscaldarle. Ho verificato la temperatura delle ribs: erano ancora molto calde e quindi ho provveduto a glassarle di salsa Mattina del giorno della grigliata: ho preparato le bbq e a lasciarle nell’isobox. cipolle caramellate, le ho fatte freddare e le ho mes- A quel punto sono arrivati i miei ospiti affamati. Per se in frigo. Ho preparato anche le Chicken lollipops: prima cosa ho servito le lasagne calde, poi sono pastrimmate, affumicate, portate a cottura target al cuo- sato alle ribs con le cipolle caramellate, poi le chicken re, raffreddate e messe in frigo. Ho fatto una fatica lollipops con le patate ed infine il panino col baltimotremenda a metterne contemporaneamente 30 nel ra pit beef. 47 e praticamente sono diventate molto intime tra di È stata una faticaccia ma con la giusta pianificazione loro. Poi ho preparato le ribs: trimmate, leggermente rub- e le giuste preparazioni sono arrivato al risultato con poco stress e con relativa serenità. Anche se dopo mi bate e rimesse in frigo. sono comprato uno smoker. Fallo anche tu. Giorno precedente: ho cotto il Baltimora Pit Beef; erano 2,5kg di girello Eye Round di Black Angus preso dal Megastore. Una volta cotto l'ho fatto freddare e l'ho messo in frigo.
Ore 14 del giorno della grigliata: ho messo le ribs in cottura dopo averle spolverate con un altro po' di rub. Le ho messe in verticale sul rack altrimenti non avrei
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GUIDA AGLI ACCESSORI - RUBRICA a cura di MICHELE CHIPA
E QUESTO
ANCHE UN MARZIANO VORREBBE
A CHE SERVE?
Quattro accessori apparentemente s u p e r f l u i m a ch e t i farann o d ir e “ah, mai più senza!” (Il quinto è inutile sul serio) Se fate una ricerca su internet inserendo la stringa “accessori per barbecue” vi verranno restituiti migliaia di risultati. I dispositivi moderni riescono ad accontentare gran parte dell’utenza e, infatti, ognuno di noi è in grado di trovare quello più adatto alle proprie esigenze. Per questo motivo anche il mercato degli accessori si è notevolmente ampliato stante la maggior domanda da parte degli utenti. In questo articolo ne ho selezionato qualcuno di cui spesso vengono richieste spiegazioni sulla funzione. Sono quel tipo di accessori che ad una prima occhiata non sai a cosa servono, ma addirittura li classifiche sotto la voce completamente inutili. Invece no, scoprirai che hanno una loro funzione specifica e oltre: alcuni di loro entreranno di diritto nella lista dei mai più senza.
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Dosa carbone Weber È un accessorio che si trova in ogni confezione di dispositivo a carbone Weber: un cesto di plastica di colore nero la cui funzione è spiegata nel manuale di istruzioni, ma che periodicamente ci troviamo postato sulla community Facebook sempre con la stessa domanda: ma qualcuno sa a cosa serve? Spesso sono divertenti anche le risposte date dagli utenti in cerca di una giustificazione a quel secchiello di plastica nero: è un porta mestoli, serve per l'acqua del cane, mettici il ghiaccio e tieni le bibite in fresco, è un vaso da notte. In realtà si tratta di un dosa carbone. Per i griller principianti rappresenta un’unità di misura per calcolare la quantità esatta di carbone inserita nel braciere (seppur indicativa). Per i griller esperti è utile giusto per non sporcarsi le mani nel prelevare il combustibile dalla busta. C'è chi lo usa per immergere le chips in acqua (che, tuttavia, è una pratica inutile) o per mettere in ammollo le spazzole per pulire la griglia.
Supporto per cosce di pollo Questo complemento permette di appendere le cosce per una estremità tenendole sospese dalla griglia. No, non fate quelle facce come a dire dai, se ne può fare a meno dell'appendino per coscette. Questa oggetto ha l’enorme vantaggio di assicurare una cottura omogenea permettendo al calore di avvolgere completamente le cosce. Alcuni supporti hanno anche una vaschetta raccogli grassi integrata in modo da non far sporcare la griglia di cottura. E vi assicuro: il grasso della pelle del pollo è uno degli scarti più difficili da rimuovere. Non siete più così sicuri che sia inutile, vero?
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Artigli per pullare Vengono anche soprannominati Bear’s Paws in quanto ricordano le zampe degli orsi, sono composti normalmente in materiale plastico adatto alle alte temperature (ma ne esistono anche in inox) e possono essere lavati in lavastoviglie. Vengono utilizzati principalmente per sfilacciare il maiale ma possono essere d’aiuto anche nel tener fermo un arrosto durante il taglio oppure per spostare degli alimenti di grandi dimensioni. Eviterei di usarli per grattarti la schiena onde evitare escoriazioni! E poi ti danno un'aria veramente cool e puoi usarli a carnevale per travestirti da Wolverine.
Marchiatore per bistecche Più che definirlo accessorio andrebbe chiamato gadget. Si tratta di un ferro per marchiatura con la possibilità di inserire fino a due righe di testo personalizzate. Bisogna scaldarlo bene fino a renderlo rovente e poi premerlo con forza sull’alimento. In questo modo potrete lasciare la vostra firma, non solo gastronomica, sulla pietanza che andrete a servire. È assolutamente una figata. Forse un filo supponente, con un tocco di leggera immodestia e una spruzzata di megalomania, ma è decisamente una cosa che farà rimanere a bocca aperta tutti i commensali. Certo, poi la pietanza deve anche essere all'altezza, ma noi siamo qui per aiutarti anche in questo.
Forchettone per grigliata Questo è la voce fuori da coro, non è affatto un accessorio insolito, anzi: è onnipresente in ogni set da grigliata (insieme al coltello e alla spatola). Utilizzandolo hai la sensazione di dominare il fuoco! Puoi brandirlo come spada, intimorire ogni fiammata e girare qualsiasi pezzo di carne presente in griglia. Peccato che così facendo lo bucherai irrimediabilmente facendo fuoriuscire per sempre i succhi a cui tanto tieni. Se lo stai utilizzando inconsapevolmente smetti immediatamente, se invece lo stai utilizzando volutamente e con cognizione di causa prometto di cancellarti immediatamente l’abbonamento al magazine. æA
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APPROFONDIMENTO a cura di EMILIANO NENCIONI
tanto fumo e
NIENTE FUMO
Ricordo in maniera stranamente vivida quando al mio primo corso BBQ4All Grill To Perfection (in qualità di studente, s’intende) un corsista, uno di quelli che in futuro avrei imparato a etichettare come fenomeno che cerca di apparire, fece la classica domanda fuori programma. Fuori dal programma del corso, fuori anche dagli intenti di quella giornata che avrebbe dovuto parlare solo di rudimenti e di grigliate dirette. Con voce stentorea proruppe in: per affumicare il brisket è preferibile il pecan o il mesquite? EH?
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Pecan? Ha detto mosquito? Il brisket è un canestro di bacon? Ma non stavamo parlando di hamburger? Che c’entra? Ero troppo, troppo inesperto per capire mezza parola: ero lì per imparare ad accendere la mia prima bricchetta. Il coach, bonario, dopo un ampio respiro concesse una parentesi completamente slegata dal contesto al curioso individuo, prodigandosi in una spiegazione che per la mia totale inesperienza risultò piuttosto oscura. Smokey flavour. Thin blue smoke. Chips, chunk. Con mia grande sorpresa venne fuori che, facendo bruciare dei pezzetti di legno, oltre alle normali bricchette, la carne poteva ricevere un gradevolissimo aroma di affumicato. Non solo: ogni essenza poteva contribuire con un odore particolare e diverso dagli altri. Questo è stato il momento preciso in cui mi sono appassionato alle cotture barbecue: avevo accesso a un sacco di legni diversi, anche insoliti, e pensandoci bene avevo sempre notato che ogni legno, scaldandosi durante la lavorazione con nastri o frese, produce un odore caratteristico, gradevole o pestilenziale che fosse. Ricordatevi, precisò il coach, non ha senso bagnare il legno: non è una spugna. Lì per lì non feci molto caso alla frase che mi sembrò senza senso. Il legno non è una spugna, certo, ci mancherebbe. Bah. Sorpresa! Da una veloce ricerca, buona parte dei griller italiani, forse incoraggiati dalle maldestre istruzioni sulle scatole dei prodotti, aveva come pratica consolidata il rito di mettere a bagno i pezzi di legno da usare per affumicare. Le usanze variavano: un’ora prima di affumicare; una notte prima di affumicare; ventiquattro ore nel vino rosso; convinzioni che spaziavano dal buffo alla superstizione più pura. Il discorso era molto semplice: ho queste scaglie di legno, ma se le butto sul fuoco bruciano in pochi secondi. Se le immergo in acqua si riempiono di liquido e riescono a fare fumo per diversi minuti prima di bruciare. Detta così poteva avere un senso. Vediamo però insieme cosa succede davvero quando vuoi affumicare la carne in camera di cottura. Quello che ti serve è del legno stagionato, ad esempio di alberi da frutto; escludi dalla tua ricerca il legno SETTEMBRE 2019
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proveniente da conifere e da sempreverdi in generale, perché sono tossici, hanno un saporaccio e troppa resina. Ti raccomando il legno stagionato, anche se potrebbe sembrarti più comodo approfittare della fresca potatura di qualche ciliegio o albicocco: la presenza di molta più umidità nei legni non stagionati porta, di solito, a un aroma troppo pungente che potrebbe ricordare la muffa. Come se non bastasse, l’acqua nelle fibre assorbe energia inutilmente, prima di evaporare (ti innesca qualche pensiero questa cosa? Te ne parlerò più tardi). Per praticità dividiamo la combustione del legno in quattro fasi: - Fino a 260°C il legno rilascia vapore e diossido di carbonio, essiccandosi completamente. Non è una combustione con fiamma e non produce, quindi, calore: lo assorbe. - Tra 260 e 360°C cominciano a vedersi le fiamme, perché il legno rilascia gas infiammabili e liquidi oleosi. - Tra 360 e 500°C si ha emissione di monossido di azoæA
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to ma soprattutto di alcuni composti come siringolo (2-idrossi-1,3-dimetossibenzene) e guaiacolo (2-metossifenolo) che sono i responsabili dell’aroma associato all’affumicato. Il guaiacolo si trova per l’appunto in commercio nei prodotti noti come fumo liquido, additivi per dare un sapore affumicato a pietanze che in realtà non lo sono. Il guaiacolo è anche un irritante delle mucose dell’apparato digerente, ecco perché sovraffumicare ha risultati così poco gradevoli nella vita di tutti i giorni. - Sopra i 500 - 550°C tutta la parte organica del legno è bruciata e rimane solo cenere o carbonio, che non interessa più ai fini dell’affumicatura. Sono proprio siringolo e guaiacolo a creare nel nostro palato quella sensazione di affumicato bene: vengono trasportati dal fumo e investono come in una sauna la pietanza in cottura. L’aroma percepito varia in maniera significativa al variare del legno usato, e chiunque in possesso di una discreta curiosità e con accesso a qualche legno un po’ esotico può divertirsi a fare esperimenti, miscele e ac-
costamenti. Solo per nominare i casi più eclatanti, il fumo ricavato dal frassino ricorda decisamente l’uovo al tegamino, mentre l’acero sa di biscotti, il mogano sa di noce e mandorla; credimi però se ti piazzo lì una notizia bomba: esistono legni che producono fumo al sapore di cocco, di vaniglia, di liquirizia. Sono legni molto esotici, molto cari, e francamente è meglio destinarli alla produzione di strumenti musicali o di oggetti d’arte. Anche se il pulled pork affumicato al bubinga dovresti proprio provarlo. Nonostante le varie promesse di carattere commerciale che puoi trovare sulle confezioni già pronte di legno aromatico, credo sia necessario che tu focalizzi l’attenzione su come produrre il fumo, più che su quale essenza scegliere. Leggiucchiando in giro fra siti, blog e gruppi avrai sicuramente sentito parlare del termine blue smoke. Thin blue smoke, per la precisione. Si ha produzione di un sottile e pallido fumo dalla tinta quasi cerulea quando le particelle contenute in sospensione sono estremamente piccole, meno di un micron. Questo contrasta con il fumo nero e grigio, che porta con sé particelle molto più grandi ma capace di arricchire solo con retrogusti che vanno dal VolksWagen Van del 74 a Volvo Polar 740TD: da evitare. Il fumo bianco, quello denso e che fa scena, è principalmente solo più ricco di vapore acqueo, e non aggiunge granché in termini di aromi. Per l’appunto, il vapore non serve al sapore. E siamo anche d’accordo sul fatto che il legno migliore per questi usi è quello stagionato, con meno acqua possibile. Poi però ovunque leggo dovete bagnare il legno prima di affumicare! Perché? Perché altrimenti le chips, quelle scaglie di legno che si trovano in commercio, prendono fuoco. Ma prendono fuoco lo stesso. Ah sì, ma circa due secondi e mezzo più tardi! E il vantaggio? Hai tempo per chiudere il coperchio! Prenditi due minuti del tuo tempo per fare una faccia basita. Questo gioverà al tuo umore. Ho letto di gente pronta a sacrificare un litro di vino per usarlo come “marinatura” per il legno aromatico.
A che pro? Il legno non assorbirà il liquido. Non lo farà. Non più in profondità di un millimetro scarso. Non lo farà, anche se ci credi fortissimamente. Anche se sei proprio proprio convinto che lo faccia. Non lo farà. Ho ripetuto questo concetto per talmente tanti anni che francamente ho un po’ perso le speranze. Prima di essere così scoraggiato e disilluso però ho avuto modo di condurre un esperimento filmato che potete ancora trovare se cercate le giuste parole chiave su Vimeo. Ho preso un pezzo di ontano, molto stagionato, adattissimo alla nostra bisogna, approssimabile a un cubo di 45mm di lato; l’ho immerso in una vasca d’acqua colorata con dell’anilina blu (per evidenziare gli effetti) e l’ho lasciato in ammollo per ventiquattro ore. Ho segato il cubetto a metà con la sega a nastro e sorpresa! Il liquido colorato era penetrato per neanche mezzo millimetro, forse un millimetro nelle “teste” del legno, per la capillarità delle fibre. Vedi bene che lasciare il legno in ammollo due ore serve solo a bagnare un oggetto che dovrai poi mettere sulle braci. Risultato? Introduci umidità, perché rapidamente il calore farà evaporare l’acqua, e sottrai calore al dispositivo. Benefici? Ah beh sì, ho il tempo di chiudere il coperchio. Altri due minuti di faccia basita, prego. Fatto? Sembra che ci sia questa avversione al far bruciare le chips di legno aromatico. La verità è che, come ti ho spiegato poco sopra, il legno deve bruciare. Durano poco? Mettine altre. Fatti furbo, magari non metterle proprio sopra le bricchette rosse incandescenti, ma più distante, su quelle meno calde. Oppure fai come quelli bravi e procurati dei pezzi di legno più grandi, i chunk, che offrendo al calore meno superficie per unità di volume riescono a durare molto di più. È abbastanza evidente che un tronco bruci molto più lentamente di un secchio di trucioli di piallatura, suppongo. Qualche mese fa, per la rubrica #chiedialcoach, mi assegnarono un quesito, da pubblicare dopo un meraviglioso mega-spiegone chimico di tre pagine di Coach Virgilio Brunetti: D: È utile bagnare il legno per l’affumicatura? R: No. Non me lo pubblicarono. SETTEMBRE 2019
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SPECIALE TEX MEX APPROFONDIMENTO a cura di ALESSANDRO TREZZI
e la Tortilla fu
storia e ricetta dell'elemento principale della cucina messicana Siate sinceri, conoscete qualcosa di più rappresentativo del cibo per la cultura di un paese? E ancora, conoscete qualcosa di più godurioso di una fetta di pane basso servita assieme alle farciture più disparate? Sono almeno mille anni che gli esseri umani usano il pane basso per portare la carne alla bocca; la testimonianza più antica (o almeno, quella documentata) risale al primo secolo a.C., quando in occasione della Pasqua ebraica il rabbino Hillel “Il Vecchio” avvolse carne di agnello, rafano orientale e foglie di indivia nel matzo, il pane azzimo. Alcuni di questi pani bassi, peraltro, sono onnipresenti nella cultura odierna; sono diventati una tendenza, un simbolo di modernità, di condivisione e globalizzazione. E tuttavia, quando consumiamo un hamburger, un kebab, un pita giros o un taco, non possiamo certo renderci conto dell’enorme storia che quel particolare cibo si porta dietro. Prendete ad esempio il taco: riuscireste a immaginare l’entità simbolica racchiusa in quella tortilla di mais? Stiamo parlando di uno street food antichissimo, che ha accompagnato milioni di messicani per migliaia di anni, soprattutto nell’epoca A
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del razzismo e dell’immigrazione americana. Del resto, i pani bassi furono precursori del forno stesso: i primi esemplari erano cotti su pietre calde o nell’interno concavo di fosse. La tortilla (dallo spagnolo “piccola torta”), tipica dell’America Centrale, è un prodotto di arte bianca molto simile alla nostra piadina, morbida, sottile e a base di farina di grano tenero o di granturco; viene preparata con un impasto fatto di acqua e non lievitato, pressato e cotto su una piastra. Noi uomini siamo sempre stati in grado di ricavare un pane basso con qualsiasi cereale a portata di mano. In Mesoamerica il cereale più antico è il granturco, utilizzato già dai Maya per le masa, e dal 700 a.C. i mesoamericani iniziarono a produrre tortillas, così battezzate dai coloni spagnoli del XVI secolo. Solo 400 anni dopo, questi dischi schiacciati sarebbero diventati un elemento importantissimo della cucina di quel territorio. Nel Nuovo Mondo gli spagnoli piantarono vasti campi di frumento e introdussero il bestiame, una novità che avrebbe portato successivamente ad una miriade di celebri farciture.
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È quindi scontato affermare che le tortillas a base di farina nacquero nel XVI secolo, e furono per ovvie ragioni consumate esclusivamente dai coloni europei fino al XIX secolo, quando poi furono adottate anche dalle comunità del Messico settentrionale. Preparare una tortilla è semplice, ma non tutti gli ingredienti necessari sono facilmente reperibili. L’originale messicana prevede l’utilizzo della masa harina, la farina di mais bianco, che viene sottoposta ad un trattamento denominato nixtamalizzazione: i chicchi vengono essiccati, cotti e messi in ammollo con acqua e ossido di calcio, in modo da far avvenire la decorticazione prima della macinazione e del successivo confezionamento. Tale processo rende disponibile all’assorbimento digestivo le vitamine PP e B, altrimenti non pronte per l’assimilazione.
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Si tratta di una farina completamente diversa da quella classica di mais giallo, che non consente il medesimo impastamento e non è quindi indicata per il processo. In alternativa è possibile utilizzare della farina di grano tenero di tipo 00 o 0 e forza tra i 200 e i 220 W, con la quale si ottengono le tortilla di grano. È ovviamente da precisare che gusto e consistenza cambiano considerevolmente in base alla materia prima utilizzata. Non dimentichiamoci mai che la farina è l’ingrediente principale dell’arte bianca; la farina di mais regala un gusto più marcato, dalle tipiche note tostate, e una croccantezza leggermente superiore, mentre la farina bianca restituisce un sapore più leggero, neutro ed equilibrato. Il grano tenero, peraltro, non ha il medesimo assorbimento: mentre con il mais bianco viene utilizzata 1.2 kg di acqua per kg di farina, con
il frumento la dose scende a 500g su kg. Il procedimento è, ad ogni modo, sempre lo stesso: mescolate l’acqua e 50g di sale per ogni kg di farina, fino ad ottenere una consistenza liscia ed uniforme. Dividete l’impasto in parti uguali (dai 50 ai 100g a panetto, secondo le esigenze), e lasciate riposare dai 20 minuti alle 2 ore coprendo con la pellicola; questo periodo renderà decisamente più agile l’operazione di stesura delle palline. È importante utilizzare meno farina possibile nella stesura, per evitare di avere uno sgradevole sapore in bocca dovuto ad un accumulo di polvere bianca bruciata. Un trucchetto, se non si dispone dell’apposita pressa, consiste nello stendere ogni disco con il mattarello ponendolo tra due strati di carta da forno, fino ad ottenere uno spessore di 2-3 millimetri.
Le tortilla vanno quindi cotte su una piastra rovente, 3-4 minuti per lato, e conservate in un panno da cucina perché non secchino. Il consiglio è quello di consumarle in fretta, in quanto dispongono di una shelf-life decisamente limitata. Nella cultura messicana questo pane basso viene farcito o servito in un innumerevole varietà di modi, ognuno con il suo nome specifico. Ci sono le Fajitas, tortillas cotte su piastra sulle quali viene appoggiato un condimento composto da strisce di pollo o di manzo e altri topping come peperoni, cipolle, peperoncino, paprika e origano. I Burritos sono invece delle tortillas ripiene di fagioli, salsa chili e bocconcini di manzo o pollo, che vengono arrotolate in seguito alla farcitura.
Le Quesadillas prendono il nome dal queso, il formaggio, e sono di fatto delle tortillas ripiene di oro giallo piastrate (o fritte). Esistono poi le Enchiladas (tortillas farcite con pollo e/o formaggio, fritte e immerse nella enchilada, una salsa a base di pomodori, peperoncino e spezie), le Enfrijoladas (tortillas fritte, piegate e ricoperte di salsa di fagioli), le Changa (tortillas condite e chiuse a pacchettino, fritte e servite con guacamole o panna acida) e i Nachos, che nient’altro sono che triangolini di tortillas fritti e serviti con salsa piccante.
lo in modo che, una volta freddatosi, formi una conca naturale, utile ad accogliere gli ingredienti. Di Tacos ne esiste una varietà enorme, ognuno tipico di un territorio, ognuno con la sua storia. I Tacos de Asador vengono preparati con carne alla griglia, che può essere manzo, pollo, chorizo o tripita (trippa o stomaco); la salsa abbinata è in genere la guacamole, tipica soprattutto con le interiora per smorzarne il sapore forte grazie alla freschezza dell’avocado. Nei Tacos de Cazo la carne viene cotta a fuoco molto basso e per un lungo tempo, fino a raggiungere una consistenza morbidissima, Ma l’indiscusso re della cucina tex- per poi compiere un passaggio sul mex è senza dubbio il Taco, una comal (la piastra in ceramica) in mezzaluna piastrata e farcita di modo da rendere l’esterno crocogni ben di Dio. cante e saporito; il ripieno più poLa tortilla viene abbrustolita sul polare è costituito dalla carnitas fuoco (in casa potete appoggiar- (spalla, trippa e gola), ma è posla su un fornello da cucina) e poi sibile trovare anche una versione chiusa a mezzaluna su un mattarel- con la punta di petto di manzo. SETTEMBRE 2019
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Interessantissima è la preparazione della carne di pecora o di capra per i Tacos de Cazuela, cotta secondo la tecnica del barbacoa (cottura di origine caraibica dalla quale deriva anche il moderno barbecue): la carne (un misto di testa e altre parti del muso, stufato di cervella o la guancia) viene avvolta in foglie d’agave e cotta in un forno aperto ricavato da una buca del terreno. I Tacos al Pastor (anche detti Tacos de Adobada) sono tortillas ripiene di carne di maiale conservata attraverso l’adobo, una marinatura a base di aglio, origano, paprika e aceto, che viene cotta in maniera similare al gyros greco, ovvero sminuzzata e compattata in lunghi arrosti cotti verticalmente. Questi tacos vengono spesso accompagnati da ananas, cipolle e pomodori. I Tacos al Carbòn sono tipici dello stato di Sonora, vengono riempiti da carne di manzo grigliata, dal tipico aroma di brace dato dalla carbonella; sono accompagnati da cipolle verdi piastrate, cetrioli e ravanelli. I Tacos de Canasta sono praticamente impossibili da trovare fuori dal territorio messicano; vengono farciti con chorizo, patate, cotenna di maiale e fagioli. Non mancano ovviamente i tacos di pesce, originari della penisola di Baja, diffusi ormai in tutta la bassa California; il pesce può essere fritto o alla griglia, accompagnato da julienne di cavolo verde e una salsa a base di panna acida, chipotle e lime.
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Una gustosissima variante è costituita dai tacos di gamberi, preparati anch’essi fritti o alla griglia. Va da sé che senza una salsa goduriosa e saporita, un taco non sarebbe definibile come tale. Anche qui, i messicani non si sprecano: dalla Roja (peperoncini Chili essiccati e stufati con spezie) alla Guacamole (a base di avocado), dal Pico de Gallo o Salsa Casera (pomodori a cubetti, cipolle, coriandolo, peperoncino fresco, frutta e verdura di stagione), alla Salsa Verde (a base di tomatillos, un pomodoro verde, chili e coriandolo). È ovvio che, trattandosi di un contenitore adatto ad un’immensa vastità di farciture, esistano tantissime altre varianti più o meno ufficiali. Non solo: il taco, così come l’hamburger, si presta benissimo ad accogliere l’inventiva e l’estro personale, tanto che persino un celebre chef del calibro di René Redzepi ne ha realizzato una splendida versione nel suo Noma Mexico. E voi, drogati del Barbecue, vorrete mica astenervi dal proporre una personalissima alternativa. Già vi vedo, armati di smoker ed enormi tagli di manzo, pronti a farcire decine di tortilla con fumante ciccia affumicata. Del resto l’uomo non può astenersi dal divorare chili di carne avvolti in fette di pane basso, è uno storico dato di fatto.
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foto di
LUCA GALLOZZA A
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SPECIALE TEX MEX RICETTA a cura della REDAZIONE
che aperitivo sarebbe senza
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Se vi chiedessimo di elencare dieci frittura, ma noi li cuoceremo in piatti tipici messicani, tra questi griglia su un tappetino di silicone sicuramente ci sarebbero i Nachos. e poi li arricchiremo con un fantastico Cheddar e dei Jalapeno a La base per prepararli è la tortilla. fettine, accompagnati da una Salsa Gli ingredienti principali sono: fa- Quemada, tipica messicana, adatta rina di mais, acqua, olio , sale. ai veri griller. Una tortilla è una specie di piadina che, trattata in diverse modalità e Procedimento: varianti di ingredienti, diventa tan- 1. Riscaldate l’acqua in un pentote altre cose: taco se piegata in due lino sino a 40° C circa semicerchi, enchilada se le si dà la 2. Mescolate in un recipiente la forma di un cannolo ripieno, fajitas farina di mais , l’acqua calda e il se viene semplicemente arrotolasale, sino a formare un compota. Tanto per fare qualche esempio. sto omogeneo e compatto. Noi ora vi parleremo dei Nachos: 3. Mettete a riposare in frigo per semplici triangolini di mais realizmezz’ora. zati da una tortilla. 4. Formate delle piccole palline tutte uguali ( circa 10 ). StenSon nati nel 1943 a Piedras Negras detele con un mattarello, tra da Ignacio Anaya, detto Nacho, che due fogli 30x30 cm di carta da li preparò a dieci donne, mogli di forno, formando delle sfoglie soldati americani, mentre lavorava sottili. in un ristorante come maître. Espe- 5. Formate un cerchio con un cial Nacho, così li chiamò. Sette anello in metallo o un piatto da anni dopo, nel 1950, questa prepa10-12 cm. Dividete ogni singola razione entrò definitivamente nel tortilla in quattro quarti e poi libro della tradizione messicana e dividete ogni quarto ancora a da allora ogni anno a Piedras Nemetà sino ad ottenere dei picgras, dal 13 al 15 di Ottobre, si tiene coli triangoli tutti uguali. il concorso nazionale dei Nachos. 6. Adagiateli su un tappetino di silicone e spennellateli con l’oFragranti, saporiti e croccanti sono lio di semi. uno snack che accompagna le sera- 7. Impostate il vostro dispositivo te con amici e sono immancabili per la cottura indiretta ad una negli aperitivi. temperatura di circa 200°C. La ricetta tradizionale prevede la 8. Fate cuocere per 15 minuti . To-
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glieteli quando son croccanti e dorati. Preparate la salsa Quemada: in un vassoio per verdure, mettete i pomodori, lo spicchio d’aglio, un jalapeno e il cipollotto. Posizionatelo sopra le braci per una cottura diretta e fate abbrustolire per bene tutti gli ingredienti. Fate una brunoise con mezza cipolla rossa. Inserite dentro un mixer tutti gli ingredienti per la salsa, già arrostiti e la brunoise di cipolla e frullateli. Mettete la salsa in una ciotola, pronta per essere servita. Spargete il Cheddar ridotto a striscioline sui nachos e mettetelo a sciogliere nel dispositivo per 5 minuti. Tagliate a fettine il Jalapeno e cospargiamo i nachos. Serviamo con una ciotola di salsa Quemada.
I nostri nachos son pronti per essere divorati. Prima uno poi l’altro. Sino alla fine. Il profumo del mais invaderà la casa, l’aroma della salsa accrescerà la vostra salivazione, la piccantezza del jalapeno pungerà il vostro olfatto e tutti i sensi saranno coinvolti nell’assaggio di questo snack.
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SPECIALE TEX MEX RICETTA di MICHELA BONGIORNI
A R R OZ R OJ O a modo nostro
Chiamarlo riso alla messicana sarebbe scorretto o per meglio dire incompleto. Se provate, infatti, a fare una ricerca su internet, salteranno fuori miliardi di varianti: con fagioli, con verdure, con pollo, con manzo, ma anche da solo, col sughetto e basta. La verità è che questo riso, chiamato in Messico Arroz Rojo (riso rosso) e fatto rigorosamente con riso a chicchi lunghi (il Basmati è adattissimo), è una preparazione tradizionale che viene servita quasi sempre come accompagnamento di altri piatti, ma che si presta benissimo ad essere usato come base per aggiungere ingredienti a piacere. E dato che la redazione del BBQ4All Magazine, quando si riunisce per gli shooting, è particolarmente affamata, ho pensato di prendere la ricetta base e di arricchirla un po'. Un po' tanto. Ne è uscito un piatto soddisfacente e completo- piccante ovviamente- non esattamente da servire prima di una sessione in palestra, ma sicuramente gustoso e perfetto per una cena in stile texmex. Piace ai bambini (magari state un po' indietro col peperoncino, in quel caso) e piace alle nonne che lo preferiscono al brodino (e vorrei vedere). Se preparato sul bbq, poi, è anche scenografico. Il tocco vincente? È stato quello di averlo arricchito con delle polpettine fatte con gli slider BBQ4All, æA
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la salsiccia e un po' di spezie: priposito spazio in griglia. ma fritte, poi saltate in una salsa 5. Versate due o tre cucchiai di piccante e infine aggiunte al riso olio di oliva e poi fate soffriggepreparato a parte. La redazione re la cipolla, lo spicchio d'aglio si è contesa le polpettine come se e il peperoncino finemente trifossero le monete di Super Mario, tati. quindi il mio consiglio è: prepara- 6. A questo punto unite il riso e tene tante, perfino troppe, tanto fatelo tostare bene. non avanzeranno. 7. Fatelo insaporire, aggiustate di sale di pepe, unite il corianProcedimento: dolo, e cominciate a bagnare il 1. impastate insieme gli slider riso con un po' di brodo vegecon la salsiccia, unendo anche tale. le tutte le spezie in polvere. 8. Aggiungete i pelati e il concenFriggete in poco olio le polpettrato di pomodoro e continuatine ottenute e tenetele da parte a cuocere il riso aggiungendo te. un po' di brodo se si secca trop2. Preparate la salsa piccante: tripo. tate finemente la cipolla e il pe- 9. A cottura quasi ultimata agperoncino fresco; poi metteteli giungete al riso i fagioli e il a soffriggere in un pentolino peperone ridotto a dadini: agcon l'olio d'oliva; aggiungete la giustate di nuovo di sale e terpolpa di pomodoro, lasciatela minate la cottura. insaporire, poi aggiungete il 10. Una volta tolto dal fuoco, unilime e lo zucchero; aggiustate te al riso le polpette al sugo che di sale di pepe e lasciate andare avevate tenuto da parte. Una la salsa per una decina di mibella macinata di pepe e il gionuti. Aggiungete verso la fine co è fatto. anche le gocce di tabasco. Mescolate bene. Il riso è pronto per essere servito, 3. A questo punto fate saltare per magari con una veloce spremuta qualche minuto le polpette in finale di lime. Fate attenzione ai tre o quattro cucchiai di salsa commensali che, con la scusa di (o di più, secondo il vostro gu- andare in bagno a lavarsi le mani, sto), poi spegnete il fuoco e te- faranno un rapido passaggio in cunetele da parte, possibilmente cina per rubare le polpettine dalla in caldo. pentola. 4. Preparate il dispositivo per accogliere il wok o la coccotte in ghisa, con il carbone sotto l'ap-
I N G REDI EN TI PERSEIPERSONE PER IL RISO: $d_fBBaf6aO $x8acLB--a $x8BfLccBd/a-B $x8-O_Be6eBdb_BdBeeOa-e $dxeLB6BdB_Le-aO $x8cxccaBB8c dc e8O_aOBd LB6BdB_BE $x86aeOOBB_a dc 8dB-B_efcB $x8LeLe_B8c8BSe__a8B $x8LeLe_B8ea--BBe_de $Ba d _Bff $Ba d 8e_ $B-Bd/B-a^EbE $fa-e^EbE PER LE POLPETTINE: $dfa-fcca $QA-B NeYB_*S-de_ $x8cxcca8BdLaL_*aB-c d e $x8cxcca8B-B da 8LB-e_e $6eBcxcca8BdLaL_*a Lca8Oe c $LeLe^EbE PER LA SALSA PICCANTE: $dLB-LadLB6BdB_B $6eacLB--a $x8LeLe_B8c8B_efcB $-fxcB c dx8BBdxe-6e $6eBcxcca8Bxcd ce_B $O_eBccedOaafcb B $B-BdLB-a^EbE $fa-e^EbE $LeLe^EbE
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SPECIALE TEX MEX RICETTA a cura della REDAZIONE
ehi papà, guarda! un pollo...
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B U R R I TO
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Il Burrito è una classica preparazione della cucina messicana, diffusosi prima nel Nord-America, per la vicinanza geografica e culturale tra il Messico e la California (entrambi i territori avevano subito il dominio spagnolo), e poi negli anni ‘80 in tutto il resto del mondo, grazie ai film e alle serie TV hollywoodiane.
al suo mezzo di trasporto. Questa pietanza col passare del tempo si è arricchita sempre più nel numero e nella varietà degli ingredienti, trasformandosi da semplice piatto povero a una vera esplosione di gusto. Le tortilla possono essere farcite con diversi tipi di carne (agnello, vitello, maiale, pollo), di verdure (zucchine, peperoni, insalate) formaggi e salse. C’è anche chi aggiunge il riso, rendendolo un pasto completo. Perciò, visto che la tradizione non pone nessuna limitazione, rendiamo straordinario il gusto di questa squisitezza messicana, farcendo il nostro burrito con la carne sfilacciata del Beer Can Chicken. La succosità e la morbidezza della carne, data dalla lenta cottura a bassa temperatura, unite alla leggera affumicatura e al lieve aroma della birra, renderanno il gusto del burrito unico e straordinario nel suo genere. Per esaltare ancora di più il delicato sapore del pollo senza sovrastarlo, aggiungiamo la dolcezza dei fagioli rossi e il mais, la croccantezza dell’insalata iceberg e delle carote, e per dare una spinta di sapore al tutto inseriamo il cheddar e la salsa simile a quella di Big Bob Gibson che vi abbiamo già proposto nel numero di giugno.
Il termine Burrito letteralmente significa piccolo asinello: la leggenda narra che agli inizi del ‘900, durante la Rivoluzione Messicana, per combattere la dittatura del presidente-generale Porfirio Dìaz, Juan Méndez decise di avvolgere il cibo che vendeva in una tortilla, per tenerlo al caldo il più a lungo possibile. La sua idea piacque talmente tanto, che per espandere il suo commercio nelle zone limitrofe comprò un asino (burro). Quindi il goloso fagotto farcito con carne, verdure e formaggio deve il nome
Procedimento: 1. Preparate il dispositivo per una cottura indiretta a 110°120°C 2. Eliminate le eventuali piu- 10. me dalla pelle del pollo con la fiamma di un cannello da cucina. 3. Preparate il rub, miscelando insieme il sale, il pepe, la pa- 11. prika e l’aglio. 4. Spennellate il pollo sia sopra 12. che sotto la pelle con un velo d’olio e poi conditelo con il rub che avete precedentemen-
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te preparato, sempre sia sopra che sotto la pelle. Posizionate il pollo sulla lattina aperta o sull’eventuale supporto per pollo (in questo caso versate il contenuto della lattina di birra all’interno dell’apposito alloggio). Ponetelo in cottura dalla parte opposta delle braci. Affumicate con due tre manciate di petali di legno aromatico. Lavate bene l’insalata e le carote sotto l’acqua corrente, affettate l’insalata sottilmente in modo da creare delle striscioline e pelate le carote tagliandole alla julienne. Mettete l’insalata , le carote, i fagioli e il mais in recipiente e conditile con olio, sale e aceto di mele. Preparate la salsa: mescolate tutti gli ingredienti in una ciotola larga e poi ponetela a riposare in frigorifero. Quando il pollo avrà raggiunto la temperatura al cuore di 75°C, in modo graduale aumentate la temperatura del dispositivo a circa 190°C. Spennellate il pollo con olio e dopo pochi minuiti il rub avrà formato sulla superficie del pollo una croccantissima e profumata crosta. Mentre la birra, che sarà evaporata, avrà trasferito sapore ma soprattutto umidità all’interno, non permettendogli di seccarsi e diventare stopposo. A questo punto riducete il pollo in straccetti o in fettine sottili; la pelle potete tritarla finemente e mescolarla agli ingredienti del burrito. Scaldate le tortilla sulla griglia dalla parte delle braci. Al centro della tortilla prima poggiate il pollo, poi il cheddar sbriciolato, l’insalata, un po’ di salsa e chiudete la tortilla. SETTEMBRE 2019
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SPECIALE SPECIALETEX HAMBURGER MEX - RICETTA di TOMMASO DI GREGORIO RICETTE di MICHELA BONGIORNI
Perdonami madre por mi
TA C O l o c o Dovendo fare uno speciale Tex Mex, non potevano certo mancare loro: i Tacos, re indiscussi dello street food messicano. Lascio al bravo Alessandro Trezzi l'arduo compito, su questo stesso numero, di spiegarvi cosa siano i Tacos, come siano fatti e quale sia l'impasto base, e mi limito a dirvi, anche se sembra scontato, che si prestano ad essere farciti in millemila varianti differenti. Esistono versioni con carne di manzo, di maiale, di pollo, di pesce oppure esclusivamente di verdure. Insomma, sono adatti, ma che dico adatti, perfetti per essere farciti con le nostre amatissime preparazioni alla griglia.
che l'espressione echarse un taco (farsi un taco) è diventato sinonimo di mangiare un boccone; così come la frase Le echas mucha crema a tus tacos (hai aggiunto molta panna acida ai tuoi tacos) si usa per definire una persona che si dà troppe arie, che si crede migliore di ciò che è in realtà. Inventato tra 1.000 e 500 a.C., il taco è di fatto un cucchiaio commestibile che può contenere un numero infinito di cibi. E non esiste un prototipo di categoria, non c'è il taco numero uno. A Baja California li riempiono di marlin affumicato, nello stato del Querétaro servono tacos di manzo, fritti nello strutto di maiale; in Chiapas servono il pito tacos, fatto con polpettine di fiori dell'albero del corallo, impanate e fritte e poi servite nel taco con zuppa di pomodoro. Esistono anche i tacos per i più coraggiosi, quelli ripieni di cavallette, vermi bianchi e rossi, o larve di formica.
Originari di Città del Messico, sono nati come cibo povero ma sono man mano diventati una gustosa pietanza per tutti. In realtà, in Messico il taco non è solo un cibo, ma è diventato un modo di dire, uno stile di vita. Come scrivono Déborah Holtz e Juan Carlos Mena, autori di Tacopedia, i messi- Lasciando da parte gli insetti, torcani li mangiano talmente spesso niamo invece alle nostre varianti. ıA
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Ve ne proponiamo tre, che possano accontentare un po' tutti: una con pollo, una con salsiccia e una con sole verdure. Però vi lancio una sfida: fate la vostra versione e postatela sulla community Facebook, dando libero sfogo alla fantasia, ma giustificando la vostra ricetta. Il taco più gustoso, quello che avrà preso più like, quello più convincente sarà menzionato nel prossimo numero. Promesso. Mi raccomando, però: non aggiungete troppa panna acida ai vostri tacos! Una piccola premessa, prima di darvi le tre ricette: il procedimento per i tacos è sempre lo stesso, ovvero dovete scaldare la tortilla, poi con l'aiuto di un mattarello dovete darle la forma a mezzaluna e lasciarla freddare. A quel punto avete un taco pronto per essere farcito.
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TACOS ALLE VERDURE I NGREDIEN T I PERQUATOTR PERSONE $^xaOO_BOaBf c $x8LeLe_B8e_BffB $x8LeLe_B8ea--B $x8LeLe_B8c8B_BffB_efcB $O_excc8e $dxe6e-a8a8e6ede $Ba d 8e_ $cd6af $dxecxccad6aB8efe $x8cxccaBBx_O d a8cb B $e_bacLB--8a^EbE $fa-e^EbE $LeLe^EbE $x8cxccaBceOB da d6e-e $B-BeO_ae_8edB-a^EbE
Preparazione: 1. Tagliate le verdure a cubetti, conditele con olio extravergine d'oliva, sale, pepe e aceto di mele. 2. Trasferite le verdure nell'apposito basket forato, oppure se state preparando il Beer Can Chicken, mettetele nell'apposito basket con supporto per il pollo; mentre cuocerà il pollo, si cuoceranno anche le verdure. 3. Preparate il kettle per una cottura indiretta, stabilizzandolo a una temperatura di circa 150 gradi, e mettete le verdure in cottura, affumicando con legno fruttato. 4. Quando le verdure avranno raggiunto la consistenza che desiderate, spostate il basket in cottura diretta (sempre se non avete il pollo a darvi fastidio, in quel caso, tenetele lì ancora per un po') e fatele rosolare. 5. Scaldate i tacos e riempiteli con le verdure grigliate, i fagioli, i chicchi di mais, la salsa fatta mescolando maionese e yogurt e un po' di erba cipollina. Condite con un po' d'olio, di sale e di pepe e servite.
TACOS CON POLLO MARINATO ALL'ARANCIA
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Preparazione: 1. Prendete il succo di arancia, aggiungete tre cucchiai di olio, la senape, 80 g di sale e il miele: con l'aiuto di un frullatore a immersione create l'emulsione nella quale andrete a immergere il petto di pollo intero. Tenetelo in frigo per almeno 4 ore, meglio se per una notte intera. 2. Togliete il pollo dalla marinatura e tenetelo avvolto nella carta assorbente per fare in modo che si asciughi bene in superficie: a questo punto, spennellatelo con un filo d'olio e massaggiatelo bene con il pepe all'arancia. 3. Predisponente il kettle per una cottura indiretta, stabilizzandolo alla temperatura di circa 130 gradi e ponete il pollo in cottura sulla griglia, affumicandolo con petali di legno aromatico a vostro piacere. 4. Quando il pollo avrà raggiunto la temperatura al cuore di 75 gradi, spennellatelo con olio e ponetelo in cottura diretta per qualche minuto, per rosolarlo un po'. 5. Togliete il pollo dalle braci, mettetelo in una terrina coperto con alluminio e tenetelo in rest (mantenimento) per un'oretta. Poi tagliatelo a striscioline. 6. Preparate un'insalata con l'iceberg, le carote julienne e i chicchi di mais: conditela con sale, olio e un po' di succo di lime. 7. A questo punto farcite i tacos con l'insalata, il pollo, e la panna acida.
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TACOS CON SALSICCE PICCANTI Preparazione: 1. Predisponete il kettle per una cottura indiretta e ponete le salsicce in cottura, affumicandole, per una quarantina di minuti. 2. Lavate i pomodorini e metteteli in una teglia di alluminio, aggiungendo una presa di sale e un cucchiaio di olio extravergine di oliva. 3. Mettete la teglia in cottura indiretta insieme alle salsicce. 4. Tritate grossolanamente la cipolla e mettetela a cuocere in un pentolino, insieme all'aglio intero e a due cucchiai di olio extravergine di oliva. 5. Quando i pomodori saranno cotti, metteteli in un frullatore a immersione insieme ai peperoncini e alla cipolla e all'aglio stufati. Frullate bene, poi mettete la salsa in un pentolino per farla ritirare. 6. Spezzettate grossolanamente le salsicce e fatele saltare insieme a due o tre cucchiai della salsa al peperoncino. 7. Farcite i tacos con insalata iceberg condita con olio, sale e aceto di mele, le salsicce, i fagioli borlotti e un cucchiaio di salsa al peperoncino.
Ecco qui tre farciture che avranno un sicuro successo. Ovviamente, niente vieta che possiate mescolare gli ingredienti tra loro: le verdure del primo taco insieme alle salsicce dell'ultimo, il pollo del secondo taco, insieme alla salsa allo yogurt del primo o quella piccante del terzo. Come dicevo, le varianti sono infinite e noi aspettiamo le vostre.
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SPECIALE TEX MEX RICETTA a cura della REDAZIONE
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Il Messico: la regione dei Maya e degli Aztechi, la terra dei rivoluzionari come Pancho Villa e Zapata. E anche noi oggi faremo una rivoluzione culinaria perché andremo a rivisitare un piatto simbolo della cucina messicana. I Tamales sono involtini fatti con un impasto di mais e strutto, riempiti di carne o qualsivoglia ingrediente sia dolce che salato; vengono cotti avvolti in foglie di mais, 4. talvolta anche di banano o di agave messicana. Il procedimento per prepararli, nella nostra versione, prevede di- 5. versi passaggi, che vanno da una prima affumicatura della carne, poi all’impasto della masa, successivamente a una seconda cottura della carne, per finire con l’assemblaggio in foglie di mais. 6. Sono ottimi per la colazione ma anche come aperitivo o stuzzichino durante la giornata. Tradizionalmente la cucina messicana prevede per questa prepara- 7. zione una cottura a vapore o bollita. Ne esistono molte varianti e son diffusi in tutta l’America Latina. Non mi dilungo in storielle, ma 8. vado a spiegarvi bene il procedimento che è un pelino impegnativo. Vediamo di cosa abbiamo bisogno. Procedimento 1. Predisponete il vostro dispositivo per una cottura indiretta con una temperatura in camera sui 140°C. 2. Asciugate la vostra lonza, mas- 9. saggiatela con un filo d’olio e cospargetela di rub. Adagiatela in griglia in cottura indiretta e affumicate con le chips del vostro legno preferito, sino a 10. 52°C al cuore. 3. Quando la carne avrà raggiun-
to la temperatura desiderata, mettetela in una pentola e copritela d’acqua, aggiungete l’alloro, l’aglio e la cipolla. Fate cuocere sino a stufarla, verificando di tanto in tanto il livello dell’acqua che deve sempre coprire la carne. A cottura avvenuta, quando la carne sarà tenera la punto da sfaldarsi, mettetela da parte e filtrate il brodo. Se avete dei peperoncini Chipotle affumicati, re-idratateli nell’acqua per circa dieci minuti, altrimenti utilizzate un Jalapeno fresco ridotto in purea. Nel brodo, sbollentate i pomodori, privateli di buccia e semi. Metteteli poi dentro un frullatore insieme all’aglio e i peperoncini, e frullate per ottenere una salsa. Sfilacciate la carne precedentemente cotta, aggiungete la salsa e un mestolo di brodo alla carne , e lasciate cuocere per circa dieci minuti per far rapprendere la salsa. Mettete a bagno in acqua le foglie di mais coprendole per tenerle completamente immerse. Preparate la masa. Utilizzate due ciotole. In una, abbastanza capiente, ammorbidite per circa 10 minuti lo strutto, con l’utilizzo di una frusta. Nell’altra invece unite farina di mais e lievito, e aggiungete un mestolo di brodo. Impastate sino ad ottenere una miscela compatta e morbida. Mescolate ora il composto con lo strutto utilizzando le fruste elettriche per circa 10 minuti, sino ad ottenere un impasto gonfio e poco appiccicoso. Sgocciolate le foglie di mais e asciugatele, tenendole comunque un po' umide. Dividete una
foglia in tante striscioline verticali, che utilizzerete per chiudere i Tamales. 11. Aprite bene la foglia di mais. Stendete la masa per ¾ della foglia, nella parte più larga della base, in maniera uniforme. Inserite al centro della masa una striscia di carne condita. 12. Ora chiudete i tamales, partendo da un lato e ripiegando verso l’altro. Fate così anche con l’altro lato. Ora, chiudete le estremità verso il centro e legate il tamal per tenerlo chiuso. Avrete ottenuto una sorta di saccottino. 13. Cuocete i tamales a vapore per un ora, dopodiché trasferiteli nel vostro dispositivo ad una temperatura in camera intorno ai 120°C e affumicate in indiretta per 20 minuti con chips o chunk di legno. In Mexico si usa dire el que nace para tamal del cielo le caen las hojas (chi nasce per essere tamal, dal cielo gli cadranno le foglie). Significa che se sei destinato per qualcosa, questa sicuramente accadrà. Persino Abuelita nel film d’animazione Coco, invita Miguel a mangiarne ancora, tanto son buoni. Quindi perché non provarli. Saranno un successo. E poi fidatevi di me que so un poco loco, un pochititico loco.
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SPECIALE TEX MEX RICETTA a cura della REDAZIONE
béccati il becco
PICO DE G A L LO La playa, il sol, la cerveza. Una caratteristica immagine che richiama paesaggi tipici del mondo latino. Il tutto è reso ancora più magico con qualcosa da sgranocchiare. Oggi vi proponiamo un piatto messicano molto popolare, usato sia come contorno che come farcitura per gli snack freschi: il Pico de Gallo. L’origine del nome, letteralmente traducibile in “becco di gallo”, è avvolta nel mistero ed è suscettibile a molte interpretazioni. Uno scrittore americano, tale Sharon Tyler Herbst, ha affermato che il nome derivi dal modo in cui si degusta. Infatti tipicamente questa pietanza viene mangiata con le dita e si suole scegliere i vari pezzi prendendoli con indice e pollice, ricordando appunto un gallo che razzola nell’aia. Rick Bayless, diversamente, nel suo libro “Authentic Mexican: cucina regionale del cuore del Messico”, afferma che il nome Pico de Gallo derivi dalla forma degli ingredienti, i quali tagliati a piccoli pezzi ricordano il mangime per i polli. Nella tradizione popolare, invece, le origini del nome sono più folkloristiche e si racconta che le verdure debbano essere tagliate dal becco di un gallo e il piatto debba essere piccante al punto da far spuntare un becco sulla lingua. Infine, un altro racconto avvalora l’idea che il nome derivi dalla dA
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forma dei peperoni Serrano, usati nella preparazione, molto simili al becco di un gallo. Un’altra peculiarità inerente il pico de gallo è la sua definizione. Infatti nonostante gli ingredienti e la preparazione ricordino un’insalata, comunemente in Messico viene definita come salsa. La ragione sta nel fatto che questa pietanza viene usata principalmente come condimento per tacos e burrito, di conseguenza concettualmente si avvicina di più a una salsa che a un’insalata. È immancabile sulle tavole texane il 4 Luglio, il giorno dell’Indipendenza, servito sia come condimento per i nachos sia come colazione, messo su delle fette di pane arrostito insieme al cheddar fuso. Preparazione 1. Lavate e tagliate a dadini i pomodori e trasferiteli in un colino a maglie strette per fare perdere un po’ di acqua di vegetazione; 2. Lavate i peperoni e privateli dei semi, tagliate anche questi a dadini 3. Tagliate anche la cipolla a dadini e tritate finemente il prezzemolo 4. Unite tutti gli ingredienti in una ciotola capiente e condite con olio, sale e il succo del lime 5. 5. Lasciate riposare in frigo almeno 4 ore prima di servire
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SPECIALE TEX MEX RICETTA a cura della REDAZIONE
!Que viva
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Lo street food è un mondo vario e vasto. In Abruzzo la fanno da padrone gli arrosticini, nei paesi del sud est asiatico il pesce grigliato, negli USA gli hot dog. E se invece di trovarci in una di queste località avessimo deciso di passare le nostre vacanze nell’assolata Cancún? Provate a immaginare: la canicola messicana vi sta lentamente sciogliendo, le dodici birre che avete bevuto vi hanno dato un senso di freschezza effimero che come unico risultato ha aumentato il vostro tasso alcolemico. È il momento di mangiare qualcosa. Sì, ma che sia buono, che riempia lo stomaco, che sia facile da trovare e comodo da mangiare mentre continuate nel vostro giro turistico.
uno stecco da passeggio, ma in alcune zone del paese si trasforma in Esquite, ovvero mais lessato in grani e poi condito con gli stessi ingredienti, da mangiare col cucchiaio. Ottima come spuntino mentre si cammina oppure da servire come accompagnamento dopo una robusta grigliata per rinfrescare la bocca a fine pasto. Noi ovviamente non l’abbiamo lessata, ma grigliata. Dobbiamo confessarvelo: ero scettico, finché non l’ho assaggiata non credevo fosse possibile che una semplice pannocchia mi causasse crisi di astinenza. Mi sono dovuto ricredere e con me anche i quattro amici a cui l’ho servita durante una festicciola privata a tema.
4. Grigliate adesso la pannocchia, finché non risulti ben dorata. 5. Cospargetela a questo punto con la maionese. 6. Adesso è il momento di cospargerla con il formaggio sbriciolato, poi col peperoncino e col coriandolo tritati. 7. Per finire irrorate il tutto con il succo del lime. Per una presentazione più comoda da mangiare in piedi, potete costruire un supporto di sostegno. Per farlo vi serviranno degli spiedini di legno lunghi, un po’ di carta d’alluminio e le foglie della pannocchia di mais.
Per preparare il supporto è sufficiente infilare lo spiedino nella base della pannocchia; fatto quePreparazione sto rinforzate lo spiedino in legno 1. Preparate il kettle per una cot- con la carta di alluminio e infine tura indiretta. coprite il tutto con le foglie del 2. Pulite le pannocchie dalle fo- mais. Fermate il tutto con po’ di glie, facendo attenzione a non spago da cucina. rovinarle. 3. Spennellate le pannocchie con l’olio o con il burro chiarificato sciolto. Ora ditemi cosa ne pensate voi.
Ecco, questo è il momento di gustarsi una pannocchia squisita condita con sale, burro, formaggio, succo di lime e maionese, chiamata Elote (aka Mexican street corn come preferiscono chiamarla i gringo). Questa pietanza a base di mais, tipica del panorama dello street food messicano, è fresca e piacevole da gustare. Normalmente è servita su
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SPECIALE TEX MEX RICETTA di MICHELA BONGIORNI
BIRRIA
andiamo a Fuoco! Si fa presto a dire spezzatino: la parola racchiude in sé un'infinità di varianti, tante quante sono le culture dalle quali arriva e le mani che lo cucinano. Non fa eccezione questo piatto messicano tradizionale, che presenta versioni molto diverse tra di loro tutte però accomunate da una cosa: la Birria è un piatto decisamente piccante, per uomini e donne che non devono chiedere mai, ma che probabilmente imploreranno una birra ghiacciata (anche se noi, per fare un po' i fighetti, abbineremo a questa preparazione un vino). Tradizionalmente preparata con carne di capra in umido (specie la Birria Jalisciense, dello stato messicano di Jalisco) si presta però ad essere rimodellata sui propri gusti personali, calibrata sulla cultura gastronomica di chi la cucina e sulle papille gustative di chi andrà a mangiarla. Quindi la prima cosa che si può fare è cambiare il tipo di carne: noi abbiamo scelto il manzo. Dato che non vogliamo entrare nel solito ginepraio di commenti e indignazioni generali, cosa che succede ogni qualvolta si abbia la pretesa di presentare un piatto della tradizione di un qualsiasi posto del mondo, noi lo dichiariamo subito e mettiamo le mani avanti: quella che leggerete è la ricetta riveduta e corretta per gli amanti del bbq e dell'affumicatura che però strizzano l'occhio ai sapori nostrani, per gli amanti del piccante ma non troppo che poi mia moglie/mio marito non digerisce, per chi vuole assaggiare piatti diversi ed esotici ma il dA
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ragù della nonna non si tocca. Per preparare questo piatto in stile BBQ4All, abbiamo preso un bel 3. pezzo di Top Blade del Megastore, lo abbiamo prima rubbato e affumicato fino al raggiungimento dei 65 gradi al cuore e poi lo abbiamo messo a stufare per diverse ore nel sugo di peperoncino che abbiamo 4. precedentemente preparato. Il risultato? Non ve lo dico. Lascio che siate voi a giudicarlo, dopo che lo avrete preparato e assaggiato. Tanto lo so che lo farete in tempo record. Solo a guardare le foto vi prenderà quel leggero languorino 5. che vi magnereste Ambrogio, la signora vestita di giallo, la limousine e tutti i cioccolatini solo come antipasto (e se non avete capito la citazione vuol dire che siete troppo giovani, per cui i miei sentimenti verso di voi oscillano tra l'invidia e 6. l'odio). Vabbè, tornando alla nostra Birria, ecco la ricetta. Preparazione 1. Cospargete la carne con un filo d'olio e poi rubbatela (ovvero 7. spolverizzatela di rub) senza esagerare; potete fare questa operazione anche la sera prima e lasciarla riposare in frigo per la notte. 2. Predisponete il vostro dispositivo per una cottura indiretta, stabilizzandolo alla temperatura di circa 120/130 gradi, poi ponete la carne in cottura e af- 8. fumicatela con legno di melo
fino a che non raggiungerà la temperatura al cuore di 65 gradi. Nel frattempo, fate tostare in una pentola i peperoncini (usate la qualità che più preferite scegliendola anche in base alla piccantezza) e dopo qualche minuti aggiungete il brodo. Fate sobbollire i peperoncini nel brodo per una decina di minuti, poi mettetelo da parte, prelevate i peperoncini e buttateli nel frullatore insieme ai pomodori pelati, la cipolla, l'aglio, il cumino, il timo, l'aceto di mele e due cucchiai d'olio. Frullate il tutto, poi trasferitelo in una pentola: accendete il fuoco e fate scaldare la salsa. A questo punto potete aggiungere il concentrato di pomodoro allungandolo con un po' di brodo che avevate messo da parte. Aggiustate di sale. Quando la cane avrà raggiunto la temperatura al cuore di 65 gradi, toglietela dalla griglia, fatene velocemente uno spezzatino e buttatela nella salsa che avete preparato. Aggiustate di sale e di pepe, poi coprite con un coperchio e fate cuocere per almeno due ore e mezzo, o finché la carne non sarà tenera al punto da cominciare a sfaldarsi. Durante la cottura, se lo spezzatino dovesse asciugarsi troppo, aggiungete sempre il brodo di peperoncini che avete da parte. A fine cottura fate ritirare bene il sugo e servite.
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SPECIALE TEX MEX RICETTA a cura della REDAZIONE
Paese che vai
PATATA
che trovi
Fritte o arrosto, le patate sono il contorno ideale e una pietanza immancabile nelle occasioni di ritrovo. Per questo nel grande speciale Tex-Mex che vi abbiamo proposto non può mancare la ricetta, originaria della zona di Santa Fe, delle papas a la mexicana. Il ricco sapore aromatico di queste patate, morbide dentro e croccanti fuori, le rende a nostro avviso anche il contorno che ben si adatta a molte preparazioni tipiche del mondo barbecue (pulled pork, ribs, brisket etc). Ciò che le rende particolarmente gustose è l’utilizzo di un wet-rub per insaporirle, ovvero di una miscela di spezie (rub) a cui viene aggiunto un liquido (nel nostro caso olio extravergine d’oliva) per fare in modo che il condimento si aggrappi bene alla superficie dell’alimento, evitando che si stacchi durante la cottura. Si possono poi cuocere in forno o, come abbiamo fatto noi, nel kettle, affumicandole anche leggermente: vi ritroverete con le patate più gu-
stose, saporite, croccanti e piccanra, senza sovrapporle. tine mai assaggiate. Non potrete 8. Preparate il dispositivo per più farne a meno. Un consiglio in una cottura indiretta a 200 più: se non siete a dieta sostituite gradi C° l’olio con il burro. Ma non dite a 9. Ponete la teglia sulla griglia nessuno che ve l’abbiamo detto. dalla parte opposta delle braci ed affumicate con due Preparazione manciate di legno aromatico. 1. Lavate le patate sotto l’ acqua Chiudete il coperchio. corrente. 10. Dopo una trentina di minuti 2. Sbollentate le patate (con la controllate le patate. Sono buccia) in abbondante acqua pronte quando si infilzano salata. Dopo circa cinque mibene con la forchetta e sono nuti dal bollore scolatele e ladiventate ben dorate e crocsciate raffreddare. canti. 3. Una volta raffreddate, man- 11. Se ce ne fosse bisogno, aggiutenendo la buccia, tagliatele a state di sale. spicchi. 4. In una ciotola versate abbondante olio a cui aggiungerete le spezie e miscelate il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo. 5. Immergete gli spicchi nel composto facendo in modo che il wet rub aderisca omogeneamente sulle patate. 6. Aggiungete un po’ di pangrattato per dare un tocco di croccantezza e girate bene. 7. Disponete le patate in una teglia adatta alle alte temperatuSETTEMBRE 2019
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I Churros sono dei golosissimi bastoncini di pasta fritti, zigrinati in superficie e spolverati con zucchero aromatizzato alla cannella. Sono dei dolcetti tipici della cultura latinoamericana, una vera gioia per il palato: basta un solo morso per rimanere stregati dalla loro morbida fragranza. Se poi vengono inzuppati in creme dolci come il cioccolato e il caramello, diventano una vera e propria delizia irresistibile a cui non si può dire no. Se sulla bontà di questo dolce non esistono dubbi, la sua origine è tutt’altro che certa. Infatti, nonostante sia considerato da tutti una prelibatezza della pasticceria spagnola, esiste una diatriba molto accesa tra il Portogallo e la Spagna sulla paternità dei Churros.
utilizzare delle forbici per stacOvviamente ogni paese ha adattacare la pasta dalla punta. Se una to questa prelibatezza alla proprie volta in pentola si arricciassero tradizioni: oggi in particolar modo stendetele con l’aiuto di una vogliamo parlarti dei Churros forchetta. messicani accompagnati dal Dul7. Preparate un piatto con della ce de leche, crema di latte di capra, carta da cucina e riempitelo chiamata anche marmellata di latte con lo zucchero aromatizzato per la sua preparazione. In pratica alla cannella. Quando i churros si fanno cuocere il latte e lo zucsono ben dorati, con l’aiuto di chero insieme fino a quando non si una schiumarola scolateli bene ottiene una bella crema al carameldall’olio e passateli nello zuclo brunita e densa. chero. Ripetete il procedimento fino a quando la pasta non è Per far acquisire a questa crema terminata. già golosissima un gusto straordinario, la prepareremo sul calore 8. Passiamo alla crema. In un pentolino versate il latte, 150g diretto delle braci, perché il fuodi zucchero, il miele e il bicarco dona sempre ai cibi quella nota bonato; ogni volta che aggiunparticolare di sapore, rendendoli gete un elemento date una viancor più gustosi e appetitosi. gorosa mescolata con la frusta. 9. Ponete il recipiente su un fuoProcedimento: co medio alto e continuate a 1. In un pentolino versate l’acqua mescolare per i primi 10 mie aggiungete il burro tagliato a nuti, abbassate leggermente la dadini. Fate sciogliere il burro fiamma e lasciate andare per nell’acqua su un fuoco medio 30 minuti circa. Mi raccomanalto, mescolando ogni tanto. do ogni tanto controllate la 2. Quando il composto inizia a crema e mescolatela. È pronta sobbollire, spegnete la fiamma quando il latte avrà acquistato ed incorporate poco per volta un bel color caramello e si sarà la farina setacciata, mescolanaddensato. do con forza fino ad ottenere un impasto liscio, omogeneo e 10. Versate la Dulce de leche in un vasetto di vetro e lasciatela compatto. raffreddare a temperatura am3. Lasciate intiepidire la pasta, biente, perché si addensi ultepoi aggiungete all’interno le riormente. uova una per volta.
Gli spagnoli affermano che questo dolce sia nato dalla creatività dei pastori nomadi che, dovendo trovare un sostituto del pane, idearono un impasto adatto alla cottura in padella. I bastoncini di pasta realizzati furono chiamati Churros, perché nella forma ricordavano le corna di una razza di pecore da loro allevate, le Navajo Churro. Al contrario, i portoghesi sostengono che la ricetta abbia origini cinesi e che fu introdotta nella penisola iberica grazie ai numerosi viaggi esplorativi tra il ‘400 e il ‘500 nella Cina della dinastia Ming. Se- 4. Inserite il composto in una sac condo la loro tesi, questi dolcetti à poche con la punta a stella. sarebbero l’evoluzione portoghese 5. Preparate il dispositivo per degli youtiao cinesi, striscioline di una cottura diretta e ponete i pasta salate e fritte servite con riso bricchetti accesi al centro. Soe tofu. stituite il centrale della griglia con la cocotte in ghisa, (mi racIn ogni caso, l’unica certezza è che comando, le braci non devono fu la grandezza dell’Impero colotoccarla) e versate nella pentoniale spagnolo ad esportare i Churla l’olio di semi. ros in Messico, in Perù, in Uruguay, 6. Quando l’olio è pronto, prenin Colombia, in Cile e in Argentina dete la sac à poche e iniziate a facendoli diventare un dolce tipico fare delle strisce di pasta lundella cultura sud-americana. ghe 15 cm circa, vi consiglio di ıæA
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Potete servire i Churros in coni di carta paglia e preparare dei piccoli contenitori con la crema uno per ogni amico che avete invitato. Si leccheranno tutti, letteralmente, le dita.
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LOS C H U R R OS ...te va a encantar!
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VINI ABBINATI a cura di ENIO BERTON
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BERE! abbinamenti consigliati
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Valpolicella Classico Superiore Ripasso 2016 Aldrighetti Tacos
La cucina messicana ci porta a gusti forti, piccanti se non piccantissimi: dobbiamo trovare dei vini che con un'alta gradazione o con noti dolciastre compensino la nostra ascesa della scala di Scoville. Tra i due vini proposti oggi, partiamo con un Valpolicella Ripasso che ci permette di gustare i nostri tacos dando, ad ogni sorso, una pausa al nostro palato non perdendo, però, in sapore e gusto. Il Valpolicella Ripasso nasce dagli stessi vitigni del più famoso Amarone tutti autoctoni della provincia di Verona; le uve utilizzate sono, principalmente, la Corvina, il Corvinone e la Rondinella. Il sistema di vinificazione è particolare in quanto, prima dell’affinamento finale, il vino viene fatto fermentare a contatto con le bucce pressate delle uve passite dalle quali si ricava l’Amarone. La cantina Aldrighetti ha un'estensione di 4 ettari nel cuore della Valpolicella a nord di Verona. La conduzione familiare consente di tramandare la storia e le tecniche classiche, anche se è sempre attenta a tutte le innovazioni del settore. L’uso di botti grandi permette di mantenere inalterati i sapori e i profumi senza le note eccessive di vaniglia e di legno. Il Valpolicella Ripasso Classico Superiore è la prova di tale filosofia e ci permette di immaginare la potenza olfattiva e gustativa del loro Amarone. Alla vista si presenta di colore rosso rubino intenso con note granate, che aumentano con l’invecchiamento. Al naso si sprigionano tutte le note di frutta rossa matura con sentori di sottobosco e note balsamiche. Al palato risulta morbido, con tannini molto addolciti e maturi; si ripresentano le note fruttate che piano piano fanno spazio a sentori di spezie, vaniglia e tabacco. Fin di bocca persistente e piacevole. Da servire a 18/20 gradi in calici ampi. Uve: Corvina Veronese 65% Rondinella 30% Molinara 5% Zone produzione: Valgatara (VR) a 200-300 metri s.l.m. Grado alcolico: 14,00%
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N E G R OAMA R O
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Puglia IGP Negroamaro 2017 Pietra Pura Birraia
Come siamo messi con il piccante nella Birria, quel magnifico spezzatino messicano che vi abbiamo presentato in questo numero? Abbiamo esagerato o ci siamo mantenuti a livelli accettabili? Conoscendovi, immagino che un pochino abbiate esagerato, voglio suggerirvi una soluzione per placare la capsaicina che vi sta infiammando la bocca. Il Negroamaro è un vitigno a bacca nera coltivato quasi esclusivamente nella zona del Salento. Di origine antiche, deve probabilmente, il nome alla somma dei due termini che identificano il nero, in latino ed in greco. Usato negli anni passati come vino da taglio per aumentare il grado alcolico di altri vini, si è iniziato a produrlo in purezza da poco. La linea Pietra Pura nasce dalla collaborazione della cantina toscana di Rocca delle Macìe con la cantina del Salento Terre di Sava, per la produzione in purezza dei vitigni autoctoni della Puglia quali Negroamaro e Primitivo. Il vino viene prodotto con uve esclusivamente raccolte a mano, dopo la pigiatura continua la maturazione per alcuni mesi fino al momento dell’imbottigliamento. Visivamente si presenta di colore rosso porpora con riflessi violacei, profumo intenso con note di frutta fresca con sentori di ribes e frutta di sottobosco; una leggera speziatura accompagna la presenza di profumi di timo e di altre erbe aromatiche. In bocca risulta morbido con una buona sapidità; si confermano le note aromatiche di frutta a bacca rosa. Fin di bocca persistente. Da servire a 16/18 gradi in calici ad apertura media. Uve: 100% Negroamaro Zone produzione: Salento Grado alcolico: 13,50%
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Porto Tawny 10 years old Nieeport Churros
Per parlare dettagliatamente del Porto ci vorrebbero pagine e pagine di inchiostro, stiamo parlando di un caposaldo della vinificazione del mondo, per cui passiamo subito al sodo. Prodotto da vini selezionati coltivati nella regione del Douro in Portogallo, questo Porto Tawny è il frutto dell’esperienza del Master Blender Jose Nogueira, che permette di creare questo mix con vini di annate diverse. Il termine Tawny indica un porto prodotto da uve nere invecchiate in grandi botti di rovere, per almeno 2-3 anni, per poi essere trasferito in botti più piccole che permettono una maggiore ossigenazione ed un'ossidazione che ne modifica anche la colorazione, facendolo passare ad una tonalità ambrata. Dal sentore di albicocca matura, scorze di mandarino con note di miele e caramello, al palato queste essenze si espandono dando una nota piacevole e morbida. Finale elegante e persistente. Perfetto per essere assaporato insieme ai nostri Churros. Da servire a 12/16 gradi in bicchieri da dessert. Uve: Touriga Nacional, Touriga Franca, Tinto Cão, Tinta Francisca, Tinta Amarela, Souzao, Tinta Roriz Zone produzione: Douro (Portogallo) Grado alcolico: 20,00%
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BIRRE CONSIGLIATE a cura di RICCARDO MENICONI
PLINY THE ELDER
Il burrito è una della pietanze più iconografiche della cucina Tex-Mex. In realtà molto più diffuso negli Stati Uniti che in Messico, e non è altro che una tortilla di grano arrotolata, farcita con carne arricchita da fagioli, riso, salse, formaggio e altro. Così come le tradizioni culinarie che si intrecciano, si evolvono e mutano, anche il modo di bere sta cambiando. Si abbattono i confini e il Mondo diventa tutto un unico Paese. Oggi abbiamo la fortuna di poter assaggiare birre provenienti da tutto il globo appena fuori la porta di casa. Le IPA americane sono state per molto tempo bramate da tutti gli appassionati, e anche se adesso i birrifici di casa nostra si difendono molto bene, spesso facendo meglio di tutti gli altri, il fascino delle luppolate d'oltreoceano è ancora forte. Quache anno fa, ebbi la fortuna di poter bere, grazie ad un mio amico di ritorno da Santa Rosa (California), la DoubleIPA di uno dei birrifici più conosciuti e ambiti del periodo: la Pliny the elder del birrificio Russian River, la Mecca di tutti gli appassionati. Ne ho bevuta solo un'altra da allora ma il ricordo è ancora vivido e stampato in testa. Il colore è dorato carico con riflessi ramati, la schiuma è color avorio, dal perlage grossolano, compatta e persistente. L'aroma, come un proiettile, entra nel naso e sembra non volersene più andare: aghi di pino, agrumi, resine e qualche sentore floreale, elegante ma di grande persistenza. In bocca è come ce la si aspetta: potente ma equilibrata, le note di malto sono ben presenti e smussano alla perfezione l'amaro e dei luppoli usati (Amarillo, Centennial, CTZ e Simcoe). Vira verso sentori biscottati con un finale fruttato e citrico. La carbonazione aiuta ma gli 8 gradi si fanno sentire. Adesso, non dico di trovare proprio questa birra che vi ho voluto raccontare più per il piacere di farlo che per altro. Siamo circondati da ottime DuobleIpa, americane o italiane. L'importante è che sia artigianale e il più fresca possibile. Queste birre vanno consumate in breve tempo, trattate con cura e assolutamente non invecchiate. Per poter assaggiare grandi birre americane appena infustate vi consiglio di visitare l'EurHop che si terrà a Roma da 4 al 6 Ottobre. Un occasione unica visto che spesso quelle importate non arrivano da noi prima dei 3/4 mesi.
LA SAGGIA
Dolcissimo mais, arrostito a fuco vivo e condito con peperoncino, lime, queso fresco e coriandolo. L'elote è un classico dello street food messicano che si gusta passeggiando e sorseggiando una birra ghiacciata. Probabilmente la più quotata in Messico è la Corona. Ma a noi piace la birra, vero? Uscendo dagli schemi e cercando di abbinare al meglio questi sapori, la prima cosa che mi viene in mente è una bella blanche fresca e speziata. Le blanche sono birre di frumento non maltato misto a malto d’orzo. La loro tipica aromaticità è data in buona parte dai lieviti utilizzati ma la ricetta tradizionale prevede anche una speziatura aggiuntiva data dall'uso di coriandolo e buccia d'arancia. Il frumento inoltre conferisce anche una leggera acidità. Una delle mie preferite è la Saggia del birrificio Birra dell'Eremo di Assisi, Umbria. Nel bicchiere si presenta di colore giallo paglierino, con schiuma bianca abbastanza persistente. Al naso emergono delicate note fruttate date dal lievito, che poi lasciano spazio ad intense note speziate di coriandolo, arancia e bergamotto. In bocca è molto fresca e dissetante, grazie anche alla carbonazione abbastanza importante. Il corpo è liscio, setoso e dolce con un piacevole retrogusto di malto e cereali; si ritrovano le note fruttate e speziate che rendono la bevuta molto interessante e accattivante. Mi raccomando, versatela in un bel bicchiere, possibilmente una pinta americana o, ancora meglio, nel bicchiere francese Jelly SENZA la fetta di limone. Mi raccomando.
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COCKTAIL a cura di RICCARDO MENICONI
MARGARITA Quando immagino di organizzare una cena in stile texmex mi si srotola davanti gli occhi una tavolata imbandita da mille piattini, ciotoline, tortilla, taco, nacho, guacamole, pico de gallo, fagioli e altre diavolerie. Subito esplodono in testa mille colori, la musica e il ritmo sudamericano entrano nelle orecchie e le vibrazioni positive mi fanno tremare le papille gustative. Se dovessi scegliere un distillato che possa in qualche modo racchiudere tutto ciò sarebbe sicuramente il Tequila. Partendo dal mosto di Agave blu si distilla questo superalcolico simbolo del Messico. Dopo la raccolta dell’agave, le piñas vengono tagliate e cotte in tipici forni per 1 o 2 giorni, in modo da trasformate l'inulina in fruttosio e saccarificare l’amido. Dopo di che vengono schiacciate per estrarre il succo, che viene raccolto in calderoni così che possa poi iniziare a fermentare, grazie ai lieviti naturalmente presenti o inoculati, per circa 3 giorni. Così si procede con la distillazione, ottenendo il Tequila Blanco. A questo punto può, volendo, essere invecchiata per 60 giorni in botti di legno. Ci sono poi diversi stadi di invecchiamento e affinamento in botti fino ad arrivare al Tequila Extra Anejio di 3 anni. Ci sono moltissimi cocktail a basa di tequila, sicuramente il più famoso è il Margarita. Semplicissimo da preparare a casa. Colmiamo di ghiaccio una coppa da Margarita per freddarla, nel frattempo mettiamo nello shaker: -3,5cl di tequila (la mia preferita è la Espolon) -2 cl di triple sec -1,5 cl di succo di lime Aggiungiamo ghiaccio e shakeriamo. Togliamo il ghiaccio dal bicchiere, passiamo una fetta di lime sul bordo e lo giriamo su di un piattino con del sale grosso in modo da formare una piccola corona salata intorno al bicchiere. Filtriamo il drink nella coppa e gustiamo. SETTEMBRE 2019
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#CHIEDIALCOACH - RUBRICA a cura della BBQ4ALL UNIVERSITY
#C H IE DI A LCOACH UN UTENTE CI FA LA SEGUENTE DOMANDA: Delucidazione scientifica: Come penso tutti, so che la roba congelata non andrebbe ricongelata. Come suppongo molti, non so il motivo per cui sia così. È una questione igienica dovuta al fatto che non si può sapere la reale contaminazione degli alimenti dopo vari cicli di congelazione (i pescatori di solito abbattono il pesce appena pescato e quindi secondo questa teoria neanche il pesce fresco potrebbe essere congelato)? É dovuto a un deterioramento chimico degli alimenti che può portare a formazione di sostanze indigeste? Il problema è più complesso? Stavo pensando di mettere da parte resti di carne dopo vari trimming, parature e ossa ovviamente congelando e una volta raggiunta una discreta quantità preparare dadi, fondi e brodi. Ma poi mi è sorto il dubbio: congelando una pietanza cotta costituita a suo tempo da alimenti congelati, si rischia qualcosa? RISPONDE IL COACH VIRGILIO BRUNETTI: Ogni alimento fresco ha una carica batterica naturale più o meno aggressiva; d’altra parte ogni essere umano adulto e sano ha la capacità di contrastare, grazie al suo sistema immunitario e le barriere enzimatiche di bocca, stomaco ed intestino, l’aggressione di numerosi patogeni: virus, batteri, miceti, protozoi ed elminti. Le buone norme igieniche, come lavarsi le mani e pulire accuratamente gli alimenti, ci garantiscono un efficace abbattimento del rischio di una qualsiasi infezione alimentare. Per quanto riguarda la carne, soprattutto in Italia esistono inoltre norme igienico-sanitarie stringenti che standardizzano secondo legge la sicurezza degli alimenti carnei. Il mantenimento della catena del freddo sicuramente è la norma che più di tutte garantisce il mantenimento della salubrità degli alimenti carnei dal macello alla tavola. Lo stoccaggio della carne nei nostri frigoriferi di casa è uno dei passaggi più critici per la sicurezza alimentare, in quanto nello stesso spazio spesso vengono conservati alimenti che possono generare cross-contaminazione. Una buona idea per mantenere a lungo alimenti crudi o cotti è il confezionamento sotto vuoto associato alla congelazione. Nota bene che refrigerare, congelare e surgelare sono concetti molto diversi. Refrigerare significa portare gli alimenti a una temperatura fra 0°C e 10°C. Questo processo rallenta, ma non blocca, il deperimento dei cibi. Significa che i prodotti refrigerati possono essere conservati per periodi di tempo limitati: alcuni giorni, al massimo due settimane. ıA
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Congelare significa ricorrere all’utilizzo del freddo sottozero: può essere di tipo domestico o industriale. I cibi sono portati a temperature tra -7°C e -12°C (che per il pesce e la carne arrivano -18°C) e sono conservati a temperature tra -10°C e -30°C. Al momento della scongelazione si verifica una parziale perdita dei valori nutritivi e organolettici, in particolare negli alimenti con struttura cellulare meno resistente. Pur essendo un metodo efficace per allungare la conservazione dei cibi, la congelazione non permette di bloccare al 100% l’attività degli enzimi, con conseguente deterioramento nel tempo della qualità originaria del prodotto. Surgelare significa che i prodotti raggiungono in brevissimo tempo la temperatura di -18°C, e la rapidità di raffreddamento determina la formazione di micro-cristalli di acqua che non danneggiano la struttura biologica degli alimenti. La struttura e il sapore dei cibi, insieme alle valenze organolettiche e nutrizionali (proteine, vitamine, carboidrati ecc...), rimangono inalterati rispetto al prodotto originale. La surgelazione si presenta come il miglior sistema di conservazione, grazie allo scrupoloso rispetto della catena del freddo in tutto l’iter che l’alimento compie per arrivare, integro, sulla tavola del consumatore. Tuttavia, in casa, a meno che non si abbia un laboratorio microbiologico in cantina, all’atto del congelamento e durante la conservazione in frigo non abbiamo nessuna idea di quanto possa essere contaminato un alimento e non abbiamo nessuna evidenza affidabile per capire quanto siano cresciuti i microorganismi sulla nostra carne; A
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l’unico mezzo che abbiamo è usare occhi e naso. Se un alimento diventa maleodorante e inizia a generare qualche tipo di essudato viscoso, siamo sicuramente al limite della commestibilità. Valutiamo quindi quanto sia compromesso l’alimento e eventualmente procediamo alla cottura o all’eliminazione definitiva della carne. Sappiamo inoltre che pollame e il maiale hanno maggiori problematiche di conservazione rispetto alle carni bovine in quanto presentano (statisticamente) una carica batterica iniziale più alta, quindi visto che la refrigerazione e la congelazione rallentano e bloccano la crescita batterica senza uccidere di fatto i microrganismi, ulteriori cicli di scongelamento e ricongelamento potrebbero generare una crescita batterica eccessiva, alzando il rischio di infezione alimentare. Inoltre ribadiamo che il congelamento a livello casalingo non è abbastanza rapido e non consente di mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche originali della carne, per cui più cicli di freeze-thawing (congela-scongela) la distruggono a livello cellulare. L’unico modo per azzerare la carica batterica è cuocere l’alimento. Il calore inattiva la maggior parte dei microorganismi patogeni con rare e purtroppo pericolose eccezioni (in alcuni casi è necessario abbassare il pH dell’alimento per rendere sicure alcuni tipi di conserve). Nella maggior parte dei casi non c’è nessun problema nel ricongelare alimenti cotti che allo stato crudo sono stati correttamente congelati, perché ogni tipo di microorganismo è stato eliminato nella fase di cottura. In alcuni casi, se possibile, bisognerebbe evitare di scongelare alimenti cotti facendoli stazio-
nare in frigo così come si fa per il decongelamento di una bistecca surgelata: meglio riportarli in temperatura rapidamente mediante riscaldamento a microonde; questo è possibile perché gli alimenti cotti non subiscono deterioramento a seguito del decongelamento.
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THE CHEMICAL GRILLERS - RUBRICA a cura di VIRGILIO BRUNETTI
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Dovrebbe essere ormai abbastanza chiaro che esiste una differenza profonda fra la composizione di una salamoia ed una marinata tradizionale: la salamoia è una soluzione salina a pH neutro o tendente al basico mentre una marinata è una miscela caratterizzata da una base acida arricchita di zuccheri, grassi, aromi, spezie. Meathead Goldwyn nel suo Amazing Ribs mette in risalto il concetto di brinerade, una tecnica ibrida, ovvero una marinata salata che esalta tutti i vantaggi di entrambe le tecniche; Meathead evidenzia sperimentalmente l’impossibilità che hanno le componenti di una marinata di penetrare profondamente negli alimenti, ad eccezione del sale. Essendo l’azione prettamente superficiale, la penetrazione della marinata deve essere forzata mediante l’uso di siringature oppure lavorando la superficie dell’alimento praticando buchi o incisioni, allo scopo di amplificare la superficie di contatto tra carne e miscela aromatica. Quello che vi suggerisco è sempre mantenere una mentalità aperta ed elastica: noi stessi abbiamo scelto di codificare alcune metodiche al fine di agevolare chi per la prima volta si approccia alle tecniche di cottura e seasoning. Le marinature, in particolare, hanno uno spettro applicativo piuttosto vasto e possono essere categorizzate in base al principio attivo responsabile delle modificazioni a carico delle proteine della carne. In tutti i casi sappiamo che la capacità di penetrazione dei costituenti della marinata, ad eccezione del sale da cucina, è molto bassa, di conseguenza l’effetto è limitato alla superficie dell’alimento. Questa limitazione in realtà è legata esclusivamente al falso mito che una marinatura possa fare un qualche genere di miracolo e che renda tenero, succoso e saporito un pezzo di carne che non avrebbe nessuna possibilità di esserlo. La strategia migliore perché una qualsiasi marinata sia veramente efficace è lavorare su tagli di pezzatura medio piccola e utilizzare curing, brining e rub sui tagli più voluminosi. La marinatura è una tecnica di seasoning che risulta efficace nella modificazione del profilo aromatico della carne, al pari di un dry rub o uno slather (wet rub). Al costo di essere ripetitivo, lo dico di nuovo: bisogna tenere ben a mente che solo il cloruro di sodio è capace di modificare profondamente le caratteristiche della carne in termini di succosità, sapidità e texture. Tutto il resto non fa altro che dare un’impronta aromatica caratteristica e superficiale che si andrà a finalizzare e
completare durante la cottura; i grassi, gli aromi e gli zuccheri assorbiti sulla superficie dell’alimento non faranno altro che arricchire la complessità della reazione di Maillard e favorire la formazione del Bark. In una visione più ampia, possiamo individuare nella componente acquosa della marinata il principio attivo caratterizzante della miscela. Il pH della fase acquosa diventa la chiave di volta per infinite variazioni, il che rende questo tipo di tecnica estremamente intrigante. Abbiamo precedentemente parlato non solo di basi acide, ma anche di basi saline ed alcaline, di basi enzimatiche ed alcoliche. Tutte queste varianti hanno l’obiettivo comune di migliorare la carne in termini di juiceness. Nota: juiceness (succosità) e succulence (succulenza) sono percezioni diverse. Juiceness indica la sensazione di umidità del cibo all’atto del morso, ossia quell’esplosione di fluidi quando mordete il boccone di carne, mentre succulence si riferisce alla sensazione di umidità che percepite durante la masticazione. L’APPROCCIO ACIDO Una marinatura tradizionale è costituita da: una fase acquosa acida + una fase grassa + un tensioattivo + erbe e spezie + zuccheri + sale Quali sono gli effetti di una marinata? In ordine decrescente di influenza, gli effetti della marinatura sono: – incremento della moisture; – aromatizzazione; – ammorbidimento. L’acidità della componente acquosa di una marinata ha proprio il compito amplificare la sensazione di succosità: l’esposizione diretta di piccoli tagli di carne o di pesce a componenti particolarmente acide genera una modificazione profonda dei tessuti muscolari e dei connettivi; un acido non fa altro che apportare ioni H + (derivati dall’acido acetico, citrico o lattico contenuti nelle basi acide). L’azione di questi ioni cambia radicalmente la conformazione delle proteine della carne, generando una denaturazione e successivamente una coagulazione molto simile a quella che avviene con il calore. L’apparato masticatorio riduce in piccoli pezzi il cibo, l’acido cloridrico secreto dalle pareti dello stomaco coagula le proteine, mentre gli enzimi digestivi tagliano le proteine a livello molecolare arrivando quasi ai singoli costituenti. Se immergete della carne e o del pesce nel succo di liSETTEMBRE 2019
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mone vedrete un rapido e progressivo cambio di colore che interessa tutte le proteine, comprese i pigmenti muscolari come la mioglobina che perde il suo folding e si coagula diventando di colore grigio. Le componenti acide, anche se hanno una velocità di penetrazione bassa attraverso la carne, modificano significativamente la struttura delle proteine rendendole capaci di trattenere una maggiore quantità d’acqua durante le fasi di cottura; parallelamente abbiamo anche un'importante modificazione a livello gustativo, in quanto la percezione di acido implementa in molti casi la gradevolezza del prodotto (anche se un eccesıA
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so può generare un totale disastro gastronomico). Coloro i quali, per varie ragioni, pensano che l’azione di un acido non sia poi così efficace sulla carne pensino un attimo a quello che accade nel loro stomaco quando ingeriscono un boccone di bistecca. L’apparato masticatorio riduce in piccoli pezzi il cibo, l’acido cloridrico secreto dalle pareti dello stomaco coagula le proteine, mentre gli enzimi digestivi tagliano le proteine a livello molecolare arrivando quasi ai singoli costituenti. Questa strategia in vari modi può essere simulata in una marinata.
LE BASI ACIDE FERMENTATE Esistono moltissime basi fermentate, ma poche contengono ancora vitali e attivi i microorganismi responsabili del processo di fermentazione stesso. Yogurt, kefir e latticello sono sicuramente le più interessanti. L’utilizzo di questi prodotti ha origini antichissime, tanto quanto la stessa pastorizia. I fermenti lattici e altri ceppi batterici (acetobatteri), generalmente innocui o addirittura benefici per l’organismo umano. Sostanzialmente non fanno altro che inacidire o meglio fermentare il latte generandone una parziale coagulazione. Le marinate a base di questi prodotti sono ricche di fermenti lattici che competono efficacemente con le altre specie batteriche, evitando cross-contaminazioni e attuando una sorta di effetto conservante; i batteri lattici convertono efficacemente gli zuccheri del latte (il lattosio) in acido lattico abbassando il pH del prodotto. Il calcio, contenuto naturalmente in latte e nei suoi derivati, favorito da un pH moderatamente acido penetra efficacemente la carne attivando le calpaine e incrementando i'intenerimento della carne e l’effetto di ritenzione.
parati costituiti da miscele bilanciate di bicarbonato di sodio e acetato di sodio che costituiscono un’alternativa all’uso dei polifosfati (agenti di ritenzione). Probabilmente la maggior parte di voi ignora quali possano essere gli effetti di una base sulla carne. Le basi hanno un effetto estremamente potente sulle proteine: generano infatti una forte degradazione dei tessuti e amplificano l’effetto di ritenzione di acqua. Il problema delle soluzioni alcaline è che hanno un’impronta gustativa che può risultare sgradevole, ma tale percezione cambia radicalmente in fase di cottura perché il pH elevato è un fattore fondamentale nella velocizzazione della reazione di Maillard. Sono sicuro che ognuno di voi abbia assaggiato il pollo stufato con arachidi e verdure, una delle preparazioni più comuni nei ristoranti cinesi. Questa ricetta in realtà ha una sua dignità e il segreto del pollo Gong Bao perfetto (questo il vero nome del pollo con aLachidi e veLduLe) è una marinatura alcalina. Sezionato in piccoli pezzi prima di essere saltato al wok, deve essere marinato in una miscela che contiene 1% bicarbonato di sodio per ogni kg di carne (il resto della miscela è costituita da acqua, salsa di soia chiara, fecola di patate, vino di riso). La carne rimane a contatto della marinata per circa 12 ore. Lo stesso procedimento con tempi di marinatura diversi si può utilizzare su pesce, crostacei o maiale, con lo stesso identico risultato: la rapida e violenta cottura sul wok (o altro supporto di cottura rovente) genera un imbrunimento molto rapido della carne che mantiene intatta la succosità. Il piatto viene bilanciato e arricchito dalle verdure saltate e croccanti, arachidi tostate e una speziatura piuttosto aggressiva a base di peperoncino secco e pepe di Sichuan. Assaggiare il vero pollo Gong Bao corrisponde a mordere un petardo: sapore esplosivo, succosità estrema e Maillard da paura.
Una delle preparazioni più conosciute che prevedono l’uso di una marinata a base di latte fermentato è il pollo Tikka Masala. Anche in questo caso il pollo viene ridotto in pezzi di dimensioni moderate proprio per dare massima efficacia alla miscela. La speziatura è super intensa, ne trovate milioni di varianti, visto che ogni famiglia indiana ha la sua miscela di spezie tramandate da madre in figlia; i costituenti base sono: cumino, peperoncino, aglio cipolla, coriandolo, cannella chiodi di garofano, zenzero, curcuma. È consigliabile utilizzare uno yogurt intero compatto ottenuto da fermentazione del latte a coagulo intero, nella proporzione di circa 250 grammi per kg di carne. I tempi di marinatura possono essere spinti anche per 12 ore. In questo caso, poi, non è necessario rimuovere la mari- Nel prossimo numero continueremo questo piccolo natura dalla carne prima della cottura perché darà un tour intorno al mondo per scoprire come agiscono le contributo importante nella formazione del bark. marinate su base enzimatica e alcolica, inoltre chiariremo il ruolo dei tensioattivi e delle marinate a base esclusivamente grassa. L’ALTERNATIVA ALCALINA L’alternativa alla base acida sono le soluzioni alcaline; possiamo considerare queste miscele alla stregua di salamoie super potenziate. Parliamo di valori di pH che tendenzialmente devono attestarsi tra 9 e 10. I composti comunemente utilizzati per formulare una marinata alcalina sono il bicarbonato di sodio e in casi estremi la soda caustica. In commercio si trovano preSETTEMBRE 2019
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SEGUO - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI
- Oggi è il compleanno di Contatto Fastidioso, contribuisci anche tu a rendere questa giornata speciale! Fagli sapere che lo pensi! - No.
SEGUO I social network ci hanno tolto il piacere degli auguri di compleanno. Il senso di farsi gli auguri, io credo, è sempre stato: sei una persona a me cara, ho un cassettino nella mia mente riservato a te, ricordo quando sei nato e faccio in modo di notificartelo, affinché tu sappia che non mi sono ancora completamente dimenticato di te. Faceva piacere il pensiero, faceva piacere quella presenza momentanea e il calore più o meno spontaneo della piccola massa di dediche ricevute. Per un giorno, almeno, il festeggiato aveva l’illusione di essere il protagonista assoluto della porzione di mondo comprendente familiari e amici più stretti. In fondo di questo si parla: il caro vecchio protagonismo, il responsabile del successo di Instagram, con i suoi like a pioggia notificati uno per uno per dare l’illusione di un consenso esagerato. È il tuo compleanno, ti senti contattato come un capo di stato, le persone si congratulano con te per... A
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...sostanzialmente per non essere ancora morto, sup- quotidiano. Fagli gli auguri! E fagli ‘sti auguri!, con anpongo, perché altri meriti non ne trovo; sei una picco- nessa visualizzazione del flusso inesorabile di scrittila microcelebrità di queste ventiquattro ore. ne e dediche tutte uguali sul profilo del nato del giorno. Puoi essere da meno? Puoi esimerti? Non ce la fai. Ho una teoria: il compleanno, gli auguri, sono tutti ap- Pare brutto. puntamenti che percepiamo come gratificanti e positivi perché associati a eventi gradevoli nell’infanzia. È E allora vai con le frasine precompilate! Auguri! Tanti il tuo compleanno, ti svegli e trovi il pupazzo di He- auguri! Passa un bellissimo compleanno, te lo meriti. Man nel blister della Mattel tradotto male dall’inglese. Torni da scuola e ti fanno trovare un transformer, Adesso ti rompo l’idillio, come sempre. una Porsche 935Turbo trasformabile, e ti viene quasi un ictus dalla contentezza. Stai per andare a danza e ti Non immaginarti più le facce radiose e sorridenti di fanno scartare Baby Mia, una bambola che costava ne- chi ti scrive gli auguri dietro imposizione del social: gli anni '80 quanto due pensioni del nonno, ma che ha immaginati sempre il tipico broncio stufo e amaregpiù interattività del tuo compagno di banco umano. giato di quando prendi il tuo telefono o il tuo portatile Compleanno significa oggetti agognati, compleanno e scorri, rigonfio di noia, le notifiche del tuo account. significa tutti che ti guardano soffiare candeline (per La mattina, prima del caffè. Dopo aver letto la PEC di chi non aveva lo zio simpaticissimo che ti schiacciava Equitalia. Probabilmente seduto sull’irrinunciabile la faccia nella torta rovinando la festa a tutti). trono di ceramica. Devi fare gli auguri al tizio, dice la Ma non è più così. scritta. Vabbè, facciamoli. Gli auguri di adesso sono la reazione a un continuo e Gli auguri vengono fatti per lo più con la stessa intenassillante pop-up di ogni tipo di applicazione di uso zione e lo stesso sentimento con cui si clicca “Skip
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Ad”, o si cerca la crocetta sul pop-up “Incontra single nella tua zona”. Un gesto di stizza completamente privo di partecipazione, accompagnato da qualche insulto. E a te, festeggiato, arriva questa sfilza iperfinta di paroline evidenziate in viola e fucsia, video preconfezionati che non aprirai e che hai già visto negli altri 364 giorni dell’anno negli altri profili. Controlli i mittenti e ti accorgi della presenza di: grigliatori irascibili con i quali hai litigato per una bistecca messa in forno; macellai vendicativi a cui hai provato a spiegare come ricavare le short beef ribs; la cognata della tua ex; l’immancabile amico tonto che scrive col profilo di coppia. Ma perché fai la scena dell’augurarmi buon compleanno, se abbiamo litigato in pieno stile asilo nido fino a ieri, nella chat whatsapp? Per forza. Tutti si piegano alla potenza persuasiva del pop-up. Per quale motivo ogni account social, o una piattaforma di ecommerce, o un sito di streaming, vuole sapere la tua data di nascita? In primo luogo per farti dichiarare la tua maggiore età e non incorrere in guai pesanti, sicuramente; cosa non meno importante, per sfoltire i casi di omonimia: c’è sempre l’utente che si registra due volte, con due mail diverse, e poi si lamenta che gli arrivano le mail di marketing o di notifica su entrambi gli indirizzi. Dovreste dare una controllata! Ma insomma, non lo capite che sono sempre io? - tutti casi già discussi qui nella rubrica Seguo. Certo, sei sempre tu, ma potrebbe essere un omonimo. Mettendo la data di nascita abbiamo un'ulteriore discriminante che può aiutare nella gestione delle omonimie in quell’operazione fondamentale conosciuta come igiene del database utenti. Esattamente, né più né meno della famigerata PuliZzia Kontatti!1!, ma fatta con un certo criterio e rigore.
to (si chiama proprio imbuto, funnel), conoscerne i gusti e i bisogni sono tutte pratiche costose: servono inserzioni a pagamento, serve la profilazione, servono contenuti freschi e godibili da produrre ed elargire gratuitamente in cambio dell’autorizzazione a venir contattato. Nel caso BBQ4All, pensate all’esempio della Mail Class: una miriade di email istruttive, senza fuffa, piene di informazioni ben spiegate e di regole utili già dal primo giorno. Un valore enorme, pari a un lunghissimo corso; su questo siamo tutti d’accordo, credo. Produrre articoli, video, foto, mille esperimenti per supportare un dato ha certamente un costo; se dopo qualche tempo l’utente se ne va (usando il tremendo potere dell’ANSASCRAIB come i lettori del BBQ4All Magazine ben sanno) oltre che un peccato è una sorta di perdita. Recuperare, rinfrescare, dare nuovo entusiasmo ai clienti stanchi, che non seguono o non comprano più, è più economico e più efficiente di andarne a pescare di nuovi: sono già profilati, l’azienda ne conosce gusti e necessità, e la spesa per acchiapparli è stata già sostenuta. Che c’è di meglio, per farti tornare voglia di comprare, di un bel coupon sconto per il compleanno?
Al compleanno arrivano le mance, la centomila di nonna (le nonne fanno ancora regali in lire), al compleanno sei -ci tengono a dirlo!- il protagonista della giornata, riempito di auguri e felicitazioni: quale momento migliore per comprarsi un paio di scarpe, un obiettivo Zeiss, un bilanciere olimpionico, una bici con la pedalata assistita (per farsi odiare dagli altri ciclisti in salita) o un condizionatore portatile che con l’acqua fa superfreddo? Ricordati, c’è sempre l’associazione compleanno uguale regalino costoso, ormai radicata nella testa di ognuno in maniera più o meno consapevole. Ed ecco quindi mail su mail di auguri e scontistica da Tuttavia, la data del compleanno non si limita a que- tutti gli eshop esistenti, coupon, codici sconto, memsto utilizzo. bership a tempo limitato, qualsiasi cosa. È un dato estremamente prezioso. Nell’automated marketing, espressione che con una Ma secondo me Google può ascoltarmi dal microfono. grossolana approssimazione possiamo definire la Più semplicemente la tua mania di far sapere (a chi pratica di contattare in maniera pertinente masse di poi?) cosa ti piace e non ti piace ha creato una gigantepotenziali clienti tramite algoritmi mirati, esiste una sca profilazione dei tuoi gusti. procedura fondamentale e usata praticamente in ogni E ora ti becchi gli auguri. Anche dalle persone che non contesto: il recupero del cliente allontanato. vorresti più sentire, anche quando te li fanno con la Mi spiego. faccia triste e scocciata, tanto facebook li evidenzia in Ottenere un cliente, farlo entrare nel proprio imbu- viola e fa le stelline. SETTEMBRE 2019
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Un piccolo hamburger che andrà letteralmente a ruba nelle occasioni di festa. Particolarmente adatto ai bambini per le dimensioni ridotte, è perfetto per aperitivi, cene informali, serate in famiglia. Un vero e proprio boccone di puro sapore, che si presta ad essere declinato in mille versioni e abbinato a un’infinità di sapori, ma sorprendentemente gustoso e succulento anche da solo.
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Diventa il re della griglia durante le giornate in compagnia di amici e familiari grazie a questo hamburger da 200 grammi. Il perfetto bilanciamento del gusto, dato dall’equilibrio ideale di parte grassa e parte magra nella composizione del patty, lo rende un prodotto di cui non potrai più fare a meno. Dimentica gli hamburger sottili e insapori e preparati a un’esplosione di gusto, senza rinunciare alla praticità di un prodotto confezionato in skin.
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STEAK
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Trecento grammi di carne macinata, condita e ricompattata in una polpetta dallo spessore consistente. Questo Burger Steak unisce le due cose fondamentali che tutti cercano in cucina: qualità ottima e velocità di preparazione. In pochi minuti potrai servire un piatto ricco, bello da vedere, con un sapore esplosivo e una qualità indiscussa. Un hamburger alto, saporito, soddisfacente, che si presta a essere servito in mille modi diversi, mai asciutto e stoppaccioso. Scalda bene la griglia prima di mettere il Burger Steak in cottura, rigiralo spesso per creare la crosticina esterna senza rischiare di bruciarlo, cuocilo per pochi minuti e servilo come una tagliata, aggiungendo il tuo condimento preferito. Un sicuro successo. Un vero salva-cena di altissima qualità.
SETTEMBRE 2019
A
CLUB
Dire tta m e n t e da lla com m uni ty d i maes tri d i barb ecu e p iù gran d e d ’Ita lia, na s c e i l pre st i gi oso c lub ch e ti offre la p o s s ibilità d i avere: accesso p riorita rio a l meg a store, dove pot ra i fa re ra zz i e men tre tu tti gli altri “s o no in coda”; u na p rogram mazi o ne intellig ente dei tuoi a cquisti gra z i e a l c re di to m e ns ile p rep agato (s cegli tu quan to ); u n coach priva to che ti g uiderà ne l fa r t i vi ve re l’ e sperien za p iù eccitan te d i s emp re con la pre parazio n e d ei tu oi p iatti; e molto a ltro a ncora... Av ra i tu tto que sto solo se t i i sc rivi s u bito al MEGASTO RE CLU B, l’u n ico luogo r i s e rvato a una c e rc hi a r i st re tta d i as p iran ti grill mas ter ch e d es id era no a ppre n de re pi ù ve loc e m e n te e n el modo p iù accu rato p o s s ibile, la sublime arte d el grill. Puoi di si s criverti quan do vu oi e i l tu o cred i to sa rà sempre disponibile.
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H T T PS : / / C LU B M E G ASTO R E . B BQ 4 A L L. I T e c hi e di i nfo rmazio n i p iù d ettagliate, pr i ma c he i coac h fin is cano e le is crizio n i ch iu dano .
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