BBQ4All Magazine numero 10 - Ottobre 2019

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N°10/ANNO 1 - OTTOBRE 2019

MAGAZINE

G IA NFR ANCO LO CA SCIO

CARNE E ANTIBIOTICI COME TI SMANTELLO I PRECONCETTI

N I C E TO M E A T Y O U

MEAT HOOK

RACCONTIAMO A TUTTI COME SI FA IL MACELLAIO OGGI

A R R I VA L ' A U T U N N O

OKTOBERFEST o HALLOWEEN L'IMPORTANTE è GRIGL IARE


CLUB

Dire tta m e n t e da lla com m uni ty d i maes tri d i barb ecu e p iù gran d e d ’Ita lia, na s c e i l pre st i gi oso c lub ch e ti offre la p o s s ibilità d i avere: accesso p riorita rio a l meg a store, dove pot ra i fa re ra zz i e men tre tu tti gli altri “s o no in coda”; u na p rogram mazi o ne intellig ente dei tuoi a cquisti gra z i e a l c re di to m e ns ile p rep agato (s cegli tu quan to ); u n coach priva to che ti g uiderà ne l fa r t i vi ve re l’ e sperien za p iù eccitan te d i s emp re con la pre parazio n e d ei tu oi p iatti; e molto a ltro a ncora... Av ra i tu tto que sto solo se t i i sc rivi s u bito al MEGASTO RE CLU B, l’u n ico luogo r i s e rvato a una c e rc hi a r i st re tta d i as p iran ti grill mas ter ch e d es id era no a ppre n de re pi ù ve loc e m e n te e n el modo p iù accu rato p o s s ibile, la sublime arte d el grill. Puoi di si s criverti quan do vu oi e i l tu o cred i to sa rà sempre disponibile.

collegat i a

H T T PS : / / C LU B M E G ASTO R E . B BQ 4 A L L. I T e c hi e di i nfo rmazio n i p iù d ettagliate, pr i ma c he i coac h fin is cano e le is crizio n i ch iu dano .


EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO

Come vi smantello i preconcetti:

la c a rn e t r at t at a con

A NTI BIOTICI e O R MO N I

non esiste

C’è un confine netto e ben marcato fra le opinioni personali e l'ignoranza distruttiva. L'opinione personale riguarda interpretazioni legittime di un fatto o di una circostanza che, a seconda dei casi, possono essere rimesse in discussione. L'ignoranza invece varca questo confine e diventa la necessità di imporre agli altri concetti distanti dalla realtà con esercizi di convincimento coatto portati allo sfinimento. È da più di un decennio che continuo la mia crociata contro le convinzioni balorde del mercato italiano della carne. Qualcosa è cambiato, ne prendo atto, ma se guardiamo la fotografia generale siamo ancora indietro di quarti di secolo rispetto a quei Paesi dove questa cultura è prosperata in modo corretto. Troppo spesso, infatti, mi ritrovo a dover leggere nella nostra Community Facebook quesiti di questa risma:

"Ma la carne del Megastore contiene ormoni o antibiotici?" Pensavo di averne parlato in modo esaustivo e per un numero sufficiente di volte, ma a quanto pare il dubbio permane. Lo so, voi lettori del BBQ4All Magazine non vi fate abbindolare dal giornalismo fuffaro di Carbonella2000. Ma ne approfitto per tornare sull’argomento con tutte le normative del caso. OTTOBRE 2019

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CARNI TRATTATE CON ORMONI DELLA CRESCITA (STEROIDI)

b) Immettere sul mercato o macellare animali da azienda ai quali siano state somministrate dette sostanze; c) Immettere sul mercato le carni degli animali da azienda di cui alla lettera b); La legge si applica a tutti gli stati membri dell’UE e d) Lavorare le carni di cui alla lettera c) e immetalle importazioni. tere sul mercato prodotti a base di carni di questo tipo ovvero con le medesime.” Riporto fedelmente l’Articolo 2: Nel 1981, con la Direttiva 81/602/CEE, la Comunità Europea ha proibito l'uso di ormoni che stimolano la crescita degli animali destinati al consumo umano. Si parla di steroidi, per capirci.

“Gli stati membri provvedono a che sia vietato: a) Somministrare agli animali da azienda, con qualsiasi mezzo, sostanze ad azione tireostatica e sostanze ad azione estrogena, androgena e gestagena; 4 - BBQ4All MAGAZINE

Chiaro, no?

Lo strumento legale in forza è nella Direttiva 96/22/ CE che è stata poi emendata dalla Direttiva 2003/74/ CE. Ve la spiego in breve: le carni importate non possono contenere ormoni. Con buona pace dei com-


plottisti. Chi lo dice o mente sapendo di mentire o dice stupidaggini credendo di avere la verità in tasca. Se a dichiararlo è un macellaio, allora la faccenda è assai più grave. Ognuno poi avrà la capacità di discernere per quale motivo un professionista manipoli la verità; perché pensare che non sia informato su queste cose è anche peggio. Il punto non è consumare o non consumare carni importate. La scelta di non farlo è sacrosanta e degna di ogni rispetto. Il punto è il terrorismo infondato basato su fatti inesistenti.

Tale somministrazione deve essere effettuata da un veterinario o, nel caso di medicinali veterinari di cui al punto i), sotto sua diretta responsabilità; il trattamento deve essere registrato dal veterinario responsabile, il quale dovrà precisare almeno le informazioni di cui al punto 1.

È tuttavia vietata la detenzione da parte del titolare dell'azienda di medicinali veterinari contenenti delle sostanze β-agoniste che possono essere utilizzate per indurre la tocolisi. Fatto salvo il primo comma del punto 2 ii), il trattamento terapeutico è comunque vietato per gli La carne importata non può contenere ormoni. animali da produzione, inclusi gli animali da riÈ controllata all'ingresso. È impossibile mistificarla. È costosa e non è per tutti, questo è vero; ma dire che produzione a fine carriera.” contiene ormoni è falso. Qui un estratto della direttiva 2003/74/CE del Riporto dei passaggi salienti della Direttiva 96/22/ Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 setCE del Consiglio del 29 aprile 1996: tembre 2003

“Articolo 2 Gli Stati membri vietano l’immissione sul mercato delle sostanze di cui all’allegato II ai fini della loro somministrazione a qualsiasi animale le cui carni e i cui prodotti siano destinati al consumo umano, per scopi diversi da quelli previsti all’articolo 4, punto 2.

“Articolo 11 bis (Aggiunto) La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio entro due anni a decorrere dal 14 ottobre 2003 una relazione sulla disponibilità dei medicinali veterinari alternativi a quelli contenenti estradiolo-17β o suoi derivati sotto forma di esteri per il trattamento di macerazione fetale o di mummificazione fetale per i bovini o per il tratAllegato II tamento della piometra dei bovini, e presenta loro Elenco A: sostanze vietate l'anno successivo le proposte necessarie intese a -tireostatici, sostituire, a tempo debito, tali sostanze. - stilbeni, derivati dello stilbene, loro sali ed esteri, Del pari, relativamente alle sostanze di cui all'al- estradiolo-17β e suoi derivati sotto forma di este- legato III, la Commissione cercherà di ottenere ri. informazioni complementari, tenendo presenti i Elenco B: sostanze vietate con deroghe dati scientifici recenti provenienti da tutte le fonti, - sostanze ß-agoniste. e riesaminerà periodicamente le misure applicate per presentare al momento opportuno al ParlaArticolo 4, punto 2 mento europeo e al Consiglio le proposte necessa2. la somministrazione a scopi terapeutici di me- rie.” dicinali veterinari autorizzati contenenti: i)trembolone allilico da somministrare per via E ancora la direttiva 2008/97/CE: orale, ovvero le sostanze β-agoniste a equidi, sempreché siano utilizzati conformemente alle indi- Articolo 11 ter (Aggiunto) “La Commissione, in collaborazione con gli Stati cazioni del fabbricante; ii)le sostanze β-agoniste, sotto forma di un'inie- membri, organizza una campagna di informazione per l'induzione della tocolisi nelle vacche al zione e sensibilizzazione sul divieto totale dell’uso momento del parto. di estradiolo-17β negli animali produttori di aliOTTOBRE 2019

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menti, destinata agli agricoltori e alle organizzazioni veterinarie nell’Unione europea nonché alle organizzazioni pertinenti al di fuori dell’Unione europea che partecipano direttamente o indirettamente all’esportazione verso l’Unione europea di alimenti di origine animale che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva.” Per concludere, è notizia del 15/07/2019, dunque recente, che “l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America firmeranno fra breve un accordo di revisione del funzionamento di un accordo commerciale esistente che garantisce un contingente tariffario autonomo per le importazioni di carni bovine di alta qualità nell’UE. Grazie al nuovo accordo, il contingente esistente resterà invariato, ma del contingente tariffario totale di 45000 tonnellate, 35000 tonnellate saranno riservate agli Stati Uniti e introdotte gradualmente su un periodo di sette anni. Il contingente tariffario continuerà a coprire soltanto prodotti conformi alle rigorose norme dell'UE in materia di sicurezza degli alimenti e di sanità.” Per farla breve, aumenteranno le quote di carni importate dall’estero, ma le carni di animali trattati con ormoni non varcheranno mai i confini del nostro Paese.

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CARNI "SENZA ANTIBIOTICI”

Altra baggianata immane a cui molti danno retta per farsi spillare quattrini: la carne "senza antibiotici". C'è una confusione assurda sul significato della denominazione "privo di antibiotici”. Facciamo quindi un passo indietro e rammentiamo una cosa per chi forse non la sa. Gli antibiotici, negli allevamenti bovini, sono usati per trattare e prevenire le malattie: e questo accade in tutti i Paesi del mondo, Italia compresa. C'è da dire però che in alcuni di questi Paesi, ad esempio gli Stati Uniti, gli antibiotici vengono usati -in totale legalità- per promuovere la crescita. Il punto focale è: che si tratti di un animale da curare, o di un animale trattato con antibiotici nella fase di accrescimento -e ribadisco che avviene solo nei Paesi in cui è consentito- tutti gli allevamenti devono rispettare rigorosi periodi di sospensione successivi alla fase di somministrazione. Questo per garantire che i residui di medicinali vengano naturalmente smaltiti dall’organismo. Quindi, alla luce di ciò, tutte le carni sono sempre e comunque "prive di antibiotici". Se ho usato un antibiotico su un bovino, ho atteso il tempo necessario e faccio delle analisi, la carne di quello specifico capo trattato sì col farmaco, sarà comunque "privo di antibiotico”. Perché dovreste pagare un'etichetta per qualcosa che è scontato per legge, allora? Sono d'accordo con voi, alcuni allevatori disonesti potrebbero voler adoperare l'antibiotico per agevolare l’accrescimento dell'animale. Resta il fatto che è severamente proibito in Europa allevare o importare carni trattate in questo modo. Vale per le importazioni e vale per gli allevamenti. E in ogni caso, dopo il giusto periodo di smaltimento biologico, le tracce di antibiotico non sarebbero in ogni caso rilevabili. Ora arriviamo al punto che mi interessa: OTTOBRE 2019

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LA CARNE DEL MEGASTORE DA DOVE ARRIVA? Arriva da allevamenti selezionati con maniacalità, mento tutta l'azienda, li isolano, li curano, evitano il dove il livello di pulizia e benessere animale è portato contagio e poi li reinseriscono nel circuito. alla frenesia. Riusciranno mai a comprendere che è impossibile non curare un capo infetto con antibiotico, perché E li scelgo personalmente. si rischia di contagiare tutti capi e mandare a zampe E se trovate carne in giro che non è nel Megastore c'è all’aria l’intero allevamento? un motivo. Soprattutto se costa meno. Io qui ci metto In ogni caso, quelli trattati dalle aziende che scelgo in la faccia, non a caso si chiama GLC Top Selection. prima persona sono una quantità minima, quei boviDomani, anzi oggi, poni vivono nel benessere trei inventarmi un certipiù assoluto. ficato finto, dove m'impegno a garantire che la Quand’è che la gente carne non contiene orprenderà atto che rimoni e antibiotici. sparmiare sulla carne vuol dire mangiare proPosso farlo. Mi basta un dotti di dubbia provebollino farlocco. Voi innienza? vece dovreste commissionare delle analisi sulGLC Top Selection e la carne per dimostrare Megastore vogliono che mi sbaglio. E indodire questo: la carne vinate un po'? Non pomigliore del mondo, dai treste comprovare che migliori allevamenti,“il mio prodotto è “perisenza ormoni”, "senza coloso” perché vi garanantibiotici”. tisco che non avrebbe traccia né di steroidi né La prova dell’onestà, in di antibiotici. fin dei conti, è ciò che fai quando nessuno ti sta guardando. Ma questo perché è proibito dalla legge. Lo capite che potrei inscenare una pantomima per farvi pagare un sovrapprezzo? E invece no, sto qui a spiegarvi come funziona la faccenda e vi dico la verità. Sulla questione antibiotici c'è poco da battagliare. Chi li usa, per qualunque motivo, attende il tempo fisiologico di smaltimento cellulare e poi vi benedice con l’adesivo "senza antibiotici". Vi raddoppia il prezzo e vi truffa. Io invece mi rifornisco da allevamenti che limitano al minimo le infezioni batteriche e, nel caso ci siano, invece di infettare migliaia di capi e mandare in falli8 - BBQ4All MAGAZINE

Gianfranco Lo Cascio


MA DOVE LA TROVO?

La migliore carne dal mondo, selezionata con cura da Gianfranco Lo Cascio tutto questo solo su:

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INDICE OT TO B R E 2 0 1 9 - N U M E RO 1 0 A N N O 1

RUBRICHE

1 2 . N I C E T O M E AT Y O U

THE MEAT HOOK

come si racconta oggi il mestiere del macellaio 20. WINE CLASS

Posso diventare un esperto? è ora di sfatare quelche mito (quasi) eterno

2 2 . I L B B Q P E R P R I N C I PA N T I

grigliata bagnata

cosa fare quando il tempo volta al peggio

SPECIALE

WURSTEL

28. dalla germania con sapore come nasce il salsicciotto più famoso al mondo

32. crauti affumicati 34. la guida al perfetto hot dog carne, salse, ingredienti e il pane giusto

il menù di

AU T U N N O

40. risotto filante con radicchio 44. fungo farcito grigliato 46. involtini spinaci e zola 48. TRI TIP RIPIENO d'autunno 50. aspic con uva e prosecco 52. una zucca, due ricette gnocchi di zucca bruciata, torta rustica zucca, patate e feta

58. VINI ABBINATI 60. BIRRE CONSIGLIATE 62. IL COCKTAIL DEL MESE

APPROFONDIMENTI 64. GUIDA AI DISPOSITIVI

BULLET SMOKER

lo smoker per non sbagliare un colpo

68. THE CHEMICAL GRILLERS

marinature estreme l'ultimo appassionante capitolo

78.

SEGUO

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D I R E T TO R E E D I TO R I A LE

Rossella Neiadin

R E D AT T O R E C A P O

Michela Bongiorni REDAZIONE

Enio Berton, Giovanni Bolzonella Virgilio Brunetti, Michele Chipa, Tommaso Di Gregorio, Salvatore Di Mento, Luca Gallozza, Mariangela Ibba, Gianfranco Lo Cascio, Alessandro Morichetti, Riccardo Meniconi, Emiliano Nencioni, Andrea Spaggiari, Alessandro Trezzi, Carlo Trono, Paolo Tucci REALIZZAZIONE GRAFICA

Carlo Trono S TA M PA

Graphic Master s.r.l. - Perugia magazine@bbq4all.it instagram.com/bbq4allmagazine/ OTTOBRE 2019

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NICE TO MEAT YOU - INTERVISTA a cura di ANDREA SPAGGIARI

la voglia di raccontare a tutti

C O M E S I FA questO M E S T I E R E

La nuova generazione di macellai non nasconde i propri segreti nel retrobottega, tra libri di marketing e attrezzi ultratecnologici. Al contrario, fa di tutto per metterli in bella mostra. In questo caso, nella vetrina della Grande Mela. 12 - BBQ4All MAGAZINE


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Per chi visita New York ci sono alcune mete gastronomiche obbligate, specialmente quando si è dei buongustai, o “foodies” come dicono gli americani: “Katz” per il leggendario pastrami, una steak-house nel meatpacking district per una New-York strip a regola d’arte e almeno un hot-dog dai carrellini che si trovano a ogni angolo delle strade di Manhattan. Più difficilmente ci si ritroverà a visitare una macelleria, anche se in alcuni casi potrebbe valerne la pena. E credeteci, The Meat Hook è una di quelle. Da fuori si direbbe di essere al cospetto del classico negozio di alimentari dalle influenze hipster come tanti altri: articoli quasi esclusivamente bio e a chilometro zero, frutta e verdura disposta con cura, birra artigianale di tutti i tipi e un banco della carne ben fornito. Quindi dov’è la differenza tra The 14 - BBQ4All MAGAZINE

Meat Hook e un “Whole Food” qualsiasi? Tutto sta nella voglia di spiegare alle persone come si fa questo mestiere responsabilmente, e a raccontarlo in tutti i modi possibili. Si parte dalla filiera corta: tre fattorie situate nello stato di New York allevano animali che crescono all’aperto, liberi di pascolare. I bovini sono alimentati ad erba per tutta la durata della loro vita - inclusi gli ultimi mesi che gli esperti definiscono di “finissaggio” - così come i suini, gli ovini e il pollame vengono nutriti con prodotti rigorosamente naturali. Il parametro chiave, sottolineano i proprietari, è proprio la terra, o più precisamente il fatto che venga coltivata con tecniche di agricoltura biodinamica: se siamo quel che mangiamo, tutto parte da lì. Perché questo sia possibile, occorre che tutta

la filiera sia orientata a sostenere processi che sono incompatibili con le economie di scala e l’ottimizzazione finanziaria tipici dei grandissimi allevamenti intensivi. In soldoni, è proprio il caso di dirlo, questo si traduce nel riconoscere agli allevatori un’equa porzione del prezzo finale della carne: circa la metà, dicono Ben e Brent, operazione possibile solo quando non ci sono intermediari e distributori di mezzo. Ma è una volta che il prodotto di qualità è pronto per essere venduto che comincia il bello, perché come è facilmente intuibile la battaglia non si può, e non si deve, giocare sul prezzo. Se cercate le offerte, rassicura Ben, non serve andare lontano: basta letteralmente attraversare la strada e trovare la bottega di un “vecchio” macellaio, capace di proporvi il macinato a 0,99$ e


le fettine a 1,99$. Fate presto però, perché potrebbe non essere ancora lì per molto: i consumatori stanno cambiando più velocemente dei commercianti e la parte più dura del lavoro non si svolge dietro al bancone.

un maiale intero? Basta iscriversi ai corsi organizzati regolarmente e partecipare alle sessioni di macelleria tenute dai membri del team. A proposito, lo sapete che uno dei loro macellai più bravi è donna? Se invece non avete la fortuna di abitare oltreoceano e dovete accontentarvi di Youtube, sarete comunque serviti perché Ben e Brent son diventati delle piccole celebrità grazie alle serie Prime Time sul canale Eater. Nel corso delle puntate si sono divertiti, tra le altre cose, a mostrare curiosità di ogni genere e a compiere i test più assurdi confermandosi veri “meat geeks”, ovvero “smanettoni della carne”. E ovviamente sono degli appassionati griller.

The Meat Hook si definisce un “whole animal butcher”, ovvero compra animali interi e si pone come obiettivo quello di valorizzare al massimo ogni singolo taglio, filosofia che richiede capacità e inventiva. Le preparazioni si fanno in un laboratorio a vista non solo per fare scena ma soprattutto per mostrare che in una mezzena non esistono solo costate e diaframmi sì, la skirt steak è uno dei pezzi più richiesti negli states - e invogliare i clienti a essere curiosi e scoprire Se questo non bastasse per farvi tagli diversi dai soliti. capire quanto i ragazzi di The Meat Hook siano diversi dal macellaio di La divulgazione non finisce qui: quartiere che non ha ancora capito curiosi di sapere come si seziona come tagliarvi un brisket, chiedia-

mo a Ben Turley di raccontarci un po’ più nel dettaglio la loro attività e la loro visione del mestiere. D: Parliamo subito di affari. The Meat Hook è tante cose insieme, ma prima di tutto è una macelleria. Voi, definendo la vostra missione aziendale, mettete molta enfasi sulla carne di qualità e la sostenibilità finanziaria per gli agricoltori. Sono argomenti che i clienti capiscono e sui quali si interrogano? R: Dobbiamo far subito un distinguo. Molte persone sono solo interessate ad acquistare carne della massima qualità possibile; altri clienti, e sono un numero sempre crescente pur essendo ancora la minoranza, sono interessati anche al rispetto di un equo trattamento finanziario dei nostri agricoltori. Questi consumatori, almeno all’inizio, sono spesso scettici e mettono in discussione, come è logico,

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questa operazione una priorità, arriverà un momento in cui non avrai più nessuno che entra in negozio. È davvero tutto qui.

le nostre affermazioni. Faticano a credere che gli animali siano grassfed e grass-finished (grass-finished è un capo che ha mangiato sempre e solo erba, mentre il capo grass-fed nel corso della sua vita ha mangiato anche insilati. NdR) e ci chiedono come possiamo essere sicuri che gli animali siano felici nel corso della loro esistenza. Lasciatemelo dire, questi sono i clienti che preferisco: quelli che non credono a tutto quello che leggono e che vogliono valutare la nostra bravura sulla base di prove concrete. È con loro che è un piacere tirar fuori il mio telefono e mostrare le foto di quando visitiamo le fattorie e vediamo gli animali pascolare. Vedete, chi viene “solo” per la qualità dà in qualche modo per scontato che

facciamo le cose per bene, ma non fa molte domande; chi invece davvero tiene all’aspetto etico si informa e rispetta molto il fatto che ci prendiamo cura degli agricoltori. D: Vi abbiamo definito “la nuova generazione di macellai”. In cosa siete differenti da quelli vecchio stile? R: Noi siamo prima di tutto una macelleria, e non ci sottraiamo al confronto diretto visto che letteralmente dall’altro lato della strada c’è uno di quei negozi che si possono definire “vecchio stile” e che basa il suo business sul proporre prezzi scontati ogni giorno. Noi siamo diversi. Per noi tutto ruota intorno al prendersi cura dei clienti. Se hai un’attività e non rendi

D: Non solo spiegate in dettaglio come funziona la vostra filiera, ma organizzate addirittura corsi di macelleria. È corretto dire che educare i vostri clienti è una parte molto importante della vostra “value proposition”(proposta di valore n.d.r.) ? È questa la chiave per differenziarvi dalla massa? R: L’esempio delle classi è davvero centrato. Parlare con i consumatori è importante, ma pensiamo che il modo migliore per interagire con loro sia mostrare come facciamo le cose e stimolarli tramite l’apprendimento. In queste sessioni prendiamo per esempio un mezzo maiale, oppure un grosso pezzo di manzo, mostriamo come bisogna lavorarlo, parliamo della sua provenienza e delle sue caratteristiche. Non ci limitiamo a dire che è buono, spieghiamo soprattutto il perché. E molto spesso cuciniamo e facciamo degustare la carne con cui abbiamo lavorato. Puoi parlare finché vuoi, ma quando fai provare il risultato cambia tutto. È importante educare le persone a non limitarsi solo ad ascoltare, bensì ad affidarsi ai propri sensi: vista, odorato, gusto, persino l’udito deve essere coinvolto. Durante queste sessioni ci vengono poste tantissime domande e cerchiamo davvero di rispondere a tutti, e se non sappiamo la risposta, beh, lo ammettiamo e ci riproponiamo di approfondire. È anche per noi un’occasione per continuare ad imparare! D: Nella serie Prime Time su Youtube avete dimostrato di essere dei veri e propri “smanettoni” della carne. Qual è la scoperta

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trare persone che abbiano questo tipo di dedizione nel lavoro che fanno e che spendano così tanto tempo nell’affinare tecniche volte a ottenere risultati straordinari. Quando ci sono queste eccellenze, merita davvero uscire e andare a provare il risultato del loro lavoro, fosse anche solo per imparare a guardare le cose con un’altra prospettiva. Sperimentate e studiate, ne vale la pena.

più interessante che avete fatto? R: La sorpresa più grande, per me, è stata quando abbiamo girato l’episodio sul tema degli spiedini Yakitori con lo chef Atsushi Kono. In quell’occasione ci ha preparato 13 diversi tipi di spiedini di pollo, lavorando ogni zona anatomica del volatile in un modo diverso. Avrò mangiato, senza esagerare, quella stessa razza di pollo almeno duecento volte in vita mia, ma il modo in cui lo ha preparato e cotto lo ha reso il migliore mai provato. È stato davvero una rivelazione: stessa materia prima, stesso dispositivo di cottura, ma la tecnica di preparazione ha restituito un risultato

mai provato. L’insegnamento è che non si finisce davvero mai di imparare. Non esiste IL modo migliore di preparare una pietanza: c’è sempre almeno un modo alternativo che merita di essere capito e imparato. D: Nel corso della serie avete incontrato personaggi della ristorazione newyorkese più o meno famosi, e a volte decisamente insoliti. Il filo conduttore è stata spesso la sperimentazione e i risultati che porta. È davvero così importante confrontarsi sull’innovazione nel vostro mestiere? R: Sì, ed è davvero difficile incon-

D: Tra le altre cose siete degli esperti griller, quindi vorremmo avere un vostro parere. Nella nostra community è sempre più evidente la spaccatura tra chi fa uso massiccio di tecniche e attrezzature da cucina e i puristi del solo carbone e kettle. Chi ha ragione? R: Io sono un purista, per cuocere uso solo sale e calore. Vi spiego perché: il mio mestiere è lavorare a stretto contatto con gli allevatori e voglio sbarazzarmi di tutte quelle variabili che potrebbero “alterare” la percezione del lavoro che hanno fatto sugli animali. Voglio valutare senza filtri il risultato di un processo così lungo, sicché persino quando cucino a casa – che sia una

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bistecca o un qualsiasi altro taglio - uso solo sale e fuoco. Non uso altri condimenti né tantomeno salse perché voglio sentire in purezza il sapore della carne e dare ai miei clienti la valutazione più attendibile relativamente al prodotto che stanno acquistando. Detto questo, apprezzo tutte le prodezze rese possibili dalla tecnologia, solo non sono per me. E beninteso, se il loro utilizzo soddisfa chi sta cucinando, mi sta più che bene. Io ho maturato l’idea che si possa passare una vita intera a imparare come cuocere la carne usando solo il sale e il calore: possono volerci anni per imparare a usare correttamente il forno, per sperimentare diversi tipi di carbone e di legna… Per quanto mi riguarda, ho deciso di concentrarmi sulle basi. D: Parliamo di dry-aging, processo che sta guadagnando enormemente in popolarità in Europa negli ultimi anni. È davvero la formula magica per ottenere il massimo da un taglio bovino o ci sono altri aspetti da tenere in considerazione? R: Credo che questo processo possa fare la differenza per alcuni tagli, mentre per altri non sia necessario. E come sempre accade, il rischio viene dall’abuso. Molti tagli come il Merlot o la Chuckeye steak rendono meglio quando la materia prima non è stata sottoposta al dry-aging, sono spesso ottimi cosi. Spostandosi verso la parte centrale dell’animale credo si possano ottenere buoni risultati facendo maturare le ribs e le costate, ma non mi piace comunque spingermi oltre le 4/6 settimane. A partire dalle quattro settimane si comincia a percepire l’alterazione della texture ad opera degli aminoacidi, la disidratazione comincia ad essere significativa e la conse18 - BBQ4All MAGAZINE

più virtuose? R: Il parametro più importante è l’agricoltura rigenerativa, un aspetto che è difficile da trovare e che, da consumatori, dovremmo decisamente richiedere molto più spesso. Il principio alla base è di considerare la salute del suolo la priorità assoluta, cosicché il sottoprodotto – gli animali che vi vengono allevati – possa uscire della miglior qualità possibile. Si tratta di spostare il focus: l’obiettivo principale non è di “produrre” più animali possibili, ma di fare in modo che la terra possa massimizzare l’assorbimento del carbonio organico (invertendo quindi la tendenza dell’accumulo in atmosfera sotto forma di CO2) che verrà restituito sotto forma di nutrienti alle coltivazioni. La gestione del bestiame gioca un ruolo fondamentale nella ricerca di questo delicato equilibrio: è fondamentale, come già detto, che l’agricoltore non abbia come fine ultimo di massimizzare la produzione di carne bensì la ricchezza e longevità del terreno. È importante che i consumatori agiscano quindi coerentemente: senza un’adeguata richiesta del mercato è difficile che un agricoltore scelga spontaneamente di andare verso l’agricoltura rigenerativa, dai rendimenti più bassi e di conseguenza meno redditizia. Arrivare a questo risultato richiede il tempo di educare e rendere consapevoli sempre più consumatori, ma intanto un buon punto di partenza è privilegiare gli animali alimentati D: Etica e sostenibilità sono va- a foraggio (grass-fed e grass-finilori importanti in ogni attività, shed). E se trovate un macellaio ma sembrano essere più impor- che vi propone animali allevati in tanti che mai nei mestieri legati questo modo, chiedetegli di moal cibo e al consumo di carne in strarvi le foto di esemplari lasciati particolare. Da consumatori at- liberi al pascolo: se è fiero di queltenti quali cerchiamo di essere, a lo che vende, sarà ben contento di quali parametri dobbiamo guar- rispondere a questa e tutte le altre dare per identificare le aziende domande che potrete avere. guenza è una concentrazione del sapore - gli americani amano dire che l’aroma diventa più “beefy” (letteralmente “manzoso”) - senza però l’effetto collaterale della presenza di sentori estranei che si manifestano quando ci si spinge su maturazioni più estreme. Quindi cuocendo la bistecca in purezza, se la carne ha subito quattro settimane di maturazione a secco, sentiremo ancora esattamente il sapore originale, solo un po’ più concentrato. Se invece cucinassimo una bistecca maturata per il doppio del tempo percepiremmo distintamente aromi più particolari, tipici del processo stesso, cosa che io personalmente cerco di evitare anche se, ovviamente, molto dipende dai gusti individuali. Va considerato inoltre che alcune razze non richiedono assolutamente la maturazione mentre per altre – specialmente se alimentate a cereali – questo processo può fare la differenza. Personalmente ritengo che il dry-aging sia l’ultimo di una lunga serie di fattori da tenere in considerazione nella ricerca della bistecca perfetta: vengono prima la zona dove è cresciuto l’esemplare, l’alimentazione, la razza, l’età. Quando abbiamo scoperto la combinazione di parametri che meglio corrisponde ai nostri gusti, possiamo provare il dry-aging e decidere se conferisce, oppure no, qualcosa in più alla nostra bistecca preferita. Ma il processo da solo non garantisce il risultato cercato.


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WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI

Posso diventare un

esperto di Vino

LEGGENDO UNA RUBRIC A ? è ora di sfatare qualche mito (quasi) eterno Caro lettore del Magazine, è ora di svelarti un piccolo segreto. Wine Class nasce con un intento molto audace: instillare una (più o meno) sana e (molto) consapevole libidine alcolica in te che stai leggendo animato dal sacro fuoco delle braci. Hai tra le mani queste pagine perché con BBQ4All trovi l’approfondimento che mancava sulla carne cotta come si deve e questo rimarrà sempre il cuore della trattazione.

nozioni necessarie per scegliere al meglio in tutte le occasioni, apprezzare consapevolmente, spendere il giusto e non farsi abbindolare da chi smarchetta vini in ogni dove.

Questo significa che anche tu vuoi diventare a tutti i costi un esperto di vino? Non necessariamente. E per fortuna, aggiungerei, perché gli espertoni non sono poi così divertenti. Prima di approfondire l’argomenFin da subito, però, ci siamo resi conto che saper to, però (non temere, il prossimo mese avremo già le maneggiare carnazze e fiamme è bene ma allietare i idee più chiare sulla tecnica della degustazione con tempi di cottura e i morsi di ciccia con vini e birre che alcune nozioni assolutamente fondamentali), sarà fanno ululare di piacere è meglio. Basta bottiglie pe- il caso di chiarire un attimo i termini della questione scate a caso e tracannate distrattamente. Basta acqui- per un motivo molto semplice. sti dell’ultima ora e senza criterio al supermercato. Il fine è nobile e l’imperativo categorico: dotarsi delle Frequento gli enostrippati da un tempo sufficiente 20 - BBQ4All MAGAZINE


per dire che chi si atteggia ad esperto di vino è troppo spesso una persona insicura, confusa, a volte pedante, noiosa e boriosa quando non proprio insopportabile. Sto ancora cercando di capire perché la cosa sia così frequente ma non sono ancora arrivato a una conclusione. Ci sono tante belle eccezioni ma le considero tali perché, quando si parla di bottiglie, annate, zone, etichette e aziende, impera sovrano il celolunghismo, cioè quell’insopprimibile desiderio di saperne più degli altri, sfoggiando una conoscenza che magari, in quel momento, non interessa a nessuno. Conosco pochi, veri, grandi esperti - gente che ha assaggiato il meglio del meglio, magari assistita da una memoria di ferro – e per fortuna sanno godersi la saggezza con un bicchiere davanti senza dover annoiare gli altri, anzi magari aiutandoli a capire un vino, inclusivi e non

esclusivi. Dote rara! Gente che beve per godere e non gode nel bere solo per tediare gli altri. Definiamo allora il raggio d’azione. Chi è dunque l’esperto di vino? Anzitutto, sgombriamo un po’ il campo da tanti luoghi comuni dicendo cosa non è. Circolano troppi falsi miti sul tema, credenze fallaci quando non vere e proprie leggende. Anzitutto, l’esperto di vino non è un individuo dotato di superpoteri gusto-olfattivi, fiuto da segugio e palato da mezzofondista dell’analisi sensoriale. Degustatori non si nasce ma si diventa: un naso e una bocca funzionanti, studio meticoloso e tanto allenamento sono quel che serve per approfondire la materia. I profumi li sentiamo tutti, poi magari non li riconosciamo ma quello è un altro discorso e lo sappiamo bene. Ovvio, come in tutte le cose, se a quattro OTTOBRE 2019

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anni ti mettono una racchetta in mano o un pallone tra i piedi ci saranno più probabilità che diventi un campione sportivo invece che un musicista e lo stesso vale col vino. Secondariamente, l’esperto di vini non è quello che dimostra di conoscere tutte le annate di tutte le etichette di tutte le denominazioni di tutto il mondo: l’esperienza conta, è ovvio, ma non basta di per sé anzi talvolta può fare strani scherzi. Non ci credete? È proprio così. L’iperspecializzazione, cioè approfondire verticalmente una zona o una tipologia, talvolta porta con sé una perdita dello sguardo d’insieme. Essere esperti di Barolo aiuta poco a capire i Lambruschi; alcuni grandi conoscitori di Champagne vanno nel pallone coi vini senza bolle così come conoscere a menadito tutti i grand cru di Chablis è poco utile per distinguere il Primitivo di Gioia del Colle dal Primitivo di Manduria (impresa titanica anche per Goldrake). Intendiamoci, la tecnica d’assaggio è la stessa ma le sensibilità specifiche sono diverse. Essere esperto di musica classica è relativamente utile per apprezzare i Sepultura e un diploma di canto aiuta relativamente per apprezzare fino in fondo un assolo di Stevie Ray Vaughan: avere in mente un canone (tipo: vino rosso tannico importante da lungo invecchiamento) rende ostico l’approccio ad un genere differente (tipo: vino rosso leggero frizzante sbarazzino da consumare giovane). C’è del bello in entrambi ma in maniere diverse quindi avanti tutta e mente aperta!

Luca Gardini è un talento purissimo della degustazione

chissenefrega. Si vive benissimo e si gode come ricci anche senza migliaia di bottiglie stivate. L’accumulazione seriale di etichette è un grande classico ma devo farvi una confessione: a me le cantine strapiene di bottiglie mettono solo ansia. Godo a vedere certe etichette e vorrei subito stapparle ma mi fanno una Altro nodo: non avete una cantina fornitissima? Ma- specie di “effetto piscina”: bellissima purché a casa d’altri. Ho amici che comprano una quantità doppia o tripla rispetto alle bottiglie che riescono a bere: beati i figli, io preferisco avere poco e bere tutto.

Maurizio Paparello, sommelier da Roscioli a Roma e uno dei più grandi esperti di vino in Italia

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C’è poi un ultimo misunderstanding riguardo gli esperti di vino: il riconoscimento delle bottiglie alla cieca. Pratica eccitante e sopravvalutata: ti versano un vino senza dire cosa è e tu lo indovini diventando l’eroe del tavolo: magari centrando denominazione, produttore e anche l’annata, en plein. Il re indiscusso della categoria – con veri numeri da circo – si chiama Luca Gardini ed è un ex campione del mondo dei sommelier, comunicatore e di-


vulgatore. La sua capacità di capire la bottiglia partendo dal bicchiere in condizioni di assaggio precarie, è ormai leggendaria nell’ambiente. L’abilità nel riconoscere vitigni, zone e annate è anche una delle attitudini più allenate dai Master of Wine (riconoscimento conferito da un Istituto inglese senza pari in termini di autorevolezza: i MW sono poche centinaia in tutto il mondo e tra loro non ci sono italiani) ed è un gran talento figlio di allenamento e intuito ma attenzione: riconoscere un vino non significa capirlo. Vi ricordate Sarabanda, il programma televisivo dove i concorrenti dovevano indovinare il titolo della canzone ascoltandone solo un brevissimo frammento? Ecco, spesso chi ricoHugh Johnson, il wine writer più influente del XX secolo nosce un vino ha quel genere di intuizione mnemonica fulminante… ma non sempre sa dirti se il vino è valido o no! Giudi- definizione più rispettabile ha qualche anno sulle care ha a che fare con l’interpretazione e non col mero spalle ed è senza dubbio quella di André Simon, gourriconoscimento ma ci torneremo con calma. met mitologico, commerciante di vini e prolifico autore francese morto nel 1970 a quasi cento anni. Così La buona notizia è che siamo finalmente arrivati al disse Simon e non fatevi fregare dall’apparente semnocciolo della questione. Chi è l’esperto di vino? La plicità: “[L’esperto di vino è] Uno che sa distinguere i vini buoni da quelli cattivi, e sa apprezzare i diversi meriti dei diversi vini”. Sbambam! La chiosa di Hugh Johnson – nientedimeno che il più enciclopedico wine writer di tutto il XX secolo – è perentoria: “Molti che hanno detto di più hanno parlato troppo”.

Daniele Cernilli, decano dei degustatori di vino in Italia

Calma, niente panico! Adesso scomponiamo insieme la definizione per capirne ogni sfumatura. Primo elemento: l’esperto è un bevitore che ha maturato una propria estetica del vino. Possiede un proprio gusto e gli strumenti per analizzare criticamente una bottiglia. Esempio pratico accaduto di recente: mi versano un vino bianco grasso, opulento, appesantito in fase di vinificazione e per nulla feOTTOBRE 2019

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Tre aspiranti Master Sommelier nel film Somm di Jason Wise

dele alla zona fredda da cui proviene. Magari premiatissimo, guarda un po’. Ebbene, lo trovo anacronistico e faticoso, poco invitante e molto dimostrativo: sicuramente non uno dei modelli di riferimento per quella denominazione, che in qualche modo tradisce. Alcuni degustatori erano in disaccordo ma il problema non si pone. Avere un proprio taglio critico è questa cosa qui, né più né meno: portare avanti una visione e saperla argomentare. Il secondo elemento individuato da Simon poi, non meno rilevante, ha più a che fare con la pragmatica. Non tutti i vini vanno bene in tutte le occasioni. Alcuni vini non vanno bene mai ma il mondo è grande e c’è posto per tutti. Altri, una piccola percentuale del vino prodotto nel mondo (nel 2018 sono stati prodotti circa 280 milioni di ettolitri, in Italia sui 48 milioni, poi Francia a 46 e Spagna a 40) hanno talenti diversi, vocazioni diverse. Ripeto: le etichette di cui parliamo e parleremo qui coprono un volume risicatissimo rispetto alla produzione mondiale complessiva, sono quasi trasparenti al cospetto di quantitativi di vino sfuso, brick, bag-in-box e lattine (esatto, esiste anche il vino in lattina e in America è un trend potente: nel 2018 volumi per 50 milioni di $) reperibili ai quattro angoli del pianeta.

regalare né alle serate in cui fare bella figura. La loro vocazione quotidiana, easy, cheap, li rende perfetti con quasi qualsiasi pietanza per 300 giorni l’anno ma se andate da amici meglio bollicine più sofisticate: lo stesso vino, quindi, può essere perfetto in una situazione e totalmente inadeguato nell’altra. Un Amarone della Valpolicella è fortemente sconsigliato per una cenetta veloce da pomodoro e mozzarella ma immaginatelo con un piatto finale di formaggi stagionati e sentite che musica celestiale. Adesso però ripetiamo insieme: “Uno che sa distinguere i vini buoni da quelli cattivi, e sa apprezzare i diversi meriti dei diversi vini”. Questa definizione è pazzesca, l’ho imparata a memoria perché torna utile molto più frequentemente di quanto non immaginiate. Ho conosciuto decine di sommelier diplomati che non hanno mai sviluppato un proprio gusto e ripetono come una cantilena cose dette o scritte da altri. Zero personalità, zero autonomia, sono automi e non lo sanno. Gli stessi che snobbano alcune tipologie di vino, più semplici, e si riempiono la bocca con megaetichette che non hanno mai bevuto: poveri loro, non sanno cosa si perdono e di certo non hanno mai letto Gaetano Salvemini: "La cultura è ciò che resta dopo aver dimenticato tutto ciò che si è studiato". Per il vino calza a pennello. Una grandissima verità!

I miei adoratissimi frizzanti emiliani rifermentati in bottiglia oltre ad essere in minoranza anche nel- Attenzione però. Chi dedica la propria vita a scandala terra d’elezione non vanno bene come oggetto da gliare l’enosfera palmo a palmo merita rispetto perché 24 - BBQ4All MAGAZINE


l’impresa è titanica, monumentale. Non è un caso che in questo momento, nel mondo, ci siano soltanto 249 (!!!) Master Sommelier in ben 40 anni di storia: percorso di studi assolutamente massacrante, un approfondimento vertiginoso. Cercate il docufilm Somm di Jason Wise – bellissimo - e vi renderete appena conto del livello allucinante. In questa rubrica troverete poche regole ferree e tante eccezioni, a partire dalle fondamenta. Abbiamo iniziato parlando di calici da degustazione, strumenti eccezionali che ottimizzano l’assaggio, e l’immagine del sommelier che rotea il bicchiere prima di infilarci il naso è ormai patrimonio comune. Ma noi siamo pronti a tutto e non ci stupiremo se un giorno dovessimo incontrare al bancone Fabrizio Pagliardi, un noto oste romano nonché mio punto di riferimento imprescindibile su qualsiasi bottiglia di Champagne, dalle grandi maison ai piccoli récoltant. Ecco infatti una sua celebre presa di posizione: “Quando bevo per piacere ho il vezzo volontario di impugnare il bicchiere non utilizzando lo stelo ma prendendolo per il vaso. Il motivo è polemico, e più la gente con cui sto a tavola tiene a queste cazzate inutili più lo faccio. Il vino è cultura del vino non cultura di

queste inutili formalità. La cultura del vino è un'altra cosa e se pensi che come impugnare un bicchiere sia importante e criticabile evidentemente non ti appartiene.” Ecco caro lettore di Wine Class, mi dispiace perché questa rubrica non ti aiuterà mai ad essere l’ennesimo solone tronfio e pieno di sé che straparla per fare bella figura risultando insopportabile a tutti, ostentando una conoscenza che magari non possiede. Al contrario, farà qualcosa di molto meglio: ti renderà curioso e vorace come una scimmia di fronte a qualsiasi bottiglia di qualsiasi provenienza, senza preconcetti né manicheismo di sorta. Quel che stiamo già facendo e faremo con sempre maggior intensità su queste pagine va esattamente nella direzione indicata da Pagliardi: cultura del vino sana, accessibile a tutti, tante domande e qualche risposta, un’infinità di bicchieri versati o solo raccontati, insomma la bellezza della conoscenza senza inutili formalismi. Adesso però basta altrimenti bruciate la carne, alla prossima puntata!

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PER INIZIARE - IL BBQ PER I PRINCIPANTI - RUBRICA a cura di MICHELE CHIPA

G R I G L I ATA

BA G N ATA

...grigliata fortunata?

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Via, si parte! Braci accese, proteine animali in marinatura, verdure tagliate, salse pronte, commensali in arrivo. Tutto lascia presagire ad una bella giornata a base di fuoco, fumo e risate. Ma, come tutti noi sappiamo, l’imprevisto è dietro l’angolo. Le previsioni meteo indicavano cielo velato a partire dal primo pomeriggio ma in lontananza si vedono avvicinarsi delle nubi minacciose che ricordano molto da vicino l’uragano Dorian. Nuvoloni neri sempre più neri: grigliata irrimediabilmente rovinata? La risposta è: forse no. Se è solo pioggia quella in arrivo, con i giusti accorgimenti potrete salvarla; è ovvio che in caso di fulmini e vento sarà obbligatorio trovare un riparo. Mi raccomando, però, non sotto ad un albero! Premesso che i commensali andranno messi in salvo dalle intemperie, onde evitare sommosse e ribellioni, la prima cosa che potreste fare è assoldare il più fortunato o il più temerario di loro - c’è sempre l’amico tuttofare super entusiasta che saranno mai due gocce?che vi possa riparare con un ombrello durante le operazioni di cottura. Se la pioggia non è molta, le braci non dovrebbero subire grossi danni. Se il commensale non fosse disponibile o non volesse aiutarvi, d’altronde è venuto per mangiare mica per lavorare o ancor peggio bagnarsi (ricordatevelo al prossimo invito), allora dovrete aguzzare l’ingegno: prendete uno scaletto o un qualsiasi altro appoggio autoportante, incastrateci un ombrello, fissatelo con nastro isolante o nastro adesivo e mettetelo accanto alla griglia; oppure prendete un ombrellone da mare possibilmente impermeabile, fatelo passare dentro il collo della maglia dietro la nuca ed incastrate l’estremità del bastone alla tasca posteriore dei vostri pantaloncini. In stile cappellino giapponese parasole ma di dimensioni più importanti. Ok, ho scherzato, ma l’idea di usare un ombrellone da giardino può essere valida. La terza soluzione è quella di spostate la griglia sotto ad una tettoia: fra le tre, probabilmente è la più facile da effettuare, ma dovrete avere una griglia facilmente

trasportabile e, soprattutto, una tettoia. Se non avete a disposizione un ombrello, un ombrellone o la tettoia, allora le cose si complicano in maniera esponenziale. Dovrete grigliare esposti alle intemperie pensando prima agli alimenti e solo dopo alla vostra salute. Il vero griller non si ammala, o almeno si ammala solo dopo aver finito di grigliare. Se pensate che stia scherzando, vi dico che mi è capitato di dover grigliare alle intemperie e di dover perfino portare su un vassoio le portate riparate da un ombrello, passando da un sentierino in salita che per l’occasione si era trasformato in un fiume di acqua e fango. Cosa mi ha salvato? Stivali di gomma e impermeabile, tutto a 9,90 euro di una nota marca di abbigliamento sportivo. Non mi sono neanche ammalato, a dirla tutta. E se arriva davvero la bufera? Ci saranno quei quarti d’ora in cui scomoderete qualche santo dal paradiso, specie se avrete davanti a voi la faccia divertita dell’amico scettico con l’espressione e anche stavolta le tue famose ribs ce le fai assaggiare la prossima, i figli scocciati, le suocere che scuotono la testa come se fosse colpa vostra (d’altronde è sempre colpa vostra). Penserete a soluzioni bizzarre e in qualche caso forse anche perseguibili dalla Legge. Non potrete fare altro, a un certo punto, che rassegnarvi: se fuori imperversa la bufera c’è un alto rischio che la vostra griglia diventi un perfetto parafulmine, quindi eviterei di grigliare all’aperto in tali condizioni. Non vi resterà dunque che un’unica soluzione: spegnere le braci, riporre tutta l’attrezzatura, mettere gli alimenti al fresco, caricare il bagagliaio della macchina e lasciarla in sosta nel parcheggio del ristorante! OTTOBRE 2019

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SPECIALE HOT DOG - APPROFONDIMENTO a cura di MARIANGELA IBBA

da l l a g e r m a n i a

CON SAPORE

come nasce il salsicciotto

p i ù fam o s o al m o n d o

il

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Wü r s t e l


Al grido di “O’zapft is” (è stappata!), il 21 Settembre avrà inizio a Monaco di Baviera la più grande fiera del mondo: l’Oktoberfest. Nelle tre settimane in cui si svolge (le ultime due di Settembre e la prima di Ottobre), i suoi visitatori vengono completamente avvolti da una briosa atmosfera di festa data dal grande Luna Park, la musica, la birra e il buon cibo, nell’immenso parco pubblico di Theresienwiese. Questa fiera, che arriva ad attirare circa sette milioni di turisti in un’area di quasi 42 ettari, nacque nel 1810 come una semplice corsa di cavalli, organizzata dal banchiere trentino Michele d’Armi, per celebrare il matrimonio del 2 Ottobre tra il principe ereditario Ludovico di Baviera e Teresa di Sassonia (a cui è dedicato lo spazio dove tutt’oggi si svolge la festa). L’evento riscosse un tale successo, tra tutti quelli creati per omaggiare la coppia reale, tanto da decidere di allestirlo anche l’anno successivo. Con il passare del tempo la sua popolarità crebbe a dismisura, perché i suoi organizzatori non si limitarono alla banale ripetizione della manifestazione equestre ma, per attirare sempre più pubblico, ad ogni edizione aggiungevano nuove attrazioni: le piste da bowling, la lotteria; nel 1818 venne installata anche la prima giostra. Tutto questo grande movimento finì per solleticare l’attenzione della dirigenza comunale, che nel 1819 lo regolamentò trasformandolo nella fiera ufficiale della città di Monaco di Baviera. Da quel momento la festa conobbe una crescita esponenziale, le uniche battute di arresto furono dovute ad avvenimenti bellici che coinvolsero la Germania e a due gravi epidemie di colera (1854/1873). A darle un volto molto simile a quello conosciuto oggi, fu l’ introduzione della corrente elettrica, agli inizi del ‘900; infatti, grazie alla luce, il divertimento si prolungò anche nelle ore notturne, facendo crescere di conseguenza il numero degli stand che offrivano specialità gastronomiche, birra, musica e anche le attrazioni del Luna Park. Dopo aver detto tutto ciò, definire l’Oktoberfest la festa della birra (la cui vendita fu concessa solo nel 1880, molto tempo dopo il suo esordio) può risultare limitante, perché non è solo questo. Certamente nelle edizioni moderne la birra ha un gran peso, la cerimonia d’apertura consiste nella spillatura del primo barile ad opera del sindaco, ma partecipare all’Oktoberfest significa soprattutto full immersion negli usi e OTTOBRE 2019

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costumi bavaresi, attraverso i piatti tradzionali, i balli folcloristici, le musiche popolari, mentre si addenta uno squisito Bratwurst con i crauti accompagnato da birra ghiacciata. Il bratwurst è una salsiccia di carne tritata (brat) e mescolata (wurst), noto in tutto il mondo sotto il nome più comune di würstel. Questa preparazione, nata dalla necessità di ideare un nuovo metodo di conservazione della carne del maiale dopo la macellazione, affonda le sue radici nel Basso Medioevo. I primi salsicciotti fecero la loro comparsa sulle tavole di Norimberga nel 1313. Ad attestare l’antichità della preparazione esiste un documento del 1432 redatto a Weimar, dove si imponeva che gli insaccati fossero realizzati solo con carne pura priva di scarti, pena una pesante multa pecuniaria.

di affumicatura, a cui sono sottoposti dopo il processo di insaccatura, a donare loro un carattere intenso e deciso. La conquista deI salsicciotto tedesco non si limitò alla sola Europa, ma nel XVIII secolo ha solcato l’oceano conquistando anche i futuri Stati Uniti, determinando la nascita dello street-food più conosciuto al mondo: l’HotDog. Tutto partì dallo stato del Winsconsin dove si stabilirono i primi immigrati tedeschi portando con sé le proprie tradizioni, tra cui la deliziosa salsiccia che iniziarono a commercializzare.

Nel corso dei secoli, questa autentica prelibatezza si diffuse nel resto del paese e nelle aree che ne subirono la dominazione o l’influenza, (la Svizzera, il Trentino Alto- Adige e l’Austria), dando origine a varie ricette realizzate non solo con la carne di suino, ma anche con quella di vitello e di pollo. Ma la vera differenza tra l’una e l’altra è data soprattutto dalla grana della Inizialmente veniva venmacinatura della materia prima e dalle percentuali di duta senza il classico panispezie utilizzate per insaporire. Basti pensare che del no di forma allungata, cauclassico bratwurst esistono tre versioni, quella di No- sando scottature alle dita rimberga fatta con carne di maiale tritata grossolana- dei clienti, perché veniva mente e condita con un mix di sale, pepe, maggiorana, servita bollente direttazenzero, cardamomo e uno tocco di limone; quella mente dalla piastra su un di Coburgo che, oltre ad aggiungere una piccola per- foglio di carta. La soluziocentuale di vitello all’impasto, dà sapore al tutto con ne fu trovata in Missouri sale, pepe, noce moscata e scorza di limone; e l’ultima dalla signora Anton Feutipica della zona di Kulmbach realizzata con vitello e chwanger, dedita a questo una piccola quantità di maiale, il cui gusto viene esal- commercio, che racchiuse tato da sale, pepe bianco, cumino, aglio, maggiorana e la salsiccia nel pane, incrementando anche gli affascorza di limone. ri del fratello panettiere. Sicuramente l’aggiunta del panino permetteva di mangiarla più agevolmente e di Le varianti di questo insaccato non finiscono certo accompagnarla anche con diverse salse. qui, abbiamo i Weisswurst, di un bel colore bianco, che sono preparati con carne di maiale aromatizzata Le origini del nome sono incerte ed esistono diverse con prezzemolo, limone, cipolla, cardamomo e zen- leggende. Tuttavia, a consacrarlo agli inizi del ‘900 fu zero; abbiamo i Lange Rote, che sono dei bei salsic- la famosa vignetta di Tad Dorgan, che disegnò un basciotti rossi di circa 35 cm realizzati con carne di maiale sotto allungato dentro un panino con la testa e la coda e conditi con spezie varie; infine i Meraner tipici della di fuori. Un’ironia che fu capita da pochissimi, tanto città di Merano, che sono composti da carne di suino che in molti iniziarono a credere che fosse veramene di manzo (in minor quantità) macinata a grana gros- te fatto con carne di cane, costringendo la camera di sa. Il loro irresistibile gusto è dato dalla presenza tra commercio a vietarne il nome; senza molta fortuna, i suoi ingredienti del lardo e da una piccola quota di però, visto che ad oggi continuiamo a chiamarlo così. cotenna di maiale. Tuttavia, è soprattutto il processo Ovviamente la diffusione su larga scala e il conseguen30 - BBQ4All MAGAZINE


te basso costo del prodotto hanno portato in molti casi all’abbassamento della qualità con l’utilizzo non solo di carne scadente ma anche l’aggiunta di nitriti e additivi per migliorarne il gusto. Quindi il mio consiglio è quello di acquistare sempre würstel di categoria superiore, reperibili ormai abbastanza facilmente.

Dopo la storia della nascita di questo delizioso e anche un po’ bistrattato salsicciotto, godetevi la ricetta passo passo per prepararvi l’Hot Dog perfetto, a partire dal pane, fino alla farcitura. E non dimenticatevi dei crauti, che non possono mai mancare. OTTOBRE 2019

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C R A U T I A F F U M I C AT I cavoli a merenda? perché no!

Crauti. Parliamone. Dalla definizione sul vocabolario Treccani leggiamo: prodotto alimentare, ottenuto dalle foglie del cavolo cappuccio, tagliate a listerelle sottili, disposte a strati in fusti di legno, con sale, pepe e aromi, e lasciate fermentare; si mangiano generalmente bolliti, come contorno a carne, specificatamente di maiale, a salsicce e ad altri salumi. Sono detti anche cavoli acidi, e nella Venezia Giulia, dove sono più in uso, cappucci acidi (dialettalmente, capuzi garbi).

Pare sia stato importato dai Mongoli in Europa, durante l’Alto Medioevo. Da lì poi, in Germania soprattutto, ma anche in tutte le nazioni confinanti, sono nate pietanze attorno a questo ingrediente. Ad esempio in Francia. Nel 1870, in seguito alla vittoria della Germania, l’Alsazia e la Lorena tornarono tedesche dopo qualche centinaio d’anni sotto la corona francese. Tuttavia dopo qualche tempo in molti non amarono vivere sotto il Kaiser e decisero di emigrare in Francia, aprendo birrerie dove si servivano piatti tipici della cucina Su una cosa possiamo essere d'ac- alsaziana. cordo: se l’Italia è sinonimo di pizza e mandolino, la Germania è Da lì i crauti sono entrati a far parsinonimo di würstel e crauti, basti te della tradizione culinaria tranpensare che era proprio questo il salpina, tant'è che oggi troviamo termine con cui venivano identifi- servite in molti locali diverse precati i tedeschi durante le due Guer- parazioni con questo ingrediente, re Mondiali. Un piatto che rappre- come la Choucroute garnie: grandi senta un paese intero, ma anche la vassoi di crauti serviti con stinchi storia di un popolo. di maiale e salsicce. 32 - BBQ4All MAGAZINE

In Italia l'uso dei crauti fu introdotto durante la dominazione asburgica. All'inizio furono accolti con molto scetticismo, quasi osteggiati. Poi la povera gente di montagna, di fronte alle difficoltà di reperire le verdure durante l’inverno, si accorse che nella stagione fredda i crauti costituivano un ottimo cibo di sopravvivenza insieme alle carni di maiale. Ma non sono soltanto buoni, sono anche salutari. Le vitamine C, B e K in essi contenute ne fanno un prodotto ottimo dal punto di vista organolettico, grazie anche un basso apporto di calorie. Sono ricchi di calcio, magnesio, folato, ferro, potassio, rame e manganese; oltre a favorire la flora intestinale, migliorano la digestione. Inoltre, dato il loro alto contenuto di luteina e zeaxantina, sono di supporto per il mantenimento della salute oculare.


La modalità di preparazione più conosciuta e più diffusa è quella ottenuta tramite fermentazione: i cavoli cappucci vengono lavati, privati del torsolo e delle foglie esterne, poi affettati finemente e deposti a strati in un alto contenitore, alternati col sale, semi di cumino e bacche di ginepro. In questo modo vengono poi lasciati fermentare per qualche settimana. Noi invece ne faremo una versione in griglia, che servirà a riempire un panino con degli ottimi würstel. La nostra versione sarà realizzata con un cavolo cappuccio affumicato e bruciacchiato che andrà stufato nel nostro dispositivo, con l'aggiunta di un ottimo aceto di mele e di un vino bianco secco. Il tutto speziato con semi di anice e cumino, e con il supporto del favoloso Rub Montreal Steak Seasoning della famiglia BBQ4All.

mollo per mezzora. 2. Sgocciolate a asciugate il cavolo. 3. Impostate il dispositivo con setup a cottura centrale, con temperatura in camera sui 180°C/200°C, inserendo anche un waterpan con un dito di acqua, che utilizzerete in seguito. Affumicate con chips al melo. 4. Dopo mezz’ora, passate il cavolo in diretta per qualche minuto per bruciacchiare la parte esterna. 5. Recuperate il waterpan e mettete in una tazza i liquidi con i semi di cumino, i semi di anice e il Rub BBQ4All Montreal Steak Seasoning, lasciando il tutto in infusione per 5 minuti. 6. Togliete dalla griglia il cavolo e affettatelo a listarelle. 7. Inserite tutto il cavolo in una cocotte , con aceto di mele barricato, il vino bianco e 500ml di acqua speziata, recuperata dal Preparazione: waterpan. Salare e unite due 1. Mondate le prime foglie del cafoglie d’alloro. volo cappuccio. Dividetele in 8. Fate sobbollire per 50 minuti 4 parti e lavatele, lasciandolo a circa nel dispositivo, dopodi-

ché scoperchiate per far evaporare il liquido in eccesso. I vostri crauti al BBQ son pronti. Pronti a godervi una merendina con un bel paninozzo da accompagnare con birra ghiacciata? Auf Wiedersehen. Cosa fare minuto per minuto, per servirli a cena: Ore 18:00: lavate e mondate il cavolo cappuccio. Ore 18:15: accendete il dispositivo e predisporre il setup. Ore 18:30: asciugate il cavolo, mettetelo in cottura e affumicatelo. Ore 19:00: recuperate il waterpan e mettete in infusione le spezie. Ore 19:05: mettete il cavolo in cottura diretta. Ore 19:20: togliete il cavolo cappuccio dalla griglia e affettatelo a listarelle. Ore 19:35: fate cuocere nella cocotte il cavolo a listarelle, con l’aggiunta degli altri ingredienti. Ore 20:30: servite in tavola, caldi.

I N G RED I EN TI • 800g di cavolo cappuccio • 100ml di vino bianco fermo • 100 ml di aceto di mele • 500ml di acqua • 2 foglie di alloro • ½ cucchiaino di cumino •½ cucchiaino di semi di anice • 1 cucchiaino di Rub BBQ4All Montreal Steak Seasoning • sale q.b.

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SPECIALE HOT DOG - APPROFONDIMENTO a cura di ALESSANDRO TREZZI

La guida completa al perfetto

HOT DOG Il würstel, un insaccato il cui nome deriva proprio da forme dialettali della Germania del sud. Carni bovine, avicole o suine tritate molto finemente insieme a grasso, aromi, additivi e a un’alta percentuale di acqua o ghiaccio, insaccata in un budello e cotta in forni a vapore. Si tratta di un prodotto tipico della Germania, dell’Austria, del Belgio e anche dell’Italia stessa (specialmente nelle regioni del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia), e che purtroppo non ha mai avuto un nomea particolarmente fortunata o rilevante. A onor del vero, il würstel è uno degli insaccati che, per sua stessa natura, si presta maggiormente alle pratiche industriali, ed è quindi molto più diffuso in esemplari di qualità pessima piuttosto che in altrettanti goduriosi e gradevoli. E lasciate che ve lo dica: è un gran peccato.

cia bollita condita con una salsa a base di concentrato di pomodoro, salsa Worcestershire e curry in polvere; 10 anni dopo registrò il marchio della salsa stessa, la Chillup, e passò dal banchetto sulla strada ad un locale vero e proprio sulla Kaiser-Friedrich-Straße. E secondo voi gli Americani, popolo di mangioni inferociti, potevano sottrarsi dal proporre tonnellate di würstel in tutte le salse? Certo che no.

In America (o comunque nei paesi di lingua inglese) l’insaccato servito in un panino farcito condito con salse e verdure viene denominato Hot Dog. Mentre il würstel originale è piccolo e corto, l’Hot Dog è più spesso e allungato, in linea con le esigenze americane, dove tutto DEVE essere più grande. Del resto stiamo parlando di un paese dove ogni anno vengono effettuate sfide aperte a chiunque, dove vinStiamo parlando di uno dei simboli dello street food ce chi, allo scadere del tempo, mangia il numero più popolare, un prodotto accessibile a tutti, e che special- alto di würstel, o dove vengono preparati hot dog lunmente in Germania è possibile trovare lungo le strade ghi 60 metri (è accaduto davvero, il 2 Luglio 2003 a o le vie dei centri storici in caratteristiche bancarelle Chicago). o carrettini, serviti in un panino con salse a volontà. Ne è un esempio il famoso Currywurst, una “salsic- Sull’origine del nome “Hot Dog” (letteralmente “cane cia” grigliata, tagliata a rondelle e condita con una ge- caldo”) vi sono tre differenti versioni. nerosa dose di ketchup e curry in polvere, servita con Chi dice che fu coniato da un venditore fuori da uno pane bianco o patate fritte. stadio nel 1867, che non riuscendo a vendere i suoi Una spettacolare e gustosissima invenzione, una würstel, si inventò la storia che erano salsicce di cane manna dal cielo nei mesi freddi, nata nel 4 Settembre e incrementare così le sue vendite. 1949 quando Herta Heuwer cominciò ad offrire nel Anche la seconda diceria naviga nel mondo dello suo banchetto a Berlino-Charlottenburg, all’angolo sport: all’inizio del XX secolo, quando i New York tra Kantstraße e Kaiser-Friedrich-Straße, una salsic- Giants disputavano le loro partite di football, lo statu34 - BBQ4All MAGAZINE


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nitense Henry M. Stevens pensò di distribuire tra le folle presenti allo stadio i dachshund sausages (salsicce di bassotto); il nome hot dog venne dato a questi panini dal disegnatore di vignette sportive P.A. Dorgan, che raffigurò un panino con dentro un bassotto per chiara similitudine di forma. C’è da ricordare, tuttavia, che “Dog” è una parola in lingua inglese che significa non solo “cane”, ma anche “dente di arresto”,”briglia”, ”grappa”, intesa come la briglia di circa 15 cm usate un tempo dai ferrovieri per bloccare le rotaie alle traversine di legno, e che avevano una forma che ricordava quella dei 36 - BBQ4All MAGAZINE

würstel. In Italia (analogamente a quanto accade con il termine “hamburger”) questa locuzione si usa esclusivamente per intendere la pietanza nel suo complesso, il panino farcito, ma di fatto nei paesi anglosassoni il nome Hot Dog indicherebbe solo la salsiccia. E come si prepara realmente questa salsiccia, da noi tanto volgarizzata quanto bistrattata? La carne C’è chi usa una miscela ben composta di carne di tipo diverso, ma ne banalizza così il prodotto ori-

ginale: nonostante il pollo sia un degno sostituto, il vero würstel DEVE ESSERE DI MAIALE. Un mix di carne magra e grassa (solitamente il 20% sul totale); la lavorazione avviene con carne congelata o, più spesso, fresca con aggiunta di ghiaccio, in quanto una materia prima fredda è decisamente più facile da lavorare e più difficile da surriscaldare. A questo composto vengono aggiunti sale, pepe e spezie a discrezione, fra le quali difficilmente manca la senape. La carne dell’hot dog non deve essere tritata troppo grossolanamente, in quanto rischierebbe di rovinare l’esperienza reale che si dovrebbe avere una volta addentata la salsiccia: una pellicina dura al punto giusto, che una volta rotta libera un gusto deciso e caratteristico e una consistenza morbida e cedevole, nella quale i denti riescano a sprofondare senza fatica. E qui le dimensioni contano, come già avevamo accennato. Dimenticatevi i corti würstel tedeschi: un hot dog misura solitamente 18 cm di lunghezza e 4 di circonferenza, la giusta consistenza per riempire il panino. L’impasto viene infilato nei budelli, che possibilmente dovrebbero essere naturali, di maiale o agnello; in questo caso non solo non è necessario spellarli, ma al morso è presente quell’effetto croccante di cui si parlava, indice di qualità. I würstel vengono poi stufati o affumicati, e devono quindi essere solo rigenerati prima del consumo, arrostendoli per esaltarne i profumi, bollendoli per conservare l’umidità o friggendoli per accentuarne la croccantezza. Inutile dirvi che, trattandosi di un prodotto diffuso nell’industria,


la carica di additivi è decisamente lunga: nitrati di sodio (inferiori per legge al 6 per mille) come conservanti, glutammato monosodico come esaltatore di sapidità, addensanti, gelificanti e correttori di acidità come l’acido ascorbico. Un bravo produttore dovrebbe quantomeno dosarne il contenuto con attenzione. Le salse e i condimenti Stiamo parlando di un panino, che come tale si presta a una serie innumerevole di varianti. In genere però, è bene che vengano rispettate alcune regole fondamentali: 1) Tutti gli ingredienti dovrebbero essere racchiusi da uno strato di formaggio fuso alla griglia, in modo da rimanere ancorati alla base senza sfuggire al primo morso. Per il medesimo motivo, i condimenti dovrebbero anche essere infilati il più possibile in profondità; 2) Le salse andrebbero distribuite tra la salsiccia il pane, perché evitiate di inzupparvi il naso ad ogni

morso; 3) Il pane deve essere di qualità, e MAI impregnato dai condimenti, o potreste doverlo ricomporre come un puzzle a metà esperienza. Detto ciò, le farciture in genere ammesse e concesse spaziano dal burro brasato alle cipolle bollite o al vapore, dalla pancetta ai cetrioli, dalla salsa di pomodoro ai peperoncini, senza mai dimenticarsi degli immancabili crauti (sposi perfetti per un würstel come si deve), della senape e del ketchup. Fate affidamento alla vostra inventiva, sebbene il consiglio più pratico sarebbe quello di non usarne più di due o tre alla volta, per non rovinare l’equilibrio e il bilanciamento dell’insieme. Severamente vietate, nella tradizione, sono cipolle fritte, carne trita, chorizo, maionese (esatto, vietata), panna acida, uovo, patatine, olive, chutney di mango, salsa barbecue, mais, peperoni, funghi, guacamole, mozzarella, cipolla cruda e pomodoro fresco.

L’Hot Dog, per gli americani, è una cosa seria. Fategli trovare un würstel con mango, mais e guacamole e sarà come presentare ad un italiano una fumante pizza con ananas e pollo. Il pane E veniamo al sacro contenitore di questa goduriosa salsiccia arrosto. Mentre in Austria si utilizzano mezze baguette tagliate dalla punta e leggermente scavate, negli Stati Uniti il panino è tagliato sul lato, leggermente grigliato e farcito. Sapete come la penso: il pane non è assolutamente un ingrediente trascurabile. Il suo compito è quello di racchiudere l’intera esperienza gustativa e di mantenerla sullo stesso livello per tutta la sua durata, e vale per l’hot dog, per l’hamburger e per qualsiasi altro sandwich. In America hanno una passione smodata per pan brioches dolciastri, estremamente morbidi ma con una discreta tenuta.

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Il pane migliore non deve ostacolare il morso, e possedere comunque la struttura necessaria a sostenere il peso degli ingredienti; dev’essere profumato ma non invadente, con una buona shelf-life e senza sentori di acidità. Vediamo insieme come realizzarne una splendida versione in casa, vi va? Gli ingredienti L’ingrediente fondamentale di ogni lievitato che si rispetti è la farina, senza ombra di dubbio. Perché il panino risulti leggero, ben sviluppato ed equilibrato nel gusto, la scelta migliore da fare è una tipo 00 o 0 con una forza di 280300 W e un’ottima percentuale di assorbimento minimo, compresa tra il 60 e il 65%. L’assenza di crusca permette di creare una maglia glutinica salda e senza interruzioni, con una risultato più performante ed esente da difetti in fase di lievitazione; tenete inoltre presente che tra gli ingredienti figura una quantità consistente di grassi ed elementi di peso, e una maglia glutinica salda sarà in grado di sostenerne perfettamente il carico, oltre a trattenere i gas della lievitazione e conferire struttura, solidità ma anche morbidezza. Latte e burro rendono l’impasto più estensibile, malleabile e, avvolgendo le bolle di anidride carbonica che si formano durante la lievitazione, le stabilizzano. L’alveolatura diventa così più omogenea e la struttura della mollica molto soffice; tali fattori aumentano notevolmente la shelf-life del prodotto finito. Le proteine dell’uovo hanno invece proprietà schiumogene e coagulanti nell’albume ed emulsionanti nel tuorlo. 38 - BBQ4All MAGAZINE

N EW YO RK mostarda, crauti, salsa alla cipolla

S E AT T LE

crema di formaggio, rondelle di jalapeño, cavolo salsa sriracha

BA LT IMO RA

T I J UA NA

DO DG E R

DOYE R

bacon avvolto intorno all'hot dog peperoni grigliati, cipolle e jalapeño

MI C H I G A N

hot dog lungo nel panino lungo ketchup, mostarda, cipolle

CO LOMB IA

mortadella fritta intorno all'hot dog fritto mostarda

hot dog lungo nel panino lungo salsa al formaggio nacho rondelle di jalapeño

CO NEY

ragù di manzo, mostarda

ketchup, mostarda, maionese all'aglio, salsa all'ananas, patatine fritte, uovo di quaglia bollito

chili, cipolle affettate, una pila di cheddar finemente tritato

MEMPH IS

CA RO LINA

MO NT RE AL

hot dog avvolto nel bacon, salsa barbecue, scalogno tritato, cheddar tritato

C H I CA G O

panino ai semi di papavero, cetriolini sottaceto, sale aromatizzato al sedano, pomodori, peperoni interi sott'aceto, cipolle tritate, salsa verde, senape

chili, cipolla tritata, coleslaw

DE NV E R

cipolla rossa tritata, salsa chili verde, panna acida, jalapeño

mostarda, cipolla tritata, cavolo affettato in grande quantità

KA NSAS

pane ai semi di sesamo, crauti, formaggio svizzero fuso


LA RICETTA

tere a tutti i processi fermentativi e alla maturazione di avere inizio Ingredienti per 18 panini per Hot senza particolari ritardi. Dog: Lasciate riposare nella ciotola per • 1 kg di farina 00 di grano tenero circa 15 minuti, poi fate alcune pie(300 W); ghe di rinforzo per stabilizzare il • 500 g di latte intero; glutine e di conseguenza rafforza• 170 g di burro morbido; re la struttura dell’impasto. • 1 uovo e un tuorlo (a temperatura ambiente); Puntata • 50 g di zucchero semolato; Posizionate il tutto in un recipien• 5 g di malto diastasico; te dai bordi alti ben oliato (soprat• 25 g di sale fino; tutto nella parte superiore, per • 10 g di lievito di birra fresco evitare la formazione della pelle) (4 g se secco). e lasciate a temperatura ambiente per almeno un’ora, per dar modo Le fasi previste sono: alla lievitazione di partire; infine - Impastamento; mettete in frigorifero per 18-24 ore - Puntata o prima lievitazione; a una temperatura di 4°C. - Staglio e formatura dei panetti; - Appretto o seconda lievitazione; - Cottura. Impastamento Rovesciate in un recipiente ampio tutta la farina, il 75% del latte, il lievito sbriciolato, il malto diastasico, e dopo averli amalgamati bene aggiungete il latte rimanente poco alla volta, attendendo che sia ben assorbito prima di aggiungerne un’ulteriore quantità. Aggiungete quindi burro e uova (che devono necessariamente essere a temperatura ambiente) e successivamente lo zucchero poco alla volta in quanto, contribuendo ad aumentare in modo sostanziale l’umidità dell’insieme, va amalgamato lentamente per non compromettere la formazione della maglia glutinica. Aggiungete infine il sale (necessariamente lontano dal lievito, o potrebbe inibirne l’azione) e terminate l’impastamento quando l’insieme risulterà liscio, asciutto e setoso e la maglia glutinica si sarà formata.

Staglio Circa 4 ore prima della cottura, togliete dal frigorifero e dividete l’impasto in panetti da 100g l’uno. Schiacciate bene ogni panetto, poi arrotolateli su se stessi fino a formare un salsicciotto di circa 15 cm di lunghezza, uniforme in tutta la superficie. Adagiateli su una teglia con della carta forno; in una classica casalinga da 30x40 ce ne staranno 6, distanziati circa 2 cm gli uni dagli altri. Coprite con un panno umido e lasciate in appretto a una temperatura di 28-30 °C.

bianca e morbida, e costituirà un ottimo ausilio per effettuare il taglio e farcire il vostro panino con un caldo e succulento würstel. Cottura Stabilizzate la temperatura del vostro forno a 230 °C e cuocete per 10-11 minuti. I panini saranno pronti la temperatura interna, misurabile con un termometro a sonda, sarà di 90 °C, e la mollica completamente asciutta. Raffreddamento, mantenimento e servizio Una volta sfornati lasciateli raffreddare su una griglia rialzata, evitando in tal modo la formazione di condensa che rovinerebbe il duro lavoro svolto finora. Se riposti in frigorifero, in un sacchetto o recipiente a chiusura ermetica, questi panini si conservano perfettamente per 2-3 giorni, ma in caso contrario è sempre meglio congelarli.

Ci siete: praticate un taglio longitudinale senza arrivare fino in fondo, e tostateli interamente in forno a 180- 200 °C per formare una crosticina croccante e saporita. Grigliate il würstel in cottura diretta fino al raggiungimento dei 50 °C interni, piastrate, se volete, una fetta spessa di Cheddar Inglese e preparate i crauti. Appretto Armatevi di un’ottima salsa di seDurante lo staglio, l’impasto viene nape, speziata, piccante e saporita, manipolato e i lieviti ridistribuiti e create un letto dove posizionare uniformemente; l’appretto (o se- la vostra salsiccia. conda lievitazione) consente al semilavorato di svilupparsi al fine di Terminate con i crauti e preparateottenere la sua forma finale. vi a godere come mai prima d’ora. Altre tre ore e mezza a 28-30 °C e i panini saranno pronti per essere infornati. Al termine di questa fase, i salsicLa temperatura interna dovrà es- ciotti saranno arrivati a toccarsi; in sere di almeno 24 °C per permet- cottura la parte di mezzo rimarrà OTTOBRE 2019

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ARRIVA L'AUTUNNO - RICETTA a cura di MICHELA BONGIORNI

preparate il wok!

RISOT TO FILANTE

con radicchio grigliato Pensi all'autunno e ti viene subito voglia di un primo piatto caldo e burroso, appagante e sfizioso. Qualcosa che riscaldi il cuore e che soddisfi il palato. Non so voi, ma per me il risotto racchiude in pieno tutte queste caratteristiche. Lo dichiaro subito: io l'ho fatto nel wok sul kettle, alla vecchia maniera, ma se lo farete seguendo le regole del risotto scientifico di cui avete letto nell'editoriale di Gianfranco Lo Cascio nel Magazine di Settembre, il salto mortale sulla sedia sarà quadruplo invece che triplo. Tuttavia, vi presento un buon compromesso, soprattutto per voi, irriducibili della griglia, mai spaventati dal freddo e dalla pioggia, voi che non potete rinunciare a fare un po' di cenere anche se avete poco tempo a disposizione e fuori la giornata è uggiosa.

No, non è vero. Ho detto una bugia. L'ingrediente principale è il perfetto equilibrio tra la burrosità e la sapidità dell'insieme dei formaggi utilizzati e il leggero sapore amarognolo del radicchio. Ecco, facciamo una piccola pausa soffermandoci proprio su questo ingrediente. Il radicchio è un tipo di insalata dal colore violaceo-rossastro che appartiene alla famiglie delle Camposite. Il suo gusto tipicamente amaro è dovuto all’acido cicorico di cui è ricco. Si consuma a partire da Ottobre fino alla primavera, anche se ormai si trova sempre nei supermercati, anche fuori stagione. È molto versatile: utilizzato perlopiù a crudo nelle insalate, si adatta ad essere saltato in padella, cotto al forno o, come nel nostro caso, grigliato.

di questo ortaggio è il viola-rossastro, per semplificare. In realtà la tavolozza dei colori ha molte più sfumature, dal rosso carminio, al rosa intenso; inoltre il colore e la forma della foglia fanno in modo che si possa distinguere tra radicchio rosso, variegato e bianco. A seconda di quando viene raccolto, può essere distinto tra precoce e tardivo.

Il sapore amarognolo del radicchio può essere più o meno marcato, dipende dalla varietà. Per un piatto come quello che andremo a cucinare oggi, è sicuramente sconsigliato un radicchio più amaro, come quello di Verona, ed è da preferire una varietà dal sapore più delicato come ad esempio quello di Castelfranco. Sì, quello di Treviso, il re dei radicchi, è sicuramente adatto e infatti noi abbiamo usato proprio questo, andando sul classico. In L'ingrediente principale di que- Esistono molte varietà di radicchi. ogni caso, se vorrete togliere un po' sto risotto è il radicchio grigliato. Prima ho detto che il colore tipico di amaro dal vostro radicchio, vi 40 - BBQ4All MAGAZINE


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basterà tenerlo in ammollo in ab- di ogni piatto qualche cubetto di bondate acqua per qualche ora. Fontina e poi versateci sopra il riso caldissimo: i vostri ospiti avranProcedimento: no una piacevole sorpresa filante 1. Lavate e asciugate bene il ra- quando lo gusteranno. dicchio, poi tagliatelo a metà nel senso della lunghezza e Cosa fare minuto per minuto, se massaggiatelo bene con ab- volete servirlo a pranzo. bondante olio extravergine di Il giorno prima: se non volete usaoliva; re un dado o un brodo granulare, 2. Preparate il kettle per una cot- preparate il brodo vegetale, facentura diretta, disponendo le do bollire in acqua salata sedano, braci al centro. Quando la gri- carota, cipolla, due pomodori e un glia sarà ben calda, grigliate per mazzetto di prezzemolo. qualche minuto il radicchio da Ore 8: mettete il radicchio a mollo entrambe le parti, senza farlo in acqua se volete addolcirlo un pobruciare. Toglietelo, salatelo chino. leggermente e tenetelo da par- Ore 11,30: accendete la ciminiera di te. carbone e preparate il radicchio. 3. Disponete il wok nell'apposito Ore 12: grigliate il radicchio per spazio, con le braci sotto non a qualche minuto. contatto, o appoggiatelo diret- Ore 12,15: scaldate il brodo e scaltamente sulla griglia, facendo date il wok in griglia. un mucchietto un po' più alto Ore 12,25 circa: cominciate a cuodi braci, se non avete nella vo- cere il risotto, bagnandolo di tanto stra griglia lo spazio necessario in tanto col brodo caldo. ad accoglierlo. Ore 12,45 circa: terminate la cot4. Tritate finemente la cipolla e tura del risotto, aggiungendo i forscaldate il brodo vegetale, poi maggi e il radicchio; poi mantecaversate nel wok una noce di telo col parmigiano e il burro. burro e la cipolla tritata. Infine Ore 12,50 circa: servite in tavola. versate il riso e fatelo tostare. Aggiustate di sale e di pepe e continuate la cottura versando il brodo di tanto in tanto; 5. Tagliate a cubetti la Fontina e riducete a pezzetti il Taleggio; affettate il radicchio più o meno finemente, a seconda del vostro gusto; 6. Cinque minuti prima della fine della cottura, aggiungete al riso i formaggi, tenendovi da parte dei cubetti di fontina; subito dopo aggiungete il radicchio, poi il parmigiano, un'altra noce di burro e mantecate terminando la cottura. Il vostro risotto è pronto. Al momento di servire, ponete al centro 42 - BBQ4All MAGAZINE

I N G RED I EN TI PER 4 PERSONE • • • • • • • • • •

400 g di riso Carnaroli 1 radicchio trevigiano 100 g di Taleggio 150 g di Fontina 40 g di Parmigiano grattugiato una cipolla bianca due cucchiai di olio extravergine di oliva burro q.b. un litro di brodo vegetale sale e pepe q.b.


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ARRIVA L'AUTUNNO - RICETTA a cura di EMILIANO NENCIONI

fungi da base per il ripieno?

S ì , FUNGO!

portobello farcito e grigliato Non mi considero un accumulatore seriale, ma ho sicuramente delle difficoltà a gettare via le cose inutili o parzialmente utilizzate. Quando lavoro il legno conservo ogni scarto dalla forma più bizzarra, anche quelli ragionevolmente inservibili, fino a ritrovarmi con metri cubi di materiale superfluo. Se la missione finale del legname è quella di abbandonare con onore questo piano di esistenza contribuendo ad affumicare le mie preparazioni barbecue, come è possibile valorizzare gli scarti ricavati dalla rifilatura e pulizia di grandi pezzi di carne? La trimmatura. È un neologismo, un prestito dall’inglese, che ormai usiamo tutti noi appassionati: trimmiamo un bel brisket, ad esempio, e va a finire che ci troviamo una ciotola piena di un misto di grasso e ottima carne, specie se dobbiamo rifilarlo togliendo interi pezzetti di ciccia buona per farlo entrare in un dispositivo o per dargli una forma ben precisa. Quella è carne che abbiamo pagato a peso, e che non si meriterebbe di trovare la via della pattumiera. La prima scelta in questi casi sono i baked beans: trimmature di costine, trimmature di Boston butt, trimmature di brisket o di beef ribs, va tutto bene per quel bel lussurioso piatto di fagioli. Ma se vo44 - BBQ4All MAGAZINE

lessimo cambiare un po’? Se per una volta avessimo desiderio di un piatto non così grasso, molto meno calorico, ricchissimo di proteine, fibre, acido folico, fosforo, ferro e vitamine B1 e B2?

poc’anzi e poi insaporito con il rub BBQ4All Montreal. Se volete potete chiamarlo piatto di recupero, ma non gli renderebbe giustizia. La chicca in più? Continuate a leggere la ricetta e vedrete.

Risposta scontata: entra in scena il fungo. Non vi proporrò sicuramente un piatto pre-workout da atleti in fase di definizione, no, siamo ben lungi da questo; ma rispetto alla pesantezza dei baked beans che sono abituato a fare, questa sembra una preparazione degna del piano Weight Watchers degli anni ‘80. Funghi, dicevamo: le vitamine e i minerali accennati poco sopra vengono proprio da lì; la reperibilità in questo periodo non dovrebbe rappresentare un problema, tanto più che il fungo che vi chiedo di usare si trova tranquillamente nei supermercati, evitando di dover utilizzare scarponcini, pantaloncini di velluto a coste alla tirolese e cestini di vimini. Il fungo Portobello, che utilizzeremo per questo piatto, è praticamente uno Champignon sotto steroidi, dotato di una calotta che in alcuni casi arriva a 15 centimetri di diametro: Agaricus Bisporus, per i più precisi. Lo farciremo con un prezioso macinato ottenuto dalle trimmature del brisket (ovviamente del BBQ4All Megastore), come dicevo

Procedimento: 1. Predisponete il vostro dispositivo per una cottura indiretta, cercando di stabilizzarlo a 160°C. 2. Tritate le rifilature del brisket con un tritacarne o, se avete tempo, pazienza e dedizione, con un coltello; usate sia la parte magra che il grasso, scartando eventualmente il grasso ossidato o irrancidito. 3. Sminuzzate allo stesso modo anche la mortadella e la salsiccia e unitele alla carne mescolando bene assieme a sale, pepe, rub BBQ4All Montreal, al Parmigiano e ad un uovo intero. 4. Togliete il gambo al fungo, recidendolo con un coltello appena sotto la calotta. 5. Strofinate con un panno la calotta per togliere eventuale terra e sporcizia: io ho reso le cose più sbrigative usando l’aria compressa, i più dotati nel bricolage potranno ricalcare le mie gesta prendendosi però ogni responsabilità in caso di


distruzione del fungo. 6. Inumidite con dell’olio l’interno della calotta (per interno intendo la parte concava con le lamelle), versandovi un pochino di sale, pepe, un po’ di timo e il vostro rub preferito (che è il BBQ4All Montreal, è noto). 7. Prendete una dose adeguata di impasto di carne e coprite tutta la superficie interna del fungo, fino a creare una superficie discretamente concava dello spessore di circa 15mm. 8. Mettete il fungo in cottura indiretta, con la parte convessa (sarebbe quella che non è concava) a contatto della griglia, e l’impasto di carne rivolto verso l’alto. Lasciate in cottura per un’ora circa, o comunque fino al raggiungimento dei 75 gradi

Cosa fare minuto per minuto, se volete servirli a cena. - Ore 16: controllate di avere funghi, mortadella, rub e uova a disposizione - Ore 19: stabilizzate il dispositivo a 160°C - Ore 19.30: iniziate a tritare carne e mortadella - Ore 20: pulite il fungo e unitelo alla polpetta - Ore 20.05: controllate l’effettiva concavità pronunciata della polpetta - Ore 20.10: mettete la pietanza in Potete adesso servire un piatto cottura indiretta altamente proteico e non eccessi- - Ore 21.30: depositate con cautela vamente pesante o severo con le il tuorlo nella famosa concavità vostre coronarie, espiando così i - Ore 21.31: impiattate e servite bagordi col brisket del giorno prima e donando una fine onorevole alle trimmature del suddetto. interni. 9. Negli ultimi secondi di cottura versate solo il tuorlo di un uovo al centro dell’impasto di carne: qui entra in gioco l’importanza della concavità impressa alla polpetta, visto che diversamente vi ritrovereste con il kettle pieno di tuorli fuggiaschi in ogni dove. Il tuorlo dovrà solo scaldarsi e la cottura terminerà non appena inizieranno a formarsi le prime “rughe” su di esso.

IN GREDIEN TI PER 4 PERSONE • 4 funghi pleurotus grandi, solo le calotte • 300 g di macinato ottenuto dalle trimmature di un brisket del BBQ4All Megastore • 100 g di mortadella • 100 g di salsiccia • 50 g di Parmigiano grattugiato • cinque uova • due cucchiai di rub BBQ4All Montreal • sale q.b. • pepe q.b. • timo q.b.

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ARRIVA SPECIALE L'AUTUNNO HAMBURGER - RICETTA - RICETTA a cura di TOMMASO della REDAZIONE DI GREGORIO

Tenere lontano dalla portata di Braccio di Ferro.

I N VO LT I N I G R I G L I AT I con spinaci e gorgonzola.

Con l’approssimarsi dell’inverno e l’arrivo dei primi freddi la nostra dieta cambia. Le giornate si accorciano, i ritmi lavorativi aumentano, si riprende l’attività sportiva dopo l’ozio estivo. Sopravvissuti alla calura, torna la voglia di accendere i fornelli e di cucinare qualcosa. Dopo avere abusato di piatti freddi come la panzanella, le insalate e le macedonie, è il momento di mangiare qualcosa che di più adatto al clima e ai ritmi di vita intensi. Non è ancora il momento delle zuppe invernali e quindi bisogna trovare una via di mezzo che si sposi bene con una situazione di passaggio come quella autunnale. Le prime verdure che si possono trovare nell'orto in questo periodo sono gli spinaci. Legati indissolubilmente al loro testimonial per eccellenza, Braccio di Ferro (Popeye per i puristi), il marinaio dei cartoni animati e dei fumetti che li divorava per diventare immediatamente forte e imbattibile, gli spinaci sono creduti da molti la più importante fonte di ferro per l'organismo. In realtà, pur essendone ricchi, lo sono comunque meno di altri alimenti, su tutti la carne rossa il cui rapporto è di circa uno a dieci, rispetto agli spinaci. Tuttavia questi ultimi sono certamente ricchi di altre sostanze che fanno molto bene: potassio, magnesio, fosforo, calcio. Inoltre sono buonissimi e versatili, quindi si prestano ad essere usati 46 - BBQ4All MAGAZINE

in cucina in tante preparazioni. Se non si opta per quelli già lavati in busta o per quelli surgelati, la fase di pulitura di questo ortaggio può essere abbastanza noiosa: vanno eliminati i gambi, perché si consumano solo le foglie, che tendono a trattenere la terra e per questo devono essere risciacquate più e più volte. Una volta pronti, gli spinaci possono essere consumati in molti modi: crudi, cotti a vapore, lessati, ripassati in padella, nelle paste fresche, nei ripieni, nelle torte salate, nei risotti e in mille altri modi. Noi, oggi, li bolliremo, poi li ripasseremo in padella e infine li infileremo negli involtini fatti con fettine di lonza di maiale e gorgonzola. Gli involtini poi finiranno in griglia, ovviamente.

zatelo a una temperatura di circa 160 gradi. 5. Disponete su un tagliere una fetta di maiale. Salate e pepate la carne, poi metteteci sopra un cucchiaino di spinaci e una noce di gorgonzola. 6. Avvolgete ora la fettina a formare un involtino e chiudetelo usando uno stuzzicadenti lungo o uno spiedino. 7. Ripetete l’operazione in modo da avere 3 involtini per ogni stuzzicadenti. 8. Se volete potete proteggere le estremità degli stuzzicadenti con un po’ di alluminio per evitare l’effetto bruciato del legno. 9. Ponete gli involtini in cottura indiretta e se volete in questa fase affumicateli. Saranno pronti in circa 30-40 minuti, o comunque quando Appaganti, ricchi di sapori, godu- saranno ben dorati. riosissimi, veloci da preparare: in pratica questi involtini non hanno Cosa fare minuto per minuto, se nessun difetto. Anche Popeye li volete servirli a cena: avrebbe divorati. Tutti. Il giorno prima: pulite e lavate gli spinaci, poi strizzateli bene e diviProcedimento deteli in piccole pallette da tenere 1. Lavate gli spinaci e sbollentateli in frigorifero. in acqua bollente. Ore 18,45: saltate gli spinaci in 2. Scolateli e metteteli in una ter- padella e accendete il kettle rina con acqua e ghiaccio per fer- Ore 19: accendete il wok e premare la cottura. parate gli involtini 3. Fate saltare gli spinaci in padel- Ore 19,30: mettete gli involtini in la, con un po’ d'olio, uno spicchio cottura indiretta d'aglio e il peperoncino. Ore 20,10 circa: togliete gli invol4. Accendente il kettle e settatelo tini dalla griglia e serviteli per una cottura indiretta e stabiliz-


I N G RED I EN TI PER 4 PERSONE • 12 fettine sottili di lonza di maiale • 1 kg di spinaci in foglia • 300 g di gorgonzola • uno spicchio d'aglio • peperoncino q.b. • Sale q.b. • Pepe q.b. • Olio q.b.

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Il Triangolo no, non l'avevo considerato Lui chi è? È il Tri Tip. Si tratta di un taglio di manzo, di forma appunto triangolare, che si trova sulla parte esterna della coscia, precisamente sotto la noce, subito al disopra della pancetta. Fa parte dei tagli di seconda categoria, ma non per questo è meno gustoso e saporito. La leggenda narra che, nei primi anni cinquanta, il Tri Tip venne così denominato come taglio a sé in una macelleria californiana, la Safeway, a Santa Maria. Quel pezzo di ciccia, che solitamente veniva utilizzato per diventare dei gustosi hamburger, finì sul girarrosto grazie a lampo di genio del responsabile del reparto, Bob Schutz, perché quel giorno la macelleria aveva macinato in esubero non venduto. Inizialmente scettici, i colleghi di Schutz non poterono fare altro che constatare l’incredibile morbidezza del pezzo rubbato con sale, pepe e aglio

in polvere e poi grigliato per circa tele con olio e con una spruzzaun’ora. Gustoso, tenero e saporito tina di vino bianco; inserite le al pari del più pregiato controfiletprugne affettate, l’uvetta ben to, nasceva così uno dei simboli del strizzata e le castagne tritate bbq californiano. grossolanamente e i pinoli. CoSorprendendo i lavoratori intenti a prite la parte superiore del vasmangiarsi con tanta soddisfazione soio con alluminio. quel pezzo di carne, il proprietario 4. Predisponete il dispositivo con chiese loro cosa diavolo fosse. È un un setup per la cottura indiretTri Tip!, risposte Schutz, ispirato ta, con una temperatura in cadalla forma triangolare del taglio. mera di 130° C. Inserite un waConosciuto in Italia come spinaterpan. Affumicate con chips di cino o tasca, è particolarmente melo o ciliegio. adatto ad essere farcito. Ed è esat- 5. Ponete il vassoio di verdure in tamente la cosa che faremo, riemcottura indiretta e lasciatelo pendolo con sapori tutti autunnali. cuocere per venti minuti circa. L’umidità, il fumo aromatico e Procedimento: la copertura con l’alluminio fa1. Lavate e asciugate la scarola. ranno il loro lavoro. 2. Tagliate a pezzetti le prugne 6. Togliete le verdure dalla griglia secche denocciolate. Mettete e tagliatele grossolanamente, in ammollo l’uvetta per dieci affettandole. Inseritele in un minuti in acqua tiepida. Spezrecipiente, e aggiungete il larzettate qualche castagna. do battuto. Conditele con un 3. Disponete su un vassoio per verdure in acciaio, adatto al dispositivo di cottura, le foglie di scarola, sovrapposte a coprire interamente il vassoio. Irrora-

TRI TIP

ripieno di autunno 48 - BBQ4All MAGAZINE


filo d’olio. 7. Aprite il Tri Tip a tasca, effettuando l’incisione nella parte alta e inserite il ripieno. Richiudete con dello spago da cucina. 8. Massaggiate il Tri Tip con un filo di olio e cospargete il pezzo di manzo con il Rub Mild Dry Tennessee; mettetelo adesso in cottura indiretta ad una temperatura di circa 130 gradi: La tasca è pronta quando la temperatura della carne è di 50°C. 9. Nel frattempo, in una casseruola, rosolate bene con un filo d’olio delle castagne e delle prugne intere, sfumandole con mezzo bicchiere di vino dolce. Aggiungete il burro e nappate la frutta. Aggiungete un mestolo di acqua e lasciate cuocere per circa 10 minuti.

10. Cauterizzate la parte esterna spostando il Tri Tip in cottura diretta per qualche minuto , rigirandolo spesso. 11. Quando è pronto, lasciatelo in rest per 10 minuti circa. 12. Scaloppate il Tri Tip e servitelo con castagne e prugne intere. …ma il triangolo io lo rifareeeeei, perché no? Lo rifareiiii! (cit.) Cosa fare minuto per minuto se volete servirlo a pranzo Ore 10.30: lavate la scarola. Preparate gli aromi da inserire nella scarola. Ore 10.45: disponete su un vassoio da griglia la verdura, le castagne, l’uvetta, i pinoli e condite come da ricetta. Ore 11.00: settate il dispositivo per una cottura indiretta.

Ore 11.15: ponete il vassoio di verdure in cottura. Ore 11.35: togliete le verdure dalla griglia, affettatele grossolanamente, aggiungete il lardo battuto e un filo d’olio. Ore 11.45: aprite il Tri Tip a tasca e inserite il ripieno. Richiudete con dello spago da cucina. Ore 11.55: rubbate il Tri Tip con il BBQ4All Rub Mild Dry Tennessee e mettetelo in cottura indiretta sino ad una temperatura della carne di 50°C. Ore 12.05: preparate le castagne e le prugne da servire come contorno Ore 12:45 circa: se il Trp Tip ha raggiunto i 50 °C prefissati, spostatelo in diretta per qualche minuto. Ore 13:00 circa: scaloppate il Tri Tip e servitelo.

I N G RED I E N T I PER 4 PERSONE • 1,3 kg Tri Tip di Black Angus Creekstone Farms del BBQ4All Megastore • 250 g di scarola • 50 g di pinoli • 20 g di uvetta • 50 g lardo • 50g prugne secche denocciolate • 50g castagne • mezzo bicchiere di vino dolce • 30 g di burro • olio extravergine di oliva q.b. • sale e pepe q.b. • due cucchiai di Rub Dry Mild Tennessee BBQ4All

foto di

LUCA GALLOZZA

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ARRIVA L'AUTUNNO - RICETTA a cura della REDAZIONE

ASPIC D'AUTUNNO?

con uva e prosecco, naturalmente.

I N G RED I EN T I PER 4 ASPIC • 750 ml di Prosecco di buona qualità • un grappolo d'uva bianca o rosata, senza semi • 40 g di gelatina in fogli • Cannella q.b • Zucchero q.b.

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- Ciao, cosa stai mangiando? - Carne TInsemal! Forse non tutti ricorderanno questa pubblicità nostalgica. Il bambino protagonista dello spot mangiava la celebre gelatina di carne e rendeva famosa una ricetta che, anche se poteva sembrava moderna e innovativa, in realtà ha origini molto più antiche. L’aspic, ovvero la gelatina di carne, era molto diffusa in Francia già dal Medioevo. Ma è con l’avvento di Napoleone Bonaparte che si ha la prima traccia di una ricetta scritta. Infatti Marie-Antoine Carême (1784- 1833), chef de cuisine di Napoleone Bonaparte, presentò all’imperatore lo chaud-froid (letteralmente ‘caldo-freddo’), una pietanza di carne o di pesce che veniva bagnata con una salsa calda e lasciata raffreddare. Successivamente apportò delle modifiche alla ricetta utilizzando del brodo addensato e realizzò la prima versione di aspic, allo scopo di migliorare il sapore e garantire una vita più lunga al pesce freddo e al pollame. Le origini del nome sono invece da ricerca nella parola latina aspis, vipera. Probabilmente tale nome gli fu dato per l’analogia tra la temperatura di servizio che ricordava quella dei rettili. Il piatto si è poi diffuso largamente in tutta Europa. In Russia, è noto come kholodets, preparato con pollo e frattaglie, è tipico delle festività natalizie. Altre versioni salate vengono preparate in tutto l’est Europa fino ad arrivare in Nepal dove viene fatto con la carne di Bufalo. Anche in Italia questa preparazione è largamente diffusa, ricordiamo ad esempio la versione lombarda preparata con le parti meno

nobili del vitello e del pollame che poi viene arricchita con funghi, pistacchi e tartufo. Una variante a base di pesce è invece diffusa in Sardegna, la cui protagonista è l’aragosta accompagnata da lamelle di tartufo bianco. Da annoverare anche le versioni dolci, tra cui forse la più famosa è il gelo di anguria palermitano. Quest’ultima viene preparata con il succo dell’anguria, il cioccolato fondente e i fiori di gelsomino che gli danno un profumo inconfondibile. Oggi, infatti, vi proponiamo una versione dolce e tutta autunnale, a base di uva e Prosecco. Perfetta per accompagnare i piatti che segnano l’arrivo dei primi freddi. È un dolce facile da preparare, fresco e frizzantino, che fa sempre un certo effetto sui commensali. Procedimento 1. In una ciotola mettete la gelatina a mollo in acqua fredda. 2. Sgranate l’uva e lavatela accuratamente. 3. Ponete adesso l’uva su una teglia e cospargetela con cannella e zucchero, poi accendete il vostro dispositivo e lasciatela caramellare e appassire leggermente in cottura indiretta, a circa 80 gradi. 4. In un pentolino mettete a scaldare circa la metà del prosecco a fuoco basso. Nel frattempo strizzate la gelatina e aggiungetela nel pentolino quando il prosecco si è intiepidito. 5. Aggiungete adesso il resto del prosecco e mescolate accuratamente. 6. Adagiate sul fondo di uno stampo in silicone per semifreddi o muffin (in alternativa uno per ghiaccio) l’uva e copritela con la soluzione di Prosecco e gelatina. 7. Mettete adesso gli stampi in

frigorifero per almeno 24 ore. Al momento di servire, per rimuovere la gelatina da uno stampo senza rovinarla, prendete una ciotola più grande dello stampo e riempitela con acqua calda. Successivamente posizionate lo stampo nell’acqua facendo attenzione a non sommergere la gelatina. Attendete qualche secondo e poi rimuovete la gelatina dallo stampo. Fate quest’operazione mezz’ora prima rispetto a quando volete servire il piatto così la gelatina avrà avuto modo di stemperarsi e stabilizzarsi. Cosa fare minuto per minuto, se volete servirlo a cena: Questa preparazione necessita di almeno 24 ore di anticipo rispetto all’orario di servizio per cui i tempi indicati si riferiscono al giorno precedente. Ore 18.00: mettete a mollo la gelatina. Ore 18.05: sgranate e lavate l’uva. Ore 18.10: accendete il vostro dispositivo e ponete l'uva condita con zucchero e cannella in cottura indiretta. L'uva non deve rompersi o creparsi. Ore 18,15 circa: togliete l'uva dal dispositivo mettete a scaldare il prosecco. Ore 18.25: aggiungete la gelatina. Ore 18.30: aggiungete il rimanente prosecco. Ore 18.40: riempite gli stampi e metteteli in frigorifero.

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HALLOWEEN - MINI-MENÙ con DUE RICETTE a cura di MICHELA BONGIORNI

Il mini-menù di Halloween

U N A ZU CCA due ricette

Fino a qualche anno fa, qui in Italia la zucca non era ancora legata, nell’immaginario collettivo, alla festa di Halloween. Al massimo, soprattutto per noi fanciulle romantiche cresciute coi cartoni Disney, era legata alla carrozza di Cenerentola. Poi, complici i film di Hollywood e la tv, la festa di Halloween ha cominciato a prendere piede, gli eventi a tema si sono moltiplicati a dismisura (a proposito, se passate in Toscana non perdetevi quello di Borgo a Mozzano (Lu), vicino al Ponte del Diavolo – che si chiama così indipendentemente da Halloween-) e capita sempre più spesso che il 31 Ottobre bussino alla nostra porta gruppi nutriti di bambini che ci urlano “dolcetto o scherzetto?!”. Ebbene, come dicevo prima, l’emblema di questa festa è sicuramente la zucca.

tranello, lo aveva costretto a salire su un albero e aveva inciso una croce sul tronco impedendogli così di scendere. Dopo lunghe trattative, il dispettoso Jack era riuscito ad ottenere dal Diavolo la promessa di non essere portato all’Inferno, in cambio della liberazione. Prima di farlo scendere dall’albero, però, Jack ne aveva combinate di tutti i colori, certo che il Diavolo avrebbe mantenuto la promessa. Tuttavia, una volta liberato, Lucifero non mantenne la parola data, e il povero Jack non fu perdonato. Costretto a vagare sulla terra in cerca di riposo, decise di intagliare una zucca e di metterci dentro una candela che illuminasse le notti di tenebra. Si dice che la notte di all hallows’ eve, cioè la notte di tutti gli spiriti sacri, la vigilia di Ognissanti, Jack vaghi sulla terra in cerca di rifugio: ecco perché si intaglia una zucca Molte sono le leggende e le storie mettendola sul balcone o sulla filegate alla nascita della festa di Hal- nestra con dentro una candela. loween e all’usanza di intagliare la cucurbitacea per farle assumere In ogni caso, non essendo una feespressioni più o meno mostruose. sta legata alla nostra tradizione, La più citata è sicuramente quella noi non siamo molto bravi a intadi Jack’o Lantern. Secondo la leg- gliare le zucche. Conosco persogenda, Jack, un agricoltore irlande- ne che nel tentativo di riuscirci si se avaro e particolarmente dispet- sono quasi amputate una mano. È toso, era riuscito a farla sotto al molto, ma molto meglio cucinarle. naso al Diavolo in persona. Con un Immagino che, se avete figli, possa 52 - BBQ4All MAGAZINE

capitarvi di dover organizzare una cena a tema, coi bambini mascherati. Per questo motivo abbiamo pensato a un minimenù con la zucca, che possa piacere un po’ a tutti e che vi risolva facilmente il problema di pensare a cosa mettere in tavola in questa occasione. Basterà poi aggiungere un dolce e il gioco è fatto. Dimenticatevi quegli orrendi piatti con würstel che sembrano dita mozzate di una mano o altre cose simili che farebbero passare la fame anche a Taz dei Looney Toons, e gustatevi queste due chicche: gli gnocchi e la torta salata. La base di partenza sarà per ambedue le preparazioni la zucca bruciata in ember roasting. Per chi non conoscesse ancora bene questa tecnica, si tratta di una cottura a contatto diretto con le braci. Esatto, proprio così: si prende una zucca intera e si appoggia direttamente sui carboni ardenti. È pronta quando, provando a bucarla con uno stuzzicadenti lungo, la si sente morbidissima. A quel punto si può prelevare la polpa, stando attenti a eliminare bene la parte esterna carbonizzata, e la si può usare in svariati modi.


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GNOCCHI DI ZUCCA BRUCIATA Preparazione: 1. Prendete la zucca appena cotta in ember, eliminate la buccia e i semi, dopo di che schiacciatela con una forchetta o uno schiacciapatate e lasciatela da parte. 2. Lessate le patate con tutta la buccia, in abbondante acqua salata, saranno pronte dopo circa 30/40 minuti quando riuscirete ad infilzarle con la forchetta senza nessuna difficoltà. Scolatele e lasciatele raffreddare. 3. Quando le patate sono fredde sbucciatele e schiacciale con uno schiacciapatate. 4. In una ciotola capiente unite insieme la zucca e le patate, quando i due ingredienti sono ben amalgamati, aggiungete l’uovo, il sale e mescolate. 5. Al composto ottenuto, aggiungete poco per volta la farina e impastate con le mani fino ad ottenere un panetto compatto. Lasciate riposare l’impasto per circa 15 minuti. 6. Staccate un pezzo di pasta e su una spianatoia spolverata con della farina, fatela scorrere su e giù con entrambe le mani fino ad ottenere un lungo e sottile filoncino. Con un coltello affilato suddividetelo in piccole porzioni. Mano a mano che suddividete un filoncino passate ogni tocchetto su una tavoletta “riga gnocco” o sul dorso di una forchetta. Basta fare una leggera pressione col pollice sulla pasta e farla scivolare verso il basso. Spolverate gli gnocchi ottenuti con della farina e sistemateli su un canovaccio senza sovrapporli. Ripetete il procedimento fino a che non terminate l’impasto. 7. In una pentola, mettete a bollire abbondante acqua salata. 8. Mentre aspettate che l’acqua raggiunga il bollore, in una padella antiaderente fate sciogliere a fuoco basso il burro con le foglie di salvia. 9. Quando l’acqua bolle, buttate gli gnocchi, quando vengono a galla scolateli e saltateli nel burro fuso e mantecateli col parmigiano. servite con una bella macinata di pepe e volendo qualche fogliolina di salvia fritta. 54 - BBQ4All MAGAZINE


I N G RED I EN TI PER 4 PERSONE • 500 g di polpa di zucca bruciata • 300 g di patate • 150 g di farina 00 • 1 uovo • 100gr di burro • 5/6 foglie di salvia fresca • 50 g di parmigiano grattugiato • pepe q.b • sale q.b

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I NGREDIEN T I PER 1 TORTA • un rotolo di pasta sfoglia tonda • 200 g di polpa di zucca bruciata • 300 g di patate • una cipolla bianca • un rametto di rosmarino • 100 g di Feta • burro q.b. • olio d’oliva q.b. • sale e pepe q.b.

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TORTA RUSTICA CON ZUCCA BRUCIATA Preparazione: 1. Sbucciate le patate e riducetele a cubetti, poi mettetele a cuocere in un pentolino con un filo d’olio, mezzo bicchiere d’acqua, il rosmarino e la cipolla tritata grossolanamente; aggiustate di sale. 2. Quando le patate saranno morbidissime toglietele dal fuoco e lasciatele raffreddare. 3. Unite alle patate la polpa di zucca di bruciata e frullate il tutto a immersione, aggiungendo un po’ d’acqua se il composto dovesse risultare troppo asciutto: la consistenza dovrà essere bella cremosa. Anche in questo caso, aggiustate di sale. 4. Srotolate la pasta sfoglia, posizionatela in una teglia di alluminio con sotto la carta forno, bucatela con una forchetta e versateci dentro il composto appena ottenuto. 5. Preparate il vostro dispositivo per una cottura indiretta e stabilizzatelo a una temperatura di circa 180 gradi. 6. Cuocete la torta salata per circa mezz’ora, facendo molta attenzione a non farla seccare troppo sopra, ma a non lasciarla nemmeno cruda nella parte inferiore. Se vedete che necessita di ulteriore tempo per cuocersi (riuscite a controllarla sollevandola con una forchetta), proteggete la parte superiore con un po’ di alluminio o carta forno. 7. Quando sarà dorata, sfornatela e lasciatela intiepidire leggermente. Sbriciolateci sopra la Feta e servitela con pepe e rosmarino.

Cosa fare minuto per minuto, se volete servirlo per la cena di Halloween: Ore 15: accendete il kettle e mettete a cuocere la zucca direttamente sulle braci. Ore 16: lessate le patate per gli gnocchi Ore 17 circa: togliete la zucca dalle braci e ricavatene la polpa. Ore 17,30: preparate gli gnocchi Ore 18: mettete a cuocere le patate per la torta salata. Ore 18,30 circa: togliete le patate dal fuoco e lasciatele raffreddare. Ore 19: frullate le patate con la zucca e mettete a cuocere la torta salata. Ore 19, 40 circa: sfornate la torta salata e tenetela in caldo. Ore 20: mettete a bollire l’acqua per gli gnocchi e cuoceteli. Ore 20,15: servite gli gnocchi e successivamente servite la torta salata con la Feta sbriciolata. Ore 21,30: siete pronti per dolcetto o scherzetto! OTTOBRE 2019

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VINI ABBINATI a cura di ENIO BERTON

È ORA DI

BERE! abbinamenti consigliati

ROGGIO DEL FILARE Vino: Cantina: Abbinamento :

Rosso Piceno Superiore DOC “Roggio del Filare” 2015 Velenosi Tri Tip ripieno d'autunno

Continuiamo il nostro viaggio lungo la dorsale adriatica e dall’Abruzzo arriviamo nelle Marche alla scoperta di un vino che esalta le caratteristiche del vitigno con cui è fatto. L’abbinamento scelto parte dalla presenza, nel ripieno del Tri Tip, di prugne; volevo associare a questa gustosa preparazione un vino con lo stesso sentore, ben bilanciato e con tannini addolciti dalla piena maturazione. La denominazione Rosso Piceno copre una vasta zona tra le provincie di Ancona, Macerata ed Ascoli Piceno; vengono escluse solo le zone della DOC Rosso Conero. La DOC è stata riconosciuta nel 1968 ma la valenza vitivinicola del territorio ha origini antiche risalenti a prima dei romani. Il poeta latino Polibio racconta che Annibale, durante una tappa nel territorio Piceno, fece curare i suoi cavalli con un vino rosso invecchiato. Il Rosso Piceno viene prodotto con percentuali variabili di Sangiovese (dal 30 al 50%) e di Montepulciano (dal 35 al 70%); sono ammessi altri vitigni a bacca rossa, ma non oltre il 15%. La cantina Velenosi inizia la produzione nel 1984 in provincia di Ascoli Piceno in località Monticelli con la guida di Ercole e Angela Velenosi, ai quali si aggiunge, nel 2005, Paolo Garbini. Attualmente la superficie dedicata alla viticoltura è di circa 200 ettari, tra vigneti di proprietà ed in affitto, sui quali spiccano sia le varietà autoctone (Montepulciano, Lacrima, Sangiovese, Passerina, Pecorino e Verdicchio) che vitigni internazionali. Il “Roggio del Filare” è il gigante buono della cantina Velenosi. Le note di Montepulciano si abbinano alla perfezione nel blend con il Sangiovese. Vino affinato in barrique nuove di rovere francese per almeno 18 mesi prima di essere messo in commercio. Il colore è rosso rubino intenso con un’unghia granata. Al naso si sprigionano note di frutta a bacca rossa matura (il sentore di prugna è evidente) per poi aprirsi verso note balsamiche da macchia mediterranea fino ad arrivare a sentori di cacao e tabacco. Al palato emergono la morbidezza e la freschezza con tannini vellutati. Buon fin di bocca persistente e sapido. Da servire a 14/16 gradi in calici tulipano. Uve: 70% Montepulciano 30% Sangiovese Zone produzione: Ascoli Piceno Grado alcolico: 14,50%

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G I OC H E R E MO CO N I F I O R I Vino Cantina: Abbinamento :

Abruzzo Pecorino DOC Giocheremo Con I Fiori 2018 Torre dei Beati Risotto filante al radicchio grigliato

Con il risotto al radicchio grigliato presente su questo numero, siamo andati a mescolare due tipicità del nord Italia: la fontina, tipico formaggio valdostano a pasta molle dal sapore deciso e dolciastro, e il radicchio, tipico ortaggio che la regione veneta produce in diverse varietà. A formare un triangolo scendiamo fino in Abruzzo, più precisamente ai piedi del Gran Sasso, per scoprire questo Pecorino DOC (mi raccomando, non confondetelo con il formaggio!). Il vitigno Pecorino ha origine antiche, ed è localizzato tra le Marche e l’Abruzzo. Il suo nome deriva dall’usanza dei pastori di portarlo con loro nelle transumanze dai colli verso il mare. Ha avuto un periodo di appannamento dovuto alla resa bassa e poco costante nel corso degli anni; tornato di moda negli anni 80 sta vivendo una seconda giovinezza. La Torre dei Beati è una cantina nata nel 1999 a Loreto Aprutino negli Abruzzi. L’intento di Adriana Galasso e di Fausto Albanesi è stato fin da subito di gestire in modo biologico sia i terreni che le produzioni vinicole. Attualmente dispone di circa 21 ettari di terreni disposti ad una altezza che varia dai 250 ai 300 metri slm. Il “Giocheremo con i Fiori” nasce su un appezzamento di circa 4 ettari a 300 metri slm piantato nel 2005 proprio per valorizzare questo vitigno. Vinificazione e maturazione rigorosamente in acciaio. Dal colore giallo paglierino intenso, si presenta al naso con sentori di fiori bianchi e frutta fresca, e con note di pera leggermente mielate. Al palato risulta morbido, di corpo, sostenuto da una buona acidità e sapidità. Ottimo il fin di bocca persistente. Da servire a 10/12 gradi in calici tulipano. Uve: 100% Pecorino Zone produzione: Ascoli Piceno Grado alcolico: 13,50%

D I S T I L L ATO Q B Cantina:

Bonaventuro Maschio

Parlare di Bonaventura Maschio è un onore per me. Come non ricordare le fantastiche quattro edizioni del “Prime Uve Invitational Barbecue Championship” organizzate da Anna e Andrea Maschio. Proprio durante questa manifestazione ho avuto modo di apprezzare la dedizione e la cura con cui Andrea gestisce le varie fasi delle lavorazioni, sia dei distillati di uve sia delle grappe. La distinzione tra le due non è banale. Il distillato d’uva parte dagli acini interi, i quali subiscono un processo di distillazione che mantiene intatti i profumi del vitigno di partenza, mentre la grappa parte dalla distillazione delle bucce degli acini che hanno già dato gran parte dei loro profumi al mosto. QB è un distillato, che nasce da un’idea di fondere il pregiato sale di Cervia con le uve in fermentazione per estrarne gli aromi e coadiuvare la trasformazione degli zuccheri. Ha un profumo delicato, con note di pesca, pera e rosa canina. Al gusto è morbido, speziato e leggermente sapido. Io lo bevo ghiacciato: lascio a voi decidere come assaggiarlo. Si adatta benissimo a terminare un pranzo tutto autunnale, quando ormai i primi freddi si fanno sentire. Grado alcolico: 39% OTTOBRE 2019

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BIRRE CONSIGLIATE a cura di RICCARDO MENICONI

P U N TO G

È ufficialmente aperta la stagione dei funghi. Crudi, trifolati, arrosto, grigliati e... ripieni. Il morbido e succulento cappello, insieme alla saporita polpetta di carne coronata dal tuorlo cremoso costituiscono una vera e propria bomba di sapore in grado di stimolare ogni papilla gustativa. È anche il mese perfetto per gustare un’ottima Bock, che, con il suo colore ambrato, ricorda tanto le foglie del castagno in Autunno. Le Bock sono birre a bassa fermentazione (Lager), tipiche del Niedersachsen (Bassa Sassonia). Prendono il nome dalla storpiatura in dialetto bavarese della città natale di Einbeck. In lingua tedesca significa caprone (ariete), che spesso viene rappresentato nelle etichette tradizionali. La Punto G del Birrone ne è un ottimo esempio tutto italiano. Il colore, come dicevamo, è di un bell’ambrato carico con riflessi ramati, sovrastato da una splendida schiuma compatta color nocciola. Al naso, note di biscotto e miele scuro accompagnano una solida base di cereale e qualche sentore erbaceo. In bocca, tornano il biscotto e il miele ben bilanciati dalla luppolatura essenziale -e non predominante- dei luppoli europei continentali. L'alcol (6,2%) si fa sentire, ma il corpo è abbastanza snello con un finale leggero e incredibilmente equilibrato tra dolce ed amaro. Vi consiglio di gustarla nel tipico mass ad una temperatura di 8°.

RAU C H L A G E R

Ripensare a würstel e crauti mi riporta alla vacanza che feci due anni fa a Bamberga. Vi ricordate? Ve ne ho giù parlato quando ho presentato la U del Birrificio Mhars nel mese di Marzo. Naturalmente non è l'unico birrificio presente a Bamberga: pensate che oggi ce ne sono ben 10 attivi, ma nel 1818 se ne potevano contare addirittura 65. Nella breve ma intensa immersione nel mondo delle birre francone ho lasciato il cuore nella locanda di Spezial Bräu. Situata a poca distanza dalla stazione, è caratterizzata dalla presenza delle lunghe tavolate comuni, in cui è praticamente impossibile non farsi trascinare dalla magia del luogo e scambiare qualche parola con i clienti abituali. Il primo boccale arriva in automatico una volta seduti e per ordinarne un altro basta solo finirlo. E se le bevute si fanno importanti, non temete: per il conto basta presentare il sottobicchiere in cui i camerieri di volta in volta segnano con un veloce tratto il numero di birre ordinate. La birra della casa è la Rauch Lager, brassata con malto affumicato in azienda. Per loro semplicemente Lager. È prodotta nel birrificio a conduzione familiare di propietà di Merz che dal 1898 continua la tradizione delle birre affumicate. L'aroma è travolgente, i netti sentori di legno di faggio si mescolano con le note di crosta di pane e cereali. Il colore è di un ambrato carico, limpidissima con una schiuma bianca e compatta, cremosa e aromatica. In bocca ritroviamo l'affumicatura, presente ma non ingombrante, perfettamente bilanciata dalle note fresche e secche dei luppoli coltivati nella regione di Hellertau. L'amaro è piacevole e grazie anche ai 4,7° la voglia di farne un altro sorso non manca mai. Vi consiglio di berla... lì. 60 - BBQ4All MAGAZINE


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Ottobre: la prima cosa a cui pensi è la zucca. E subito dopo ti viene in mente zucca il suo sapore, dolce e caratteristico, molto delicato e perfetto per essere speziato in modo deciso e con sapori ben riconoscibili. Sbirciando sul libro "La grammatica dei Sapori e delle loro infinite combinazioni" di Niki Segnit, libro che mi viene spesso in aiuto per quanto riguarda gli abbinamenti, si evince che oltre ai canonici cannella e rosmarino, la zucca è perfetta anche in compagnia di lime e zenzero. Ed io, quando penso a lime e zenzero, penso solo al Moskow Mule. Nonostante il nome, il cocktail non è affatto nato in Russia, ma in America, nel 1941 in un bar di New York, il Chatham, dove due imprenditori abbastanza disperati si ritrovarono per tentare di risollevare le proprie attività. Uno dei due, John G. Martin, non riusciva a distribuire negli Stati Uniti la vodka Sminoff, un alcolico russo ancora poco conosciuto e apprezzato. L’altro, Jack Morgan, era proprietario del Cock’n’Bull Tavern, il locale più figo di Hollywood, che stava cercando di lanciare senza successo un soft drink a base di zenzero: la Ginger Beer. Ai due venne la geniale idea di combinare insieme i due ingredienti, aggiungendo un po’ di lime. Nacque così il Moskow Mule. Il nome? Pare che sia nato perché veniva servito in mug di rame da 5 once con inciso sopra un asinello. Oggi abbineremo questo coctail alla nostra torta salata di zucca. Anzi, in questo caso specifico serviremo un Kraken Mule; in pratica, un Rum Buck, chiamato anche Barbados Buck, dove il particolarissimo Kraken Rum e la sua speciale speziatura la fanno da padrone. È un cocktail molto equilibrato: la piccantezza dello zenzero, la freschezza e l'acidità del lime si sposano perfettamente con la dolcezza e l'estrema speziatura di questo particolarissimo rum, in cui possiamo facilmente distinguere la vaniglia, i chiodi di garofano e la cannella. Abbinarlo con la zucca è praticamente un obbligo. Per prepararlo basta riempire un high ball di ghiaccio e versare: -6cl di Kraken rum -2cl di succo di lime fresco -Ginger beer a riempire -Fetta di lime a guarnire Una curiosità? Togliendo il succo di lime avrete il Dark'n'stormy (cocktail nazionale delle Bermuda). Salute! 62 - BBQ4All MAGAZINE


COCKTAIL a cura di RICCARDO MENICONI

KRAKEN MULE

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GUIDA AI DISPOSITIVI a cura di MICHELE CHIPA

BULLET

l'affumicatore per non sbagliare un colpo

SMOKER

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Vi vedo! Il vostro dispositivo attuale vi sta stretto e dovete penare per tenere stabile la temperatura di cottura. La vostra fama di griller sta crescendo ed avete sempre più persone da sfamare. È ormai giunto il momento di compiere il grande passo: acquistare un dispositivo in più. Ma non un dispositivo qualunque: uno in grado di nutrire le orde di barbari che invadono il vostro giardino il fine settimana, e soprattutto uno che vi permetta di farlo senza patemi d’animo. La risposta alle vostre esigenze non può che essere un affumicatore. Nel mercato degli affumicatori una fetta importante è ricoperta dai cosiddetti bullet smoker, ovvero quelli con struttura verticale. Come è fatto un bullet smoker e come funziona? La struttura di un bullet è semplice: nella base troviamo il braciere con le vent in necessarie a far entrare aria, subito sopra troviamo il deflettore (water pan) e ancora sopra una, due o tre griglie a seconda del modello. Completa il tutto almeno uno sportello di accesso al braciere/water pan/griglia e il coperchio con le vent out. Anche il principio di funzionamento è veramente semplice: la combustione avviene nel braciere situato in basso, il calore e il fumo salgono verso l’alto e il water pan impedisce un irraggiamento diretto all’alimento messo in griglia. Il coperchio, infine, permette la cottura per convezione. Modalità di utilizzo del bullet smoker Per gestire la temperatura di cottura bisogna agire sulle vent in (per la stabilizzazione) e vent out (per la regolazione di precisione), mentre il set up usuale per questi dispositivi è il Minion method che permette una cottura a temperatura stabile per molte ore. Il water pan normalmente viene riempito di acqua calda, in modo da stabilizzare al meglio la temperatura e a non farla salire rispetto a quella desiderata (parte del calore sarà assorbito dal liquido). La scelta di aggiungere acqua oppure un altro materiale (per esempio il sale) dipende dalla necessità di incrementare l’umidità presente in camera di cottura: se avete contemporaneamente in griglia molti pezzi di carne probabilmente non avrete bisogno di umidità accessoria e quindi potrete utilizzare altro per stabilizzare la temperatura. L’affumicatura avviene inserendo nel braciere dei pezzi di legno idonei direttamente a contatto con le braci. Il cavallo di battaglia dei bullet smoker è, quindi, la OTTOBRE 2019

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cottura in low&slow; tuttavia, sono dei dispositivi molto versatili e permettono anche cotture indirette a medio/alta temperatura (non mettendo acqua nel water pan), cotture dirette alte (eliminando il water pan e quindi grigliando a circa 40/50cm dalle braci) e cotture dirette (appoggiando la griglia direttamente sul braciere con somma felicità della vostra schiena!). Punti di forza dei bullet smoker Come primo punto di forza è da menzionare sicuramente la versatilità. Come ho detto prima, non dovete pensarlo come dispositivo esclusivamente da utilizzare nelle preparazioni low&slow: vi potrà dare delle soddisfazioni enormi anche in altri tipi di cottura. Il bullet, inoltre, permette di non preoccuparsi delle variazioni repentine di temperatura: con il giusto setup, la giusta regolazione delle vent e un elemento stabilizzante nel water pan, potrete andare avanti per ore a cuocere senza dover mettere mano al dispositivo (se non per aggiungere legno durante l'affumicatura). Infine, gli affumicatori verticali hanno anche una grande capienza. Avendo a disposizione più griglie e

potendole utilizzare per intero, riuscirete a sfamare tante persone col minimo sforzo. Punti di debolezza dei bullet smoker A causa della loro struttura verticale, questi dispositivi sono difficilmente spostabili soprattutto quando sono accesi: scordatevi la comodità delle ruote di un kettle. Anche il trasporto risulta un po’ più difficoltoso, visto il volume della camera di cottura ma, fortunatamente, sono smontabili in più parti. Il costo di acquisto non è dei più bassi: evitate di prendere dispositivi a basso costo perché la qualità e lo spessore dei materiali influiscono enormemente sulla stabilità di cottura. Infine considerate che impiegheranno molto tempo a spegnersi completamente: la grande quantità di aria presente in camera di cottura continuerà ad alimentare la combustione anche fino a 30/40 minuti dopo la chiusura delle vent, mentre la temperatura scenderà molto lentamente vista la coibentazione del dispositivo. Il che però li rende adattissimi alla fase di rest (mantenimento). OTTOBRE 2019

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THE CHEMICAL GRILLERS - RUBRICA a cura di VIRGILIO BRUNETTI

marinate

ESTREME

l'ultimo, appassionante capitolo

Continuiamo il nostro tour nel mondo delle marinate ricordandovi, per chi se lo fosse perso, che la marinatura ha effetto, principalmente, quasi esclusivamente, sulla superficie dell’alimento. Esistono due vie per ovviare questo limite: usare tagli di piccole dimensioni oppure iniettare la miscela. Inoltre, è sempre opportuno ricordare che l’elemento comune tra salamoie e marinante è il sale da cucina, l’unico molecola capace di modificare in maniera efficace gli alimenti, in particolare la carne, generando un importante effetto di ritenzione dell’acqua e modificando la texture. Lo scopo di una marinata è aromatizzare, insaporire, modificare la struttura superficiale della carne, aumentare la sapidità, la morbidezza e la succosità. Sebbene la maggior parte delle basi utilizzabili per le marinate penetri con molta lentezza e altrettanta difficoltà attraverso la struttura complessa della carne, esistono delle basi che possono aggredire la stessa struttura a livello molecolare. In questo contesto parleremo di basi enzimatiche. Inoltre vedremo lo strano caso del fungo giapponese capace di “frollare la carne” . Parleremo anche di due varianti estreme delle marinature, ossia quelle a base esclusivamente grassa e quelle costituite quasi esclusivamente da componenti saporiti e aromatici: i curry. In ultimo, a chiusura di questo ciclo dedicato all’argomento, vedremo il ruolo degli agenti emulsionanti nella stabilizzazione delle marinate.

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0 1 . BAS I E N Z I M AT I C H E V E G E TA L I L’interesse per il gambo dell’ananas in campo alimentare, dietetico e fitoterapico dipende in larga misura dal suo contenuto: la bromelina. Questo enzima, contenuto anche nei frutti e nel loro succo, è particolarmente noto per le virtù proteolitiche. La bromelina contenuta nel gambo dell’ananas non è tuttavia l’unica sostanza di origine vegetale dotata di queste proprietà, comuni anche alla ficina dei fichi e alla papaina della papaya. Tali enzimi sono ingredienti comuni a molti prodotti alimentari impiegati in cucina per rendere tenere le carni. D’altronde, l’espediente era noto già ai tempi degli Aztechi, che durante la cottura erano soliti avvolgere la carne in foglie di papaya. Affinché il rammollimento sia globale e non solo di superficie, la bromelina e gli altri enzimi proteolitici dovrebbero essere iniettati direttamente nella carne. Va però detto che questa pratica deve essere contestualizzata a specifiche preparazioni e la sua efficacia supera spesso le aspettative di chi la utilizza, poiché le marinate a base di proteasi vegetali sono capaci di devastare letteralmente la struttura originale della carne. Le proteasi vegetali vengono utilizzate ampiamente in cosmesi e in alcuni preparati medicinali ma il loro uso in campo alimentare dovrebbe essere esclusivamente professionale. Tuttavia gli estratti di ananas, fichi e papaya possono essere preparati facilmente in casa e utilizzati come basi per marinate. In questo contesto bisogna tener conto della loro spiccata aggressività e del loro contributo aromatico e gustativo. Sicuramente l’uso di marinate a base di proteasi vegetali potrebbe essere vincente su tagli freschi e ricchi di collagene; i tempi di marinatura devono essere limitati per evitare effetti troppo intensi sulla struttura della carne che alla lunga assumerebbe una texture sgradevole. L’azione delle proteasi ha un picco di attività a temperature comprese tra i 50 e i 75°C, per cui bisogna considerare che, qualora decidessimo di iniettare la miscela enzimatica, l’effetto si intensificherebbe e si protrarrebbe anche nelle prime fasi di cottura. Il pH ideale invece varia da specie a specie: la bromelina e la papaina agiscono ad un pH ottimale compreso tra 4 e 6 mentre la ficina a pH neutro. Le proteasi 70 - BBQ4All MAGAZINE


PAPAINA

BROMELINA

FICINA

vegetali sono particolarmente efficaci sulle proteine dei connettivi, in particolare sul collagene mentre, ad esclusione della papaina, bromelina e ficina hanno una minore specificità verso le miofibrille (le unità morfofunzionali proprie del tessuto muscolare). Anche altri frutti, rizomi e ortaggi contengono enzimi simili, tra cui il kiwi, lo zenzero e gli asparagi; tuttavia la più vasta fonte di enzimi attivi nei confronti delle proteine è rappresentata da numerosi microrganismi alcuni dei quali sono i principali fautori del normale processo di decomposizione degli alimenti, compresa la carne. Infatti le proteasi batteriche e fungine sono state anch’esse addomesticate dall’uomo nei processi di produzione di alimenti fermentati, e nella frollatura delle carni sia nel wet che nel dry aging.

mente ricchi di collagene. La penetrazione degli enzimi è limitata alla superficie per cui la scelta del taglio e le dimensioni suggeriscono automaticamente la strategia da seguire. Uno yakitori a base di pollo o cubi di spalla di maiale trarrà forte beneficio dall’uso di una marinata a base enzimatica, e i tempi di trattamento si velocizzeranno molto: 30 minuti saranno sufficienti per ottenere un ottimo equilibrio tra aromatizzazione e modificazione della texture, ricordando sempre che parte del processo di intenerimento si completerà nelle prime fasi di cottura. In tema squisitamente barbecue esistono specifiche miscele da injection che contengono, tra le altre cose, estratti titolati di gambo d’ananas e papaia verde, con alte concentrazioni di bromelina e papaina che in cottura andranno ad aggredire con efficacia il collagene facilitando il pulL’uso di marinate contenenti estratti non pastorizza- laggio della carne. ti di frutti come fichi e kiwi ma soprattutto papaya e ananas deve essere ristretto a tagli di carne particolar- Mi raccomando, in tutti casi non scordatevi il sale!

CARNE

ENZIMI P ROT EO L I T I C I IN SOLUZIONE N E L L A M A R I N ATA

GLI ENZIMI P ROT EO L I T I C I REAGISCONO CO N LE P ROT E I N E SUPERFICIALI DELLA CARNE

GLI ENZIMI CAMBIANO LA ST R U T T U RA D E L LE P ROT E I N E N ​​ E L L A C A R N E . L A C A R N E D I V E N TA P I Ù T E N E R A E A S S O R B E PA R T E D E L L A M A R I N ATA C H E I N F L U I S C E S U SA PO R E E CO LO R E OTTOBRE 2019

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0 2 . KOJ I

IL FUNGO CHE INTENERISCE LA CARNE Il kōji non è altro che un fungo filamentoso chiamato Aspergillus Oryzae. Il dottor Eiji Ichishima dell’Uni­ versità di Tohoku lo chiamò appunto kōji (“fungo nazionale”) nel giornale della Brewing Society of Japan, in funzione della sua importanza non solo nella produzione del sake ma anche in quella del miso, della salsa di soia e di molti altri cibi giapponesi. Esso, quindi, non è altro che una muffa “nobile”, addomesticata dalle popolazioni asiatiche che lo usano per la fermentazione di substrati come il riso e la soia per la produzione di alcool e condimenti. Ora, che ci crediate o no, se ad un microrganismo “date da mangiare” uno specifico substrato, esso attiverà il suo metabolismo affinché possa sopravvivere utilizzando quel substrato come nutrimento. Se gli date amidi produrrà enzimi come le amilasi per poterli digerire e trasformarli in energia ed alcool, se gli somministrate proteine esso produrrà proteasi, ed è proprio da qui che nasce l’idea. Abbiamo una muffa, l’unica del genere Aspergillus che non produce aflatossine altamente tossiche e cancerogene, addomesticata nei secoli dalle sapienti e pazienti mani dei popoli dell’estremo oriente, capace di produrre in opportune condizioni proteasi che possono digerire in maniera controllata le componenti della carne, generando un effetto molto simile rispetto ai processi di frollatura standard, ma in molto meno tempo. L’idea non ha preso vita dalle cucine di un rinomato ristorante asiatico ma delle menti in-

novative del Noma di Copenhagen. Per secoli il kōji è stato utilizzato per produrre sostituti della carne fermentando la soia, ora si usa per “fermentare” la carne. Qui siamo davanti ad un processo che è sbagliato definire marinatura o frollatura, ma che di fatto persegue gli scopi di entrambe le tecniche. Il riso fermentato, il miso e le salse di soia non pastorizzate contengono di base l’inoculo del microorganismo per effettuare un “trattamento” assolutamente innovativo, che darà come effetto finale una destrutturazione delle proteine della carne e un incremento positivo in termini di componenti umami. Esistono numerose preparazioni della cultura gastronomica giapponese che utilizzano il miso come base per marinare la carne, ma sono stati alcuni geniali Chef che hanno iniziato a giocare con questo fermento per avere un intenerimento accelerato della carne cospargendola di riso secco fermentato: il kōji rice. Questa idea di far ammuffire la carne probabilmente farà storcere il naso ad un sacco di gente, ma ci scommetto il mio smoker che nessuno storce il naso davanti ai formaggi erborinati, alla crosta fiorita, alla patina bianca degli insaccati o alla crosta di una lombata dopo 300 giorni di dry ageing; eppure il principio è molto simile e sembra regalarci una nuova prospettive nelle tecniche di seasoning. OTTOBRE 2019

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0 3 . L E BAS I A LCO L I C H E

L’alcool è una componente imprescindibile di alcune basi tradizionali utilizzate per marinare le carni: parliamo in particolare di vini, di birre e di liquori. L’alcool etilico è una molecola semplice che deriva dalla fermentazione alcoolica degli zuccheri. Allo stato puro, è un solvente polare miscibile con l’acqua dalle interessanti proprietà estrattive; inoltre proprio per la sua affinità con l’acqua ha un effetto disidratante e in alcune condizioni è un discreto disinfettante e conservante. Essendo una molecola energetica è una fonte naturale di calorie oltre che nutrimento per alcuni microorganismi (acetobatteri). Mi dispiace quindi darvi questa delusione: l’alcool non ha nessun effetto efficace sull’intenerimento della carne: Nessuno. Gli effetti di una marinata a base alcoolica sono in realtà correlati all’acidità propria delle basi alcoliche. Non solo: basi alcoliche con elevate percentuali di alcool hanno piuttosto un effetto controproducente sulla carne, poiché generano una disidratazione superficiale.

0 4 . M A R I N AT E A BAS E GRASSA

Molti aromi e molte spezie hanno più affinità con le componenti grasse che con quelle acquose; inoltre i grassi, in opportune condizioni, tendono ad estrarre in maniera nettamente più efficace le componenti aromatiche dei condimenti che normalmente utilizziamo sulle nostre carni. Sebbene non ortodossa, anche una marinata contenete il 100% di componente grassa risulta un’ottima soluzione per veicolare aromi e spezie. La composizione della marinata a base grassa si semplifica diventando: frazione grassa + spezie + aromi + sale. In questo caso l’unica componente attiva efficace sulla natura delle proteine della carne sarà il sale. Queste basi si possono ottenere mediante infusione a bassa temperatura (1 ora a 70° C) delle componenti aromatiche in un olio vegetale stabile, preferibilmente olio di arachide, che tende ad ossidarsi ed irrancidire con difficoltà, che ha un elevato punto di fumo e, non ultimo, che non apporta nessun elemento caratterizzante alla miscela essendo quasi totalmente insapore. Sia olio che spezie hanno forti proprietà conservanti, inoltre il processo di infusione a caldo pastorizzerà la miscela che potrete utilizzare per lungo tempo. 74 - BBQ4All MAGAZINE


0 5 . I L C U R RY

Quando sentiamo parlare di curry pensiamo automaticamente alla cucina indiana, ma la realtà è che il curry che trovate al supermarket sta alla cucina indiana come il mix per amatriciana sta a quella italiana. Quella polverina gialla a base di curcuma e altro è un’omologazione di una miscela di spezie che i britannici hanno adattato e naturalizzato al loro gusto, per ragioni commerciali e di esportazione. I curry sono stati anche il mezzo tramite il quale la marina militare britannica e poi analogamente anche la marina nipponica hanno somministrato pasti “esotici” ai loro marinai al fine di evitare ammutinamenti per una non rispettosa esecuzione dei piatti tradizionali: sapete quanto siano pignoli inglesi e giapponesi. Io credo che la versione più interessante di quello che noi identifichiamo genericamente con curry siano le fantastiche miscele di spezie tostate e preparate al momento dalle cuoche indiane, i cosiddetti masala, ma sopratutto la versione in pasta semisolida utilizzate nel sud est asiatico e in Thailandia, dove le spezie

essiccate vengono sostituite con ingredienti freschi come zenzero, peperoncino, aglio, scalogno, coriandolo, lemongrass, galangal e lime, trasformandosi così in creme supersaporite da far sciogliere nella preparazione del piatto. Nella mia visione potremmo definire questo curry in pasta una versione estrema di una marinata, in cui la componente preponderante non è né la base acida né la base grassa ma sono spezie e aromi. Il dosaggio delle spezie in tutti i casi deve essere una fine calibrazione armonica di sapori: dolce, aspro, piccante, salato, amaro e umami. Le componenti umami presenti nei curry umidi fanno da equalizzatore per tutti gli altri sapori e tradizionalmente corrispondono a prodotti come la salsa di pesce fermentato oppure la pasta di gamberetti fermentati, ossia dei preparati che contengono alte percentuali di sale. In alcune particolari formulazioni vengono aggiunti anche elementi grassi, come la pasta di anacardi o arachidi e la crema di latte di cocco, che hanno la funzione di smorzare la piccantezza. OTTOBRE 2019

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06.EMULSIONI ED EMULSIONANTI Come ci insegna il prof. Bressanini, stabilizzare sotto forma di emulsione una marinatura è fondamentale affinché tutte le componenti della stessa abbiano pieno contatto con l’alimento che andiamo a trattare. Le marinate tradizionali sono costituite da una frazione oleosa e una acquosa ; miscelando energicamente le due fasi si produrrà comunque una miscela lattescente, un’emulsione che avrà una stabilità limitata nel tempo a meno che non ci sia un agente emulsionante.

Visto che le marinature vanno eseguite per tempi generalmente lunghe ed in condizioni di bassa temperatura, è fondamentale che queste emulsioni siano stabili per tutto il tempo necessario perché la loro azione si vada a completare. Molti alimenti e altrettante preparazioni gastronomiche hanno in comune proprio il fatto di essere delle emulsioni: il burro, la maionese, la panna, la margarina, gli yogurt e la vinaigrette. Tutte contengono acqua e grassi, oltre ad una serie piuttosto variabile di altre molecole. Grassi e acqua solitamente non ne vogliono sapere di mescolarsi. Tuttavia sottoponendo la miscela ad una forte agitazione, le goccioline di un ingrediente –la fase dispersa– possono distribuirsi nell’altro ingrediente –la fase continua–. Se sono le goccioline di acqua a disperdersi nel grasso, come ad esempio nel burro o nella margarina, si parla di emulsione di tipo w/o dall’inglese “water in oil”. Viceversa, con le goccioline di olio finemente disperse nella fase acquosa, si parla di emulsione o/w, “oil in water”. La formazione di un’emulsione viene facilitata dalla presenza di emulsionanti o surfattanti, molecole che possiedono una parte affine all’acqua e una parte

affine ai grassi. Le lecitine, ad esempio, contenute nel tuorlo d’uovo e in altri alimenti, sono dei buoni emulsionanti, anche se spesso le emulsioni che formano non sono stabili a lungo (nell’industria alimentare le emulsioni devono essere stabili per mesi). Le proteine sono ottime emulsionanti, e molto utilizzate in gastronomia dato che sono commestibili. Srotolandosi durante la denaturazione, si possono disporre all’interfaccia tra le due fasi, orientando le zone idrofobiche (che “odiano” l’acqua) verso il grasso, e le zone idrofile (che “amano” l’acqua) verso l’acqua. Le caseine del latte, le proteine del siero, quelle dell’albume e quelle della soia sono emulsionanti largamente utilizzati dall’industria alimentare per produrre emulsioni stabili, ad esempio salse e dessert. Anche la gelatina, la comune “colla di pesce” è un buon emulsionante. Le proteine, oltre a separare le goccioline dalla fase continua, stabilizzano l’emulsione formando un film che mantiene impedisce la coalescenza. Anche dei polisaccaridi, come amidi o pectine, possono essere usati come emulsionanti. Ci sono poi le mucillagini presenti sui semi di senape, e quindi nella senape intesa come salsa ad uso gastronomico, che devono la loro proprietà emulsionante a una varietà di sostanze che circonda la parte esterna del seme; ricordiamo infine la gomma di Xantano: è un additivo alimentare denominato E415, un polisaccaride ad alto peso molecolare ottenuto dalla coltura di un batterio; è inoltre modificatore reologico che ha ampio uso nell’industria alimentare e cosmetica, e tra le tante proprietà è anche un agente emulsionante molto efficiente.

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EMULSIONE O/W 76 - BBQ4All MAGAZINE

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SEGUO - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI

SEGUO

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Μῆνιν ἄ ειδε θε ὰ Π η λ η ϊ άδεω Ἀ χι λ ῆ ος [ . . . ] L’ira è probabilmente l’emozione più riconoscibile: a qualunque latitudine, in qualunque lingua, in qualsiasi era, anche fra specie viventi diverse. Denti in vista, sopracciglia aggrottate, sguardo fisso e lineamenti contratti, in ogni luogo ed in ogni tempo questo è il volto della rabbia, sia per un fabbro nel Medioevo o per uno sviluppatore di App per iOS nel ventunesimo secolo. Anche un bambino ben prima di parlare sa riconoscere l’ira, così come può riuscirci un gattino, un lupo o un manzo della prefettura di Kobe. Nella vita online è tutto un po’ diverso, e per sopperire ai mille fraintendimenti della comunicazione per interposto traffico tcp/ip l’uomo contemporaneo si è adattato e si è adeguato a un nuovo set di regole sociali: non potendo vedere le narici arricciate e gli occhi iniettati di odio riscontrabili in un approccio vis- a-vis, l’ineffabile Sapiens Sapiens ha sostituito l’universalità della smorfia col MAIUSCOLO. Maiuscolo e punti esclamativi.

A: - “La tradizione non si tocca! Manchi di rispetto al mio lavoro! Sono un esperto del settore!!” B: - “Devi stare molto più calmo di così.” BUM! Se il maiuscolo è la collera, l’impulso e l’aggressività, il punto alla fine della frase è la fredda follia del sicario, l’audacia del cobra che si erge prima di uno scatto mortale. Fra parentesi quella frase del signor B vanta numerosi tentativi d’imitazione, e ormai viene impunemente usata in giro, con alterne fortune.

Nessuno dovrebbe stupirsi che la collera, la rabbia senza controllo, sia protagonista principale di tutte le comunità online: possiamo notare che tutta la nostra cultura (diciamo quella occidentale per andare sul sicuro) è fondata su grandiose narrazioni di rabbie incontenibili. La prima parola del proemio dell’Iliade, poema omerico madre della letteratura europea, è - come potete leggere voi stessi nella citazione all’inizio di questo articolo - ira, in greco menis, menin Hai il caps lock inserito, quindi la tua opi- all’accusativo. A causa dell’ira si verificano tutta quelnione sarà sicuramente espressa con for- la serie di eventi di cui avrai sentito parlare almeno za; puoi inoltre aggiungere alla potenza alle medie; non temere, non ho intenzione di farti un bruta del maiuscolo la decisione inamo- Bignami dell’Iliade secondo Monti, “il traduttor dei vibile e impertinente del punto e a capo. traduttor d’Omero”, era solo un esempio. Alcuni esempi: A: - “Ho bisogno di quel file che ti ho chiesto giorni fa” B: - “Come ti ho già detto, sono a cena dai suoceri.”

Da sempre la rabbia ricopre il ruolo di un’emozione eroica e divina, una reazione giusta alle ingiustizie altrui che dimostra animo coraggioso e si addice ai nobili d’animo e ai potenti di spirito. Non solo motore di eventi ma primo movente di grandi narrazioni che hanno messo la tara a tutto il modo di pensare degli Brrr, quanta fermezza, quanta lucida rab- ultimi secoli: due esempi banali potrebbero essere il bia nella risposta del signor B. Il punto in Libro della Genesi o L’Orlando Furioso. fondo, in una frase arrabbiata di una mail o di una chat di gruppo, è l’equivalente Si considera giusto reagire con ira ai torti subìti, come in-real-life di avvicinarsi e prendere per nelle storie che hanno abitato la nostra cultura: nel il bavero. quotidiano, allo stesso modo del poema epico, senMa al giorno d’oggi chi porta più il bave- tiamo una parte delle nostre sensazioni come subìte, ro? necessarie e violente, imposte dal corpo su di noi in Ancora un esempio, stavolta di modera- una sorta di pilota automatico sconsiderato e spesso zione “cortese ma implacabile”. autodistruttivo. OTTOBRE 2019

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“È il terzo account che mi faccio, e adesso bannerete anche questo, ma non potevo non rispondere”. Questo eroe contemporaneo probabilmente avrebbe agito con più saggezza e mantenuto la segretezza del suo account fake se non fosse stato trascinato dalla collera ad abbattersi col suo caccia Zero sulla corazzata della Community (storia vera). La rabbia è la principale conseguenza di una frustrazione: la sorte di Patroclo, il morso a una mela, le nozze di Angelica, la cancellazione di un post con la foto di quattro dita adiacenti a una bistecca o una fantomatica mancanza di rispetto. Arrabbiarsi è, oggi quanto ai tempi del Piè Veloce, un ruolo sociale transitorio, suggerito e forse imposto da una serie di norme e regole non dette ma percepite, presenti nelle piattaforme di aggregazione online esattamente come nella (poca?) vita a connessione spenta che ci rimane. L’automobilista, l’utente, lo sportivo sanzionato, hanno un chiaro punto in comune: si arrabbiano nel modo in cui gli altri si aspettano che la rabbia si manifesti e agiscono in un modo visto fare dagli altri, facendo uscire la mano munita di corna dal finestrino, urlando eccessivamente vicino alla faccia dell’arbitro, schiacciando il caps lock con impetuosità e abbondando con i punti esclamativi.

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L’utente frustrato non può proprio farne a meno: conosce le sanzioni, sa per certo che verranno applicate, è ben conscio dell’irreversibile inutilità del suo gesto, ma l’ira ha il sopravvento col suo carico di parolacce, coprolalìa, metafore abusate, luoghi comuni e in generale una grande sensazione di già sentito, già letto, di ben poca novità. Chi si arrabbia, e questa è una sensazione che tutti sicuramente hanno sperimentato diverse volte, non si sente pienamente autore o responsabile delle proprie azioni: autorizza un desiderio feroce, senza pensare troppo alle conseguenze, seguendo probabilmente una grammatica emotiva stabilita in secoli di produzioni letterarie, miti e imitazioni successive. Non è certo un mistero che anche l’espressione della collera segua le mode del momento, riproponendo frasi tipiche del politico rampante di turno, dello sportivo irascibile o dell’utente di maggior successo, che in una certa occasione ha fatto proprio bella figura litigando sotto un post. Una raccomandazione: creati, a mente fredda, un tuo personale repertorio di uscite sagaci e offese creative perché, ti assicuro, vedere persone che motteggiano appropriandosi di frasi altrui è veramente avvilente. Se una frase non ti appartiene, non ti si addice, non è congrua alla tua persona, ti avviso, si nota molto; Woody Allen non potrebbe mai recitare le punch line


La furia di Achille Dipinto di Charles-Antoine Coypel

di un giovane Dolph Lundgren, non senza effetti comici paradossali. So che è rassicurante imitare il tuo idolo social personale, confidando nello stesso successo di quella certa battuta o di quel modo di fare, ma quasi mai funziona: il rischio è quello di apparire paladini del copia-incolla, con una serialità del repertorio degna di Gianfranco D’Angelo al Drive In. Il mito delle Erinni, Furie per i romani, ricalca bene il bisogno universale di sfogare la collera per tornare a uno stato di calma e equilibrio: le tre sorelle, raffigurate nell’arte a seno nudo e con serpenti per capelli, torturavano l’irato con fruste e tizzoni ardenti per poi, una volta placate, trasformarsi nelle benevole Eumenidi. Dentro una persona rabbiosa c’è quindi sicuramente una persona tranquilla, arrabbiata per frustrazione, che reagisce per imitazione secondo un comportamento modellato dall’ambiente. È per questo che nella Community BBQ4All diamo molto peso alle reazioni, vaporizzando via ogni commento eccessivo: non vogliamo assolutamente che si instauri una spirale di imitazioni e un modello di reazioni, sproporzionate e sovrabbondanti, accettato dalla massa. È sicuramente per questo che, avendo la responsabilità della moderazione di ogni gruppo del brand, in-

sisto moltissimo con i moderatori affinché adottino un certo comportamento risoluto ma pacato: non una parola di troppo, mai indugiare nel coltivare le provocazioni, mai intervenire con la tara della rabbia. L’esercizio mentale indispensabile, in questo caso, è tener presente che la persona che ti sta rovesciando addosso la sua collera è la stessa che, incontrata di persona a un raduno o ad un evento aziendale, arriverebbe con sorrisoni, complimenti e richieste di selfie. Le passioni sono funeste, sia quando fanno da serve, sia quando comandano. Aveva un bel dire Lucio Anneo Seneca: dovremmo quindi avere una squadra di moderatori apatici e privi di emozioni? Impossibile. Tutt’altro, ti assicuro che far rimanere tranquilla, equilibrata e coesa la squadra è un bell’impegno a tempo pieno, indispensabile per rendere la nostra numerosissima community un luogo gradevole. “…adirarsi (…) è possibile in maggiore o minore misura, e in entrambi i casi non bene. Al contrario, farlo quando è il momento, per motivi convenienti, verso le persone giuste, per il fine e nel modo che si deve, questo è il mezzo e perciò l’ottimo, il che è proprio della virtù.” Aristotele- Etica Nicomachea OTTOBRE 2019

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NEW YORK

SLIDERS 200g (4x50g)

Un piccolo hamburger che andrà letteralmente a ruba nelle occasioni di festa. Particolarmente adatto ai bambini per le dimensioni ridotte, è perfetto per aperitivi, cene informali, serate in famiglia. Un vero e proprio boccone di puro sapore, che si presta ad essere declinato in mille versioni e abbinato a un’infinità di sapori, ma sorprendentemente gustoso e succulento anche da solo.

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ORIGINAL

BURGER 200g

Diventa il re della griglia durante le giornate in compagnia di amici e familiari grazie a questo hamburger da 200 grammi. Il perfetto bilanciamento del gusto, dato dall’equilibrio ideale di parte grassa e parte magra nella composizione del patty, lo rende un prodotto di cui non potrai più fare a meno. Dimentica gli hamburger sottili e insapori e preparati a un’esplosione di gusto, senza rinunciare alla praticità di un prodotto confezionato in skin.


BURGER

STEAK 300g

DOVE TROVARCI puoi trovare la mappa interattiva di tutti i punti vendita costantemente aggiornata all’indirizzo http://products.bbq4all.it/dove-trovarci/

Trecento grammi di carne macinata, condita e ricompattata in una polpetta dallo spessore consistente. Questo Burger Steak unisce le due cose fondamentali che tutti cercano in cucina: qualità ottima e velocità di preparazione. In pochi minuti potrai servire un piatto ricco, bello da vedere, con un sapore esplosivo e una qualità indiscussa. Un hamburger alto, saporito, soddisfacente, che si presta a essere servito in mille modi diversi, mai asciutto e stoppaccioso. Scalda bene la griglia prima di mettere il Burger Steak in cottura, rigiralo spesso per creare la crosticina esterna senza rischiare di bruciarlo, cuocilo per pochi minuti e servilo come una tagliata, aggiungendo il tuo condimento preferito. Un sicuro successo. Un vero salva-cena di altissima qualità.

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2020

ADVANCED TRAINING CLASSES Grill to Perfection - Smoke to Perfection

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A gennaio 2020 verranno pubblicati i nuovi appuntamenti che si svolgeranno dalla primavera

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